Chiapple | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Fri, 26 Jan 2024 16:22:51 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Chiapple | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Oops! Quando il logo diventa indecente https://www.parolacce.org/2017/09/04/export-marchi-volgari/ https://www.parolacce.org/2017/09/04/export-marchi-volgari/#comments Mon, 04 Sep 2017 09:40:19 +0000 https://www.parolacce.org/?p=12787 Cosa succede quando si esporta all’estero un prodotto di successo? Il rischio di fare flop c’è sempre: gusti e sensibilità cambiano a ogni latitudine. Ma quando il suo nome, in altre lingue, acquista significati imbarazzanti, il fiasco è assicurato. Ne sanno qualcosa i… Continue Reading

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L’aranciata Pipi, prodotta in Croazia: in Italia avrebbe qualche problema.

Cosa succede quando si esporta all’estero un prodotto di successo? Il rischio di fare flop c’è sempre: gusti e sensibilità cambiano a ogni latitudine. Ma quando il suo nome, in altre lingue, acquista significati imbarazzanti, il fiasco è assicurato.
Ne sanno qualcosa i produttori, grandi e piccoli, che hanno fatto figuracce epocali scoprendo – troppo tardi – che all’estero il nome del loro prodotto (un’auto, una bibita, un telefonino, uno snack) richiamava i termini volgari usati per indicare il sesso, gli escrementi o gli insulti. Col risultato di diventare involontariamente comici, di perdere prestigio o, peggio, di offendere la sensibilità di un intero Paese.
In inglese questo tipo di errori si chiama “brand blunder” (sbaglio di marca), e la storia del marketing ne ha archiviati a decine, commessi anche da multinazionali molto celebri.
Dopo aver parlato dei loghi volutamente volgari, registrati all’Ufficio marchi italiano, dei vini e dei cibi con un nome osè, in questo articolo ho radunato invece 43 “falsi amici”, cioè nomi commerciali che, in un’altra lingua, diventano parolacce.
Alcuni sono effettivamente sfociati in una gaffe internazionale, altri no (o non ancora). I primi 30 casi sono in italiano, e i successivi sono in inglese, spagnolo, francese, svedese, tedesco, cantonese…. Buon divertimento.

In italiano…

33 CASI

PIPI
Come si fa a bere una bibita con questo nome? Eppure esiste: è un’aranciata prodotta a Spalato, in Croazia. E’ stata la bevanda più diffusa negli anni ‘80 e ‘90 (anche nelle versioni limonata e acqua tonica), ma oggi il suo produttore, Dalmacijavino, risulta in guai finanziari. Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse tentato di esportare la Pipi in Italia…

PLOPP
Chi è andato in Svezia le ha viste esposte nei supermarket: sono barre di cioccolato al latte con un ripieno di caramello. Ma accostare questo suono, che ricorda – anche in inglese – la defecazione, non è molto beneaugurante… Con l’aggravante che anche il produttore ha un nome respingente, almeno in italiano: Cloetta, che evoca la cloaca.

POM’PIN
Fra le specialità gastronomiche del Belgio ci sono le patate. La ditta Lutosa ne confeziona vari tipi, fra cui le crocchette a forma di pigna: perciò le vende col nome di Pom’pin, contrazione di “pomme de terre” (patata) e “pomme de pin” (pigna). Dato che un marchio del genere sarebbe sconveniente in Italia (richiama il sesso orale), le hanno ribattezzate Pata’Pigna.

SEGA
Il celebre produttore giapponese di giochi elettronici, Sega, è un acronimo formato dalle prime due lettere di Service Games. Ma questa sigla, in italiano, è il nome volgare della masturbazione. Gli appassionati di videogames lo sanno da tempo, e non gli fa più effetto. Ma il problema c’è: così, non potendo cambiare il proprio nome, negli spot pubblicitari “Sega” è pronunciata volutamente in inglese: “siiga”.

