“Quando si tratta di essere perfidi, nessun animale può starci alla pari. La portata e la varietà dei nostri segnali di disprezzo sono enormi, ancor prima che abbiamo aperto bocca“. Se lo dice uno zoologo, c’è da crederci. La citazione, infatti, è di Desmond Morris, che in un bel libro di qualche anno fa (“L’uomo e i suoi gesti”, Mondadori) ha analizzato i vari modi con cui comunichiamo attraverso il corpo.
In questa rassegna non potevano mancare i gesti volgari, che sono una categoria ben definita. Infatti, di per sè, qualsiasi azione, se fatta fuori da un contesto appropriato, può diventare un gesto d’insulto: se ruttate durante una cena di lavoro, nessuno vi farà i complimenti.
I gesti insultanti, invece, sono sempre offensivi. Perché il loro scopo, ricorda Morris, è quello di ferire, beffare, sfidare, minacciare, infastidire, rimproverare o umiliare un’altra persona.
I gesti insultanti sono tantissimi, e possono variare da Paese a Paese: se non li si conosce, si possono fare notevoli figuracce.
Per esempio, è sconsigliabile fare l’autostop mostrando il pollice in su in Grecia: qui il gesto ha valore spregiativo (è l’equivalente del dito medio, vaffanculo). La “V” fatta con l’indice e il medio significa “vittoria” se il palmo della mano è rivolto verso un’altra persona; ma se il palmo è rivolto verso il proprio volto, in Inghilterra è l’equivalente del dito medio…. E così via.
Al di là delle numerose varianti, comunque, secondo Morris i gesti insultanti si possono dividere in 12 grandi categorie. Le ho illustrate qui sotto con l’aiuto dell’attore e regista milanese Antonio Napoletano, che ha fatto da modello.
1) Complimenti deformati
E’ un insulto sarcastico: un complimento distorto. In pratica, una risposta amichevole viene modificata per renderla offensiva. E’ un insulto particolarmente sgradevole perché somiglia al gesto di dare una ricompensa per poi ritirarla all’ultimo istante. Ci mostra quello che potremmo avere, ma poi ci viene negato.
Alcuni esempi? Il sorriso a labbra strette, dare la mano per ritirarla all’ultimo istante, l’applauso al rallentatore, o (nei Paesi di lingua spagnola) l’applauso con le unghie dei pollici.
2) Segnali di sporcizia
Secondo diverse ricerche, al di là della bellezza (molto soggettiva) i soli aspetti del corpo con un valore universale sono 2: la pulizia e la salute. Dunque, dire (o far capire) a qualcuno che è sporco, significa insultarlo: sei repellente. Perciò, tutti i gesti che richiamano la puzza, i nostri prodotti di scarto (sputo, muco, urina e feci) sono modi per rifiutare ed emarginare qualcuno. Ricordate quando Silvio Berlusconi pulì platealmente la sedia su cui si era seduto Marco Travaglio, durante una puntata di “Servizio pubblico”? Quello era un gesto del genere, e qualcuno si è spinto a dire che gli procurò un notevole successo elettorale. Fra i Rom, un gesto di disprezzo irrevocabile è sputare sul pavimento; in Inghilterra, si mima il gesto di tirare la catenella di un immaginario water, turandosi il naso con l’altra.
3) Segnali di impazienza
Tamburellare con le dita, guardare l’orologio, battere nervosamente la punta dei piedi sul pavimento: sono tutti segnali di insofferenza. Dimostrano la volontà di una persona di andarsene da un’altra parte: ne ho piena l’anima di stare con te! Più rifiuto di così…
4) Segnali di superiorità
E’ un segnale di preminenza sociale: la persona si considera superiore e dimostra il proprio disprezzo esibendo un’espressione altezzosa. Per alcuni, non è un atteggiamento occasionale ma un vero e proprio modo d’essere che genera un’antipatia immediata.
5) Segnali di noia
E’ un segnale non solo di disinteresse, ma di vera repulsione: ci si mostra palesemente annoiati da un’altra persona. Si manifesta gonfiando le guance, sbadigliando, sospirando, mostrando un’espressione assente, o mimando una flebo al braccio. Come dire: “Quanto sei palloso!”.
6) Segnali di finta sofferenza
Per manifestare l’insofferenza verso qualcuno, si usano segnali esagerati di pena e di sconforto: battersi la testa con un pugno, boccheggiare, alzare gli occhi al cielo, coprirsi la faccia con le mani, distorcere i lineamenti in una smorfia di dolore, oppure mettere la mano di taglio sulla gola o sulla fronte (come dire: “ne ho fin qui di te”). Esagerando questi segnali, si colpevolizza l’altra persona come responsabile di questo dolore.
7) Segnali di ripulsa
E’ un modo per dire a un’altra persona: vattene! Tirare fuori la lingua ricorda l’azione con cui un poppante rifiuta il seno; ma si può anche mimare l’atto di cacciare via un insetto, o muovere la mano tesa a dita unite come a cacciare l’interlocutore.
