Isterica. Demente. Mongolo… Ci avete fatto caso? Alcuni insulti, molto usati sul Web o nelle conversazioni quotidiane, arrivano dai trattati di medicina o di psichiatria. E’ un tragitto inusuale: di solito, infatti, le offese nascono dal basso, ovvero dal registro linguistico popolare e colloquiale (asino, svitato), dai dialetti (grullo) o dalle metafore sessuali (rincoglionito, come raccontavo in questo articolo). In questi casi, invece, il tragitto è all’inverso: termini di origine scientifica o accademica entrano nel linguaggio comune allo scopo di svilire altre persone.
Perché accade questo? Quali sono questi termini in italiano? E qual è la loro origine?
Dalla scienza al pregiudizio
Questi insulti nascono in ambito scientifico: sono etichette che identificano un disturbo mentale, sia cognitivo (un deficit di capacità intellettive) o dell’equilibrio psichico e comportamentale. Dunque, gran parte dei termini che elencherò più avanti nascono sì come etichette, ma con intento descrittivo più che offensivo: sono un modo per dare un nome a una malattia, descrivendone i sintomi o la causa. Peraltro la disabilità intellettiva e i disturbi mentali hanno molte forme e gradazioni e non sono né semplici né rapidi da diagnosticare anche per gli specialisti.
Ma il linguaggio non è fatto a compartimenti stagni: i termini tecnici sono, a poco a poco, entrati nella lingua generale, nel linguaggio parlato. Acquisendo però una connotazione negativa con i caratteri dello stigma: sono diventati etichette che danno un giudizio negativo a una persona, dichiarandola inferiore e perciò meritevole di disprezzo ed emarginazione. Non sulla scorta di una diagnosi accurata, ma di un giudizio affrettato al solo scopo di offendere qualcuno. Dunque, una doppia forma di arroganza: si fa una diagnosi senza averne la competenza, e la si utilizza per disprezzare qualcuno. Un processo simile è avvenuto con gli insulti fisici (gobbo, nano, storpio), di cui ho parlato in questo articolo.
La lista degli insulti mentali
Il caso più originale di questo aspetto linguistico è l’affascinante storia del termine “cretino”, di cui parlo più sotto. Prima ecco la lista completa degli insulti mentali di origine scientifica, con una breve spiegazione sull’origine di ogni termine.
Ne ho trovati in tutto 43, che ho riunito in queste 3 sottocategorie:
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La prevalenza del cretino
In questo ambito, spicca la storia del termine “cretino”. La prima attestazione di uso medico risale al 1789: in alcune regioni alpine della Svizzera francese, si erano diffuse varie forme di ipotiroidismo congenito: la mancanza di iodio nella dieta genera un cattivo funzionamento della tiroide che produce meno ormoni, causando una crescita irregolare delle fibre nervose. Questa malattia causa una crescita irregolare delle ossa e delle articolazioni, danni neurologici e ritardi cognitivi. Un tratto distintivo tipico di questa malattia è l’ingrossamento della tiroide, che produce gozzi sul collo, e il nanismo.
I malati di sindrome da deficit congenito di iodio (questo il termine odierno della patologia) erano chiamati “crétin”, cioè “cristiani”: nel senso di poveri cristi, che meritavano compassione. E la malattia fu chiamata “cretinismo”. Termine che dal suo significato empatico passò a indicare persone con deficit cognitivi, dunque di scarsa intelligenza. Il termine, poi, si è sganciato dalla casistica di questa sindrome per indicare – in modo offensivo – le persone poco intelligenti. Con una grande diffusione, anche nel mondo dello spettacolo e della cultura.
Il tipico rappresentante del “cretinismo” è la maschera bergamasca di Gioppino, che simboleggia valori contadini rozzi, ma positivi. Gioppino infatti ha sul collo tre vistosi gozzi tipici della malattia. Incarna il sempliciotto rozzo ma di buon cuore, pronto a difendere i deboli.
Faccione furbo, rubicondo, vestito di panno verde orlato di rosso, pantaloni scuri da contadino e cappello rotondo con fettuccia volante, di mestiere fa il facchino e il contadino, professioni che però non pratica preferendo guadagni occasionali meno faticosi. Ama il vino e il buon cibo. Di modi e linguaggio rozzissimi, ma di buon cuore, porta sempre con sé un bastone che usa per difendere gli oppressi e punire i prepotenti.
Il termine “cretino” ha avuto poi una gran fortuna grazie a uno dei primi attori del cinema muto, il francese André Deed (pseudonimo di Henri André Augustin Chapais, 1879 – 1940): fra il 1909 e il 1920 ha interpretato oltre 90 cortometraggi comici recitando nel ruolo di Cretinetti, personaggio che lo rese popolare in tutta Europa. Un appellativo che ha avuto gran fortuna anche negli anni successivi: nel film “Il vedovo” di Dino Risi (1959), Alberto Sordi interpreta un industriale incapace disprezzato dalla moglie (Franca Valeri) con l’appellativo di “cretinetti”.
“Vieni avanti, cretino!” è invece il tormentone inventato dai fratelli De Rege, uno duo comico che negli anni ‘30 ebbe molto successo. Impersonavano due fratelli, uno intelligente, l’altro nei panni del fratello scemo. Facevano ridere grazie agli equivoci verbali innestati dall’ignoranza del “cretino” e amplificati dalla sua accentuata balbuzie. L’ingresso del fratello scemo veniva preceduto dalla famosa battuta “vieni avanti cretino”, battuta ripescata poi negli anni ‘60 dal duo Walter Chiari e Carlo Campanini, e infine dall’omonimo film di Luciano Salce con Lino Banfi del 1982.
Poi il termine ha avuto ulteriore fortuna grazie al libro “La prevalenza del cretino” di Fruttero e Lucentini (1985): «È stato grazie al progresso che il contenibile “stolto” dell’antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch’egli si compiace di chiamare “molto complessa” gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumerevoli poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per “realizzarsi”. Sconfiggerlo è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d’inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni (per lui, il cretino è sempre “un altro”); e comunque il riso gli appare a priori sospetto, sconveniente, «inferiore», anche quando − agghiacciante fenomeno − vi si abbandona egli stesso.»
La stessa tipologia di persona che in tempi recenti ha identificato Umberto Eco nel tipico utente di Internet: oggi il Web “dà diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo tre bicchieri di rosso e quindi non danneggiavano la società. Certe volte basta vedere i tweet che scorrono in basso: sono persone che prima venivano messe a tacere dai compagni e che invece oggi hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”.
ENNIO FLAIANO
“Per essere cretini bisogna crederci fino in fondo.”
ENRICO VAIME
“Signori si nasce, cretini si muore.”
TOTÒ
battute d'autore