cibo | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Sat, 26 Oct 2024 14:18:37 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png cibo | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 I ristoranti più sfacciati del mondo https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/ https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/#comments Tue, 31 Jul 2018 08:00:51 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14434 La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella… Continue Reading

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I documenti ufficiali delle società “Kaka Kazz” e Skassa Kazz” dell’imprenditore pugliese Luigi Aseni.

La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella che gestirà il locale Mango si chiamerà “Mango Pu Kazz“.
La storia è stata scoperta da Milena Gabanelli, per la rubrica DataRoom del “Corriere della Sera”. Mi ha divertito, e allora mi sono chiesto se fosse l’unica del genere. Non lo è: in giro per il mondo – in Europa ma anche in Asia, Africa, America e Oceania – ho trovato 21 negozi, per lo più ristoranti, con nomi volgari. Dalla “Cantina baldracca” (Lisbona) alla società di import “Pirla” (Berlino). Dunque, il mondo è pieno di società del Kazz
.
Ma prima di mostrarvi la lista di questi locali, una domanda sorge spontanea: che cosa scatta nella testa degli italiani che aprono attività all’estero? Perché si affidano a un linguaggio da Cinepanettoni per i loro business?

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BEFFA, MARKETING E NOSTALGIA

Il fenomeno è interessante, oltre che divertente. E ha varie ragioni. Innanzitutto, quando siamo all’estero, cadono i nostri tabù linguistici: gli stranieri non capiscono le parolacce italiane, quindi le diciamo in libertà, senza preoccuparci di scandalizzare  o di indignare qualcuno. Insomma, un bello sfogoE permette di esprimere le proprie emozioni in modo schietto e immediato,in un momento carico di passioni: quando si apre un’azienda si è eccitati per l’avventura, preoccupati per il suo successo, ispirati per trovare nuove strade, arrabbiati per i contrattempi…

Negozio di ottica a Pamplona (Spagna), in Calle del Vínculo. L’accento, dunque, cade sulla “i”: ma se cade sulla “u”, l’insegna acquista ben altro senso. 

E al tempo stesso, usare un nome, un’insegna scurrile è anche uno scherzo, una beffa: immaginate di essere allo sportello della Camera di Commercio britannica e di dire ad alta voce (o scrivere) il nome della vostra società: “Mango Pu Kazz limited”. Tanto l’impiegato non sarà in grado di capirne il significato: riderete alle sue spalle. Una goliardia di contrabbando, una provocazione mimetizzataInfatti nel Regno Unito non se n’è accorto nessuno, e l’attività imprenditoriale di Aseni è stata anche premiata. Ma quando alcuni fornitori italiani si sono visti arrivare fatture intestate alla società “Skassa Kazz”, hanno strabuzzato gli occhi: pensavano fosse uno scherzo, un falso.
E quando un nome simile finisce addirittura in vetrina, su un’insegna, all’estero diventa un’allusione, un messaggio in codice: un italiano, vedendo un ristorante che si chiama “Cantina baldracca” farà una risata. E ne sarà anche incuriosito: il messaggio è rivolto a lui, che è in grado di capirlo anche a migliaia di km dall’Italia. E, tutto sommato, è anche un modo di esprimere la nostalgia dell’Italia.
Dunque, anche questo è marketing: una parolaccia attira sempre l’attenzione. A maggior ragione in un luogo dove non viene detta perché si parla un’altra lingua. E così molti italiani entrano per curiosità o si fanno fotografare davanti all’ingresso.
In giro per il mondo ho scoperto una dozzina di attività con un nome che in Italia sarebbe decisamente improponibile. Sono per lo più ristoranti, bar e fornitori di alimentari, a testimonianza che il cibo muove le nostre passioni. Unica eccezione, un negozio di vestiti.

Ecco la lista dei 21 ristoranti più sfacciati del mondo (tutti verificati).
Se ci andate, fatevi raccontare la loro storia… e condividetela nei commenti

CANTINA BALDRACCA

A Lisbona (Portogallo). E’ una pizzeria italiana, sicuramente fondata da nostri connazionali.
Sul suo menu ha scritto uno slogan in rima: “Cantina Baldracca, quando a fome ataca”, ovvero: “Cantina Baldracca, quando colpisce la fame”.

