Qualche giorno fa, in una libreria, ho visto una cosa che mi ha colpito. Davanti alla cassa campeggiavano in bella mostra due libri che mi hanno fatto sobbalzare. Si intitolavano: “Ma fa ‘n po’ come cazzo te pare“, e “Il culo non esiste solo per andare di corpo“.
Mi hanno colpito perché, solo qualche anno fa, volumi con titoli del genere sarebbero rimasti confinati e un po’ nascosti nel settore “umorismo” o “erotismo”. E magari li avremmo comprati con un po’ di imbarazzo. Oggi, invece, evidentemente sono considerati un fatto normale.
Ma è un fenomeno nuovo? E’ in crescita? Quanti sono, ogni anno, i titoli volgari che vengono pubblicati in Italia? E, soprattutto: hanno successo?
Ho deciso di approfondire. Anche perché, a modo loro, tutti questi libri sono imparentati con “Parolacce”, di cui è appena uscita la nuova edizione in ebook.
Innanzitutto, smentisco subito un pregiudizio diffuso: il fenomeno non è affatto nuovo. Come potrete leggere in fondo a questo articolo, in realtà i primi titoli scandalosi risalgono già al 1500.
Ma torniamo per ora ai giorni nostri. Per fare una statistica attendibile ho consultato il database più completo di cui disponiamo: il catalogo del Servizio bibliotecario nazionale, ovvero tutti i libri posseduti dalla rete delle biblioteche italiane.
Nella maschera di ricerca, ho digitato le 10 parolacce più usate (al maschile e al femminile, al singolare e al plurale), circoscrivendo la ricerca dal 1960 a oggi, sui testi a stampa in italiano. La ricerca avanzata restituisce i risultati ordinando i libri per anno di pubblicazione.
Ho scartato dal conteggio le edizioni successive del medesimo titolo, ma non posso garantire una precisione assoluta (che, come vedremo, per i numeri in gioco non avrebbe senso).
Ecco il – prevedibile – risultato: l’uso di parolacce nei titoli è stato un crescendo esponenziale. Negli anni ’70 e ’80 si è quadruplicata, per poi esplodere negli anni ’90 e 2000, come emerge dal grafico qui sotto (clicca per ingrandire):
Quanti sono?
Rispetto agli anni ’60, i libri con un titolo volgare sono aumentati di 13 volte negli anni ’90 e di 29 volte negli anni 2000. Se la tendenza resterà costante, entro la fine di questo decennio saranno aumentati di 36 volte. C’è di che inquietarsi? Direi di no: perché i numeri in gioco sono davvero piccoli rispetto al totale dei libri pubblicati.
Prendiamo il decennio record 2000-2009, per il quale abbiamo dati definitivi dell’Aie (Associazione italiana editori) e dell’Istat. In quegli anni, in media, sono stati pubblicati in Italia 56mila libri all’anno, per un totale di 560mila dal 2000 al 2009: i 231 volumi con un titolo volgare usciti in quel decennio rappresentano un misero 0,04% del totale. Vuol dire 4 ogni 10mila libri, una ventina l’anno: una piccola minoranza, anche se fa rumore. Piccola curiosità: l’editore che ha pubblicato il maggior numero di titoli osè risulta Mondadori (65), seguito da Piemme (sempre del gruppo Mondadori, 24) e Zelig (16).
Perché questo boom?
Perché questa diffusione crescente? Innanzitutto perché, dagli anni ’70 il linguaggio è cambiato: il vento della rivoluzione giovanile del 1968 ha portato il linguaggio informale e colloquiale anche sui media (radio, film, tv, giornali e, ovviamente, libri), come raccontavo in questo articolo. Ma per i titoli dei libri vanno considerati anche altri aspetti. Primo, il peso sempre più crescente della satira, della comicità e della letteratura popolare. Non a caso, una delle apparizioni più osè è un titolo del 1970: “Le poesie d’amore: dar core ar cazzo er passo è breve“. Il libro è la traduzione, in dialetto romanesco, delle poesie di Catullo da parte di Massimo Catalucci. Insomma, la stessa operazione di “Il culo non esiste solo per andar di corpo” di Alvaro Rissa (2015), che è un’antologia di classici greci e latini.
