Cina | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Sat, 26 Oct 2024 14:18:37 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Cina | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Parolacce: la “Top ten” del 2018 https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/ https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/#respond Tue, 01 Jan 2019 11:00:21 +0000 https://www.parolacce.org/?p=15051 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.Come per le precedenti… Continue Reading

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La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?

DIPLOMAZIA ADDIO

«Perché facciamo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?».

DONALD TRUMP, presidente degli USA

Washington, Casa Bianca, 11 gennaio

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IL FATTO

La lettera di protesta dell’Unione Africana.

Il presidente Donald Trump incontra alcuni membri del Congresso nello Studio Ovale. A parlamentari e senatori che gli chiedono di non togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, Trump ha risposto con la frase: “Perché stiamo facendo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?”. In inglese shithole è letteralmente il “buco per la merda”, ovvero la latrina.
Appena la notizia si è diffusa, sollevando un’ondata di indignazione, Trump si è affrettato a ridurne la portata:  ha ammesso di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. “Gli Stati Uniti – ha cercato di correggersi – sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ‘da paesi ad alta criminalità e messi male”.
Ma ormai la frittata era fatta, con conseguenze planetarie:  il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti; El Salvador ha chiesto ufficialmente “rispetto” al presidente americano; l’ambasciatore americano a Panama, John Feeley è arrivato a dimettersi per la vergogna.
Ma non è tutto: l’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. “L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento”, ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sul caso. Gli ambasciatori africani hanno espresso “preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore” e hanno condannato “le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti” reclamando “che vengano ritrattate”.

Il Trump hotel con la scritta “Shithole”.

Sferzante il commento dell’ex presidente del Messico, Vicente Fox: “la tua bocca è il cesso più schifoso del mondo. Con quale autorità proclami chi è il benvenuto in America e chi no? La grandezza dell’America è costruita sulla diversità, o hai dimenticato il tuo passato di immigrato, Donald?”.
Ma c’è chi non si è limitato alle parole. Robin Bell, un artista, ha proiettato un messaggio luminoso sul Trump International Hotel di Washington. Nel messaggio si legge proprio “shithole”,” (“Non sei un cittadino di Washington? Hai bisogno di un posto dove stare? Prova il nostro cesso. Questo posto è un cesso”).

CHI LA FA, L'ASPETTI

Fa il dito medio agli autovelox: condannato a 8 mesi di carcere

Timothy Hill, manager

Grassington (UK), 24 aprile 2018  

 

 

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IL FATTO
Timothy Hill, 67 anni, è il manager di un’azienda britannica che vive a Grassington. Stufo di dover fare i conti con gli autovelox sparsi lungo le strade del North Yorkshire, ha montato sulla sua auto un dispositivo antilaser, capace di confondere i sensori dei rilevatori di velocità. Così, sicuro di farla franca, tutte le volte che passava davanti a una telecamera di un autovelox, gli esibiva il dito medio in un gesto di scherno. Non sapeva, però, che quegli apparecchi erano dotati anche di fotocamera. E la posa non è passata inosservata agli agenti della polizia locale, che dalla targa della sua Range Rover sono riusciti lo hanno identificato con facilità.E i giudici non hanno avuto scrupoli nel condannarlo: gli è stata inflitta una pena di 8 mesi di reclusione più la revoca della patente per un anno, per aver tentato di ostacolare il corso della giustizia. «Se vuoi attirare la nostra attenzione, gesticolare ripetutamente ai furgoni della polizia con il tuo dito medio mentre guidi un’auto dotata di un antilaser è un ottimo modo per farlo. Ed è anche un ottimo modo per finire in prigione», ha dichiarato alla stampa un agente della polizia stradale. Che, però, alla fine non è riuscita a rilevare la velocità dell’auto: magra consolazione.
 

LA PRIMA PAGINA PIÙ VOLGARE

Ma vaffancrucco

quotidiano “Il Tempo”

26 maggio 2018

 

 

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IL FATTO
 Sono passati quasi 3 mesi dalle elezioni, e ancora l’asse Movimento 5 stelle-Lega non è ancora riuscito a formare il governo. Ma nel frattempo non risparmia stoccate verso l’Unione Europea.

L’articolo dello “Spiegel” sugli scrocconi.

In quei giorni, al culmine del braccio di ferro, il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica online un articolo intitolato “Gli scrocconi di Roma”. Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione – si legge nel pezzo – che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente“, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto, rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola».

La copertina di “Woche” sull’Italia.

E sulla copertina di “Woche” l’inserto del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, è apparso il titolo “Mamma mia!”, sul disegno di un’apecar con la bandiera italiana (e coi simboli di Lega e M5s) che precipita in un burrone, mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello. Sottotitolo: «Perché l’Italia è la grande bambina problematica dell’Europa”.
Di fronte a queste prese di posizione, il quotidiano “Il tempo” rilancia, sparando in copertina il titolo: “Ma vaffancrucco”. Un doppio insulto: una maledizione (il vaffa) con l’aggiunta di uno spregiativo etnico contro i tedeschi (crucco).
Un modo estremo, scrive il giornale, per reagire a un “disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico”. L’articolo si conclude con un colpo di clava: il giornale invita i tedeschi a rivedersi il film “La grande guerra”, dove nel finale due soldati italiani danno della “faccia di merda” a un tedesco che voleva costringerli a rivelare la strategia del nostro esercito.
Il titolo del “Tempo” entrerà nella classifica delle prime pagine più triviali, insieme alla “Patata bollente” dedicato alla sindaca di Roma Virginia Raggi (titolo peraltro condannato per sessismo dall’Ordine dei giornalisti).

 

COMUNICAZIONE BOOMERANG

«Cina Paese di merda, ignorante, sporco, puzzolente, mafia». Poi, scuse globali.

Stefano Gabbana su Instagram  

23 novembre 2018  

 

 

 

 

 

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IL FATTO
La griffe di moda Dolce & Gabbana sta promuovendo una sfilata prevista a Shanghai, in Cina. e lo fa con 3 video pubblicitari che mostrano una ragazza cinese alle prese con alcuni piatti tipici della cucina italiana: pizza, spaghetti e cannolo. In tutti e tre i casi la ragazza usa in modo goffo le bacchette, con una voce maschile fuori campo che la guida. Malizioso il video del cannolo, in cui la voce le domanda «E’ troppo grande per te?».

