Quando si parla di pratiche sessuali, si trovano molti termini fantasiosi e divertenti: smorza-candela, 69, posizione del missionario… Ma ce n’è uno che ha un’origine misteriosa: la spagnola, ovvero la pratica erotica che consiste nel sollecitare il pene facendolo scorrere tra i seni.
Un lettore di questo blog, Tristan, mi chiede da dove arriva questo termine. In effetti, cosa c’entra questa pratica con la Spagna? Ho deciso di indagare, anche perché gran parte dei dizionari (Zingarelli, Sabatini-Coletti, Garzanti) non la cita: eppure è un’espressione diffusa nel gergo sessuale. Una forma di censura? Direi di no: i dizionari citano parole ben più pesanti. Forse è un’ignoranza di questo uso lessicale, o una forma di snobismo verso le parole gergali.
Eppure la spagnola – intesa come pratica – esiste da millenni. E’ citata infatti nel testo erotico per eccellenza della letteratura mondiale, il “Kama sutra”. Nell’India del VI secolo, l’autore, Vatsyayana, cita, nel capitolo dedicato agli abbracci, la viddhaka (o viddbaka), la trafittura: “il ragazzo le tocca ripetutamente i seni, serrandoli con forza finché lei non prova un certo piacere, allora infila la verga tra i seni di lei, trafiggendoli” (cap. 2, “Gli abbracci”, 9). Forse dall’India questa pratica si è poi diffusa in occidente? Un indizio c’è: nel Regno Unito questa pratica è chiamata “Bombay roll“, ovvero “rotolo di Bombay”. L’India, ricordiamolo, era una colonia britannica. Ma – vedremo più avanti – in realtà la storia della spagnola è più complicata: perché non si chiama l’indiana, allora?
In Italia il primo testo che la descrive risale al 1500, un secolo aureo per le parolacce e per l’erotismo, come raccontavo già nel mio libro. Lo studioso di lessico Giovanni Casalegno ne ha trovata un’efficace descrizione in un’opera attribuita a Pietro Aretino, “Il piacevol Ragionamento de l’Aretino. Dialogi di Giulia e di Maddalena”: qui una cortigiana esperta racconta i “trucchi del mestiere” a una novizia. A quell’epoca, infatti, le prostitute divennero parte della vita cittadina, e gli uomini di cultura se ne interessarono descrivendo la loro vita, le loro pratiche e la loro mentalità. Ecco che cosa dice la cortigiana: “‘io, vedendo a grandissima voglia che esso ne aveva per grandissima compassione mi contentati che lo tenesse fra le mie mammelle, ed egli premendo l’una e l’altra con le mani e tenendole strette attorno la faccenda sua, quella menando in su e in giù, mi sentii tutta bagnata il collo…”.
Dunque, la pratica è descritta ma non ha un nome specifico. Bisogna attendere altri 4 secoli prima che lo riceva: la prima traccia che la spagnola lascia nella nostra letteratura risale infatti al 1980, con il libro “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Per capire perché, bisogna allargare l’orizzonte geografico. La spagnola è chiamata così non solo in Italia, ma anche in Francia (branlette espagnole, cioè “masturbazione spagnola“), Germania e Austria (Spanisch), Portogallo (Espanhola), Grecia (Ισπανικό), come spiega Wikipedia.
Perché questa pratica è stata associata alla Spagna invece che all’India? Ho trovato 4 ipotesi per spiegare questo nome. Nella Parigi di inizio ‘900, le famiglie altolocate avevano domestiche spagnole, e i ricchi dell’epoca si facevano masturbare da loro in questo modo per non rischiare di metterle incinta, come racconta il film francese Sitcom (1998) di François Ozon. Un’altra ipotesi è che questa pratica fosse usata invece dagli spagnoli con le prostitute, sempre per evitare gravidanze indesiderate o malattie sessuali. O, infine, che fosse un’abitudine dei Mori (i musulmani berberi che popolarono la Spagna) con le prosperose donne spagnole. Una quarta possibile spiegazione, infine, fa risalire questa pratica a Napoli, dove nei quartieri spagnoli – nel XVI secolo si diffuse la sifilide: le prostitute di quei quartieri (dove erano di stanza varie truppe dei soldati francesi) adottarono quella pratica per evitare il contagio della sifilide.
Personalmente, però, propendo per la prima ipotesi: il termine, anche fuori d’Italia, è entrato di recente nei vocabolari.
Ma come si spiega, allora, che la spagnola cambi nazionalità a seconda dei Paesi? In Spagna, infatti, non si chiama spagnola ma cubana; in Messico, in Venezuela e nei Paesi Bassi diventa la russa, in Argentina la turca, nel Regno Unito e negli Usa la scopata olandese (ma anche russa o francese)… Forse la spiegazione è un’altra: che questa pratica accenda la fantasie erotiche se associata a una donna esotica, disponibile, procace. Basti ricordare una canzone maliziosa del 1906, “La spagnola” di Vincenzo di Chiara: “stretti stretti nell’estasi d’amor / la spagnola sa amar così…” (clicca sul video sotto).
Alla fine, le donne più sexy sono le straniere: non solo perché “l’erba del vicino è sempre più verde”, ma soprattutto perché è più rassicurante che siano disinibite le donne di altri Paesi. Zoccola è sempre la moglie degli altri, mai la nostra.
Sei un poeta
Grazie! Vito, sei stato esaustivo e (a parer mio) impeccabile nello svolgimento, in questa lingua ostica.
Bravo! Bravissimo!!
Buona VITA a voi.
Chissà se esiste L’ITALIANA in qualche altro paese
Esiste, ed è la definizione per il rapporto “ascellare”, dove il pene viene sfregato nell’incavo ascellare della donna. Questo perché storicamente in Italia, in particolare in meridione, veniva preservata la verginità fino al matrimonio e, quindi, molte donne trovavano modi fantasiosi di sfogare la passione pur restando “pure”. 😉
Bravissimo!
Francia: branlette espagnole
Giappone: paizuri (oppai= tette; zuri= strofinare)