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“Chissene”, “fiodena” e altre 22 parolacce accorciate

I più famosi sono “vaffa”, “rinco” e “chissene”. Ma come ve la cavate con “giamairo”, “mastica” o “arrodugò”? Sono tutte forme abbreviate di parolacce: diminutivi, forme tronche (apocopi), acronimi. In questo modo le espressioni diventano più veloci e incisive. Un requisito che, quando si tratta di offendere, di reagire a un torto, ha una sua importanza. Non a caso in inglese le parolacce sono chiamate “4 letters words” (parole di 4 lettere), perché le espressioni scurrili più usate sono appunto di 4 lettere: fuck, shit, cunt, piss, cock, tits, crap…

L’esigenza di parlare in modo veloce ed efficace è diffusa soprattutto nel gergo giovanile. “Raga”, “tranqui”, “situa” sono solo alcuni degli esempi di abbreviazioni al servizio di una comunicazione più rapida. Un’esigenza nata nelle grandi metropoli del Nord già negli anni ‘60, e oggi resa più pressante dall’utilizzo del telefonino: dagli Sms fino a X (twitter), le principali piattaforme digitali hanno infatti limiti stringenti di capienza del testo, e questo spinge gli utenti ad accorciare i messaggi e le parole di cui sono composti. In questo modo, le espressioni scurrili diventano non solo più corte, ma anche più ermetiche: le capisce chi già ne conosce il significato, sono un linguaggio in codice. Diventano insomma un’allusione, più morbida rispetto alla versione integrale.

La lista delle 24 parolacce abbreviate

Qui sotto la lista di 24 espressioni di questo genere, che ho ricavato da Slengo (dizionario online dei neologismi), e dal libro “Scrostati gaggio! – Dizionario storico dei linguaggi giovanili” di Renzo Ambrogio e Giovanni Casalegno. Potete segnalarne altre nei commenti: aggiornerò la lista.

ESPRESSIONE SIGNIFICATO
arroddugò Abbreviazione di “arrori du coddiri” (sardo), che ti fotta un orrore, uno spavento. Ovvero che tu sia colpito da una disgrazia pesante. Può essere usato come maledizione ma anche come formula di ammirazione
B.M. o BM Acronimo di “bimbominkia”, utente di Internet spesso giovane, di scarsa cultura e capacità linguistica, dal carattere infantile, autoreferenziale, arrogante
chittasa  Apocope di “chi ta s’ancula” (romanesco), ovvero “chi ti si incula”: non conti nulla per me.
corca Apocope di “cor cazzo” (romanesco), ovvero “col cazzo”: per nulla al mondo
cazzomene Apocope di “Che cazzo me ne frega” o “Che cazzo me ne fotte”. Esiste anche la variante “cazzotene” (“che cazzo te ne frega”) 
chissene/chisse Apocope di “chi se ne frega” o “chi se ne fotte”
fiodena Apocope di “fijo de ‘na mignotta” (romanesco): figlio di puttana
fottesega Abbreviazione di “non me ne fotte una sega” (toscano), ovvero “non mi importa per niente”.
giamaica Apocope di “già m’hai cacato er cazzo” (romanesco): “già mi hai cagato il cazzo”, ovvero non ti sopporto più.
giamairo Apocope di “già mi hai rotto i cojoni” (romanesco), “già mi hai rotto i coglioni”.
KTM Acronimo dell’imprecazione “chitemmuort” (napoletano), “chi ti è morto”, una maledizione rivolta ai parenti defunti di qualcuno (mannaggia a chi ti è morto, all’anima di chi ti è morto)
LMCS Acronimo di “li morti che sei” (pugliese), altra offesa contro i defunti
mastica Apocope di “ma ‘sti cazzi” (romanesco): non mi interessa.
mongo Apocope di “mongoloide”: stupido, idiota
pampa Apocope di “pampasciune” (pugliese): coglione, fesso. 
randa  Apocope di “randagio” (lombardo): tamarro, truzzo
rimba Apocope di “rimbambito”
rinco Apocope di “rincoglionito”
rompi Apocope di “rompiscatole”, “rompiballe”, “rompicoglioni”: spesso ha una connotazione vezzeggiativa  
stika Apocope di “sticazzi” (romanesco): chi se ne frega
tama Apocope di “tamarro” (Piemonte)
unca Apocope di “un cazzo” 
vaffa Apocope di “vaffanculo”
zama Apocope di “zamarro”: tamarro 
PU.TRO.ZO.MI.
L’avvocato Giuseppe d’Alessandro, cassazionista e autore del “Dizionario giuridico degli insulti”, segnala un acronimo che non avevo mai sentito. Ma viene utilizzato, poiché è finito in una sentenza, la numero 182/2022, del Tribunale del lavoro di Roma. Il giudice ha condannato una società romana a cui una dipendente aveva fatto causa per molestie sessuali e discriminazione sul lavoro. La donna lavorava in un ufficio di logistica. Oltre a essere bersaglio di continui apprezzamenti fisici, racconta la sentenza, la donna veniva chiamata da alcuni colleghi “PUTROZOMI”, acronimo di “puttana, troia, zoccola, mignotta”. Quando si tratta di insultare, la fantasia non ha limiti.

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