FROCHO
SecondCup Coffee è il gemello canadese di Starbucks: una catena di 300 caffetterie fondata nel 1975. Di recente ha inventato (e registrato come marchio) un nuovo prodotto: Frocho, contrazione di frozen chocolate (cioccolato congelato). E’ una bevanda fresca per l’estate, ottenuta mescolando latte, ghiaccio, vaniglia e cacao. Se arrivasse in Italia avrebbe però il sapore dell’omofobia.

INKULATOR
Nel 2013, SurfaceSoft aveva lanciato un’app per Windows 8, descritta come un “modo nuovo e figo di fare calcoli”. Mescolando le espressioni “digital ink” (inchiostro digitale) e “calculator” (calcolatrice), la società informatica aveva sfornato un nome elegante in inglese, ma esilarante in italiano: Inkulator. Dopo l’ilarità e le proteste degli italiani, l’app è stata ribattezzata Kanakku (dai Kanak, abitanti della Nuova Caledonia): ma in tedesco kanake significa immigrato (in senso spregiativo) e in giapponese kanaku significa “persona malvagia”. Insomma, nonostante le buone intenzioni, anche in questo caso SurfaceSoft ha… fatto male i conti.

CHIAPPLE
Negli Stati Uniti, la moda per i cibi organici ha prodotto un preparato a base di semi di chia (Salvia hispanica) e mela. Il suo nome commerciale? Chiapple (composto di chia e apple, mela). Se mai arrivasse sul mercato italiano, difficilmente potrebbe mantenere questo nome (peraltro divertente, per l’assonanza con le chiappe).

 

FESSENGER
Il nome sembra uscito da uno sketch di Crozza: sembra un mix fra fesso e kazzenger, l’imitazione di Roberto Giacobbo. Invece, è il nome di un’altra app per computer: serve come interfaccia per usare Facebook attraverso i Google glass: il nome, infatti, è l’effetto della fusione fra Facebook e messenger.

FANCL

Si chiama così una società giapponese, quotata in Borsa, che produce cosmetici e integratori alimentari. Fondata nel 1981, oggi ha 900 dipendenti e sedi anche in Cina, Taiwan, Hong Kong, Singapore. Certo, il logo che campeggia sulle insegne dei negozi non è beneaugurante verso i clienti.

KHA GAI
La Knorr vende questa zuppa di noodle thailandese, la Tom Kha Gai (a base di pollo con latte di cocco, zenzero e lime) nei mercati del Nord Europa: soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Svezia. Se decidesse di esportarli in Italia, forse potrebbe avere successo… fra gli stitici, vista l’assonanza con “cagai“.

AZZO
Come poteva chiamarsi una raffinata linea di prodotti di bellezza femminili (shampoo, olii, maquillage) di una casa francese? Azzo. Per la precisione: Azzo professionnell (non so se mi spiego). Se decidessero di entrare sul mercato italiano, lo slogan sarebbe bell’e pronto: “Fatti bella. Azzo!”. Da far pronunciare a un toscano.

JETTA
La Volkswagen lanciò la Jetta, una berlina compatta a coda, nel 1979. Non aveva fatto i conti con l’infelice assonanza con la parola “jella” (sfiga) in italiano: un nome, un destino. La vettura, infatti, fu un flop: fu ritirata dal mercato italiano (che non ama quel genere di berline). E a scanso di assonanze negative il nome fu corretto in Vento e poi in Bora.

ZOKOLA
A Poperinge, in Belgio, un produttore di cioccolato ha scelto un nome spiritoso per i propri dolcetti: “Zokola”. Il termine ricalca la pronuncia infantile, in francese, della parola “chocolat”. Se mai volessero esportare le loro praline in Italia, andrebbero avvisati dell’assonanza con zoccola (puttana), una parola sicuramente non adatta ai bambini.

