cazzata | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Thu, 30 Nov 2023 00:10:24 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png cazzata | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Vaccate, cazzate e altre cose da nulla https://www.parolacce.org/2023/11/28/spregiativi-cose-situazioni/ https://www.parolacce.org/2023/11/28/spregiativi-cose-situazioni/#respond Tue, 28 Nov 2023 14:05:40 +0000 https://www.parolacce.org/?p=20139 “Non vedere una mazza”. “Non capire un tubo”. “Dire cazzate”. Ci avete fatto caso? Alcune espressioni usano insulti come sinonimi di “niente” e “di scarso valore”. E per esprimere questi concetti così sfuggenti, usano un grande ventaglio di espressioni fantasiose,… Continue Reading

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Un poster di “Manifesti abbastanza ostili

“Non vedere una mazza”. “Non capire un tubo”. “Dire cazzate”. Ci avete fatto caso? Alcune espressioni usano insulti come sinonimi di “niente” e “di scarso valore”. E per esprimere questi concetti così sfuggenti, usano un grande ventaglio di espressioni fantasiose, che ho riunito in questo articolo.
Sono più di 50, e offrono uno sguardo sulle cose che la nostra cultura considera prive di valore. Una prospettiva arbitraria e sorprendente: ci si aspetterebbe che i riferimenti a rifiuti o escrementi siano la categoria più nutrita, visto che sono l’emblema dello scarto. E  invece sono più numerosi i riferimenti a oggetti, alimenti e organi sessuali.
Perché usiamo queste immagini? Per esprimere il nostro punto di vista emotivo. Un conto è dire “Con questa nebbia non si vede niente”,  ma se dico: “Con questa nebbia non si vede un cazzo (o un cazzo di niente)” esprimo la rabbia e il disprezzo verso la situazione. E do un valore enfatico, rafforzativo alla mia affermazione: “non vedere un cazzo di niente” significa non vedere completamente nulla.
Ho suddiviso i termini di questo tipo in 2 grandi famiglie:

  • i sinonimi di nulla, niente 
  • i sinonimi di “cosa da poco”, “ di scarso valore”

Le espressioni che ho raccolto hanno diversi gradi di offensività: si va dalle parole neutre alle espressioni enfatiche fino ai modi di dire volgari e blasfemi (evidenziati entrambi in rosso). 

Sinonimi di “nulla”

Come si può nominare il nulla? L’impresa, a ben pensarci, è impossibile: se il nulla non esiste, non possiamo averne esperienza e quindi descriverlo. I termini che lo designano sono:  zero, nullità, niente, vuoto, nessuna cosa, alcunché. Ci sono alcuni sinonimi con una valenza più espressiva:i rafforzativi nonnulla, nisba (dal tedesco “nichts”, niente), nullaggine, alcunché, checchessia. Ma nessuno di questi possiede un’espressività adatta a veicolare il disprezzo, la rabbia, insomma: una coloritura emotiva. Perché non rimandano a un’immagine concreta: per evocare il nulla, abbiamo bisogno di dargli una consistenza anche minima. Ecco come. 

ALIMENTI

♦ un fico / fico secco: nel mondo antico, il fico era considerato un cibo da poveri, di scarso valore economico. “Fico secco” è un’allusione a un episodio evangelico (Matteo XXI,18–19): Gesù, avendo fame, vide un albero di fichi, che però erano senza frutti. Allora disse. “Mai più nasca frutto da te, in eterno”. E subito il fico si seccò. 

♦ un’ostia: il sottile disco di farina di frumento (impastata con acqua naturale e cotta al forno) che il sacerdote consacra nel sacrificio della messa. E’ quindi un cibo di poco conto, e il suo uso come sinonimo di “nulla” è una forma di blasfemia anti religiosa 

♦ un cavolo: è considerato un ortaggio di scarso valore, e la sua sillaba iniziale si presta a farne un sinonimo eufemistico di “cazzo”

♦ (campare) d’aria: non avere nulla da mangiare

OGGETTI

♦ un tubo: per la sua forma cilindrica è un sinonimo allusivo di “cazzo”

♦ (non capire / fare) un accidente: l’accidente è la disgrazia fortuita, qui equivale a rafforzare il concetto di “nulla”

