classifica delle parolacce | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Thu, 05 Oct 2023 13:45:56 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png classifica delle parolacce | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Parolacce: la “Top ten” del 2019 https://www.parolacce.org/2020/01/02/classifica-parolacce-2019/ https://www.parolacce.org/2020/01/02/classifica-parolacce-2019/#respond Thu, 02 Jan 2020 14:50:28 +0000 https://www.parolacce.org/?p=16650 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2019, in Italia e nel mondo? Per il 12° anno, ho compilato la “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Prima… Continue Reading

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Quali sono state le parolacce più notevoli del 2019, in Italia e nel mondo? Per il 12° anno, ho compilato la “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Prima di svelarla, una piccola riflessione per il 2020 che è appena iniziato. Perché forse questo nuovo anno potrebbe segnare l’inizio di una nuova consapevolezza sulle parolacce.

DEPURARE LA POLITICA  

Come ho accertato nella mia ultima ricerca sulle parolacce più usate nell’italiano parlato, negli ultimi 27 anni le volgarità sono triplicate nel linguaggio quotidiano. Con un rischio tangibile: l’inflazione del loro potere espressivo.
Era inevitabile, dato che le scurrilità sono diventate sempre più diffuse in qualunque contesto: al cinema, alla radio, in tv, sui giornali. E negli ultimi tempi sono state adottate da una categoria di persone che fino ad allora ne erano state lontane: i politici. Da Bossi a Grillo, fino a Berlusconi e Salvini, il turpiloquio si è diffuso ovunque, senza distinzioni di ideologia: a destra, a sinistra, al centro.

Titolo razzista uscito nel gennaio 2019.

Il fenomeno l’avevo raccontato in un precedente articolo, All’inizio i politici hanno usato il linguaggio volgare per avere visibilità (la parolaccia fa notizia) e per strizzare l’occhio al popolo (“parlo come te perché sono come te”). Insomma, una forma di marketing.
Ma presto è diventato un mezzo sbrigativo per troncare ogni discussione insultando chi la pensa in modo diverso: le discussioni degenerano in risse. E i cittadini come possono migliorare se dall’alto arriva un esempio simile? Così si è diffuso un clima di odio, di intolleranza. Che ad alcuni partiti è utile: insultare un nemico esterno, infatti, aiuta a rinforzare la propria identità.
E questo involgarimento ha anche un altro effetto collaterale meno evidente ma ancora peggiore. I politici, sempre più scaltri, hanno imparato infatti a usare gli insulti come arma di distrazione di massa, come cortina fumogena per non affrontare davvero i problemi. Se oggi ti insulto durante una discussione sul Fisco, domani sui giornali si parlerà dell’insulto e non del Fisco. La forma (il linguaggio volgare) ha ucciso il contenuto, cioè i temi politico-economici.

Manifestazione delle Sardine a Bologna.

Ma ora, forse, il vento sta cambiando. Una parte del nostro Paese si è schierata contro questo sistema, riempiendo le piazze: il movimento delle Sardine. Che, al di là dei contenuti politici (ancora da definire), al di là del fatto di essere un movimento “nato dal basso”, ha una terza caratteristica: chiede alla politica e all’opinione pubblica un cambio di stile e di linguaggio. Chiede  “non violenza” e “ascolto”. Dicendo basta ai politici che “rovesciano odio”.
Questa posizione ha un corollario: il rifiuto degli insulti, che sono appunto il linguaggio della violenza e dell’odio.
Una prima adesione è arrivata sorprendentemente proprio dall’inventore del “Vaffa day”: Beppe Grillo. Che sul suo blog il 18 dicembre scorso ha ringraziato le Sardine, salutandole come  “un movimento igienico-sanitario… Sono come tennisti vestiti di bianco che sfidano una squadra di rugbisti fangosi, volgari, incattiviti. Le sardine non reclamano altro che l’igiene della parola. Reclamano una convalescenza vigorosa dalla attuale malattia delle lingue e delle menti che fa sembrare certe espressioni pubbliche un vociare roco di hooligan pronti al balzo, oppure un minacciare gradasso di un capobanda… Anche noi in passato abbiamo un po’ esagerato. Ma ora non lo facciamo più”.
Vedremo se questo buon proposito si tradurrà davvero nella pratica, e se contagerà altri leader di partito…

E ora la mia classifica delle parolacce dell’anno. Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità.
Sono episodi rivelatori: fanno
sorridere ma anche riflettere. Il vincitore morale è il primo dell’elenco: il robot che dice parolacce quando urta contro un ostacolo. Un’invenzione che mostra come le imprecazioni possano rendere umano persino un aspirapolvere.
Buona lettura. E buon anno!

L’INVENZIONE DELL'ANNO

«Che cazzo! Fanculo! Stronzo!»
L’aspirapolvere-robot che impreca quando urta un ostacolo
4 maggio 2019, YouTube

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IL FATTO
 

Michael Reeves è un giovane programmatore americano che vive alle Hawaii. E’ diventato un celebre youtuber: documenta davanti a una telecamera le sue stravaganti  invenzioni tecnologiche, dalla canna da pesca a gas al braccio robotico che toglie i pomodori dall’insalata. Insomma, un abile nerd dotato di autoironia e spirito goliardico.

Michael Reeves col Roomba da lui modificato.