POPO
Il nome di questa confezione di carne trita sembra lo slogan di un vegano: si chiama infatti Popo, il nome infantile della cacca. In realtà è un prodotto finlandese mai sbarcato sul mercato italiano. L’infelice nome deriva dalla fusione delle iniziali di “porsas-porkkana”, ovvero maiale e carote.  Qualcosa di vegano c’è davvero…

BELIN
Come si chiama uno dei più grandi produttori francesi di crackers e patatine fritte? Belin, che in ligure è l’appellativo volgare del pene. Se questa ditta esportasse in Italia susciterebbe l’ilarità dei genovesi. D’altra parte, essendo usato anche come imprecazione, il termine si presterebbe a un facile slogan: “Belin, che snack!”. 

BELINO
Poteva mancare la variante del ligure belin? No, che non poteva. E infatti c’è: in Bulgaria producono una linea di croissant che si chiamano belino. Se si unisce la forma vagamente fallica della brioche, a una campagna ammiccante (ma inconsapevole) come quella raffigurata a lato, il risultato è davvero comico.

 

STRONZO
E’ stata chiamata così una birra artigianale prodotta in Danimarca fino al 2014: ne avevo parlato in un post sui nomi volgari degli alcolici (a cui si aggiunge la birra Minchia, di cui ho parlato qui). Non sappiamo se i titolari del marchio fossero consapevoli del significato della parola, scelta forse per il suo suono espressivo. Sarebbe stata la bevanda perfetta da abbinare alla… Popo di cui sopra.

COLLON
Ha un’infelice assonanza con colon, ma soprattutto con “coglione” (e il corrispettivo veneto “coiòn”) questo dolcetto giapponese: sono lunghi stick di wafer con un ripieno di crema. Se dovessero arrivare in Italia, il cambio di nome sarebbe inevitabile. Per non passare per collon.

 

BOOKEEN
In Francia hanno lanciato un lettore di libri digitali, chiamato Bookeen giocando col termine inglese “book”, libro. Peccato, però, che la pronuncia di questo nome (buchiin) ricordi pericolosamente il termine bucchin, termine napoletano per bocchino (sesso orale). Pensate di chiederlo alla commessa di un negozio: “Vorrei un Bookeen”…

CULINEA
La catena di grande distribuzione Lidl, in Germania ha fatto una bella pensata. Lanciare una linea di piatti pronti (pasta, spuntini, involtini…) chiamandoli con un nome italianeggiante: linea culinaria, ovvero… Culinea. Peccato che l’acronimo diventi ridicolo in italiano. Magari potrebbe andar bene a chi vuol tenere in forma il deretano.

KAGAN
Quando dovevano scegliere il nome per la loro produzione vinicola, una coppia di texani, Emily e Mark Ellenberger, hanno voluto ricordare la loro piccola barca a vela, che si chiamava Kagan. Non immaginavano che un vino con quel nome sarebbe stato tutt’altro che raffinato. E per vini che costano dai 35 agli 80 dollari a bottiglia non è proprio un abbinamento ideale…

MELDA
Arriva dalla Turchia
 una linea di pasta dal nome tutt’altro che invitante: Melda. Li produce una società alimentare di Istanbul, la GTT Foods, che li confeziona anche sotto altri brand (Golda, Afra, Al Fakher, Dona Mia, Bello Grano e Perfetto): nella remota ipotesi che riuscisse a esportarla anche in Italia, il marchio Melda sarebbe decisamente sconsigliabile. Soprattutto per i gestori di un ristorante cinese: “Vuole pasta? Qui abbiamo spaghetti Melda!”.

 

KAGATA
Affidereste la costruzione di un palazzo o di un ponte a una società chiamata Kagata corporation? E’ proprio questo il nome imbarazzante di una blasonata società di ingegneria civile giapponese, con più di un secolo di storia. Il nome svetta, in caratteri occidentali, sul tetto del loro quartier generale a Niigata. Molto fotografato dai turisti italiani e spagnoli.

