Archistar, emo, postare. Sono 3 delle 1.200 “nuove” parole entrate nel vocabolario italiano, secondo lo “Zingarelli 2011”. Ma fra queste, ci sono anche parolacce? Certo che sì: anche le parolacce, come le parole, hanno vita: nascono, si diffondono, si estinguono…
E così ho deciso di “postare” (è proprio il caso di dirlo) un intervento su queste “new entry”, spiegando come fanno, i redattori di un vocabolario, a captare le nuove parolacce e a stabilire se meritano di essere ufficializzate nella lingua italiana. E già che c’ero, ho scandagliato quali sono le nuove parolacce in circolazione, per capire quali potrebbero entrare nei vocabolari del futuro. Pronti al viaggio?
Innanzitutto, sveliamo un trucco: come si fanno a individuare tutte le parolacce presenti nel vocabolario? Un tempo, bisognava leggerselo tutto, o andare per tentativi, cercandole una a una. Oggi, grazie all’informatica, non è più così. Basta avere uno Zingarelli con dvd-rom o un accesso al dizionario on line. Per selezionare le parolacce bisogna selezionare nel “campo di ricerca” non i lemmi, ma i limiti d’uso, ovvero una sfumatura di significato che le parole assumono in determinati contesti. E, nel “testo da cercare” il limite d’uso “volgare”, ovvero: “ciò che è assolutamente privo di finezza, distinzione, garbo; discorsi che contengono riferimenti espliciti e inopportuni alla sfera sessuale”.
Qui, però, si presenta un problema. Le parolacce non sono riducibili solo alle volgarità. Tant’è che ne troviamo moltissime classificate sotto 5 altre famiglie d’uso: “popolare” (esempio: arrapare), “colloquiale” (es.: sfiga), “familiare” (es: palloso), “gergale” (es: zarro) e “spregiativo” (es: baldracca).
Questa classificazione rispecchia un dato oggettivo, ovvero la diversa intensità, forza espressiva e carica offensiva delle parolacce (come ha mostrato la mia ricerca sul volgarometro), ma anche una mancanza di chiarezza su cos’è una parolaccia. Lo Zingarelli la definisce “Parola sconcia, volgare, offensiva”, ma è una definizione insufficiente. Come ho spiegato nel mio libro, la parolaccia è una parola vietata (= soggetta a limiti d’uso) perché parla in modo diretto, offensivo e abbassante degli aspetti legati alla sopravvivenza dell’uomo: sesso, metabolismo, religione, rapporti sociali. Ecco che cosa unisce tutte quelle diverse sfumature d’uso…
E ora entriamo nel vivo. Quali sono le nuove parolacce entrate nello Zingarelli 2011? Il dizionario non segnala in quale anno è entrata per la prima volta una parola, ma solo a quale anno risale la sua prima documentazione. Perciò ho chiesto aiuto ai redattori dello Zanichelli, che hanno fatto – con grande gentilezza: grazie!!! – una ricerca mirata per me. Ne sono emerse 8, che segnalo in ordine decrescente di intensità (dalle più alte alle più basse):
intensità medio-alta:
scazzato part. pass. di scazzarsi; anche agg. 1 Nei sign. del v. 2 (pop.) Sconfortato scoraggiato | Annoiato, seccato.
leccaculismo [1991] s. m. • (volg.) Smaccata e servile adulazione.
intensità medio-bassa:
svaccamento [1986] s. m. 1 (fam.) Lo sdraiarsi scompostamente, lo stravaccarsi. 2 (fig., colloq.) Atteggiamento di chi si lascia andare, si abbandona all’abulia, all’inerzia.
rinscemire [da scemo con il pref. rin-; 1949] A v. tr. (io rinscemìsco, tu rinscemìsci) • (fam.) Far diventare scemo (spec. iron.). SIN. Rincretinire, rincitrullire. B v. intr. (aus. essere) • (fam.) Diventare scemo (spec. iron.): ma sei rinscemito?
intensità bassa:
appecoronarsi [comp. di a- (2), pecorone e -are (1); 1992] v. intr. pron. (io mi appecoróno) • (colloq.) Sottomettersi in modo servile e conformista a qlcu. o qlco.
imbrocchirsi [da brocco con il prefisso in- (1); 1985] v. intr. pron. (io mi imbrocchìsco, tu ti imbrocchìsci) • (colloq.) Diventare brocco, incapace, ottenere prestazioni sempre più scadenti, detto spec. di atleta.
mattocchio [deriv. di matto col suff. dim. -occhio; 1951] agg.; anche s. m. (f. -ia) • (colloq.) Che (o Chi) è alquanto stravagante, eccentrico, bizzarro.
ocheggiare [da oca; 1723] v. intr. (io ochéggio; aus. avere) • (colloq.) Comportarsi da persona sciocca, sbadata, superficiale e sim.: un’attrice che ama <o.
