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Ucraina, quando la guerra si fa a parole

Francobollo proposto alle Poste ucraine per celebrare la resistenza anti russa.

Non solo bombe e proiettili. Nel conflitto con i russi, gli ucraini hanno sfoderato un’arma in più: gli insulti. Dai francobolli alle molotov, fino ai cartelli stradali e alle manifestazioni di protesta, la resistenza si è affidata alle parolacce, nella convinzione che “la lingua uccide più della spada”.
Insultare un nemico, infatti, è un modo per manifestare disprezzo, senso di superiorità, coraggio. Ed è una valvola di sfogo della rabbia, della paura e della frustrazione. E così anche in Ucraina  le parolacce sono entrate nelle manifestazioni di protesta, negli atti di resistenza, nella propaganda.

“Fanculo la leva”: manifesto anti guerra in Vietnam di Kiyoshi Kuromiya (1968)

Uno scenario che ricorda la Guerra in Vietnam, dove per la prima volta le parole scurrili fecero irruzione nelle manifestazioni di protesta dei giovani alla fine degli anni ‘60: anche i pacifisti, insomma, impararono a usare le parole più bellicose per esprimere la loro totale avversione alla guerra.

La guerra, infatti, è da sempre teatro di violenze anche verbali, come racconto nel mio libro. Ed è anche il linguaggio della sincerità: i conflitti mettono a nudo la cruda verità della violenza e della lotta per la sopravvivenza. C’è una parola russa che accomuna gli sfoghi degli ucraini e dei russi: “pizdets”. Originariamente significa “vulva”, ma oggi indica una situazione difficile, caotica, senza via d’uscita: può essere tradotta come “un gran casino”, “un troiaio”, “essere nella merda”. E’ l’espressione più usata al fronte per descrivere la terribile situazione in Ucraina oggi. Ed esprime, paradossalmente, la vicinanza linguistica e di destino fra i due popoli che si affrontano.

Ho raccolto alcuni di questi episodi raccontati dalle cronache, nella convinzione che una guerra combattuta con le parole è meglio (o meno peggio) di quella a colpi di kalashnikov: orrenda e sbagliata per tutti, sempre e comunque. Se le controversie fra le nazioni potessero risolversi con un duello a colpi di insulti, invece che di mortai – come fanno i rapper con le battaglie freestyle, il “battle rap” – il mondo sarebbe un posto migliore.

FRANCOBOLLI

Uno dei francobolli proposti: “Nave russa, vai a farti fottere!” dice la scritta. E sotto: Isola Zmiinyi, gloria agli eroi

Dopo che la Russia ha invaso il Paese, all’inizio di marzo le Poste ucraine (Ukrposhta) ha indetto un concorso per disegnare un francobollo che illustrasse “la determinazione degli ucraini a difendere la loro terra”. Le Poste hanno ricevuto 500 disegni, tra i quali hanno selezionato 20 finalisti: gran parte di questi ha riprodotto un episodio accaduto il 24 febbraio, quando una nave da guerra russa ha minacciato 13 guardie di frontiera ucraine che proteggevano l’Isola dei serpenti (Zmiinyi), nel Mar Nero, nella regione di Odessa. La nave, via radio, ha intimato per due volte ai soldati ucraini di arrendersi: «Siamo una nave da guerra russa. Propongo di deporre le armi e di arrendersi per evitare spargimenti di sangue e vittime ingiustificate. Altrimenti sarete bombardati». Ma la risposta dei militari ucraini è stata sorprendente: «Nave da guerra russa, vai a farti fottere». Qui l’audio dello scambio:

“Nave militare russa, vai a farti fottere”

Alla fine, ovviamente, le guardie hanno avuto la peggio e sono state catturate (inizialmente si pensava fossero morte).  Le Poste sono soddisfatte: «il nostro concorso è diventato una forma di arte terapia. E ora cercheremo di stampare questi nuovi francobolli».

CARTELLI

Il ministero dell’Interno ucraino ha chiesto ai residenti di rimuovere i segnali stradali per confondere le truppe russe in arrivo. Gli enti amministrativi delle strade hanno confezionato un cartello stradale di divieto barrato, con la faccia del presidente russo Putin, e l’hanno installato sulle principali arterie di collegamento.

In una delle strade principali di Kiev un cartello dice: “Soldati russi, andate affanculo” (nella foto).

MOLOTOV

Le birre con l’effigie di Putin (sotto, l’etichetta) usate come molotov

La fabbrica di birra Pravda, con sede a Lviv, in Ucraina, ha sospeso le sue operazioni di produzione della birra: ora sta preparando bottiglie molotov per i residenti da usare contro le forze russe. E a questo scopo utilizzano una particolare birra prodotta dal 2016, la “Putin huilo”, che significa “Putin testa di cazzo”: l’etichetta raffigura il presidente Putin nudo, che tiene sulle ginocchia Dmitrij Medvedev (all’epoca primo ministro), con riferimenti ai rapporti tra Russia e Ucraina, alla Crisi della Crimea del 2014 e lo sfruttamento petrolifero.
L’iniziativa ricalca – in modo più rudimentale – la tradizione, iniziata nella seconda guerra mondiale, di apporre col gesso delle scritte sulle bombe prima di lanciarle sugli obiettivi:
 i piloti di caccia americani scrivevano messaggi come “Happy Xmas Adolph” (Buon natale, Adolf) sui lati degli ordigni.

 

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