L’ultimo è uscito lo scorso autunno: si intitola “Snatched” (rapite), ma nelle sale italiane è approdato col becero titolo di “Fottute!”. Così, dato che in questi giorni c’è il Festival di Cannes, mi sono chiesto quanti fossero, nella storia del cinema, i film con un titolo volgare.
Pensavo fossero 5 o 6 (“Vieni avanti cretino”, “Culo e camicia”, “Balle spaziali”…), ma in realtà ho scoperto che nell’ultimo secolo sono usciti 96 titoli con 22 diverse parolacce.
Diversi di questi film hanno riscosso successo al botteghino ma non sono tutti B-movies o cinepanettoni: fra i registi appaiono nomi del calibro di Mario Monicelli, Rainer Werner Fassbinder, François Truffaut, Dino Risi, Quentin Tarantino, Mel Brooks, Hayao Miyazaki. Tanto che alcune pellicole hanno vinto premi prestigiosi: “La cena dei cretini” ha conquistato 3 premi César e 2 premi Lumière; “Porco rosso” ha vinto il premio Ishihara Yujiro e 2 Mainichi Film Concours. E “Scemo di guerra” fu presentato a Cannes nel 1985.
Dunque, quanti sono i titoli di film volgari? Quali parolacce contengono? E per quali generi cinematografici? Le sorprese sono molte: attraverso le parolacce si può fare un viaggio affascinante nella storia del cinema, dal film muto (!) a oggi.
Il metodo
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Film del 1987.
Per questa ricerca linguistica, ho utilizzato Imdb (Internet movie database), il più grande database online del cinema. Ho delimitato il campo ai titoli in italiano, escludendo le pellicole porno: non per snobismo, ma perché per definizione il porno rompe i tabù, quindi non è sorprendente che lo faccia già a partire dai titoli. Che spesso sono trash, ma talvolta sono divertenti perché sono costruiti facendo la parodia di titoli seri: da “Porchaontas” a “L’albero delle zoccole” fino a “Va dove ti porta il culo”.
Ho escluso pure le (poche) pellicole girate all’estero con un titolo italiano: non è chiaro se i registi fossero consapevoli fino in fondo del significato del termine usato. I casi sono 3: “Ciao pirla!” un documentario del musicista spagnolo Oscar D’Aniello, “Figa”, un film polacco e il francese “Bruschetta al Coglioni”.
Prima di analizzare questo lato oscuro del cinema, ecco la lista completa dei film con un titolo a tinte forti (sperando di non averne dimenticato nessuno). Eccola:
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I numeri
Un centinaio di film con titoli scurrili sono tanti o pochi? Facciamo un conteggio approssimativo: negli anni ’60 e ’70 uscivano circa 700 film all’anno, che sono saliti a 3117 nel 2017. A grandi linee, negli ultimi 58 anni sono usciti 62mila film. Quelli con un titolo volgare sono quindi un’eccezione, rappresentando lo 0,4% del totale.
E sono un fenomeno abbastanza recente: tranne due eccezioni, infatti, è iniziato negli anni ’60, con un primo picco negli anni ’70, per poi diminuire e risalire dagli anni 2000: il record di titoli sboccati appartiene al decennio in corso, che – non essendo ancora finito – è destinato a segnare un record storico in questo trend.
Va comunque segnalato che il primo titolo scurrile della storia risale al 1915: è “Il bastardo” un film muto di Emilio Walter Graziani con Pietro Schiavazzi. Il secondo caso più antico è del 1940: ha lo stesso titolo, ed è la traduzione di una pellicola svedese intitolata “Bastard” (regia di Helge Lunde).
A proposito di numeri: quali sono le parolacce più usate? Stravincono bastardo (27%) e sbirro (24%), che da soli coprono la metà delle volgarità. Dunque, il film “Sbirri bastardi” (Tom Clegg, 1978) è il titolo più rappresentativo degli insulti più usati nelle locandine.
Gran parte delle scurrilità (14, il 63,6%) sono insulti, seguiti da termini osceni (4), espressioni gergali (2), termini escrementizi (1) e maledizioni (1).
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Film del 1982.
Le espressioni forti (puttana, cazzo, merda, negro, stronzo, vaffanculo) sono in realtà poche, ed è facile immaginare il motivo: una parola pesante rischia di incorrere in censure e diminuisce la vendibilità di un film.
Ecco l’elenco completo:
• bastardo: 26
• sbirro: 23
• balle: 7
• puttana: 6
• scemo: 5
• casino, figo, fottere, porco: 3
• cazzo, cornuto, cretino, idiota: 2
• becchino, culo, deficiente, merda, mortacci, negro, pirla, stronzo, vaffanculo: 1
I contenuti
Che genere di film sono quelli con un titolo volgare? Gran parte sono classificati in più di un genere contemporaneamente (drammatico/azione, commedia/avventura e così via).
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Film del 2003.