♦ una mazza: è un riferimento fallico, equivalente di “cazzo”. Secondo alcune interpretazioni potrebbe essere anche un riferimento al generale Francesco Mazza che nel 1909 fu nominato commissario straordinario per gestire i danni del terremoto di Messina: fece una marea di errori e angherie 

♦ una ceppa : la ceppa è la base del tronco di un albero, da cui si dipartono le radici. E’ un riferimento fallico

♦ un corno : riferimento fallico (tant’è che il corno portafortuna ha origine dal fallo, come raccontavo qui)

♦ (essere) carta straccia: scritto o denaro di nessun valore

♦ (non valere) una cica: è la membrana che si trova nell’interno della melagrana, di nessun valore 

♦ (non valere) una cicca : mozzicone di sigaretta  

♦ (non valere) una cicca frusta: La « cicca » in dialetto milanese è la biglia colorata, in origine di terracotta. Se erano fruste, cioè consumate, non andavano bene.  

♦ (non valere) un soldo bucato, non spendibile quindi senza valore    

♦ (non valere) un quattrino: moneta di rame di valore infimo 

 

SESSO
♦ un cazzo / un cazzo di niente: è il disprezzo verso il nostro lato animalesco, rappresentato dall’organo sessuale, come ho raccontato più diffusamente qui .

RELIGIONE
♦ una madonna, un cristo: qui i termini religiosi sono usati, per spregio verso la fede, come sinonimi di nulla  .

LETTERE

♦ (non capire) un’acca (fam.), in latino l’H, inizialmente si pronunciava aspirata, successivamente, con l’evoluzione della lingua, ha perso questa sua caratteristica aspirazione quando presente e quindi non valere più nulla

♦ (non importare) un ette (fam., in disuso): deriva dalla congiunzione latina “et”, “e”, una parola piccola e di poco valore.

 Cose da poco, di scarso valore

Come definire un oggetto senza valore? I criteri seguiti dalla nostra lingua sono due: la dimensione e l’utilità. In pratica, qualifichiamo qualcosa come così piccola o inutile da essere irrilevante, impercettibile, ininfluente, insignificante. 

OGGETTI

♦ cosa da niente, cosuccia, coserella

♦ pinzillacchera (dal napoletano pizzillo, pezzettino) 

♦ carabattola (lettuccio, oggetto di poco conto)

♦ (contare / valere come il) due di picche: la carta che vale di meno nel mazzo

♦ bazzecola da bazza, carta di poco valore vinta all’avversario 

♦ bagattella (da gabbatella, gabbare: oggetto falso), cosa frivola e di poco conto

♦ bubbola, da bubbolo, sonaglio (suono falso)

♦ corbelleria (da corbello, cesto di vimini: eufemismo di coglione)

SESSO

Film del 1971 diretto da Fernando Merino.

♦ del cazzo / cazzata, belinata, minchiata, bischerata (da bischero, pene; il termine designa il pirolo, legnetto per tendere una corda negli strumenti musicali): il disvalore attribuito all’organo sessuale è usato per esprimere disprezzo

♦ (del) menga: il termine ha un’origine oscura, probabilmente è  originato da un effetto di rima nella frase goliardica “è la legge del Menga, chi ce l’ha nel culo se lo tenga”, ovvero ‘chi ha subito un danno lo deve sopportare. L’espressione, da sola, equivale a “del cazzo” 

♦ coglioneria, coglionata: atto o cosa da coglioni

♦ fesseria da fessa (fessura): è uno dei rari casi di disprezzo attribuito all’organo sessuale femminile

♦ monata da mona (vulva), vedi sopra.

ESCREMENTI, SCARTI

La celebre recensione di Fantozzi al film “La corazzata Potemkin” (Il secondo, tragico Fantozzi”, 1976)

♦ stronzata, cagata, merdata / di merda

♦ aria fritta: discorso inconsistente al di là delle parole usate

♦ fetecchia: cosa di poco conto (da fetore, flatulenza)

♦ quisquilia: da quisquiliae, immondizia

   

ALIMENTI

♦ cavolata / del cavolo (qui usato per eufemismo di “cazzo”)

♦ boiata: (da boj, bollire: vivanda semiliquida): schifezza, porcheria, stupidaggine

♦ baggianata (da baggiana, fava in senso fallico): stupidaggine

♦ giuggiola frutto del giuggiolo buono ma di piccole dimensioni (e ricorda i testicoli)

♦ ostiata: stupidaggine, errore, cosa di poco conto (da “ostia” come cibo di poco conto).