LADY KAGA
Il marchio imbarazzante indica – dal poco che si può capire con Google Translate – un servizio di guide per turisti. E probabilmente è nato come calco di Lady Gaga. Ma le assonanze intestinali non c’entrano: questo sito, infatti, nasce in omaggio a una città giapponese costiera, che si chiama per l’appunto Kaga. Raccoglie qualche decina di guide turistiche – tutte donne – per tour guidati nella città.

 

CATSY

E’ un cibo per gatti venduto in Svizzera. La marca ha escogitato un gioco di parole basato sull’inglese “cat” (gatto); ma la sua pronuncia, però, in italiano evoca ben altro. “Caro, hai comprato la pappa per il micio?”. “Sì, ‘sti Catsy!”.

STIKEEZ

Tempo fa la catena di supermercati Lidl ha lanciato una linea di pupazzi a ventosa da attaccare al frigorifero: venivano dati in omaggio ogni 15 € di spesa. Sono stati chiamati “Stikeez“, un gioco di parole fra stick (stecco) e kids (bambini). La pronuncia corretta è “stikiz”, ma se letto come è scritto, sembra un’espressione in pugliese: stikeez!

ZOOMER DINO

E’ un piccolo dinosauro-robot per bambini, capace di camminare evitando gli ostacoli. I suoi occhi cambiano colore a seconda dell’umore, e quando si muove emette suoni giurassici. Il suo nome significa, in inglese, “Dino che si impenna“; ma in italiano, se pronunciato nella sua interezza, evoca ben altro.

TOPA

E’ il nome di una marca di carta igienica venduta in Germania. Peccato che il nome, in toscano, evochi l’organo genitale femminile: la topa. A quel punto, tanto valeva usarlo come marchio per assorbenti igienici?

 

QUINOTTO

La quinoa è una pianta erbacea che appartiene alla stessa famiglia degli spinaci e della barbabietola. E’ uno dei cibi sani che vanno per la maggiore. Certo, in Francia non sanno che “quinotto”, vezzeggiativo di quinoa, in italiano ha lo stesso suono di “chinotto“, termine gergale per designare il rapporto orale.

CACAZI

Come si possono chiamare quelle persone che suonano alla tua porta di casa proprio mentre stai dormendo o cenando? In italiano, “cagacazzi”. Forse è per questo che un produttore cinese di campanelli wireless ha deciso di chiamarli “Cacazi“?

LUPILU

La catena di supermercati Lidl colpisce ancora. Ha lanciato una linea di prodotti per bambini, chiamandola – chissà perché – Lupilu. Sembra una trovata di Antonio Albanese: “Cchiù pilu pi’ tutti!”. Nei dialetti meridionali, “pilu” indica il sesso femminile.

 

VINCULUM

Voleva essere un vincolo, cioè un legame forte. Ma questo chip elettronico, Vinculum, prodotto nel Regno Unito, in italiano assume un significato di tutt’altro genere. Diventa, insomma, un componente minaccioso: un hardware molto… hard.

 

MERDA

Quale potrebbe essere il peggior nome per un alimento? “Merda” sarebbe senz’altro in vetta alla classifica. Eppure. In Polonia c’è una ditta avicola che si chiama proprio così: Merda. Sarebbe una pessima idea se decidessero di esportare i loro polli in Italia, Francia o Spagna… Il motivo del nome? L’azienda, come spiega il sito ufficiale, è stata fondata nel 1990 da Florian Merda.

… E in altre lingue

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SESSO

FITTA
Nel 2001 la giapponese Honda produsse una nuova auto compatta, la Fit. Che fu lanciata in Europa con la variante “Fitta”: la casa nipponica, però, scoprì presto che in Svezia, Norvegia e Danimarca quel nome significa “fica”. Da allora l’auto è nota in Europa col più spendibile nome di Honda Jazz.