Un fotogramma dello spot (cannolo) di D&G.

I video (potete vederli qui) vengono subito contestati sui social network cinesi, sia per il sessismo sia perché perpetuano l’immagine dei cinesi come persone ignoranti, che usano le bacchette per mangiare anche i cibi occidentali. Le critiche fioccano anche su Instagram dall’account @DietPrada (1 milione di followers) a cui lo stesso Gabbana replica che secondo lui i video erano belli e divertenti. Ma in breve la discussione degenera: Gabbana arriva a scrivere che «la Cina è un paese di merda (scritto con gli emoji), ignorante, sporco e puzzolente e mafia».
La conversazione diventa virale, con conseguenze devastanti per gli stilisti: la loro sfilata viene annullata, e diverse piattaforme di e-commerce cinesi rimuovono i prodotti del marchio.
A quel punto non si poteva più far finta di nulla: inizialmente Gabbana ha detto che il suo account Instagram era stato hackerato. Ma la giustificazione non ha retto: nei mesi precedenti lo stilista era stato protagonista di altri attacchi sguaiati, per esempio contro Selena Gomez ed Heather Parisi. E gli stilisti non potevano permettersi di perdere il mercato cinese dove hanno 25 punti vendita. Così hanno pubblicato su YouTube un video di scuse, registrato davanti alla parete di seta rossa del loro quartiere generale. Con le facce contrite i due stilisti dicono una frase ciascuno, in un discorso di 1 minuto e 25 secondi: «In questi giorni – dice Domenico Dolce – abbiamo ripensato tantissimo, con grande dispiacere a quello che è successo e che abbiamo causato nel vostro paese e ci scusiamo tantissimo. Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell’interpretare la vostra…. Siamo sempre stati molto innamorati della Cina, l’abbiamo visitata, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci». E Gabbana non tira più in ballo gli hacker: «vogliamo anche chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo perché ce ne sono molti e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio. Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa».
Insomma, una pubblica umiliazione su scala globale: non si era mai visto un atto di contrizione di queste proporzioni. Una versione moderna del “pubblico ludibrio”, per motivi economici.
Qui sotto, il video delle scuse di Dolce & Gabbana:

 

 

BESTEMMIA PRESIDENZIALE

Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così».

 Felipe Duterte, presidente delle Filippine

22 giugno, Davao, technology summit  

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IL FATTO
Il presidente delle Filippine, Felipe Duterte, non ha riguardi per nessuno. Dopo aver insultato il papa, l’Onu, Barack Obama e l’Unione Europea (vedi il mio articolo qui), ora è riuscito ad andare oltre, insultando perfino Dio.
Il fatto è avvenuto a Davao, durante un summit tecnologico. Ospite della manifestazione, ha iniziato, fra il serio e il faceto, a dire le sue opinioni sul racconto biblico del peccato originale. Dopo aver ricordato la storia di Adamo ed Eva e del serpente, Duterte ha detto: “Tu hai creato qualcosa di perfetto, e poi pensi di creare un evento per tentarlo e distruggere la qualità del tuo lavoro. Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così. Quella era l’azione di tua madre e tuo padre, non eri ancora nato, ma ora hai il peccato originale. Che tipo di religione è?  Questo non posso accettarlo, è un’affermazione molto stupida».
La sua sparata, detta in modo pacato, come una chiacchiera tra amici al bar, ha creato sconcerto in un Paese dove oltre il 92% della popolazione è di fede cristiana. Perfino diversi suoi alleati hanno preso le distanze.
Il vescovo di Sorsogon Arturo Bastes  ha attaccato il capo di Stato:  «La tirata di Duterte contro Dio e la Bibbia rivela che si tratta di uno psicopatico, una mente anormale che non avrebbe dovuto essere eletta come presidente della nostra nazione civile e cristiana»  e ha esortato i filippini a pregare per mettere fine alle sue «affermazioni blasfeme e le tendenze dittatoriali». «Come può essere un presidente per tutti i filippini se non rispetta i fedeli cattolici?», ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.
Anche il Consiglio delle Chiese evangeliche delle Filippine ha definito “assolutamente inappropriato per il presidente della nostra nazione maledire in modo beffardo il Dio della fede cristiana che è profondamente venerato dalla maggioranza dei filippini”.
Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha difeso le esternazioni del presidente, sostenendo che abbia il diritto di esprimere le sue opinioni sulla religione. Non ha mai nascosto questo tipo di linguaggio quando correva per le presidenziali, accettate che è fatto così».
Duterte, comunque, ha un rapporto teso con la Chiesa cattolica, i cui leader lo hanno criticato per le esecuzioni sommarie che hanno caratterizzato la sua guerra alla droga.
Qui sotto, il video con le affermazioni di Duterte:

 

VAFFA PARLAMENTARE

«Per anni non ci avete cagato di striscio… Ma andatevene un pò affanculo!».

Matteo Dall’Osso, deputato M5s

Camera dei Deputati, Roma, 7 agosto

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IL FATTO
E’ agosto, e in una delle ultime sedute prima della pausa estiva alla Camera si sta discutendo il decreto di riordino dei ministeri. Fra le ipotesi in discussione c’è l’introduzione di un nuovo dicastero, quello per la Famiglia e i disabili. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (Pd) critica l’iniziativa, sostenendo che fosse un’ulteriore forma di discriminazione: “fa tornare indietro il Paese di 80 anni, significa cancellare in un sol colpo le battaglie per affermare il principio sacrosanto che i disabili sono come gli altri, solo con bisogni specifici, cui dare risposta. Non ha senso un ministero della segregazione, un ministero per differenziare le persone le une dalle altre”. Le ha risposto Matteo Dall’Osso, esponente bolognese del Movimento 5 stelle affetto da sclerosi multipla: “In uno Stato normale avrebbe anche ragione la Boschi e tutti gli interventi di prima. Ma siccome in uno Stato normale non siamo, dico che è assurdo. Come si fa a pensare… Un disabile deve essere tutelato! A noi non ci ha cagato di striscio nessuno e adesso vi ribellate perché abbiamo creato un ministero… Ma andatevene affanculo, va!”.
La frase ha suscitato vivaci proteste dal Pd e da Forza Italia. Alla fine, il ministero per la famiglia e le disabilità è nato, ma la polemica di Dall’Osso non è terminata: all’inizio di dicembre, infatti, Dall’Osso, sentendosi “solo, umiliato e tradito” dal suo partito, che aveva bocciato un emendamento che potenziava il fondo per i disabili, ha abbandonato il M5s per passare a Forza Italia.
Qui sotto, il filmato con l’intervento di Dall’Osso:

 

OFFESA ALLA BICI

«Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!».

