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Fighetti, sboroni e altri che se la tirano

Così l’intelligenza artificiale disegna una persona altezzosa (Dall-E).

Un lettore di questo blog, Luigi P., mi ha chiesto qual è l’origine dell’espressione “tirarsela”. La risposta la trovate più sotto. Ma il quesito era intrigante e mi ha acceso altre curiosità: che cosa vuol dire precisamente “tirarsela”? A quale atteggiamento si riferisce? A chi si crede superiore agli altri, a chi fa il sostenuto. Il termine più preciso è altezzoso. Poi mi sono venuti in mente altri sinonimi: sbruffone, montato, puzzone e molti altri. Insomma, si è aperto un mondo affascinante, tutto da esplorare: volevo capire, attraverso la lingua, qual è il difetto che con questi termini viene messo alla berlina. E, soprattutto, perché.
Gli insulti, infatti, sono sempre giudizi sommari, etichette affibbiate a chi è considerato “anormale”.
In questo caso, segnalano un tragico errore di valutazione: nessuno, infatti, può credere d’essere superiore agli altri in ogni aspetto, ovvero come persona nella sua interezza. Eppure, la tentazione della superbia, di sentirsi superiori agli altri è sempre dietro l’angolo. Perché facciamo fatica a tenere in equilibrio il nostro Ego con quello degli altri.

Sordi nei panni del Marchese del Grillo: la frase  rappresenta bene la prospettiva dei superbi.

«La superbia è una percezione accecata della verità» sottolinea nel libro “Superbia” (Il Mulino) Laura Bazzicalupo, docente di filosofia politica all’università di Salerno. «Il superbo vede solo ciò che vuol vedere:  avanza avvolto in una nebbia delirante, anche se usa  lucidamente la propria intelligenza. Il superbo è in una prigione mentale. E’ un peccato della verità: non voler prendere atto di chi siamo, crederci onnipotenti. Ma è anche una condanna esistenziale: chi non percepisce i propri limiti, non si giudica superbo e in più ritiene di valere più di tutti gli altri. La verità su ciò che si è viene rifiutata e negata. E’ la presunzione di credere d’essere unico». Tanto che, quando fallisce, il superbo se ne stupisce (delirio di onnipotenza). 

Come li descrive la lingua

Una donna altezzosa creata dall’Intelligenza artificiale (Dall-E).

Gli epiteti che condannano questi comportamenti sono numerosi: ne ho trovati 76 (più sotto li elenco tutti, ricostruendo le loro etimologie, compresa quella di “tirarsela”): per tre quarti prendono di mira i superbi, gli altri sono riservati ai vanitosi. Esprimono una valutazione etica negativa, e anche un avvertimento: i superbi sono condannati perché giudicati fastidiosi, sbagliati, pericolosi. Sbagliati e pericolosi perché non colgono la verità.
Ma perché gli altezzosi danno fastidio? Il termine “borioso” li paragona  alla bora, il vento più violento del Mediterraneo. I termini che li designano, infatti, mostrano quanto siano insopportabili i loro modi di fare:
♦ i superbi fanno rumore (trombone, fanfarone, sbruffone),
esagerano nel descrivere le proprie imprese o capacità (millantatore),
♦ mettono il loro Ego, le loro opinioni, le loro imprese davanti a tutti (spandi merda. presuntuoso),
♦ stanno a petto in fuori (gasato, pallone gonfiato, impettito)
♦ pretendono che tutto sia dovuto e di non sottostare alle regole (arrogante),
♦ sanno sempre tutto loro (cacasentenze),
♦ disprezzano, ignorano o calpestano gli altri (strafottente, sprezzante, puzzone).
D’altronde, chi si comporta da persona superiore ci fa sentire automaticamente inferiori, e questo non è mai piacevole: la nostra autostima si fonda anche sulla stima che riceviamo dagli altri. “Ma chi si crede d’essere?” è la reazione più immediata di fronte a un altezzoso.
Nessuno, però, può dirsi immune da questi comportamenti perché l’Ego, la nostra identità, si forma in un difficile equilibrio fra ciò che siamo (e crediamo di essere), e i riscontri che ci arrivano dagli altri, che possono rinforzare o contraddire la nostra percezione e mandarci in crisi, mostrarci dolorosamente i nostri limiti – a meno che li rifiutiamo in blocco. 

