classifica | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 19 Dec 2022 18:28:37 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png classifica | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Parolacce: la “top ten” del 2020 https://www.parolacce.org/2021/01/02/classifica-parolacce-2020/ https://www.parolacce.org/2021/01/02/classifica-parolacce-2020/#comments Sat, 02 Jan 2021 09:21:01 +0000 https://www.parolacce.org/?p=18324 Le parolacce più notevoli e divertenti del 2020. In Italia e nel mondo. Tra gaffe, sbrocchi e provocazioni. Continue Reading

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Il 2020 su T-shirt (spreadshirt.com), addobbo natalizio (etsy.com), logo (thesilkscreenmachine.com) e su uno striscione goliardico a Venezia.

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2020, in Italia e nel mondo? Anche quest’anno ho fatto la classifica dei 10 insulti più emblematici dell’anno. Una “top ten” che non poteva essere immune al Coronavirus: molti episodi, infatti, sono collegati alla pandemia. Era inevitabile. Come forse era inevitabile che un anno funesto come il 2020 diventasse esso stesso un insulto. Fra contagi, crisi economica, isolamento forzato, questo anno è diventato l’emblema della sfortuna, della rovina, del male assoluto. Tanto che sui social in lingua inglese si è diffusa l’espressione “go 2020 yourself”, come equivalente di “go fuck yourself”, vai a farti fottere (“vaffan2020”). E’ presto per dire quanto sopravviverà questo modo di dire, ma con un anno così disgraziato non poteva essere altrimenti.
Ed è un sentimento diffuso: il mese scorso il quotidiano britannico “The Guardian” ha fatto un sondaggio fra i lettori, chiedendo loro di sintetizzare in una sola parola il loro sentimento verso il 2020. La parola più votata è stata “shit“, merda (qui un mio articolo su tutti i modi di dire con questa metafora) seguita da “fucked” (fottuto).
Non stupisce, quindi, che acuni siti abbiano messo in vendita T-shirt e ornamenti natalizi in cui gli “0” del 2020 sono rappresentati con rotoli di carta igienica; negli ornamenti natalizi il 2020 è raffigurato come cacca di cane o come dito medio (vedi foto).
D’altronde, anche in Italia l’espressione “Che ti venga il Coronavirus” ha iniziato a circolare come maledizione (e non è l’unico malaugurio a sfondo sanitario nella nostra lingua, come raccontavo
qui).

La prima serie tv sulle parolacce

Sperando che il 2021 sia migliore, prima di passare alla classifica devo segnalare un evento storico: la prima serie tv dedicata alle parolacce. E’ un documentario in 6 episodi da 20 minuti ciascuno intitolato “History of Swear Words“. Condotto dall’attore Nicolas Cage, è una serie Netflix che andrà in onda dal prossimo 5 gennaio. Ogni episodio sarà dedicato a una diversa espressione in inglese: shit, fuck, pussy, bitch, dick e damn ovvero merda, fottere, figa, troia, cazzo e dannazione. I documentari hanno una base solida: annoverano consulenti di rilievo come il lessicografo Kory Stamper, lo psicologo cognitivo Benjamin Bergen, la linguista Anne Charity Hudley e la studiosa di letteratura Melissa Mohr (per chi vuole approfondire l’argomento in italiano, c’è sempre il mio libro).
Qui sotto il trailer della serie, giocato sull’ironia. Vedremo se la serie sarà all’altezza delle aspettative.

La classifica del 2020

Esaurite le premesse, ecco la mia “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Per sorridere e per riflettere.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Vista l’aria che tira, essendo per di più la 13ma edizione della “Top ten” un po’ di scaramanzia è d’obbligo. Dunque, incrociando le dita, buona lettura. E buon anno! 

1) CANZONE KAMIKAZE

«Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera, la tua ingratitudine, la tua arroganza».
Squalificato.
Morgan, 7 febbraio 2020, Festival di Sanremo

 

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IL FATTO
 

Festival di Sanremo. Morgan e Bugo presentano la canzone “Sincero”, scritta da quest’ultimo. E, sul palco, avviene un fatto inaudito: Morgan cambia il testo della canzone, che trasforma in un avvelenato e unilaterale attacco verso il suo partner. Il testo originario diceva: “Le buone intenzioni, l’educazione. La tua foto profilo, buongiorno e buonasera. E la gratitudine, le circostanze. Bevi se vuoi ma fallo responsabilmente. Rimetti in ordine tutte le cose. Lavati i denti e non provare invidia”. Una canzone contro l’ipocrisia delle buone maniere, contro una società che ci vuole tutti uguali. 

Morgan lo ha trasformato così: “Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera, la tua ingratitudine, la tua arroganza, fai ciò che vuoi mettendo i piedi in testa. Ma tu sai solo coltivare invidia, ringrazia il cielo sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato dentro”. Nessuna volgarità, ma una serie di offese pesanti a cui Bugo, umiliato in diretta davanti alle telecamere, non ha potuto e voluto rispondere. Così ha preso il foglio con il testo della canzone e ha abbandonato il palco, lasciando Morgan da solo e preso in contropiede. Dato che il regolamento del Festival vieta di modificare il testo (oltre che di interrompere l’esibizione) i due sono stati squalificati.

Un episodio senza precedenti nella storia del Festival e della canzone in generale. Un litigio che diventa plateale e si trasforma in un suicidio artistico. I motivi di tanta acredine fra i due non sono mai stati chiariti: alcuni video mostrano un animato litigio prima di salire sul palco, per il cattivo esito dell’esibizione della serata precedente in cui i due avevano eseguito una propria versione del brano “Canzone per te” di Sergio Endrigo. (Qui una dettagliata ricostruzione). E gli strascichi continuano tuttora: al prossimo Festival Bugo parteciperà come concorrente, mentre Morgan è stato escluso sia come cantante che come giurato. E per reazione lui ha definito “infami e sciacalli” gli organizzatori (vedi qui). 

 

2) RAZZISMO GEOGRAFICO

«Che mongolo!».
E la Mongolia protesta all’Onu.
Max Verstappen, 23 ottobre 2020, Portimão (Portogallo)

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Gran Premio di Formula1. Alle prove libere all’autódromo internacional do Algarve in Portogallo, Lance Stroll (Racing Point) non rallenta in curva e urta l’auto di Max Verstappen (Red Bull). Quest’ultimo impreca alla radio: “Ma è cieco questo cazzone? Che cazzo c’è che non va con lui? Gesù Cristo. Che ritardato. Ho subìto un danno. Che mongolo” [“Is this fucking guy blind? What the fuck is wrong with him? Jesus Christ. What a retard, I have damage. What a mongol”].

La lettera dei protesta dell’associazione “Mongol identity”.

Il suo sfogo fa il giro del mondo. E suscita l’indignazione della Mongolia, che non vuole essere equiparata a un termine offensivo.
La prima a protestare è l’associazione “Mongol Identity” che scrive in un comuncato: “Vogliamo esprimere la nostra disapprovazione e al tempo stesso la nostra preoccupazione nel vedere utilizzato il termine ‘mongolo’ in maniera dispregiativa. Siamo anche abbastanza sotto shock per il fatto che la F1 non abbia preso alcun provvedimento e ci rivolgiamo direttamente ai vertici di questa competizione. Dal 1965 l’OMS ha chiaramente stabilito che il termine ‘Mongoloide’ non poteva essere associato a chi soffre della Sindrome di Down in quanto offensivo per coloro che hanno nazionalità mongola. Chiediamo a Verstappen scuse pubbliche e maggiore sensibilità nei confronti di persone che soffrono. Chiediamo cortesemente che il termine ‘mongolo’ venga utilizzato in maniera corretta”.

Il consigliere-plenipotenziario della Red Bull, Helmut Marko ha preso posizione: “Ho detto a Verstappen che episodi di questo genere non devono più accadere in futuro. Ha sbagliato su tutta la linea”. Ma Verstappen non ne ha voluto sapere: “Se qualcuno si sente offeso dalle mie espressioni non è un mio problema”. Allora la vicenda è diventata un incidente diplomatico internazionale: Lundeg Purevsuren, ambasciatore della Mongolia presso le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ha inviato una lettera al fondatore della Red Bull Dietrich Mateschitz per esprimere le sue critiche all’uso di Verstappen dell’insulto e la sua riluttanza a chiedere scusa. E ha scritto anche agli sponsor della Red Bull.
Uno di questi, la Siemens, ha risposto dicendo  di “non accettare discriminazioni, molestie o attacchi personali verso individui o gruppi” e ha rivelato di aver già chiaramente espresso le proprie preoccupazioni alla Red Bull per l’incidente. Ma da Verstappen nessun segno di ravvedimento: Unro Janchiv, l’inviato culturale della Mongolia, ha detto che “ancora aspetta le scuse pubbliche del pilota”.

E’ la prima volta che uno Stato interviene ufficialmente per protestare contro un termine spregiativo geografico. Che non è l’unico del nostro vocabolario, come raccontavo in questo articolo.

 

 

3) DRONI SCURRILI

«Dove cazzo vai? Torna a casa! A calci in culo!»
Cateno De Luca, sindaco di Messina, 25 marzo 2020

 

 

 

 

 

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IL FATTO
 

E’ primavera e l’Italia è in piena emergenza Covid. Il Paese entra in lock down, ma molti faticano a rispettare il divieto di circolazione. Così il sindaco di Messina, Cateno De Luca, annuncia una decisione inusitata: una flotta di droni per controllare il territorio. I velivoli sono dotati di un altoparlante con la voce del sindaco che urla ai trasgressori: “Non si esce! Questo è l’ordine del sindaco De Luca e basta! Dove cazzo vai? Torna a casa! A calci in culo!”.

Mai nessuna autorità aveva intrapreso un’iniziativa simile, che ha fatto il giro del mondo: fra gli altri l’ha segnalata la rete americana NBC. Non si sa se l’iniziativa sia stata attuata in quei termini e con quali effetti, ma non è rimasta isolata: a Pasqua il sindaco ha inviato per la città un’auto che diramava un messaggio con un altoparlante, invitando ogni cittadino a stare a casa “per i cazzi suoi” (“io rustu a casa pi cazzi mei”), aggiungendo gli auguri di Buona Pasqua. La decisione, però, ha sollevato forti reazioni: alcuni cittadini hanno presentato due esposti indignati, a cui sono seguite le proteste del Garante dell’infanzia e del segretario del Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati, che hanno contestato il linguaggio scurrile. A loro si è aggiunta, dal pulpito della chiesa,la dura reprimenda dell’arcivescovo di Messina Giovanni Accolla: “in città si sentono linguaggi turpi, è una vergogna. Messina non merita questi insulti. Devono pentirsi pubblicamente. Le persone che sono volgari non possono augurare la Santa Pasqua”. Il sindaco ha dovuto così fare marcia indietro.

 

4) PREVENZIONE A TINTE FORTI

Dito medio a chi non usa la mascherina.

14 ottobre 2020, Berlino

 

 

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Il manifesto contro chi non indossa la mascherina anti Covid.

Questa campagna è stata promossa dal Dipartimento per l’economia di Berlino e dall’ufficio turistico “Visit Berlin”. E’ una campagna provocatoria per sensibilizzare i tedeschi a indossare la mascherina per prevenire il contagio da Coronavirus. La campagna è attuata con un contrasto e un doppio senso: lo slogan “L’indice alzato per tutti quelli senza maschera” fa riferimento all’indice (“indice alzato” significa “stai attento”), ma l’immagine mette in evidenza il dito medio.

Il manifesto, che ha fatto furore sui social, è una doccia fredda per spingere le persone a fermarsi e a riflettere sul proprio senso di responsabilità sociale, mettendo fine a comportamenti irresponsabili come circolare senza protezioni contro la diffusione dell’infezione. Un comportamento che mette a rischio soprattutto le persone più vulnerabili come gli anziani: di qui la scelta di usare come testimonial una donna dai capelli argentati. La volgarità dell’immagine ha però sollevato aspre polemiche in Germania. Molti l’hanno trovata offensiva: il leader locale della CDU di Angela Merkel, Kai Wegner, ha criticato il Senato (guidato da una coalizione di socialdemocratici, sinistra e Verdi): “La situazione è troppo grave per scherzarci sopra”, ha detto. E Marcel Luthe, membro del Senato di Berlino, ha presentato una denuncia alla polizia in merito all’annuncio, sostenendo che incitava all’odio contro tutti coloro che non possono indossare una maschera, come i bambini piccoli e le persone con problemi di udito o altri problemi di salute.
In ogni caso, non è l’unica campagna sociale giocata sulle volgarità: in questo articolo ne trovate una raccolta, con 24 casi (e molti italiani).

 

 

5) RAZZISTA IN AFRICA

«I tifosi sono stupidi. Sanno solo urlare come scimmie e abbaiare come cani».
Licenziato ed espulso dal Paese.
Luc Eymael, 27 luglio 2020, Dar es Salaam (Tanzania)

 

 

 

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IL FATTO
 

L’allenatore belga Luc Eymael.

Luc Eymael è un ex calciatore belga che all’inizio del 2020 era stato reclutato come allenatore degli Young Africans (Yanga), una delle squadre più popolari e titolate della Tanzania. Da un decennio, infatti, Eymael lavorava in Africa come ct in varie nazioni. Il 22 luglio gli Yanga avevano pareggiato 1-1 con il modesto Mtibwa Sugar, per poi concludere il campionato al secondo posto, dietro il suo più odiato competitor, il Simba Sports Club. 

Inviperito per il risultato, l’allenatore 60enne, parlando coi giornalisti, si è lamentato dicendo che «i tifosi sono stupidi in questo Paese. Sanno solo gridare come le scimmie e abbaiare come i cani. Non sanno niente di calcio». E non ha risparmiato critiche anche alla Tanzania: «Non mi sto godendo il vostro Paese, siete gente ignorante. Non ho un’automobile, non ho la tv satellitare, lavorare in queste condizioni non fa per me, mia moglie è disgustata, io sono disgustato». Insomma, un incredibile mix di razzismo, arroganza e irriconoscenza.

La pagina Web (in swaili, qui tradotta con Google) dello Yanga.

I dirigenti della sua squadra non ci hanno pensato due volte: quando la notizia si è diffusa l’hanno licenziato e cacciato dal Paese. Ecco quanto ha scritto il segretario generale del club, Simon Patrick: “Siamo rattristati da queste parole e ci scusiamo con la Federazione tanzaniana di calcio, con i tifosi e la cittadinanza tutta per gli insulti e le offese del manager. La nostra società crede nel rispetto e nella dignità e si oppone a qualsiasi forma di razzismo. Per questo la leadership dello Yanga Club ha deciso di licenziare il signor Luc Eymael e assicurarsi che lasci il Paese il più presto possibile”. Eymel – noto per il suo pessimo carattere unito a una grande ambizione – si è poi scusato: “Ero di cattivo umore, quelle affermazioni sono frutto della delusione e della frustrazione per non aver vinto il titolo, ma non sono razzista”, ha dichiarato.

Eppure, questo clamoroso scivolone sembra non aver interrotto la carriera africana di Eymael: il mese scorso è stato infatti reclutato dal Chippa United, una squadra sudafricana che – beffa del destino – gioca le partite di casa allo stadio Nelson Mandela di Port Elizabeth.  Ma non è detto che Eymael ce la faccia: la Federcalcio sudafricana (Safa) ha annunciato che intende opporsi a questa decisione. «La Federcalcio sudafricana ha appreso con sgomento la notizia della nomina del razzista impenitente‚ Luc Eymael a capo allenatore del Chippa United», ha detto in un comunicato. «Troviamo profondamente offensivo che mentre la comunità calcistica globale è unita nella solidarietà intorno alla campagna “Black Lives Matter”, il Chippa United riterrà opportuno assumere un personaggio del genere per lavorare nella città che prende il nome dal padre fondatore della nazione, Tata Nelson Mandela ‚il paladino di un mondo libero dal razzismo e da altre forme di discriminazione. Safa scriverà immediatamente al ministro degli Interni per esprimere la sua opposizione alla concessione di un permesso di lavoro per lui. Chiederemo anche ai comitati etici di Fifa e Safa di incriminare il signor Eymael poiché la sua condotta spregevole è una violazione dei codici di entrambi gli organismi».

 

6) SESSISMO IN TV

«Da stasera la trasmissione se la conduce da sola, gallina!».
Silurato.
Mauro Corona a Bianca Berlinguer, “Carta bianca” Rai3, 22 settembre 2020

 

 

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IL FATTO
 

La trasmissione “Cartabianca” è un talk show di politica e attualità che va in onda dal 2016. Dal 2018 ha come ospite fisso lo scrittore alpinista Mauro Corona, protagonista di siparietti molto seguiti con la conduttrice Bianca Berlinguer. Durante una puntata, Corona tenta di parlare di un albergo in cui era stato, ma la conduttrice lo blocca ricordandogli che “Non possiamo parlare di questo albergo perché è pubblicità e non possiamo fare pubblicità in televisione”. Allora Corona si infiamma “Senta Bianchina, se lei mi vuole qui tutta la stagione mi fa parlare. Altrimenti la mando in malora e me ne vado, lei stia zitta! Stia zitta una buona volta gallina! Da stasera la sua trasmissione se la conduce da sola gallina!”. La Berlinguer allora reagisce: “Io non posso accettare che lei diventi maleducato e sgradevole insultando me che sto qui a condurre la trasmissione. quindi gallina lo dice a chi vuole ma non si permette di dirlo a me, chiaro il concetto?”. Qui sotto il filmato del litigio:

Il giorno dopo la trasmissione, la Rai ha pubblicato un comunicato in cui ha preso le distanze da Corona, chiedendo scusa al pubblico femminile “per le inaccettabili offese verso la conduttrice. Il signor Corona ha violato le disposizioni normative e i principi etici volti a promuovere la parità di genere e il rispetto dell’immagine e della dignità della donna. A tali inderogabili principi è improntata la programmazione della Rai che pertanto intraprenderà tutte le azioni del caso nei confronti di Corona al fine di tutelare l’immagine e la dignità culturale e professionale della conduttrice e il ruolo di servizio pubblico della Rai”.

Dopo l’episodio Corona non è stato più ospite della trasmissione. Ma il finale di questa vicenda è sorprendente. Perché la destinataria delle offese, una donna, è stata molto più tollerante rispetto al direttore di Rai3, un uomo. La decisione di esautorare Corona dalla trasmissione, infatti, non è stata presa dalla Berlinguer bensì dal direttore di Rai3, Franco Di Mare. Anzi, la sua decisione è risultata sgradita alla Berlinguer, che l’ha contestata  in varie interviste . «Corona aveva chiesto scusa subito, la sera stessa. E credo di aver reagito in modo adeguato in diretta» ha detto la Berlinguer. «Di Mare si è dimenticato di prendere in considerazione proprio l’opinione della persona che si sarebbe dovuta sentire offesa, che sono io. E’ stato un maschio a decidere della gravità dell’offesa e della sanzione, ignorando l’opinione della parte lesa. A fronte di ripetute scuse, pubbliche e private, si è intervenuti di autorità sui contenuti del mio programma, mortificando completamente la mia autonomia. Questo, peraltro, è stato l’unico momento in cui il direttore si è interessato della trasmissione. Questa separazione è stata dolorosa per me e per Corona».

 

7) CAMPAGNA ELETTORALE (DIS)EDUCATIVA

«Se 2.500 persone si iscrivono al voto, vi insegno a dire parolacce in 15 lingue diverse».

Samuel L. Jackson su www.headcount.org, 14 settembre 2020

 

 

 

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IL FATTO
 

Negli Stati Uniti, la scarsa partecipazione elettorale rischiava di assegnare a Donald Trump un secondo mandato. Una prospettiva che sarebbe stata un incubo per l’attore Samuel L. Jackson, che non aveva esitato a definire Trump un “motherfucker” (un gran figlio di puttana) a costo di perdere fan fra i suoi sostenitori. Così, sfruttando la sua celebrità (legata all’uso di un linguaggio molto colorito), Jackson ha lanciato su headcount.org, un sito che promuove la partecipazione democratica fra gli appassionati della musica, un appello per spingere le persone a iscriversi alle liste elettorali. Se almeno 2.500 persone si fossero iscritte, lui avrebbe pubblicato un video tutorial per imprecare in 15 lingue diverse.

l’iniziativa ha avuto successo: su Instagram ha superato i 61mila “mi piace” e ha centrato l’obiettivo. Così Jackson ha pubblicato il video, nel quale traduce l’espressione “fuck you” (fanculo) in 15 lingue, dal brasiliano all’esperanto, fino al vietnamita e allo swaili. 