Fabio Aru, ciclista UAE Team Emirates

12 settembre, 17a tappa della Vuelta, giro ciclistico di Spagna  

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IL FATTO
Al Giro di Spagna, Fabio Aru, un ciclista sardo di 28 anni che corre per la UAE Team Emirates, cade rovinosamente a terra alla velocità di 70 km orari. E a meno di 7 km dal traguardo. Riporta vistosi strappi alla divisa, gli esce sangue dal fondoschiena.  Si rialza a fatica, e con le lacrime agli occhi inizia a urlare: “Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!”. L’ urlo, evidenziato con un gesto delle braccia, è ripetuto tre volte in faccia a Joxean Fernández Matxin, il team manager della UAE-Emirates, e a Giuseppe Archetti, capomeccanico del team e della Nazionale.
I due restano lì ammutoliti. Poi Aru, pantaloncino e maglietta squarciati tra lombi e glutei, qualche strisciata di sangue, riparte. Chiuderà la gara all’84° posto, a 14’14” dal vincitore, il canadese Michael Woods.
Ma lo sfogo rabbioso di Aru a bordo strada è andato in mondovisione. E non è andato giù a Ernesto Colnago, titolare dell’omonima azienda di biciclette usate da Aru: «Ci sono rimasto male» ha detto. «Ho servito migliaia e migliaia di corridori e un’offesa così, in televisione, non l’avevo mai subita. Però almeno Aru mi ha chiamato al telefono ed è stato un quarto d’ ora a scusarsi. Lo capisco, perché è una stagione che gli gira tutto male e quando è così anche le galline fanno fatica a fare le uova. Però gli ho spiegato che è un professionista, che la ruota gira. Poi, non ho capito, ma se si fosse bloccato il cambio mica sarebbe caduto. Si sarebbe fermato, non caduto. Che colpa ne ha la bici?». 
Infatti la bici non c’entrava, come ha poi chiarito Matxin, il team manager della Uae: «Gli si era incastrata la catena sull’ 11 e con la mano l’ha tirata per sbloccarla e metterla sul 12. Nel guardare sotto, a 70 km all’ ora è caduto. La sua  reazione non è stata bella. Ma è stata una reazione di pancia. E’ andato giù a quella velocità, con le pulsazioni a 200. S’ è spaventato, lo capisco. Cosa avrebbe detto qualsiasi altra persona o corridore? “Caspiterina“?».
Qui sotto, il video con lo sfogo di Aru:

 

 

LO STAGE PIÙ BREVE DELLA STORIA

«Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa». Licenziata.

@NaomiH_official, su Twitter

22 agosto

 

 

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IL FATTO

E’ estate, e una giovane americana, una non meglio identificata NaomiH, twitta un messaggio di giubilo: “Everyone shut the fuck up. I got accepted for a Nasa Internship”, ovvero “Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa”.
Poco dopo, un tale Homer Hickam le risponde “Occhio al linguaggio”. Ma lei non arretra, anzi rilancia: “Succhiami l’uccello e le palle, lavoro alla Nasa” (Suck my dick and balls, I’m working at Nasa”).
Peccato che il signor Hickam non fosse un moralista qualunque: gli ha risposto infatti “E io sono nel Consiglio nazioanale dello spazio che sovrintende sulla Nasa”.
Risultato: Naomi è stata silurata dalla Nasa alla prima giornata di stage. La figuraccia su Twitter, grazie agli hastag, ha richiamato l’attenzione dell’Agenzia spaziale, che ha preferito rimuovere la stagista troppo focosa.
Da quel momento Naomi si è presa una pausa di riflessione da Twitter. Hickam ha detto che Naomi l’ha contattata, e dopo aver visto il suo curriculum ha detto che comunque merita un posto nell’industria aerospaziale. Insomma, la figuraccia dovrebbe aver avuto un lieto fine. Anche se ha fatto il giro del mondo, rilanciata da molti giornali come l’Independent.  

 

INSULTO ONORIFICO

«Tu non sei razzista: sei stronzo!». E Mattarella la premia

Maria Rosaria Coppola

Napoli, 3 novembre  

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IL FATTO
Siamo sulla Circumvesuviana, una delle linee ferroviarie nell’area di Napoli. A un certo punto, un giovane passeggero aggredisce un cingalese, urlandogli «Negro di merda». Tra i passeggeri del treno, una donna di 62 anni ha il coraggio di affrontarlo: si chiama Maria Rosaria Coppola, e fa la sarta alla sede napoletana della Rai. La donna alza la voce, dicendo al ragazzo: «Sei un razzista, vergognati!» e gli intima di smetterla. Lui si inalbera, dicendo che gli immigrati «Se ne devono andare, l’Italia è nostra». La donna gli risponde: «Preferisco che sia loro l’Italia e non tua». Il battibecco continua: davanti al giovane che continua a minacciare lo straniero, la donna gli dice: «Se ti vedo alzare un pugno, prendo l’ombrello e te lo scasso in testa».

Il logo ispirato dall’episodio sulla Circumvesuviana.