DERIVATI DA INSULTI

Idea regalo per Natale: un libro di giochi che è tutto un programma.

♦ inezia (da inetto, “incapace”, quindi cosa fatta da un incapace).

♦ sciocchezza / sciocchezzuola, scemenza, stupidaggine, cretinata: atto compiuto da una persona poco intelligente, quindi di nessun valore

♦ puttanata, troiata, vaccata: stupidaggine, sciocchezza (lett.: cosa da donnaccia)

 

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“Che figata”, ristorante italiano a Naperville, Illinois (Usa).

Il contrasto è sotto gli occhi di tutti. Mentre “cazzata” significa “sciocchezza, stupidata, cosa da nulla, inezia”, “figata” sta al suo estremo opposto, perché significa “eccezionale, bello, piacevole, ammirevole”. Dunque, mentre il sesso maschile è sinonimo di disvalore, quello femminile indica il contrario, cioè qualcosa di valore. Un fatto notevole: pur nascendo da una cultura tradizionalista e maschilista, questi termini sembrano ribaltare la scala dei valori, attribuendo al femminile un ruolo superiore. Com’è potuto accadere? In realtà le cose sono più complicate. Perché in italiano esistono anche termini che usano il sesso femminile come sinonimo di “cosa da nulla”. Ma andiamo con ordine…

Cazzata” (con i termini dialettali equivalenti: minchiata, pirlata, belinata) è un termine spregiativo: come molti altri termini, considera il sesso un aspetto animalesco, e quindi inferiore e disprezzabile. Ma perché lo stesso disprezzo non è applicato a “figata”? Com’è che il sesso femminile è visto invece come qualcosa di positivo, anzi di entusiasmante?
A ben vedere, anche questo uso potrebbe essere espressione di maschilismo: dal punto di vista maschile, il sesso femminile è un valore. Ma la realtà è più complessa. Secondo il premio Nobel Dario Fo, “Nel nord e nel centro Italia, prima che arrivassero i Romani, le primordiali divinità celtico-insubri erano quasi esclusivamente di sesso femminile”, scrive nel libro “L’osceno è sacro” (Guanda, 2010). Basti ricordare Cerere, dea madre presso i Romani, chiamata Demetra dalle popolazioni di origine greca (come la Sicilia). 

“Levati di mezzo, ricco coglione!”: titolo di “Libération” contro l’imprenditore Bernard Arnault che aveva chiesto la cittadinanza belga.

In francese, invece, è il sesso femminile ad avere un significato negativo: “con” (vulva”) significa “imbecille”. Lo stesso accade in inglese, con i termini “twat” e “cunt”, che designano sia la vulva che le persone stupide. In spagnolo, invece, la vulva (coño) è usata non come insulto ma come imprecazione e rafforzativo (que coño haces? Che cazzo fai?). Occorre ricordare che “cunt” e “coño” hanno la stessa origine: derivano dal latino “cuneus” a sua volta riconducibile al greco kusòs, buco (da cui deriva cunicolo): il “cuneo” è l’attrezzo appuntito che produce un  buco. 

Perché accade tutto questo? La contraddizione è solo apparente. In generale i termini sessuali, poiché rimandano al nostro lato animalesco, sono connotati dal disprezzo, perché ci consideriamo superiori alle bestie. L’uso di metafore sessuali, maschili e femminili, è al servizio di questo sguardo sul mondo e può usare indifferentemente sia metafore sessuali maschili che femminili. Tant’è che anche in italiano esistono – anche in dialetto – 4 termini che utilizzano una metafora sessuale femminile per esprimere disprezzo: fesseria, fregnaccia, monada e patacca.

 

Fesso, fesseria e “a fess e soreta”

“Totò d’Arabia”, film del 1965.

“Fesseria” deriva da “fessa”, vulva in napoletano: il termine significa infatti letteralmente “spaccatura”. Dunque, fessa = cosa da nulla, fesseria = stupidaggine, sciocchezza, sbaglio;  e fesso = sciocco, tonto. Il sesso femminile è utilizzato anche come maledizione (augurare il male): va fa int’ a’ fessa  ‘e mammeta /soreta, ovvero “vai a fottere dentro la vulva di tua madre/sorella”. Un modo, insomma, di costringere un’altra persona a fare un pensiero sgradevole, ovvero ad augurargli l’incesto.