E’ comunque possibile stabilire quali sono i generi più diffusi: commedia (22,2%) e drammatico (14,6%). Le parolacce, infatti, servono proprio a far ridere e a esprimere le emozioni più forti, che troviamo anche nei film movimentati (azione, western, avventura, guerra, horror, thriller).
Ecco le statistiche complete:
• commedia:22,2%
• drammatico:14,6%
• western, avventura, thriller:4,2%
• azione, criminale, documentario:2,8%
• guerra, horror, animazione, storico:1,4%
• romantico e fantascienza:0,7%
Lost in translation
Poco più di un terzo dei titoli scurrili (37,5%) è frutto della fantasia di registi e produttori italiani, ma la maggioranza (62,5%) sono pellicole straniere. Dunque, la presenza di parolacce nei titoli è opera dei nostri traduttori, che – come vedremo – hanno fatto spesso scelte discutibili, inserendo un termine colloquiale, di registro basso laddove nell’originale era assente.
Come ad esempio “Fatti, strafatti e strafighe”, che in origine era “Dude, Where’s My Car?”, che letteralmente significa “Ehi, tipo, dov’è la mia auto?”. O il film “Deuce Bigalow: puttano in saldo” che nell’originale suonava “Deuce Bigalow: european gigolo”. Forse perché gigolo suona troppo raffinato, facendo perdere il lato comico o pruriginoso?
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Film del 2000.
Ma le scelte incomprensibili sono tante: “Steptoe e figlio” (Steptoe and son) è diventato “Porca vacca, mi hai rotto…”. “La sottile linea azzurra” (“The thin blue line”) è stata resa in “Sbirri da sballo“, “Guerra a tutti” (“War on everyone“) è diventato “Sbirri senza regole”, “Rapite!” (“Snatched!”), come dicevo all’inizio, è stato reso in “Fottute”. “Il capo ufficio” (“head office”) è diventato “Palle d’acciaio” mentre “Fantasia fra i cialtroni” (“Fantasia chez les ploucs”) è stato trasformato in “Il rompiballe… rompe ancora“.
E nell’elenco delle traduzioni discutibili figurano anche due pellicole d’autore: una di Truffaut, “Una bella ragazza come me” (Une belle fille comme moi), è stata tradotta in “Mica scema la ragazza”. E un cartone animato di Hayao Miyazaki “Kurenai no buta”, ovvero “Il maiale cremisi” è diventato “Porco rosso”: passare da maiale (termine neutro) a porco (termine spregiativo e volgare) non è stata una scelta felice. Da segnalare, infine, un titolo forte rimasto come nell’originale: “Whore” (che però ha come sottotitolo puttana).
Il motivo di queste scelte? Avevo già raccontato (in questo articolo) quanto sia difficile il mestiere del traduttore dei film, quando si tratta di rendere il turpiloquio. Ma in questi casi gioca per lo più un altro fattore: la tendenza alla volgarizzazione, cioè a rendere scurrile un titolo di per sè neutro. E’ una tentazione molto frequente, perché è una scorciatoia per esprimere sfumature emotive e di colore. Ma è anche un tentativo – per i distributori italiani di pellicole straniere – di attirare l’attenzione degli spettatori, usando un linguaggio popolare che accorcia le distanze: come fanno, del resto, anche i politici quando strizzano l’occhio agli elettori dicendo volgarità (“parlo come te perché sono come te”). Ma spesso, così facendo, i traduttori rischiano di tradire lo spirito della pellicola originale.
Dunque, i titoli trash sono una scelta di marketing, resa possibile anche da una generale e progressiva assuefazione alle volgarità: titoli che 30 anni fa sarebbero stati inconcepibili, oggi finiscono per essere accettati senza troppi scandali. Del resto, anche i titoli scurrili dei libri hanno un trend in crescita, per motivi analoghi.
Film del 1973. Se i titoli volgari sono abbastanza numerosi nella storia del cinema, i titoli che contengono eufemismi, cioè parolacce “addomesticate” (vedi il mio articolo qui) sono solo 4. La gran parte sono film italiani, l’ultimo è una traduzione (molto libera) dal francese: L’elenco potrebbe diventare molto più nutrito inserendo anche i titoli allusivi, evocativi: non contengono volgarità o eufemismi, ma usano situazioni e termini che stimolano l’immaginario erotico. Da “L’insegnante va in collegio” a “La moglie vergine” e a “Giovannona coscialunga”, fino all’ormai mitico ”Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda”.
Ben più nutrita, invece, la schiera dei titoli che giocano sui doppi sensi: un modo di strizzare l’occhiolino allo spettatore senza incorrere in censure. Ecco quelli che ho trovato: appartengono quasi tutti al filone della commedia sexy all’italiana, che fece furore fra gli anni ‘70-’80:
A questo articolo è stata dedicata una pagina su Il Giornale ed è stato rilanciato da Dagospia.