Il ragazzo, però, continua fieramente a proclamarsi razzista, al che la signora gli risponde: «Tu non sì razzista, tu sì strunz», ovvero «Tu non sei razzista, sei stronzo» (per il significato di “strunz” in napoletano, vedi il mio articolo qui).
La scena, ripresa con il telefonino da un passeggero, in poco tempo diventa virale su Internet. Con conseguenze inattese: la signora Coppola, pochi giorni dopo l’episodio, ha ricevuto il premio “Cittadina coraggiosa” da Umberto De Gregorio, presidente dell’Eav (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea ferroviaria Circumvesuviana).
E ha ispirato un mediatore culturale, Mr Sharif, a creare un logo: ombrello, guanto da pugile e la storica frase “Tu nun sì razzista, sì strunz”.
Ma non è finita qui: a fine anno, la signora Coppola è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per il coraggio e lo spirito di iniziativa con cui ha pubblicamente difeso un giovane straniero vittima di una aggressione razzista». Credo che sia il primo caso al mondo di onorificenza guadagnata (anche) grazie a un insulto. Anche se, in realtà, più della reattività della donna colpisce l’inazione di tutti gli altri passeggeri. Infatti i premi vinti dalla signora Coppola nascondono una verità amara: indignarsi di fronte a un sopruso razzista è una reazione normale; diventa un atto di eroismo perché la nostra società è diventata indifferente ai soprusi. 
Va ricordato, comunque, la primogenitura di quella frase non è della signora Coppola, bensì di Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’assemblea della Regione Sicilia, e risale allo scorso agosto, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva bloccato a Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo 190 migranti per cavalcare mediaticamente il caso e strappare più aiuti sulla questione migranti dall’Unione Europea. 
Miccicchè, dopo aver visitato i migranti a bordo della nave, scrisse un intervento indignato su Facebook: «Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più?  Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». A questo intervento è seguita la reazione sdegnata della Lega, indignata per «i toni violenti e il linguaggio indecoroso». E l’episodio ha ispirato un artista, Domenico Pellegrino, che ha creato una luminaria con la scritta “Stronzo” (potete vederla qui). 
Nel video qui sotto, il battibecco fra la signora Coppola e i giovane sul treno:

HATERS IN MUSICA

«Fate cagare, siete delle merde fake…»

I Masa, “La canzone degli haters”

YouTube, 21 novembre   

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IL FATTO

I Masa sono un duo di giovani musicisti-cabarettisti di Fidenza (Parma). Si chiamano Alessandro Basini e Andrea Dalla Giovanna, e sono capaci di suonare più di 20 strumenti musicali differenti nelle loro esibizioni. Dopo aver collezionato commenti di ogni genere sui loro video pubblicati su YouTube e Facebook, hanno deciso di raccogliere quelli degli “haters” e trasformarli nei versi di una canzone,  “La canzone degli haters” per l’appunto. Fra le strofe: “Fate cagare, siete delle merde fake“, “Ridicoli“, “Coglioni“, “Imbecilli“…
Un esperimento originale, che ha superato le 275mila visualizzazioni su YouTube. Il brano, infatti riesce a far sorridere grazie all’ironia degli interpreti e alla melodia giocosa. Gli odiatori del Web si possono battere anche così. Col sorriso. Perché in fondo le parolacce sono solo parole.
Qui sotto il video della “Canzone degli haters”:

 

Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.

Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008. Buon anno!

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I ristoranti più sfacciati del mondo https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/ https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/#comments Tue, 31 Jul 2018 08:00:51 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14434 La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella… Continue Reading

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I documenti ufficiali delle società “Kaka Kazz” e Skassa Kazz” dell’imprenditore pugliese Luigi Aseni.

La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella che gestirà il locale Mango si chiamerà “Mango Pu Kazz“.
La storia è stata scoperta da Milena Gabanelli, per la rubrica DataRoom del “Corriere della Sera”. Mi ha divertito, e allora mi sono chiesto se fosse l’unica del genere. Non lo è: in giro per il mondo – in Europa ma anche in Asia, Africa, America e Oceania – ho trovato 21 negozi, per lo più ristoranti, con nomi volgari. Dalla “Cantina baldracca” (Lisbona) alla società di import “Pirla” (Berlino). Dunque, il mondo è pieno di società del Kazz
.
Ma prima di mostrarvi la lista di questi locali, una domanda sorge spontanea: che cosa scatta nella testa degli italiani che aprono attività all’estero? Perché si affidano a un linguaggio da Cinepanettoni per i loro business?

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BEFFA, MARKETING E NOSTALGIA

Il fenomeno è interessante, oltre che divertente. E ha varie ragioni. Innanzitutto, quando siamo all’estero, cadono i nostri tabù linguistici: gli stranieri non capiscono le parolacce italiane, quindi le diciamo in libertà, senza preoccuparci di scandalizzare  o di indignare qualcuno. Insomma, un bello sfogoE permette di esprimere le proprie emozioni in modo schietto e immediato,in un momento carico di passioni: quando si apre un’azienda si è eccitati per l’avventura, preoccupati per il suo successo, ispirati per trovare nuove strade, arrabbiati per i contrattempi…

Negozio di ottica a Pamplona (Spagna), in Calle del Vínculo. L’accento, dunque, cade sulla “i”: ma se cade sulla “u”, l’insegna acquista ben altro senso. 

E al tempo stesso, usare un nome, un’insegna scurrile è anche uno scherzo, una beffa: immaginate di essere allo sportello della Camera di Commercio britannica e di dire ad alta voce (o scrivere) il nome della vostra società: “Mango Pu Kazz limited”. Tanto l’impiegato non sarà in grado di capirne il significato: riderete alle sue spalle. Una goliardia di contrabbando, una provocazione mimetizzataInfatti nel Regno Unito non se n’è accorto nessuno, e l’attività imprenditoriale di Aseni è stata anche premiata. Ma quando alcuni fornitori italiani si sono visti arrivare fatture intestate alla società “Skassa Kazz”, hanno strabuzzato gli occhi: pensavano fosse uno scherzo, un falso.
E quando un nome simile finisce addirittura in vetrina, su un’insegna, all’estero diventa un’allusione, un messaggio in codice: un italiano, vedendo un ristorante che si chiama “Cantina baldracca” farà una risata. E ne sarà anche incuriosito: il messaggio è rivolto a lui, che è in grado di capirlo anche a migliaia di km dall’Italia. E, tutto sommato, è anche un modo di esprimere la nostalgia dell’Italia.
Dunque, anche questo è marketing: una parolaccia attira sempre l’attenzione. A maggior ragione in un luogo dove non viene detta perché si parla un’altra lingua. E così molti italiani entrano per curiosità o si fanno fotografare davanti all’ingresso.
In giro per il mondo ho scoperto una dozzina di attività con un nome che in Italia sarebbe decisamente improponibile. Sono per lo più ristoranti, bar e fornitori di alimentari, a testimonianza che il cibo muove le nostre passioni. Unica eccezione, un negozio di vestiti.