 

 

 

Pagina internet su TripAdvisor

BISCHERO

A Ginevra (Svizzera). E’ una focacceria italiana, probabilmente fondata da toscani. Prepara anche lasagne, piadine e parmigiana. Probabilmente gli svizzeri ticinesi capiranno il nome, ma quelli di lingua francese non immagineranno che è un insulto.

Sito ufficiale

CHE CULO!

Phnom Penh (Cambogia). La spiritosa  insegna campeggia su un cocktail bar che serve anche hamburger, poco lontano dalle rive del Mekong. Non ho trovato informazioni sulla sua storia, ed è un peccato: i suoi gestori hanno fatto un bel viaggio per aprire un locale in una cultura molto diversa dalla nostra.

Pagina Internet su TripAdvisor

ROTTINCULO

Dublino (Irlanda): il termine, come noto, può significare sia “fortunato” che “omosessuale” (in senso spregiativo). Chi ha fondato il locale, che nel frattempo ha chiuso, voleva con tutta probabilità puntare sul primo dei due significati: un modo spiritoso di evocare la buona sorte. Il locale era un ristorante italiano, e preparava diversi piatti  siciliani.

Sito su Facebook

COL ‘CACCHIO

Cape Town (Sud Africa). E’ una catena di pizzerie in Sud Africa. Un cliente ha raccontato così l’origine del nome:
I
l titolare si era rivolto a un italiano per avere consigli su come fare una buona pizza e quando e quanto far lievitare l’impasto. L’italiano, sicuro che il proprietario del ristorante non sarebbe mai riuscito a fare una pizza come quella partenopea, disse: Col cacchio che farai un’ottima pizza! Il ristoratore, raccogliendo la sfida, non solo fece una buona pizza, ma volle chiamare il suo ristorante “Col Cacchio”.

Sito Internet ufficiale 

IL BORDELLO

Londra (Regno Unito). Il locale offre piatti della cucina italiana. E’ un ristorante-pizzeria di grandi dimensioni e il suo nome evoca le case di tolleranza, altrimenti dette “casini”. Il menu prevede vari piatti tipici, dalla caprese alla bruschetta; ma ha una grave lacuna, visto il nome del locale: mancano gli spaghetti alla puttanesca.

Sito Internet ufficiale 

TERRONI

Toronto (Canada). Tutto è iniziato con un negozio che vendeva cibi italiani. Poi è diventato una pizzeria, e oggi è una catena di 8 ristoranti che offrono cibi italiani. Inutile dire che il gruppo è stato fondato da due immigrati italiani d’origine meridionale.

Sito Internet ufficiale 

LA FIGA

Londra (Regno Unito). Il locale, un ristorante di specialità italiane, è stato fondato da un italiano goliarda, che ha osato l’inosabile. Tanto, chi lo capisce? Su Tripadvisor, infatti, un utente, alla fine di una recensione, scrive: “What does La Figa mean?” (cosa significa La Figa?).
Sul Web le recensioni dei nostri connazionali sono quasi tutte positive, e le battute si sprecano: “W la figa!”, “Non è un ristorante del cazzo”, “Sono curioso di entrarci dentro” e “Quando arriva il conto sono cazzi”.
Il nome, per quanto osè, è comunque diffuso nel mondo: c’è una pizzeria “La figa” a Rio de Janeiro (Brasile) e  un “Cafè Figa” a Viña del Mar (Cile) .

Sito Internet ufficiale

PIZZA CAZZO

Golbey (Francia). Il ristoratore ha scelto un nome provocatorio ma musicale, perché basato su un’allitterazione (cioè la ripetizione di lettere: -izza -azzo). Il locale si trova in una piccola città nella Francia orientale, e l’ho inserito qui per “par condicio” dopo il locale precedente. Le poche recensioni sul Web non sono positive.

Segnalazione su un portale di ristorazione 

 

FACCIA DI CULO JEANS

Hong Kong (Cina). E’ l’unico locale di questa lista che non sia un ristorante. Il negozio di abbigliamento è stato fondato da un italiano, Oreste Carboni, che ha ideato il marchio dopo essersi stabilito a Hong Kong (ha sposato una donna cinese). Su Flickr alcuni hanno commentato: “Gli spedisco subito il curriculum, anzi: il curriculo”. Ma il negozio è stato chiuso anni fa.

