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Parolacce: la “top ten” del 2020

Il 2020 su T-shirt (spreadshirt.com), addobbo natalizio (etsy.com), logo (thesilkscreenmachine.com) e su uno striscione goliardico a Venezia.

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2020, in Italia e nel mondo? Anche quest’anno ho fatto la classifica dei 10 insulti più emblematici dell’anno. Una “top ten” che non poteva essere immune al Coronavirus: molti episodi, infatti, sono collegati alla pandemia. Era inevitabile. Come forse era inevitabile che un anno funesto come il 2020 diventasse esso stesso un insulto. Fra contagi, crisi economica, isolamento forzato, questo anno è diventato l’emblema della sfortuna, della rovina, del male assoluto. Tanto che sui social in lingua inglese si è diffusa l’espressione “go 2020 yourself”, come equivalente di “go fuck yourself”, vai a farti fottere (“vaffan2020”). E’ presto per dire quanto sopravviverà questo modo di dire, ma con un anno così disgraziato non poteva essere altrimenti.
Ed è un sentimento diffuso: il mese scorso il quotidiano britannico “The Guardian” ha fatto un sondaggio fra i lettori, chiedendo loro di sintetizzare in una sola parola il loro sentimento verso il 2020. La parola più votata è stata “shit“, merda (qui un mio articolo su tutti i modi di dire con questa metafora) seguita da “fucked” (fottuto).
Non stupisce, quindi, che acuni siti abbiano messo in vendita T-shirt e ornamenti natalizi in cui gli “0” del 2020 sono rappresentati con rotoli di carta igienica; negli ornamenti natalizi il 2020 è raffigurato come cacca di cane o come dito medio (vedi foto).
D’altronde, anche in Italia l’espressione “Che ti venga il Coronavirus” ha iniziato a circolare come maledizione (e non è l’unico malaugurio a sfondo sanitario nella nostra lingua, come raccontavo
qui).

La prima serie tv sulle parolacce

Sperando che il 2021 sia migliore, prima di passare alla classifica devo segnalare un evento storico: la prima serie tv dedicata alle parolacce. E’ un documentario in 6 episodi da 20 minuti ciascuno intitolato “History of Swear Words“. Condotto dall’attore Nicolas Cage, è una serie Netflix che andrà in onda dal prossimo 5 gennaio. Ogni episodio sarà dedicato a una diversa espressione in inglese: shit, fuck, pussy, bitch, dick e damn ovvero merda, fottere, figa, troia, cazzo e dannazione. I documentari hanno una base solida: annoverano consulenti di rilievo come il lessicografo Kory Stamper, lo psicologo cognitivo Benjamin Bergen, la linguista Anne Charity Hudley e la studiosa di letteratura Melissa Mohr (per chi vuole approfondire l’argomento in italiano, c’è sempre il mio libro).
Qui sotto il trailer della serie, giocato sull’ironia. Vedremo se la serie sarà all’altezza delle aspettative.

La classifica del 2020

Esaurite le premesse, ecco la mia “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Per sorridere e per riflettere.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Vista l’aria che tira, essendo per di più la 13ma edizione della “Top ten” un po’ di scaramanzia è d’obbligo. Dunque, incrociando le dita, buona lettura. E buon anno! 

1) CANZONE KAMIKAZE

«Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera, la tua ingratitudine, la tua arroganza».
Squalificato.
Morgan, 7 febbraio 2020, Festival di Sanremo

 

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IL FATTO
 

Festival di Sanremo. Morgan e Bugo presentano la canzone “Sincero”, scritta da quest’ultimo. E, sul palco, avviene un fatto inaudito: Morgan cambia il testo della canzone, che trasforma in un avvelenato e unilaterale attacco verso il suo partner. Il testo originario diceva: “Le buone intenzioni, l’educazione. La tua foto profilo, buongiorno e buonasera. E la gratitudine, le circostanze. Bevi se vuoi ma fallo responsabilmente. Rimetti in ordine tutte le cose. Lavati i denti e non provare invidia”. Una canzone contro l’ipocrisia delle buone maniere, contro una società che ci vuole tutti uguali. 

