Sono usate a teatro, in letteratura, nelle canzoni e al cinema. Ma ora ho scoperto che le parolacce sono presenti anche in altre arti insospettabili: la pittura e la scultura. E’ un fatto straordinario: com’è possibile che alcuni vocaboli – e per di più volgari – siano diventati arti figurative, cioè immagini? E’ successo in due modi: le parolacce sono state inserite in quadri o in sculture come scritte, o sono stati raffigurati i gestacci che le rappresentano; oppure, più semplicemente, sono entrate nei titoli delle opere. Che, nell’arte contemporanea, sono fondamentali perché danno la chiave per capirne il senso.
In questo articolo, quindi, vi racconto le opere d’arte più sboccate della storia. Sono opere “minori”, nate dalla povertà intellettuale di artisti a corto di idee o di capacità? Oppure sono provocazioni studiate a tavolino solo per fare clamore? O anche questa è vera arte?
Il quesito è intrigante. Indagando, ho scoperto che le opere con un linguaggio triviale non sono poche: ne ho trovate 20 e sono firmate da autori – compresi 4 italiani – che hanno fatto la storia dell’arte: da Marcel Duchamp a Piero Manzoni fino a Gilbert & George e a Maurizio Cattelan. E anche se gran parte di queste opere sono state create negli ultimi 20 anni, i primi esempi risalgono a un secolo fa.
Tutti hanno usato le parolacce, chi per scuotere le coscienze, chi per farsi pubblicità, e chi per per esprimere concetti anche profondi: dalla caducità dell’esistenza alla satira economica, sociale, politica e religiosa. Nessuna è passata inosservata: alcune hanno portato una dose di graffiante ironia nell’arte, altre hanno suscitato notevole scandalo e persino manifestazioni di protesta con migliaia di partecipanti. E le loro quotazioni arrivano a centinaia di migliaia di euro.
L’idea di parlare di questo argomento mi è venuta in autunno, quando i giornali hanno raccontato un caso divertente: lo scandalo della luminaria con la scritta “Minchia”.
Minchia, che luminaria!
A Palermo, in occasione di “Manifesta 12”, la Biennale nomade europea, un artista siciliano, Fabrizio Cicero, aveva realizzato una luminaria con la più celebre parolaccia sicula dedicata all’organo sessuale maschile.
Un modo per celebrare la forza espressiva di questa parola, che in siciliano “enfatizza ogni genere di emozione: disprezzo, apprezzamento, esclamazione o esprimere stupore”, ha detto l’artista. La luminaria è stata issata e accesa in via Alloro, nella Kalsa, un celebre quartiere popolare e centrale di Palermo. Per ammorbidirne l’impatto, Cicero l’ha intitolata con un palindromo, “Aihcnim”. Ma l’opera non è passata inosservata: una consigliere comunale, Sabrina Figuccia (ironia della sorte!) ha scritto una lettera al sindaco per protestare contro l’installazione, che ha così ricevuto un’inattesa pubblicità.
Opere che hanno lasciato un segno
Ma com’è che le parolacce sono diventate un contenuto artistico? Per rispondere a questa domanda bisogna capire lo spirito dell’arte moderna: lo racconto brevemente nel riquadro più sotto. Se volete scoprire le 20 opere più trasgressive, proseguite più sotto: sono citate in ordine cronologico.
In questa lista trovate solo opere d’arte che abbiano un titolo volgare o che rappresentino le parolacce (sia come vocaboli che come gestacci). Non troverete, quindi, opere che mostrino semplicemente escrementi o nudità. Un altro criterio con cui ho scelto le opere riguarda la celebrità degli autori: sono tutti affermati, hanno lasciato un segno nella storia dell’arte, e le loro opere sono state esposte in musei, gallerie, mostre. Noterete una prevalenza di riferimenti agli escrementi (e non mancano altri fluidi corporei): dove finisce l’arte e inizia il cattivo gusto, decidete voi.