Gli insulti ai superbi e vanitosi ci ricordano, anche a brutto muso, tutto questo. Ho raccolto tutti i termini, in due macro categorie: quelli rivolti a chi si sente superiore, e quelli per chi si vanta. Sono tutti termini con una connotazione negativa (evocano, cioè, immagini o emozioni sgradevoli), ma non tutti sono di registro volgare: gli insulti veri e propri li ho evidenziati in grassetto. Potete leggere le parti che vi interessano cliccando sul + dei box azzurri.

I SUPERBI NELLE SOCIETÀ RELIGIOSE E LAICHE

Secondo le religioni, la superbia è la radice di tutti i peccati, ed è intuibile il motivo: rispetto a Dio, l’uomo è sempre e comunque incompleto e imperfetto. Chi non se ne rende conto restringe l’orizzonte, rifiuta l’ordine del cosmo e perde il senso della propria misura: considerarsi superiori agli altri significa, in fondo, ergersi allo stesso livello di DioE’ quello che gli antichi Greci chiamavano hybris, la tracotanza: Icaro precipita perché si avvicina troppo al Sole che fonde la cera delle sue ali; Edipo si acceca per punirsi d’aver pensato di sfuggire al proprio destino. Così come Adamo ed Eva (o Lucifero) sono stati puniti per aver pensato di trasgredire i limiti posti da Dio: il peccato originale è figlio della superbia.  

Un profumo chiamato “Arrogance”: oggi la superbia è diventata un valore da promuovere (Grafica Romano).

Ma nei tempi moderni, Dio è sempre più sparito dall’orizzonte, e sono rimaste, come riferimenti più grandi dell’uomo, le istituzioni sociali (la patria, lo Stato). Ma oggi non si crede più a nulla: né a Dio, né (tantomeno) alle istituzioni e alla società, e neppure alla verità.  Così mentre in passato essere se stessi significava seguire i valori di appartenenza ad entità collettive (“sii un buon patriota”), oggi l’imperativo è fare ciò che si vuole. Il nostro orizzonte è ristretto e autoreferenzialeLa superbia è perseguita ma inconfessabile, e al tempo stesso gli altri non hanno più il diritto di sindacare le tue scelte. E’ una società in apparenza egualitaria, che però, al tempo stesso, spinge ognuno di noi a valorizzare ciò che lo rende diverso dagli altri e a primeggiare. 

E così si crea un paradosso: la morale sociale ci spinge a espandere il nostro Io, a puntare sui nostri bisogni, a distinguerci dagli altri, a emergere; ma al tempo stesso continua a essere il tribunale che condanna gli eccessi dell’Io, anche se la sua autorevolezza è erosa dall’individualismo imperante. 
E non è l’unico paradosso: chi giudica superba un’altra persona (“Ma chi ti credi di essere?”), lo fa perché conosce l’ordine vero e giusto delle cose, che il superbo nega. Così, a ben vedere, chi giudica superba un’altra persona potrebbe essere a sua volta accusato di superbia, perché nessun uomo può affermare di avere la verità in tasca. Quale garanzia c’è che il giudizio mio o di altri sia oggettivo fino in fondo?
E così all’infinito: per questo molte religioni invitano a non giudicare gli altri. «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37). 

GLI ALTRI: STRUMENTI, OSTACOLI O SALVATORI?

Per quanto riguarda i rapporti sociali, il superbo tratta gli altri in modo prevaricante, senza considerare le loro capacità, il valore o le esigenze. Gli altri, o vengono schiacciati perché sono di ostacolo, oppure vengono usati. E se non applaudono, o osano criticare, vengono ignorati, disprezzati e disconosciuti.

Petto gonfio, mascella serrata verso l’alto: tipica posa da superbo. Mussolini, come tutti i dittatori passati e presenti, aveva i tratti del presuntuoso.

Tutto questo fa del superbo non solo un narcisista (una persona che ha il culto di se stesso), ma anche un sociopatico, quello che nel manuale dei disturbi psichiatrici è chiamato “disturbo antisociale” o “disturbo narcisistico istrionico”.  In termini prosaici: uno stronzo. Quindi, possiamo dire che il superbo, oltre che stupido (perché non coglie la verità) è anche stronzo, perché passa sopra tutti (ai link indicati trovate gli approfondimenti). 