Segnalazione su Flickr 

LA ZOCCOLA DEL PACIOCCONE

Amsterdam (Paesi Bassi). Il nome è lungo e composito. Ma non per attenuare l’impatto del termine “zoccola”, bensì perché il locale – una pizzeria con forno a legna – è attigua a un altro ristorante, che si chiama per l’appunto “Il pacioccone”. Il locale si trova in un vicolo del centro storico.

Segnalazione su un sito turistico

CULO DEL MONDO

Werdohl (Germania). Il nome lo trovo davvero spiritoso, anche se sarebbe stato più appropriato in Cambogia o in Nuova Zelanda invece che nel cuore d’Europa, nella Germania nord occidentale. Ma tant’è: comunque, a dispetto del nome, il ristorante non sembra il tipico angolo d’Italia all’estero: le recensioni raccomandano le sue bistecche.

Segnalazione su TripAdvisor

VAFFANCULO

Buenos Aires (Argentina). “Il vero sapore della gastronomia italiana: Vaffanculo Cantina Italiana”. Più che uno slogan, sembra uno sfogo rabbioso… Ma tant’è. Il locale propone alcune specialità italiane, soprattutto i primi piatti.

Il sito ufficiale 

LA PUTTANA

Lisbona (Portogallo). Ecco un altro locale in Portogallo, dove negli ultimi anni sono emigrati diversi italiani. E questa attività commerciale è una scelta tipica: una pizzeria. L’insegna fa effetto, anche perché il termine non è così lontano dal suo equivalente portoghese (puta). Se una cameriera o la titolare del locale rispondesse al telefono, però, vivrebbe una situazione imbarazzante: “La Puttana?” “Sim” (“Puttana?” “Sì”).

Sito Internet

CHE FIGATA

Naperville (Usa). In inglese si dice “cool”. L’equivalente italiano è “Che figata”: ed è proprio così che è stato chiamato un ristorante italiano a Naperville. Certo, un nome difficile da dire per gli anglofoni, tanto che in alcuni annunci viene spiegata anche la pronuncia, per quanto a spanne (Kay / Fah-gah-tah). 

PIZZERIA STRONZO

A Santiago del Cile (Cile). Impossibile sapere la storia di questa pizzeria, abbastanza popolare a Santiago. Il titolare non sembra di origini italiane: forse ha imparato questa parola in un viaggio in Italia o da amici italiani. Ha anche lanciato cappellini griffati “Stronzo”, sovrastati dalla scritta “ingredientes naturales” (come del resto è naturale lo stronzo…). Risulta esserci un’altra pizzeria con il medesimo nome a Zurigo.

 

Pagina internet su Facebook

KAGO SUSHI

Varsavia (Polonia). L’insegna è esilarante ma tutt’altro che invitante per un italiano. Eppure il suo significato è innocente: in giapponese vuol dire “cestino di sushi”. E’ un ristorante di specialità nipponiche nel cuore della capitale polacca. E ha scatenato vari commenti ironici da parte di clienti italiani, tipo: “All you can shit” (invece di “all you can eat”); “Lo chef si chiama Urinawa Suimuri”; “Questo piatto è Ushito Nakagata”.

segnalazione su TripAdvisor

 

POMPINO

Auckland (Nuova Zelanda). Non sono riuscito a ricostruire la storia di questo locale, un caffè ristorante: se sia stato fondato a un emigrato italiano, o no, ma il fatto che in menu abbiano la pasta fa pensare di sì. Uno dei visitatori del sito ha commentato: “Dopo una mangiata al ristorante Pompino, una bella grappa Bocchino”.

segnalazione su TripAdvisor

PORCO DIO

Lleida (Spagna). E’ una pizzeria fondata, c’è da scommetterlo, da italiani. E oltre all’insegna anche il menu non lascia spazio all’immaginazione: le pizze, invece di “margherita” o “quattro stagioni”, si chiamano “vaffanculo”, “baldracca”, “coglione” e così via. La pizza raccomandata si chiama “Madonna santa”. Nelle recensioni, comunque, molti affermano che in questo locale si mangi “da Dio” (alcuni dicono di aver fatto “una cena della Madonna”).