Morgan lo ha trasformato così: “Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera, la tua ingratitudine, la tua arroganza, fai ciò che vuoi mettendo i piedi in testa. Ma tu sai solo coltivare invidia, ringrazia il cielo sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato dentro”. Nessuna volgarità, ma una serie di offese pesanti a cui Bugo, umiliato in diretta davanti alle telecamere, non ha potuto e voluto rispondere. Così ha preso il foglio con il testo della canzone e ha abbandonato il palco, lasciando Morgan da solo e preso in contropiede. Dato che il regolamento del Festival vieta di modificare il testo (oltre che di interrompere l’esibizione) i due sono stati squalificati.

Un episodio senza precedenti nella storia del Festival e della canzone in generale. Un litigio che diventa plateale e si trasforma in un suicidio artistico. I motivi di tanta acredine fra i due non sono mai stati chiariti: alcuni video mostrano un animato litigio prima di salire sul palco, per il cattivo esito dell’esibizione della serata precedente in cui i due avevano eseguito una propria versione del brano “Canzone per te” di Sergio Endrigo. (Qui una dettagliata ricostruzione). E gli strascichi continuano tuttora: al prossimo Festival Bugo parteciperà come concorrente, mentre Morgan è stato escluso sia come cantante che come giurato. E per reazione lui ha definito “infami e sciacalli” gli organizzatori (vedi qui). 

 

2) RAZZISMO GEOGRAFICO

«Che mongolo!».
E la Mongolia protesta all’Onu.
Max Verstappen, 23 ottobre 2020, Portimão (Portogallo)

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Gran Premio di Formula1. Alle prove libere all’autódromo internacional do Algarve in Portogallo, Lance Stroll (Racing Point) non rallenta in curva e urta l’auto di Max Verstappen (Red Bull). Quest’ultimo impreca alla radio: “Ma è cieco questo cazzone? Che cazzo c’è che non va con lui? Gesù Cristo. Che ritardato. Ho subìto un danno. Che mongolo” [“Is this fucking guy blind? What the fuck is wrong with him? Jesus Christ. What a retard, I have damage. What a mongol”].

La lettera dei protesta dell’associazione “Mongol identity”.

Il suo sfogo fa il giro del mondo. E suscita l’indignazione della Mongolia, che non vuole essere equiparata a un termine offensivo.
La prima a protestare è l’associazione “Mongol Identity” che scrive in un comuncato: “Vogliamo esprimere la nostra disapprovazione e al tempo stesso la nostra preoccupazione nel vedere utilizzato il termine ‘mongolo’ in maniera dispregiativa. Siamo anche abbastanza sotto shock per il fatto che la F1 non abbia preso alcun provvedimento e ci rivolgiamo direttamente ai vertici di questa competizione. Dal 1965 l’OMS ha chiaramente stabilito che il termine ‘Mongoloide’ non poteva essere associato a chi soffre della Sindrome di Down in quanto offensivo per coloro che hanno nazionalità mongola. Chiediamo a Verstappen scuse pubbliche e maggiore sensibilità nei confronti di persone che soffrono. Chiediamo cortesemente che il termine ‘mongolo’ venga utilizzato in maniera corretta”.

Il consigliere-plenipotenziario della Red Bull, Helmut Marko ha preso posizione: “Ho detto a Verstappen che episodi di questo genere non devono più accadere in futuro. Ha sbagliato su tutta la linea”. Ma Verstappen non ne ha voluto sapere: “Se qualcuno si sente offeso dalle mie espressioni non è un mio problema”. Allora la vicenda è diventata un incidente diplomatico internazionale: Lundeg Purevsuren, ambasciatore della Mongolia presso le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ha inviato una lettera al fondatore della Red Bull Dietrich Mateschitz per esprimere le sue critiche all’uso di Verstappen dell’insulto e la sua riluttanza a chiedere scusa. E ha scritto anche agli sponsor della Red Bull.
Uno di questi, la Siemens, ha risposto dicendo  di “non accettare discriminazioni, molestie o attacchi personali verso individui o gruppi” e ha rivelato di aver già chiaramente espresso le proprie preoccupazioni alla Red Bull per l’incidente. Ma da Verstappen nessun segno di ravvedimento: Unro Janchiv, l’inviato culturale della Mongolia, ha detto che “ancora aspetta le scuse pubbliche del pilota”.

E’ la prima volta che uno Stato interviene ufficialmente per protestare contro un termine spregiativo geografico. Che non è l’unico del nostro vocabolario, come raccontavo in questo articolo.