La superbia, poi, va a braccetto con l’invidia, anzi: sono due facce della stessa medaglia. L’invidioso si sente inferiore e giudica superbo l’altro (chi è riuscito, chi eccelle). Chi invidia non può confessarlo (significherebbe ammettere la propria inferiorità), e l’invidioso è altrettanto superbo perché pensa di meritare ciò che ammira e non ha. L’invidia è superbia coniugata a impotenza, risentimento, livore.

La superbia è amore per la propria perfezione ma anche odio per i limiti (inevitabili) del proprio essere e per l’altro che ti limita , mentre in realtà la salvezza del superbo sta proprio nell’altro, che lo costringe a fare i conti con la realtà. L’uomo per crescere, per definirsi, per trovare la propria identità, deve amare sé stesso, ma farlo solo nella misura in cui lascia sopravvivere l’altro, accettando i propri limiti e fragilità. Solo se deponiamo la superbia e accettiamo l’esistenza dell’altro (quindi dei nostri limiti) può iniziare il rapporto con gli altri. 

Gli insulti ai superbi

Verdone nei panni di Armando Feroci, tipico “galletto”.

In tutto ho trovato 54 espressioni, che ho suddiviso per tipologie (con le inevitabili approssimazioni): atteggiamenti fisici (8), metafore di esagerazione (17), comportamenti eccessivi (22) e atteggiamenti mentali (7). 
Sono dunque i comportamenti a qualificare i superbi: disprezzano gli altri, fanno i saccenti, fanno rumore, si mettono sopra o prima degli altri. Sono pieni di sé, hanno sempre ragione loro, guardano tutti dall’alto in basso. Tant’è vero che sono soprattutto i comportamenti e le esagerazioni gli aspetti più colpiti attraverso l’uso di termini volgari. Sono comunque tutti termini con connotazione negativa, e diversi sono spregiativi.
Da notare che diversi termini sui superbi sono per lo più rivolti ai maschi (bauscia, faraone, fanfarone, galletto, bulletto, spaccone, gradasso, spaccone): segno che questo tratto “testosteronico” è considerato più tipico degli uomini che delle donne.

 Atteggiamenti o posture di tipo fisico (8)

altero dal francese autin, alto: chi si sente su un piedistallo, guardando gli altri dall’alto in basso
altezzoso vedi sopra
bauscia  dal milanese bauscia, bava: chi parla tanto di sè, al punto da emettere bava dalla bocca
ganassa dal milanese ganassa, mascella: chi tiene il viso rivolto verso l’alto, mettendo in evidenza la mascella
darsi delle arie dai nobili che usavano il ventaglio, divenuto simbolo di nobiltà / da “aria” intesa come espressione, atteggiamento del volto, aspetto, apparenza”
impettito chi sta col petto in fuori, perché pieno di sè
protervo  ostinato e arrogante, forse da chi ha lo sguardo torvo proteso in avanti
superbo dal latino supra, chi si sente sopra gli altri

Metafore di esagerazione (17)

ammazzasette  “che ammazza sette persone”, dal personaggio di un’antica novella, che aveva ucciso sette mostri in un colpo solo , 1665: chi si vanta per abilità inesistenti
borioso  da bora, vento forte e fastidioso: chi si dà delle arie
fanfarone da fanfara, orchestra (rumorosa) di ottoni e percussioni
faraone chi si crede un semidio 
gallo/galletto chi si vanta (o anche chi tampina le donne)
gasato chi è pieno d’aria e di gas (pieno di sè), euforico
matamoro dallo spagnolo, ‘uccisore di mori’, personaggio di commedia che si vantava di imprese straordinarie, esagerandole o inventandole
megalomane dal greco “megalo”, grande e “mania”, pazzia: chi ha un’opinione esagerata su di sè
millantatore da millanta, termine popolare per “mille”: chi ingrandisce la realtà di mille volte
montato chi si monta la testa, esaltato
pallone gonfiato chi ha un’esagerata opinione di sè
pieno di sè persona boriosa
sbruffone da sbruffare, spruzzare:  chi mette enfasi in quello che dice
spaccone chi afferma di poter spaccare tutto, che nulla può resistergli 
spaccamontagne vedi sopra
trombone accrescitivo di “tromba”: chi si esprime in modo enfatico, sbruffone
tronfio da “trionfare” unito a “gonfiare”: chi è pieno di sè