Qualcuno potrebbe obiettare: tutto qui? No. Innanzitutto, bisogna considerare che le parolacce sono una piccola percentuale del nostro vocabolario, come calcolavo nel mio libro: lo 0,22% del totale (e 8 parolacce su 1.200 parole nuove sono lo 0,6%: siamo anche sopra la media!).
Del resto, come le altre parole, anche le parolacce sono vive: nascono, si rafforzano, si diffondono, si indeboliscono e muoiono. Chi di voi, oggi, darebbe del “marrano” a qualcuno per offenderlo?
Ma come si fanno a intercettare le nuove parole che entrano in uso nell’italiano? I redattori del vocabolario leggono libri e giornali, vanno al cinema e guardano la tv, e ricevono segnalazioni dai navigatori. Poi verificano su Google le ricorrenze (= le frequenze d’uso) delle nuove parole candidate, privilegiando i siti dei giornali, delle istituzioni, e in generale quelli di maggior peso sociale e culturale.
Il metodo è un po’ artigianale (d’altronde, sarebbe molto costoso e lungo verificare la conoscenza e l’uso di nuove parole con un sopndaggio su un alto campione di persone…) ma abbastanza efficace. L’obiettivo è evitare fenomeni limitati nel tempo e nello spazio, ovvero usati da poche persone per poco tempo.
Ecco perché passa un discreto periodo di tempo da quando una parolaccia è usata a quando la sua esistenza viene ufficialmente sancita dal vocabolario: “vaffanculo”, per esempio, è attestato nella nostra letteratura dal 1953 (ma era presente nel parlato da ben prima) ma è entrato nel vocabolario quasi 40 anni dopo.
E da dove arrivano le nuove parolacce? Più o meno dagli stessi serbatoi da cui arrivano in generale le nuove parole: dai dialetti, che varcano sempre più i confini locali; dalla cultura angloamericana, veicolata da film, musica (rap, ma non solo) e Internet; e dall’informatica o dall’uso degli Sms nei cellulari.
Dunque, la nostra vita di tutti giorni è ben più ricca delle oltre 300 parolacce ufficializzate dallo Zingarelli.
Per esempio, mancano alcune parolacce di cui tutti sappiamo il significato, come sborone (spaccone, smargiasso), babbo (nel senso di fesso), lambascione (stupido), scrauso (di poco valore), paccare (truffare), pingone (tonto)… E chissà quante altre.
Ma quali sono le altre parolacce che potrebbero entrare nelle prossime edizioni?
Non ho la pretesa di fare una previsione del genere. Per divertimento, ho consultato l’intera slangopedia (l’enciclopedia del gergo giovanile, avviata dall’Espresso nel 1998), selezionando i termini che mi sembravano più divertenti e promettenti, che qui riunisco per famiglie.
Avere un rapporto sessuale: becciare, sghiandare, guzzare, pinciare, ramare, ruspare e cliccare.
Organo sessuale maschile: pipilone, dikone (da d i c k, inglese), tangano
Organo sessuale femminile: ciuffo, frisby.
Donna di facili costumi: fresatrice, valvola, sdraiona, sportiva.
Profilattico: domopack, pigiamino.
Sesso orale: boccale, chinotto, soffegotto, rigatone.
Masturbazione: trimone.
Ragazza brutta e presuntuosa: fogozzona, forma
Ragazzo brutto, sfigato: cillotto
Leccapiedi: chupa-chups
Seccatore: smerigliapalle
Stupido: frallimone, fresellone, frozzi, babbasuco,babbucchione, homer (dai Simpson), ciurlo, tarocco, tonno, piluso, pinnolone
Imbranato, rimbambito: bomber, ingrippato, invornito, stazzo.
Tamarro, zotico: grebano, cayenna, cimurro, cozzalo, marana, maraglio, maranza, tascio, zagno, zama, zambrone, zora (solo femminile)
Tirchio: scrigno, T-rex
Cornuto: crasto
Niente male, poi, gli acronimi (usati per lo più a Roma), una forma spiritosa di eufemismo o di linguaggio in codice: Giamaica (già m’hai cacato er c a z z o), Giamairo (già m’hai rotto). Secondo voi, quali di queste parole sono destinate a sopravvivere? Ne conoscete altre? Parliamone…
Well, all things considered…
Great post.