Boggione | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Fri, 29 Nov 2024 12:25:44 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Boggione | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 I mille modi di dire “bunga bunga” https://www.parolacce.org/2017/11/14/vocabolario-atti-sessuali/ https://www.parolacce.org/2017/11/14/vocabolario-atti-sessuali/#respond Tue, 14 Nov 2017 10:28:53 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13218 Ho fatto un giro di giostra. Me la sono fatta. L’ho battezzata. Ho inzuppato il biscotto. L’ho aperta come una cozza…. Quando si parla di un rapporto sessuale, si usano espressioni colorite. Molte, però, non sono il massimo della gentilezza:… Continue Reading

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T-shirt goliardica di Fermento Italia (Lecce).

Ho fatto un giro di giostra. Me la sono fatta. L’ho battezzata. Ho inzuppato il biscotto. L’ho aperta come una cozza….
Quando si parla di un rapporto sessuale, si usano espressioni colorite. Molte, però, non sono il massimo della gentilezza: sono verbi nel migliore dei casi goliardici, ma spesso crudi e a volte offensivi per le donne.
Perché è così? Quanti modi abbiamo per descrivere l’atto sessuale? Ci sono metafore più efficaci di altre? E cosa svelano sul significato dell’erotismo?
Tempo fa, avevo fatto un censimento degli appellativi dei genitali: ne era emerso un quadro ricchissimo (avevo trovato 744 nomi per il pene, 595 per la vulva), e quel  post è diventato uno dei più letti di questo sito.
Ora ho esaminato le parole sugli atti sessuali: a quanto ne so, è il primo censimento (meglio: analisi semantico-statistica) di questo genere in Italia. E anche in questo caso il risultato è stato sorprendente: in italiano – escludendo le espressioni dedicate a  masturbazione, rapporto orale e anale – abbiamo 987 termini per designare l’amplesso, da “annaffiare” a “zappare” (in quel senso lì).
Sono circa 1/3 di tutto il lessico erotico. E rivelano due modi fondamentali con cui intendiamo il sesso: come piacere condiviso, o come atto di sopraffazione. Uno scenario che si registra non solo nella cultura italiana, ma anche in altre lingue: inglese, francese, portoghese, spagnolo, tedesco, russo, greco (vedi box più sotto)… Ora scopriremo perché.

Censimento a luci rosse

Doppio senso provocatorio uscito su “Libero”.

Ma prima di approfondire questo punto, val la pena raccontare come sono arrivato a questo risultato. Per censire tutte le parole del sesso ho consultato il monumentale “Dizionario storico del lessico erotico” di Valter Boggione e Giovanni Casalegno (Tea/Utet, 1999). Un’opera che tiene conto di tutti, ma proprio tutti i termini sessuali usati in 8 secoli di letteratura italiana: dalle metafore alle allusioni, dai termini arcaici a quelli moderni, dagli eufemismi infantili ai termini scientifici, fino alle espressioni più volgari.

Gli autori, con pazienza certosina, hanno catalogato le espressioni a seconda del tipo di metafora usata: “Da quando ha raggiunto la civiltà, l’uomo si è scontrato con la necessità di nominare l’innominabile” scrive Boggione. “Per far questo, ha fatto innanzitutto ricorso ai termini che gli erano messi a disposizione delle altre funzioni corporali: il mangiare e il bere, il dormire, il muoversi e il camminare; poi dalle attività quotidiane, il lavoro, la guerra, il divertimento”.

I risultati: movimento, lavoro e guerra

Le statistiche sulle metafore dell’atto sessuale (clic per ingrandire).

Per descrivere l’amplesso – clicca sulla torta qui a lato – si usano soprattutto le metafore ricavate da atti e movimenti (chiavare, ficcare:, 21,4%), dai lavori (scopare, seminare: 14,7%), e dalla guerra (dare un colpo, fare un giro di giostra: 9,6%). Questi tre tipi di metafore, insieme, rappresentano quasi la metà (45,7%) di tutte le metafore sul sesso. Ed è logico, dato che il sesso è un’attività dinamica.
Fra queste espressioni, possiamo approfondire quella più usata in italiano: “scopare” (che è l’8a parolaccia più pronunciata, come scrivevo in questo altro articolo).
In questa espressione, il pene è paragonato a una scopa, e l’organo femminile come locale da ripulire. Questa immagine era già stata usata nell’antica poesia greca (Saffo, Anacreonte) e nella commedia classica di Aristofane. Ed è riapparsa in italiano fra fine ‘400 e inizio ’500, nella tradizione dei canti carnevaleschi toscani. All’epoca si usavano anche altre metafore: nettare, ripulire, spazzare, rimonare. Inizialmente il complemento oggetto di questi verbi era l’organo femminile (designato con immagini tipo “cameretta”); solo negli ultimi due secoli poi avrà come complemento oggetto la donna (“Ho scopato quella tipa”).
Come nel canto rinascimentale “Scope, scope, o bone gente”: “Queste scope allo spazzare non faran polvere niente; se sapete pur menare con la scopa destramente (…)  Se la donna con destrezza nostra scopa adopra piano, averà tal contentezza che restar mai vorrà invano”.