Ecco la lista dei 21 ristoranti più sfacciati del mondo (tutti verificati).
Se ci andate, fatevi raccontare la loro storia… e condividetela nei commenti

CANTINA BALDRACCA

A Lisbona (Portogallo). E’ una pizzeria italiana, sicuramente fondata da nostri connazionali.
Sul suo menu ha scritto uno slogan in rima: “Cantina Baldracca, quando a fome ataca”, ovvero: “Cantina Baldracca, quando colpisce la fame”.

 

 

 

Pagina internet su TripAdvisor

BISCHERO

A Ginevra (Svizzera). E’ una focacceria italiana, probabilmente fondata da toscani. Prepara anche lasagne, piadine e parmigiana. Probabilmente gli svizzeri ticinesi capiranno il nome, ma quelli di lingua francese non immagineranno che è un insulto.

Sito ufficiale

CHE CULO!

Phnom Penh (Cambogia). La spiritosa  insegna campeggia su un cocktail bar che serve anche hamburger, poco lontano dalle rive del Mekong. Non ho trovato informazioni sulla sua storia, ed è un peccato: i suoi gestori hanno fatto un bel viaggio per aprire un locale in una cultura molto diversa dalla nostra.

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ROTTINCULO

Dublino (Irlanda): il termine, come noto, può significare sia “fortunato” che “omosessuale” (in senso spregiativo). Chi ha fondato il locale, che nel frattempo ha chiuso, voleva con tutta probabilità puntare sul primo dei due significati: un modo spiritoso di evocare la buona sorte. Il locale era un ristorante italiano, e preparava diversi piatti  siciliani.

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COL ‘CACCHIO

Cape Town (Sud Africa). E’ una catena di pizzerie in Sud Africa. Un cliente ha raccontato così l’origine del nome:
I
l titolare si era rivolto a un italiano per avere consigli su come fare una buona pizza e quando e quanto far lievitare l’impasto. L’italiano, sicuro che il proprietario del ristorante non sarebbe mai riuscito a fare una pizza come quella partenopea, disse: Col cacchio che farai un’ottima pizza! Il ristoratore, raccogliendo la sfida, non solo fece una buona pizza, ma volle chiamare il suo ristorante “Col Cacchio”.

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IL BORDELLO

Londra (Regno Unito). Il locale offre piatti della cucina italiana. E’ un ristorante-pizzeria di grandi dimensioni e il suo nome evoca le case di tolleranza, altrimenti dette “casini”. Il menu prevede vari piatti tipici, dalla caprese alla bruschetta; ma ha una grave lacuna, visto il nome del locale: mancano gli spaghetti alla puttanesca.

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TERRONI

Toronto (Canada). Tutto è iniziato con un negozio che vendeva cibi italiani. Poi è diventato una pizzeria, e oggi è una catena di 8 ristoranti che offrono cibi italiani. Inutile dire che il gruppo è stato fondato da due immigrati italiani d’origine meridionale.

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LA FIGA

Londra (Regno Unito). Il locale, un ristorante di specialità italiane, è stato fondato da un italiano goliarda, che ha osato l’inosabile. Tanto, chi lo capisce? Su Tripadvisor, infatti, un utente, alla fine di una recensione, scrive: “What does La Figa mean?” (cosa significa La Figa?).
Sul Web le recensioni dei nostri connazionali sono quasi tutte positive, e le battute si sprecano: “W la figa!”, “Non è un ristorante del cazzo”, “Sono curioso di entrarci dentro” e “Quando arriva il conto sono cazzi”.
Il nome, per quanto osè, è comunque diffuso nel mondo: c’è una pizzeria “La figa” a Rio de Janeiro (Brasile) e  un “Cafè Figa” a Viña del Mar (Cile) .

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PIZZA CAZZO

Golbey (Francia). Il ristoratore ha scelto un nome provocatorio ma musicale, perché basato su un’allitterazione (cioè la ripetizione di lettere: -izza -azzo). Il locale si trova in una piccola città nella Francia orientale, e l’ho inserito qui per “par condicio” dopo il locale precedente. Le poche recensioni sul Web non sono positive.

Segnalazione su un portale di ristorazione 

 

FACCIA DI CULO JEANS

Hong Kong (Cina). E’ l’unico locale di questa lista che non sia un ristorante. Il negozio di abbigliamento è stato fondato da un italiano, Oreste Carboni, che ha ideato il marchio dopo essersi stabilito a Hong Kong (ha sposato una donna cinese). Su Flickr alcuni hanno commentato: “Gli spedisco subito il curriculum, anzi: il curriculo”. Ma il negozio è stato chiuso anni fa.

Segnalazione su Flickr 

LA ZOCCOLA DEL PACIOCCONE

Amsterdam (Paesi Bassi). Il nome è lungo e composito. Ma non per attenuare l’impatto del termine “zoccola”, bensì perché il locale – una pizzeria con forno a legna – è attigua a un altro ristorante, che si chiama per l’appunto “Il pacioccone”. Il locale si trova in un vicolo del centro storico.

Segnalazione su un sito turistico

CULO DEL MONDO

Werdohl (Germania). Il nome lo trovo davvero spiritoso, anche se sarebbe stato più appropriato in Cambogia o in Nuova Zelanda invece che nel cuore d’Europa, nella Germania nord occidentale. Ma tant’è: comunque, a dispetto del nome, il ristorante non sembra il tipico angolo d’Italia all’estero: le recensioni raccomandano le sue bistecche.

Segnalazione su TripAdvisor

VAFFANCULO

Buenos Aires (Argentina). “Il vero sapore della gastronomia italiana: Vaffanculo Cantina Italiana”. Più che uno slogan, sembra uno sfogo rabbioso… Ma tant’è. Il locale propone alcune specialità italiane, soprattutto i primi piatti.

Il sito ufficiale 

LA PUTTANA

Lisbona (Portogallo). Ecco un altro locale in Portogallo, dove negli ultimi anni sono emigrati diversi italiani. E questa attività commerciale è una scelta tipica: una pizzeria. L’insegna fa effetto, anche perché il termine non è così lontano dal suo equivalente portoghese (puta). Se una cameriera o la titolare del locale rispondesse al telefono, però, vivrebbe una situazione imbarazzante: “La Puttana?” “Sim” (“Puttana?” “Sì”).

