Come ho accertato nella mia ultima ricerca sulle parolacce più usate nell’italiano parlato, negli ultimi 27 anni le volgarità sono triplicate nel linguaggio quotidiano. Con un rischio tangibile: l’inflazione del loro potere espressivo.
Era inevitabile, dato che le scurrilità sono diventate sempre più diffuse in qualunque contesto: al cinema, alla radio, in tv, sui giornali. E negli ultimi tempi sono state adottate da una categoria di persone che fino ad allora ne erano state lontane: i politici. Da Bossi a Grillo, fino a Berlusconi e Salvini, il turpiloquio si è diffuso ovunque, senza distinzioni di ideologia: a destra, a sinistra, al centro.
Titolo razzista uscito nel gennaio 2019.
Il fenomeno l’avevo raccontato in un precedente articolo, All’inizio i politici hanno usato il linguaggio volgare per avere visibilità (la parolaccia fa notizia) e per strizzare l’occhio al popolo (“parlo come te perché sono come te”). Insomma, una forma di marketing.
Ma presto è diventato un mezzo sbrigativo per troncare ogni discussione insultando chi la pensa in modo diverso: le discussioni degenerano in risse. E i cittadini come possono migliorare se dall’alto arriva un esempio simile? Così si è diffuso un clima di odio, di intolleranza. Che ad alcuni partiti è utile: insultare un nemico esterno, infatti, aiuta a rinforzare la propria identità.
E questo involgarimento ha anche un altro effetto collaterale meno evidente ma ancora peggiore. I politici, sempre più scaltri, hanno imparato infatti a usare gli insulti come arma di distrazione di massa, come cortina fumogena per non affrontare davvero i problemi. Se oggi ti insulto durante una discussione sul Fisco, domani sui giornali si parlerà dell’insulto e non del Fisco. La forma (il linguaggio volgare) ha ucciso il contenuto, cioè i temi politico-economici.
Manifestazione delle Sardine a Bologna.
Ma ora, forse, il vento sta cambiando. Una parte del nostro Paese si è schierata contro questo sistema, riempiendo le piazze: il movimento delle Sardine. Che, al di là dei contenuti politici (ancora da definire), al di là del fatto di essere un movimento “nato dal basso”, ha una terza caratteristica: chiede alla politica e all’opinione pubblica un cambio di stile e di linguaggio. Chiede “non violenza” e “ascolto”. Dicendo basta ai politici che “rovesciano odio”.
Questa posizione ha un corollario: il rifiuto degli insulti, che sono appunto il linguaggio della violenza e dell’odio.
Una prima adesione è arrivata sorprendentemente proprio dall’inventore del “Vaffa day”: Beppe Grillo. Che sul suo blog il 18 dicembre scorso ha ringraziato le Sardine, salutandole come “un movimento igienico-sanitario… Sono come tennisti vestiti di bianco che sfidano una squadra di rugbisti fangosi, volgari, incattiviti. Le sardine non reclamano altro che l’igiene della parola. Reclamano una convalescenza vigorosa dalla attuale malattia delle lingue e delle menti che fa sembrare certe espressioni pubbliche un vociare roco di hooligan pronti al balzo, oppure un minacciare gradasso di un capobanda… Anche noi in passato abbiamo un po’ esagerato. Ma ora non lo facciamo più”.
Vedremo se questo buon proposito si tradurrà davvero nella pratica, e se contagerà altri leader di partito…
E ora la mia classifica delle parolacce dell’anno. Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità.
Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere. Il vincitore morale è il primo dell’elenco: il robot che dice parolacce quando urta contro un ostacolo. Un’invenzione che mostra come le imprecazioni possano rendere umano persino un aspirapolvere.
Buona lettura. E buon anno!
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Se vi incuriosisce sapere come sono andate le classifiche degli ultimi 11 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010, 2009 e 2008.