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METAFORE SESSUALI

TIPI DI METAFORE QUANTITA’ % SUL TOTALE
azioni (farsi, maneggiare) 27 2,7
alimentazione (infornare, inzuppare, pestare, pappare) 79 8,0
cura del corpo (fregare, grattare, pettinare) 17 1,7
abbigliamento (alzare la gonna) 5 0,5
atti e movimenti (sbattere, montare, pestare, chiavare, trapanare, ficcare, impalare, sfondare) 211 21,4
sonno (giacere, andare a letto) 19 1,9
desideri (starci, soddisfare, darsi) 41 4,2
proprietà (possedere, usare, ingrufare) 25 2,5
vita sociale (conoscersi, accompagnarsi, amarsi, fare l’amore) 91 9,2
guerra (dare un colpo/una botta, fare un giro di giostra, ficcare) 95 9,6
lavori (annaffiare, arare, pompare, seminare, scopare) 145 14,7
piaceri (ruzzare, trastullarsi, trombare) 86 8,7
vita morale (libidinare, fornicare, peccare) 46 4,7
natura (beccare, cavalcare, uccellare, montare, ingroppare, deflorare) 80 8,1
altre voci (fottere, picciare, sveltina) 20 2,0
TOTALE 987 100

COME SI DICE ALL'ESTERO

Inzuppare il biscotto: una metafora sessuale sia in spagnolo che in italiano.

I modi linguistici di descrivere l’amplesso hanno ispirato una giovane brianzola, Laura Mangone, 28 anni. Si è laureata all’Accademia di Design di Eindhoven (Paesi Bassi) con una tesi su questo argomento: ha raccolto una serie di espressioni crude sull’atto sessuale in varie lingue, e le ha rappresentate in disegni (sono visibili sul suo sito sexpressions), per mostrarne la carica offensiva Alcuni esempi?

  • In spagnolo far l’amore si dice “Ti misuro il livello dell’olio” (Te mido el aceite) o “Ti taglio come un formaggio” (Te parto como un queso)
  • in portoghese, le crude espressioni “Affogare l’oca” (Afogar o ganso) e “Aprire il granchio” (Abrir o caranguejo)
  • in inglese,Lanciare il missile di carne” (Launching the meat missile) o “Sbattere il salmone” (To smack the salmon) o “L’ho avvitata” (I screwed her)
  • in greco, il cruento “Ho strozzato il coniglio” (πνιγω το κουνελι)
  • in rumenoL’ho gonfiata come un palloncino” (Am umflat-o)
  • in tedesco, lingua poco incline alle volgarità: “Ho fatto entrare il treno” (Den zug einfahren lassen)
  • in francesePiantare un giavellotto nella moquette” (Je plante le javelot dans la moquette), forse per alludere all’eccezionalità del risultato
  • in austriacoDemolire la casa” (das haus abreißen), “Ripulire la cantina” (ihre kantine putzen) o “Nascondere la banana” (die banane verstecken).

«Con questi modi di esprimerti ti abbassi come persona» dice Laura. «La donna è trattata  come oggetto e non come soggetto, in una prospettiva maschilista. C’è un io che fa qualcosa ma mai un noi». La posizione, come vedremo qui sotto, non è nuova. Ma va inquadrata in un’ottica più ampia: lo scontro fra natura e cultura. Per capirlo, dobbiamo analizzare i verbi dell’amplesso.

Sesso transitivo e sesso intransitivo

L’antropologo Ashley Montagu definisce “fottere” un verbo transitivo per il più “transitivo” degli atti umani:  i verbi transitivi sono quelli in cui il verbo non esaurisce l’azione in sé ma la estende su un “oggetto” (“Ho scopato Maria”).
Così ho voluto verificare quanto siano diffusi i verbi nel vocabolario italiano dell’erotismo: ne ho trovati 593, pari al 60,1% del totale dei lemmi. Quando si tratta di descrivere l’atto sessuale, insomma, i verbi sono i più usati rispetto ai sostantivi (botta, colpo, coito, amplesso).

Pubblicità contro corrente: è la donna che “si fa” l’uomo.

Ma sono tutti transitivi questi verbi? In realtà, quelli usati nelle espressioni meno volgari sono proprio i verbi intransitivi: fare sesso, fare l’amore, andare a letto insieme, avere un rapporto, accoppiarsi, copulare. Non sono nemmeno verbi a sè stanti, ma espressioni idiomatiche costruite associando un sostantivo o un aggettivo a un ausiliare. Non descrivono un cambiamento (fatto o subìto) ma sono azioni simmetriche: Mario ha fatto l’amore con Lucia o Lucia ha fatto l’amore con Mario (per quanto anche i verbi transitivi volgari ammettono questa simmetria: una donna può dire “Ho scopato con Mario”). Nei verbi intransitivi si descrive un’azione volontaria comune, come in ballare, parlare, lavorare. Nei modi di dire accettabili, quindi, il sesso è un’attività, dalla modalità non specificata, a cui  due persone si dedicano insieme.

Vista questa importante distinzione, ho cercato di calcolare quanti fossero transitivi e quanti intransitivi, ma i confini fra le due categorie sono labili. E i verbi transitivi (scopare) possono essere usati sia con un complemento oggetto (ho scopato qualcuno) ma anche in senso assoluto (ho scopato). Come criterio, ho classificato come transitivi anche i verbi che ammettono costruzioni intransitive.
Detto questo, comunque, i verbi transitivi sono la grande maggioranza: sono il 76,5% dei verbi, e il 46% del totale dei lemmi, contro il 14,1% dei verbi intransitivi (vedi box qui sotto).
Le metafore sui piaceri, il sonno e l’alimentazione hanno percentuali simili di verbi sia transitivi che intransitivi. Insomma, quando si pensa al sesso in questi termini, c’è una “par condicio” uomo-donna: è un’attività in condivisione, alla pari.