Sito Internet

CHE FIGATA

Naperville (Usa). In inglese si dice “cool”. L’equivalente italiano è “Che figata”: ed è proprio così che è stato chiamato un ristorante italiano a Naperville. Certo, un nome difficile da dire per gli anglofoni, tanto che in alcuni annunci viene spiegata anche la pronuncia, per quanto a spanne (Kay / Fah-gah-tah). 

PIZZERIA STRONZO

A Santiago del Cile (Cile). Impossibile sapere la storia di questa pizzeria, abbastanza popolare a Santiago. Il titolare non sembra di origini italiane: forse ha imparato questa parola in un viaggio in Italia o da amici italiani. Ha anche lanciato cappellini griffati “Stronzo”, sovrastati dalla scritta “ingredientes naturales” (come del resto è naturale lo stronzo…). Risulta esserci un’altra pizzeria con il medesimo nome a Zurigo.

 

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KAGO SUSHI

Varsavia (Polonia). L’insegna è esilarante ma tutt’altro che invitante per un italiano. Eppure il suo significato è innocente: in giapponese vuol dire “cestino di sushi”. E’ un ristorante di specialità nipponiche nel cuore della capitale polacca. E ha scatenato vari commenti ironici da parte di clienti italiani, tipo: “All you can shit” (invece di “all you can eat”); “Lo chef si chiama Urinawa Suimuri”; “Questo piatto è Ushito Nakagata”.

segnalazione su TripAdvisor

 

POMPINO

Auckland (Nuova Zelanda). Non sono riuscito a ricostruire la storia di questo locale, un caffè ristorante: se sia stato fondato a un emigrato italiano, o no, ma il fatto che in menu abbiano la pasta fa pensare di sì. Uno dei visitatori del sito ha commentato: “Dopo una mangiata al ristorante Pompino, una bella grappa Bocchino”.

segnalazione su TripAdvisor

PORCO DIO

Lleida (Spagna). E’ una pizzeria fondata, c’è da scommetterlo, da italiani. E oltre all’insegna anche il menu non lascia spazio all’immaginazione: le pizze, invece di “margherita” o “quattro stagioni”, si chiamano “vaffanculo”, “baldracca”, “coglione” e così via. La pizza raccomandata si chiama “Madonna santa”. Nelle recensioni, comunque, molti affermano che in questo locale si mangi “da Dio” (alcuni dicono di aver fatto “una cena della Madonna”).

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GNOCCA

Las Palmas (Spagna). E’ un piccolo ristorante a Nord dell’isola Gran Canaria. A giudicare dal menu, a base di lasagne e gnocchi, i suoi gestori sono senz’altro italiani. Il nome probabilmente nasce come variante di gnocco, uno dei piatti forti del locale. Ma ovviamente strizza l’occhio al significato di vulva o anche, più in generale, di “bella donna”. 

Il sito ufficiale

BELIN

Mogan (Spagna). Il ristorante è sul lungomare di Mogan, a Gran Canaria. Si potrebbe pensare a una semplice omonimia con il termine ligure che designa l’organo sessuale maschile (e, per estensione, le persone di scarso valore intellettuale): ma il ristorante è gestito da liguri, quindi la scelta è stata decisamente consapevole

segnalazione su TripAdvisor

PIRLA

Berlino (Germania). Non si sa nulla di questa impresa, che importa cibi italiani in Germania. I suoi camion sono fotografati con divertimento dai nostri connazionali lungo le strade tedesche. Vista la scelta lessicale, la ditta deve essere stata fondata da imprenditori di origine lombarda.

Sito internet

Conoscete – all’estero – altre ditte, negozi, attività con nomi scurrili? Segnalatele nei commenti (precisando dove sono, e il loro sito Internet): aggiornerò la lista

Di questo post ha parlato la trasmissione “I Vitiello” su Radio DeeJay il 22 agosto 2019.
Per ascoltarla, cliccate sul riproduttore qui sotto:

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Il presidente più volgare della Storia https://www.parolacce.org/2016/09/30/insulti-duterte-filippine/ https://www.parolacce.org/2016/09/30/insulti-duterte-filippine/#respond Fri, 30 Sep 2016 12:50:39 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10907 Al suo confronto, Trump, Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini e Gasparri diventano raffinati gentiluomini. Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, è un caso unico e inedito nello scenario politico internazionale: ha sparato offese pesanti alle più importanti istituzioni e autorità mondiali:… Continue Reading

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duterte2Al suo confronto, Trump, Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini e Gasparri diventano raffinati gentiluomini. Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, è un caso unico e inedito nello scenario politico internazionale: ha sparato offese pesanti alle più importanti istituzioni e autorità mondiali: dall’Onu all’Unione Europea, e persino papa Francesco. Non si era mai visto un capo di Stato  insultare non solo gli avversari interni, ma persino i vertici di altre nazioni e anche un leader religioso.
Ma come si spiega questo stile comunicativo che viola ogni protocollo diplomatico?
Si può dedurre la strategia politica di un capo di Stato dalle parolacce che dice?
E quali effetti ha questo comportamento fuori dagli schemi?
Il caso merita di essere approfondito.
Partiamo prima dagli insulti che lo hanno proiettato sulla ribalta internazionale. Insulti non sempre facili da tradurre, perché Duterte li pronuncia in tagalog, una lingua austronesiana con alcune influenze inglesi e spagnole, che lui però non padroneggia essendo di lingua madre cebuanaQuindi spesso le sue frasi non sono del tutto corrette, comprensibili o facilmente traducibili. E spesso le mescola con un inglese rudimentale. Ecco perché ho chiesto aiuto a vari esperti per avere una traduzione il più possibile fedele.
Qui sotto cito i 6 insulti più clamorosi che ha pronunciato finora. La sua espressione preferita è putangina, che deriva da puta (puttana) in spagnolo.

PAPA

“Papa, figlio di mignotta”.