 

Fregnacce e fregnoni

Sagra della fregnaccia a Montasola (Rieti).

Lo stesso ragionamento è all’origine di “fregnaccia”, termine romano che deriva da “fregna”, vulva. Il termine ha un’origine incerta: potrebbe derivare dal latino fricare ‘fottere’, con -gn- dovuto alla sovrapposizione di frangĕre “rompere”. Il termine fregna è usato anche come sinonimo di stupidaggine, fandonia, come anche fregnaccia, fregno (persona o cosa di scarsa importanza), fregnone (sciocco, minchione, babbeo). “Avere le fregne” significa essere preoccupato di pessimo umore: l’espressione si collega agli sbalzi d’umore legati alle mestruazioni.
Tra l’altro, “fregnaccia” è anche l’appellativo di una frittella romana:
si fa una pastella con acqua, farina e sale; se ne prende una cucchiaiata che si mette a cuocere in padella, con olio bollentissimo, rigirando di quando in quando. Si ottiene così una frittella che viene cosparsa di zucchero oppure pecorino; poi, la frittella si piega congiungendo un punto del cerchio al centro, e poi piegando di nuovo. Le fregnacce, consumate fredde, sono una prelibatezza ma, vista la povertà degli ingredienti e la facilità della preparazione, sono, appunto, fregnacce.

 

Patacca  e pataccari

Una t-shirt beneaugurante.

La “patacca” era una moneta grossa ma di basso valore (perché conteneva poco argento), messa in circolazione dagli spagnoli nel 1500.  Il termine è diventato o sinonimo di “cosa di nessun valore”, ma anche di grossa  macchia di sporco. “Pataccaro” è chi vende monete false, ovvero uno sbruffone, un truffatore.  Nel dialetto romagnolo il termine prende anche a indicare il sesso femminile: i peli pubici formano una macchia scura, una patacca per l’appunto.   

 

Mona e monada

Cartello contro gli incivili a Salgareda (Treviso).

In veneto, “mona” indica la vulva. Deriva dall’arabo maimunscimmia’. Forse un parallelismo fra il corpo peloso della scimmia e i peli pubici. “Mona” indica anche una persona sciocca, balordo,cretino (da cui anche il termine monello). Com’è avvenuto il passaggio? Probabilmente è un’espressione  di  maschilismo: “essere un mona” significa essere una femmina, considerata in passato un essere inferiore. Tanto che “andare in mona” può significare sia “compiere un  atto sessuale” sia andare al diavolo, andare male (“ma va in mona!”).

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Anatomia della stronzata https://www.parolacce.org/2017/04/10/significato-stronzata/ https://www.parolacce.org/2017/04/10/significato-stronzata/#respond Mon, 10 Apr 2017 12:11:15 +0000 https://www.parolacce.org/?p=12094 Ci sono le verità, le mezze verità, le menzogne, le bufale... Ma oggi la teoria della conoscenza dovrebbe essere aggiornata e integrata con un’altra categoria di enunciati: le stronzate. Una categoria più che mai attuale: “Uno dei tratti salienti della… Continue Reading

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Un avviso molto attuale (montaggio da foto Shutterstock).

Ci sono le verità, le mezze verità, le menzogne, le bufale... Ma oggi la teoria della conoscenza dovrebbe essere aggiornata e integrata con un’altra categoria di enunciati: le stronzate. Una categoria più che mai attuale: “Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione” ha scritto Harry Frankfurt, filosofo all’università di Princeton (Usa).
Oggi, infatti, nell’era della post-verità, ne siamo bombardati: in politica, in tv, sui social network. Le stronzate non sono soltanto diffuse: sono anche popolari. “Ciascuno di noi dà il proprio contributo” precisa Frankfurt. “Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Perciò non abbiamo una chiara consapevolezza di cosa sono le stronzate e del perché ce ne siano così tante in giro”.
Insomma, a dispetto delle apparenze, l’argomento è serio e attuale. E merita un’analisi approfondita. In questo post scopriremo che cosa sono le stronzate, perché si chiamano così, e quali sono gli indizi per riconoscerle.
Non solo con l’aiuto di Frankfrut, che ha scritto un libro sul tema (“Stronzate: un saggio filosofico”, Rizzoli, nella foto); ma anche grazie a una recente ricerca in cui gli scienziati hanno identificato con un esperimento quali fattori psicologici ci rendono più vulnerabili alle stronzate.
E questo post chiude idealmente una trilogia su questo termine, dopo aver raccontato 
chi è lo stronzo e che cosa significa la faccia da stronzo (senza contare l’incredibile storia del professor Stronzo Bestiale).