Il sito ufficiale

GNOCCA

Las Palmas (Spagna). E’ un piccolo ristorante a Nord dell’isola Gran Canaria. A giudicare dal menu, a base di lasagne e gnocchi, i suoi gestori sono senz’altro italiani. Il nome probabilmente nasce come variante di gnocco, uno dei piatti forti del locale. Ma ovviamente strizza l’occhio al significato di vulva o anche, più in generale, di “bella donna”. 

Il sito ufficiale

BELIN

Mogan (Spagna). Il ristorante è sul lungomare di Mogan, a Gran Canaria. Si potrebbe pensare a una semplice omonimia con il termine ligure che designa l’organo sessuale maschile (e, per estensione, le persone di scarso valore intellettuale): ma il ristorante è gestito da liguri, quindi la scelta è stata decisamente consapevole

segnalazione su TripAdvisor

PIRLA

Berlino (Germania). Non si sa nulla di questa impresa, che importa cibi italiani in Germania. I suoi camion sono fotografati con divertimento dai nostri connazionali lungo le strade tedesche. Vista la scelta lessicale, la ditta deve essere stata fondata da imprenditori di origine lombarda.

Sito internet

Conoscete – all’estero – altre ditte, negozi, attività con nomi scurrili? Segnalatele nei commenti (precisando dove sono, e il loro sito Internet): aggiornerò la lista

Di questo post ha parlato la trasmissione “I Vitiello” su Radio DeeJay il 22 agosto 2019.
Per ascoltarla, cliccate sul riproduttore qui sotto:

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Cazzetti, grattaculi e tette di vergine: le parolacce a tavola https://www.parolacce.org/2015/05/10/nomi-volgari-cibi/ https://www.parolacce.org/2015/05/10/nomi-volgari-cibi/#comments Sun, 10 May 2015 09:11:14 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7395 Si può parlare di cibo e parolacce? In effetti, un legame fra alimenti e volgarità c’è: per descrivere una donna attraente, la definiamo una “bella gnocca“, e in portoghese comer (mangiare) significa anche scopare. Del resto, fu Freud a scoprire che la… Continue Reading

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Uno slogan ammiccante al sesso per pubblicizzare un cibo.

Si può parlare di cibo e parolacce? In effetti, un legame fra alimenti e volgarità c’è: per descrivere una donna attraente, la definiamo una “bella gnocca“, e in portoghese comer (mangiare) significa anche scopare. Del resto, fu Freud a scoprire che la nostra prima fonte di piacere (fin da neonati) è la bocca, attraverso il succhiare. In più, circa il 10% dei nomi del sesso deriva da metafore di cibi e vegetali (fica, finocchio, banana, fava, patata, pisello, etc), come raccontavo qui: l’aspetto degli alimenti, infatti, evoca quello dei genitali.

Insegna a Frasassi.

Ma è possibile anche il processo contrario? Ovvero: esistono cibi chiamati con nomi scurrili? Mi sono messo alla ricerca di vere “ricette immorali”, per confezionare un menu tutto all’insegna delle parolacce. Ne è venuto fuori un menu di 21 portate, dagli antipasti al dessert. Fatto di cibi realmente esistenti, nati dalle tradizioni culinarie (ops!) locali, soprattutto del Lazio. I piatti che leggerete evocano soprattutto parti del corpo (zone erogene): mangiarli significa fare una specie di rito afrodisiaco cannibale. Un modo per pregustare (o sostituire simbolicamente) un banchetto erotico.
Nel prossimo post, troverete anche un’adeguata carta dei vini da abbinare… Buon appetito!

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SALTINCULO ALLA MIGNOTTA E ALTRI PIATTI DI FANTASIA
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L’ingresso del ristorante “La parolaccia” a Roma.

Sul Web circolano diversi menu goliardici (soprattutto per i matrimoni) che elencano piatti come “sveltine alla barbona”, “ripassata di tettine alla pomiciona”, “smaneggiata di chiappe alla veneziana”: ma sono pietanze del tutto inventate, giusto per strappare una risata.
Nemmeno al celebre ristorante “Da Cencio La parolaccia” di Roma ci sono piatti volgari
: questo locale è chiamato così dal 1951, perché durante i pasti i camerieri intonano canzoni popolari sboccate, intrattenendo i clienti. Ma il menu è a base di comuni piatti della tradizione romana, dall’amatriciana all’abbacchio.