The post Parolacce: la “Top ten” del 2019 first appeared on Parolacce.]]>Oggi diciamo più parolacce rispetto a 30 anni fa (montaggio foto Shutterstock)
La più usata è ancora “cazzo”, seguito dalle imprecazioni religiose (Dio, Madonna), e da “merda” e “minchia”, che hanno scalato la classifica. Rispetto agli anni ‘90, diciamo 2/3 in più di volgarità e 3 volte più spesso. E le bestemmie sono più che quadruplicate. E’ questa la fotografia delle parolacce più pronunciate in italiano oggi. Una fotografia resa possibile da una nuova indagine linguistica, il corpus “KiParla”, elaborata dalle università di Bologna e di Torino. Grazie a questo database, appena pubblicato online, ho potuto aggiornare la classifica del parolacce più usate nella lingua italiana parlata: gli ultimi dati risalivano a 27 anni fa. Trovate più sotto la classifica aggiornata delle 75 parolacce più pronunciate dagli italiani. Dunque, un’occasione due volte preziosa: ci permette non solo di capire quali sono le espressioni volgari più usate oggi, ma anche di vedere come sono cambiate le nostre abitudini linguistiche negli ultimi 5 lustri.
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Vediamo subito la classifica dettagliata delle parolacce più pronunciate in italiano, in ordine decrescente di frequenza. I colori indicano la tipologia delle espressioni: in giallo quelle di tipo sessuale, azzurro quelle religiose, arancione quelle escrementizie, verde quelle enfatiche, e rosa gli insulti. L’asterisco evidenzia i nuovi ingressi in classifica. L’asterisco (*) indica una nuova parola in classifica, le frecce (↑↓) indicano se la posizione attuale è in crescita o in calo rispetto al Badip del 1992.
Parolaccia | Posizione rispetto al 1992 | Quantità | % sul totale (e rispetto al 1992) | |
1 | cazzo | (=) | 314 | 23,2 (+6%) |
2 | Dio | (+2) ↑ | 115 | 8,5 (+ 2,2%) |
3 | Madonna | (=) | 92 | 6,8 (- 6,6%) |
merda | (+6) ↑ | 92 | 6,8 (+ 4,5%) | |
4 | minchia | (-) * | 82 | 6,1 |
5 | fregare | (+7) ↑ | 60 | 4,4 (+ 2,9%) |
6 | casino | (-3) ↓ | 58 | 4,3 (- 6,6%) |
7 | culo | (=) | 40 | 3,0 (-0,3%) |
8 | stronzo | (-2) ↓ | 36 | 2,7 (-1,4%) |
porco | (+4) ↑ | 36 | 2,7 (+ 1,2%) | |
9 | balla / palla | (-3) ↓ | 34 | 2,5 (+1,3%) |
10 | vaffanculo/fanculo | (+2) ↑ | 32 | 2,4 (+ 0,9%) |
11 | cagare/cacare | (+2) ↑ | 31 | 2,3 (+ 1%) |
12 | coglione | (-5) ↓ | 28 | 2,1 (-1,2%) |
13 | incazzare | (-5) ↓ | 23 | 1,7 (-0,8%) |
14 | figa | (+3) ↑ | 22 | 1,6 (+ 1,1%) |
troia | (+3) ↑ | 22 | 1,6 (+1,3%) | |
15 | bastardo | (+1) ↑ | 19 | 1,4 (+0,9%) |
16 | fottere | (+2) ↑ | 18 | 1,3 (+ 1%) |
sfiga | (+1) ↓ | 18 | 1,3 (+ 1%) | |
17 | cazzata | (+1) ↑ | 14 | 1 (+ 0,5%) |
18 | stronzata | (-12) ↓ | 13 | 1,0 (-2,8%) |
19 | cesso | (-1) ↓ | 11 | 0,8 (+ 0,5%) |
figata | (-)* | 11 | 0,8 | |
tette | (-)* | 11 | 0,8 | |
20 | puttana | (-7) ↓ | 8 | 0,6 (-0,7%) |
21 | cacca | (-)* | 7 | 0,5 |
fesso/fesseria | (-)* | 6 | 0,4 | |