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Dopo il celebre orinatoio, anche quest’opera è un “ready made”: è una foto della Gioconda di Leonardo da Vinci, su cui Duchamp ha disegnato un paio di baffi e un pizzetto. Il titolo è un gioco di parole: l’acronimo L.H.O.O.Q. pronunciate in francese danno origine alla frase Elle a chaud au cul , ovvero: “Lei ha caldo al culo“, che significa “Lei è molto eccitata“.L.H.O.O.Q. (Elle a chaud au cul , ovvero: “Lei ha caldo al culo”)
Marcel Duchamp
L’opera nasce da varie suggestioni: pochi anni prima Sigmund Freud aveva ipotizzato che Leonardo da Vinci fosse omosessuale, e secondo alcuni critici la Gioconda ritraeva in realtà un uomo.
Duchamp, quindi, trasforma Monna Lisa in un uomo, e per di più eccitato. Un modo per dissacrare l’opera, idolatrata ma spesso non compresa a fondo, riportandola alla sua cruda verità. E anche uno sberleffo provocatorio – tipico del dadaismo – nei confronti del pubblico, superficiale e ignorante, che apprezza la Gioconda solo perché tutti dicono che è bella.
Nel 1961 Piero Manzoni sigillò 90 barattoli di latta, identici a quelli per la carne in scatola, applicandovi un’etichetta in varie lingue, con la scritta «merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta e inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 1 a 90 insieme alla firma dell’artista. Alla fine degli anni ‘60, due artisti – l’italiano Gilbert Prousch e il britannico George Passmore, coppia nell’arte e nella vita – decisero di mettere i propri corpi al centro della loro arte, inscenando performance come “sculture viventi”: «Eravamo vivi e perché sentivamo il bisogno di riportare al centro dell’opera alcuni sentimenti che ci sembravano trascurati», dicevano. GALLERIA FOTOGRAFICA (qui sotto, courtesy Gilbert & George). La foto raffigura un piccolo crocefisso di plastica immerso in un bicchiere di vetro contenente l’urina dell’autore, un fotografo statunitense. L’opera ha vinto, nel 1989, il premio “Awards in the Visual Arts” messo in palio dal Southeastern Center for Contemporary Art e sponsorizzato dal National Endowment for the Arts, un ente governativo statunitense. L’esposizione dell’opera suscitò un forte scandalo negli Stati Uniti; tra i suoi principali detrattori vi furono i senatori repubblicani Al D’Amato e Jesse Helms. In un discorso tenuto il 18 maggio 1989 al Senato degli Stati Uniti, i due parlamentari accusarono l’opera di volgarità e blasfemia, sostenendo che il premio di 15.000 dollari ottenuto da Serrano per Piss Christ violava il principio di separazione tra Stato e Chiesa, in quanto finanziato con denaro pubblico. I sostenitori dell’opera, al contrario, la definirono un significativo esempio di libertà d’espressione in campo artistico; tra i suoi difensori vi fu anche la suora e critico d’arte inglese Wendy Beckett secondo la quale Piss Christ non aveva un intento blasfemo, ma rappresentava il modo in cui la società contemporanea si poneva nei riguardi di Cristo. Nel 1997, la polemica riesplose in Australia in occasione di una retrospettiva dedicata a Serrano alla National Gallery of Victoria, quando l’arcivescovo cattolico di Melbourne, George Pell, si appellò alla Corte suprema per impedire l’esposizione della foto, ritenuta blasfema. Non ci riuscì, ma nei giorni successivi, dopo che l’opera fu danneggiata da alcuni vandali, la National Gallery decise di annullare la mostra. Nel 2011 un’altra bufera: l’opera fu esposta ad Avignone (Francia) nella manifestazione “I Believe in Miracles”: un migliaio di persone ha partecipato a una sfilata di protesta. Il giorno successivo, quattro giovani sono entrati nel museo immobilizzandone le due guardie: hanno infranto il vetro protettivo, danneggiando irrimediabilmente la foto. E’ una scultura a forma di escremento: campeggia su una fontana alta un metro, realizzata dall’artista Jerzy S. Kenar, noto a livello internazionale per le sue sculture a tema religioso. Walker è un artista di strada britannico. Ecco il suo racconto di com’è nata quest’opera: “Stavo discutendo con alcuni colleghi, fra cui il celebre graffitaro Bansky, su come realizzare una nuova, irriverente versione della Monna Lisa. Ma era già stato fatto tutto (vedi Duchamp e molti altri). A un certo punto ho pensato che bastava aggiungere al suo nome un’altra O, e sarebbe diventata una mooner (in inglese, “to moon” significa