In questo video racconta che, pressato dalle numerose richieste dei suoi followers, ha deciso di costruire un modello di Roomba – il celebre robot aspirapolvere – capace di urlare quando urta un ostacolo.
Ha collegato un mini computer “low cost”, il Raspberry, al sensore di movimento del robot, usando il linguaggio di programmazione Pyhton3. Ha inserito nel computer un campionario di frasi registrate, e lo ha collegato a un amplificatore blue tooth.
Così Michael ha prodotto un’iniziale versione di Roomba con una voce femminile: quando riceve un colpo dice varie imprecazioni con voce delicata. Ma Reeves si mostra insoddisfatto, e passa alla versione 2.0 “volevo che il suo comportamento fosse quello di un essere vivente”, racconta nel suo video. Non ha tutti i torti: diverse ricerche (ne ho parlato qui) hanno mostrato che sono proprio le parolacce a distinguere gli uomini dai robot. Un automa che impreca lo consideriamo più simile a noi.

Reeves testa il Roomba in un supermercato.

Così, dopo aver chiesto a vari amici di prestare la voce al robot modificato, lo ha testato sul campo. Il risultato è impressionante: il Roomba esplode in urla disumane quando cozza contro un ostacolo (Huaaaaaaaaaa!!!!!!) e poi si lancia in imprecazioni senza freni: “Fuck! Goddamn! Motherfucker! Fuck you!” (Cioè: cazzo! Maledetto! Stronzo! Vaffanculo!) e via così.
Ma non è tutto. Reeves, che è un nerd molto autoironico, ha scatenato il Roomba mentre discuteva a pranzo con due amici in cucina. Una scena surreale, in cui i discorsi intellettuali dei commensali contrastavano con le urla selvagge del Roomba contro i mobili della cucina.
Non soddisfatto del confronto, ha deciso di fare una vera e propria ricerca di marketing. Con lo slogan: “rendiamo più personale il Roomba, rendiamolo più umano” ha sguinzagliato il robot modificato in un vero supermercato, facendolo girare fra gli scaffali: nel video i clienti si piegano in due dalle risate quando lo sentono imprecare come uno scaricatore di porto isterico. Alla fine, Michael porta il suo robot all’ufficio reclami del supermercato, lamentando di aver acquistato un prodotto maleducato, e chiedendone uno “normale” in cambio. Alla fine, lo youtuber si finge sconsolato, e conclude dicendo: “Non tutti sono pronti all’innovazione, come non erano pronti all’iPhone di Steve Jobs”.
Insomma, un video stravagante, ironico e divertente.  Perché mostra che basta un’imprecazione a dare un aspetto “umano” a un elettrodomestico. E’ stato visto già da oltre 11 milioni di persone su YouTube. Eccolo:

 

CHI VA A PUTTANE

«Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
SILVIO BERLUSCONI, proprietario del Monza Calcio
Stadio di Olbia, 1° dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Serie C. Il Monza calcio, in testa alla classifica, va in trasferta a giocare contro l’Olbia. In tribuna c’è Silvio Berlusconi, che dopo aver ceduto il Milan nel 2018 si è rituffato nel calcio comprando il Monza. Che, essendo in vetta alla classifica, non fatica a sconfiggere l’Olbia a casa sua, con 3 reti a zero.
A fine partita, un tifoso sardo si avvicina a bordo campo e dice a Berlusconi: «Presidè, ascolti! Mi servono 500 euro…devo andare a mignotte stasera ». Lui risponde con una grassa risata e poi congedandosi dice con un sorriso ammiccante: «Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
Il video, girato da un tifoso allo stadio, è diventato virale. Perché non capita tutti i giorni di ascoltare un uomo di 83 anni dire una battuta del genere. Tanto meno se è a capo di un impero economico, nonché ex premier e presidente di un partito politico. Ma a quanto pare, il gusto per la battuta piccante e per stare al centro della scena sono tentazioni irresistibili per lui. Che alla fine riesce a essere simpatico perché è anche autoironico: gli incontri con alcune prostitute gli hanno procurato non pochi guai giudiziari. Ma lui, fedele alla sua fama di viveur, si lancia in battute da avanspettacolo anche a costo di apparire greve.

 

PARTITA O FIGURA?

«Da una “partita di merda” a una “figura di merda”».
RICCARDO PITTIS, telecronista Rai.
Rai, 6 gennaio 2019

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IL FATTO
 Partita di basket fra Reggio Emilia e Pesaro. La sproporzione fra le squadre è evidente: il Reggio Emilia stravince, e la partita va avanti senza mordente. Così durante l’intervallo della telecronaca Rai, il telecronista Riccardo Pittis (ex cestista della Nazionale) esclama: “Che partita di merda”. E il commento va in onda.
Alcuni si divertono, altri si offendono. Quando Pittis si accorge della figuraccia, scrive le sue scuse su Twitter, citando una celebre battuta del film “I blues brothers”: “Non ho sentito il countdown! Nessuno mi ha detto che ero in onda! C’è stato il terremoto! Le cavalletteeee! Bene, fine degli alibi. Dicendo in onda (inconsapevolmente) che era una partita di m… ho fatto sicuramente una figura di m… Oltre a diverse battute divertenti e prese per i fondelli meritate che ho letto sui social, c’è sicuramente chi si è sentito offeso e quindi mi scuso. Aggiungo che il “commento” era riferito alla difficoltà di commentare una partita che era virtualmente già chiusa. Sorry”. Raro trovare una persona che ammetta i propri torti, uscendone più simpatico di prima.
Il video con il fuori onda si può vedere (e sentire) qui
 
 

SCIENZA: BUCO NERO O BUCO DEL….?

«IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO!» (il buco nero è il buco del culo dello spazio!)
IL VERNACOLIERE, mensile satirico
maggio 2019

 

 

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IL FATTO
  Il 10 aprile una notizia scientifica fa il giro del mondo: con un complesso metodo di elaborazione dei segnali radio,  i ricercatori dell’Eht (Event Horizon Telescope) sono riusciti a ottenere la prima immagine di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. Si trova al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine. Questo buco nero dista da noi 55 milioni di anni luce e ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole.
La notizia ha fatto il giro del mondo. Un risultato storico, che ha ispirato anche Mario Cardinali, l’82enne direttore del “Vernacoliere”, celebre mensile satirico livornese. Che spara la notizia in copertina a caratteri cubitali: “IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO! Si tratta der famoso culo primigenio dindove ci siamo sortiti tutti, popò di caàte che ‘un siamo artro!” (Il buco nero è il buco del culo dello spazio! Si tratta del famoso culo primigenio da cui siamo fuoriusciti tutti, enormi cagate che non siamo altro!)”.
Non è da tutti riuscire a trovare una chiave comica per una scoperta scientifica così affascinante. Ma il Vernacoliere è abituato a questo e ad altro: la sua filosofia è affrontare gli argomenti dal punto di vista “uro-gastro-genitale”... 

LA SENTENZA

Licenziato perché disse “azienda di merda”. La Cassazione: non c’è l’obbligo di stimare l’azienda.
CORTE DI CASSAZIONE
Roma, 14 maggio 2019

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IL FATTO
 

Roma. Nel 2017 una guardia giurata viene licenziata. Un giorno aveva chiamato più volte il centralino dell’azienda per chiedere una copia del proprio Cud che aveva smarrito, e non otteneva risposta. Così si era sfogato col centralinista: “Che azienda di merda”. Quest’ultimo, in un eccesso di zelo aziendalista, aveva riferito l’episodio alla titolare della società, che lo aveva licenziato, sostenendo che “era venuto meno il rapporto di fiducia con l’azienda”.
Ma la guardia ha impugnato la sentenza, che è arrivata fino in Cassazione. I giudici, nella sentenza 12786/2019, hanno ribadito che il licenziamento era illegittimo. Con una considerazione controcorrente nel nostro Paese, dove spesso l’aziendalismo raggiunge livelli assurdi: per i giudici, la frase della guardia è stata “senza dubbio volgare e inappropriata ma priva di intenti realmente offensivi e aggressivi nei confronti del datore di lavoro”. Dunque, quella frase non rivelava “alcuna insubordinazione o offesa al datore di lavoro tale da minare il rapporto fiduciario, non sussistendo in capo al dipendente alcun dovere di stima nei confronti della propria azienda”. Il lavoratore, piuttosto, è tenuto a osservare i doveri di diligenza e fedeltà: questo è il “nocciolo duro” del rapporto di lavoro. La stima è un optional.

Fantozzi dopo aver scritto in cielo uno sfogo contro il Megapresidente.

Un cambio di prospettiva rivoluzionario in un Paese di lecchini e aziendalisti: si può anche lavorare per necessità, per lo stipendio, senza dover per forza stimare l’azienda per cui si lavora. Basta che si lavori correttamente. Ma attenzione: questo non significa che siamo liberi di insultare impunemente le ditte per cui lavoriamo! Se la guardia giurata avesse usato le stesse espressioni su Facebook, il suo licenziamento sarebbe stato legittimo. Perché avrebbe danneggiato all’esterno l’immagine dell’azienda.
La situazione, comunque, ricorda il celebre sfogo di Fantozzi, che un giorno immagina di scrivere in cielo “Il megapresidente è uno stronzo” (“Fantozzi contro tutti”, 1980) e la scritta si materializza davvero: il povero impiegato finisce davanti al consiglio d’amministrazione e viene costretto a sostituire il suo nome con quello del megapresidente. 

 

DA PREMIER A PUPAZZO

«Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno».
HUGH GRANT, attore (al premier Boris Johnson)
su Twitter, 28 agosto 2019

 

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IL FATTO
 

L’estate scorsa, il premier britannico Boris Johnson aveva chiesto alla regina di sospendere i lavori del Parlamento del Regno Unito per 5 settimane, fino al 14 ottobre. Sarebbe stata la più lunga sospensione del Parlamento dal 1945. Una forzatura per impedire che i parlamentari di opposizione approvassero una legge contro il “no deal“, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Europa senza accordi.

Il bizzarro account Twitter di Hugh Grant.

Il colpo di mano ha fatto indignare molti, fra cui l’attore britannico Hugh Grant, che ha scritto un Tweet pesantissimo contro il premier: “Non ti lascerò fare cazzate con il futuro dei miei figli. Non ti lascerò distruggere le libertà per cui mio nonno ha combattuto due Guerre mondiali. Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno. Alla Gran Bretagna fate schifo, tu e la tua piccola banda di capetti autocompiaciuti (letteralmente, masturbatori, ndr)”.
In poche ore Grant ha totalizzato quasi 80mila retweet e oltre 300mila preferenze. E a dicembre ha fatto una campagna porta a porta di persona nelle case di Londra per esortare anziani, famiglie e studenti a votare per la candidata dei Liberal-democratici, Luciana Berger. Obiettivo: “Fermare la Brexit”. Ma lo sforzo è stato vano: a dicembre Johnson ha vinto le elezioni col 43% dei voti. La Brexit si farà. 