22 | cretino | (-10) ↓ | 6 | 0,4 (-1,4%) |
Cristo | (-)* | 6 | 0,4 | |
23 | soccmel/socci | (-)* | 5 | 0,4 |
scopare | (-14) ↓ | 5 | 0,4 (-2,1%) | |
deficiente | (11) ↓ | 5 | 0,4 (-1,1%) | |
24 | negro | (-15) ↓ | 4 | 0,3 (-2,2%) |
bordello | (-9) ↓ | 4 | 0,3 (-0,7%) | |
scazzi/are | (-6) ↓ | 4 | 0,3 | |
scoreggia | (-)* | 4 | 0,3 | |
rompicazzo | (-)* | 4 | 0,3 | |
Gesù | (-)* | 4 | 0,3 | |
25 | vacca | (-8) ↓ | 3 | 0,2 (-0,3%) |
smerdare | (-)* | 3 | 0,2 | |
sputtanare | (-)* | 3 | 0,2 | |
rompicoglioni | (-7) ↓ | 3 | 0,2 (-0,1%) | |
figo/fico | (-)* | 3 | 0,2 | |
26 | imbecille | (-15) ↓ | 2 | 0,1 (-1,9%) |
pirla | (-12) ↓ | 2 | 0,1 (-1,2%) | |
sega | (-11) ↓ | 2 | 0,1 (-1,2%) | |
frocio | (-10) ↓ | 2 | 0,1 (-0,7%) | |
trombata | (-9) ↓ | 2 | 0,1 (-0,4%) | |
baldracca | (-)* | 2 | 0,1 | |
stocazzo | (-)* | 2 | 0,1 | |
piscia | (-)* | 2 | 0,1 | |
inculare | (-)* | 2 | 0,1 | |
vucumprà | (-)* | 2 | 0,1 | |
27 | puttanata | (-10) ↓ | 1 | 0,1 (-0,4%) |
culona | (-9) ↓ | 1 | 0,1 (-0,2%) | |
pippa | (-9) ↓ | 1 | 0,1 (-0,2%) | |
belin | (-)* | 1 | 0,1 | |
rompimaroni | (-)* | 1 | 0,1 | |
terrone | (-)* | 1 | 0,1 | |
mignotta | (-)* | 1 | 0,1 | |
scoglionato | (-)* | 1 | 0,1 | |
fregna | (-)* | 1 | 0,1 | |
pugnetta | (-)* | 1 | 0,1 | |
terrone | (-)* | 1 | 0,1 | |
infame | (-)* | 1 | 0,1 | |
suca | (-)* | 1 | 0,1 | |
cornuto | (-)* | 1 | 0,1 | |
0 | mortacci | (-15) ↓ | 0 | 0,0 (-0,8%) |
bernarda | (-16) ↓ | 0 | 0,0 (-0,5%) | |
pompino | (-16) ↓ | 0 | 0,0 (-0,5%) | |
bischero | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
culattone | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
rompiballe | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
TOTALE | 1353 |
Ma vediamo più da vicino la nuova classifica. Al top non ci sono cambi: “cazzo” resta l’espressione più usata. E’ la 215° parola più pronunciata in assoluto, a pari merito – segno del destino – con la parola “italiano”. Rispetto a 27 anni fa, comunque, la usiamo ancora più spesso: un tempo, costituiva il 17,2% delle parolacce; oggi è salita al 23,2%. Vuol dire che una parolaccia su 4 è “cazzo” (volete sapere l’origine di questa espressione? Ne avevo parlato in questo articolo). Se a questo si aggiunge che “minchia” è la quarta parolaccia più pronunciata, possiamo dire che il nostro turpiloquio è molto fallocentrico. Sempre in termini di frequenza, le parolacce nei primi 4 posti della classifica (cazzo, Dio, Madonna, merda, minchia) rappresentano da sole più della metà (51,4%) delle espressioni che usiamo comunemente. E quasi tutte sono usate come imprecazioni (“è bello un sacco, cazzo!”) o in senso enfatico: il primo insulto, stronzo, appare solo al 7° posto e rappresenta solo il 2,7% delle parolacce. Per quanto riguarda le espressioni religiose: ho censito l’uso delle parole “Dio”, “Madonna”, “Cristo” solo quando sono state usate come imprecazioni (“Oh, Gesù Cristo!”), al di fuori dei contesti religiosi. Anche l’uso di