Un video non particolarmente spiritoso (e forse realizzato banalmente, usando Google translate) ma senz’altro un’iniziativa senza precedenti. E nel suo piccolo ha contribuito a un risultato storico: mentre alle presidenziali del 2016 aveva votato il 59,2% della popolazione, a quelle del 2020 l’affluenza è stata del 66,7%, la più alta mai registrata nella storia statunitense. 

 

  

8) L'AUTOGOL DEL CAMPIONE

«Il test anti Covid è una stronzata»

Cristiano Ronaldo, 28 ottobre 2020 Instagram

 

 

 

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IL FATTO
 

Il contestato post di Ronaldo (evidenziato).

Il 13 ottobre l’attaccante della Juve Cristiano Ronaldo viene trovato positivo al Covid. Per sua fortuna è asintomatico, ma come tutti è costretto a stare in isolamento. E a saltare partite importanti, non solo in Serie A ma anche in Champions League, come la partita contro il Barcellona del 28 ottobre. Così dopo aver postrato qualche frase di circostanza sul suo profilo Instagram (“Feeling good and healty” cioè “mi sento bene e in buona salute” e “Forza Juve”) aggiunge una frase indispettita: “PCR IS BULLSHIT”, ovvero il Pcr è una stronzata. Pcr è la sigla di reazione a catena della polimerasi, una tecnica di biologia molecolare che consente di moltiplicare frammenti di acidi nucleici. E’ il metodo usato per diagnosticare l’infezione da Covid: il virus è a Rna, cioè contiene un filamento di acido ribonucleico. Per essere rilevato, va prima convertito in Dna e poi moltiplicato miliardi di volte, così può essere identificato. Un procedimento ideato nel 1983 dal biochimico statunitense Kary B. Mullis, che per questo ha ottenuto il premio Nobel per la chimica nel 1993. Dunque, tutt’altro che una stronzata: una tecnica diagnostica fondamentale, grazie alla quale abbiamo potuto non solo diagnosticare gli infettati da Covid, ma anche diverse malattie genetiche e contaminazioni da Ogm.

Così la frase di Ronaldo, che pure ha ottenuto oltre 6mila “mi piace”, ha suscitato un’ondata di indignazione anche da parte di medici impegnati nella lotta al Coronavirus. E così il campione ha rimosso l’infelice frase da Instagram.

 

 

9) GAFFE AL QUIZ

Definizione di “piccolo diverbio”? Scazzo.

 26 maggio 2020, “L’eredità”, Rai1

 

 

 

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IL FATTO
 

La gaffe è andata in onda durante una puntata dell’Eredità, il celebre quiz condotto da Flavio Insinna. Il presentatore ha proposto al concorrente, Alessandro, la definizione di “piccolo diverbio”. Quando ha visto apparire sullo schermo le lettere “S”, “Z” e “O” ha risposto d’impulso “Scazz…” e si è subito bloccato, suscitando l’ilarità dell’avversaria. Il conduttore Insinna ha glissato dicendo “Eh, nella vita…”. 

La risposta corretta era “Screzio”. D’altronde lo “scazzo” non è un diverbio piccolo, bensì una discussione agitata e violenta, come dice il dizionario. Sarebbe stata una risposta sbagliata comunque.

 

10) FUORIONDA IN CONFERENZA

«Non si sente un cazzo».
Giancarlo Blangiardo, presidente Istat, 8 maggio 2020, Roma

 

 

 

 

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IL FATTO
 

Roma. Come ogni settimana, il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di sanità (Iss) organizzano una conferenza stampa per aggiornare sull’andamento del Coronavirus. In questa occasione sono presenti Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, e Giovanni Rezza, Direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute. In collegamento da casa, proiettato su un grande schermo, c’è Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, che deve parlare delle statistiche sulle vittime della pandemia. Ma il collegamento non è dei migliori, e ci sono problemi di audio. Dopo quasi un’ora di incontro, una giornalista presente in sala pone una domanda a Blangiardo, e lui (non rendendosi conto di avere il microfono aperto) sbotta: “Ecco, qui non si sente un cazzo”.Imbarazzo generale, risate. L’interprete nella lingua dei segni si blocca.
Rezza ha commentato ironicamente: “E’ stato diretto, diciamo”. Aggiungendo, nell’ilarità generale: “Ha detto che così non si sente una minchia, in siciliano”.  Qui sotto il video della gaffe, dal minuto 52:40

Un po’ di umanità e di leggerezza in un momento ufficiale e drammatico. 

 

Se volete leggere le classifiche degli ultimi 12 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 20192018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

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Quali sono state le parolacce più notevoli del 2019, in Italia e nel mondo? Per il 12° anno, ho compilato la “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Prima di svelarla, una piccola riflessione per il 2020 che è appena iniziato. Perché forse questo nuovo anno potrebbe segnare l’inizio di una nuova consapevolezza sulle parolacce.

DEPURARE LA POLITICA  

Come ho accertato nella mia ultima ricerca sulle parolacce più usate nell’italiano parlato, negli ultimi 27 anni le volgarità sono triplicate nel linguaggio quotidiano. Con un rischio tangibile: l’inflazione del loro potere espressivo.
Era inevitabile, dato che le scurrilità sono diventate sempre più diffuse in qualunque contesto: al cinema, alla radio, in tv, sui giornali. E negli ultimi tempi sono state adottate da una categoria di persone che fino ad allora ne erano state lontane: i politici. Da Bossi a Grillo, fino a Berlusconi e Salvini, il turpiloquio si è diffuso ovunque, senza distinzioni di ideologia: a destra, a sinistra, al centro.

Titolo razzista uscito nel gennaio 2019.

Il fenomeno l’avevo raccontato in un precedente articolo, All’inizio i politici hanno usato il linguaggio volgare per avere visibilità (la parolaccia fa notizia) e per strizzare l’occhio al popolo (“parlo come te perché sono come te”). Insomma, una forma di marketing.
Ma presto è diventato un mezzo sbrigativo per troncare ogni discussione insultando chi la pensa in modo diverso: le discussioni degenerano in risse. E i cittadini come possono migliorare se dall’alto arriva un esempio simile? Così si è diffuso un clima di odio, di intolleranza. Che ad alcuni partiti è utile: insultare un nemico esterno, infatti, aiuta a rinforzare la propria identità.
E questo involgarimento ha anche un altro effetto collaterale meno evidente ma ancora peggiore. I politici, sempre più scaltri, hanno imparato infatti a usare gli insulti come arma di distrazione di massa, come cortina fumogena per non affrontare davvero i problemi. Se oggi ti insulto durante una discussione sul Fisco, domani sui giornali si parlerà dell’insulto e non del Fisco. La forma (il linguaggio volgare) ha ucciso il contenuto, cioè i temi politico-economici.

Manifestazione delle Sardine a Bologna.

Ma ora, forse, il vento sta cambiando. Una parte del nostro Paese si è schierata contro questo sistema, riempiendo le piazze: il movimento delle Sardine. Che, al di là dei contenuti politici (ancora da definire), al di là del fatto di essere un movimento “nato dal basso”, ha una terza caratteristica: chiede alla politica e all’opinione pubblica un cambio di stile e di linguaggio. Chiede  “non violenza” e “ascolto”. Dicendo basta ai politici che “rovesciano odio”.
Questa posizione ha un corollario: il rifiuto degli insulti, che sono appunto il linguaggio della violenza e dell’odio.
Una prima adesione è arrivata sorprendentemente proprio dall’inventore del “Vaffa day”: Beppe Grillo. Che sul suo blog il 18 dicembre scorso ha ringraziato le Sardine, salutandole come  “un movimento igienico-sanitario… Sono come tennisti vestiti di bianco che sfidano una squadra di rugbisti fangosi, volgari, incattiviti. Le sardine non reclamano altro che l’igiene della parola. Reclamano una convalescenza vigorosa dalla attuale malattia delle lingue e delle menti che fa sembrare certe espressioni pubbliche un vociare roco di hooligan pronti al balzo, oppure un minacciare gradasso di un capobanda… Anche noi in passato abbiamo un po’ esagerato. Ma ora non lo facciamo più”.
Vedremo se questo buon proposito si tradurrà davvero nella pratica, e se contagerà altri leader di partito…

E ora la mia classifica delle parolacce dell’anno. Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità.
Sono episodi rivelatori: fanno
sorridere ma anche riflettere. Il vincitore morale è il primo dell’elenco: il robot che dice parolacce quando urta contro un ostacolo. Un’invenzione che mostra come le imprecazioni possano rendere umano persino un aspirapolvere.
Buona lettura. E buon anno!

L’INVENZIONE DELL'ANNO

«Che cazzo! Fanculo! Stronzo!»
L’aspirapolvere-robot che impreca quando urta un ostacolo
4 maggio 2019, YouTube

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IL FATTO
 

Michael Reeves è un giovane programmatore americano che vive alle Hawaii. E’ diventato un celebre youtuber: documenta davanti a una telecamera le sue stravaganti  invenzioni tecnologiche, dalla canna da pesca a gas al braccio robotico che toglie i pomodori dall’insalata. Insomma, un abile nerd dotato di autoironia e spirito goliardico.

Michael Reeves col Roomba da lui modificato.

In questo video racconta che, pressato dalle numerose richieste dei suoi followers, ha deciso di costruire un modello di Roomba – il celebre robot aspirapolvere – capace di urlare quando urta un ostacolo.
Ha collegato un mini computer “low cost”, il Raspberry, al sensore di movimento del robot, usando il linguaggio di programmazione Pyhton3. Ha inserito nel computer un campionario di frasi registrate, e lo ha collegato a un amplificatore blue tooth.
Così Michael ha prodotto un’iniziale versione di Roomba con una voce femminile: quando riceve un colpo dice varie imprecazioni con voce delicata. Ma Reeves si mostra insoddisfatto, e passa alla versione 2.0 “volevo che il suo comportamento fosse quello di un essere vivente”, racconta nel suo video. Non ha tutti i torti: diverse ricerche (ne ho parlato qui) hanno mostrato che sono proprio le parolacce a distinguere gli uomini dai robot. Un automa che impreca lo consideriamo più simile a noi.

Reeves testa il Roomba in un supermercato.

Così, dopo aver chiesto a vari amici di prestare la voce al robot modificato, lo ha testato sul campo. Il risultato è impressionante: il Roomba esplode in urla disumane quando cozza contro un ostacolo (Huaaaaaaaaaa!!!!!!) e poi si lancia in imprecazioni senza freni: “Fuck! Goddamn! Motherfucker! Fuck you!” (Cioè: cazzo! Maledetto! Stronzo! Vaffanculo!) e via così.
Ma non è tutto. Reeves, che è un nerd molto autoironico, ha scatenato il Roomba mentre discuteva a pranzo con due amici in cucina. Una scena surreale, in cui i discorsi intellettuali dei commensali contrastavano con le urla selvagge del Roomba contro i mobili della cucina.
Non soddisfatto del confronto, ha deciso di fare una vera e propria ricerca di marketing. Con lo slogan: “rendiamo più personale il Roomba, rendiamolo più umano” ha sguinzagliato il robot modificato in un vero supermercato, facendolo girare fra gli scaffali: nel video i clienti si piegano in due dalle risate quando lo sentono imprecare come uno scaricatore di porto isterico. Alla fine, Michael porta il suo robot all’ufficio reclami del supermercato, lamentando di aver acquistato un prodotto maleducato, e chiedendone uno “normale” in cambio. Alla fine, lo youtuber si finge sconsolato, e conclude dicendo: “Non tutti sono pronti all’innovazione, come non erano pronti all’iPhone di Steve Jobs”.
Insomma, un video stravagante, ironico e divertente.  Perché mostra che basta un’imprecazione a dare un aspetto “umano” a un elettrodomestico. E’ stato visto già da oltre 11 milioni di persone su YouTube. Eccolo:

 

CHI VA A PUTTANE

«Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
SILVIO BERLUSCONI, proprietario del Monza Calcio
Stadio di Olbia, 1° dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Serie C. Il Monza calcio, in testa alla classifica, va in trasferta a giocare contro l’Olbia. In tribuna c’è Silvio Berlusconi, che dopo aver ceduto il Milan nel 2018 si è rituffato nel calcio comprando il Monza. Che, essendo in vetta alla classifica, non fatica a sconfiggere l’Olbia a casa sua, con 3 reti a zero.
A fine partita, un tifoso sardo si avvicina a bordo campo e dice a Berlusconi: «Presidè, ascolti! Mi servono 500 euro…devo andare a mignotte stasera ». Lui risponde con una grassa risata e poi congedandosi dice con un sorriso ammiccante: «Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
Il video, girato da un tifoso allo stadio, è diventato virale. Perché non capita tutti i giorni di ascoltare un uomo di 83 anni dire una battuta del genere. Tanto meno se è a capo di un impero economico, nonché ex premier e presidente di un partito politico. Ma a quanto pare, il gusto per la battuta piccante e per stare al centro della scena sono tentazioni irresistibili per lui. Che alla fine riesce a essere simpatico perché è anche autoironico: gli incontri con alcune prostitute gli hanno procurato non pochi guai giudiziari. Ma lui, fedele alla sua fama di viveur, si lancia in battute da avanspettacolo anche a costo di apparire greve.

 

PARTITA O FIGURA?

«Da una “partita di merda” a una “figura di merda”».
RICCARDO PITTIS, telecronista Rai.
Rai, 6 gennaio 2019

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IL FATTO
 Partita di basket fra Reggio Emilia e Pesaro. La sproporzione fra le squadre è evidente: il Reggio Emilia stravince, e la partita va avanti senza mordente. Così durante l’intervallo della telecronaca Rai, il telecronista Riccardo Pittis (ex cestista della Nazionale) esclama: “Che partita di merda”. E il commento va in onda.
Alcuni si divertono, altri si offendono. Quando Pittis si accorge della figuraccia, scrive le sue scuse su Twitter, citando una celebre battuta del film “I blues brothers”: “Non ho sentito il countdown! Nessuno mi ha detto che ero in onda! C’è stato il terremoto! Le cavalletteeee! Bene, fine degli alibi. Dicendo in onda (inconsapevolmente) che era una partita di m… ho fatto sicuramente una figura di m… Oltre a diverse battute divertenti e prese per i fondelli meritate che ho letto sui social, c’è sicuramente chi si è sentito offeso e quindi mi scuso. Aggiungo che il “commento” era riferito alla difficoltà di commentare una partita che era virtualmente già chiusa. Sorry”. Raro trovare una persona che ammetta i propri torti, uscendone più simpatico di prima.
Il video con il fuori onda si può vedere (e sentire) qui
 
 

SCIENZA: BUCO NERO O BUCO DEL….?

«IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO!» (il buco nero è il buco del culo dello spazio!)
IL VERNACOLIERE, mensile satirico
maggio 2019

 

 

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IL FATTO
  Il 10 aprile una notizia scientifica fa il giro del mondo: con un complesso metodo di elaborazione dei segnali radio,  i ricercatori dell’Eht (Event Horizon Telescope) sono riusciti a ottenere la prima immagine di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. Si trova al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine. Questo buco nero dista da noi 55 milioni di anni luce e ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole.
La notizia ha fatto il giro del mondo. Un risultato storico, che ha ispirato anche Mario Cardinali, l’82enne direttore del “Vernacoliere”, celebre mensile satirico livornese. Che spara la notizia in copertina a caratteri cubitali: “IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO! Si tratta der famoso culo primigenio dindove ci siamo sortiti tutti, popò di caàte che ‘un siamo artro!” (Il buco nero è il buco del culo dello spazio! Si tratta del famoso culo primigenio da cui siamo fuoriusciti tutti, enormi cagate che non siamo altro!)”.
Non è da tutti riuscire a trovare una chiave comica per una scoperta scientifica così affascinante. Ma il Vernacoliere è abituato a questo e ad altro: la sua filosofia è affrontare gli argomenti dal punto di vista “uro-gastro-genitale”... 

LA SENTENZA

Licenziato perché disse “azienda di merda”. La Cassazione: non c’è l’obbligo di stimare l’azienda.
CORTE DI CASSAZIONE
Roma, 14 maggio 2019

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IL FATTO
 

Roma. Nel 2017 una guardia giurata viene licenziata. Un giorno aveva chiamato più volte il centralino dell’azienda per chiedere una copia del proprio Cud che aveva smarrito, e non otteneva risposta. Così si era sfogato col centralinista: “Che azienda di merda”. Quest’ultimo, in un eccesso di zelo aziendalista, aveva riferito l’episodio alla titolare della società, che lo aveva licenziato, sostenendo che “era venuto meno il rapporto di fiducia con l’azienda”.
Ma la guardia ha impugnato la sentenza, che è arrivata fino in Cassazione. I giudici, nella sentenza 12786/2019, hanno ribadito che il licenziamento era illegittimo. Con una considerazione controcorrente nel nostro Paese, dove spesso l’aziendalismo raggiunge livelli assurdi: per i giudici, la frase della guardia è stata “senza dubbio volgare e inappropriata ma priva di intenti realmente offensivi e aggressivi nei confronti del datore di lavoro”. Dunque, quella frase non rivelava “alcuna insubordinazione o offesa al datore di lavoro tale da minare il rapporto fiduciario, non sussistendo in capo al dipendente alcun dovere di stima nei confronti della propria azienda”. Il lavoratore, piuttosto, è tenuto a osservare i doveri di diligenza e fedeltà: questo è il “nocciolo duro” del rapporto di lavoro. La stima è un optional.

Fantozzi dopo aver scritto in cielo uno sfogo contro il Megapresidente.

Un cambio di prospettiva rivoluzionario in un Paese di lecchini e aziendalisti: si può anche lavorare per necessità, per lo stipendio, senza dover per forza stimare l’azienda per cui si lavora. Basta che si lavori correttamente. Ma attenzione: questo non significa che siamo liberi di insultare impunemente le ditte per cui lavoriamo! Se la guardia giurata avesse usato le stesse espressioni su Facebook, il suo licenziamento sarebbe stato legittimo. Perché avrebbe danneggiato all’esterno l’immagine dell’azienda.
La situazione, comunque, ricorda il celebre sfogo di Fantozzi, che un giorno immagina di scrivere in cielo “Il megapresidente è uno stronzo” (“Fantozzi contro tutti”, 1980) e la scritta si materializza davvero: il povero impiegato finisce davanti al consiglio d’amministrazione e viene costretto a sostituire il suo nome con quello del megapresidente. 

 

DA PREMIER A PUPAZZO

«Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno».
HUGH GRANT, attore (al premier Boris Johnson)
su Twitter, 28 agosto 2019

 

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IL FATTO
 

L’estate scorsa, il premier britannico Boris Johnson aveva chiesto alla regina di sospendere i lavori del Parlamento del Regno Unito per 5 settimane, fino al 14 ottobre. Sarebbe stata la più lunga sospensione del Parlamento dal 1945. Una forzatura per impedire che i parlamentari di opposizione approvassero una legge contro il “no deal“, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Europa senza accordi.

Il bizzarro account Twitter di Hugh Grant.

Il colpo di mano ha fatto indignare molti, fra cui l’attore britannico Hugh Grant, che ha scritto un Tweet pesantissimo contro il premier: “Non ti lascerò fare cazzate con il futuro dei miei figli. Non ti lascerò distruggere le libertà per cui mio nonno ha combattuto due Guerre mondiali. Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno. Alla Gran Bretagna fate schifo, tu e la tua piccola banda di capetti autocompiaciuti (letteralmente, masturbatori, ndr)”.
In poche ore Grant ha totalizzato quasi 80mila retweet e oltre 300mila preferenze. E a dicembre ha fatto una campagna porta a porta di persona nelle case di Londra per esortare anziani, famiglie e studenti a votare per la candidata dei Liberal-democratici, Luciana Berger. Obiettivo: “Fermare la Brexit”. Ma lo sforzo è stato vano: a dicembre Johnson ha vinto le elezioni col 43% dei voti. La Brexit si farà. 