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TRANSITIVI E INTRANSITIVI

VERBI TRANSITIVI % SULLA CATEGORIA VERBI INTRANSITIVI % SULLA CATEGORIA
azioni 4 14,8 6 22,2
alimentazione 21 26,6 22 27,8
cura del corpo 9 52,9 1 5,9
abbigliamento 5 100,0 0 0,0
atti e movimenti 138 65,4 12 5,7
sonno 6 31,6 5 26,3
desideri 19 46,3 6 14,6
proprietà 16 64,0 2 8,0
vita sociale 26 28,6 15 16,5
guerra 37 38,9 20 21,1
lavori 102 70,3 7 4,8
piaceri 15 17,4 17 19,8
vita morale 16 34,8 9 19,6
natura 37 46,3 11 13,8
altre voci 3 15,0 6 30,0
TOTALE 454  46,0 139 14,1
TOTALE VERBI 593 (60,1% sul totale dei lemmi)

Fare sesso = sfruttare o danneggiare?

Nelle espressioni volgari, i verbi sessuali hanno quasi sempre un soggetto maschile. E il soggetto è la parte attiva. E se la donna è l’oggetto, come viene modificata dall’azione? Per rispondere, osserva Steven Pinker, psicolinguista ad Harvard, basta ricordare alcuni modi di dire: “l’ho fottuta”, “l’ho presa in culo”. «Queste espressioni» scrive nel libro “Fatti di parole” «rivelano che fare sesso significa sfruttare o danneggiare qualcuno».

Copertina di Internazionale: è la traduzione letterale di una dell’Economist.

La scrittrice femminista Andrea Dworkin, famosa per il suo attivismo contro la pornografia e la tesi secondo cui ogni rapporto sessuale è uno stupro, ha collegato il linguaggio scurrile all’oppressione delle donne. Nel 1979 scriveva (in “Pornography: men possessing women”): «Scopare implica che il maschio agisca su qualcuno dotato di minore potere, e tale giudizio di valore è così radicato, fino in fondo implicito nell’atto, che chi è scopato è bollato… Nel sistema maschile il sesso è il pene, il pene è potere sessuale, usarlo per scopare è virilità».
Non tutte le donne, però, la pensano così. Nel libro “Dimmi le parolacce: l’immaginario erotico femminile”, la scrittrice statunitense Sallie Tisdale dice: «“Scopare”: ormai ho sentito usare questa parola così tante volte in accezioni semplicemente descrittive, che mi sembra la possibilità più neutra, ben spesso più precisa e meno impegnativa dell’espressione “fare l’amore” che riempie la bocca, o dell’assurdo “andare a letto”. Una mia amica, l’altro giorno, mi ha lasciato allibita dicendomi che lei e il marito, quella mattina, avevano “avuto un rapporto carnale”. Mi ero quasi dimenticata di quell’espressione».

Le due facce del sesso

Che fare dunque? In realtà, sottolinea Pinker, verbi transitivi e intransitivi sono due facce della stessa medaglia. «Esprimono due modelli di sessualità ben diversi. Il primo, quello dei verbi intransitivi, ricorda i manuali di educazione sessuale: il sesso è un’attività, non meglio specificata, cui si dedicano insieme due partner su un piano di uguaglianza. Il secondo, quello dei verbi transitivi, riflette una visione più fosca, a cavallo fra la sociobiologia dei mammiferi e il femminismo stile Dworkin: il sesso è un atto di forza promosso da un maschio attivo che ricade su una femmina passiva, sfruttandola o danneggiandola. Entrambi i modelli esprimono la sessualità umana in tutta la sua gamma di manifestazioni, e se il linguaggio è la nostra guida, il primo è approvato per il discorso pubblico, mentre il secondo è tabù, anche se è ampiamente riconosciuto in privato».

Campagna osè di un candidato alle comunali di Torino 2011: alla fine fu “spazzato” lui, prendendo solo lo 0,37% dei voti.

Insomma, in questi due modi di descrivere il sesso si cela l’eterno dissidio fra natura e cultura. I verbi transitivi sono tabù perché descrivono in modo concreto, nudo e crudo, l’atto sessuale, mostrandone il lato animalesco (da cui vorremmo prendere le distanze); i verbi intransitivi, invece, sono considerati più accettabili perché nascondono l’atto sessuale offrendone una descrizione vagaparitaria e disinfettata.
Un dissidio inevitabile, tanto più che le prospettive maschile e femminile sono opposte anche biologicamente: una
ricerca recente ha scoperto che i centri cerebrali che controllano il sesso e l’aggressività sono separati nelle femmine ma sovrapposti nei maschi.  Questo è stato riscontrato nei topi, ma è plausibile che sia così anche per gli uomini. Ma anche trascurando questo aspetto, nella sessualità maschile e femminile c’è una differenza di fondo: la donna può rimanere incinta, e questo rende il suo approccio verso il sesso meno goliardico e superficiale rispetto a quello degli uomini.

Come uscirne? Una possibile soluzione arriva dalla Francia, dove amoreggiare si dice, in modo onomatopeico, fare “tactac boumboum”: si salva la concretezza dell’atto, ma al tempo stesso la si descrive solo nel suo aspetto acustico. Proprio come avviene nella nostra espressione “fare zum zum”. A questo punto, si potrebbe rivalutare anche il berlusconiano “bunga bunga”.

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Le contraddizioni delle tette https://www.parolacce.org/2016/06/05/significati-culturali-seno/ https://www.parolacce.org/2016/06/05/significati-culturali-seno/#comments Sun, 05 Jun 2016 11:15:17 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10274 Se volete prendere le distanze, potete chiamarle mammelle, seni, petto… Ma se ci aggiungete il sentimento e l’immaginazione, diventano borracce, zampogne, davanzali, cocomeri, meloni, pere, ciucce, poppe, sise, bocce, zinne, e, ovviamente, tette. Nella nostra lingua, i sinonimi delle ghiandole mammarie… Continue Reading

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thumbSe volete prendere le distanze, potete chiamarle mammelle, seni, petto… Ma se ci aggiungete il sentimento e l’immaginazione, diventano borracce, zampogne, davanzali, cocomeri, meloni, pere, ciucce, poppe, sise, bocce, zinne, e, ovviamente, tette. Nella nostra lingua, i sinonimi delle ghiandole mammarie sono quasi cento: per la precisione, i linguisti Giovanni Casalegno e Valter Boggione, nel “Dizionario storico del lessico erotico” (Longanesi) ne hanno trovati 94. E non è un dato insolito: i nomi dell’anatomia erotica stimolano da sempre la fantasia, sopra e sotto la cintura, come raccontavo in questo post. (Nella foto, campagna pubblicitaria dei reggiseni brasiliani “Hope” per taglie forti: “destra e sinistra insieme”, dice lo slogan).