queste espressioni è salito, e il fatto non stupisce viste le radici religiose della cultura italiana. Pure le bestemmie sono in notevole crescita: mentre nel corpus Badip ne avevo censite solo 2 (una contro Dio, una contro la Madonna), nel nuovo corpus KiParla sono più che quadruplicate, salendo a 9 (8 contro Dio). Dunque, abbiamo un rapporto ambivalente con la religione: oggi atei e laici sono più numerosi di un tempo, ma non abbiamo cancellato le nostre radici culturali cristiane. Anzi, le usiamo in modo profano: per sfogare la nostra rabbia e sorpresa, con un atteggiamento anti-religioso che non si cura di “nominare il nome di Dio invano“. Fra le parolacce censite in questo nuovo corpus, quali sono aumentate e diminuite maggiormente rispetto al passato? Ho riassunto la situazione in questo riquadro:
A proposito di insulti, quelli di tipo razzista o etnico sono pochi e in calo dell’80%: sono passati dal 2,5% complessivo allo 0,5%. Infatti, “negro” scende di ben 15 posizioni con un calo del 2,2%, anche se per la prima volta entrano in classifica le parole “terrone” e “vucumprà”, per quanto in coda. Stesso destino per gli insulti omofobici, scesi del 90% (sono passati dall’1,1% allo 0,1% del totale): “culattone” è uscito dalla classifica, e “frocio” cala dello 0,7%, scendendo di 10 posizioni.
Dunque, siamo diventati un po’ più “civili” in questi ambiti? Non possiamo dirlo perché il campione, cioè le persone studiate da questa indagine non è molto rappresentativo di tutta la popolazione italiana. Il minor tasso di razzismo e omofobia potrebbero essere l’effetto del più alto livello di istruzione o di ceto delle persone che frequentano le università. Occorrerà allargare l’analisi al resto della popolazione per vedere se siamo davvero meno razzisti e omofobi (e ho seri dubbi al riguardo). Lieve aumento, invece, per gli insulti sessisti contro le donne, saliti del 10% (sono passati dal 2,1% al 2,3% del totale): cresce di 4,5 volte l’uso di “troia” (+ 1,3%), entrano in classifica “baldracca” (+0,2%) e “mignotta” (+ 0,1%), mentre le altre espressioni sono in calo: puttana (- 0,7%), vacca (-0,3%).
Un’ultima considerazione riguarda l’uso di espressioni dialettali. Anche se l’indagine è stata fatta in due città del Nord (Torino e Bologna), ho trovato una sola espressione in bolognese (socci, soccmel, al 23° posto) e nessuna in piemontese (come balengu o piciu). In compenso, appaiono invece altre espressioni originarie di altre zone d’Italia: la siciliana “minchia” (4°), il lombardo “pirla” (26°, in calo), il genovese “belin” (27°), le romanesche “mignotta” e “fregna” (27°) e il siciliano “suca” (27°). Il dato non sorprende, sia perché Torino e Bologna sono città con un alto tasso di immigrati da altre zone d’Italia, sia perché queste espressioni dialettali si sono oramai diffuse in tutto il Paese. Escono invece dalla classifica di oggi il romanesco “mortacci” e il toscano “bischero”.