Solo in un film del 1981, “Fracchia la belva umana“, il regista Neri Parenti reinventò fantasiosamente questo locale – ribattezzandolo trattoria “Da Sergio e Bruno – Gli incivili” – nel quale si offriva, oltre a una serie di insulti ai clienti, anche un menu sboccato, a base di “saltinculo alla mignotta, piselloni alla mandrillo e fagioli alla scureggiona” (vedi spezzone qui sotto). Anche questi, però, sono piatti inesistenti.

ANTIPASTI

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Cazzimperio con sedano, rape e peperoni (foto rossella/Shutterstock).

CAZZIMPERIO:  è una salsa a crudo, diffusa a Roma, fatta con olio d’oliva, sale e pepe, in cui si possono intingere ortaggi crudi (sedano, carote, carciofi). Insomma, il celebre pinzimonio: ma che c’entra l’organo sessuale maschile? In realtà nulla: è solo un’assonanza, dato che il termine deriva da cazza (mestolo), che peraltro è una delle possibili etimologie del termine cazzo. Lo stesso ragionamento vale per un piatto di verze e maiale della tradizione lombarda, la cazzuola (cassoeula): anche in questo caso il termine evoca il mestolo.

 

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Cazzilli di patate.

CAZZILLI DI PATATE. Sono un piatto della cucina palermitana, e si gustano solitamente insieme a pane e panelle (frittelle di farina di ceci): un tipico piatto da “strada”. I cazzilli (così chiamati per la loro forma fallica) sono crocchette: purea di patate bollite e schiacciate, condite con sale, pepe, prezzemolo, foglioline di mentuccia fresca e un pizzico d’aglio tritato; il composto viene amalgamato e ridotto in piccoli tocchi, e poi fritto in un padellone colmo d’olio bollente.

PRIMI PIATTI

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Spaghetti alla puttanesca.

SPAGHETTI ALLA PUTTANESCA:  è un piatto napoletano, detto anche “aulive e cchjapparielle” (olive e capperi). Gli spaghetti sono preparati con un sugo a base di pomodoro, olio d’oliva, aglio, olive nere di Gaeta, capperi e origano. Esiste anche una variante laziale con l’aggiunta di acciughe sotto sale. Sull’origine del nome, tante congetture e nessuna certezza: vista l’estrema semplicità e povertà del piatto, forse era davvero diffuso nei bordelli.

Pasta alla checca.

PASTA ALLA CHECCA:  è un piatto romano, una semplice pasta al sugo con olive e aromi, tra cui prezzemolo, basilico, pepe e semi di finocchio. Ed è proprio la presenza di questi ultimi ad aver dato il nome alla ricetta, nata alla fine degli anni ’60.

 

 

Bigoli

Bigoli appena impastati.

BIGOLI: da baco, vermicello. I bigoli sono una pasta fresca lunga e sottile, a base di farina integrale. Il termine, nel Nord Italia, designa anche il membro virile (ed è usato come sinonimo di “persona sciocca”). Simili ai bigoli sono anche i “pici” toscani, ma non derivano da “picio” (piccolo, membro virile), bensì dal fatto che la farina è appiccicosa essendo composta da farina, uova e acqua.

 

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Un piatto di cazzetti d’angelo.

CAZZETTI D’ANGELO: è una pasta di forma fallica. Il loro nome ricalca (in termini osceni) i capelli d’angelo, spaghetti finissimi. Forse in origine i cazzetti avevano una forma vagamente fallica, fino a quando qualcuno ha pensato di renderli più espliciti, riproducendo in modo più preciso l’organo maschile (completo di zebedei). Difficile ricostruire la provenienza: molti siti li descrivono come originari di Roma. Forse si sono diffusi come souvenir per turisti stranieri goliardici.

 

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Fichette tricolori.

FICHETTE TRICOLORI: sono nate sicuramente dopo i cazzetti, come operazione di marketing complementare (potremmo dire per “par condicio”). La pasta riproduce, nei limiti possibili dell’impasto, l’anatomia della vulva.

 

 

 

 

PISAREI E FASÖ: sono gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo a base di fagioli, lardo, cipolla e pomodoro. E’ una ricetta piacentina: il nome “pisarei” deriva infatti dal termine dialettale “pisarell”, piccolo pene, per la loro forma fallica.