mostrare il sedere in segno di disprezzo, scherzo, dispetto, provocazione): Moona Lisa, per l’appunto! Il motivo per cui sorride è perché sta per voltarsi e mostrare il culo“. Dunque, Walker ha dipinto un gestaccio (di cui ho parlato qui). Nel 2007, un artista cinese naturalizzato in Canada, Terence Koh, ha esposto una sua irriverente opera all’Art Basel, una fiera d’arte moderna a Basilea (Svizzera): consisteva in teche di vetro che contenevano i suoi escrementi placcati in oro. Una versione più elegante, o quantomeno intrinsecamente preziosa, della merda d’artista di Manzoni. Tanto che l’opera è stata venduta per 500.000 dollari. Nell’estate del 2008, l’artista statunitense Paul McCarthy ha messo un’installazione sul terreno del Centro Paul Klee di Berna, in Svizzera: un tessuto di nylon rivestito di vinile, di inequivocabile forma e color marrone, su un quadrato di 15 metri di lato. Raffigurava una massiccia cacca di cane alta 33 metri, come un palazzo di 11 piani. Una forte folata di vento, però, ne ha distaccato gli ormeggi facendola volare via: la cacca gonfiabile ha divelto una linea elettrica e rotto le finestre di una serra e di un’abitazione, prima di precipitare al suolo. I giornali hanno titolato: “Catastrofe di merda” e “E’ un aereo o una cacca?”. McCarthy non è nuovo a operazioni del genere le sue performance, già dagli anni ‘70, erano fatte usando vomito, mestruazioni, sperma, escrementi. In “SHIT FACE PAINTING” (1974), per esempio, ha steso sul suo viso barbuto una vernice gocciolante, grumosa, marrone e si è rotolato nudo su grandi fogli di tela, tracciando così varie macchie di colore. Nel 1992 ha presentato le sculture “FAKE SHIT” (merda finta), torte a forma di cacca ma realizzate in alluminio verniciato (per questo le ha definite “finte”). Dieci anni dopo, nel 2002, ha proposto altre due sculture, “DICK EYE” (occhio del cazzo) e “SHIT FACE”, faccia di merda (entrambe nelle foto a lato). Insieme alle opere di Duchamp e Manzoni, è l’opera di contenuto volgare più famosa a livello internazionale. L’opera raffigura una mano intenta nel saluto romano ma con quasi tutte le dita mozzate, come se erose dal tempo, eccetto il medio: diventa così un marmoreo e imponente “vaffanculo”, proprio di fronte alla sede della Borsa italiana a Milano. La scultura (realizzata in marmo di Carrara, alta 4,6 metri, che diventano 11 col basamento) diventa quindi un gesto irriverente che si rivolge sia all’architettura del Ventennio di palazzo Mezzanotte, sia al mondo della finanza che esso ospita. L’accostamento fra un’opera così volgare e provocatoria e il cuore della finanza non ha eguali in tutto il mondo. Ecco perché l’ho scelta per posare per un servizio fotografico di Elena Datrino (potete vederlo qui). L’opera è stata esposta nel 2015 alla galleria “The hole” di New York e ha fatto scalpore. Non tanto per il titolo, quanto per il materiale usato (la cacca dell’artista) e soprattutto per il soggetto rappresentato: Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Pellegrino è un artista palermitano noto per la sua ricerca legata alle tradizioni popolari siciliane, comprese le luminarie. Questa installazione consiste in 7 pannelli in legno, dipinti a olio e illuminati da luci led che compongono il celebre insulto (per il suo significato, leggi questo articolo). Uno “stronzo d’artista“. L’opera, racconta Pellegrino, è legata a un fatto di cronaca: il commento polemico di Gianfranco Micciché, presidente della regione Sicilia, nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’episodio risale all’estate scorsa, quando Salvini aveva bloccato 190 migranti a bordo della nave Diciotti per attuare un braccio di ferro con le autorità europee. L’opera è un manifesto realizzato da Serena Fineschi, artista toscana, per la rassegna Opera Viva Barriera di Milano. E’ la fotografia di una piccola porzione della sua pelle, su cui è stata tatuata una frase (tratta da un lavoro del 2011) che è al tempo stesso una dichiarazione di intenti e un inno d’amore. “Significa che, nonostante siamo perfettamente consapevoli dei problemi e delle crisi che attraversano il mondo contemporaneo, nonostante le società occidentali stiano mostrando tutte le loro crepe (che il Covid ha ampliato e reso ancora più visibili), nonostante tutto questo e proprio per questo non rinunciamo a dichiarare a gran voce il nostro amore per la vita”.