IPHONE7
Quando, l’anno scorso, Apple ha lanciato l’iPhone7 sul mercato orientale, aveva un enorme problema da risolvere: in cantonese, la lingua parlata a Hong Kong, il numero 7 “sette” (柒) si pronuncia “tsat”, che ha lo stesso suono di un termine gergale che significa “uccello” (nel senso di “pene”). Così, il suo slogan “This is 7” (Questo è il 7) in cantonese diventava “Questo è l’uccello”. I traduttori ne hanno tenuto conto, a costo di rendere lo slogan molto ridondante nella versione in cantonese: “Questo è precisamente iPhone7”, ma questo non li ha messi al riparo dalle ilarità sui social network.
Anche la Samsung era cascata nell’equivoco quando aveva lanciato il “Note 7”: in cantonese suona “bastone del cazzo”.  

PINTO
Negli anni ‘70, la Ford introdusse un nuovo modello, la Pinto, nel mercato brasiliano. La parola designa un cavallo bianco a chiazze di altri colori. Non aveva fatto i conti, però, col fatto che quella parola in portoghese è un termine gergale che significa “cazzo”. Dopo qualche tempo, quando si accorse della gaffe, modificò il nome della vettura in Corcel (cavallo, in portoghese).

LOCUM
Nel 1991, una società immobiliare svedese, la Locum, inviò ai propri clienti internazionali una cartolina con gli auguri di Natale. Per dare un tocco di affettività, trasformò la “O” del proprio nome (scritto minuscolo) in un cuore. Il risultato fu involontariamente comico: in inglese il suo marchio si leggeva “I love cum”, ovvero “Amo lo sperma”.

FOLLADOR
Qui in Italia è uno dei vini più noti e blasonati. Ma in Spagna, il prosecco Follador è visto sotto tutt’altra luce: quel termine, infatti, in spagnolo significa “scopatore” (da follar, scopare). Non sappiamo se questo nome abbia suscitato problemi (oltre che ilarità) nei mercati di lingua spagnola, ma sarebbe difficile cambiare etichetta trattandosi di un cognome (e comunque in Italia i vini con nomi volgari hanno successo, come raccontavo qui).

LACROSSE
Si può chiamare una vettura sportiva di lusso con un nome che richiama l’auto…erotismo? Nel 2004 la General Motors lanciò la Buick LaCrosse: un modello che esiste ancora oggi. Peccato, però, che nel Quebec francofono (Canada) il termine, nel gergo giovanile significa fregatura e anche sega (nel senso di masturbazione).

INSULTI

LUMIA
La Nokia lanciò nel 2011 una gamma di smartphone chiamandoli Lumia, che in finlandese significa “neve”. Non aveva fatto i conti col fatto che quel termine in spagnolo significa puttana. Incredibilmente, però, il nome è stato mantenuto anche quando Nokia è stata acquistata da Microsoft: l’ultimo modello è stato lanciato nel 2016.

PUFFS
I fazzoletti di carta Puffs (soffi, sbuffi) sono stati lanciati negli anni ‘50 negli Usa, dalla multinazionale Procter & Gamble. Ma quando sono stati introdotti nel mercato tedesco, è nato qualche problema: in tedesco, “puff” significa bordello, casa d’appuntamenti. E anche nel mercato inglese non è andata tanto bene, dato che il termine, in slang, significa frocio.

PAJERO
Nel 1982 la giapponese Mitsubishi lanciò un fuoristrada chiamandolo “Pajero”: una vettura che esiste tuttora. Il nome era un omaggio al Leopardus pajeros, ovvero il gatto delle pampas, un felino che vive in America Latina. Ma in spagnolo quella parola significa segaiolo: così, nei mercati di lingua spagnola il fuoristrada è stato ribattezzato Montero (cacciatore montano) e negli Usa Shogun. 

F.U.C.K.S.
Nel 2020 la Subaru ha presentato un nuovo modello con un lungo nome: Forester Ultimate Customized Kit Special la cui sigla è F.U.C.K.S. Peccato che l’acronimo, in inglese, significa “fotte”. Dopo che si sono scatenate le ironie sul Web, la casa giapponese ha dovuto scusarsi.