RECORD DEL C****

«Record di cazzo questa sera».
GIORGIA ROSSI, giornalista
Tg5, 10 dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Clamorosa gaffe per Giorgia Rossi al Tg5. Durante il collegamento in diretta da San Siro prima dell’incontro Inter-Barcellona, la giornalista, commentando l’affluenza degli spettatori allo stadio, ha detto: “È la cornice davvero perfetta, con più di 70.000 spettatori, record di cazzo questa sera…”.
In realtà voleva dire “record d’incasso”, ma l’emozione della diretta le ha giocato un brutto scherzo. La sua gaffe (qui il video) è diventata virale e le ha fruttato un “Tapiro d’oro” da parte della trasmissione “Striscia la notizia”.
Non è il primo scivolone del genere per una giornalista sportiva. Anni fa Antonella Clerici, parlando della sua passione per il calcio, se ne uscì con la storica affermazione: “Io non posso vivere senza cazzo”. Voleva dire “senza calcio”. 
 

IN CAMPO CONTRO IL RAZZISMO

“Negro, scimmia, gorilla”: in campo con gli insulti razzisti stampati sulla maglia.
squadra Alma de Africa, Spagna
Siviglia, 29 maggio 2019

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IL FATTO
L’Alma de Africa (Anima d’Africa) è una squadra di terza categoria dilettanti a Cadice, in Spagna. Una zona di frontiera, con molti immigrati. Infatti la squadra è composta da giocatori di 12 nazionalità diverse, tanto che i 5 spagnoli del gruppo sono chiamati ironicamente “stranieri”. Ma il pubblico non è altrettanto ironico: spesso, infatti, i giocatori della squadra sono apostrofati con insulti razzisti. Così, all’ultima giornata di campionato, i calciatori hanno deciso di fare un gesto plateale per smuovere le coscienze: sono scesi in campo indossando maglie su cui, al posto dei loro veri nomi (Omar, Bassirou, Eric, Abdoulaye, Osaivbie, Ivan, Issa Abdou, Mourtalla, Abdelmounim, Modou e Mohamed), hanno scritto gli insulti che ricevono durante le partite. “Scimmia”, “Schiavo”, “Gorilla”, “Zingaro”. “Negro”, “illegale” e così via.
“Ci sentiamo spagnoli e il calcio ci aiuta a integrarci. Ma sentirci insultare in questo modo ci fa soffrire, è un’esperienza dura dopo tutte le disavventure che abbiamo attraversato per arrivare in Europa”, hanno spiegato i giocatori. “Abbiamo fatto questa iniziativa per dire a tutti che non siamo criminali. Che siamo persone e che non disturbiamo nessuno. Ma anche per dimostrare che siamo al di sopra di questi insulti, tanto che li mettiamo sulla schiena, sotto gli occhi di tutti”. Una lezione di vita e di stile.
Alla fine della partita, i giocatori hanno consegnato le magliette alla squadra avversaria. Per rinfrescare la memoria.  

CARNIVORI=SFIGATI

«#SEIUNOSFIGATO se mangi l’agnello».
Lega Nazionale difesa del cane (LNDC)
Milano, 2 aprile 2019

 

 

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IL FATTO
La campagna è stata lanciata a Pasqua dalla Lega nazionale difesa del cane (LNDC). Un’associazione che “da tempo si impegna a promuovere l’alimentazione senza prodotti di origine animale, ma questo è il periodo in cui si consuma tradizionalmente la carneficina più agghiacciante dell’anno”, afferma Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection.
Di qui la decisione di lanciare un messaggio “volutamente provocatorio per sottolineare l’incoerenza di chi dice di amare gli animali ma al tempo stesso non rinuncia a ucciderli per mangiarli.”
Dunque, una campagna sociale giocata con un linguaggio forte, per indurre un cambio di mentalità. Per secoli, chi mangiava carne era un benestante, e la carne è diventata uno “status symbol”. Ma oggi lo scenario è cambiato: negli ultimi 40 anni si sono diffusi i movimenti animalisti, che lottano perché tutti gli animali, non solo l’uomo, abbiano diritto a una vita dignitosa, ossia senza sofferenze o sfruttamento.
A volte, però, l’animalismo sfocia in un fanatismo col paraocchi: non è raro incontrare animalisti che mangiano salumi o indossano scarpe di cuoio animale. Oppure passano all’eccesso opposto: sono sensibili alle vessazioni sugli animali, ma indifferenti ai drammi di altri esseri umani, siano immigrati o carcerati.
Ma oggi non occorre necessariamente una sensibilità animalista per schierarsi contro il consumo di carne: basta essere sensibili all’ambiente.
L’allevamento di animali infatti ha un pesante impatto ecologico sul nostro pianeta. Gli allevamenti sottraggono terre all’agricoltura (occupano il 26% delle terre, e assorbono il 40% delle risorse agricole), consumano molta acqua (circa il 10% dell’uso di acqua dolce), producono notevoli  emissioni di gas serra (il 14,5% del totale). Senza contare che da tempo le carni rosse sono additate come cancerogene.
Dunque, lo slogan della Lega del cane non è una provocazione sterile: va accolto come un invito a cambiar vita, per il bene non solo degli animali, ma anche del pianeta. E in ultima analisi di noi stessi. 
  
 

 

PLATINI COME FANTOZZI

«Il Var? Una bella cagata».
Michel Platini, ex campione di calcio
Rai (Che tempo che fa), 18 novembre 2019

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IL FATTO
Era nato per troncare le discussioni (era gol, non era gol, era fuorigioco, no, non lo era), eppure continua a sollevare polemiche. Il VAR (Video assistant referee) è un sistema video che a bordo campo serve a sciogliere i dubbi su gol e falli, permettendo di rivedere in tempo reale i video ravvicinati delle azioni contestate. Michel Platini, ex campione della Juve ed ex presidente dell’Uefa, in novembre è stato ospite di Fabio Fazio in tv a “Che tempo che fa”. Scagionato dalle accuse di corruzione in un’inchiesta sulla Fifa, ha appena pubblicato un libro biografico (“Il re a nudo”). E ha detto la sua sul sistema Var:  “Il Var non regola le cose, le sposta. Ci vogliono 30 minuti per spiegare perché non sono d’accordo. Penso che non si ritornerà mai indietro, ma penso che è una bella cagata“.
Una frase a effetto, che ricorda un film di Fantozzi (“La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”). E mostra anche la padronanza di Platini nella lingua italiana. I motivi della sua opposizione al Var Platini li aveva spiegati in un’intervista al giornale francese l’Equipe: il Var può essere utile a stabilire se una palla è entrata in rete o se un gol è stato fatto in fuori gioco, ma in tutti gli altri casi non scioglie i dubbi, anzi li moltiplica. E rischia di uccidere la spontaneità del calcio. 
 
 

Se vi incuriosisce sapere come sono andate le classifiche degli ultimi 11 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

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Parolacce: la “Top ten” del 2018 https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/ https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/#respond Tue, 01 Jan 2019 11:00:21 +0000 https://www.parolacce.org/?p=15051 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.Come per le precedenti… Continue Reading

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La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?

DIPLOMAZIA ADDIO

«Perché facciamo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?».

DONALD TRUMP, presidente degli USA

Washington, Casa Bianca, 11 gennaio

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IL FATTO

La lettera di protesta dell’Unione Africana.

Il presidente Donald Trump incontra alcuni membri del Congresso nello Studio Ovale. A parlamentari e senatori che gli chiedono di non togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, Trump ha risposto con la frase: “Perché stiamo facendo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?”. In inglese shithole è letteralmente il “buco per la merda”, ovvero la latrina.
Appena la notizia si è diffusa, sollevando un’ondata di indignazione, Trump si è affrettato a ridurne la portata:  ha ammesso di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. “Gli Stati Uniti – ha cercato di correggersi – sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ‘da paesi ad alta criminalità e messi male”.
Ma ormai la frittata era fatta, con conseguenze planetarie:  il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti; El Salvador ha chiesto ufficialmente “rispetto” al presidente americano; l’ambasciatore americano a Panama, John Feeley è arrivato a dimettersi per la vergogna.
Ma non è tutto: l’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. “L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento”, ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sul caso. Gli ambasciatori africani hanno espresso “preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore” e hanno condannato “le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti” reclamando “che vengano ritrattate”.

Il Trump hotel con la scritta “Shithole”.

Sferzante il commento dell’ex presidente del Messico, Vicente Fox: “la tua bocca è il cesso più schifoso del mondo. Con quale autorità proclami chi è il benvenuto in America e chi no? La grandezza dell’America è costruita sulla diversità, o hai dimenticato il tuo passato di immigrato, Donald?”.
Ma c’è chi non si è limitato alle parole. Robin Bell, un artista, ha proiettato un messaggio luminoso sul Trump International Hotel di Washington. Nel messaggio si legge proprio “shithole”,” (“Non sei un cittadino di Washington? Hai bisogno di un posto dove stare? Prova il nostro cesso. Questo posto è un cesso”).

CHI LA FA, L'ASPETTI

Fa il dito medio agli autovelox: condannato a 8 mesi di carcere

Timothy Hill, manager

Grassington (UK), 24 aprile 2018  

 

 

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IL FATTO
Timothy Hill, 67 anni, è il manager di un’azienda britannica che vive a Grassington. Stufo di dover fare i conti con gli autovelox sparsi lungo le strade del North Yorkshire, ha montato sulla sua auto un dispositivo antilaser, capace di confondere i sensori dei rilevatori di velocità. Così, sicuro di farla franca, tutte le volte che passava davanti a una telecamera di un autovelox, gli esibiva il dito medio in un gesto di scherno. Non sapeva, però, che quegli apparecchi erano dotati anche di fotocamera. E la posa non è passata inosservata agli agenti della polizia locale, che dalla targa della sua Range Rover sono riusciti lo hanno identificato con facilità.E i giudici non hanno avuto scrupoli nel condannarlo: gli è stata inflitta una pena di 8 mesi di reclusione più la revoca della patente per un anno, per aver tentato di ostacolare il corso della giustizia. «Se vuoi attirare la nostra attenzione, gesticolare ripetutamente ai furgoni della polizia con il tuo dito medio mentre guidi un’auto dotata di un antilaser è un ottimo modo per farlo. Ed è anche un ottimo modo per finire in prigione», ha dichiarato alla stampa un agente della polizia stradale. Che, però, alla fine non è riuscita a rilevare la velocità dell’auto: magra consolazione.
 

LA PRIMA PAGINA PIÙ VOLGARE

Ma vaffancrucco

quotidiano “Il Tempo”

26 maggio 2018

 

 

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IL FATTO
 Sono passati quasi 3 mesi dalle elezioni, e ancora l’asse Movimento 5 stelle-Lega non è ancora riuscito a formare il governo. Ma nel frattempo non risparmia stoccate verso l’Unione Europea.

L’articolo dello “Spiegel” sugli scrocconi.

In quei giorni, al culmine del braccio di ferro, il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica online un articolo intitolato “Gli scrocconi di Roma”. Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione – si legge nel pezzo – che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente“, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto, rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola».

La copertina di “Woche” sull’Italia.

E sulla copertina di “Woche” l’inserto del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, è apparso il titolo “Mamma mia!”, sul disegno di un’apecar con la bandiera italiana (e coi simboli di Lega e M5s) che precipita in un burrone, mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello. Sottotitolo: «Perché l’Italia è la grande bambina problematica dell’Europa”.
Di fronte a queste prese di posizione, il quotidiano “Il tempo” rilancia, sparando in copertina il titolo: “Ma vaffancrucco”. Un doppio insulto: una maledizione (il vaffa) con l’aggiunta di uno spregiativo etnico contro i tedeschi (crucco).
Un modo estremo, scrive il giornale, per reagire a un “disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico”. L’articolo si conclude con un colpo di clava: il giornale invita i tedeschi a rivedersi il film “La grande guerra”, dove nel finale due soldati italiani danno della “faccia di merda” a un tedesco che voleva costringerli a rivelare la strategia del nostro esercito.
Il titolo del “Tempo” entrerà nella classifica delle prime pagine più triviali, insieme alla “Patata bollente” dedicato alla sindaca di Roma Virginia Raggi (titolo peraltro condannato per sessismo dall’Ordine dei giornalisti).

 

COMUNICAZIONE BOOMERANG

«Cina Paese di merda, ignorante, sporco, puzzolente, mafia». Poi, scuse globali.

Stefano Gabbana su Instagram  

23 novembre 2018  

 

 

 

 

 

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IL FATTO
La griffe di moda Dolce & Gabbana sta promuovendo una sfilata prevista a Shanghai, in Cina. e lo fa con 3 video pubblicitari che mostrano una ragazza cinese alle prese con alcuni piatti tipici della cucina italiana: pizza, spaghetti e cannolo. In tutti e tre i casi la ragazza usa in modo goffo le bacchette, con una voce maschile fuori campo che la guida. Malizioso il video del cannolo, in cui la voce le domanda «E’ troppo grande per te?».

Un fotogramma dello spot (cannolo) di D&G.

I video (potete vederli qui) vengono subito contestati sui social network cinesi, sia per il sessismo sia perché perpetuano l’immagine dei cinesi come persone ignoranti, che usano le bacchette per mangiare anche i cibi occidentali. Le critiche fioccano anche su Instagram dall’account @DietPrada (1 milione di followers) a cui lo stesso Gabbana replica che secondo lui i video erano belli e divertenti. Ma in breve la discussione degenera: Gabbana arriva a scrivere che «la Cina è un paese di merda (scritto con gli emoji), ignorante, sporco e puzzolente e mafia».
La conversazione diventa virale, con conseguenze devastanti per gli stilisti: la loro sfilata viene annullata, e diverse piattaforme di e-commerce cinesi rimuovono i prodotti del marchio.
A quel punto non si poteva più far finta di nulla: inizialmente Gabbana ha detto che il suo account Instagram era stato hackerato. Ma la giustificazione non ha retto: nei mesi precedenti lo stilista era stato protagonista di altri attacchi sguaiati, per esempio contro Selena Gomez ed Heather Parisi. E gli stilisti non potevano permettersi di perdere il mercato cinese dove hanno 25 punti vendita. Così hanno pubblicato su YouTube un video di scuse, registrato davanti alla parete di seta rossa del loro quartiere generale. Con le facce contrite i due stilisti dicono una frase ciascuno, in un discorso di 1 minuto e 25 secondi: «In questi giorni – dice Domenico Dolce – abbiamo ripensato tantissimo, con grande dispiacere a quello che è successo e che abbiamo causato nel vostro paese e ci scusiamo tantissimo. Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell’interpretare la vostra…. Siamo sempre stati molto innamorati della Cina, l’abbiamo visitata, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci». E Gabbana non tira più in ballo gli hacker: «vogliamo anche chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo perché ce ne sono molti e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio. Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa».
Insomma, una pubblica umiliazione su scala globale: non si era mai visto un atto di contrizione di queste proporzioni. Una versione moderna del “pubblico ludibrio”, per motivi economici.
Qui sotto, il video delle scuse di Dolce & Gabbana:

 

 

BESTEMMIA PRESIDENZIALE

Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così».

 Felipe Duterte, presidente delle Filippine

22 giugno, Davao, technology summit  

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IL FATTO
Il presidente delle Filippine, Felipe Duterte, non ha riguardi per nessuno. Dopo aver insultato il papa, l’Onu, Barack Obama e l’Unione Europea (vedi il mio articolo qui), ora è riuscito ad andare oltre, insultando perfino Dio.
Il fatto è avvenuto a Davao, durante un summit tecnologico. Ospite della manifestazione, ha iniziato, fra il serio e il faceto, a dire le sue opinioni sul racconto biblico del peccato originale. Dopo aver ricordato la storia di Adamo ed Eva e del serpente, Duterte ha detto: “Tu hai creato qualcosa di perfetto, e poi pensi di creare un evento per tentarlo e distruggere la qualità del tuo lavoro. Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così. Quella era l’azione di tua madre e tuo padre, non eri ancora nato, ma ora hai il peccato originale. Che tipo di religione è?  Questo non posso accettarlo, è un’affermazione molto stupida».
La sua sparata, detta in modo pacato, come una chiacchiera tra amici al bar, ha creato sconcerto in un Paese dove oltre il 92% della popolazione è di fede cristiana. Perfino diversi suoi alleati hanno preso le distanze.
Il vescovo di Sorsogon Arturo Bastes  ha attaccato il capo di Stato:  «La tirata di Duterte contro Dio e la Bibbia rivela che si tratta di uno psicopatico, una mente anormale che non avrebbe dovuto essere eletta come presidente della nostra nazione civile e cristiana»  e ha esortato i filippini a pregare per mettere fine alle sue «affermazioni blasfeme e le tendenze dittatoriali». «Come può essere un presidente per tutti i filippini se non rispetta i fedeli cattolici?», ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.
Anche il Consiglio delle Chiese evangeliche delle Filippine ha definito “assolutamente inappropriato per il presidente della nostra nazione maledire in modo beffardo il Dio della fede cristiana che è profondamente venerato dalla maggioranza dei filippini”.
Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha difeso le esternazioni del presidente, sostenendo che abbia il diritto di esprimere le sue opinioni sulla religione. Non ha mai nascosto questo tipo di linguaggio quando correva per le presidenziali, accettate che è fatto così».
Duterte, comunque, ha un rapporto teso con la Chiesa cattolica, i cui leader lo hanno criticato per le esecuzioni sommarie che hanno caratterizzato la sua guerra alla droga.
Qui sotto, il video con le affermazioni di Duterte:

 

VAFFA PARLAMENTARE

«Per anni non ci avete cagato di striscio… Ma andatevene un pò affanculo!».

Matteo Dall’Osso, deputato M5s

Camera dei Deputati, Roma, 7 agosto

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IL FATTO
E’ agosto, e in una delle ultime sedute prima della pausa estiva alla Camera si sta discutendo il decreto di riordino dei ministeri. Fra le ipotesi in discussione c’è l’introduzione di un nuovo dicastero, quello per la Famiglia e i disabili. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (Pd) critica l’iniziativa, sostenendo che fosse un’ulteriore forma di discriminazione: “fa tornare indietro il Paese di 80 anni, significa cancellare in un sol colpo le battaglie per affermare il principio sacrosanto che i disabili sono come gli altri, solo con bisogni specifici, cui dare risposta. Non ha senso un ministero della segregazione, un ministero per differenziare le persone le une dalle altre”. Le ha risposto Matteo Dall’Osso, esponente bolognese del Movimento 5 stelle affetto da sclerosi multipla: “In uno Stato normale avrebbe anche ragione la Boschi e tutti gli interventi di prima. Ma siccome in uno Stato normale non siamo, dico che è assurdo. Come si fa a pensare… Un disabile deve essere tutelato! A noi non ci ha cagato di striscio nessuno e adesso vi ribellate perché abbiamo creato un ministero… Ma andatevene affanculo, va!”.
La frase ha suscitato vivaci proteste dal Pd e da Forza Italia. Alla fine, il ministero per la famiglia e le disabilità è nato, ma la polemica di Dall’Osso non è terminata: all’inizio di dicembre, infatti, Dall’Osso, sentendosi “solo, umiliato e tradito” dal suo partito, che aveva bocciato un emendamento che potenziava il fondo per i disabili, ha abbandonato il M5s per passare a Forza Italia.
Qui sotto, il filmato con l’intervento di Dall’Osso:

 

OFFESA ALLA BICI

«Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!».

Fabio Aru, ciclista UAE Team Emirates

12 settembre, 17a tappa della Vuelta, giro ciclistico di Spagna  

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IL FATTO
Al Giro di Spagna, Fabio Aru, un ciclista sardo di 28 anni che corre per la UAE Team Emirates, cade rovinosamente a terra alla velocità di 70 km orari. E a meno di 7 km dal traguardo. Riporta vistosi strappi alla divisa, gli esce sangue dal fondoschiena.  Si rialza a fatica, e con le lacrime agli occhi inizia a urlare: “Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!”. L’ urlo, evidenziato con un gesto delle braccia, è ripetuto tre volte in faccia a Joxean Fernández Matxin, il team manager della UAE-Emirates, e a Giuseppe Archetti, capomeccanico del team e della Nazionale.
I due restano lì ammutoliti. Poi Aru, pantaloncino e maglietta squarciati tra lombi e glutei, qualche strisciata di sangue, riparte. Chiuderà la gara all’84° posto, a 14’14” dal vincitore, il canadese Michael Woods.
Ma lo sfogo rabbioso di Aru a bordo strada è andato in mondovisione. E non è andato giù a Ernesto Colnago, titolare dell’omonima azienda di biciclette usate da Aru: «Ci sono rimasto male» ha detto. «Ho servito migliaia e migliaia di corridori e un’offesa così, in televisione, non l’avevo mai subita. Però almeno Aru mi ha chiamato al telefono ed è stato un quarto d’ ora a scusarsi. Lo capisco, perché è una stagione che gli gira tutto male e quando è così anche le galline fanno fatica a fare le uova. Però gli ho spiegato che è un professionista, che la ruota gira. Poi, non ho capito, ma se si fosse bloccato il cambio mica sarebbe caduto. Si sarebbe fermato, non caduto. Che colpa ne ha la bici?». 
Infatti la bici non c’entrava, come ha poi chiarito Matxin, il team manager della Uae: «Gli si era incastrata la catena sull’ 11 e con la mano l’ha tirata per sbloccarla e metterla sul 12. Nel guardare sotto, a 70 km all’ ora è caduto. La sua  reazione non è stata bella. Ma è stata una reazione di pancia. E’ andato giù a quella velocità, con le pulsazioni a 200. S’ è spaventato, lo capisco. Cosa avrebbe detto qualsiasi altra persona o corridore? “Caspiterina“?».
Qui sotto, il video con lo sfogo di Aru:

 

 

LO STAGE PIÙ BREVE DELLA STORIA

«Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa». Licenziata.