RECORD DEL C****

«Record di cazzo questa sera».
GIORGIA ROSSI, giornalista
Tg5, 10 dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Clamorosa gaffe per Giorgia Rossi al Tg5. Durante il collegamento in diretta da San Siro prima dell’incontro Inter-Barcellona, la giornalista, commentando l’affluenza degli spettatori allo stadio, ha detto: “È la cornice davvero perfetta, con più di 70.000 spettatori, record di cazzo questa sera…”.
In realtà voleva dire “record d’incasso”, ma l’emozione della diretta le ha giocato un brutto scherzo. La sua gaffe (qui il video) è diventata virale e le ha fruttato un “Tapiro d’oro” da parte della trasmissione “Striscia la notizia”.
Non è il primo scivolone del genere per una giornalista sportiva. Anni fa Antonella Clerici, parlando della sua passione per il calcio, se ne uscì con la storica affermazione: “Io non posso vivere senza cazzo”. Voleva dire “senza calcio”. 
 

IN CAMPO CONTRO IL RAZZISMO

“Negro, scimmia, gorilla”: in campo con gli insulti razzisti stampati sulla maglia.
squadra Alma de Africa, Spagna
Siviglia, 29 maggio 2019

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IL FATTO
L’Alma de Africa (Anima d’Africa) è una squadra di terza categoria dilettanti a Cadice, in Spagna. Una zona di frontiera, con molti immigrati. Infatti la squadra è composta da giocatori di 12 nazionalità diverse, tanto che i 5 spagnoli del gruppo sono chiamati ironicamente “stranieri”. Ma il pubblico non è altrettanto ironico: spesso, infatti, i giocatori della squadra sono apostrofati con insulti razzisti. Così, all’ultima giornata di campionato, i calciatori hanno deciso di fare un gesto plateale per smuovere le coscienze: sono scesi in campo indossando maglie su cui, al posto dei loro veri nomi (Omar, Bassirou, Eric, Abdoulaye, Osaivbie, Ivan, Issa Abdou, Mourtalla, Abdelmounim, Modou e Mohamed), hanno scritto gli insulti che ricevono durante le partite. “Scimmia”, “Schiavo”, “Gorilla”, “Zingaro”. “Negro”, “illegale” e così via.
“Ci sentiamo spagnoli e il calcio ci aiuta a integrarci. Ma sentirci insultare in questo modo ci fa soffrire, è un’esperienza dura dopo tutte le disavventure che abbiamo attraversato per arrivare in Europa”, hanno spiegato i giocatori. “Abbiamo fatto questa iniziativa per dire a tutti che non siamo criminali. Che siamo persone e che non disturbiamo nessuno. Ma anche per dimostrare che siamo al di sopra di questi insulti, tanto che li mettiamo sulla schiena, sotto gli occhi di tutti”. Una lezione di vita e di stile.
Alla fine della partita, i giocatori hanno consegnato le magliette alla squadra avversaria. Per rinfrescare la memoria.  

CARNIVORI=SFIGATI

«#SEIUNOSFIGATO se mangi l’agnello».
Lega Nazionale difesa del cane (LNDC)
Milano, 2 aprile 2019

 

 

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IL FATTO
La campagna è stata lanciata a Pasqua dalla Lega nazionale difesa del cane (LNDC). Un’associazione che “da tempo si impegna a promuovere l’alimentazione senza prodotti di origine animale, ma questo è il periodo in cui si consuma tradizionalmente la carneficina più agghiacciante dell’anno”, afferma Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection.
Di qui la decisione di lanciare un messaggio “volutamente provocatorio per sottolineare l’incoerenza di chi dice di amare gli animali ma al tempo stesso non rinuncia a ucciderli per mangiarli.”
Dunque, una campagna sociale giocata con un linguaggio forte, per indurre un cambio di mentalità. Per secoli, chi mangiava carne era un benestante, e la carne è diventata uno “status symbol”. Ma oggi lo scenario è cambiato: negli ultimi 40 anni si sono diffusi i movimenti animalisti, che lottano perché tutti gli animali, non solo l’uomo, abbiano diritto a una vita dignitosa, ossia senza sofferenze o sfruttamento.
A volte, però, l’animalismo sfocia in un fanatismo col paraocchi: non è raro incontrare animalisti che mangiano salumi o indossano scarpe di cuoio animale. Oppure passano all’eccesso opposto: sono sensibili alle vessazioni sugli animali, ma indifferenti ai drammi di altri esseri umani, siano immigrati o carcerati.
Ma oggi non occorre necessariamente una sensibilità animalista per schierarsi contro il consumo di carne: basta essere sensibili all’ambiente.
L’allevamento di animali infatti ha un pesante impatto ecologico sul nostro pianeta. Gli allevamenti sottraggono terre all’agricoltura (occupano il 26% delle terre, e assorbono il 40% delle risorse agricole), consumano molta acqua (circa il 10% dell’uso di acqua dolce), producono notevoli  emissioni di gas serra (il 14,5% del totale). Senza contare che da tempo le carni rosse sono additate come cancerogene.
Dunque, lo slogan della Lega del cane non è una provocazione sterile: va accolto come un invito a cambiar vita, per il bene non solo degli animali, ma anche del pianeta. E in ultima analisi di noi stessi. 
  
