C’è un gesto che ha cambiato la storia dell’emancipazione femminile. Il gesto della vulva. Alle attiviste degli anni ’70 è bastato unire le punte del pollice e dell’indice, formando un triangolo sopra la testa, per esprimere in modo provocatorio l’orgoglio per la propria identità, per secoli schiacciata ed emarginata. Migliaia di donne di tutto il mondo occidentale hanno sfilato per le strade esibendo quel simbolo, rivendicando il diritto di vivere una sessualità libera (“io sono mia”, “l’utero è mio e lo gestisco io”): anche se questa consapevolezza era anche merito degli anticoncezionali (la pillola!), che avevano permesso per la prima volta alle donne di controllare la gravidanza.
A questo gesto semplice e immediato – nel quale il significante e il significato quasi coincidono – è dedicato un libro appena pubblicato da Derive Approdi: “Il gesto femminista” (a cura di Ilaria Bussoni e Raffaella Perna). E’ l’occasione per raccontare la storia di questo gesto: oggi è ben poco usato, ma ci rivela significati simbolici insospettabili.
Dalla Francia al resto del mondo
Partiamo dalla storia. Il gesto della vulva non è nato in America, come molti pensano, ma in Francia, ed è stato portato alla ribalta mondiale da un’italiana, Giovanna Pala, che nel 1972 era andata a Parigi per partecipare a un convegno sui crimini contro le donne: “A Parigi vidi una rivista, Le torchon brûle (Il cattivo sangue), pubblicata da un movimento di liberazione femminista. In copertina c’era quel segno: ne rimasi colpita per l’immediatezza del messaggio che poteva comunicare la forma della vagina”. Così, quando al termine del convegno alcuni ragazzi alzarono verso il palco il classico simbolo marxista del pugno chiuso, istintivamente mi venne di congiungere le mani a creare il simbolo della vagina. Mi pareva con quel gesto di prendere le distanze dalla politica maschile e di affermare la mia diversità”.
L’affermazione è importante: il pugno chiuso è un evidente segno fallico, e non è l’unico. Il gesto dell’ombrello, il dito medio, il saluto nazista sono solo alcuni dei numerosi esempi di gesti che riproducono l’erezione. Mancava un gesto che evocasse la vulva: ora era nato. Così, quando Giovanna Pala tornò a Roma, portò il gesto nelle manifestazioni di piazza e fu un successo mondiale. “Ostentare in pubblico un segno che in maniera esplicita richiamava la vagina era un elemento di rottura davvero sovversivo” scrive Laura Corradi nel libro. “Da tabù, elemento non nominabile, luogo invisibile della vergogna e del peccato, la vagina diventò materia politica. (…) Rappresentava una sfida alle istituzioni dello Stato, al moralismo bigotto della Chiesa, a un patriarcato opprimente”.
I “poteri magici” della vulva
Eppure nella storia non era la prima volta che la vulva era ostentata in modo plateale. Anzi, in passato ha avuto un’importanza capitale in ambito del folklore e della religione.
Si è creduto, per secoli, che i genitali femminili avessero poteri magici: una donna che esponeva deliberatamente la propria vulva nuda aveva il potere di prevenire le sventure, tenere lontani gli spiriti maligni o gli eventi atmosferici, terrorizzare le belve feroci o i nemici, e perfino le divinità.
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) scrive nella “Naturalis historia” che alla vista di una donna nuda la grandine, le trombe d’aria e i fulmini cessano di imperversare. In uno scritto sulle virtù delle donne (Mulierum virtutes), Plutarco (II secolo d.C.) narra di un gruppo di donne che sollevando tutte insieme le loro vesti cambiarono gli esiti di una guerra.
Prima ancora, nelle feste contadine, l’esibizione dei genitali femminili favoriva la fertilità, stimolando la crescita delle piante. Nell’antico Egitto, le donne mostravano il pube davanti ai loro campi, per scacciare gli spiriti maligni e rendere più abbondante il raccolto. Lo testimonia lo storico greco Erodoto (5° secolo a.C.) descrivendo le feste in onore della dea gatta Bubasti: le donne stanno in piedi sulla barca e si sollevano le vesti esponendo i loro genitali e gridando scherniscono le donne delle altre città. Lo stesso avveniva nelle antiche feste di fertilità in onore di Demetra, la madre terra.
A Milano, c’è una statua medievale che era stata posta su Porta Tosa (una porta medievale che fu abbattuta nel 1700): raffigura una donna in piedi, con sguardo fiero, che si solleva una gonna mostrando la vulva; in una mano tiene un pugnale che regge sopra il pube. Si pensa che il suo ruolo, visto che era su un importante ingresso della città, fosse quello di proteggerla dagli influssi malvagi.
In un’incisione del 1700 di Charles Eisen per un’edizione delle “Favole” di Jean de la Fontaine c’è una donna in piedi, sicura di sé, che solleva la gonna e mostra la vulva a un diavolo, che si spaventa: in questo modo, narra la storia, sconfisse il diavolo e salvò il proprio villaggio.
Il gesto di alzare la gonna e mostrare i genitali a scopo apotropaico (per allontanare gli spiriti maligni) ha un nome: anasyrma. Ma come si spiega questo ruolo magico assegnato ai genitali femminili? Ecco la spiegazione di Catherine Blackledge, autrice di “Storia di V”. “Essi sono la fonte di ogni nuova vita, sono l‘origine simbolica del mondo. La vagina è il luogo da cui tutti proveniamo. Ma contengono anche un avvertimento: è importante non dimenticare da dove si viene, Oltraggiare, profanare o violare la vagina significa rivolgersi contro la vita stessa. E da questo non può venire niente di buono,solo distruzione della terra e della sua generosità”.
In quel gesto, la vulva diventa l’essenza della donna: la sessualità diventava la parte più importante dell’identità femminile. Ma oggi l’equazione vulva= donna “di questi tempi sovverte ben poco”, nota la Corradi. Oggi si è perso il mistero, il timore reverenziale verso la vulva, che è tornata a essere un tabù. Tanto che i due gruppi femministi che hanno conquistato la maggiore visibilità mediatica ne fanno un uso indiretto: le “Pussy Riot” solo nel nome (pussy significa vagina) e le “Femen” esibiscono un carattere sessuale secondario, ovvero il seno nudo. Anzi, oggi assistiamo a un paradosso: chi fa l’equazione vulva=donna, invece di rivendicare l’orgoglio femminile (come negli anni ’70) rischia di essere tacciato di sessismo.
Forse anche questo è un segno che viviamo in un mondo al contrario.