@NaomiH_official, su Twitter

22 agosto

 

 

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IL FATTO

E’ estate, e una giovane americana, una non meglio identificata NaomiH, twitta un messaggio di giubilo: “Everyone shut the fuck up. I got accepted for a Nasa Internship”, ovvero “Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa”.
Poco dopo, un tale Homer Hickam le risponde “Occhio al linguaggio”. Ma lei non arretra, anzi rilancia: “Succhiami l’uccello e le palle, lavoro alla Nasa” (Suck my dick and balls, I’m working at Nasa”).
Peccato che il signor Hickam non fosse un moralista qualunque: gli ha risposto infatti “E io sono nel Consiglio nazioanale dello spazio che sovrintende sulla Nasa”.
Risultato: Naomi è stata silurata dalla Nasa alla prima giornata di stage. La figuraccia su Twitter, grazie agli hastag, ha richiamato l’attenzione dell’Agenzia spaziale, che ha preferito rimuovere la stagista troppo focosa.
Da quel momento Naomi si è presa una pausa di riflessione da Twitter. Hickam ha detto che Naomi l’ha contattata, e dopo aver visto il suo curriculum ha detto che comunque merita un posto nell’industria aerospaziale. Insomma, la figuraccia dovrebbe aver avuto un lieto fine. Anche se ha fatto il giro del mondo, rilanciata da molti giornali come l’Independent.  

 

INSULTO ONORIFICO

«Tu non sei razzista: sei stronzo!». E Mattarella la premia

Maria Rosaria Coppola

Napoli, 3 novembre  

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IL FATTO
Siamo sulla Circumvesuviana, una delle linee ferroviarie nell’area di Napoli. A un certo punto, un giovane passeggero aggredisce un cingalese, urlandogli «Negro di merda». Tra i passeggeri del treno, una donna di 62 anni ha il coraggio di affrontarlo: si chiama Maria Rosaria Coppola, e fa la sarta alla sede napoletana della Rai. La donna alza la voce, dicendo al ragazzo: «Sei un razzista, vergognati!» e gli intima di smetterla. Lui si inalbera, dicendo che gli immigrati «Se ne devono andare, l’Italia è nostra». La donna gli risponde: «Preferisco che sia loro l’Italia e non tua». Il battibecco continua: davanti al giovane che continua a minacciare lo straniero, la donna gli dice: «Se ti vedo alzare un pugno, prendo l’ombrello e te lo scasso in testa».

Il logo ispirato dall’episodio sulla Circumvesuviana.

Il ragazzo, però, continua fieramente a proclamarsi razzista, al che la signora gli risponde: «Tu non sì razzista, tu sì strunz», ovvero «Tu non sei razzista, sei stronzo» (per il significato di “strunz” in napoletano, vedi il mio articolo qui).
La scena, ripresa con il telefonino da un passeggero, in poco tempo diventa virale su Internet. Con conseguenze inattese: la signora Coppola, pochi giorni dopo l’episodio, ha ricevuto il premio “Cittadina coraggiosa” da Umberto De Gregorio, presidente dell’Eav (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea ferroviaria Circumvesuviana).
E ha ispirato un mediatore culturale, Mr Sharif, a creare un logo: ombrello, guanto da pugile e la storica frase “Tu nun sì razzista, sì strunz”.
Ma non è finita qui: a fine anno, la signora Coppola è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per il coraggio e lo spirito di iniziativa con cui ha pubblicamente difeso un giovane straniero vittima di una aggressione razzista». Credo che sia il primo caso al mondo di onorificenza guadagnata (anche) grazie a un insulto. Anche se, in realtà, più della reattività della donna colpisce l’inazione di tutti gli altri passeggeri. Infatti i premi vinti dalla signora Coppola nascondono una verità amara: indignarsi di fronte a un sopruso razzista è una reazione normale; diventa un atto di eroismo perché la nostra società è diventata indifferente ai soprusi. 
Va ricordato, comunque, la primogenitura di quella frase non è della signora Coppola, bensì di Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’assemblea della Regione Sicilia, e risale allo scorso agosto, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva bloccato a Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo 190 migranti per cavalcare mediaticamente il caso e strappare più aiuti sulla questione migranti dall’Unione Europea. 
Miccicchè, dopo aver visitato i migranti a bordo della nave, scrisse un intervento indignato su Facebook: «Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più?  Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». A questo intervento è seguita la reazione sdegnata della Lega, indignata per «i toni violenti e il linguaggio indecoroso». E l’episodio ha ispirato un artista, Domenico Pellegrino, che ha creato una luminaria con la scritta “Stronzo” (potete vederla qui). 
Nel video qui sotto, il battibecco fra la signora Coppola e i giovane sul treno:

HATERS IN MUSICA

«Fate cagare, siete delle merde fake…»

I Masa, “La canzone degli haters”

YouTube, 21 novembre   

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IL FATTO

I Masa sono un duo di giovani musicisti-cabarettisti di Fidenza (Parma). Si chiamano Alessandro Basini e Andrea Dalla Giovanna, e sono capaci di suonare più di 20 strumenti musicali differenti nelle loro esibizioni. Dopo aver collezionato commenti di ogni genere sui loro video pubblicati su YouTube e Facebook, hanno deciso di raccogliere quelli degli “haters” e trasformarli nei versi di una canzone,  “La canzone degli haters” per l’appunto. Fra le strofe: “Fate cagare, siete delle merde fake“, “Ridicoli“, “Coglioni“, “Imbecilli“…
Un esperimento originale, che ha superato le 275mila visualizzazioni su YouTube. Il brano, infatti riesce a far sorridere grazie all’ironia degli interpreti e alla melodia giocosa. Gli odiatori del Web si possono battere anche così. Col sorriso. Perché in fondo le parolacce sono solo parole.
Qui sotto il video della “Canzone degli haters”:

 

Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.

Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008. Buon anno!

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Parolacce, la “Top ten” del 2017 https://www.parolacce.org/2018/01/04/classifica-parolacce-anno/ https://www.parolacce.org/2018/01/04/classifica-parolacce-anno/#respond Thu, 04 Jan 2018 10:36:34 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13527 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2017, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” degli insulti più emblematici e divertenti: una classifica che quest’anno raggiunge un traguardo importante, la 10a edizione. Come in… Continue Reading

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La “Top ten” delle parolacce 2017 (montaggio foto Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2017, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” degli insulti più emblematici e divertenti: una classifica che quest’anno raggiunge un traguardo importante, la 10a edizione.
Come in passato, ho selezionato gli episodi con tre criteri: il loro valore simbolico, i loro effetti e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
E a proposito di riflessioni, al termine della classifica trovate un approfondimento sugli insulti del presidente Donald Trump: un fatto senza precedenti, che sta corrodendo la democrazia negli Stati Uniti.
Qual è, secondo voi, il vincitore assoluto della Top Ten 2017? Potete scriverlo nei commenti.
Buona lettura! E auguro un felice 2018 a tutti i lettori di parolacce.org.
Se volete leggere le classifiche degli anni passati, potete cliccare sui link alle “Top ten” precedenti: 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

INSULTI ATOMICI

 

“Gangster, rimbambito!”
“Pazzo, basso e grasso!”

Kim Jong-un e Donald Trump (foto Shutterstock).

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IL FATTO

La Corea del Nord ha avviato i suoi primi test nucleari già  nel 2006. Ma Kim Jong-un, al potere dal 2011, li ha intensificati nell’ultimo anno. Quando era in campagna elettorale, Donald Trump si era detto favorevole a incontrare Kim per tentare di disinnescare la crisi nucleare. Ma dopo la sua elezione la crisi fra i due Paesi è peggiorata, ed è diventata uno degli scacchieri internazionali in cui si gioca il confronto fra gli Usa e la Cina, alleata di ferro della Corea del Nord. E così ai test missilistici di Pyongyang è seguito il rafforzamento delle difese aeree e navali degli Usa, della Corea del Sud e del Giappone.
E mentre la minaccia nucleare resta – per fortuna – un deterrente virtuale, i veri scontri fra Usa e Corea sono stati i bombardamenti di insulti fra i leader dei due Paesi. Sono insulti dimostrativi: servono a far sentire forte la propria voce sui media internazionali, e servono soprattutto a uso interno, cioè a cementare l’opinione pubblica a fianco del proprio leader agitando lo spauracchio di un nemico esterno. Perciò, almeno fino a ora, sono stati insulti infantili, che contrastano con la drammaticità della situazione.
L’escalation è iniziata a giugno, quando è morto Otto Warmbier, uno studente americano imprigionato per 17 mesi dopo aver rubato in Corea uno striscione di propaganda. In quell’occasione Trump aveva definito “brutale” il regime di Pyongyang. Le autorità nordcoreane hanno risposto paragonando Trump a Hitler.
Era solo l’inizio: ecco una collezione degli insulti che i due leader si sono lanciati, con tutti i mezzi a disposizione (Twitter, giornali di partito, conferenze stampa) nell’anno appena trascorso: sono diventate un modo per sfogare la tensione, decisamente più innocuo rispetto alle armi nucleari, di cui, peraltro, gli Usa sono i maggiori detentori al mondo.  

  • Jong-un su Trumpgangster mentalmente squilibrato e rimbambito; vecchio lunatico; guerrafondaio; furfante e gangster che si diverte a giocare col fuoco; cane che abbaia e non morde; vigliacco; 
  • Trump su Jong-un: pazzo; basso e grasso; Rocket Man; criminale

FORMATO EXPORT

“Una troia sei! Brutta pompinara!”.

Fabio Fognini alla giudice di sedia, US Open, New York, 30 agosto 2017

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IL FATTO

Agli US Open, uno dei tornei di tennis più prestigiosi al mondo, Fognini ha affrontato il connazionale Stefano Travaglia. Contrariato da alcune decisioni del giudice di sedia, la svedese Louise Engzell, Fognini ha perso la calma, esclamando: “Una troia sei! Brutta pompinara!”. Sul momento, dato che nessuno capiva l’italiano, non è successo nulla: Fognini è stato battuto al primo turno da Travaglia, e la questione sembrava esaurita sul campo. Fognini se l’è cavata con una multa di 24mila dollari per condotta antisportiva. Ma dopo qualche giorno il video con gli insulti ha fatto il giro del mondo, e gli organizzatori, quando hanno saputo la traduzione delle sue frasi, l’hanno estromesso dal torneo (giocava in doppio con Simone Bolelli , con cui aveva già superato due turni) e l’hanno privato del montepremi che aveva guadagnato (circa 72.000$).
Le sue frasi insultanti hanno anche acceso polemiche politiche: alcune deputate italiane l’hanno accusato di sessismo. In un’intervista il tennista si è poi scusato per l’accaduto, dichiarando di aver sempre amato e rispettato le donne. Lo scorso settembre, la Federazione internazionale di tennis (Itf) gli ha comminato altre sanzioni: una multa di 96mila dollari (ridotta a 48mila se Fognini non commetterà ulteriori gravi infrazioni nei tornei dello Slam fino a tutto il 2019) e la minaccia di sospensione da due tornei dello Slam, uno dei quali deve essere gli Us Open, se dovesse commettere altre gravi infrazioni nei tornei dello Slam fino a tutto il 2019.
Staremo a vedere se queste sanzioni riusciranno a tenere a freno la sua impulsività: nel 2014, dopo una sconfitta, era arrivato a insultare persino suo padre presente fra il pubblico. 

REAZIONE DI MASSA

 

“Siamo tutti sbirri”.

I 25mila manifestanti alla 22° Giornata della memoria delle vittime delle mafie, Locri, 21 marzo 2017

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IL FATTO

Tutto era cominciato il 20 marzo con una scritta su un muro di Locri, in Calabria, terra di ‘ndrangheta. Poche ore dopo la visita in città del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su una parete dell’arcivescovado, dove era ospitato don Luigi Ciotti, presidente di Libera (associazione che si occupa di sensibilizzazione e contrasto al fenomeno delle mafie) era apparsa la scritta “Don Ciotti sbirro, più lavoro meno sbirri”.  Occorre ricordare che “sbirro” è un termine spregiativo per indicare  i poliziotti: deriva dal latino “birrum” (rosso), perché un tempo le divise erano rosse. Sta a indicare un agente dispotico, che esegue gli ordini ciecamente e facendo soprusi.
La scritta ha suscitato grande indignazione: al punto che il giorno successivo, 25mila persone sono arrivate a Locri per celebrare la 22a giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa proprio da Libera e Avviso Pubblico. E un altro mezzo milione di persone ha marciato in segno di solidarietà in migliaia di piazze italiane. “Oggi a Locri siamo tutti sbirri: ricordiamo i nomi degli agenti che hanno perso la vita per la libertà e la democrazia del nostro Paese. In testa al corteo c’era la vedova del brigadiere Antonino Marino, ucciso nel 1990: indossava una maglietta con la scritta “Orgogliosa di aver sposato uno sbirro”. “Quando ho visto quelle scritte sui muri” ha detto la donna “mi si è rivoltato lo stomaco. Sono moglie e mamma di un carabiniere: gli sbirri sono persone perbene”. 

INSULTI MILIONARI

Offende i concorrenti: lo sponsor gli chiede 2,1 milioni di euro

L’acqua Rocchetta chiede i danni a Flavio Insinna dopo il suo fuori onda volgare pubblicato da “Striscia la notizia”, 2 novembre 2017

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IL FATTO

Tutto inizia il 23 maggio 2017, quando “Striscia la notizia” (tg satirico di Canale 5) manda in onda un filmato in cui Flavio Insinna, conduttore del gioco a premi “Affari tuoi” (Rai1) insulta pesantemente i propri collaboratori, accusandoli di aver scelto concorrenti inadeguati per la trasmissione, al punto da aver causato un calo di ascolti. Il filmato – girato a sua insaputa – rivela un lato inaspettato di Insinna, che si rivolge in modo rabbioso e offensivo ai suoi collaboratori, arrivando a insultare anche i concorrenti del gioco: “Nana di merda”, “sette dementi”, “Questa è una merda”…. “non mi rompete i coglioni con questa cazzo di scatola”, “La merce [i concorrenti] la scelgo io”, “Siamo riusciti a prendere degli stronzi” e così via.
Il video fa scalpore: molti fan si indignano nello scoprire questo lato di Insinna, che giorni dopo si è scusato con gli spettatori e i concorrenti, rimarcando però che quel video era stato ripreso a sua insaputa durante una riunione. Mesi dopo, l’epilogo inaspettato: la Cogedi i
nternational, distributrice del marchio Rocchetta di cui Insinna era testimonial, ha chiesto un risarcimento allo showman per le proteste dei consumatori su Facebook, il calo del fatturato e i danni di immagine. Un totale di 2 milioni e 189mila euro, che si aggiungono alla restituzione del cachet di 275 mila euro l’anno che percepiva per gli spot. Amaro il commento di Insinna: “invece di difendermi da una campagna sistematica di denigrazione mi hanno lasciato solo, scaricandomi”. 

LO SBROCCO RUBATO

“Il Grande Fratello? Sfigati, programmi di merda”.

Marco Travaglio vittima de “Le iene” (dal min. 13:23), 12 novembre 2017

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IL FATTO

Gli autori delle “Iene”, trasmissione di Italia1, hanno avuto un’idea perfida: organizzare uno scherzo a Marco Travaglio, nemico giurato di Berlusconi. Gli hanno fatto credere che suo figlio Alessandro, rapper torinese, avrebbe partecipato al Grande Fratello Vip. Alessandro Travaglio, in realtà, era complice della trasmissione. Quando il figlio gli ha chiesto di intervenire in trasmissione come ospite, il padre ha sbroccato, ignaro di essere ripreso dalle telecamere di Mediaset nascoste a sua insaputa in casa sua: «E’ una trasmissione di sfigati, morti di fama, che non hanno più fama e cercano di recuperarla, mettendo in piazza le loro mutande, le loro scoregge, le loro scopate, le loro pippe, eccetera. E’ un programma osceno. (…) Se tu pensi che ti abbiano invitato perché sei un artista, ti illudi: ti hanno invitato perché sei figlio mio, ovviamente. Non farai il tuo lavoro, farai il coglione in mezzo a un branco di coglioni, di sfigati. Emette puzza anche dal video, quel programma lì, sei sentono le puzze. (…) Non esisto per quei programmi di merda lì, che ho sempre preso per il culo e ho sempre irriso e ho sempre definito programmi diseducativi e orrendi (…) Secondo te vengo in tv a sporcare il mio nome e la mia faccia, a sputtanare un intero giornale in un programma del genere». Io vado lì da loro? Io li schifo, io gli sputo in faccia. Sono gentaglia, personaggi orrendi. Sono la feccia dell’Italia, stanno rincoglionendo milioni di persone. La sola idea di essere avvicinato a loro mi fa venire il vomito. Non esiste proprio al mondo».
Alla fine, quando il figlio gli ha rivelato che era uno scherzo, Travaglio ha tirato un sospiro di sollievo e gli ha detto: «
Idiota. Sei un coglione. Sei veramente una testa di cazzo. Sei scemo. …. Ma è uno scherzo divertente. L’importante è che non ci vai. Cominciavo a dubitare della tua sanità mentale»…

A TUTTA PAGINA

“Patata bollente”.

Titolo di “Libero” su Virginia Raggi, 10 febbraio 2017

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IL FATTO

Il titolo uscito su “Libero”, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri, fa un doppio senso pesante (“patata bollente” è un problema scottante, ma può essere inteso anche come vulva eccitata), per alludere ai guai – giudiziari e forse anche sentimentali – della sindaca di Roma Virginia Raggi.
La sindaca è stata accostata dal giornale agli scandali sexy di Silvio Berlusconi: “mi limito a sottolineare che le debolezze accertate del Cavaliere meritano la medesima considerazione di quelle supposte della sindaca” scriveva Feltri. “Le valutiamo con lo stesso metro di giudizio: l’erotismo è legittimo ed è materia su cui non vale la pena di indagare. Ciascuno ha il diritto di coricarsi con chi gli garba. Si dà però il caso che Silvio pagava di tasca i propri vizietti, mentre Virginia detta Giulietta ha attinto ai soldi pubblici per triplicare lo stipendio a Romeo. Mi pare una aggravante, ma non calchiamo la mano. Invoco soltanto la par condicio per chiunque sia trascinato dalla passione”. Tant’è che “Libero” ha ripreso esattamente lo stesso titolo che si riferiva allo scandalo di Ruby con Berlusconi. Ma con due notevoli differenze: la Raggi ricopre una carica pubblica, e le sue implicazioni sexy sono tutte da provare.
Inevitabile, quindi, che il titolo sollevasse le reazioni indignate, innanzitutto da parte del movimento 5 stelle e della Raggi, che ha annunciato una denuncia a “Libero”: “Lo stile manca a chi per attaccare ricorre all’insulto volgare. Immagino le ore passate in redazione per produrre questa rara perla di letteratura.  C’è un retro-pensiero che offende non soltanto me ma tante donne e tanti uomini. Voglio soltanto svelare un segreto a questi fini intellettuali: un sindaco può essere anche donna! Quando chiederò il risarcimento per diffamazione, ovviamente, lo farò, aggiungerò anche 1 euro e 50 centesimi che ho speso per comprare per la prima ed ultima volta questo giornale”. La Raggi ha ricevuto solidarietà anche da altre forze politiche, che hanno accusato Feltri di sessismo.
Alla fine il titolo è stato punito dall’Ordine dei giornalisti, che ha comminato la sanzione della censura al direttore responsabile del quotidiano, Pietro Senaldi (la posizione di Feltri è stata archiviata mancando la prova che avesse deciso lui il titolo).
Questo scandalo non ha comunque fatto cambiare la linea del giornale, che il 15 maggio, per raccontare che i vertici del Pd non avevano partecipato alle pulizie cittadine organizzate a Roma, ha titolato con greve doppio senso: “Renzi e Boschi non scopano”.
Su questa
pagina trovate altri 14 titoli esilaranti di giornali.