 

 

PLATINI COME FANTOZZI

«Il Var? Una bella cagata».
Michel Platini, ex campione di calcio
Rai (Che tempo che fa), 18 novembre 2019

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IL FATTO
Era nato per troncare le discussioni (era gol, non era gol, era fuorigioco, no, non lo era), eppure continua a sollevare polemiche. Il VAR (Video assistant referee) è un sistema video che a bordo campo serve a sciogliere i dubbi su gol e falli, permettendo di rivedere in tempo reale i video ravvicinati delle azioni contestate. Michel Platini, ex campione della Juve ed ex presidente dell’Uefa, in novembre è stato ospite di Fabio Fazio in tv a “Che tempo che fa”. Scagionato dalle accuse di corruzione in un’inchiesta sulla Fifa, ha appena pubblicato un libro biografico (“Il re a nudo”). E ha detto la sua sul sistema Var:  “Il Var non regola le cose, le sposta. Ci vogliono 30 minuti per spiegare perché non sono d’accordo. Penso che non si ritornerà mai indietro, ma penso che è una bella cagata“.
Una frase a effetto, che ricorda un film di Fantozzi (“La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”). E mostra anche la padronanza di Platini nella lingua italiana. I motivi della sua opposizione al Var Platini li aveva spiegati in un’intervista al giornale francese l’Equipe: il Var può essere utile a stabilire se una palla è entrata in rete o se un gol è stato fatto in fuori gioco, ma in tutti gli altri casi non scioglie i dubbi, anzi li moltiplica. E rischia di uccidere la spontaneità del calcio. 
 
 

Se vi incuriosisce sapere come sono andate le classifiche degli ultimi 11 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

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Parolacce: le più amate dagli italiani oggi https://www.parolacce.org/2019/12/15/dati-frequenza-turpiloquio-italia/ https://www.parolacce.org/2019/12/15/dati-frequenza-turpiloquio-italia/#comments Sun, 15 Dec 2019 16:20:57 +0000 https://www.parolacce.org/?p=16524 La più usata è ancora “cazzo”, seguito dalle imprecazioni religiose (Dio, Madonna), e da “merda” e “minchia”, che hanno scalato la classifica. Rispetto agli anni ‘90, diciamo 2/3 in più di volgarità e 3 volte più spesso. E le bestemmie… Continue Reading

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Oggi diciamo più parolacce rispetto a 30 anni fa (montaggio foto Shutterstock)

La più usata è ancora “cazzo”, seguito dalle imprecazioni religiose (Dio, Madonna), e da “merda” e “minchia”, che hanno scalato la classifica. Rispetto agli anni ‘90, diciamo 2/3 in più di volgarità e 3 volte più spesso. E le bestemmie sono più che quadruplicate. E’ questa la fotografia delle parolacce più pronunciate in italiano oggi. Una fotografia resa possibile da una nuova indagine linguistica, il corpus “KiParla”, elaborata dalle università di Bologna e di Torino. Grazie a questo database, appena pubblicato online, ho potuto aggiornare la classifica del parolacce più usate nella lingua italiana parlata: gli ultimi dati risalivano a 27 anni fa. Trovate più sotto la classifica aggiornata delle 75 parolacce più pronunciate dagli italiani. Dunque, un’occasione due volte preziosa: ci permette non solo di capire quali sono le espressioni volgari più  usate oggi, ma anche di vedere come sono cambiate le nostre abitudini linguistiche negli ultimi 5 lustri.

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IL NUOVO CORPUS

Prima di oggi, gli ultimi dati sulle parolacce più usate nel linguaggio parlato risalivano al 1992, grazie a un’indagine pionieristica guidata dal linguista Tullio De Mauro. Un gruppo di ricercatori aveva registrato 57 ore di conversazioni in varie città e ambienti, e poi le aveva trascritte, conteggiando ogni parola pronunciata. Era nato così il Badip (Banca dati dell’italiano parlato), un corpus linguistico, ovvero un database consultabile per varie analisi. In questo database avevo inserito le 301 parolacce presenti sul vocabolario della lingua italiana (le trovate nel mio libro), stilando così la classifica delle più usate, che trovate in questo articolo.

La ricerca che ha dato vita al nuovo corpus “KiParla”, pubblicato questo autunno, è stata fatta in modo simile.  I ricercatori – coordinati dai linguisti Caterina Mauri (università di Bologna), Eugenio Goria, Silvia Ballarè e Massimo Cerruti (Università di Torino) – hanno registrato e trascritto più di 70 ore di conversazioni nelle città di Bologna e di Torino. E in questo database ho inserito le stesse 301 parolacce (in tutte le forme verbali e nominali: ovvero in tutti i tempi e modi per i verbi, e declinati al maschile/femminile, singolare/plurale per nomi e aggettivi), per verificare quali e quanto spesso fossero state pronunciate. Pur nelle somiglianze, i due corpus hanno però anche notevoli differenze, che vedete in questa tabella:

KIPARLA BADIP
Anno di pubblicazione 2019 1992
Periodo di registrazione dei dialoghi 2016-2019 1990-1992
Luoghi e contesti di registrazione Università di Bologna e Torino. Lezioni, esami, ricevimento studenti, interviste semistrutturate a studenti, conversazioni libere. Milano, Firenze, Roma, Napoli. Conversazioni in case, scuole, assemblee, luoghi di lavoro, mezzi di trasporto, telefono, radio e tv.
Ore di registrazione trascritte 70 57
Parole censite 635.325 489.178