Bufale, verità e post-verità

Per capire cosa sono le stronzate, dobbiamo inquadrarle con l’aiuto della filosofia della conoscenza: la gnoseologia.
Semplificando molto, un’affermazione può essere:

1) Pregiudizio: è l’atteggiamento (favorevole/sfavorevole) nei confronti di qualcosa o qualcuno. Un esempio? Il razzismo verso gli stranieri.
2) Verità: è la conoscenza fondata su qualcosa di reale.
3) Credenza (opinione): conoscenza non verificata, a cui però si dà credito.
4) Fede: è la credenza religiosa in fatti o entità non verificabili.
5) Falsità: è un’affermazione senza fondamento nella realtà.

Lui lo dichiara, ma di solito chi spara stronzate non lo ammette (montaggio foto Shutterstock).

Quando si dice che oggi viviamo nell’epoca della post-verità, significa che molte persone danno valore ai pregiudizi, alle credenze o alle falsità: non si pongono il problema se una frase sia vera o no (“le piramidi sono state costruite dai marziani”); gli basta che quella frase confermi le loro emozioni.
E le stronzate, come si collocano in questo scenario? Rientrano nell’ultima categoria, quella delle falsità. Che, a loro volta, si suddividono in:
menzogne: falsità dette consapevolmente per ingannare qualcuno (o anche fargli uno scherzo); in questa categoria rientrano anche le mezze verità (verità parziali, omissioni) e le verità distorte (esagerazioni);
errori: falsità dette inconsapevolmente, senza volerlo
finzioni: falsità dette a scopo di ipotesi (“se avessi un miliardo mi comprerei…”) o di intrattenimento (film, romanzi, etc).
Le bufale (o “fake news”), di cui oggi tanto si parla, possono essere errori, menzogne o finzioni. Possono nascere infatti per ignoranza, per cattiva informazione o per uno scopo preciso: avere visibilità, fare uno scherzo, fare spettacolo, distrarre, disinformare..

Quando la menzogna diventa aria… o sterco

E le stronzate? Sono un tipo particolare di menzogna: quella detta non per ingannare qualcuno, quanto per impressionarlo o semplicemente per non fare scena muta. “Chi dice una stronzata è del tutto indifferente alla verità o alla falsità di quanto afferma” precisa Frankfurt. “Parla a vanvera, solo per dire qualcosa, senza sapere di cosa stia parlando, e senza preoccuparsi delle conseguenze. I suoi discorsi sono aria fritta, parole vuote senza contenuto”.

Pubblicità di una birra: “Nessuna stronzata da marketing aggiunta”.

E qui si capisce perché le stronzate si chiamano così. Visto che sono dette così per dire, in modo superficiale e incompetente, hanno lo stesso valore (e implicano lo stesso impegno mentale) del defecare: lo stronzo è un escremento sodo, di forma cilindrica. La parola deriva dal longobardo strunz, sterco.
Tanto che queste affermazioni senza alcun valore sono paragonate agli escrementi, anche in inglese: la stronzata è detta bullshit, ovvero merda di toro; e in portoghese si dice falar merda, parlare merda.
In italiano, tuttavia, “stronzata” non è l’unico appellativo con cui si designano i discorsi vacui: oltre al sinonimo “cagata“, si usano anche le metafore sessuali “cazzata” e “minchiata“, che in questo caso sono usati come sinonimo di “sparata inconsistente o infondata” (“hai detto una cazzata“: per l’uso dei genitali come metafore insultanti potete leggere questo post). Va precisato, però, che i due termini hanno anche il significato di “errore“: “Ho fatto una cazzata”. E all’elenco bisogna aggiungere anche un termine sessista: puttanata, ovvero “discorso vacuo tipico delle puttane”.
Quando Umberto Eco ha detto che “Oggi i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”, si riferiva proprio a chi spara stronzate.
La stronzata, infatti, è più pericolosa della menzogna: mentre il mentitore deve sapere la verità per poterla nascondere, chi spara stronzate non si pone neppure il problema di cosa sia vero o no. La questione non gli interessa minimamente. Quindi implicitamente diffonde la convinzione che sia impossibile o inutile sapere come stanno le cose.
Perciò, la stronzata, ancor più della bufala, è il sintomo della post-verità: la sua veridicità o verificabilità è considerata una questione di scarsa o nulla importanza. E questo punto di vista trova terreno fertile nella società di oggi, nella quale le persone hanno perso la fiducia verso le istituzioni e i mass-media (tv, giornali).