PAROLACCE (DIS)EDUCATIVE

“Linguaggio pulito? Una stronzata ”.

Paolo Ruffini all’evento di “Parole ostili” contro il cyberbullismo, Milano, 15 maggio 2017

[ per approfondire, clicca sul + della striscia blu qui sotto: IL FATTO ]

IL FATTO

Doveva essere il trionfo del rispetto, dei buoni sentimenti, della buona educazione. Invece si è trasformato in un greve show da osteria. Era la presentazione del “Manifesto della comunicazione non ostile nelle scuole”, un decalogo educativo contro “l’hate speech” promosso da Parole O_Stili e rivolto alle scuole di tutta Italia. Gli organizzatori si sono trovati a Milano, con trentamila studenti collegati in streaming da mille scuole. alla presenza del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Ma “alla fine, ironia della sorte, a far notizia è stato proprio il linguaggio. In particolare, quello usato dal conduttore dell’evento, l’attore comico toscano, Paolo Ruffini” scrive il Corriere della Sera. Un ragazzo sale sul palco e dice una parolaccia. Per Ruffini è il «la»: «Non fatemi dire parolacce — ha attaccato l’attore —, perché ci sono questi signori in giacca e cravatta che non vogliono dica parolacce, ma mi sembra assurdo non dirle, perché voi le dite e mettere una distanza tra me e voi mi sembra una stronzata». E ancora: «Chiedo scusa alla suora, al preside e alle istituzioni, al ministro, a tutti, ma fatemi dire le parolacce. Fatemele dire. Posso dire un’altra cosa? La volgarità non è dire cazzo, ma la violenza. È più volgare uno schiaffo che non dire vaffanculo». E così Ruffini si è sentito legittimato a pronunciare una sequela di espressioni scurrili: “rompimento di coglioni”, “bella ficona mia”, “ti stai cagando addosso”, “dove cazzo vai”, “prendete per il culo”, “state facendo applausi di merda”, “cazzo fai?”….
D’altronde, le parolacce sono uno dei ferri del mestiere dei comici e sono un modo per accorciare le distanze e creare un clima informale. Ma farlo in quantità industriale, e proprio in una giornata dedicata al linguaggio pulito, di fronte ai giovani e ad alte cariche dello Stato è stato un boomerang: tutti i giornali hanno notato la contraddizione stridente fra gli scopi della manifestazione e il modo in cui è stata realizzata. Visibilmente in imbarazzo gli stessi organizzatori, con la ministra Fedeli che ha detto di “essersi tappata le orecchie”. Clamorosa la decisione di Trieste, dove il collegamento è stato interrotto in seguito alle proteste dei docenti e dell’assessore all’istruzione del Friuli Venezia Giulia, Loredana Panariti. 

PAROLACCE MUSICALI

“Oooh merda”.

Radiohead, Berkeley, 18 aprile 2017
(dal minuto 2)

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IL FATTO

Durante un concerto a Berkeley (Usa), i Radiohead hanno fatto un’improvvisazione… colorita. Il cantante Thom Yorke stava improvvisando dei vocalizzi, accompagnato dal chitarrista Jonny Greenwood. I musicisti stavano usando un looper, ovvero un apparecchio in grado di riprodurre all’infinito un frammento musicale (vocale, in questo caso). Ma qualche problema tecnico ha dato noia a Greenwood, che ha esclamato “Oh shit” (Oh merda): ma l’imprecazione è stata catturata dall’effetto, ed è stata ripetuta più volte, diventando un’originale canzone improvvisata fra le risate e gli applausi del pubblico.

PAROLACCE A FIN DI BENE

«Se te ne fotti, l’Aids ti fotte».

Slogan di Anlaids per la Giornata mondiale contro l’Aids
Roma, 1 dicembre 2017

 

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IL FATTO

Lo slogan non passa inosservato. E in effetti è stato scelto proprio per questo motivo: scuotere le coscienze sul fatto che l’Hiv miete ancora tante (troppe) vittime. Anche in Italia, dove si registrano 4mila nuove diagnosi di infezione all’anno. Così l’Anlaids (Associazione nazionale lotta all’Aids) in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids ha scelto questa frase choc per far tornare sotto i riflettori l’allarme Hiv. Unico neo della campagna, l’incongruente espressività dei testimonial (da La Pina a Saturnino): nessuno di loro ha posato in un atteggiamento ironico, allarmato, ammiccante o comunque in linea con il contenuto dello slogan. 

REAZIONE ESEMPLARE

Muntari, insultato dai tifosi, abbandona il campo.

Partita Cagliari-Pescara, Cagliari, 30 aprile 2017

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IL FATTO

E’ il secondo tempo della partita Cagliari-Pescara. A un certo punto il centrocampista del Pescara Sulley Ali Muntari, ghanese, preso di mira con cori razzisti da alcuni tifosi del Cagliari, va dall’arbitro Daniele Minelli a protestare platealmente, chiedendogli la sospensione dell’incontro. Ma il direttore di gara non apprezza i suoi modi concitati e lo ammonisce. A quel punto, il calciatore ghanese lascia volontariamente il campo per protesta.
La notizia fa il giro del mondo: ne parlano tutti i giornali europei, da “Le Monde” al “Guardian”. Due giorni dopo la vicenda, l’alto commissario per i diritti umani dell’Onu Zeid Rahad al-Hussein definisce Muntari “Un’ispirazione per tutti noi”. Ma la vicenda ha rischiato di trasformarsi in una beffa: il giudice sportivo aveva infatti inizialmente squalificato Muntari per un turno, accusandolo di aver abbandonato il campo senza permesso; ma poi la pena è stata revocata.
Contro corrente le riflessioni del vice allenatore del Cagliari Nicola Legrottaglie: «Se Muntari ha abbandonato il campo perché ferito lo posso comprendere e me ne dispiace moltissimo. Ma se lo ha fatto per protesta, lo ritengo il modo sbagliato per cambiare la situazione. Eleanor Roosvelt disse che “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso”. Allora non stiamo al gioco di chi vuole farci sentire inferiori! Dimostriamo la nostra superiorità in ciò che facciamo, in questo caso sul terreno di gioco. Uscendo dal campo si rafforza il gesto dei razzisti, enfatizzandolo e portandolo a compimento. Vi ricordate Jesse Owens? Se si fosse ritirato dalle olimpiadi del regime fascista perchè minacciato e gravemente offeso non avrebbe mostrato al mondo la sua superiorità come atleta e come uomo, sgretolando, come ha fatto, la tesi sulla supremazia della razza ariana».

PAROLACCE E POTERE

Donald Trump (Shutterstock).

Perché tornare a parlare degli insulti di Donald Trump? Perché un aspetto è rimasto in ombra: il turpiloquio gli sta dando un potere senza precedenti. Che forse potrebbe esplodergli fra le mani.
Trump ci aveva abituato alle offese durante la sua campagna elettorale: è stato uno dei modi (lo raccontavo in questo articolo) con cui si è presentato come leader innovativo e vicino alla gente. Da quando – un anno fa – è diventato presidente, non ha cambiato stile comunicativo. Ma non è un fatto indolore.
Nell’uso di insulti, Trump somiglia a Silvio Berlusconi: è stato un uomo di spettacolo (ha condotto un talent show, “The apprentice”), ed è un uomo d’affari milionario. Due caratteristiche che gli rendono facile e spontaneo l’uso delle parolacce, sia come elemento di spettacolo, sia come sintomo di una libertà maggiore: in generale, infatti, agli eccentrici – milionari, artisti, vecchi, aristocratici – si perdonano gli eccessi, compreso il linguaggio eccessivo (come raccontavo qui).

Ma Trump non è solo un milionario eccentrico: è il presidente degli Stati Uniti d’America, dunque una persona con un ruolo fortemente simbolico, dotato di ampi poteri e privilegi. Ma questo ruolo è incompatibile con l’uso di insulti. Il presidente di uno Stato democratico, infatti, rappresenta tutta la nazione e non solo la parte che lo ha eletto: additare e offendere nemici interni gli serve a cementare il consenso dei propri supporter, ma aumenta il livore da parte degli avversari. Risultato: negli Usa l’opinione pubblica è fortemente divisa. E Trump sta attirando su di sè molto livore.
Ma non è l’unico effetto negativo: con l’uso degli insulti Trump sta aumentando il proprio potere. Trump è libero di insultare chi vuole, ma non vale il contrario. Come avviene in tutti i Paesi, chi offende la più alta carica di uno Stato rischia sanzioni pesanti. Ma nessun legislatore ha previsto pene particolari se è un presidente a insultare gli altri, proprio perché quel ruolo dovrebbe implicare il rispetto di tutto il Paese che rappresenta. E così, grazie a questo vuoto legislativo, Trump acquisisce un potere senza precedenti: la licenza di offendere.

Il tweet con cui Trump ha annunciato che pubblicherà la lista dei media più disonesti e corrotti.

Dall’alto del suo potere, Trump rompe tutti i tabù di una democrazia, infangando non solo gli avversari politici ma anche le altre istituzioni e la stampa: ciclicamente, infatti, minaccia di pubblicare le liste dei “cattivi giornalisti”. In questo atteggiamento ricorda Rodrigo Duterte, il presidente delle Filippine che (come avevo raccontato) è arrivato a insultare persino il papa e l’Onu.
Trump, insomma, guida gli Stati Uniti come guiderebbe la propria azienda: non tollera controlli e contrappesi al proprio potere. Il suo è un tentativo di corrodere, svilendoli, gli oppositori e chiunque lo critichi. E per arrivare a questo obiettivo, non esita a confondere le acque e mescolare le carte in tavola, tentando di dimostrare che non esistono verità oggettive ma che un’opinione vale l’altra. Perfino in campo scientifico: nei documenti del governo, infatti, al posto di “basato sulla scienza” vorrebbe  l’espressione “raccomandato  in considerazione dei desideri della comunità”.
Ma questa concentrazione di potere non è solo merito (o demerito) suo. Nei mesi scorsi, molti utenti di Twitter avevano protestato perché Trump, a differenza di tutti gli altri utenti, non viene censurato o bloccato quando twitta insulti. Di fronte a questa evidente disparità, il fondatore di Twitter Jack Dorsey ha dato una risposta disarmante: Trump “non viene silenziato perché ciò che dice fa notizia“. Vero, ma la risposta sembra una forma di piaggeria verso il potente. E vuol dire anche che se Trump insulta qualcuno fa salire l’audience – e quindi i guadagni – dei media. Insomma, in cambio di denaro e visibilità un mezzo di comunicazione rinuncia alla giustizia e all’equità.
Questo scenario, comunque, non è esente da rischi per Trump:  molte delle sue prese di posizione si trasformano in boomerang, perché con gli insulti manca di rispetto a chi non la pensa come lui. E’ un atteggiamento incompatibile con una democrazia, tant’è che in molti casi Trump ha dovuto tornare sui propri passi. Gli attacchi frontali di Trump sono in realtà il sintomo della sua debolezza: spesso li usa per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi più grandi e pressanti (come ad esempio le inchieste sul Russiagate che lo riguardano). Ma forse non ha messo in conto che, attaccando gli altri, rende legittimo anche il contrario: se lui è il presidente solo di una parte del Paese, l’altra parte può sentirsi legittimata ad attaccarlo e svilirlo a sua volta.
 Difficile prevedere come andrà a finire. 

Hanno parlato di questo articolo AdnKronos e l’Indro.

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Quali sono state le parolacce “top” del 2016? Anche l’anno appena trascorso ci ha regalato molte chicche, sia in Italia che nel resto del mondo. E così, per il 9° anno consecutivo, ho preparato la classifica dei 10 casi più emblematici e divertenti di turpiloquio. Raccolti sia per il loro valore simbolico che per i loro effetti.
Prima di raccontarli, però, svelo subito il personaggio dell’anno: è il presidente delle Filippine, Felipe Duterte. E’ il primo capo di Stato ad aver insultato senza filtro le più importanti autorità del pianeta: dal papaBan Ki Moon, fino all’Unione europea e all’ambasciatore degli Usa, come raccontavo in questo post. Al suo confronto, Donald Trump è un dilettante. Incontinenza verbale? No: una strategia politica per stare sotto i riflettori, ribadire l’autonomia delle Filippine, strizzare l’occhio alla Cina e distrarre gli oppositori da altri problemi interni.
Lo scorso ottobre Duterte (nella foto a lato, fa il dito medio all’Unione europea) ha annunciato un cambio di rotta: «Non dirò più parolacce». Il motivo? L’ha spiegato ai giornalisti al ritorno da un viaggio in Giappone: «Mentre ero in volo e guadavo fuori dal finestrino, ho sentito una voce che mi diceva di smettere con il turpiloquio, altrimenti l’aereo si sarebbe disintegrato in aria. Ho chiesto: “Chi parla?”. Poi ho capito: era Lui. Così ho promesso di smettere. E una promessa a Dio – ha concluso Duterte – è un promessa al popolo filippino». 
Insomma, un ennesimo colpo di teatro: per mascherare, in realtà, il rischio di isolamento internazionale a cui sarebbe andato incontro se avesse proseguito a insultare tutti.  

Ed ecco la Top ten del 2016:  chi è il vincitore assoluto secondo voi? Scrivetelo nei commenti, se volete. Intanto, buon anno a tutti i lettori di parolacce.org.

POLITICA

(dal minuto 1:44)

«Roberto Speranza, hai la faccia come il culo. Avete la faccia come il culo».

Roberto Giachetti, assemblea del Pd, Roma, 18 dicembre

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IL FATTO

L’indignazione di Giachetti – parlamentare del Pd e vicepresidente della Camera – nei confronti del collega di partito Speranza viene da lontano. Durante il governo Letta (2013/14) Giachetti aveva firmato una mozione sottoscritta da un centinaio di parlamentari Pd per il ritorno al Mattarellum (sistema elettorale al 75% maggioritario e al 25% proporzionale).
La mozione fu bocciata in Aula con il parere contrario del Pd (Speranza era capogruppo) e del governo. Per protesta, Giachetti fece 2 scioperi della fame (uno da 170 giorni, l’altro da 73 giorni), ma senza risultati. Di recente, però, Speranza ha affermato che “Il Mattarellum è assolutamente positivo” e ha rivendicato di averlo proposto alla Camera come primo firmatario.
Di qui la rabbia di Giachetti, che all’assemblea Pd ha commentato: «Rimango leggermente allibito…Ho cercato lungamente quali fossero le parole ortodosse per rappresentare cosa io penso. Ma mi dovete scusare ma l’unica cosa che io penso è che: Roberto Speranza, hai la faccia come il culo. Avete la faccia come il culo: quando avevamo la possibilità di votare il Mattarellum eri capogruppo, c’erano i vostri ministri nel governo Letta … ». A quel punto la platea ha iniziato a rumoreggiare. Sul palco, Debora Serracchiani scoppia a ridere, il premier Paolo Gentiloni abbassa lo sguardo e trattiene il riso, Matteo Renzi si mette le mani nei capelli, Matteo Orfini lo richiama: «Quand’eri vicepresidente della Camera non avresti mai consentito una cosa del genere… vediamo di rientrare su toni civili». E Giachetti ha concluso: «Ragazzi la parola culo è sdoganata in tutto il mondo, adesso soltanto nell’assemblea del Pd che è così affettuosa non si può dire… Chiedo scusa. Diciamo che avete una faccia di bronzo, va bene così?». Il suo intervento così spontaneo ha fatto breccia, anche perché il Pd, da quando è diventato un partito governativo, rifugge il lessico volgare. Ma, come spesso accade in politica, l’intervento di Giachetti ha fatto discutere più sulla forma (l’uso della parolaccia) che sulla sostanza (il cambio di rotta sul sistema elettorale). E il Pd ha perso un’occasione preziosa per fare chiarezza sulla propria strategia. 

IN CAMPO

Koke: «Ricchione!».
Ronaldo: «Sì ma ricco, cornuto!».

Madrid, derby fra Atletico Madrid e Real Madrid. 21 novembre 2016

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IL FATTO

Derby fra Atletico Madrid e Real Madrid. Dopo un duro contrasto in area di rigore, Jorge Resurrección Merodio detto Koke (Atletico) e Cristiano Ronaldo (Real) si urlano le frasi a distanza ravvicinata, testa contro testa. E’ stato lo stesso Ronaldo a raccontare il contenuto del diverbio: “Koke mi ha dato del frocio (maricòn) e io gli ho risposto: “Sì, ma pieno di soldi, cornuto! (Sì, ma con pasta, cabròn)”. In effetti Ronaldo, uno dei più grandi calciatori esistenti, è anche uno dei più pagati nella storia del calcio: nel 2009 fu acquistato dal Manchester per la cifra record di 94 milioni di euro. E da tempo si rincorrono voci sulla sua presunta omosessualità: ma lui, dall’alto del suo talento (e dei suoi ingaggi profumati) se ne infischia…
La partita è stata vinta dal Real per 3-0 proprio grazie a una tripletta di Ronaldo. Ed entrambi i giocatori si sono meritati il cartellino giallo dall’arbitro.

A TUTTA PAGINA

“Il braccio destro del papa fa visita ai fedeli di Sega”.

Titolo su “L’Arena”, 31 agosto 2016

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IL FATTO

Sembra uno degli strilli di “Lercio”, il giornale satirico. E invece il titolo è proprio vero: è uscito  sull’Arena, quotidiano di Verona. L’articolo parla di monsignor Marcello Semeraro, “strettissimo collaboratore del pontefice”, che avrebbe fatto visita alla comunità parrocchiale di Sega, frazione di Cavaion Veronese. Ma, raccontata così, la visita assume un risvolto involontariamente comico. Su questa pagina trovate altri 13 titoli esilaranti di giornali.

PUBBLICITARIA

 

“Questo è l’uccello”.

Campagna pubblicitaria iPhone 7, Hong Kong, 9 settembre 2016

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO

Non sempre uno slogan azzeccato funziona a ogni latitudine. Ne sa qualcosa la Apple: lo scorso settembre ha lanciato il nuovo iPhone7 con una campagna globale, con lo slogan “Questo è il 7”. Peccato però che in cantonese, la lingua che si parla a Hong Kong, “sette” (柒) si pronuncia “tsat”, che ha lo stesso suono di un termine gergale che significa “uccello” (nel senso di “pene”). L’assonanza ha suscitato parecchia ilarità nel Paese (soprattutto su Facebook), come hanno riferito il Daily Mail e Quartz. Anche Samsung era cascata nell’equivoco quando aveva lanciato il “Note 7”: in cantonese suona “bastone del cazzo”.  

ANTI OMOFOBA

“Frocio?”.

Campagna di reclutamento dei Jozi Cats, Johannesburg (Sud Africa), 8 giugno

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IL FATTO

Nel mondo sportivo, molto maschilista, non è facile essere gay. Ricordate lo scandalo suscitato da Maurizio Sarri, che diede del “frocio” a Roberto Mancini (ct dell’Inter), beccandosi 2 giorni di sospensione e 20mila € di multa?
In Sud Africa una squadra di rugby, i Jozi Cats, ha deciso di dare un calcio ai pregiudizi. Sono una squadra formata da giocatori dichiaratamente gay, e hanno lanciato una campagna di reclutamento coraggiosa, esplicita e ironica: hanno posato in divisa, col pallone da rugby e i muscoli in bella vista, sotto gli epiteti più usati (in inglese) contro i gay, seguiti da un punto interrogativo: queen (letteralmente: regina), pillow biter (mordi cuscino), flamer (lanciafiamme), pansy (violetta), fudge packer (impacchettatore di caramelle), fairy (fata). Per mostrare che si può essere virili anche con un diverso orientamento sessuale. La campagna ha fatto il giro del mondo: ha scacciato l’omofobia con un sorriso.