Dunque, rispetto al Badip, il nuovo corpus KiParla ha alcuni aspetti migliori e altri peggiori. E’ linguisticamente più ricco (+ 30% di parole), essendo frutto di una maggior quantità di ore di registrazione. Ma purtroppo è meno rappresentativo della popolazione italiana generale. Non solo perché ha censito i dialoghi di due sole città (e solo settentrionali), ma soprattutto perché è stato realizzato in un particolare contesto: l’università. Questo ha reso il campione meno vario, dato che le università sono frequentate soprattutto da professori e giovani istruiti. In pratica, buona parte del campione era costituito da giovani di età inferiore ai 35 anni e da adulti di età inferiore ai 65 anni. Tutti con almeno un diploma in tasca, se non una laurea e oltre. Risultano esclusi i giovani da 0 a 19 anni, gli anziani sopra i 65 anni e le persone meno istruite. In più, anche il contesto della ricerca – l’ambiente univrsitario – è limitato, perché condiziona il modo di comunicare delle persone: in uno stadio, per fare un esempio, il linguaggio delle persone è radicalmente diverso. Ma KiParla ha anche un punto di forza: a differenza del precedente corpus, infatti, conosciamo le caratteristiche demografiche (sesso, età, istruzione) del campione. “Abbiamo chiesto questi dati ai partecipanti, insieme ai loro consensi informati per la privacy, necessari anche se alla fine i dialoghi sono pubblicati in forma anonima. Il nostro corpus è accessibile e gratuito, e si possono fare molte interrogazioni. E ascoltare il file audio delle frasi scelte”, racconta la professoressa Mauri.

La classifica di oggi

Vediamo subito la classifica dettagliata delle parolacce più pronunciate in italiano, in ordine decrescente di frequenza. I colori indicano la tipologia delle espressioni: in giallo quelle di tipo sessuale, azzurro quelle religiose, arancione quelle escrementizie, verde quelle enfatiche, e rosa gli insulti. L’asterisco evidenzia i nuovi ingressi in classifica. L’asterisco (*) indica una nuova parola in classifica, le frecce (↑↓) indicano se la posizione attuale è in crescita o in calo rispetto al Badip del 1992.

  Parolaccia  Posizione rispetto al 1992 Quantità % sul totale (e rispetto al 1992)
1 cazzo  (=) 314 23,2 (+6%)
2 Dio (+2) ↑ 115 8,5 (+ 2,2%)
3 Madonna (=) 92 6,8 (- 6,6%)
merda  (+6) ↑ 92 6,8 (+ 4,5%)
4 minchia (-) * 82 6,1
5 fregare (+7) ↑ 60 4,4 (+ 2,9%)
6 casino  (-3) ↓ 58 4,3 (- 6,6%)
7 culo (=) 40 3,0 (-0,3%)
8 stronzo  (-2) ↓ 36 2,7 (-1,4%)
porco  (+4) ↑ 36 2,7 (+ 1,2%)
9 balla / palla  (-3) ↓ 34 2,5 (+1,3%)
10 vaffanculo/fanculo  (+2) ↑ 32 2,4 (+ 0,9%)
11 cagare/cacare (+2) ↑ 31 2,3 (+ 1%)
12 coglione  (-5) ↓ 28 2,1 (-1,2%)
13 incazzare (-5) ↓ 23 1,7 (-0,8%)
14 figa (+3)  ↑ 22 1,6 (+ 1,1%)
troia  (+3)  ↑ 22 1,6 (+1,3%)
15 bastardo  (+1)  ↑ 19 1,4 (+0,9%)
16 fottere  (+2)  ↑ 18 1,3 (+ 1%)
sfiga  (+1) ↓ 18 1,3 (+ 1%)
17 cazzata (+1)  ↑ 14 1 (+ 0,5%)
18 stronzata  (-12) ↓ 13 1,0 (-2,8%)
19 cesso  (-1) ↓ 11 0,8 (+ 0,5%)
figata  (-)* 11 0,8
tette  (-)* 11 0,8
20 puttana  (-7) ↓ 8 0,6 (-0,7%)
21 cacca  (-)* 7 0,5
fesso/fesseria  (-)* 6 0,4
22 cretino (-10) ↓ 6 0,4 (-1,4%)
Cristo (-)* 6 0,4
23 soccmel/socci (-)* 5 0,4
scopare  (-14) ↓ 5 0,4 (-2,1%)
deficiente (11)  ↓ 5 0,4 (-1,1%)
24 negro (-15) ↓ 4 0,3 (-2,2%)
bordello  (-9) ↓ 4 0,3 (-0,7%)
scazzi/are  (-6) ↓ 4 0,3
scoreggia  (-)* 4 0,3
rompicazzo  (-)* 4 0,3
Gesù  (-)* 4 0,3
25 vacca  (-8) ↓ 3 0,2 (-0,3%)
smerdare  (-)* 3 0,2
sputtanare  (-)* 3 0,2
rompicoglioni  (-7) ↓ 3 0,2 (-0,1%)
figo/fico  (-)* 3 0,2
26 imbecille  (-15) ↓ 2 0,1 (-1,9%)
pirla (-12) ↓ 2 0,1 (-1,2%)
sega  (-11) ↓ 2 0,1 (-1,2%)
frocio  (-10) ↓ 2 0,1 (-0,7%)
trombata  (-9) ↓ 2 0,1 (-0,4%)
baldracca  (-)* 2 0,1
stocazzo  (-)* 2 0,1
piscia  (-)* 2 0,1
 inculare  (-)* 2 0,1
vucumprà  (-)* 2 0,1
27 puttanata  (-10) ↓ 1 0,1 (-0,4%)
culona  (-9) ↓ 1 0,1 (-0,2%)
pippa  (-9) ↓ 1 0,1 (-0,2%)
belin  (-)* 1 0,1
rompimaroni (-)* 1 0,1
terrone  (-)* 1 0,1
mignotta  (-)* 1 0,1
scoglionato  (-)* 1 0,1
fregna  (-)* 1 0,1
pugnetta  (-)* 1 0,1
terrone  (-)* 1 0,1
infame  (-)* 1 0,1
suca  (-)* 1 0,1
cornuto (-)* 1 0,1
0 mortacci (-15) ↓ 0 0,0 (-0,8%)
bernarda  (-16) ↓ 0 0,0 (-0,5%)
pompino  (-16) ↓ 0  0,0 (-0,5%)
bischero  (-17) ↓ 0 0,0 (-0,3%)
culattone (-17) ↓ 0 0,0 (-0,3%)
rompiballe  (-17) ↓ 0 0,0 (-0,3%)
    TOTALE 1353