SEXY. MA INFLAZIONATO?

Oggi, però, questa zona erogena sembra aver perso il suo potere: già dal 2000 la Cassazione ha sancito che il topless non offende il pudore in quanto “da vari lustri è comunemente accettato ed entrato nel costume sociale”. In effetti è vero: oggi un seno nudo non fa più scandalo, perché ormai inflazionato da rotocalchi, film e tv… occhiEppure, in Italia e nei Paesi mediterranei, è ancora un attributo essenziale della seduzione femminile: da decenni nel nostro immaginario cinematografico si alternano sempre nuove “maggiorate“, da Sophia Loren a Sabrina Ferilli, passando per le donne super prosperose di Federico Fellini.
Qualcuno dice che è un sintomo del mammismo italiano: può darsi, ma anche nel mondo anglosassone – tutt’altro che mammista – i tabloid con le foto di modelle tettone riscuotono molto successo: perché il seno è un simbolo di femminilità, accoglienza, caloredolcezza, cibofecondità, seduzione, salute. Sono come due grandi occhi che ipnotizzano lo sguardo maschile. E, se il seno è bello, suscita ammirazione (e un po’ di invidia) anche nelle altre donne. Oggi, però, è diventato una moda, un’ossessione, anzi: uno status symbol. Chi può, si rifà le zinne. Secondo l’Associazione italiana chirurgia plastica estetica (Aicpe), infatti, nel 2014 in Italia gli interventi per aumentare il seno (mastoplastica additiva) sono stati il secondo intervento più diffuso dopo la liposuzione: l’hanno fatto 33.532 donne, quanto l’intera popolazione di Castelfranco Veneto. Insomma, sono nate le poppe in serie: il seno tondo, sodo e abbondante è diventato uno standard omologato, uguale per tutte. E anche questo contribuisce a ridurne la carica erotica: tant’è che, secondo un’opinione abbastanza diffusa, “tette” non sarebbe una parolaccia ma un’espressione colloquiale o familiare. Infatti, la usano anche le mamme coi loro bambini: “Vieni qui, che ti do la tetta”…

TABU’ E ISTERIE

tetteSarandon

“Io ce l’ho più grande del tuo”: anche a 69 anni, Susan Saradon (destra) fa a gara con Salma Hayek per il seno più “large”.

E’ davvero così? Sì e no. Già un indizio dovrebbe indurre alla cautela: se una donna va dal medico per una visita, non gli dirà che “sente un nodulo alle tette” ma al seno: altrimenti, porterebbe un aspetto di seduzione e di confidenza in un rapporto terapeutico. E, come raccontavo in questo post, i limiti d’uso – insieme al registro basso e ai colori emotivi – sono i tratti distintivi delle parolacce. Ma c’è anche un altro indizio, ancora più rilevante: il termine tette è usato anche nella letteratura erotica e nella pornografia (lo trovate nei siti hot, alla voce “tette grandi”, “tette enormi”, “tettone”). Senza contare che con le tette si può fare la “spagnola”, di cui parlavo qui.
Come si spiega questo fatto? E’ una delle tante schizofrenie sul seno, che oscilla fra due opposte polarità nella nostra cultura: simbolo di maternità e simbolo sexy.
Per la psicoanalisi non è una novità, ma per la nostra società (tradizionalista e maschilista) sono visioni inconciliabili: o sei madre, o sei puttana. Tutte e due le cose insieme, no. Ecco perché a volte si creano cortocircuiti culturali, come accade nelle reazioni isteriche di quanti non tollerano di vedere una donna che allatta in un luogo pubblico, come racconto più avanti.

LE PAROLE PER DIRLO

MappaTettePartiamo dall’analisi linguistica (clicca le mappe per ingrandirle; credito Shutterstock). I termini che si riferiscono al seno fanno riferimento per lo più alla loro forma rotonda (meloni, bisacce, palloni) o sporgente (zinne, dal longobardo “merlo di una muraglia”). Molto diffuso il termine poppe, che – contrariamente a quanto si può immaginare – non deriva dal termine poppare (che ne è un derivato) bensì da pupa, ragazza. Come dire che il seno è un elemento caratterizzante della femminilità. Da questo termine, tra l’altro, deriva anche l’inglese boobs.

Treviso, la Fontana delle tette (1559): zampillava vino.

Treviso, la Fontana delle tette (1559): zampillava vino.

Ma i termini più espressivi legano il termine all’atto del succhiare: ciucce, tette, zizze, menne, e lo stesso termine mamma e mammella riproducono, in modo onomatopeico, la suzione dei bambini. Dunque, mamma è colei che offre il petto da succhiare. E quando una parola evoca qualcosa in modo diretto e fortemente immaginifico, scattano le censure: ecco perché la parola tette non si può dire in ogni circostanza.
Nella nostra civiltà infatti, il seno è diventato una zona eroticamente carica: a differenza delle culture africane, dove è visto solo come un organo per allattare, che attrae solo i bambini. Ecco perché nelle tribù africane il topless è la regola e non turba nessunoSecondo molti antropologi, infatti, l’erotizzazione del seno è un fatto culturale, soggettivo: rappresenterebbe il passaggio da una sessualità “da tergo” (con il richiamo erotico dei glutei, come raccontavo qui) a una frontale, nella quale il seno richiama sul petto le rotondità del sedere.