 

 

3) DRONI SCURRILI

«Dove cazzo vai? Torna a casa! A calci in culo!»
Cateno De Luca, sindaco di Messina, 25 marzo 2020

 

 

 

 

 

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IL FATTO
 

E’ primavera e l’Italia è in piena emergenza Covid. Il Paese entra in lock down, ma molti faticano a rispettare il divieto di circolazione. Così il sindaco di Messina, Cateno De Luca, annuncia una decisione inusitata: una flotta di droni per controllare il territorio. I velivoli sono dotati di un altoparlante con la voce del sindaco che urla ai trasgressori: “Non si esce! Questo è l’ordine del sindaco De Luca e basta! Dove cazzo vai? Torna a casa! A calci in culo!”.

Mai nessuna autorità aveva intrapreso un’iniziativa simile, che ha fatto il giro del mondo: fra gli altri l’ha segnalata la rete americana NBC. Non si sa se l’iniziativa sia stata attuata in quei termini e con quali effetti, ma non è rimasta isolata: a Pasqua il sindaco ha inviato per la città un’auto che diramava un messaggio con un altoparlante, invitando ogni cittadino a stare a casa “per i cazzi suoi” (“io rustu a casa pi cazzi mei”), aggiungendo gli auguri di Buona Pasqua. La decisione, però, ha sollevato forti reazioni: alcuni cittadini hanno presentato due esposti indignati, a cui sono seguite le proteste del Garante dell’infanzia e del segretario del Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati, che hanno contestato il linguaggio scurrile. A loro si è aggiunta, dal pulpito della chiesa,la dura reprimenda dell’arcivescovo di Messina Giovanni Accolla: “in città si sentono linguaggi turpi, è una vergogna. Messina non merita questi insulti. Devono pentirsi pubblicamente. Le persone che sono volgari non possono augurare la Santa Pasqua”. Il sindaco ha dovuto così fare marcia indietro.

 

4) PREVENZIONE A TINTE FORTI

Dito medio a chi non usa la mascherina.

14 ottobre 2020, Berlino

 

 

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Il manifesto contro chi non indossa la mascherina anti Covid.

Questa campagna è stata promossa dal Dipartimento per l’economia di Berlino e dall’ufficio turistico “Visit Berlin”. E’ una campagna provocatoria per sensibilizzare i tedeschi a indossare la mascherina per prevenire il contagio da Coronavirus. La campagna è attuata con un contrasto e un doppio senso: lo slogan “L’indice alzato per tutti quelli senza maschera” fa riferimento all’indice (“indice alzato” significa “stai attento”), ma l’immagine mette in evidenza il dito medio.

Il manifesto, che ha fatto furore sui social, è una doccia fredda per spingere le persone a fermarsi e a riflettere sul proprio senso di responsabilità sociale, mettendo fine a comportamenti irresponsabili come circolare senza protezioni contro la diffusione dell’infezione. Un comportamento che mette a rischio soprattutto le persone più vulnerabili come gli anziani: di qui la scelta di usare come testimonial una donna dai capelli argentati. La volgarità dell’immagine ha però sollevato aspre polemiche in Germania. Molti l’hanno trovata offensiva: il leader locale della CDU di Angela Merkel, Kai Wegner, ha criticato il Senato (guidato da una coalizione di socialdemocratici, sinistra e Verdi): “La situazione è troppo grave per scherzarci sopra”, ha detto. E Marcel Luthe, membro del Senato di Berlino, ha presentato una denuncia alla polizia in merito all’annuncio, sostenendo che incitava all’odio contro tutti coloro che non possono indossare una maschera, come i bambini piccoli e le persone con problemi di udito o altri problemi di salute.
In ogni caso, non è l’unica campagna sociale giocata sulle volgarità: in questo articolo ne trovate una raccolta, con 24 casi (e molti italiani).

 

 

5) RAZZISTA IN AFRICA

«I tifosi sono stupidi. Sanno solo urlare come scimmie e abbaiare come cani».
Licenziato ed espulso dal Paese.
Luc Eymael, 27 luglio 2020, Dar es Salaam (Tanzania)

 

 

 

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IL FATTO
 

L’allenatore belga Luc Eymael.

Luc Eymael è un ex calciatore belga che all’inizio del 2020 era stato reclutato come allenatore degli Young Africans (Yanga), una delle squadre più popolari e titolate della Tanzania. Da un decennio, infatti, Eymael lavorava in Africa come ct in varie nazioni. Il 22 luglio gli Yanga avevano pareggiato 1-1 con il modesto Mtibwa Sugar, per poi concludere il campionato al secondo posto, dietro il suo più odiato competitor, il Simba Sports Club. 