Comportamenti (22)

arrogante da adrogāre “persona che chiede, pretende”: presuntuoso
bulletto da bullo, a sua volta dal tedesco bule, amico intimo: chi si prende eccessive confidenze, quindi prepotente, spavaldo
burbanzoso da bobance ‘pompa, ostentazione’: esibizionista borioso
cacasentenze /cacasenno persona saccente e noiosa
classista chi pensa di appartenere a una classe sociale superiore e disprezza quelle inferiori
disdegnoso chi ritiene gli altri non degni e perciò li disprezza
elitista chi ritiene di far parte di una classe superiore e ristretta
eroe di cartapesta eroe finto
gradasso da Gradasso, rinomato guerriero saraceno nei poemi cavallereschi, 1585
presuntuoso dal latino “prae sumere”, prendere prima: chi presume di avere determinate qualità 
puzzone persona che si sente superiore e disprezza gli altri (ha la puzza sotto il naso)
rodomonte  persona vanitosa e spavalda, da un personaggio dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto
sborone chi si vanta di meriti infondati (da sborra, sperma: il termine designa chi ne produce in gran quantità eiaculando)
sdegnoso chi disprezza tutto e tutti
soffione da soffiare: chi si dà delle arie
smargiasso dallo spagnolo “maxazo” accrescitivo di “majo”, spaccone: chi si vanta di compiere imprese eccezionali
snob da un termine inglese “ciabattino”: persona che tenta di nascondere le proprie origini umili
spavaldo chi non ha paura di niente: senza paura (dal latino s- pavidum)
sprezzante chi mostra disprezzo verso gli altri
strafottente chi mostra disinteresse verso gli altri (letteralmente: chi se ne strafotte)
uno/a che se la tira persona che si dà delle arie: letteralmente, donna che “tira a sè” la vulva, cioè non ssi concede per senso di superiorità (qualcuno afferma che il modo di dire evoca chi chiude in modo sdegnoso una zip, ma non ci sono prove linguistiche di questa origine)
vanaglorioso da “vana gloria”, cioè vanteria vuota, fama infondata

Atteggiamenti mentali (7)
credersi sto cazzo credersi chissà chi: “sto cazzo”, ovvero questo cazzo, è sinonimo di cosa da nulla
maestrino
/professorino
chi si atteggia a maestro che dispensa sentenze e giudizi
saccente chi ostenta la propria cultura o capacità
saputello chi crede di saperla lunga
supponente persona fiera e arrogante (che suppone di essere superiore agli altri)
sussiegoso dallo spagnolo sosiego ‘calma, contegno’, da sosegar ‘calmare’, da latino parlato sessicāre, da sedēre ‘star seduto’: atteggiamento sostenuto
tracotante persona insolente, letteralmente “chi pensa (cogita) oltre” (tra, ultra)

Dopo aver letto questi termini, mi sono domandato: qual è l’opposto della superbia? Spesso gli insulti sono costruiti come coppie di contrari, entrambi offensivi. Ad esempio, della corporatura si insultano i due estremi opposti, panzone/mingherlino.  Nel caso della superbia, bisogna cercare gli opposti della sicurezza, della sfacciataggine, della onnipotenza. In molti casi sono difetti altrettanto negativi: arrendevole, dubbioso, esitante, impacciato, incerto, indeciso, insicuro, irresoluto, sfiduciato, sfigato, sottomesso, tentennante. Ma alcuni (alla mano/alla buona, dimesso, discreto, mansueto, mite, modesto, moderato, pudico,  riservato, schivo, timido, umile, vergognoso) raccontano un’altra verità, ovvero che fra i due estremi (eccessiva sicurezza di sé / scarsa sicurezza di sé), il secondo è meno grave, anzi, in molti casi è un pregio: quando incontriamo una persona davvero modesta, alla mano, discreta la apprezziamo istintivamente. Come dice il Vangelo: gli ultimi saranno i primi, chi si umilia sarà esaltato (mentre “chi si loda s’imbroda”: chi si vanta in modo eccessivo rischia di fare cattiva figura).

QUANDO 'SUPERBO' E' UN COMPLIMENTO

Una felpa con scritta “La superbe”. Essere superbi va di moda.