SACRO E PROFANO

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Campagna in Germania: i lavori manuali sono sexy. Il nesso glutei-seno è evidente.

Eppure, anche nella nostra (apparentemente) libera civiltà, il seno riesce ancora a dare scandalo. Innanzitutto quando è usato nelle pubblicità, che ne sfruttano la carica erotica per attirare l’attenzione e sedurre. Ma mentre in passato era messo in mostra dalle prostitute per attirare i clienti, nella civiltà dei consumi il seno è esposto non per vendere il corpo femminile, bensì per piazzare altre merci, che siano liquori, telefonini, o automobili (ecco perché queste pubblicità sono accusate di sessismo, come raccontavo qui).
E’ un uso strumentale e commerciale del seno, che non ha precedenti nella storia. In passato, invece, il seno era usato in un campo diametralmente opposto: la religione. Leonardo_da_Vinci_Madonna_LittaMolte immagini sacre, dal 1300 in poi, raffigurano infatti la Madonna mentre allatta il bambin Gesù: una tradizione nata nell’arte bizantina nel V secolo, e poi approdata in occidente con grande successo, tanto da aver ispirato artisti come Ambrogio Lorenzetti, Nino Pisano, Jan van Eyck, Albrecht Durer e Leonardo da Vinci (dipinto a sinistra).
E’ la Madonna del latte (detta anche Virgo lactans o Galaktotrophousa, che nutre col latte), un tema che divenne molto popolare perché rappresentava Maria nella sua umanità terrena, nella sua tenerezza di mamma: quindi, più vicina ai fedeli. Col cristianesimo, insomma, l’allattamento è stato rivalutato. Le antiche greche e romane, invece, rifiutavano l’allattamento al seno: per non rovinarlo, le ricche affidavano i poppanti alle balie.
Madonna_del_Latte_San_Bernardo (1)Anzi, si arrivò al punto di rappresentare l’illuminazione mistica di Bernardo di Chiaravalle come una poppata di latte dal seno della Madonna: secondo una leggenda diffusa nel 1300, racconta Victor Stoichita, a Bernardo fu ordinato di predicare davanti al vescovo di Chalon. San Bernardo si rifiutò, si mise in preghiera davanti a Nostra Signora e si addormentò. “Nostra Signora gli mise il suo seno sulla bocca trasmettendogli la scienza divina. Da quel momento Bernardo divenne uno dei predicatori più sottili del suo tempo”. L’episodio fu illustrato da diversi artisti, come Alonso Cano che nel 1656 lo raffigurò come uno schizzo diretto alla bocca del santo (vedi dipinto a destra): d’altronde, era l’unico modo di mantenere le distanze fra la bocca di Bernardo e il seno di Maria. Ma nel frattempo erano cambiati i tempi: con l’austerità dei costumi voluta dalla Controriforma (1563), la Chiesa censurò queste immagini, raffigurando da allora in poi la Madonna in modo più castigato.

SE ALLATTARE FA SCANDALO

Eppure, ancora oggi, l’allattamento fa scandalo: nel 2014 ha fatto clamore la disavventura di una 35enne britannica, Louise Burns, che è stata costretta dai camerieri di un hotel di lusso di Londra, il Claridge, a coprirsi con un tovagliolo mentre allattava. Un caso tutt’altro che isolato, che dimostra quanto poco libera è la nostra civiltà: cosa c’è di scandaloso in una donna che allatta? Il motivo è che l’immagine naturale di un seno usato per la sua funzione fisiologica di ghiandola mammaria stride con quella del seno come richiamo erotico. E minaccia di annullarne la sua carica sexy.

topModel

La top model Nicole Trunfio in una copertina pro allattamento e in una versione censurata.

Ma questo tabù nasconde in realtà anche un classismo e un interesse commerciale, denuncia in un recente saggio, Amy Bentley, docente di nutrizione all’università di New York: da quando, negli anni ’50, si diffuse il latte in polvere, l’industria alimentare ha fatto molte campagne per promuovere la nutrizione infantile tramite biberon, descrivendola come “pratica, utile, moderna”, facendo passare l’allattamento al seno come un’abitudine da classi povere e primitive.
Sono occorsi decenni di studi per comprendere invece che il latte materno è molto più sano di quello in polvere, perché rafforza le difese immunitarie dei bambini. E così sono nati i movimenti per sostenere l’allattamento al seno, come la Leche League. E da questo punto di vista, è molto più progressista papa Francesco, che fin dalla sua elezione ha sempre esortato le donne a nutrire i loro neonati, perfino in chiesa.

seno

Il seno per attirare l’attenzione: una scorciatoia usata in molti spot. E contestata per il suo sessismo.

LE TETTE IN POLITICA

I seni nudi sono le nostre armi: lo slogan di Femen.

I seni nudi sono le nostre armi: lo slogan di Femen.

Ma c’è un altro aspetto del seno che ha creato scandalo: il suo uso come arma di protesta. Sfruttando tutte queste contraddizioni della nostra cultura, le attiviste di Femen, movimento femminista ucraino, hanno inscenato diverse proteste presentandosi a seno nudo, spesso sovrastato da scritte e slogan. Le loro performance fanno sempre clamore, e non solo per i loro bersagli (uomini e luoghi di potere): ma soprattutto per il contrasto fra la nudità, la vulnerabilità, l’intimità femminile e l’esposizione mediatica. Danno un senso di intimità violata.
A differenza dei topless degli anni ’70, esibiti come bandiera della liberazione sessuale e dell’eguaglianza con gli uomini (“anche noi abbiamo diritto a stare a petto nudo”), le Femen invece mostrano un seno desessualizzato e politico. Non è più una zona erogena e nemmeno un attributo materno: è un’arma di protesta, un nudo di sofferenza e di rabbia tutta femminile davanti a un mondo che altrimenti le ignorerebbe. Le poppe nude fanno notizia e attirano l’attenzione? Bene, allora guardatele, perché sono la vetrina, il manifesto delle nostre idee. E’ nato un nuovo cortocircuito sulle tette.