30 novembre 2015, convention del partito Pdp-Laban

LA FRASE. “Papa, figlio di mignotta [Putang Ina Ka], tornatene a casa. Non tornare più a farci visita”. A quell’epoca Duterte si era appena candidato alla presidenza. Era indispettito perché, quando papa Francesco era venuto nelle Filippine, Duterte aveva impiegato 5 ore per raggiungere un centro commerciale della città, per gli ingorghi causati dalla visita papale. E così, rievocando l’episodio, ha insultato il pontefice.
L’insulto è stato detto in modo scherzoso, ma ha fatto clamore in un Paese dove l’81% degli abitanti è di fede cattolica. Tanto che, nei giorni seguenti. Duterte ha dovuto scusarsi. Ma la sua uscita ha fatto breccia nella “pancia” dell’elettorato.

ONU

“Fanculo, ONU”.

4 giugno 2016, a una conferenza stampa, rispondendo ai media stranieri che lo avevano criticato.

LA FRASE. “Vaffanculo [fuck you] Onu, non riesce nemmeno a risolvere le carneficine in Medio-Oriente… e non riesce nemmeno ad alzare un dito in Africa… Chiudete il becco tutti quanti!”. Spiegherò più avanti i motivi di questo attacco all’Onu. La frase è stata pronunciata in piena campagna elettorale: era un assaggio di quanto sarebbe avvenuto nei mesi successivi.

Fonte

AMBASCIATORE

“L’ambasciatore Usa: frocio e figlio di puttana”.

8 agosto 2016, incontro con le forze armate.

LA FRASE. “Avevamo parlato con Kerry (John Kerry, segretario di Stato, Usa). Con lui è tutto a posto, anche se ho litigato con il loro ambasciatore (Philip Goldberg, ndr), quel frocio [bakla]. Figlio di puttana [putang ina], mi infastidisce davvero. Goldberg si è immischiato durante le elezioni, facendo dichiarazioni qua e là. Non doveva farlo”.

Fonte

OBAMA

“Porca puttana, Obama”.

5 settembre 2016, a una conferenza stampa

LA FRASE. “Porca puttana [putang-ina], ti maledirò in quel dibattito (riferimento all’incontro previsto con Obama al summit Asean in Laos, ndr) ”. La frase è stata tradotta da molti media come “figlio di puttana”, ma in realtà secondo una traduzione autorevole qui “puttana” è usato come imprecazione, come sfogo di rabbia generico. Secondo altri commentatori, invece, Duterte avrebbe detto “figlio di puttana” ma non a Obama, bensì al giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda. La frase si inseriva in un discorso in cui Duterte ha ribadito, lucidamente e con orgoglio, di essere “presidente di uno Stato sovrano, abbiamo smesso da tempo di essere una colonia”, accusando di indebite ingerenze gli Usa.
Dopo il clamore suscitato sui media Duterte si è scusato, precisando comunque che l’insulto non era rivolto a Obama. Ma d
i fatto l’incidente diplomatico c’è stato lo stesso: Obama ha cancellato un incontro previsto con Duterte, qualificandolo come un “tipo colorito”. Eleganza contro stile trash.

BAN KI-MOON

“Ban Ki-Moon, sei un altro stronzo/rincoglionito”.

9 settembre 2016, summit Asean in Laos

LA FRASE. “Ban Ki-Moon ha fatto un’altra dichiarazione sui diritti umani. Sei un altro stronzo/rincoglionito [tarantado]”. Anche le ragioni di questo attacco le spiegherò più sotto.

Fonte

UNIONE EUROPEA

“Fanculo, Unione europea”.

21 settembre 2016, discorso a Davao

LA FRASE.Ho letto la condanna dell’UE contro di me. Dirò loro: ‘Fanculo’ (fuck, alzando il dito medio, ndr). In realtà lo stai facendo per espiare i tuoi peccati: basta leggere i libri di storia per vedere che i Paesi europei hanno ucciso migliaia di persone in passato. E hanno la faccia tosta di condannare me… Lo ripeto: andate affanculo”. Il motivo della polemica contro l’Ue è lo stesso che lo ha spinto contro l’Onu.
 

Come si spiegano tutti questi insulti? Innanzitutto, bisogna precisare che nonostante i suoi modi di fare, Duterte non è una persona incolta: è un ex avvocato di 71 anni. Ed è soprattutto un politico navigato: il suo esordio risale al 1988, quando fu eletto sindaco della città di Davao, che ha amministrato per oltre 20 anni, fino al 2010. L’uso di insulti si spiega, piuttosto, con il suo populismo: strizza l’occhio alla gente comune, usandone il linguaggio. 

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza.

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza a Manila (Wikipedia).

In più, ha un carattere spiccio e autoritario: quando era sindaco, ha adottato il pugno di ferro – tolleranza zero – contro la criminalità, avallando metodi sanguinari da parte della polizia e di anonimi squadroni della morte. Guadagnandosi così il soprannome di “castigatore” (The punisher) o di “sceriffo del Pacifico”.
Un approccio che ha continuato anche da presidente, nella lotta alla droga: si stima che da quando è entrato in carica, circa 3mila persone sono state uccise: un terzo dalla polizia, il resto da anonimi assassini. Duterte ha pure offerto medaglie e ricompense in denaro per chi avesse ucciso i trafficanti. Dunque, assolutista, nazionalpopolare e violento.
Eppure, come ha rilevato un’inchiesta di “Time”, la diffusione di droga nelle Filippine non è peggiore che in altri Paesi. “Consumatori e spacciatori di droga” scrive il settimanale, “sono solo l’ultimo capro espiatorio in un Paese che da tempo deve affrontare problemi molto più gravi, come la corruzione endemica, la povertà, una sanità pubblica carente, gli abusi dei diritti e l’impunità della polizia (…). Duterte è riuscito a convincere molti suoi concittadini che il consumo di droga è una tale emergenza da minacciare l’esistenza stessa del Paese, e che solo il suo governo può salvare le Filippine”. Dunque, parolacce e lotta alla droga sarebbero una strategia di “distrazione di massa”.

