La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).
Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?
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Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.
Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010, 2009 e 2008. Buon anno!
The post Parolacce: la “Top ten” del 2018 first appeared on Parolacce.]]>I documenti ufficiali delle società “Kaka Kazz” e Skassa Kazz” dell’imprenditore pugliese Luigi Aseni.
La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella che gestirà il locale Mango si chiamerà “Mango Pu Kazz“.
La storia è stata scoperta da Milena Gabanelli, per la rubrica DataRoom del “Corriere della Sera”. Mi ha divertito, e allora mi sono chiesto se fosse l’unica del genere. Non lo è: in giro per il mondo – in Europa ma anche in Asia, Africa, America e Oceania – ho trovato 21 negozi, per lo più ristoranti, con nomi volgari. Dalla “Cantina baldracca” (Lisbona) alla società di import “Pirla” (Berlino). Dunque, il mondo è pieno di società del Kazz.
Ma prima di mostrarvi la lista di questi locali, una domanda sorge spontanea: che cosa scatta nella testa degli italiani che aprono attività all’estero? Perché si affidano a un linguaggio da Cinepanettoni per i loro business?
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Di questo post ha parlato la trasmissione “I Vitiello” su Radio DeeJay il 22 agosto 2019.
Per ascoltarla, cliccate sul riproduttore qui sotto:
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30 novembre 2015, convention del partito Pdp-Laban
LA FRASE. “Papa, figlio di mignotta [Putang Ina Ka], tornatene a casa. Non tornare più a farci visita”. A quell’epoca Duterte si era appena candidato alla presidenza. Era indispettito perché, quando papa Francesco era venuto nelle Filippine, Duterte aveva impiegato 5 ore per raggiungere un centro commerciale della città, per gli ingorghi causati dalla visita papale. E così, rievocando l’episodio, ha insultato il pontefice.
L’insulto è stato detto in modo scherzoso, ma ha fatto clamore in un Paese dove l’81% degli abitanti è di fede cattolica. Tanto che, nei giorni seguenti. Duterte ha dovuto scusarsi. Ma la sua uscita ha fatto breccia nella “pancia” dell’elettorato.
4 giugno 2016, a una conferenza stampa, rispondendo ai media stranieri che lo avevano criticato.
LA FRASE. “Vaffanculo [fuck you] Onu, non riesce nemmeno a risolvere le carneficine in Medio-Oriente… e non riesce nemmeno ad alzare un dito in Africa… Chiudete il becco tutti quanti!”. Spiegherò più avanti i motivi di questo attacco all’Onu. La frase è stata pronunciata in piena campagna elettorale: era un assaggio di quanto sarebbe avvenuto nei mesi successivi.
8 agosto 2016, incontro con le forze armate.
LA FRASE. “Avevamo parlato con Kerry (John Kerry, segretario di Stato, Usa). Con lui è tutto a posto, anche se ho litigato con il loro ambasciatore (Philip Goldberg, ndr), quel frocio [bakla]. Figlio di puttana [putang ina], mi infastidisce davvero. Goldberg si è immischiato durante le elezioni, facendo dichiarazioni qua e là. Non doveva farlo”.
5 settembre 2016, a una conferenza stampa
LA FRASE. “Porca puttana [putang-ina], ti maledirò in quel dibattito (riferimento all’incontro previsto con Obama al summit Asean in Laos, ndr) ”. La frase è stata tradotta da molti media come “figlio di puttana”, ma in realtà secondo una traduzione autorevole qui “puttana” è usato come imprecazione, come sfogo di rabbia generico. Secondo altri commentatori, invece, Duterte avrebbe detto “figlio di puttana” ma non a Obama, bensì al giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda. La frase si inseriva in un discorso in cui Duterte ha ribadito, lucidamente e con orgoglio, di essere “presidente di uno Stato sovrano, abbiamo smesso da tempo di essere una colonia”, accusando di indebite ingerenze gli Usa.
Dopo il clamore suscitato sui media Duterte si è scusato, precisando comunque che l’insulto non era rivolto a Obama. Ma di fatto l’incidente diplomatico c’è stato lo stesso: Obama ha cancellato un incontro previsto con Duterte, qualificandolo come un “tipo colorito”. Eleganza contro stile trash.