Dedico questo post all’amica Frida, che mi ha messo la pulce nell’orecchio (e che pulce!) parlandomi di Duchamp.MERDA D’ARTISTA
Piero Manzoni
Manzoni mise in vendita questi barattoli allo stesso prezzo di 30 grammi di oro. Era una critica, provocatoria e feroce, al mercato dell’arte: che cos’è l’arte? Una gigantesca truffa, che consiste nel vendere merda al prezzo dell’oro. Era quindi una conferma provocatoria ai sospetti antimodernisti del pubblico, che vede l’artista per lo più come un truffatore, un manipolatore e un illusionista. Ed è anche una satira nei confronti di chi considera gli artisti quasi sacri, al punto che tutte le loro produzioni (escrementi compresi) siano più che opere d’arte: reliquie da conservare.
Oggi i barattoli sono conservati in diverse collezioni d’arte, compresi il Museo del Novecento di Milano e la Tate Modern di Londra. Il valore di ciascuna scatola è stimato intorno ai 70.000 €, ben più dell’oro (che per 30 grammi ammonterebbe a 1.050 euro), ma nel 2016 un pezzo fu venduto a 220.000 euro. In realtà, pare che le scatole non contengano escrementi ma solo gesso: ulteriore beffa nella beffa. GEORGE THE CUNT AND GILBERT THE SHIT (Gilberto la merda e George il coglione)
Gilbert & George
Una delle loro prime opere è questo ritratto fotografico, intitolato “GILBERT THE SHIT AND GEORGE THE CUNT”: una provocazione, ma soprattutto un modo per prevenire le critiche. “Sapevamo che ci sarebbe stata una battaglia e volevamo essere lì prima, molto prima che qualcuno potesse dire che non eravamo bravi artisti, che non eravamo capaci di fotografare o di dipingere: così molto prima che iniziassero tutte le critiche, avevamo già attaccato noi stessi”.
Era solo l’inizio di un percorso artistico che ha sempre avuto come obiettivo quello di prendere di mira le convenzioni borghesi della società. Il loro motto non lascia spazio a dubbi: “vogliamo che la nostra arte tiri fuori il bigotto che si annida nei liberali, e il liberale che si annida nel bigotto”. Dunque, un’arte provocatoria, antireligiosa, libertina, e soprattutto corporea.