Chi sale, chi scende, chi entra

Oggi diciamo più parolacce rispetto a 30 anni fa (montaggio foto Shutterstock)

Ma vediamo più da vicino la nuova classifica. Al top non ci sono cambi: “cazzo” resta l’espressione più usata. E’ la 215° parola più pronunciata in assoluto, a pari merito – segno del destino – con la parola “italiano”. Rispetto a 27 anni fa, comunque, la usiamo ancora più spesso: un tempo, costituiva il 17,2% delle parolacce; oggi è salita al 23,2%. Vuol dire che una parolaccia su 4 è “cazzo” (volete sapere l’origine di questa espressione? Ne avevo parlato in questo articolo). Se a questo si aggiunge che “minchia” è la quarta parolaccia più pronunciata, possiamo dire che il nostro turpiloquio è molto fallocentrico. Sempre in termini di frequenza, le parolacce nei primi 4 posti della classifica (cazzo, Dio, Madonna, merda, minchia) rappresentano da sole più della metà (51,4%) delle espressioni che usiamo comunemente. E quasi tutte sono usate come imprecazioni (“è bello un sacco, cazzo!”) o in senso enfatico: il primo insulto, stronzo, appare solo al 7° posto e rappresenta solo il 2,7% delle parolacce. Per quanto riguarda le espressioni religiose: ho censito l’uso delle parole “Dio”, “Madonna”, “Cristo” solo quando sono state usate come imprecazioni (“Oh, Gesù Cristo!”), al di fuori dei contesti religiosi. Anche l’uso di queste espressioni è salito, e il fatto non stupisce viste le radici religiose della cultura italiana.  Pure le bestemmie sono in notevole crescita: mentre nel corpus Badip ne avevo censite solo 2 (una contro Dio, una contro la Madonna), nel nuovo corpus KiParla sono più che quadruplicate, salendo a 9 (8 contro Dio). Dunque, abbiamo un rapporto ambivalente con la religione: oggi atei e laici sono più numerosi di un tempo, ma non abbiamo cancellato le nostre radici culturali cristiane. Anzi, le usiamo in modo profano: per sfogare la nostra rabbia e sorpresa, con un atteggiamento anti-religioso che non si cura di “nominare il nome di Dio invano“. Fra le parolacce censite in questo nuovo corpus, quali sono aumentate e diminuite maggiormente rispetto al passato? Ho riassunto la situazione in questo riquadro:

  • Espressioni diminuite di più: Madonna, casino (- 6,6%)
  • Espressioni aumentate di più: minchia (+6,1%) cazzo (+6%) e merda (+ 4,5%)
  • Nuove parole entrate in classificaminchia (4° posto), figata (18°), tette (19°), cacca, fesso (21°), Cristo, soccmel (22°), scoreggia,  rompicazzo (23°), Gesù (24°), smerdare, sputtanare, figo (25°), baldracca, stocazzo, piscia, inculare, vucumprà (26°), belin, rompimaroni, terrone, mignotta, scoglionato, fregna, pugnetta, infame suca, cornuto (27°)
  • Parole uscite dalla classifica: mortacci, bernarda, pompino, bischero, culattone, rompiballe

Razzisti, omofobi e sessisti. E dialetti

A proposito di insulti, quelli di tipo razzista o etnico sono pochi e in calo dell’80%: sono passati dal 2,5% complessivo allo 0,5%. Infatti, “negro” scende di ben 15 posizioni con un calo del 2,2%, anche se per la prima volta entrano in classifica le parole “terrone” e “vucumprà”, per quanto in coda. Stesso destino per gli insulti omofobici, scesi del 90% (sono passati dall’1,1% allo 0,1% del totale): “culattone” è uscito dalla classifica, e “frociocala dello 0,7%, scendendo di 10 posizioni.

Schermata di KiParla coi risultati di “cazzo”.

Dunque, siamo diventati un po’ più “civili” in questi ambiti? Non possiamo dirlo perché il campione, cioè le persone studiate da questa indagine non è molto rappresentativo di tutta la popolazione italiana. Il minor tasso di razzismo e omofobia potrebbero essere l’effetto del più alto livello di istruzione o di ceto delle persone che frequentano le università. Occorrerà allargare l’analisi al resto della popolazione per vedere se siamo davvero meno razzisti e omofobi (e ho seri dubbi al riguardo). Lieve aumento, invece, per gli insulti sessisti contro le donne, saliti del 10% (sono passati dal 2,1% al 2,3% del totale): cresce di 4,5 volte l’uso di “troia” (+ 1,3%), entrano in classifica “baldracca” (+0,2%) e “mignotta” (+ 0,1%), mentre le altre espressioni sono in calo: puttana (- 0,7%), vacca (-0,3%).