MUSICALE

“Guarda il ca* che me ne frega”.

Fabio Rovazzi, Youtube, 2 dicembre

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IL FATTO

La scorsa estate il suo tormentone “Andiamo a comandare” aveva guadagnato 4 dischi di platino, e 107 milioni di visualizzazioni su YouTube, facendo breccia anche fra i bambini.
Così, quando a dicembre Rovazzi ha lanciato il nuovo singolo “Tutto molto interessante”, si è preoccupato del suo pubblico di minori. E nel ritornello ha sostituito la parolaccia “cazzo” con l’eufemismo “ca*” (se volete sapere qualcosa in più sugli eufemismi, ne ho parlato qui). Anche se nella canzone rimangono due parolacce “in chiaro”:  “sfiga” e “palle”. Il brano, in realtà, non è per bambini: è una satira sociale, una presa in giro delle persone ossessionate dai social network, dal narcisismo, dalla schiavitù dell’apparire fra selfie, Instagram e palestra. Tutte cose che a Rovazzi “non fregano”. Il brano ha bissato il successo precedente: è già disco d’oro e ha superato i 42 milioni di visualizzazioni. Anche questa canzone piace ai bambini: che – ben prima di Rovazzi – sanno benissimo cosa vuol dire ca*.

MILITANTE

“Maledetti bastardi, sono ancora vivo!”.

Roberto Saviano, 17 ottobre, su “Repubblica” (foto Shutterstock).

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IL FATTO

Lo scrittore napoletano Roberto Saviano è diventato celebre fin dal suo primo libro, “Gomorra” (2006) un viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra. Il libro, che ha venduto oltre 2,5 milioni di copie, ha sollevato il velo sui business dell’organizzazione criminale. E lo ha messo nel mirino del clan dei casalesi, che lo hanno minacciato di morte. Da allora lo scrittore, 37 anni, vive sotto scorta. In occasione del decennale dell’uscita del romanzo (e della sua vita blindata) Saviano ha rievocato la sua storia su Repubblica: «Dieci anni fa ricevetti una telefonata dall’allora maggiore dei carabinieri Ciro La Volla. Non dimenticherò mai le sue parole. Cercava di non spaventarmi, cercava di dare una comunicazione tecnica, ma lui stesso aveva la voce preoccupata: mi avvertiva che sarei stato messo sotto protezione. Quando vennero a prendermi, chiesi: “Ma per quanto?”. E un maresciallo rispose: “Credo pochi giorni “. Sono passati dieci anni….». Una vita difficile, nell’isolamento più totale. Ma che non gli ha fatto cambiare rotta: «Non siete riusciti a ottenere quello che volevate. Non mi sono fermato, non mi sono piegato, anche se più volte mi sono spezzato. Ma se c’è una cosa che insegna questa lotta che ho intrapreso con l’arma più fragile e potente che esista, la parola, è che proprio quest’ultima può di volta in volta rimettere insieme ciò che è andato in frantumi». E conclude  lanciando un insulto beffardo ai camorristi che lo hanno minacciato: «Maledetti bastardi, sono ancora vivo!». 

OLIMPICA

“Abbiamo giocato contro un branco di codarde”.

Hope Amelia Solo, portiere della Nazionale Usa alle Olimpiadi di Rio, 12 agosto (foto Wikipedia)

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IL FATTO

Alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, la squadra femminile di calcio degli Usa è stata battuta ai quarti di finale dalla Svezia (che poi è arrivata 2° dopo la Germania). La partita si è conclusa ai rigori, dopo un impenetrabile catenaccio delle svedesi, che hanno vinto per 4-3. Intervistata da “Sports illustrated”, la portiera statunitense Hope Solo, 35 anni – atleta brava, bella e sanguigna – ha criticato la tattica difensiva della avversarie, definendole “codarde”. Il suo commento è rimbalzato su tutti i giornali: non è esattamente nello spirito olimpico. Ma il Comitato olimpico non ha preso provvedimenti nei suoi confronti: ha qualificato la sua affermazione come “deludente” ribadendo che, comunque, c’è libertà di espressione. Non l’ha pensata così la Federcalcio Usa, che le ha inflitto 6 mesi di sospensione: una punizione esemplare, motivata dal fatto che quei giudizi sono “inaccettabili e non corrispondenti a ciò che ci aspettiamo dalle giocatrici che vestono la maglia della nostra nazionale”. La Solo ha replicato che questa punizione così severa sarebbe in realtà una ritorsione contro il suo impegno nel perseguire la parità di stipendi con i calciatori uomini.

TELEVISIVA

“Vorrei la minchia nera”.

Amadeus a “Mezzogiorno in famiglia”, Rai2, 7 maggio

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IL FATTO

E’ finita la puntata del contenitore mattutino di Rai 2 “Mezzogiorno in famiglia”. Il conduttore principale, Amadeus, durante la sigla finale canta “La pelle nera” insieme al resto del cast. Finiti i titoli di coda, pensando che il collegamento fosse ormai terminato, si sente Amadeus dire, scherzando, “Vorrei la minchia nera”. La gaffe non è sfuggita, tanto che è stata presa in giro da “Striscia la notizia” su Canale 5. Finendo così su tutti i giornali: Amadeus si è scusato, e ha ricevuto il “Tapiro d’oro”. Il segretario della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi ha annunciato un’interrogazione parlamentare. Dopo la tempesta, a fine mese Amadeus ha annunciato che avrebbe lasciato il programma dopo 7 anni, spiegando però di averlo fatto per altri impegni professionali e non per la gaffe. 

GESTACCIO

Dona le sue scarpe e offende gli egiziani

Lionel Messi, Barcellona, alla tv egiziana MBC Masr, 30 marzo

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IL FATTO

Lionel Messi aveva donato – per un’asta a scopo benefico – un paio delle sue scarpe davanti alle telecamere della tv egiziana MBC Masr. Ma il suo gesto ha scatenato il finimondo. Il campione non sapeva infatti che in Egitto (e in tutto il mondo arabo) mostrare le scarpe, e in particolare la suola, è un atto di grande disprezzo. Le suole, infatti, sono a contatto con la terra e quindi evocano la sporcizia. «Quelle scarpe rappresentano un’umiliazione», ha commentato il presentatore tv e deputato Said Hasasin. E il portavoce della Federcalcio egiziana Azmy Megahedha ha rincarato la dose: «Avrebbe fatto meglio a darsi gli scarpini in testa e a darli in testa ai suoi tifosi. Non abbiamo bisogno delle sue scarpe né della beneficenza di ebrei o israeliani. Dia le scarpe al suo Paese, l’Argentina è piena di poveracci».
Mostrare le scarpe non è l’unico gesto che diventa offensivo passando da un Paese all’altro. In questo articolo racconto gli altri 10 da evitare quando siete all’estero (se non volete fare figuracce).

Vi è piaciuta la “top ten” del 2015? Su questo sito trovate le classifiche degli anni passati: il 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

Hanno parlato di questo post AdnKronos,  Italia seraIl Secolo d’Italia, Italia informazioniSicilia informazioni, StraNotizie, Attualità.com.

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Parolacce: le più amate dagli italiani https://www.parolacce.org/2016/12/20/dati-frequenza-turpiloquio/ https://www.parolacce.org/2016/12/20/dati-frequenza-turpiloquio/#comments Tue, 20 Dec 2016 08:50:32 +0000 https://www.parolacce.org/?p=11428 Quali sono le parolacce più pronunciate dagli italiani? Quante ne diciamo ogni giorno? E di che tipo sono? In questo articolo risponderò a queste domande, basandomi sugli unici dati oggettivi che abbiamo in Italia. Ma prima di farlo, devo spiegare come… Continue Reading

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(foto sopra: elaborazione Shutterstock).

ATTENZIONE!!!!!
Questo articolo è stato aggiornato con i dati del 2019.
Potete leggere le nuove
statistiche sulle parolacce più usate dagli italiani in questo nuovo articolo.

Quali sono le parolacce più pronunciate dagli italiani? Quante ne diciamo ogni giorno? E di che tipo sono? In questo articolo risponderò a queste domande, basandomi sugli unici dati oggettivi che abbiamo in Italia.
Ma prima di farlo, devo spiegare come ho fatto a ottenere questi dati. Ho consultato i corpora, cioè una collezione di testi, dell’italiano parlato. L’unico modo (scientifico) di sapere quali e quante parole pronunciamo, infatti, è registrare varie conversazioni negli ambienti più diversi, e poi trascriverle parola per parola.
Un lavoro improbo, che in Italia è stato fatto diverse volte. L’unica collezione di parole accessibile, però, risale al 1992, cioè a 24 anni fa: purtroppo, le raccolte successive non sono disponibili.
Sto parlando del LIP, il Lessico di frequenza dell’italiano parlato: un insieme di quasi 500mila lemmi, che sono le trascrizioni di 57 ore di parlato registrate in 4 città (Milano, Firenze, Roma e Napoli) e in vari ambienti (casa, scuole, assemblee, luoghi di lavoro, mezzi di trasporto, telefono, radio, tv).
Il database di questo corpus è consultabile online su un sito estero: quello dell’Istituto di romanistica dell’Università Karl Franzens di Graz (Austria). Una risorsa straordinaria: se volete sapere quante volte diciamo una data parola, la base da cui partire per le ricerche è qui.

Io l’ho fatto con le parolacce. Basta inserire nel motore di ricerca (immagine a sinistra) l’elenco delle 301 parolacce principali della lingua italiana che avevo identificato sul mio libro (ne parlavo qui, e ricordo che, in realtà, il loro numero possibile supera le 3 migliaia, come raccontavo qui).
Dato che ogni lemma è censito nella forma originale in cui è stato detto, per ogni nome ho dovuto inserire le possibili forme, ovvero il genere (maschile / femminile), il numero (singolare / plurale), il modo dei verbi (infinito, participio, etc) e così via.
Il primo risultato è sorprendente, almeno per chi pensa che nella nostra epoca si dicano molte volgaritàSu 301 parolacce possibili, quelle effettivamente rilevate dall’indagine sono state 45: il 14,9%. Insomma, su un vasto carnet possibile di espressioni, la nostra scelta ricade solo su poco più di 1/10. Usiamo sempre le stesse.
Quanto alla frequenza, chi immagina un uso smodato di turpiloquio dovrà ricredersi: le espressioni volgari che ho trovato ricorrono 395 volte su un totale di 489.178 parole. In pratica, la volgarità rappresenta un misero 0,08% del totale delle parole che diciamo. Per avere un paragone, Tony McEnery, linguista dell’Università di Leicester (Uk), nel 2006 ha accertato che in inglese le parolacce sono lo 0,5% delle parole pronunciate. Dunque, rispetto ai britannici, diciamo 7 volte meno parolacce.
Ma questa frequenza riguarda la lingua parlata. Sui social network lo scenario cambia, come tutti ben sappiamo: secondo alcuni studi, su Twitter le scurrilità salgono all’1,15% (lo raccontavo qui), e nelle chat al 3% (fonte qui).
Vi sembrano poche? A ben guardare, no, se si considera che, in media, pronunciamo 15-16.000 parole al giorno: lo 0,5% significano 75-80 parolacce al giorno per gli inglesi, cioè 5 all’ora (escludendo 8 ore di sonno). E il nostro 0,08% è quasi una parolaccia all’ora.

E veniamo al secondo risultato, abbastanza prevedibile. La parolaccia più pronunciata dagli italiani è cazzo: quando un italiano dice una parolaccia, ha quasi una probabilità su 5 (il 17,7%) di evocare l’organo sessuale maschile. Seguono Madonna (intesa come esclamazione “Oh Madonna” o come rafforzativo, “della Madonna”), casino, Dio (anche in questo caso come esclamazione) e stronzo.
Nell’elenco non compaiono espressioni piuttosto diffuse, come minchiatette o piscia. Le bestemmie censite sono state 2 (una contro Dio, una contro la Madonna) e quindi incidono solo per lo 0,5% del totale.
Ecco qui sotto la classifica dettagliata delle parolacce censite, in ordine decrescente di frequenza:

Terzo dato interessante, il tipo di parolacce (vedi grafico a destra): 2 su 5 sono espressioni di origine sessuale (in giallo nella tabella sopra, 39,2%), seguite da quelle religiose (1 su 5, ovvero il 19,7% in azzurro) e poi, quasi a pari merito, da parolacce enfatiche (verdi, 14,9%) e insulti (in rosso, 14,4%). Fanalino di coda, le espressioni escrementizie (in arancione, 11,6%): in questo, siamo agli antipodi rispetto ai tedeschi, come raccontavo in questo post.
Ma attenzione, queste percentuali vanno prese con le molle: sono un’approssimazione e non spiegano in modo dettagliato l’uso effettivo delle espressioni volgari in questo corpus. Per esempio, la parola coglione nasce per designare i testicoli, e l’ho quindi catalogata come espressione sessuale; ma l’uso effettivo può essere diverso: questa parola può essere usata anche come insulto (“sei un coglione”). E lo stesso ragionamento vale per le volgarità censite nelle altre categorie.
Ma pur con questi limiti, queste statistiche ci danno comunque un’idea concreta dei temi più ricorrenti nel nostro turpiloquio: il sesso è al centro delle nostre ossessioni, come pure la religione. In un Paese tradizionalista e cattolico come il nostro, non è affatto strano.Di questo post ho parlato con Betty Senatore e Silvia Mobili su “Ladies and Capital” su Radio Capital. Potete ascoltare l’intervento cliccando sull’icona qui sotto:

posizione

parolaccia

quantità

% sul totale

cazzo

68

17,2

Madonna

53

13,4

casino

43

10,9

Dio

25

6,3

stronzo

16

4,1

balla / palla

15

3,8

stronzata

15

3,8

coglione

13

3,3

culo

13

3,3

incazzare

10

2,5

scopare

10

2,5

negro

10

2,5

merda

9

2,3

10°

imbecille

8

2,0

11°

cretino

7

1,8

12°

deficiente

6

1,5

fregare

6

1,5

porco

6

1,5

vaffanculo

6

1,5

13°

cagare / cacare

5

1,3

pirla

5

1,3

puttana

5

1,3

14°

bordello

4

1,0

sega

4

1,0

15°

frocio

3

0,8

mortacci

3

0,8

16°

bastardi

2

0,5

bernarda

2

0,5

cazzata

2

0,5

figa

2

0,5

pompino

2

0,5

puttanate

2

0,5

trombata

2

0,5

vacca

2

0,5

17°

bischero

1

0,3

cesso

1

0,3

culattone

1

0,3

culona

1

0,3

fottuto

1

0,3

pippa

1

0,3

rompiballe

1

0,3

rompicoglioni

1

0,3

scazzi

1

0,3

sfiga

1

0,3

troia

1

0,3

 TOTALE

395

 100
 Percentuale sul totale delle parole

0,08

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Parolacce: la “top ten” del 2015 https://www.parolacce.org/2016/01/01/parolacce-la-top-ten-del-2015/ https://www.parolacce.org/2016/01/01/parolacce-la-top-ten-del-2015/#respond Fri, 01 Jan 2016 11:40:00 +0000 https://www.parolacce.org/?p=8958 Ci sono Madonna, Sergio Marchionne e pure un arcivescovo, nella “Top ten” delle parolacce più clamorose del 2015. Com’è tradizione, ho scelto, fra centinaia di episodi emersi dalle cronache nazionali e internazionali, i più divertenti, inaspettati ed emblematici. Qualcuno, forse, l’avrete già sentito, altri… Continue Reading

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parolacciaANNOCi sono Madonna, Sergio Marchionne e pure un arcivescovo, nella “Top ten” delle parolacce più clamorose del 2015. Com’è tradizione, ho scelto, fra centinaia di episodi emersi dalle cronache nazionali e internazionali, i più divertenti, inaspettati ed emblematici. Qualcuno, forse, l’avrete già sentito, altri saranno una sorpresa…
Il mio commento è in coda alla classifica, che ho diviso per temi, dalla musica allo sport. Altra novità: trovate la descrizione dettagliata dei 10 episodi nei box azzurri (si aprono cliccando sul “+”).
I lettori di questo sito hanno scelto come autore della parolaccia dell’anno l’arcivescovo Giuseppe Mani, seguito da Nina Moric e Roberto Formigoni: e voi che ne pensate? Scrivetelo nei commenti a questo post.
Auguro a tutti un buon 2016, e colgo l’occasione per ringraziare ancora i tanti navigatori che hanno votato questo blog sul portale bab.la, facendolo classificare al 9° posto internazionale fra i siti professionali di linguistica.

MUSICA

 “Tutte voi cagne che continuate a lamentarvi, potete chiudere quella boccaccia del cazzo”.

Madonna, rockstar, al pubblico che rumoreggiava per il suo concerto iniziato con 50 minuti di ritardo per problemi tecnici, Manchester (Uk), 14 dicembre 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO

Così la star ha apostrofato il pubblico che si lamentava per lo show iniziato con 50 minuti di ritardo. “Grazie a tutti di aver aspettato. Non mi piace essere in ritardo, a proposito, e tutti voi cagne che continuate a lamentarvi, potete chiudere quella fottuta boccaccia. Non ero là dietro a mangiare cioccolatini, limarmi le unghie e farmi le extension. Il video è andato in tilt e così abbiamo dovuto aspettare fino a quando l’abbiamo riavviato. Non c’era nessun motivo da diva cagna ed egoista. Se voi, dive cagne volete andare avanti a lamentarvi, non venite al mio spettacolo”. Fan di Madonna entusiasti, gli altri molto meno. Alla fine la cantante si è espressa in termini più urbani su Instagram. Difficilmente si era sentito un artista maltrattare così il proprio pubblico.
[ “I want to thank you all for waiting. I don’t like to be late by the way and all you bitches who keep complaining about it can shut the fuck up. I’m not back there eating chocolate, filing my nails and getting my extensions done.
The video crashed… so we had to wait until we could reboot. No selfish diva bitch reason. If you diva bitches want to keep complaining about it [then] don’t come to my show”. ]

L’OSPITE

Dal secondo 12 al 33:

“(Sicilia), sei un’isola di merda!”.

Roberto Vecchioni, cantautore, ospite alla facoltà di ingegneria di Palermo per l’incontro “Mercanti di luce. Narrare la bellezza tra padri e figli”, 3 dicembre 2015

 

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
Vecchioni era stato invitato a parlare di cultura e, preso il microfono, si è espresso così: “Credete che sia qua soltanto per sviolinare? No, assolutamente. Arrivo dall’aeroporto, entro in città e praticamente ci sono 400 persone su 200 senza casco e in tutti i posti ci sono tre file di macchine in mezzo alla strada e si passa con fatica. Questo significa che tu non hai capito cos’è il senso dell’esistenza con gli altri. Non lo sai, non lo conosci. E’ inutile che ti mascheri dietro al fatto che hai il mare più bello del mondo. Non basta, sei un’isola di merda. Non amo la Sicilia che rovina la sua intelligenza e la sua cultura, che quando vado a vedere Selinunte, Segesta non c’e’ nessuno. Non amo questa Sicilia che si butta via. Dovrei dire che siete la culla della Magna Grecia? Ma la storia antica, la poesia antica, la filosia antica hanno insegnato a tutto il mondo cos’è l’originalità della vita, la bellezza, la verità, la non paura degli altri. In Sicilia questo non c’è”.
Il suo intervento ha diviso i siciliani. “Non c’è niente di peggio delle banalizzazioni e delle generalizzazioni, quelle in cui, purtroppo, è caduto Roberto Vecchioni. Ci saremmo attesi valutazioni più profonde e meno stereotipate”, ha commentato Renato Schifani (Ncd-Udc). Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha invece dato ragione al cantautore: “Roberto Vecchioni conferma di essere un grande amico della Sicilia e dei Siciliani. Con le sue parole ci ha ricordato che la Sicilia merita molto di più e molto di meglio di ciò che ha oggi. Chi punta l’attenzione su alcune parole forti e colorite usate dal cantautore fa come chi, davanti al dito che indica la luna, si concentra sul dito”.

ECONOMIA

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“Torniamo a essere gli sfigati dell’auto”.