Inviperito per il risultato, l’allenatore 60enne, parlando coi giornalisti, si è lamentato dicendo che «i tifosi sono stupidi in questo Paese. Sanno solo gridare come le scimmie e abbaiare come i cani. Non sanno niente di calcio». E non ha risparmiato critiche anche alla Tanzania: «Non mi sto godendo il vostro Paese, siete gente ignorante. Non ho un’automobile, non ho la tv satellitare, lavorare in queste condizioni non fa per me, mia moglie è disgustata, io sono disgustato». Insomma, un incredibile mix di razzismo, arroganza e irriconoscenza.

La pagina Web (in swaili, qui tradotta con Google) dello Yanga.

I dirigenti della sua squadra non ci hanno pensato due volte: quando la notizia si è diffusa l’hanno licenziato e cacciato dal Paese. Ecco quanto ha scritto il segretario generale del club, Simon Patrick: “Siamo rattristati da queste parole e ci scusiamo con la Federazione tanzaniana di calcio, con i tifosi e la cittadinanza tutta per gli insulti e le offese del manager. La nostra società crede nel rispetto e nella dignità e si oppone a qualsiasi forma di razzismo. Per questo la leadership dello Yanga Club ha deciso di licenziare il signor Luc Eymael e assicurarsi che lasci il Paese il più presto possibile”. Eymel – noto per il suo pessimo carattere unito a una grande ambizione – si è poi scusato: “Ero di cattivo umore, quelle affermazioni sono frutto della delusione e della frustrazione per non aver vinto il titolo, ma non sono razzista”, ha dichiarato.

Eppure, questo clamoroso scivolone sembra non aver interrotto la carriera africana di Eymael: il mese scorso è stato infatti reclutato dal Chippa United, una squadra sudafricana che – beffa del destino – gioca le partite di casa allo stadio Nelson Mandela di Port Elizabeth.  Ma non è detto che Eymael ce la faccia: la Federcalcio sudafricana (Safa) ha annunciato che intende opporsi a questa decisione. «La Federcalcio sudafricana ha appreso con sgomento la notizia della nomina del razzista impenitente‚ Luc Eymael a capo allenatore del Chippa United», ha detto in un comunicato. «Troviamo profondamente offensivo che mentre la comunità calcistica globale è unita nella solidarietà intorno alla campagna “Black Lives Matter”, il Chippa United riterrà opportuno assumere un personaggio del genere per lavorare nella città che prende il nome dal padre fondatore della nazione, Tata Nelson Mandela ‚il paladino di un mondo libero dal razzismo e da altre forme di discriminazione. Safa scriverà immediatamente al ministro degli Interni per esprimere la sua opposizione alla concessione di un permesso di lavoro per lui. Chiederemo anche ai comitati etici di Fifa e Safa di incriminare il signor Eymael poiché la sua condotta spregevole è una violazione dei codici di entrambi gli organismi».

 

6) SESSISMO IN TV

«Da stasera la trasmissione se la conduce da sola, gallina!».
Silurato.
Mauro Corona a Bianca Berlinguer, “Carta bianca” Rai3, 22 settembre 2020

 

 

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IL FATTO
 

La trasmissione “Cartabianca” è un talk show di politica e attualità che va in onda dal 2016. Dal 2018 ha come ospite fisso lo scrittore alpinista Mauro Corona, protagonista di siparietti molto seguiti con la conduttrice Bianca Berlinguer. Durante una puntata, Corona tenta di parlare di un albergo in cui era stato, ma la conduttrice lo blocca ricordandogli che “Non possiamo parlare di questo albergo perché è pubblicità e non possiamo fare pubblicità in televisione”. Allora Corona si infiamma “Senta Bianchina, se lei mi vuole qui tutta la stagione mi fa parlare. Altrimenti la mando in malora e me ne vado, lei stia zitta! Stia zitta una buona volta gallina! Da stasera la sua trasmissione se la conduce da sola gallina!”. La Berlinguer allora reagisce: “Io non posso accettare che lei diventi maleducato e sgradevole insultando me che sto qui a condurre la trasmissione. quindi gallina lo dice a chi vuole ma non si permette di dirlo a me, chiaro il concetto?”. Qui sotto il filmato del litigio:

Il giorno dopo la trasmissione, la Rai ha pubblicato un comunicato in cui ha preso le distanze da Corona, chiedendo scusa al pubblico femminile “per le inaccettabili offese verso la conduttrice. Il signor Corona ha violato le disposizioni normative e i principi etici volti a promuovere la parità di genere e il rispetto dell’immagine e della dignità della donna. A tali inderogabili principi è improntata la programmazione della Rai che pertanto intraprenderà tutte le azioni del caso nei confronti di Corona al fine di tutelare l’immagine e la dignità culturale e professionale della conduttrice e il ruolo di servizio pubblico della Rai”.

Dopo l’episodio Corona non è stato più ospite della trasmissione. Ma il finale di questa vicenda è sorprendente. Perché la destinataria delle offese, una donna, è stata molto più tollerante rispetto al direttore di Rai3, un uomo. La decisione di esautorare Corona dalla trasmissione, infatti, non è stata presa dalla Berlinguer bensì dal direttore di Rai3, Franco Di Mare. Anzi, la sua decisione è risultata sgradita alla Berlinguer, che l’ha contestata  in varie interviste . «Corona aveva chiesto scusa subito, la sera stessa. E credo di aver reagito in modo adeguato in diretta» ha detto la Berlinguer. «Di Mare si è dimenticato di prendere in considerazione proprio l’opinione della persona che si sarebbe dovuta sentire offesa, che sono io. E’ stato un maschio a decidere della gravità dell’offesa e della sanzione, ignorando l’opinione della parte lesa. A fronte di ripetute scuse, pubbliche e private, si è intervenuti di autorità sui contenuti del mio programma, mortificando completamente la mia autonomia. Questo, peraltro, è stato l’unico momento in cui il direttore si è interessato della trasmissione. Questa separazione è stata dolorosa per me e per Corona».

 

7) CAMPAGNA ELETTORALE (DIS)EDUCATIVA

«Se 2.500 persone si iscrivono al voto, vi insegno a dire parolacce in 15 lingue diverse».

Samuel L. Jackson su www.headcount.org, 14 settembre 2020

 

 

 

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IL FATTO
 

Negli Stati Uniti, la scarsa partecipazione elettorale rischiava di assegnare a Donald Trump un secondo mandato. Una prospettiva che sarebbe stata un incubo per l’attore Samuel L. Jackson, che non aveva esitato a definire Trump un “motherfucker” (un gran figlio di puttana) a costo di perdere fan fra i suoi sostenitori. Così, sfruttando la sua celebrità (legata all’uso di un linguaggio molto colorito), Jackson ha lanciato su headcount.org, un sito che promuove la partecipazione democratica fra gli appassionati della musica, un appello per spingere le persone a iscriversi alle liste elettorali. Se almeno 2.500 persone si fossero iscritte, lui avrebbe pubblicato un video tutorial per imprecare in 15 lingue diverse.

l’iniziativa ha avuto successo: su Instagram ha superato i 61mila “mi piace” e ha centrato l’obiettivo. Così Jackson ha pubblicato il video, nel quale traduce l’espressione “fuck you” (fanculo) in 15 lingue, dal brasiliano all’esperanto, fino al vietnamita e allo swaili. 

Un video non particolarmente spiritoso (e forse realizzato banalmente, usando Google translate) ma senz’altro un’iniziativa senza precedenti. E nel suo piccolo ha contribuito a un risultato storico: mentre alle presidenziali del 2016 aveva votato il 59,2% della popolazione, a quelle del 2020 l’affluenza è stata del 66,7%, la più alta mai registrata nella storia statunitense. 

 

  

8) L'AUTOGOL DEL CAMPIONE

«Il test anti Covid è una stronzata»

Cristiano Ronaldo, 28 ottobre 2020 Instagram

 

 

 

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IL FATTO
 

Il contestato post di Ronaldo (evidenziato).