ESCREMENTI

SCHLITZ
Negli Usa, la birra Schlitz è uno dei marchi più storici nel settore: fu fondata nel 1849 da August Krug e poi acquistata da Joseph Schlitz, da cui prese il nome. Ed è diventato un marchio conosciuto nel mondo. Suo malgrado, però, ha suscitato ilarità in Germania dove il termine significa “fessura”, anche nel senso di vulva.

CALPIS
Calpis è il nome di una bevanda analcolica giapponese, ottenuta dalla fermentazione del latte. Fabbricata fin dal 1919, per gli anglofoni il suo nome (derivato dall’unione di cal, calcio, e pis, burro in sanscrito) non evoca tanto lo yogurt quanto… la piscia di vacca: la sua pronuncia in inglese, infatti, ricorda quella di “cow piss”.

MR2

La Toyota MR2 è un’autovettura sportiva prodotta dalla casa automobilistica giapponese Toyota in 3 serie principali dal 1984 al 2007. La sigla sta per Mid-engine, Rear-wheel Drive, 2 Seats, ovvero  motore centrale, trazione posteriore e due posti. In francese, però, quella sigla ha la stessa pronuncia di “merde” o di “emmerdeur” (rompicoglioni).

GPT
Nel 1988, la General Electric si era unita alla britannica Plessey, creando un gigante delle comunicazioni. In seguito alla fusione, fu creato l’acronimo GPT (Gec Plessey Telecommunications). Peccato che in francese quella sigla si legge “Je pe te”, ovvero “J’ai pété”, “Ho scorreggiato”. Dal 1998 la società ha cambiato nome in “Marconi communications” e infine Telent: non per colpa dell’acronimo, ma perché nel frattempo è stata comprata prima dalla Siemens e poi dalla Ericcson.

KRÄPP
Come poteva chiamarsi una carta igienica in Svezia? Kräpp, che in svedese significa “carta”. Peccato però che in inglese la parola cacca (“crap”) abbia quasi la stessa grafia e pronuncia. Se fosse stata lanciata sul mercato anglosassone, avrebbe fatto una figura… di m.

MIST STICK
Nel 2006, la società statunitense Clairol lanciò un ferro arricciacapelli chiamandolo “Mist stick” (stecco a vapore). Ma in tedesco quel nome suscitò l’ilarità: “mist” significa infatti “merda”. Lo stesso è accaduto a Estée Lauder con un fondotinta chiamato “Country mist”.

PSCHITT!
Questo nome è un’onomatopea: riproduce lo sfiatare del gas quando una bottiglia viene aperta. E infatti designa una bibita gasata – al gusto di limone o di arancia – celebre in Francia, creata dalla Perrier nel 1954 (e ora in mano a Roxane). Anche in questo caso, l’assonanza con l’inglese “shit” (merda) la rende non esportabile nei Paesi anglosassoni.

SHITO
E’ questo l’infelice nome di una salsa piccante tipica del Ghana: nei Paesi anglosassoni, infatti, ricorda terribilmente la parola “shit”, merda. Il nome designa di per sè il pepe, ma la Shito per antonomasia è una salsa di pesce (gamberi, pesce essiccato o crostacei), olio vegetale, zenzero, pomodori, aglio, peperoni e spezie. A un inglese farebbe passare l’appetito. 

 

Ringrazio quanti hanno arricchito questa lunga lista con le loro segnalazioni: Licia Corbolante (Pom’pin, Inkulator, Fessenger, Chiapple); WordLo (Quinotto); Eugenio Tafazzi, Carlo T. (Belin e Belino), Suomitaly (Popo), Lorenzo Tomasin (Kha Gai, Azzo), Rosa Cangiano (Bookeen), WordLo (collon), Olivier (Culinea), Nevio Gentile (Melda), Cinzia (Follador), Paolo Attivissimo e i suoi followers su Twitter, JHack.

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