Ma la vera svolta, come rivelano i numeri qui sopra, è maturata negli anni ’90, quando è iniziata un’esplosione di titoli che dura ancora. Se volessimo identificare un punto di inizio in un libro di successo, forse potremmo trovarlo nel 1997 con “Che stronzo! Il libro-verità sul fidanzato italiano” di Silvio Lenares. Un libro umoristico, nel quale il sedicente Ettore Bengavis, emerito dottore in Stronzologia, descrive le tipologie del fidanzato italiano, consigliando come sfuggire al maschio italiano.
Nel 2002 Luciana Littizzetto pubblica un altro titolo dirompente: “Ti amo bastardo“. Seguito da un best seller che ha rotto gli schemi della saggistica, per il tono colloquiale dei titoli: “Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita” di Giulio Cesare Giacobbe (2003), poi replicato con “Come diventare bella, ricca e stronza: istruzioni per l’uso degli uomini” (2006) e “Il fascino discreto degli stronzi” (2009). La via era tracciata: l’uso di parolacce nei titoli è passato dalla letteratura satirica e umoristica alla saggistica.
Un approccio che ha avuto un successo notevole: non solo perché la parolaccia attira l’attenzione e quindi è un potente strumento di marketing (l’abbiamo visto a proposito di vini con etichetta sboccata), ma anche perché la parolaccia è il linguaggio della schiettezza, della sincerità, del “pane al pane vino al vino”. Dunque, chi scrive un saggio (che sia di auto-aiuto, di psicologia o di denuncia politica e sociale) se ricorre al linguaggio colloquiale dà subito l’idea di essere alla portata di tutti. Come dimostrano i saggi, serissimi, “Stronzate: un saggio filosofico” (2005) di Harry Frankfurt, “Il culo e lo stivale: i peggiori anni della nostra vita” di Oliviero Beha (2012) o “Siamo tutti puttane: contro la dittatura del politicamente corretto” di Annalisa Chirico (2014). E infatti, fra i titoli che ho esaminato in questa indagine, gran parte rientra nel genere humor, seguito proprio da psicologia (ed erotismo, ma meno di quanto ci si aspetterebbe).
Insomma, l’uso della parolaccia nei titoli dei libri è il sintomo di un’epoca che gioca a contaminare gli stili e i registri, che sono diventati permeabili fra loro: formale e colloquiale, serio e comico si mischiano fra loro. Fino agli anni ’80, se qualcuno avesse pubblicato un saggio (serio) con un titolo volgare, avrebbe perso in prestigio e credibilità. Oggi, invece risulta simpatico e schietto.
Da un altro punto di vista, poi, significa che la cultura “ufficiale” ha legittimato, oltre al linguaggio, anche la cultura comica e quella popolare in generale. Gli ha dato dignità letteraria. E questo è senz’altro un bene.
Quali parolacce si usano? Hanno successo?
Ma quali sono le parolacce più usate nei titoli dei libri italiani? In classifica svetta “bastardo” (257 titoli), seguito da “puttana” (109) e “culo” (60). In questo decennio si assiste a un’impennata di “stronzo“, che ha già superato “culo” e tallona “puttana“. Trovate i dati in dettaglio nella tabella qui a destra.