9 settembre 2016, summit Asean in Laos
LA FRASE. “Ban Ki-Moon ha fatto un’altra dichiarazione sui diritti umani. Sei un altro stronzo/rincoglionito [tarantado]”. Anche le ragioni di questo attacco le spiegherò più sotto.
21 settembre 2016, discorso a Davao
LA FRASE. “Ho letto la condanna dell’UE contro di me. Dirò loro: ‘Fanculo’ (fuck, alzando il dito medio, ndr). In realtà lo stai facendo per espiare i tuoi peccati: basta leggere i libri di storia per vedere che i Paesi europei hanno ucciso migliaia di persone in passato. E hanno la faccia tosta di condannare me… Lo ripeto: andate affanculo”. Il motivo della polemica contro l’Ue è lo stesso che lo ha spinto contro l’Onu.
Come si spiegano tutti questi insulti? Innanzitutto, bisogna precisare che nonostante i suoi modi di fare, Duterte non è una persona incolta: è un ex avvocato di 71 anni. Ed è soprattutto un politico navigato: il suo esordio risale al 1988, quando fu eletto sindaco della città di Davao, che ha amministrato per oltre 20 anni, fino al 2010. L’uso di insulti si spiega, piuttosto, con il suo populismo: strizza l’occhio alla gente comune, usandone il linguaggio.
In più, ha un carattere spiccio e autoritario: quando era sindaco, ha adottato il pugno di ferro – tolleranza zero – contro la criminalità, avallando metodi sanguinari da parte della polizia e di anonimi squadroni della morte. Guadagnandosi così il soprannome di “castigatore” (The punisher) o di “sceriffo del Pacifico”.
Un approccio che ha continuato anche da presidente, nella lotta alla droga: si stima che da quando è entrato in carica, circa 3mila persone sono state uccise: un terzo dalla polizia, il resto da anonimi assassini. Duterte ha pure offerto medaglie e ricompense in denaro per chi avesse ucciso i trafficanti. Dunque, assolutista, nazionalpopolare e violento.
Eppure, come ha rilevato un’inchiesta di “Time”, la diffusione di droga nelle Filippine non è peggiore che in altri Paesi. “Consumatori e spacciatori di droga” scrive il settimanale, “sono solo l’ultimo capro espiatorio in un Paese che da tempo deve affrontare problemi molto più gravi, come la corruzione endemica, la povertà, una sanità pubblica carente, gli abusi dei diritti e l’impunità della polizia (…). Duterte è riuscito a convincere molti suoi concittadini che il consumo di droga è una tale emergenza da minacciare l’esistenza stessa del Paese, e che solo il suo governo può salvare le Filippine”. Dunque, parolacce e lotta alla droga sarebbero una strategia di “distrazione di massa”.
Duterte mostra l’organigramma dello spaccio di droga (Wikipedia, King Rodriguez/Presidential Photographers Division)
Ed è proprio la sistematica violazione dei diritti umani che ha spinto Onu, Usa e Ue a contestare Duterte, il quale invece vuole tirare dritto per la propria strada. Dunque, le parolacce sono usate non solo per aumentare il consenso, ma anche per ribadire la propria identità a dispetto delle pressioni (o ingerenze) internazionali. “Vuole mostrarsi come uomo di popolo, paladino di un’indipendenza e di una purezza politica e culturale molto seducente per l’orgoglioso popolo filippino”, scrive Difesaonline.
Ma quali effetti avranno i suoi attacchi ai poteri forti? Non rischia di perdere autorevolezza internazionale e di portare le Filippine all’isolamento?
Il rischio esiste, ma potrebbe anche essere calcolato, ipotizzano alcuni esperti di geopolitica. Finora, le Filippine sono state un’importante stampella per le strategie Usa nel Pacifico, scrive ancora Difesaonline, soprattutto in chiave anti-cinese. Ma forse Duterte vuole cambiare gli equilibri, riaprendo il dialogo con Pechino. O magari semplicemente alzare la posta con gli Usa.