 

 

 

GNOCCHI MERDA DE CAN: sono gnocchi verdi con patate, bietole e un uovo (opzionale) a cui si aggiunge un po’ di farina. Sono in piatto tipico di Nizza, in Francia, dove la cucina è influenzata da quella ligure. La loro dimensione è piuttosto precisa, con una lunghezza di circa 6 centimetri per un paio di diametro: di qui il soprannome. Sono usati come contorno: ricoperti da una salsa al pomodoro, zafferano ed erbette aromatiche (Sauce Daube), utilizzata come saporito intingolo per una ricetta di carne, la Daube à la Provençale.

SECONDI PIATTI

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Palle del nonno.

PALLE DEL NONNO: è un salame di maiale, originario della zona di Norcia. Deve il suo goliardico nome alla forma dell’insaccato: ricorda i testicoli cadenti degli anziani.

 

 

 

 

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Coglioni di mulo.

COGLIONI DI MULO: questo insaccato (un salame di maiale con un cilindro compatto di lardo) è originario della zona di Campotosto (Abruzzo), e il nome ha un’origine simile alla precedente: la forma ricorda i grossi testicoli di un mulo. E’ noto anche come “mortadella di Campotosto” e ha oltre 500 anni di storia.

 

 

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Culatello di zibello e burrata.

CULATELLO DI ZIBELLO: è un salume Doc della zona di Parma. E’ fatto con la parte migliore del lombo di maiale. Il suo nome è un diminutivo di “culo”, anche se in realtà questo salume è ricavato dai muscoli posteriori ed interni della coscia del suino, rifilati fino ad ottenere la classica forma a “pera”. In alternativa al culatello si può proporre la culatta: un culatello con cotenna.

 

 

 

Un bel piatto di zizzona.

ZIZZONA: in dialetto campano, il termine significa “tettona“. E infatti questa mozzarella è un formaggio extra large tipico della zona di Battipaglia (Salerno): pesa da 1 kg a 15 kg.E’ una variante della “mozzata” di bufala di Battipaglia, una grossa mozzarella di 5 kg: è chiamata così per il latte che ne fuoriesce una volta tagliata, e soprattutto perché somiglia ad un seno di donna con tanto di capezzolo al centro. La zizzona, prima nota solo a livello locale, è diventata celebre grazie al film “Benvenuti al Sud” (2010): ora è diventata un marchio registrato (ma non un marchio Dop perché pesa più di 800 grammi), e ha ispirato il Festival della Zizzona, ricco di eventi goliardici compresa l’elezione di “Miss Zizzona”, una giovane ragazza dal seno prorompente.

CAZZOMARRO: è un piatto pugliese, diffuso anche in Basilicata. Si tratta di un involtino che contiene interiora di agnello o capretto (cuore,  fegato, polmoni e aanimelle). Si mangia cotto al forno o alla brace, accompagnato da patate, verdure o funghi. A dispetto delle apparenze, il nome non deriva dalla forma fallica dell’involtino: deriva invece dalla parola dialettale “cazzare” ossia schiacciare (nella ricetta le interiora vengono schiacciate per valorizzare al massimo profumi e gusto) e dal latino “marra”, ossia mucchio di sassi (l’involtino ricorda le pietre).

 

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Un piatto di brandacujun.

BRANDACUJUN: è un piatto tipico della cucina ligure, a base di patate e stoccafisso. Lo stoccafisso è lessato con patate in acqua salata; una volta scolata l’acqua, si aggiungono aglio, prezzemolo, olio extravergine di oliva taggiasca, succo di limone, sale, pepe; poi, una volta posto il coperchio sulla pentola, questa viene “brandata” ovvero scossa con energia fino al disfacimento e all’amalgamazione degli ingredienti.  La tradizione narra che fosse una preparazione tipica dei navigli liguri: “Branda, cujun! Branda, che ciu ti u brandi ciu u l’è bon!” (Scuotilo, coglione! Scuotilo che più lo scuoti più è buono!). Oppure, più probabilmente, l’espressione può alludere alla noia di mantecare il pesce: una procedura che “branda i cujun”.

 

Il pollo cucito con dentro la farcitura.

