Ho ricevuto varie mail indignate per il licenziamento di Daniele Luttazzi da La7. L’episodio è stranoto: l’attacco a Berlusconi, Ferrara, Dell’Utri, Previti e Santanché come simboli dell’appoggio agli Usa per la guerra in Iraq.
L’intervento di Luttazzi a Decameron è stato giudicato offensivo dai responsabili dell’emittente:
Chi mi scrive, invece, come fa Fumagallo, ritiene che il licenziamento di Luttazzi sia l’ennesimo attacco alla libertà di satira contro un artista coraggiosamente impegnato. E mi chiede un parere su volgarità, comicità e libertà d’espressione.
Luttazzi si è difeso dicendo che la volgarità è uno strumento di lavoro della satira, e in questo sono totalmente d’accordo. Basta leggere la storia della letteratura per rendersene conto.
Non ho apprezzato, però, il modo in cui Luttazzi ha usato questo “strumento”.
Fare satira su un argomento delicato e tragico come la guerra in Iraq non era compito facile: anzi, era quasi impossibile. Se la satira è “Castigare ridendo mores”, cioè condannare i costumi attraverso le risate, è indubbio che la battuta di Luttazzi non faceva ridere. E questo è il primo dato di fatto.
D’altra parte, l’operazione di Luttazzi non è una novità in letteratura: si chiama “abbassamento corporeo”. È un modo per ridurre il prestigio degli uomini di potere, degradandoli al livello più basso: quello delle funzioni fisiologiche.
I politici bersagliati da Luttazzi, però, erano già stati abbondantemente sbeffeggiati, anche in questo modo, da molti altri comici e da diverso tempo (ricordate Roberto Benigni in “Tuttobenigni 95-96″)?
In questo, l’operazione di Luttazzi non è stata per nulla originale. Non ha aggiunto nessuna nuova informazione o trovata artistica, al di là di ricordare voltafaccia e gravi responsabilità, vere o presunte, dei politici.
Del resto, c’è modo e modo di fare satira. Luttazzi dice di essersi ispirato a François Rabelais (geniale scrittore francese del ‘500). Mi spiace, ma siamo lontani anni-luce da lui. Prendiamo un brano dal suo capolavoro, Gargantua e Pantagruele (cap. XVIII): Pantagruele sbarca nell’isola di Ruach:
«Gli isolani non cacano, né pisciano, né sputano; ma in compenso vesciano, scorreggiano e ruttano copiosamente. Patiscono ogni sorta e ogni specie di malattie; infatti ogni malattia nasce e procede da ventosità come deduce Ippocrate nel libro De flatibus: ma la malattia più endemica è la colica ventosa; come rimedio usano ventose ampie e ne rendono grandi ventosità. Muoiono d’idropisia timpanica; gli uomini scorreggiando le donne vesciando; così gli scappa l’anima dal culo».
In questo brano, Rabelais degrada la questione della morte e dell’anima a… gas intestinali. Con grande originalità, comicità, persino raffinatezza. E 500 anni fa, quando non era né comodo né di moda!!!
Insomma, il paragone non regge. Ritengo che Luttazzi non abbia fatto un’operazione artistica divertente e originale, ma si sia limitato a usare un artificio comico in modo banale e sterile. Sarà pure stato coraggioso, ma definireste coraggioso anche chi si schianta a 200 km all’ora? Non ho dubbi che Luttazzi sappia fare di meglio e sarò altrettanto pronto a riconoscerlo.