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I mille nomi del pisello e della patata https://www.parolacce.org/2011/08/03/le-parole-del-sesso/ https://www.parolacce.org/2011/08/03/le-parole-del-sesso/#comments Wed, 03 Aug 2011 13:59:10 +0000 https://www.parolacce.org/?p=236 «Gli eschimesi hanno 50 parole per nominare la neve». Suggestivo, ma falso: e da poco, peraltro, si è scoperto che lo scozzese ne ha 421… Ma vi siete mai chiesti quante parole abbiamo in Italia per denominare gli organi genitali e i… Continue Reading

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«Gli eschimesi hanno 50 parole per nominare la neve». Suggestivo, ma falso: e da poco, peraltro, si è scoperto che lo scozzese ne ha 421… Ma vi siete mai chiesti quante parole abbiamo in Italia per denominare gli organi genitali e i rapporti sessuali?
Fate una stima: ottanta? Cento? Duecento parole? Fino a qualche giorno fa anch’io avevo solo un’idea vaga, perché – strano ma vero – nessuno ha mai fatto un calcolo preciso del nostro lessico sessuale. Perciò ho deciso di farlo io. E ho trovato un dato ancora più sorprendente di quello degli scozzesi: in italiano, le parole del sesso sono 3.163. Tremilacentosessantatre. Per avere un termine di paragone, quasi l’equivalente dei primi 4 canti della “Divina Commedia” (3.463 parole). Altro che neve!
Certo, i lessici della medicina e quello della giurisprudenza sono ancora più numerosi, ma sono pur sempre vocabolari specialistici: per impararli, occorre spendere anni di studio. Il lessico erotico, invece, è un patrimonio comune a tutti: non occorre una laurea per apprenderlo. Allora, i risultati di questo conteggio aprono nuove curiosità: perché tutta questa abbondanza di termini sul sesso? Che cosa ci rivelano, questi nomi, sul modo in cui viviamo e giudichiamo la sessualità?

Prima di rispondere, è doveroso raccontare con quale metodo ho fatto questo censimento. La fonte è stato il “Dizionario storico del lessico erotico” di Valter Boggione e Giovanni Casalegno (Tea/Utet). Un’opera che tiene conto di tutti, ma proprio tutti i termini sessuali usati in 8 secoli di letteratura italiana: dalle metafore alle allusioni, dai termini arcaici a quelli moderni, dagli eufemismi infantili ai termini scientifici, fino alle espressioni più volgari.

Una raccolta ricchissima: comprende anche gli appellativi usati verso gli omosessuali (finocchio, etc), che nella presente analisi non ho inserito perché incompleti: andrebbero uniti a quelli sulla morale sessuale (puttana) che però nel Dizionario non sono censiti. Così come i termini strettamente dialettali, cioè usati in una sola area geografica italiana (da bigolo a baggiuggiu fino a barbisa e spaccazza),  e i nomi gergali del sesso (ancora non entrati nell’uso comune, come pipilone o ciuffo: a loro ho dedicato un post). Dunque, se aggiungessimo anche tutte queste categorie, il lessico sessuale italiano potrebbe arrivare a quota 4mila espressioni, forse anche di più: difficile dirlo con certezza, perché manca una raccolta così completa.

Per chi vuole approfondire questo argomento, ne ho fatto una versione accademica pubblicata su “Antares“, rivista scientifica della facoltà di Lettere dell’Università di Caxias do Sul (Brasile). L’articolo – in italiano – si può leggere a questo link. Se invece volete approfondire quali sono le espressioni che descrivono il rapporto sessuale, cliccate su questo articolo.

Stando sui dati certi, che non sono pochi, facciamo qualche approfondimento. Quale ambito ha stimolato maggiormente la fantasia linguistica? Gli atti sessuali (1.147 termini), come emerge da questi grafici che ho elaborato (clic per ingrandire):

Tornando alla prima domanda: perché tutta questa abbondanza? Per tre motivi, che ho trattato più analiticamente nel mio libro:

1)    il sesso è fonte di piacere, ed è una delle pulsioni fondamentali dell’uomo. E’ una spinta verso la sopravvivenza, come per i Sami è fondamentale sapere che tipo di neve ci sia nell’ambiente, per potersi adattare… Inevitabile, quindi, che il sesso animi gran parte dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.

2)    Il sesso implica una serie di ansie. E’ un campo tanto intimo e delicato da essere un argomento tabù: bisogna parlarne con cautela. Infatti il sesso può comportare figli illegittimi, incesto, gelosia, adulterio, abbandono, faide, abusi su minori, stupro, sfruttamento, malattie… Ecco perché va “maneggiato con cura”, anche dal punto di vista linguistico. E questa censura genera, per contrasto, un accanimento verbale per tentare di nominare l’innominabile, alludere, parlare in codice.

3)     il sesso è anche mistero, il mistero della vita, dell’energia vitale. E’ la spinta verso il futuro e l’eternità attraverso la riproduzione. Ecco perché in molte religioni il sesso è sacro: è considerato un modo per ricongiungersi al divino, e le rappresentazioni degli organi sessuali sono usati in riti propiziatori sulla fecondità (ancora oggi, le processioni con i ceri sostituiscono antichi simboli fallici). I nomi del sesso sono anche un tentativo di descriverlo, di dargli un’identità altrimenti sfuggente, attingendo ad altri campi della vita quotidiana (cibo, animali, oggetti….).