Sergio Marchionne (foto Shutterstock), amministratore delegato di Fca dopo il debutto di Ferrari in Borsa a Wall Street, 21 ottobre 2015

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IL FATTO

New York. Sergio Marchionne esce dal New York Stock Exchange dove ha debuttato il titolo della Ferrari. Parlando ai giornalisti, Marchionne ha detto: “Dopo la quotazione di Ferrari a Wall Street, per la controllante Fiat Chrysler Automobiles non cambia niente. Continuiamo a fare le vetture senza avere la possibilità di appoggiarci perlomeno come immagine su un marchio di questo calibro. Torniamo a essere gli sfigati dell’auto”. Saranno pure “sfigati”, ma grazie alla quotazione del Cavallino rampante Fca ha incassato circa 980 milioni di dollari. Insomma, un  marketing anche questo: tentare di fare gli umili, i simpatici, per entrare in punta di piedi nel club dei Grandi.

GAY

Elton John

“Venezia sta affondando, ma non quanto il bifolco e bigotto Brugnaro”.

Elton John, musicista, al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che aveva bandito dalle scuole alcuni libri sulle coppie omosessuali, 17 agosto 2015 su Instagram

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO

Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, aveva cancellato dai programmi delle scuole cittadine 2 libri che avevano come protagonisti coppie dello stesso sesso. Elton John, gay e padre di due figli con il compagno David Furnish, ha postato un messaggio su Instagram, condividendo una foto della copertina del libro ‘The family book’ di Todd Parr, Elton John: “Questo è uno dei libri di storie preferiti della famiglia Furnish-John e racconta di un mondo totalmente inclusivo in cui le famiglie sono di tutte le forme, dimensioni e colori. E, soprattutto, le famiglie sono una questione d’amore. I nostri figli lo adorano… Dalla parte opposta abbiamo Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia che appare estremamente sciocco. Ha stupidamente scelto di politicizzare libri per bambini, vietando titoli di libri che raccontano di famiglie omosessuali che vivono felici e contente. Così invece di favorire un mondo basato sull’inclusione, la tolleranza e l’amore, sostiene una società futura che è discriminante e favorisce l’ignoranza. La meravigliosa Venezia sta indubbiamente affondando, ma non tanto rapidamente quanto il bifolco e bigotto Brugnaro”.
Il sindaco ha replicato: “Caro Elton John lei mi offende per sostenere le sue ragioni ma credo che rappresenti bene solo l’arroganza di chi è ricco e può fare tutto. Caro ricco Elton John – ha aggiunto in un altro tweet – lei che ama così tanto la mia città, oltre a comprarsi una casa, quali risorse ha mai offerto per salvare Venezia?”.

CURIALE

Cattura

“Il vostro giornale è una schifezza e andate a morire ammazzati voi e il vostro proprietario”.

L’arcivescovo Giuseppe Mani a un cronista dell’Unione Sarda che gli chiedeva un commento sulle inchieste per abusi sessuali su minori che avevano coinvolto esponenti della Curia di Cagliari, 17 maggio 2015.

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
La Curia di Cagliari era finita nel mirino della magistratura per un’indagine su presunti abusi sessuali a minori. Quando un giornalista dell’Unione Sarda ha chiamato per un commento monsignor Giuseppe Mani (che era stato arcivescovo di Cagliari tra il 2004 e il 2012) la risposta del sacerdote è stata sorprendente. Ha detto al giornalista: «Tu puoi scrivere una cosa: “Io ho telefonato a monsignor Mani – scrivilo eh – il quale mi ha detto che non mi risponde perché il nostro giornale è una schifezza e ci manda a morire ammazzati noi e il nostro proprietario. E sia lodato Gesù Cristo”». La sua sconcertante maledizione si può ascoltare a questo link.

LO SBROCCO ASSOLUTO

“Banda di coglioni, figli di puttana, vada a fare in culo, massa di coglioni, teste di cazzo!”.

Roberto Formigoni, senatore Ncd, agli addetti dell’aeroporto di Fiumicino, 19 maggio 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
L’episodio è noto come lo “sbroccogate”: il senatore Roberto Formigoni aveva insultato gli addetti aeroportuali di Alitalia in aeroporto a Roma Fiumicino, perché non l’avevano fatto imbarcare sul volo per Milano. Secondo quanto egli stesso ha riferito, gli avevano detto di recarsi a un gate sbagliato, e aveva perso tempo, arrivando al gate corretto quando ormai le porte erano chiuse. Furibondo per aver perso il volo, Formigoni ha apostrofato gli addetti urlando loro: “Banda di coglioni, figli di puttana, vada a fare in culo, massa di coglioni, teste di cazzo!”. Prima di andarsene, per la rabbia ha scagliato il telefono del banco Alitalia contro una parete. L’episodio aveva fatto scalpore perché stride con la sua militanza in area cattolica (anche se lui aveva tentato di legittimare il proprio comportamento alla luce del Vangelo): ne avevo parlato diffusamente in un post che potete (ri)leggere qui.

SFEGATATA

Saluzzi

“Alonso arrogante, invidioso, pezzo di imbecille”.

Paola Saluzzi, conduttrice di Sky, parlando del pilota di F1 Fernando Alonso su Twitter, 13 aprile 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
Intervistato prima del Gran Premio della Cina, Fernando Alonso (McLaren) aveva rivelato di aver lasciato la Ferrari (per cui aveva corso fino al 2014) “ per non arrivare un’altra volta secondo”. La frase ha scatenato l’ira dei tifosi del cavallino rampante, fra cui la Saluzzi. Che in un impeto di rabbia ha twittato : “gli è tornata la memoria e si è ricordato di quanto sia arrogante e invidioso, pezzo di imbecille”. Un’allusione all’amnesia di cui Alonso aveva sofferto dopo un incidente nei test invernali.
Il tweet non è passato inosservato: dopo qualche giorno Alonso si è rifiutato di rispondere ai microfoni di Sky Italia. Così la Saluzzi ha rimosso il tweet e si è scusata, ammettendo di aver ecceduto. Ma nel frattempo Sky aveva deciso di sospenderla dalle trasmissioni.

SPORT

Dal secondo 50:

“Non è giusto che i nostri tifosi siano offuscati da pochi idioti del cazzo e coglioni che bazzicano in Curva sud”.

James Pallotta, presidente della Roma calcio, commentando gli striscioni offensivi dei propri tifosi, 7 aprile 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
Durante la partita Roma-Napoli del 4 aprile, alcuni ultrà della Curva Sud avevano esposto striscioni contro la madre di Ciro Esposito, il giovane tifoso ucciso nella Capitale prima della finale di Coppa :“Che cosa triste, lucri sul funerale con libri e interviste”. Per quegli striscioni, la Roma era stata condannata a un turno di chiusura per la Curva sud dello stadio Olimpico.
Così il presidente Pallotta, intervistato da Roma Radio, ha commentato l’episodio dicendo: “Noi come Roma siamo molto frustrati e delusi dalle azioni che sono state prese, purtroppo non abbiamo il potere di intervenire quando succedono questi episodi, i controlli corretti sono stati fatti fuori dallo stadio rimuovendo gli striscioni da rimuovere… Non è giusto nei confronti di tutti i tifosi che vengono allo stadio dover rispondere e subire le conseguenze di azioni fatte da pochi idioti del cazzo e coglioni. Sono sicuro che la gran maggioranza dei tifosi della Roma siano stufi marci di questi pazzi. Dipende da tutti noi – non solo a Roma, ma in Italia – a mettere fine alle loro buffonate”.

[It’s just not fair for all of our fans to be tarnished by a few fucking idiots and assholes that hang out in the Curva Sud. I’m sure that the vast majority of Roma supporters are sick and tired of these fools. It’s up to all of us together – not just in Rome, but in Italy – to put an end to their antics].

Non si era mai sentita, in Italia, una presa di distanze così netta e decisa da parte di un presidente di una squadra di calcio verso la propria tifoseria. Ci è riuscito perché straniero?

SFRONTATA

Dal minuto 1:28 a 4:51

“Quante volte ho detto ‘Roma merda’? Una quantità di volte, impossibile contare”.

Stefano Esposito, assessore ai Trasporti di Roma, 1° settembre 2015 su “La Zanzara”, radio 24

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
Stefano Esposito è un senatore Pd, commissario di Ostia ed era da poco stato nominato assessore ai Trasporti a Roma. Piemontese, è un tifoso juventino che non nasconde la propria fede calcistica. Così Giuseppe Cruciani l’ha stuzzicato durante la trasmissione “La zanzara” su radio 24: “Quante volte hai detto Roma merda?”. “oooh! Una quanttià di votle che non sono neanche in grado di contare…”, ha risposto l’assessore. Che si è messo perfino a cantare il copretto: “E Roma merda, Roma Roma merda…” Non vado allo stadio per rispetto ma sempre forza Juve. La battuta ha provocato un vespaio, sia sui social che in politica: oltre agli attacchi di Gianni Alemanno e Francesco Storace, sono arrivate condanne anche da sinistra. Massimo D’Alema, suo compagno di partito e tifoso romanista ha detto: «L’assessore Esposito chieda scusa a quella larga parte della città che ha offeso. Con tutti i problemi che ha la giunta capitolina, non mi sembra proprio il momento per andare a cercarsi altri guai». E il capogruppo di Sel in Campidoglio ha definito l’uscita “incompatibile” col suo ruolo.

Un mese dopo, Esposito è finito nella bufera per aver bestemmiato durante una seduta in consiglio comunale.

FRA SHOWGIRL

Dal minuto 7:30 a 10:47

“È una vera cagna in calore, anche quando è fuori dal letto”.

Nina Moric, showgirl, parlando di Belén Rodriguez a “Radio Selvaggia” su m2o radio, 17 settembre 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
La showgirl croata Nina Moric intervistata da Selvaggia Lucarelli in diretta, che le chiedeva perché tante volte avesse attaccato Belén Rodriguez (ex partner di Fabrizio Corona, da cui la Moric aveva avuto un figlio) ha spiegato che le ruggini riguardavano il suo ruolo di madre adottiva del figlio avuto da Corona: “Andava in giro con le tette di fuori, nuda davanti a mio figlio di 5 anni. Gli faceva la manicure, la pedicure e gli tagliava i capelli corti. Tu, come madre, cosa avresti fatto? […] Lei è una cagna in calore vera, anche quando non è a letto con il proprio fidanzato. È più falsa delle banconote fatte con il papiro. Io non ho niente contro nessuno ma dico le cose in faccia. Se lei vuole parlare e dire il contrario, a me non frega niente. Con mio figlio si è comportata da cagna e ho tutto il diritto di dirlo. È stato uno sfogo. Lei è la preda più facile, non sa rispondere”. La sortita della Moric non sembra aver causato particolari reazioni da parte di Belén.

OSCENA

Dal secondo 56:

“[Hillary Clinton] stava per battere Obama, era favorita per la vittoria, ed è stata uccellonata. Ha perso”.

Donald Trump, imprenditore e candidato alla presidenza degli Usa, durante un comizio a Grand Rapids, 22 dicembre 2015

[ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

IL FATTO
Il miliardario Donald Trump guadagna visibilità (e consensi) facendo sparate sempre più provocatorie e fuori dalle regole. Di fronte a un pubblico di 7.500 persone a Grand Rapids (Michigan), Trump ha detto di non potersi immaginare che Hillary vinca perchè «è una che non ha mai vinto nulla». Per esempio, alle primarie 2008: «Stava vincendo, poi è stata “schlonged”: è un neologismo. Trump ha trasformato in un verbo la parola schlong, termine yiddish che vuol dire “biscione” (pene di grosse dimensioni).

[“She was going to beat Obama… She was going to beat – she was favored to win – and she got schlonged. She lost. She lost.”]

Gaffe? E’ probabile, invece, che sia una strategia precisa per attirare l’attenzione e apparire come una persona schietta, vicina alla ‘pancia’ del popolo. Per noi italiani, abituati da lungo tempo a sortite del genere (pensiamo a Umberto Bossi, Mario Borghezio, Maurizio Gasparri, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo…) è un film già visto. Vedremo quanto e se pagherà questa strategia negli Usa, che tanto ci considerano arretrati…

 

Vi è piaciuta la “top ten” del 2015? Potete leggere quelle del 2014, del 2013, del 2012, del 2011, del 2010, del 2009 e del 2008.

 

IL COMMENTO

Il 2015 è stato l’anno della resa dei conti per le parolacce della Lega Nord: Umberto Bossi ha preso 18 mesi per aver insultato l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiamandolo “terùn” (terrone); Mario Borghezio (sempre Lega Nord) ha dovuto versare 1.000 euro di ammenda per aver insultato i Rom; e Francesco Ranieri (vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna) è stato condannato a 15 mesi di reclusione e 150 mila euro di risarcimento per aver pubblicato un fotomontaggio in cui aveva raffigurato il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, con le fattezze di un orango.
Sta cambiando il clima, nel nostro Paese? Non molto: un altro esponente della Lega, il senatore Roberto Calderoli, è stato salvato dal processo per discriminazione razziale anche se aveva paragonato anch’egli la Kyenge a un orango. Si è salvato grazie ai senatori del Pd che volevano incassarne il sostegno per le riforme istituzionali…
E così, dato che l’esempio viene dall’alto, gli insulti, anche pesanti, continuano in Parlamento, sui campi di calcio, in tv, fino alle piazze virtuali di Twitter e di Facebook… E non solo in Italia: basti pensare a Donald Trump, candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, che sta cavalcando le volgarità per attirare l’attenzione dei media e solleticare i più bassi istinti degli americani. Per noi italiani – passati da Bossi a Berlusconi, Grillo e Salvini – non è una novità: vedremo se e quanto questa strategia avrà successo in America.
Paul_Wayne_Terry_Tulsa_PoliceE proprio dagli Usa arriva una storia emblematica sull’importanza di un uso attento delle parolacce: è la storia di Paul Wayne Terry (nella foto a destra), un rapinatore, che pochi giorni prima di Natale è stato arrestato in Oklahoma dopo sole 24 ore da una rapina che aveva commesso. La polizia lo ha rintracciato in modo così rapido perché Terry ha sul viso alcuni tatuaggi che non passano inosservati: due corna, sotto cui campeggia la scritta “Fuck cops”, fanculo sbirri… Possiamo dare a Terry un premio di consolazione per l’insulto più avventato del 2015.

MENZIONE SPECIALE

shutterstock_165469178Merita una menzione speciale un personaggio che mai ci saremmo aspettati di associare alle parolacce: papa Francesco. Ho trovato sorprendente che proprio da un papa siano arrivate alcune riflessioni serie, equilibrate e non ideologiche (anche se frammentarie) sul turpiloquio: un dato sorprendente per il capo della Chiesa, e un’ulteriore conferma che Bergoglio è un pontefice molto attento alla società di oggi. Della quale non si erge a giudice: infatti ha ammesso di aver egli stesso imparato a dire parolacce fin dalla tenera età (come tutti noi). «Quando ero in quarta elementare ho detto una brutta parola alla maestra» ha raccontato Bergoglio (foto Shutterstock) durante un’udienza. «Lei, buona donna, ha fatto chiamare mia mamma, e mi ha chiesto di chiedere perdono alla maestra. Lo ha fatto con tanta dolcezza, e sono rimasto contento, ma quello era il primo capitolo: poi, a casa incominciò il secondo capitolo… immaginatevi voi». Ed ecco le riflessioni di papa Francesco sulle parolacce:

  1. sul peso delle parole e l’importanza di rispettare il sacro. Commentando la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo che avevano pubblicato vignette satiriche su Maometto, il papa ha detto: «se un amico dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno, è normale… Io non posso insultare, provocare una persona continuamente, perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta: la libertà di espressione deve tenere conto della realtà umana e perciò deve essere prudente».
  2. sull’inflazione delle parolacce e l’ipocrisia delle buone maniere: «Stiamo diventando una società delle cattive maniere, dove si dicono tante parolacce, anche in pubblico. Ma attenzione: dietro le buone maniere si nascondono spesso cattive abitudini, e questo avviene anche nella religione. Nella storia abbiamo conosciuto anche un formalismo che maschera aridità dell’animo e disinteresse». Insomma, cerchiamo di rispettarci, ma non dimentichiamo che dietro una persona bene educata può celarsi anche un gretto. A volte vale anche il contrario.

Hanno parlato di questo post AdnKronos., il Tempo, Italy Journalil Monito.

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Parolacce: la “top ten” del 2013 https://www.parolacce.org/2014/01/03/parolacce-classifica-2013/ https://www.parolacce.org/2014/01/03/parolacce-classifica-2013/#comments Fri, 03 Jan 2014 11:08:24 +0000 http://www.parolacce.org/?p=1469 Figuracce, provocazioni, sfoghi inconsulti… La classifica delle parolacce che hanno segnato il 2013 è ricca di episodi notevoli, con conseguenze spesso eclatanti. In Italia le parolacce sono arrivate per lo più dalla politica, diventata un teatro di insulti senza freni:… Continue Reading

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Figuracce, provocazioni, sfoghi inconsulti… La classifica delle parolacce che hanno segnato il 2013 è ricca di episodi notevoli, con conseguenze spesso eclatanti.
In Italia le parolacce sono arrivate per lo più dalla politica, diventata un teatro di insulti senza freni: segno che, al posto delle idee, si sono scontrate le persone (con risultati ovviamente sterili). Un caso per tutti, la sequela di offese al ministro all’Integrazione Cecile Kyenge, di origine congolese, attaccata prima dall’europarlamentare leghista Mario Borghezio (“casalinga”, “una scelta del cazzo”, “governo bonga bonga”), che per questo è stato espulso dal suo gruppo, l’Efd; e poi paragonata a un orango dal vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli, seguito da vari emulatori.

In altre nazioni, queste sortite avrebbero sollevato un’ondata di indignazione; ma in Italia no, perché non abbiamo ancora fatto i conti con un razzismo strisciante e abbastanza diffuso. E’ uno degli effetti della crisi economica: com’è accaduto in altre epoche, è molto più semplice accusare gli stranieri di esserne i colpevoli, piuttosto che trovare una soluzione per uscire dalla crisi. In questo atteggiamento, peraltro, non siamo gli unici: in Francia, il ministro della Giustizia di colore, Christiane Taubiria, è stata paragonata a una scimmia dall’estrema destra.
Ecco perché ho scelto di non inserire questi episodi nella “top ten” qui sotto: non si possono archiviare come gaffe o polemiche politiche, perché rischiano di acuire la discriminazione etnica nel nostro Paese. L’augurio è che nel 2014 la politica riuscirà ad affrontare in modo costruttivo il difficile problema dell’immigrazione.
Ecco i 10 casi dell’anno appena concluso, dal decimo al primo: the winner is….

 

 

 

10

PARLAMENTO, ECCO I TROMBATI ECCELLENTI Il governo italiano

 

 

 

 

Il tweet-gaffe di Palazzo Chigi.

IL FATTO. 26 febbraio. Alle 10.10, sull’account Twitter ufficiale di Palazzo Chigi, è apparso a sorpresa questo messaggio sui risultati delle elezioni politiche. Il link puntava a una fotogallery con le foto di Di Pietro, Fini, Ingroia e altri volti degli “esclusi eccellenti”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. E’ decisamente inappropriato, per un’istituzione come la presidenza del Consiglio, usare un linguaggio volgare (trombati è sinonimo di fottuti), tanto più per qualificare rappresentanti del popolo , seppur dal popolo non abbastanza votati. Il tweet ha immediatamente suscitato polemiche in rete. E dopo pochi minuti, il tweet è stato cancellato in fretta e furia. Ed è stato rimpiazzato dalle scuse: «Un tweet partito erroneamente. Ci scusiamo con gli utenti».

9

FOTTUTA MERDA!!!(FUCKING SHIT!!!)A.J. Clemente, giornalista televisivo

ME SO’ ROTTA ER CAZZO

Laura Tangherlini, giornalista televisiva

Il video di Aj Clemente:

http://www.youtube.com/watch?v=HF6OySsPpko

E il video della Tangherlini:

http://www.youtube.com/watch?v=ITDItsYxZCw

IL FATTO. 21 aprile, Bismarck (Usa). Al suo esordio in video su KFYR-TV (emittente del North Dakota) per il tg della sera, dopo un secondo dalla messa in onda, Clemente, visibilmente teso sta studiando i testi delle notizie che dovrà leggere. Ed esclama la parolaccia mentre la sua collega Van Tieu sta iniziando a parlare.  Al termine del tg, Clemente è stato licenziato dall’emittente. “Ero nervoso e pensavo di non essere inquadrato in quel momento”, ha detto poi.Un episodio simile è accaduto l’11 dicembre in Italia a Rainews: alla conduttrice Laura Tangherlini  è rimasto acceso il microfono per 7 secondi dopo la fine del collegamento del tg. E così credendo di non essere in onda, ha fatto una battuta in romanesco ai colleghi in studio: “Restateci voi, io me ne vado può esse eh? Me so’ rotta er cazzo”. PERCHÉ SONO NELLA TOP TEN. Quella di AJ Clemente è stata la carriera più breve della storia della tv. La gaffe ha fatto il giro del mondo: AJ Clemente ha conquistato una ribalta internazionale sia per l’episodio, sia per l’ospitata al “Late show” di David Letterman. A lui va tutta la nostra solidarietà, e l’augurio che un’altra emittente gli offra una seconda chance.Solidarietà anche alla nostra Tangherlini: poteva accadere a chiunque uno sfogo a telecamere (apparentemente) spente… A lei, comunque, è andata meglio rispetto al collega statunitense: è stata sospesa per qualche giorno, ma ha mantenuto il posto di lavoro. 