Identikit della stronzata (e come smascherarla)

Ma come si fa a capire se un’affermazione è una stronzata? Ha dei “segni particolari” che possono aiutarci a identificarla, anzi, a smascherarla subito? E che tipo di persone sono più vulnerabili, ovvero più propense a credere alle stronzate?
A queste domande ha risposto una recente ricerca condotta da un gruppo di psicologi dell’università di Waterloo (Canada) e pubblicata sulla rivista “Judgement and decision making”. Il titolo è tutto un programma: “Sulla ricezione e il rilevamento delle stronzate pseudo-profonde”.

Cosa ha in testa chi spara stronzate (Shutterstock).

La stronzata, dicono i ricercatori guidati da Gordon Pennycook, ha un tratto distintivo: sembra avere un senso o una verità, ma in realtà non ne ha. Prendiamo ad esempio questa frase: “Il significato nascosto trasforma un’incomparabile bellezza astratta”. Sembra avere un significato profondo, ma in realtà è una mera collezione di parole ad effetto messe insieme un po’ a casaccio, giusto per formare una frase.
Insomma, le stronzate sono spesso generiche e/o ambigue: dicono verità difficilmente verificabili perché sono fumo negli occhi, tutta apparenza e zero sostanza. Quella che viene spacciata per “profondità” è in realtà una frase del tutto vaga.
E questo avviene non solo in politica (con le promesse tipo “Daremo lavoro ai giovani”), ma anche nel marketing (“Per l’uomo che non deve chiedere mai”) ma anche fra gli accademici che usano i paroloni per nascondere in realtà un vuoto di idee.

Chi è più vulnerabile (e perché)

Ma perché alcune persone sono più propense a credere alle stronzate? Gli psicologi canadesi hanno identificato alcuni fattori psicologici e li hanno messi alla prova con un esperimento.
Hanno reclutato 280 studenti universitari con un’età media di 21 anni (l’80% erano donne). Prima hanno tracciato un loro profilo psicologico, misurato le loro abilità cognitive e poi hanno sottoposto al loro giudizio una serie di frasi insensate, ricavate da due siti: uno che compone frasi casuali usando lo stile di Deepak Chopra, autore New Age indiano; e un generatore di stronzate in stile New Age.

Un libro che smonta molte stronzate diffuse.

Chi considerava queste frasi “molto profonde” era classificato in alto nella “Scala della recettività alle stronzate” (BSR: bullshit receptivity scale). Lo stesso esperimento, con alcune varianti, è stato fatto su altri 500 volontari.
Risultato: crede di più alle stronzate chi è meno riflessivo, ha minori abilità cognitive (intelligenza verbale e numerica), tende a fare confusioni ontologiche (non sa distinguere fra esseri animati e inaminati, fra stati mentali e oggetti fisici), e ha fede nel paranormale o nel soprannaturale (negli spiriti, negli angeli, etc).
“Non c’è nulla di male nel lasciarsi ispirare da frasi vaghe o insensate” precisano i ricercatori. Ma credere alle stronzate è pericoloso. E le persone più vulnerabili alle stronzate sono quelle che sopravvalutano chi le dice, ritenendo che una frase sia vaga perché il suo vero significato è troppo importante o profondo da essere detto direttamente. E soprattutto sono quelle con scarso senso critico, o poca capacità di pensiero analitico. Se vogliamo sconfiggere le stronzate (e le bufale) è qui che bisogna intervenire: insegnando alle persone, fin dalla scuola, a esercitare il pensiero critico.

Questo articolo è stato recensito sul sito Faccecaso.

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