Come andrà a finire, è difficile immaginarlo. Di certo, però, lo stile di Duterte resta senza precedenti: se il buongiorno si vede dal mattino (Duterte è in carica da 3 mesi) ne vedremo delle belle. Del resto, in filippino presidente si dice “pangulo”: un nome, un destino?
Ringrazio le persone che mi hanno aiutato a districarmi nel filippino, da WordLo a molti altri.
E’ stato interessante (e divertente).
Si intitola “Ovarian teratoma in a bitch” ed è firmata da ,,, C. E. Curti. La ricerca era stata pubblicata nel 2006 su “Veterinary record“, il giornale dell’associazione medici veterinari britannici. E infatti, bitch in inglese significa originariamente cagna (femmina del cane), oltre ad avere il senso spregiativo di stronza, strega o puttana (nell’espressione “son of a bitch”, figlio di….).
La ricerca parlava dunque di un tumore alle ovaie. Ma gli autori , ? Ero sicuro che fossero inventati: il titolo dello studio era stato, probabilmente, una tentazione irresistibile per il vero autore della ricerca.
C’era un’altro scherzo scientifico da raccontare? Mi sono messo sulle tracce del primo firmatario Headley, e non è stato facile rintracciarlo con le sole iniziali. Alla fine l’ho trovato: è Selwyn Arlington Headley, professore aggiunto al Dipartimento di Medicina preventiva veterinaria dell’università statale di Londrina nel Paranà, in Brasile.
La sua risposta, però, è stata l’altra sorpresa: “La ricerca non è affatto uno scherzo, e io ne sono l’autore principale. E i cognomi dei due autori, peraltro non insoliti, sono davvero Fuck e Fuck: sono proprietari di un ospedale veterinario nel Sud del Brasile”. Per la cronaca, si chiamano Egon José Fuck, e Eliane Miranda Thomaselli Fuck (clicca per ingrandire). Dunque, stavolta l’onore della scienza è salvo: nessuno ha tentato di beffare il sistema dei controlli scientifici. Ma perché non intitolare la ricerca “Teratoma ovarico in un pastore tedesco”? Lo studio avrebbe avuto un impatto meno imbarazzante… ma forse non sarebbe passato alla storia.
Che morale trarre da questa vicenda? I cognomi volgari esistono davvero: il professor Mark Liberman, linguista all’Università della Pennsylvania, segnalava il caso del professor Connard (testa di cazzo), autore di migiliaia di pubblicazioni (esiste, esiste! anzi: esistono, perché ce n’è più di uno). E Corey Bradshaw, direttore dell’Istituto ambientale di Adelaide (Australia) in un articolo ironico pubblicato sul suo blog ha elencato decine di ricerche (vere) firmate da: Bastard (bastardo), Crap (merda), Dick (cazzo), Junk (balle, pacco), Prick (cazzo)… La realtà, insomma, supera la fantasia. Anche in Italia: in questo post ho censito i cognomi volgari italiani, che sono numerosissimi e molto variegati.
Ma a proposito di firme, c’è da fare un’altra riflessione dopo il caso di Stronzo Bestiale: il mio sito è stato visto da quasi 90mila persone e la storia ha fatto il giro del mondo, ispirando fra l’altro un finto account in Cina sul sito weibo.com (clicca per ingrandire).
Il professor Bestiale ha scatenato decine di ricercatori o appassionati di scienza, che mi hanno segnalato le ricerche più sorprendenti.
Ne ricordo due, che mi sono rimaste stampate nella mente:
il gruppo di galassie HGC31, raggruppate in una clamorosa forma fallica (a pag. 17 dello studio qui: Canada-Usa, 2006, “The astronomical journal”); | |
e una reazione molecolare che sembra uscita dalla fantasia porno di un graffitaro metropolitano (qui lo studio: Brasile, 2004, “Inorganic chemistry”). |
Oltre a essermi divertito, mi sono chiesto le ragioni di tanto successo, davvero inaspettato. Credo che queste storie piacciano perché svelano il lato umano della scienza, fatta anche di scherzi, provocazioni, sviste, errori o equivoci. Anche gli scienziati si arrabbiano, si appassionano, hanno emozioni, anche a loro piace scherzare e giocare. Proprio come a tutti noi.
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