TRIAD CONNECTION. President Rodrigo R. Duterte shows a copy of a diagram showing the connection of high level drug syndicates operating in the country during a press conference at Malacañang on July 7, 2016. KING RODRIGUEZ/Presidential Photographers Division

Duterte mostra l’organigramma dello spaccio di droga (Wikipedia, King Rodriguez/Presidential Photographers Division)

Ed è proprio la sistematica violazione dei diritti umani che ha spinto Onu, Usa e Ue a contestare Duterte, il quale invece vuole tirare dritto per la propria strada. Dunque, le parolacce sono usate non solo per aumentare il consenso, ma anche per ribadire la propria identità a dispetto delle pressioni (o ingerenze) internazionali. “Vuole mostrarsi come uomo di popolo, paladino di un’indipendenza e di una purezza politica e culturale molto seducente per l’orgoglioso popolo filippino”, scrive Difesaonline.
Ma quali effetti avranno i suoi attacchi ai poteri forti? Non rischia di perdere autorevolezza internazionale e di portare le Filippine all’isolamento?
Il rischio esiste, ma potrebbe anche essere calcolato, ipotizzano alcuni esperti di geopolitica. Finora, le Filippine sono state un’importante stampella per le strategie Usa nel Pacifico, scrive ancora Difesaonline, soprattutto in chiave anti-cinese. Ma forse Duterte vuole cambiare gli equilibri, riaprendo il dialogo con Pechino. O magari semplicemente alzare la posta con gli Usa.
Come andrà a finire, è difficile immaginarlo. Di certo, però, lo stile di Duterte resta senza precedenti: se il buongiorno si vede dal mattino (Duterte è in carica da 3 mesi) ne vedremo delle belle. Del resto, in filippino presidente si dice “pangulo”: un nome, un destino?

 

 

Ringrazio le persone che mi hanno aiutato a districarmi nel filippino, da WordLo a molti altri.
E’ stato interessante (e divertente).

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fuckFuckQuando Luc – un lettore di questo blog – mi ha segnalato una ricerca che conteneva le parole “fuck, fuck, bitch” (scopa, scopa,stronza), ho pensato a un altro scherzo clamoroso (ricordate il caso di Stronzo Bestiale?).
Seguendo la sua indicazione, con un certo scetticismo ho digitato  le 3 parole su PubMed, il più importante database sulla ricerca biomedica mondiale. E ho avuto la prima sorpresa: la ricerca esiste davvero (clicca per ingrandire).

Si intitola “Ovarian teratoma in a bitch” ed è firmata da S. A. Headley,E. J. Fuck,E. T. Fuck, C. E. Curti. La ricerca era stata pubblicata nel 2006 su “Veterinary record“, il giornale dell’associazione medici veterinari britannici. E infatti, bitch in inglese significa originariamente cagna (femmina del cane), oltre ad avere il senso spregiativo di stronza, strega o puttana (nell’espressione “son of a bitch”, figlio di….).
La ricerca parlava dunque di un tumore alle ovaie. Ma gli autori E. J. Fuck,E. T. Fuck? Ero sicuro che fossero inventati: il titolo dello studio era stato, probabilmente, una tentazione irresistibile per il vero autore della ricerca.

C’era un’altro scherzo scientifico da raccontare? Mi sono messo sulle tracce del primo firmatario Headley, e non è stato facile rintracciarlo con le sole iniziali. Alla fine l’ho trovato: è Selwyn Arlington Headley, professore aggiunto al Dipartimento di Medicina preventiva veterinaria dell’università statale di Londrina nel Paranà, in Brasile. 
FuckFuckLa sua risposta, però, è stata l’altra sorpresa: “La ricerca non è affatto uno scherzo, e io ne sono l’autore principale. E i cognomi dei due autori, peraltro non insoliti, sono davvero Fuck e Fuck: sono proprietari di un ospedale veterinario nel Sud del Brasile”. Per la cronaca, si chiamano Egon José Fuck, e Eliane Miranda Thomaselli Fuck (clicca per ingrandire). Dunque, stavolta l’onore della scienza è salvo: nessuno ha tentato di beffare il sistema dei controlli scientifici. Ma perché non intitolare la ricerca “Teratoma ovarico in un pastore tedesco”? Lo studio avrebbe avuto un impatto meno imbarazzante… ma forse non sarebbe passato alla storia.

Che morale trarre da questa vicenda? I cognomi volgari esistono davvero: il professor Mark Liberman, linguista all’Università della Pennsylvania, segnalava il caso del professor Connard (testa di cazzo), autore di migiliaia di pubblicazioni (esiste, esiste! anzi: esistono, perché ce n’è più di uno). E Corey Bradshaw, direttore dell’Istituto ambientale di Adelaide (Australia) in un articolo ironico pubblicato sul suo blog ha elencato decine di ricerche (vere) firmate da: Bastard (bastardo), Crap (merda), Dick (cazzo), Junk (balle, pacco), Prick (cazzo)… La realtà, insomma, supera la fantasia. Anche in Italia: in questo post ho censito i cognomi volgari italiani, che sono numerosissimi e molto variegati.

cina4

 

Ma a proposito di firme, c’è da fare un’altra riflessione dopo il caso di Stronzo Bestiale: il mio sito è stato visto da quasi 90mila persone e la storia ha fatto il giro del mondo, ispirando fra l’altro un finto account in Cina sul sito weibo.com (clicca per ingrandire).

Il professor Bestiale ha scatenato decine di ricercatori o appassionati di scienza, che mi hanno segnalato le ricerche più sorprendenti.
Ne ricordo due, che mi sono rimaste stampate nella mente:

 

 il gruppo di galassie HGC31, raggruppate in una clamorosa forma fallica (a pag. 17 dello studio qui: Canada-Usa, 2006, “The astronomical journal”);

recently-submitted research paper (http://lanl.arxiv.org/abs/1002.3323v1) on hickson compact group 31, a group of small galaxies gravitationally interacting with each other. the paper shows an image of the galaxies in a way i've not seen before:

Le galassie Hickson Compact Group 31

 e una reazione molecolare che sembra uscita dalla fantasia porno di un graffitaro metropolitano (qui lo studio: Brasile, 2004, “Inorganic chemistry”).

these two large molecules experience strong interactions between each other. In solution, they like to pair up and... self organise. To quote the paper (http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/ic0352250) , one of these molecules requires "the presence of suitable partners.

Un’eccitante reazione chimica.

 Oltre a essermi divertito, mi sono chiesto le ragioni di tanto successo, davvero inaspettato. Credo che queste storie piacciano perché svelano il lato umano della scienza, fatta anche di scherzi, provocazioni, sviste, errori o equivoci. Anche gli scienziati si arrabbiano, si appassionano, hanno emozioni,  anche a loro piace scherzare e giocare. Proprio come a tutti noi.

 [ English version here ]

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