In francese, ma anche in italiano, l’aggettivo superbo può essere usato anche in senso positivo: come sinonimo di grandioso, imponente, eccellente. Possiamo definire superba una cattedrale gotica, un grattacielo, una lasagna al forno… Perché? Perché riconosciamo questa eccellenza come limitata a quel particolare aspetto (l’imponenza, la qualità eccelsa) di un oggetto, scrive acutamente la professoressa Bazzicalupo. Siamo disposti a riconoscere l’eccellenza smisurata delle opere, ma non possiamo attribuirla all’uomo che ne è l’artefice. La natura pone limiti agli esseri viventi; se qualcuno eccede quei limiti infrange l’ordine naturale ed è degno di condanna. Le opere o la performance di qualcuno sono “superbe” solo in quello. Infatti, quando si parla di uomini che hanno realizzato opere “superbe”, ci affrettiamo a citare anche i loro difetti: i tradimenti di Picasso, la volgarità di Mozart, e così via. 

Gli insulti ai vanitosi

Meryl Streep nei panni di Miranda Priestly, tirannica direttrice nel film “Il diavolo veste Prada”.

Per gli esibizionisti, i termini si dividono esattamente a metà fra quelli che condannano la vanità (11) e quelli che stigmatizzano l’eccessivo gusto per l’apparenza estetica (11). I primi sono più offensivi dei secondi, e fanno la caricatura di chi tenta in ogni modo di mettersi in mostra. I vanitosi sono paragonati anche ad animali (civetta, coquette, pavone).
In queste liste spicca la presenza di termini esclusivamente femminili (civetta, coquette, squinzia, smorfiosa), perché la civetteria è considerata un tratto più tipico delle donne. I termini riguardanti l’eccessiva eleganza, invece, sembrano più rivolti al genere maschile (bellimbusto, cicisbeo, damerino, dandy, gagà): una critica alla ricercatezza negli abiti che è tollerata per le donne, ma meno per i maschi.

 Egocentrismo (11)
civetta donna frivola che ama mettersi in mostra
coquette dal francese coq, gallo: gallina, donna frivola
fare il figo mettersi in mostra  (ma anche modi di fare altezzosi)
narciso persona fatua e vanesia: da Narciso, personaggio mitologico che si era innamorato della propria immagine riflessa nell’acqua 
pavone persona vanitosa (come il pavone che esibisce la ruota)
sbracione letteralmente chi smuove la brace, vanitoso
smorfioso chi si atteggia in modo vanitoso
spandi merda chi si vanta in modo esibizionista e fastidioso
spocchioso
/spocchione
dal latino sportula, borsetta: chi esibisce i propri averi
squinzia da donna Squinzia, personaggio di una commedia di Carlo Maria Maggi (1630-1691): ragazza smorfiosa
vanesio da Vanesio, nome del protagonista della commedia Ciò che pare non è ovvero Il cicisbeo sconsolato (1724) di G. B. Fagiuoli (il nome deriva da vano): chi si vanta delle proprie qualità

Vanità nell’aspetto (11)
bellimbusto “busto bello”: chi si bea del proprio aspetto fisico
cicisbeo voce onomatopeica che riproduce il chiacchiericcio: damerino con modi di maniera; oppure dal francese “chiche”, piccolo (attillato)
damerino chi si veste elegante come una dama
dandy vezzeggiativo di Andrew, Andrea: persona alla moda
elegantone chi ostenta un’eleganza vistosa
fighetto vanitoso, alla moda, ossessivamente attento al proprio aspetto
gagà  dal francese gaga ‘rimbambito’, di origine onomatopeica: riproduce l’incomprensibile borbottio dello sciocco o del bambino: persona fatua che ama l’eleganza
ganimede nome del giovinetto che, secondo la leggenda classica, fu rapito sull’Olimpo da Zeus a causa della sua bellezza e reso coppiere degli dei: giovane bello e ricercato
milord da my lord, mio signore: persona di ricercata eleganza
modaiolo chi segue pedissequamente i dettami della moda
zerbinotto giovane di eleganza ostentata, dal nome di un giovane elegante personaggio dell’Orlando Furioso, variante sett. di Gerbino ‘di Gerba’ (isola della Tunisia)

E qual è il difetto opposto alla vanità? I termini esprimono per lo più un giudizio negativo (arruffato, barbone, castigato, cialtrone, dimesso, disadorno, disordinato, malmesso,  negletto, poveraccio, sciamannato, sciatto, severo, sgualcito, spoglio, straccione, terra terra, trasandato, trascurato) che positivo (essenziale, frugale, misurato, sobrio,  semplice, senza pretese, spartano). A conferma che, in qualche modo, l’abito fa il monaco: o, se preferite, anche l’occhio vuole la sua parte.

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