Il 13 ottobre l’attaccante della Juve Cristiano Ronaldo viene trovato positivo al Covid. Per sua fortuna è asintomatico, ma come tutti è costretto a stare in isolamento. E a saltare partite importanti, non solo in Serie A ma anche in Champions League, come la partita contro il Barcellona del 28 ottobre. Così dopo aver postrato qualche frase di circostanza sul suo profilo Instagram (“Feeling good and healty” cioè “mi sento bene e in buona salute” e “Forza Juve”) aggiunge una frase indispettita: “PCR IS BULLSHIT”, ovvero il Pcr è una stronzata. Pcr è la sigla di reazione a catena della polimerasi, una tecnica di biologia molecolare che consente di moltiplicare frammenti di acidi nucleici. E’ il metodo usato per diagnosticare l’infezione da Covid: il virus è a Rna, cioè contiene un filamento di acido ribonucleico. Per essere rilevato, va prima convertito in Dna e poi moltiplicato miliardi di volte, così può essere identificato. Un procedimento ideato nel 1983 dal biochimico statunitense Kary B. Mullis, che per questo ha ottenuto il premio Nobel per la chimica nel 1993. Dunque, tutt’altro che una stronzata: una tecnica diagnostica fondamentale, grazie alla quale abbiamo potuto non solo diagnosticare gli infettati da Covid, ma anche diverse malattie genetiche e contaminazioni da Ogm.

Così la frase di Ronaldo, che pure ha ottenuto oltre 6mila “mi piace”, ha suscitato un’ondata di indignazione anche da parte di medici impegnati nella lotta al Coronavirus. E così il campione ha rimosso l’infelice frase da Instagram.

 

 

9) GAFFE AL QUIZ

Definizione di “piccolo diverbio”? Scazzo.

 26 maggio 2020, “L’eredità”, Rai1

 

 

 

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IL FATTO
 

La gaffe è andata in onda durante una puntata dell’Eredità, il celebre quiz condotto da Flavio Insinna. Il presentatore ha proposto al concorrente, Alessandro, la definizione di “piccolo diverbio”. Quando ha visto apparire sullo schermo le lettere “S”, “Z” e “O” ha risposto d’impulso “Scazz…” e si è subito bloccato, suscitando l’ilarità dell’avversaria. Il conduttore Insinna ha glissato dicendo “Eh, nella vita…”. 

La risposta corretta era “Screzio”. D’altronde lo “scazzo” non è un diverbio piccolo, bensì una discussione agitata e violenta, come dice il dizionario. Sarebbe stata una risposta sbagliata comunque.

 

10) FUORIONDA IN CONFERENZA

«Non si sente un cazzo».
Giancarlo Blangiardo, presidente Istat, 8 maggio 2020, Roma

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Roma. Come ogni settimana, il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di sanità (Iss) organizzano una conferenza stampa per aggiornare sull’andamento del Coronavirus. In questa occasione sono presenti Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, e Giovanni Rezza, Direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute. In collegamento da casa, proiettato su un grande schermo, c’è Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, che deve parlare delle statistiche sulle vittime della pandemia. Ma il collegamento non è dei migliori, e ci sono problemi di audio. Dopo quasi un’ora di incontro, una giornalista presente in sala pone una domanda a Blangiardo, e lui (non rendendosi conto di avere il microfono aperto) sbotta: “Ecco, qui non si sente un cazzo”.Imbarazzo generale, risate. L’interprete nella lingua dei segni si blocca.
Rezza ha commentato ironicamente: “E’ stato diretto, diciamo”. Aggiungendo, nell’ilarità generale: “Ha detto che così non si sente una minchia, in siciliano”.  Qui sotto il video della gaffe, dal minuto 52:40

Un po’ di umanità e di leggerezza in un momento ufficiale e drammatico. 

 

Se volete leggere le classifiche degli ultimi 12 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 20192018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

Questo post è stato rilanciato da AdnKronos, Affari ItalianiIl Tempo, Libero, Fortune ItaliaYahoo notizie, MeteoWeb, La SiciliaMaxim Italia, Il secolo d’ItaliaSardiniaPost, Messina todayIl Roma, Il giornale d’Italia, Corriere di Arezzo, Corriere dell’Umbria, Olbia Notizie, SassariNotizie, TvSette, La Voce di NovarailDenaro.it, L’Occhio, La freccia Web, Food and wine Italia , Giornale confidenziale , la nuova Roma , Sicilia report , EcoSeven, VSalute , Sicilia report, il fatto Nisseno, Tele Nicosia, Radio Veronica One, New Pharma Italy, TeleRomagna24, Stranotizie.it, TheWorldnewsNet, TFNews, Tele Ischia

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2 Comments

  1. La traduzione giusta della parola inglese ‘retard’ sarebbe ‘ritardato’ e non ‘ritardo’.

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