Un’ultima considerazione riguarda l’uso di espressioni dialettali. Anche se l’indagine è stata fatta in due città del Nord (Torino e Bologna), ho trovato una sola espressione in bolognese (socci, soccmel, al 23° posto) e nessuna in piemontese (come balengu o piciu). In compenso, appaiono invece altre espressioni originarie di altre zone d’Italia: la sicilianaminchia” (4°), il lombardo pirla” (26°, in calo), il genovese belin” (27°), le romanesche mignotta” e “fregna” (27°) e il siciliano suca” (27°). Il dato non sorprende, sia perché Torino e Bologna sono città con un alto tasso di immigrati da altre zone d’Italia, sia perché queste espressioni dialettali si sono oramai diffuse in tutto il Paese. Escono invece dalla classifica di oggi il romanesco mortacci” e il toscano bischero”.

Quante ne diciamo e quanto spesso (e perché)

Alla luce di questi dati, com’è cambiato l’uso delle parolacce nella nostra lingua parlata? E’ cresciuto molto: usiamo più parolacce e più spesso. Negli anni ‘90 sono state censite 45 espressioni volgari; oggi sono diventate 75, con una crescita del 67%. Dunque, il nostro arsenale di volgarità oggi è più fornito e vario rispetto al passato. E le diciamo più spesso: 27 anni fa le parolacce rappresentavano lo 0,08% delle parole pronunciate. Oggi sono triplicate, salendo allo 0,21%: rimangono un’eccezione, ma un’eccezione più abituale rispetto al passato. Ma cosa significano queste percentuali? Facciamo un esempio pratico. Si calcola che pronunciamo in media 16mila parole al giorno: suddivise in 16 ore di veglia, vuol dire che diciamo 1.000 parole all’ora. E quante di queste sono volgari? Lo 0,21% significa 2,1 parolacce all’ora. Nel 1992 lo 0,08% significava poco meno di 1 all’ora. Moltiplicando questi dati per le 16 ore di veglia, siamo passati da 12,8 a 33,6 parolacce al giorno. Dunque, per quanto siano cresciute molto, le parolacce restano poche, almeno nel linguaggio parlato: sui social network, invece, il discorso cambia e molto. Su Twitter, Facebook e chat le parolacce sono da 5 a 14 volte più diffuse (rappresentano dall’1% al 3%). A cosa è dovuto l’aumento di parolacce nel linguaggio parlato? A un fatto sotto gli occhi di tutti: il turpiloquio è stato “sdoganato” da cinema, tv, libri, radio, giornali e Web. E, soprattutto negli ultimi 25 anni, dai politici: ha iniziato Umberto Bossi, seguito da Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e poi a cascata tutti gli altri (lo raccontavo più diffusamente in questo articolo). Quindi, a differenza di 30 anni fa, siamo più abituati a leggerlo e ascoltarlo, e quindi anche a dirlo. Rispetto al passato abbiamo meno tabù: diamo meno peso alle espressioni volgari, e le diciamo più spesso e in qualunque ambiente. E a questa minor sensibilità si affianca però un’inflazione del loro potere: come la moneta si svaluta se ne circola molta, lo stesso avviene anche con le parolacce. Questa crescita, comunque, è significativa anche da un altro punto di vista: dato che il corpus KiParla ha censito le abitudini linguistiche di persone con alto livello di istruzione e di reddito, questo dimostra che il turpiloquio non è un’abitudine solo delle classi “basse”, ma è un fenomeno trasversale. E’ anche vero che lo “zoccolo duro” del campione era rappresentato da giovani fra i 19 e i 35 anni, che sono le fasce d’età che dicono più parolacce. Sarebbe interessante allargare l’analisi a tutti gli strati della popolazione, per verificare se la frequenza e la quantità di parolacce aumenta oppure no.

Sesso e religione

La più pronunciata laicità della cultura di oggi emerge anche da un altro aspetto: il maggior uso di metafore sessuali. Ho classificato infatti le 75 espressioni per tipo: parolacce sessuali, escrementizie, religiose, enfatiche e insulti. Una classificazione inevitabilmente approssimativa: la parola “stronzo”, ad esempio, pur nascendo con un significato escrementizio è più usata come insulto, e come tale infatti l’ho catalogata. Dunque, questa categorizzazione va letta come un’approssimazione: le espressioni scurrili sono usate con molte sfumature a seconda dei contesti, quindi è sempre una forzatura inserire una parolaccia in una sola categoria. Ciò detto, rispetto al 1992 non si registrano grandi cambiamenti. Le espressioni di tipo sessuale sono le più pronunciate, nella metà dei casi, seguite da quelle di origine religiosa. Le parolacce di origine sessuale sono le uniche in crescita (+9,8%). Tutti gli altri tipi di espressioni risultano invece in calo: diminuisce del 3,7% l’uso di espressioni religiose, del 2,9% l’uso di quelle enfatiche, del 2,4% gli insulti e dello 0,6% le parole escrementizie.

  Hanno parlato di questo articolo: AdnKronos,  Quotidiano nazionale (Giorno, Carlino, Nazione), Corriere Adriatico (bellissimo articolo), PortobelloPlace, Cina News MeteoWeek, MeteoWeb, Yahoo notizie , World News, Ultim’ora news, Costa Paradiso News, San Marino tvVoce di strada, Tweet imprese, Firenze Post, Vvox, Glonaabot, Curiosauro, Zazoom .  
Bell’articolo de Il Corriere Di Bologna (clic per ingrandire)

 

 

Il 16 dicembre la trasmissione “Bonjour bonjour” di Radio Monte Carlo con Monica Sala, Massimo Valli e Stefano Andreoli. Potete ascoltare il momento cliccando sul player qui sotto:

La ricerca è stata citata in un servizio del Tg5 (edizione del 17 dicembre alle ore 20). Potete vedere il video cliccando sul player qui sotto.

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