Nel 1975 realizzano “COMING” (venendo, in senso erotico), un collage fotografico che mostra i loro ritratti intorno a 4 immagini di schizzi di sperma. (vedi foto 1 sotto)
Nel 1977 pubblicano “DIRTY WORDS” (cattive parole) una serie di 26 collage fotografici campeggiati da parolacce: suck (suca), bent (invertito), shit (merda), cunt (figa, coglione), bugger (frocio), cock (cazzo), fuck (fottere) e così via. (vedi foto 2 sotto)
Nel 1994 hanno creato 20 opere intitolate “THE NAKED SHIT PICTURES” (i disegni della merda nuda) in cui Gilbert & George appaiono nudi in varie pose, affiancati da immagini di escrementi: una umanità ridotta all’essenziale, alla mera biologia delle sue parti. “c’è qualcosa di religioso nel fatto che siamo fatti di escrementi”, hanno detto. (vedi foto 3 sotto)
Nel 1996 pubblicano la serie “FUNDAMENTAL PICTURES” (quadri fondamentali) con 39 opere come “BLOODY SHIT HOUSE” (casa di merda sanguinosa) o “SHIT AND PISS” (merda e piscia). (vedi foto 4 sotto)
Gli artisti, oggi ultra 70enni, sono ancora in attività: nel 2004, fra le 38 opere di “PERVERSIVE PICTURES” hanno pubblicato un autoritratto intitolato “WHITE BASTARDS” (in cui appaiono vestiti di bianco, ma in realtà è un riferimento alle origini etniche). (vedi foto 5 sotto)
E una delle ultime opere (2016) nella serie “THE BEARD PICTURES” (le immagini della barba, 173 pezzi) si intitola “FUCK OFF HIPSTERS” (fanculo hipster). (vedi foto 6 sotto)
PISS CHRIST (Cristo di piscio)
Andres SerranoSHIT FOUNTAIN (Fontana di merda)
Jerzy S. Kenar
Quest’opera, però, nasce con un altro intento: è un monito ironico ai “cani del vicinato”, che lasciano in giro i propri escrementi, senza che i loro padroni li ripuliscano. La fontana, infatti, è installata nel giardino di casa Kenar, al 1001 North Wolcott Avenue ad Augusta, negli Usa. MOONA LISA
Nick Walker
Questa irriverente (la più irriverente) versione della Gioconda è stata prima dipinta su un muro in Norvegia. Poi una sua copia è stata venduta alla Bonhams’s Urban Art auction di Londra per 54mila steriine (62mila euro). GOLD PLATED POOP (Cacca placcata oro)
Terence KohCOMPLEX SHIT (merda complessa)
Paul McCarthyL.O.V.E. (libertà, odio, vendetta, eternità)
Maurizio Cattelan“SHITHEAD1” (testa di merda1)
Katsu
“Volevo esprimere il mio disappunto verso chi manipola le nostre vite, Zuckerberg merita di essere ridicolizzato”, ha spiegato l’autore, L’opera faceva parte di un trittico di “teste di merda” insieme al ritratto di Eric Schmidt, ai tempi amministratore delegato di Google, e di un cane, uno springer spaniel. STRONZO
Domenico Pellegrino
Miccicché aveva attaccato il ministro su Facebook, scrivendo: «Non so come tu riesca a dormire al pensiero di quanta sofferenza si stia procurando nel tuo nome… Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più? Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo».
L’episodio ha ispirato Pellegrino: «Ho voluto prendere in prestito il commento di Miccichè su Salvini perché è stato diretto – spiega – e per scuotere le menti assopite bisogna essere incisivi, forti e diretti». Ancora non si sa dove sarà collocata l’opera, al momento ancora nello studio dell’artista. VIVA QUESTO MONDO DI MERDA
Serena Fineschi
In questo mio vecchio articolo ti suggerisco un’altra opera da affiancare a Duchamp, Manzoni e gi altri:
https://pensieri-eretici.blogspot.com/2011/02/cose-larte.html
Grazie della segnalazione Mauro! L’avrei aggiunta all’articolo, ma in realtà, indagando, ho scoperto che il titolo originale dell’opera non è “Pinkelde Petra” (Petra che piscia), ma semplicemente “Petra” (vedi Wikipedia e il sito dell’artista): dunque, non essendoci una parolaccia nel titolo, l’opera non può entrare in questa lista.
Sì e no.
L’artista l’aveva intitolata “Pinkelnde Petra”… ma la galleria non se la è sentita e per l’esposizione ha cambiato il titolo in “Petra”.
Dimenticavo: e poi “Petra” è rimasta perché così era stata conosciuta.
Posso suggerire The Great Wall of Vagina di McCartney tra le opere d’arte, io vidi la sua mostra, inoltre fece anche una versione della bandiera americana con dei calchi del suo fallo
Le opere che propone sono senz’altro trasgressive, ma non sono pertinenti se si vuol parlare di parolacce. “Vagina” infatti è un termine scientifico.