POLLU CUSUTU ‘NCULU (POLLO CUCITO NEL CULO): è un piatto tipico della zona di Copertino (Lecce). Ed è diventato celebre grazie a una canzone trash di Checco Zalone, che l’ha usato per fare una parodia dello stile musicale dei Negramaro: trovate il video alla fine di questo articolo. Qui la ricetta: è un pollo ripieno, che è insaporito col peperoncino. Si prende un pollo, lo si priva delle interiora che vengono rosolate in olio con aglio, cipolla e prezzemolo, con l’aggiunta di vino, capperi e pomodorini. Alle interiora cotte si aggiungono pane bagnato, formaggio e uova intere. Il composto è infilato dalla parte posteriore del volatile, che poi viene cucita con filo di cotone. Il pollo viene cotto in padella a fuoco basso per un’ora e mezza, aggiungendo cipolla, pomodori e vino bianco.

 CONTORNI

grattaculi

Grattaculi appena colti.

GRATTACULI: sono i tanni, spighette che nascono sopra le piante delle zucchine. Di queste piante vengono presi i tanni più teneri, formati da foglie, rametti cavi e steli cui sono ancora attaccati fiori in boccio e zucchine di varie dimensioni. Hanno ha un sapore deciso e amaro, esaltato dalla cottura con olio ed aglio. Sono diffusi nel Lazio e ribattezzati con l’appellativo di grattaculi per evocare il fastidio che possono dare al deretano di chi si china a raccoglierli.

 

DESSERT

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Due versioni di “tette di vergine””: sopra con pasta frolla, sotto con marzapane.

TETTE DI VERGINE (MINNI DI VIRGINI): sono un dolce tradizionale di Sambuca di Sicilia (Agrigento), fatto di pasta frolla e con un ripieno di crema di latte,zuccata, scaglie di cioccolato e cannella. Le minni – strano a dirsi – sono nate nei conventi delle suore di clausura: non hanno intenti erotici, perché con tutta probabilità ricordano il martirio di Sant’Agata, siciliana uccisa nel 251. Non volendo rinnegare la fede cristiana, Agata fu imprigionata e le fu strappato il seno con le tenaglie, tanto che spesso è raffigurata coi i seni recisi deposti su un piatto.

 

 

Le sise delle monache.

SISE (TETTE) DELLE MONACHE: è un dessert tipico tipico abruzzese prodotto a Guardiagrele, in provincia di Chieti. Sono dolci composti da due strati di pan di spagna, farciti da crema pasticcera. Sono chiamati in questo modo perché la loro forma ricorda quella dei seni. Ma invece di due mammelle, sono 3, e questo fatto è stato spiegato in vari modi: secondo una leggenda, deriva dall’abitudine di alcune suore abruzzesi che inserivano al centro del petto una protuberanza in modo da rendere meno evidenti i loro seni. Ma è più probabile che la loro forma riproduca i tre monti più alti della regione: il Gran Sasso d’Italia (2912 m), la Majella (2793 m) e il Sirente-Velino (2487 m). Non a caso, il dolce è conosciuto anche con il nome di Tre monti.

 

FRUTTA

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Una pesca “poppa di Venere”.

POPPA DI VENERE: è una varietà antica di pesca, d’origine italiana. Il  frutto è grosso e tondeggiante e appuntito sul fondo: proprio per questo ricorda un capezzolo. Il frutto ha polpa bianca con venature rosse al nocciolo è molto succos e profumatissima. Matura nella prima quindicina di settembre e si conserva solo per breve tempo.

 

 

BASTARDUNA: sono i frutti del fico d’India coltivati nella zona di Calatafimi Segesta, in Sicilia. Sono frutti più grossi del normale ottenuti attraverso una tecnica colturale chiamata “scozzolatura”. All’inizio dell’estate, subito dopo la fioritura si procede alla eliminazione di tutti i fiori e delle pale più giovani; l’opunzia, stressata, farà una seconda fioritura con un minor numero di fiori dai quali matureranno frutti tardivi, dalle pregiate caratteristiche organolettiche. Così, maturati in un periodo più piovoso, più radi e dunque più grossi. I bastarduna sono inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

 

 

E ora è il turno delle bevande: il pranzo sboccato continua qui. Cin cin!
Nel frattempo, se volete fare due risate, ecco il video di Checco Zalone con la canzone sul “pollo cusutu ‘nculu”:

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