E veniamo ai nomi dei genitali. La loro abbondanza è diventata il tema di un esilarante monologo di Roberto Benigni:


E dire che l’antologia di Benigni è solo una piccola parte di questo vocabolario… Ma che cosa ci raccontano tutti questi termini? E quanti sono esattamente? Comprendendo tutti i termini della sfera genitale, abbiamo il quadro che potete vedere nei grafici qui sotto: 984 termini complessivi per la sfera sessuale maschile, 766 per quella femminile. Ho classificato a parte i 266 termini relativi ai glutei, perché possono essere una zona erogena sia maschile che femminile.

Limitandoci ai termini che designano il pene e la vagina, sono per 744 per il primo e 595 per la seconda. Qual è il motivo di questo primato linguistico? Un sintomo del maschilismo della nostra cultura, o semplicemente del fatto che i genitali maschili sono più evidenti e quindi più facili da descrivere? La questione resta aperta. Ma quali immagini usa la nostra lingua per descrivere i genitali? Vediamo…

SESSO MASCHILE

In italiano, il sesso maschile ha 2 record: è designato dal più alto numero di termini (se ne contano 744, escludendo i testicoli), ed è la parolaccia pronunciata più spesso, secondo la Banca dati dell’italiano parlato. Del resto, notava lo scrittore Italo Calvino, il termine cazzo ha un’espressività impareggiabile, non solo rispetto a tutti gli altri sinonimi, ma anche alle altre lingue europee. Tanto che, in italiano, è un vero jolly linguistico: può indicare stupidità, nullità e disvalore (cazzone, cazzata, cazzeggiare, minchione, minchiata, cappellata) ma anche il contrario, cioè potenza, abilità e valore (cazzuto). Serve a indicare ira e malumore (incazzarsi), noia e sconforto (scazzato); affari personali e problemi (cazzi miei), parte sensibile (rompere il c a z z o), approssimazione (a  c a z z o).

Una ricchezza del genere si spiega non solo con la sua evidenza esterna. Ma soprattutto con il suo significato simbolico: tra le scimmie, nota l’etologo Irenäus Eibl-Eibesfeldt, la monta è un segno di dominanza, così l’erezione è usata come minaccia simbolica.

Ma com’è descritto il sesso maschile?
E’ visto per lo più come un oggetto (44%: per lo più di uso domestico, come bastone o manico, ma sono numerose le espressioni che attingono alla guerra, vista l’aggressività dell’atto sessuale: clava, mazza). Numerose anche le metafore tratte dal mondo animale (15%: anguilla, uccello, proboscide) e dalle personificazioni (7%: amico, bambino fino a Walter, il termine inventato da Luciana Littizzetto) a indicare il fatto che è un membro “vivo”, che muta forma e consistenza.

Rilevante la quantità di nomi ironici, grotteschi o iperbolici sulla potenza o la dimensione del sesso, ossessione di tutti i maschi: sberla, calippo, pitone, missile, obelisco, sei quinti, torre di Pisa, maritozzo, pendolino delle 9:07, sardeon, sciupavedove, sventrapapere, vermicione e … tronchetto della felicità.

Ecco il dettaglio:

CATEGORIE Lemmi Esempi
Oggetti generici 31 Affare, arnese, malloppo, pacco
Oggetti di uso domestico 82 Bastone, candelotto, cazzo, manico
Agricoltura 31 Cavicchio, falce, pertica
Tessitura, abbigliamento 18 Fuso, manganello
Attrezzi da lavoro 34 Ferro, manovella, randello, mazza
Armi e guerra 45 Asta, archibugio, clava, mazza
Navigazione e pesca 13 Arpione, timone
Strumenti musicali 29 Batacchio, bischero, piffero
Religione 6 Cero, reliquia
Monete e preziosi 16 Fiorino, quattrino
Altri oggetti 22 Cric, menhir, pirla, scettro
327 (44%)
Luoghi 10 (1%) Lì, posto, San cresci
Architettura, edilizia 8 (1%) Campanile, colonna
Animali 3 Bestia
Uccelli 39 Canarino, fringuello, pipistrello, uccello
Pesci 13 Anguilla, pesce, cefalo
Rettili 11 Aspide, biscia
Equini 12 Asino, cavallo
Animali da caccia 4 Bracco, cane
Altri animali 22 Gatto, lepre, toro
Parti di animali 11 Becco, pene, proboscide
115 (15%)
Piante 23 Banano, pino, ramo
Frutti 21 Banana, melone, pannocchia
verdure 37 Carota, cetriolo, fava, pisello
Erbe e fiori 12 Bocciolo, giglio, papavero
93 (13%)
Parti del corpo umano 28 (4%) Braccio, gamba, naso, vena
Cibi 32 (4%) Biscotto, maritozzo, salsiccia, babà
Personificazioni 53 (7%) Amico, bambino, fra mazza
Termini astratti 42 (6%) Natura, pudende, sesso
Altre voci 36 (5%) Asso di bastoni, crescimmano, fallo, minchia
TOTALE 744

 

SESSO FEMMINILE

In molte lingue, è una delle parole più tabù: guai a nominarla. Come dimostra lo scandalo suscitato dallo spettacolo “I monologhi della vagina” della scrittrice Eve Ensler. E un sondaggio del 2004: il 73% delle donne Usa lo ritiene un argomento scioccante.

Ma perché il sesso femminile è più tabù di quello maschile? Stephen Pinker, psicologo della Harvard University (Usa) fa un’ipotesi: prima dell’avvento di assorbenti, carta igienica, bagni regolari e antimicotici, il sesso femminile evocava il rischio di contrarre malattie.