Se i libri sono lo specchio di un’epoca, allora viviamo in un tempo di bastardi e di puttane? L’ipotesi è suggestiva e ha un fondo di verità; ma in realtà, bastardi e puttane sono presenze costanti in tutta la storia, perché sono le due facce della medesima miseria umana…
A parte questo: è una strategia vincente pubblicare libri con titoli volgari? Dipende. Un titolo con una parolaccia senz’altro attira l’attenzione dei lettori fra i numerosi volumi pubblicati ogni anno in Italia (oggi ci avviciniamo ai 60mila). Ma la medaglia ha il suo rovescio: i libri con un titolo spudorato hanno meno possibilità di essere recensiti da tv, radio, giornali. Dove, almeno in alcuni casi, si sta attenti al linguaggio, e certi titoli sarebbero impronunciabili. Insomma, un libro come “Il metodo antistronzi“, più che una recensione su un giornale prestigioso dovrà la sua fama al passaparola, ai social network o anche come regalo goliardico. D’altronde, se le parolacce sono il registro colloquiale e popolare per eccellenza, è giusto che si diffondano in quello stesso canale comunicativo.
E comunque, ovviamente, una parola forte non basta a decretarne il successo: sui 594 libri con titoli volgari che ho preso in esame per questa statistica, i best seller non mi sono sembrati più di una ventina. Insomma, alla fine vince pur sempre il contenuto (com’è giusto che sia).
Quando sono stati pubblicati i primi libri con titoli volgari?
Resta un’ultima curiosità: a quali anni risale l’esordio di queste parolacce nei titoli librari? Ecco quanto sono riuscito a ricostruire nella tabella qui sotto. Come potete vedere, non è affatto una tendenza moderna, visto che 7 termini su 10 sono precedenti a prima del 1900; e 4 risalgono al 1500, dopo poco più di un secolo dall’invenzione della stampa a caratteri mobili (1455). Solo vaffanculo, tette e fica sono stati “sdoganati” negli ultimi 40 anni. Anche in questo caso, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, i libri erotici sono una minoranza (20%); la maggioranza (70%) sono scritti a sfondo umoristico o satirico. Già nell’antichità, le parolacce si usavano soprattutto per far ridere. E se vi capitasse di leggere qualcuno di questi libri, vi accorgerete che non sono affatto libri commerciali: hanno uno spessore culturale che oggi non ci sogniamo lontanamente. Perché sono stati scritti dai (pochi, veri) intellettuali dell’epoca. Le parolacce, scritte da uomini di cultura, acquistano un altro sapore.
Parolaccia | Anno | Titolo | Autore | Genere |
Cazzo | 1531 | La cazzaria | Antonio Vignali | Satirico |
Puttana | 1532 | La puttana errante | Lorenzo Venier | Umoristico |
Coglione | 1569 | Historia della vita, et fatti dell’eccellentissimo capitano di guerra Bartolomeo Coglione | Pietro Spino | Satirico |
Bastardo | 1594 | Trattato delle ragioni sopra il regno di Cipro, appartenti alla serenissima casa di Sauoia. Con narratione d’historia del violento spoglio, commesso dal bastardo Giacomo Lusignano. | – | Storico. (Il termine, pur con sfumatura spregiativa, non significa “cattivo, spregevole, spietato” bensì “figlio illegittimo”). |
Merda Stronzo |
1629 | La merdeide, stanze in lode delli stronzi della gran villa di Madrid, del sign. D. Nicolò Bobadillo. | Tommaso Stigliani | Satirico |
Culo | 1842 | La culeide in antitesi al moderno costume dei culi finti | Gabriele Rossetti Cantone | Umoristico |
Vaffanculo | 1977 | La Traviata Norma, ovvero: vaffanculo… ebbene sì. | Collettivo teatrale “Nostra signora dei fiori” | Umoristico |
Tette | 1979 | Lord tette | M.H. Englen. | Erotico |
Fica | 1994 | La fica di Irene | Louis Aragon | Erotico |
Questo articolo è stato ripreso da AdnKronos, Il Giornale, Prima Comunicazione, Il Messaggero, BooksBlog, Agora Magazine, Donna Charme, Reportage online, Italy journal.
Mi segnalano un libro del 2015 che mi è sfuggito: “Vaffankulo Bridget Jones“, scritto da un medico foggiano.