8) Segnali di derisione
E’ una delle forme di insulto più pesanti, dice Morris, perché esprime ostilità e disprezzo nello stesso momento. Se ridiamo di una persona, è come se le dicessimo: “Sei così strano da sembrare allarmante, ma… che sollievo: non c’è bisogno di prenderti sul serio“. Si può esprimere questo sentimento fingendo di nascondere una risata soffocata, oppure lanciando una strizzata d’occhio a un complice, facendo in modo che la vittima se ne accorga. Una vera crudeltà.
9) Insulti simbolici
Questi gesti mimano dei veri e propri insulti: usando le mani si può dire a un’altra persona che è tonta o pazza (picchiettando o avvitando l’indice sulla tempia), oppure che è un noioso logorroico (mimando con la mano che si apre e si chiude il gesto del “bla-bla”). In questa categoria rientra il gesto del “marameo” che consiste nel puntare i pollici contro le orecchie, agitando rapidamente le altre dita: è un modo per mimare le orecchie di un asino.
Merita un discorso a parte, invece, l’italianissimo (ma non solo) gesto delle corna: equivale a dare del “cornuto” (tradito dalla propria partner) a qualcuno. E’ un atto di disprezzo verso un maschio: se volete sapere l’origine di questo gesto, ne ho parlato qui.
10) Segnali di disinteresse
Nella nostra cultura ci si aspetta che ognuno di noi, in ogni situazione, mostri per gli altri un grande e costante interesse. Dunque, uno dei modi di mostrare disprezzo a un’altra persona è quello di far finta di non vederla: snobbarla, distogliere lo sguardo, voltarsi per guardare altrove. Si viene trattati come una nullità, da uomini invisibili.
11) Segnali di minaccia
Sono modi con cui si tenta di intimidire un avversario senza arrivare all’attacco fisico: sono avvertimenti, semplici dimostrazioni visive. Le usano tantissimi animali (uccelli, rettili, pesci, mammiferi) che “tremano, sussultano, vibrano, si gonfiano, rizzano pinne, creste, criniere e cambiano vistosamente colore. L’uomo, non avendo questi strumenti, supplisce con una gran varietà di invenzioni culturali per minacciare i propri simili” racconta Morris. I movimenti aggressivi possono essere bloccati in 3 modi:
– movimenti di intenzione d’attacco: sono atti aggressivi che vengono cominciati ma non completati (alzare il braccio come per abbatterlo violentemente su un avversario, ma bloccandolo a mezz’aria; mettere le mani ad artiglio);
– gesti aggressivi a vuoto: l’azione viene completata, ma senza contatto fisico con l’avversario (agitare un pugno; mimare un colpo d’ascia con la mano; agitare l’indice, come fosse un bastone in miniatura);
– azioni deviate: l’attacco viene completato, ma non sul corpo dell’avversario bensì sul proprio o su un altro oggetto (afferrarsi il collo come a strangolarsi; mordersi l’indice.
In Francia, uno dei gesti aggressivi a vuoto è il gesto della barba (la barbe): ci si passa il dorso della mano sotto il mento per poi spingerla di fuori, con un movimento ad arco verso l’avversario. “La barba è alzata in direzione dell’avversario, proiettata contro di lui. E poiché nella specie umana essa è un importante segnale mascolino, proiettarla contro un rivale è come dire: ‘io lancio la mia virilità contro di te'”. Nel sud Italia, un ricordo di questa azione consiste nell’alzare infastiditi il mento, emettendo un piccolo suono (tsst) con la lingua.
12) Segnali osceni
Com’è che i segnali sessuali possono diventare insulti? Per rispondere, basta guardare gli animali: molti, compresi i nostri parenti più prossimi (le scimmie e i primati) usano le azioni sessuali come gesti di minaccia. Una scimmia maschio può mimare la monta nei confronti di un altro, come per dirgli: “Poiché soltanto un maschio dominante può montare una femmina, è chiaro che se io monto te (indipendentemente dal tuo sesso) tu devi essere mio inferiore”. Insomma, l’atto sessuale è usato come espressione di dominanza, di insulto o di minaccia.
E possono mimare: il fallo (dito medio, gesto dell’ombrello), la vulva (ripiegando l’indice contro il pollice), l’atto sessuale (infilando il pollice fra indice e medio: “fare le fiche”; mimare le “L” rovesciate con le due mani, come dire “Ti faccio un culo così”; spingere il pugno in avanti e indietro; infilare l’indice destro nel pugno sinistro), la masturbazione (spingendo il pugno su e giù), il rapporto orale (ponendo le mani aperte ai lati del pube). Altri ancora possono alludere in modo spregiativo all’omosessualità, per esempio mimando il polso molle o un’andatura affettata.
Fra i gesti osceni rientra anche la “V” col palmo verso il proprio viso: potrebbe essere il residuo di un gesto arabo che mima l’atto sessuale ponendo le dita a “V” alla base del naso.
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tonino “giustizia” sei bellissimo.