Alla luce di questi dati, com’è cambiato l’uso delle parolacce nella nostra lingua parlata? E’ cresciuto molto: usiamo più parolacce e più spesso. Negli anni ‘90 sono state censite 45 espressioni volgari; oggi sono diventate 75, con una crescita del 67%. Dunque, il nostro arsenale di volgarità oggi è più fornito e vario rispetto al passato. E le diciamo più spesso: 27 anni fa le parolacce rappresentavano lo 0,08% delle parole pronunciate. Oggi sono triplicate, salendo allo 0,21%: rimangono un’eccezione, ma un’eccezione più abituale rispetto al passato. Ma cosa significano queste percentuali? Facciamo un esempio pratico. Si calcola che pronunciamo in media 16mila parole al giorno: suddivise in 16 ore di veglia, vuol dire che diciamo 1.000 parole all’ora. E quante di queste sono volgari? Lo 0,21% significa 2,1 parolacce all’ora. Nel 1992 lo 0,08% significava poco meno di 1 all’ora. Moltiplicando questi dati per le 16 ore di veglia, siamo passati da 12,8 a 33,6 parolacce al giorno. Dunque, per quanto siano cresciute molto, le parolacce restano poche, almeno nel linguaggio parlato: sui social network, invece, il discorso cambia e molto. Su Twitter, Facebook e chat le parolacce sono da 5 a 14 volte più diffuse (rappresentano dall’1% al 3%). A cosa è dovuto l’aumento di parolacce nel linguaggio parlato? A un fatto sotto gli occhi di tutti: il turpiloquio è stato “sdoganato” da cinema, tv, libri, radio, giornali e Web. E, soprattutto negli ultimi 25 anni, dai politici: ha iniziato Umberto Bossi, seguito da Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e poi a cascata tutti gli altri (lo raccontavo più diffusamente in questo articolo). Quindi, a differenza di 30 anni fa, siamo più abituati a leggerlo e ascoltarlo, e quindi anche a dirlo. Rispetto al passato abbiamo meno tabù: diamo meno peso alle espressioni volgari, e le diciamo più spesso e in qualunque ambiente. E a questa minor sensibilità si affianca però un’inflazione del loro potere: come la moneta si svaluta se ne circola molta, lo stesso avviene anche con le parolacce. Questa crescita, comunque, è significativa anche da un altro punto di vista: dato che il corpus KiParla ha censito le abitudini linguistiche di persone con alto livello di istruzione e di reddito, questo dimostra che il turpiloquio non è un’abitudine solo delle classi “basse”, ma è un fenomeno trasversale. E’ anche vero che lo “zoccolo duro” del campione era rappresentato da giovani fra i 19 e i 35 anni, che sono le fasce d’età che dicono più parolacce. Sarebbe interessante allargare l’analisi a tutti gli strati della popolazione, per verificare se la frequenza e la quantità di parolacce aumenta oppure no.
La più pronunciata laicità della cultura di oggi emerge anche da un altro aspetto: il maggior uso di metafore sessuali. Ho classificato infatti le 75 espressioni per tipo: parolacce sessuali, escrementizie, religiose, enfatiche e insulti. Una classificazione inevitabilmente approssimativa: la parola “stronzo”, ad esempio, pur nascendo con un significato escrementizio è più usata come insulto, e come tale infatti l’ho catalogata. Dunque, questa categorizzazione va letta come un’approssimazione: le espressioni scurrili sono usate con molte sfumature a seconda dei contesti, quindi è sempre una forzatura inserire una parolaccia in una sola categoria. Ciò detto, rispetto al 1992 non si registrano grandi cambiamenti. Le espressioni di tipo sessuale sono le più pronunciate, nella metà dei casi, seguite da quelle di origine religiosa. Le parolacce di origine sessuale sono le uniche in crescita (+9,8%). Tutti gli altri tipi di espressioni risultano invece in calo: diminuisce del 3,7% l’uso di espressioni religiose, del 2,9% l’uso di quelle enfatiche, del 2,4% gli insulti e dello 0,6% le parole escrementizie.
Hanno parlato di questo articolo: AdnKronos, Quotidiano nazionale (Giorno, Carlino, Nazione), Corriere Adriatico (bellissimo articolo), PortobelloPlace, Cina News, MeteoWeek, MeteoWeb, Yahoo notizie , World News, Ultim’ora news, Costa Paradiso News, San Marino tv, Voce di strada, Tweet imprese, Firenze Post, Vvox, Glonaabot, Curiosauro, Zazoom .
Bell’articolo de Il Corriere Di Bologna (clic per ingrandire)
Il 16 dicembre la trasmissione “Bonjour bonjour” di Radio Monte Carlo con Monica Sala, Massimo Valli e Stefano Andreoli. Potete ascoltare il momento cliccando sul player qui sotto:
La ricerca è stata citata in un servizio del Tg5 (edizione del 17 dicembre alle ore 20). Potete vedere il video cliccando sul player qui sotto.