Le parole che designano il sesso femminile – in italiano sono 595, tra metafore e volgarità – manifestano anche lo sgomento e l’ammirazione di fronte a un sesso nascosto, misterioso, che racchiude il segreto della vita. Non a caso alcuni dei termini per designarla (grotta, scrigno, bosco) evocano questo aspetto.

Ma anche una visione maschilista, ha notato il premio Nobel Dario Fo in un saggio recente che ho presentato tempo fa: i termini spregiativi come fesso (da fessa, vulva), sorca (ratto), patacca (moneta di scarso valore) testimoniano la misoginia della Chiesa cattolica.

E come è descritto il sesso femminile?
I nomi mettono in rilievo la recettività e passività dell’organo femminile (designato nel 33% dei casi con oggetti, per lo più domestici), e lo qualificano come un elemento fisso: sostanzialmente, un luogo (23%). Poche, rispetto al sesso maschile, le personificazioni (bernarda, lei, sorella, Filippa, siora Luigia o Jolanda, creato sempre dalla Littizzetto) vista la sua “fissità”. Non mancano appellativi ironici, che manifestano il timore di malattie o di “rimanere invischiati” in un rapporto (trappola, tagliola), ma sono più numerosi quelli poetici (rosa) o affettuosi (paradiso, tesoro), con una venatura di mistero (grotta, scrigno).
Ecco il dettaglio:

CATEGORIE Lemmi Esempi
Oggetti generici 16 Cosa, mercanzia, essa
Oggetti domestici 49 Borsa, padella, pentola, potta, scodella
Agricoltura 11 Botte, sacco
Tessitura, abbigliamento 24 Ciabatta, pelliccia, tasca
Altri attrezzi 15 Gabbia, sfiatatoio, ventosa
Armi e guerra 14 Guaina, vagina, vulva
Caccia e pesca 10 Rete, tagliola, trappola
Barche 5 Barca, vela, gondola
Strumenti musicali 17 Chitarra, piva, zampogna
Religione 6 Altare, reliquie
Monete 5 Patacca
Altri oggetti 24 Gioia, tesoro
196 (33%)
Luoghi 148 (23%) Posto, varco, abisso, buco, fessa, bosco, caverna, valle, palude, giardino, tana
Architettura 63 (11%) Casa, capanna, solaio, porta, canale
Animali 25 (4%) Lumaca, passera, vongola
Vegetali 13 Lattuga, pucchiacca,
Fiori 6 Fiore, rosa, giglio
Alberi 13 Fico, pero, noce
Frutta e verdura 13 Fica, fragola, oliva, prugna
45 (8%)
Parti anatomiche 28 Bocca, coscia, grembo
ferite 3 Piaga
31 (6%)
Cibi 23 (4%) Brodosa, frittella, lasagna, gnocca
Personificazioni 13 (2%) Bernarda, filippa
Termini astratti 60 (10%) Centro, natura, pelosa
TOTALE 595

 

Diversi di questi termini sessuali, sia maschili che femminili, sono molto antichi: ecco perché già quasi 2 secoli fa aveva già celebrato questa ricchezza linguistica il poeta romano Gioacchino Belli (1791-1863) con 2 sonetti straordinari che qui meritano di essere ricordati:

 

 Er padre de li Santi

Er cazzo se pò ddí rradica, uscello,
ciscio, nerbo, tortore, pennarolo,
pezzo-de-carne, manico, scetrolo,
asperge, cucuzzola e stennarello.Cavicchio, canaletto e cchiavistello,
er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo,
attaccapanni, moccolo, bbruggnolo,
inguilla, torciorecchio, e mmanganello. Zeppa e bbatocco, cavola e tturaccio,
e mmaritozzo, e ccannella, e ppipino,
e ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.Poi scafa, canocchiale, arma, bbambino:
poi torzo, crescimmano, catenaccio,
mànnola, e mmi’-fratello-piccinino.E tte lascio perzino
ch’er mi’ dottore lo chiama cotale,
fallo, asta, verga, e mmembro naturale.Cuer vecchio de spezziale
disce Priàpo; e la su’ mojje pene,
seggno per dio che nun je torna bbene.
La madre de le Sante

Chi vvò cchiede la monna a Ccaterina,
pe ffasse intenne da la ggente dotta
je toccherebbe a ddí vvurva, vaccina,
e ddà ggiú co la cunna e cco la pottaMa nnoantri fijjacci de miggnotta
Dìmo scella, patacca, passerina,
fessa, spacco, fissura, bbuscia, grotta,
fregna, fica, sciavatta, chitarrina, sorca, vaschetta, fodero, frittella,
ciscia, sporta, perucca, varpelosa,
chiavica, gattarola, finestrella,fischiarola, quer-fatto, quela-cosa,
urinale, fracoscio, ciumachella,
la-gabbia-der-pipino, e la-bbrodosa.E ssi vvòi la scimosa,
chi la chiama vergogna, e cchi nnatura,
chi cciufèca, tajjola, e ssepportura.

In conclusione, resta solo un quesito aperto: tutta questa ricchezza linguistica è tipica solo dell’italiano? Certamente no. Anche in inglese, in francese, in spagnolo c’è una grande quantità di termini e metafore sessuali. Ma che io sappia manca ancora un censimento rigoroso: quando ci sarà, vedremo chi ce l’ha più lungo (l’elenco!).

Hanno parlato di questo post:

  • La trasmissione “Mine vaganti” su Radio 24,  condotta da Federico Taddia: un’intervista che potete ascoltare (dal minuto 10:15) cliccando qui.
  • Una pagina de “Il Giornale” con un articolo di Massimo M. Veronese che potete leggere qui.
  • Un articolo de “Il Foglio” che potete leggere qui.
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