8

“E ADESSO ANDIAMO A VEDERE IL NEGRETTO DELLA FAMIGLIA (Balotelli), LA TESTA MATTA…”Paolo Berlusconi, imprenditore

Il video (dal minuto 4:55)

IL FATTO. 3 febbraio, Varedo (Monza): Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, partecipa all’inaugurazione della sede elettorale di Fabrizio Sala, candidato del Pdl alla Regione Lombardia alle elezioni del 24 e 25 febbraio. Berlusconi, sul palco, alla fine del suo intervento invita il pubblico ad andare a vedere la partita del Milan contro l’Udinese: il match segnava l’esordio di Mario Balotelli, il calciatore di colore acquistato dal Milan alcuni giorni prima. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Alla ricerca di una battuta per conquistarsi la simpatia del pubblico, Berlusconi ha fatto una notevole gaffe, usando un epiteto razzista (negro), per nulla mitigato dal diminutivo-vezzeggiativo –etto.La notizia ha fatto il giro del mondo, finendo su Sun, Daily Mail, Times, Independent. E nessuno ha risparmiato bacchettate: l’episodio ha scritto il Times, “non ha polarizzato grande attenzione da parte dei media italiani, nonostante l’Italia abbia crescenti problemi comportamentali nei confronti della popolazione di immigrati in continua espansione”.   “Se tutto ciò fosse accaduto negli Stati Uniti”, aggiunge il New York Times, “avrebbe suscitato una reazione infuocata in tutta la nazione”.

 

 

7

GIUSTIZIA A PUTTANELibero, quotidiano milanese

La prima pagina di “Libero”.

IL FATTO. 25 giugno, Milano. Dopo 3 anni fra indagini e processi, arriva la sentenza sul caso Ruby: Silvio Berlusconi è condannato a 7 anni per prostituzione minorile e concussione. La sentenza è il titolo d’apertura di tutti i quotidiani italiani ed esteri. Tra tutti, spicca la pagina di Libero, diretto da Maurizio Belpietro, con un gioco di parole: giustizia a puttane, ovvero giustizia in malora. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Mai una sentenza era stata raccontata e giudicata con termini tanto crudi e volgari. Come dire che non è stato Berlusconi ad “andare a puttane”, ma la giustizia stessa. Nemmeno il più aggrevviso dei tabloid britannici avrebbe scritto un titolo del genere.

 

6

“SONO INORRIDITO CHE IN ITALIA ABBIANO VINTO DUE CLOWN”. [“BIS ZU EINEM GEWISSEN GRAD BIN ICH ENTSETZT, DASS ZWEI CLOWNS GEWONNEN HABEN”]Peer Steinbrück, candidato cancelliere del Partito socialdemocratico tedesco (Spd)

Le prime pagine di Bild e dell’Economist.

 

IL FATTO. 28 febbraio. Dopo le elezioni politiche, che avevano consacrato il primato di Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, Steinbrück – all’epoca possibile successore della Merkel – aveva espresso il suo giudizio nel suo consueto stile diretto durante una riunione di partito in Brandeburgo all’indomani del risultato elettorale italiano.  La frase, nella sua interezza, era ancora più graffiante: Grillo «lo è di professione e non si offende se è definito tale», mentre Berlusconi «è definitivamente un clown con un alto livello di testosterone». PERCHÉ È NELLA TOP TEN. L’intervento ha suscitato un caso diplomatico internazionale: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita in Germania, ha annullato l’incontro con Steinbrück per le sue dichiarazioni “del tutto fuori luogo”. Steinbrück, comunque, non ha fatto retromarcia, e il settimanale britannico The Economist ha ripreso la metafora in copertina la settimana dopo, pubblicando la foto di Grillo e di Berlusconi sotto il titolo: “Entrino i clown” (Send in clown).

 

 

5

“CI SONO TROIE IN GIRO IN PARLAMENTO CHE FAREBBERO DI TUTTO, DOVREBBERO APRIRE UN CASINO”Franco Battiato, cantante e autore 

 

IL FATTO. 26 marzo, Bruxelles (Belgio). L’artista, nelle vesti di assessore alla Cultura della Regione Sicilia, era a Bruxelles per chiedere fondi al Parlamento europeo. Parlando a braccio durante una conferenza, ha ricordato sua zia sarta che aveva 15 collaboratrici ragazzine, che “quando passava un uomo era finito, vedevano tutti i difetti immediatamente… Uno si rallegra quando un essere non è così servo dei padroni, mentre farebbero qualunque cosa queste troie qui che si trovano in giro nel Parlamento. E’ inaccettabile. Dovrebbero aprire un casino e farlo pubblico”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. La frase di Battiato, estrapolata dal contesto, ha causato un’alzata di scudi: la presidente della Camera, Laura Boldrini, quello del Senato, Pietro Grasso, hanno condannato la sortita, e la senatrice Pdl Alessandra Mussolini ha chiesto le dimissioni di Battiato. L’artista ha poi precisato che la sua frase si riferiva “a passate stagioni parlamentari che ogni italiano di buon senso vuole dimenticare. Stagioni caratterizzate dal malaffare politico, dal disprezzo per le donne e per il bene pubblico”. Ma è stato inutile: il giorno successivo il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, gli ha revocato il mandato.  Un fatto insolito: esponenti di maggior peso (vedi Bossi) hanno fatto sparate ben peggiori contro le istituzioni, ma sono rimasti al loro posto. Probabilmente i politici non hanno digerito che un giudizio tanto tagliente venisse da un intellettuale autorevole.

 

 

4

LA PUTTANA (Thathcer) E’ MORTA(THE BITCH IS DEAD)Folle di londinesi

 

IL FATTO. 8 aprile, Regno Unito. A 88 anni muore Margaret Thatcher, primo ministro conservatore dal 1979 al 1990.  Per la destra inglese, la “lady di ferro” che aveva salvato il Paese dalla crisi economica degli anni ’80; per la sinistra, una liberista sfrenata che aveva smantellato i diritti dei lavoratori e privatizzato molti servizi pubblici, rendendo ancora più netta la separazione tra ricchi e poveri. Così, alla notizia della sua morte, al lutto nazionale si è affiancata un’insolita festa di piazza: a Brixton, quartiere di Londra, la gente è scesa nelle strade con birra, musica e cartelli con la scritta:  “La puttana è morta”, “La strega è morta”. Proprio a Brixton, nel 1981, la polizia aveva arrestato mille persone in 5 giorni facendo largo uso di una legge che permetteva agli officiali della polizia di fermare chiunque, anche per il semplice sospetto che fosse un criminale. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. E’ decisamente insolito che un  leader di Stato sia contestato così duramente nelle piazze proprio nel giorno della sua morte: almeno in Italia, insultare un morto è un tabù, dato che – nell’ottica cattolica – dopo la morte chiunque acquisisce un’aura di santità e di intoccabilità, in nome del perdono.

3

EQUITALIA… TIÈ! (gesto dell’ombrello)Diego Armando Maradona, ex calciatore

Il video:

IL FATTO. 20 ottobre, Milano. Maradona è ospite della trasmissione di Rai3 “Che tempo che fa”. Il conduttore Fabio Fazio gli fa una domanda riguardo le sue pendenze con Equitalia, che il giorno precedente gli aveva notificato un’ingiunzione di pagamento di 39 milioni di euro: una somma che il fisco italiano reclama accusandolo di aver evaso le tasse in passato. Maradona obietta di essere innocente. “Io non sono mai stato evasore, lo dico a Ecoitalia, EcoFrancia (…) Non sono andato a firmare i contratti….quelli che hanno firmato i contratti si chiamano Coppola e Ferlaino e tutti edue ora possono andare per l’Italia tranquillamente e a me mi tolgono gli orecchini, l’orologio, che vedi come sono…seee”. E fa il gesto dell’ombrello. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Il gesto dell’ombrello, forse riferito più al rischio di vedersi pignorati l’orologio e l’orecchino che a tutta la faccenda, solleva un putiferio:  il viceministro dell’economia, Stefano Fassina, l’ha definito “un gesto da miserabile e credo che vada perseguito con grande determinazione”; Renato Brunetta (Pdl) ha definito l’episodio “indecente”, avendo elevato Maradona a testimonial dell’evasione fiscale in casa di chi paga il canone”. A distanza di 2 mesi, dal palco di “Domenica in” (Rai 1) il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si è detto “personalmente offeso” dal gesto.  “Quel gesto – si è poi difeso Maradona – non voleva essere offensivo ma solo satirico”. Ma il timore di una ribellione popolare a Equitalia, sull’esempio del Pibe de oro, ha avuto la meglio.

 

2

“IN EUROPA DICONO CHE HO LE PALLE D’ACCIAIO“.Enrico Letta, presidente del Consiglio 

IL FATTO. 7 novembre. Enrico Letta è intervistato dall’Irish Times prima di una visita a Dublino per un incontro con il primo ministro Enda Kenny. Parlando dello scontro con Silvio Berlusconi (che in ottobre aveva imposto le dimissioni dei ministri Pdl e il ritiro dell’appoggio al governo), e della fiducia alla camera, l’intervistatore gli chiede cosa pensino di lui i primi ministri degli altri Paesi europei: “Che ho le palle d’acciaio”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. La battuta di Letta ha fatto scalpore in Italia: difficilmente si sente un premier parlare di sé in questi termini (per di più sessisti). E le repliche dei suoi avversari non sono state da meno: Grillo l’ha definito “un ballista d’acciaio”. Daniele Capezzone (Pdl) presidente della commissione Finanze della Camera ha detto che “Le palle stanno girando a tanti italiani”. E Renato Brunetta, capogruppo Pdl, ha twittato: “I lavoratori dell’Ilva, se potessero, gliele fonderebbero all’istante”.  Di fronte a queste reazioni, e ai dubbi su un suo cambiamento di passo e di stile, Letta si è difeso dicendo che si trattava di “una traduzione errata di una frase idiomatica”. Ma l’autore dell’articolo ha fatto ascoltare la registrazione dell’intervista alla trasmissione “Un giorno da pecora“: nell’audio il premier afferma chiaramente che, secondo gli altri politici europei lui “c’ha le palle”; il giornalista irlandese, per rafforzare l’espressione, le ha rese… d’acciaio. Così, per effetto di quell’affermazione ora a Letta toccherà dimostrare di avere gli attributi fino alla fine del suo mandato: sfida non facile.

 

1

“FANCULO DITTATORE” (Putin) (FUCK, DICTATOR)Femen, gruppo femminista ucraino

 

 

 

IL FATTO. 8 aprile, Hannover (Germania). Il presidente russo Vladimir Putin visita la Fiera di Hannover, la più grande fiera industriale al mondo, accompagnato dalla cancelliera Angela Merkel. A un certo punto, nei pressi dello stand della Volkswagen irrompono 4 attiviste di Femen a torso nudo, esibendo sul seno e sulla schiena la scritta (in inglese e in russo) “Fuck dictator” , disegnata con smalto nero. Le donne, che urlavano “Fucking dictator” (fottuto dittatore) e “Go to hell dictator” (vai all’inferno, dittatore) sono state subito bloccate e portate via dagli uomini della sicurezza. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Probabilmente Putin non è mai stato contestato in modo così plateale, duro e deciso per “l’omofobia, la teocrazia della Chiesa ortodossa e la dittatura”, come urlavano le attiviste. Le Femen protestano col corpo nudo, vulnerabili nella loro cruda femminilità esposta agli sguardi e agli obiettivi, e  non sono intimorite da alcuna autorità. La loro forza sta nella loro debolezza: diventano invincibili perché qualunque tentativo di fermarle diventa una violenza. Le foto dell’iniziativa, durata una ventina di secondi, sono finite sui giornali di tutto il mondo. Dopo il loro fermo, la Merkel ha chiesto a Putin di non denunciarle, in nome della libertà d’espressione. Un’iniziativa del genere in Russia avrebbe avuto probabilmente tutt’altro esito…

 

Volete leggere le top ten degli ultimi 5 anni? Ecco quelle del 2012, del 2011, del 2010, del 2009 e del 2008.
E qui chi ha parlato della “top ten” del 2013: il lancio di AdnKronos, ripreso da “Il Giornale“, Huffington Post, Nonleggerlo, Horsemoon Post , il sito Femen, AgoraVox, il Trafiletto.

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Rivelatrici. Dirompenti. Deliranti. Se volete sapere le 10 parolacce che hanno segnato il 2012, in Italia e nel mondo, leggete questo post. Ma prima, una veloce riflessione: a ogni latitudine, sono stati soprattutto lo sport e la politica a infiammare gli animi. Con una significativa novità in Italia, dove Beppe Grillo ha rubato la scena a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, per l’uso abbondante – ma anche creativo – di nomignoli insultanti diventati ormai celebri: da zombie (rivolto a PierLuigi Bersani) a Elsa Frignero (la Fornero) fino a rigor Montis… Anche se, probabilmente, è stato Matteo Renzi ad aver ispirato la vena più caustica di Grillo, che lo ha definito “un ebetino inconsapevole, il compagno di banco che ti copia il compito ma non sa spiegarlo alla maestra, un succhiaruote della politica, un sindaco a zonzo, un aspirante dalemino, un vuoto con il buco intorno”. Vista l’imminente campagna elettorale, questo è solo un assaggio: nel 2013 ne sentiremo delle belle. E non solo da Grillo.

 

10°) MICHEL MORGANELLA, CALCIATORE SVIZZERO

«Je défonce tous les coréens, allez tous vous brûler, bande de trisos».

[«Voglio abbattere tutti i coreani, andate a darvi fuoco, banda di mongoloidi»].

Dove e quando: Il calciatore, 23 anni, difensore del Palermo, stava giocando nella nazionale svizzera alle Olimpiadi a Londra. Il 30 luglio, il giorno dopo aver perso contro la Corea del Sud per 2-1, Morganella ha scritto sul proprio account un tweet pesantemente razzista in verlan, un gergo francese che inverte le sillabe.

Perché è nella top 10: il tweet non è rimasto nella ristretta cerchia dei suoi fan: rimbalzato sui media, ha fatto il giro del mondo. Morganella ha dovuto scusarsi pubblicamente, ma ormai era troppo tardi: la sua Nazionale lo ha costretto a tornarsene a casa e abbandonare i Giochi per aver «discriminato, insultato, e violato la dignità della nazionale sudcoreana, nonché del popolo sudcoreano».

 

9°) SAMUEL L. JACKSON, ATTORE STATUNITENSE

« An out-of-touch millionaire has just declared war – on schools, the environment, unions fair pay … we’re all on our own if Romney has his way. And he’s against safety nets, if you fall, then tough luck. So I strongly suggest to wake the fuck up»!

[Un milionario irraggiungibile ha appena dichiarato guerra alla scuola, all’ambiente, alle eque paghe sindacali…. Siamo tutti abbandonati a noi stessi se Romney ce la fa. Lui è contro le reti di sicurezza, se cadi poi diventa dura. Così vi suggerisco caldamente di darvi una cazzo di svegliata!».]

Dove e quando: nella campagna per le presidenziali degli Usa, il Jewish Council for education and research, un’associazione che riunisce l’elettorato ebreo, ha lanciato diversi video a supporto della rielezione di Barack Obama. Fra questi, il 18 settembre, uno che vede protagonista l’attore Samuel L. Jackson, e scritto da Adam Mansbach, autore di “Fai ‘sta cazzo di nanna” (Go the fuck to sleep). Nel video l’attore fa presenti i rischi per il welfare, l’istruzione, l’ambiente il lavoro in caso di vittoria da parte del candidato repubblicano Mitt Romney. E in puro stile “Pulp fiction” dà una scossa agli elettori passivi o indecisi invitandoli più volte a darsi una c*** di svegliata.

Perché è nella top 10: è la prima volta in cui negli Stati Uniti, nazione puritana, uno spot elettorale utilizza un linguaggio così crudo e diretto. Il video ha fatto discutere, ma è stato visto da quasi 5 milioni di persone. E ha dato il suo contributo alla vittoria di Obama.

 

8°) ANTONIO CASSANO, CALCIATORE

«Ci sono froci in Nazionale? Se penso quello che dico sai che cosa viene fuori… sono froci, problemi loro, mi auguro che non ci sono veramente in Nazionale».

Dove e quando: Durante un’intervista alla trasmissione radiofonica “La zanzara” (Radio 24) il presentatore tv Alessandro Cecchi Paone aveva rivelato che «Nella nazionale di Prandelli ci sono sicuramente due omosessuali, un bisessuale e tre metrosexual (eterosessuali attenti alla cura dell’aspetto fisico, ndr). Il resto sono sani eterosessuali, simpaticamente e normalmente rozzi». Pochi giorni dopo, il 12 giugno a Cracovia, durante la conferenza stampa ufficiale degli azzurri agli Europei di Calcio 2012 prima del match con la Croazia, un giornalista chiede a Cassano un commento alle dichiarazioni di Cecchi Paone. E Cassano, tra risate, frecciate e sgomitate, prende le distanze dall’argomento in modo tutt’altro che diplomatico.

Perché è nella top 10: le frasi omofobiche sono rimbalzate sul Web, in tv e sui giornali. Scatenendo le ire dei gay e non solo. Tra gli attacchi, quello diNichi Vendola, governatore della Puglia e gay dichiarato: «Sono parole offensive. Sono straricchi, straignoranti e pensano di poter dire qualunque cosa. Consiglio ad Antonio Cassano di spendere un miliardesimo di quel che guadagna per comprare qualche libro». Cassano si era poi scusato in un comunicato ufficiale della Figc, ma intanto la Uefa aveva aperto un’inchiesta disciplinare per «dichiarazioni discriminatorie alla stampa». Un mese dopo la Uefa gli ha comminato una sanzione di 15mila euro.

 

7°) PENGUIN NEWS, SETTIMANALE DELLE ISOLE FALKLAND

Kirchner= bitch [puttana]

Dove e quando: il 10 febbraio il sito Web del settimanale pubblica un servizio su Cristina Fernandez de Kirchner, presidente dell’Argentina, che aveva rilasciato dichiarazioni durissime in merito alla sovranità delle isole, contese da decenni. Aveva accusato la Gran Bretagna di neocolonialismo, minacciando proteste presso l’Onu. Ma un redattore aveva denominato “bitch” (puttana) il file con la foto della presidente a corredo dell’articolo.

Perché è nella top 10: Quando un navigatore ha scoperto la vicenda, la notizia è rimbalzata sui giornali argentini, sollevando un’ondata internazionale di indignazione. Centinaia di mail e di tweet di proteste e di insulti sono state inviate alla direttrice del sito, Lisa Watson. Il sito ha rinominato la foto, e la direttrice si è scusata, dicendo che l’episodio era frutto dell’humor nero di un redattore. Ciò non ha comunque inibito il premier britannico David Cameron dal ribadire che le Falkland sono e resteranno del Regno Unito.

 

6°) KIMI RAIKKONEN E SEBASTIAN VETTEL, PILOTI DI FORMULA 1

RAIKKONEN: «Last time you guys were giving me shit because I didn’t really smile enough» [L’ultima volta che ero arrivato primo, molti di voi mi avevano riempito di merda perché non avevo sorriso abbastanza».]

VETTEL: «it was obviously a chance to fuck it up and we didn’t do that». [C’era la possibilità di mandare tutto a puttane, ma non l’abbiamo fatto]

http://youtu.be/46u81sdxEkY

Dove e quando: 4 novembre, terz’ultima gara del Campionato mondiale di Formula 1. La gara è vinta da Raikkonen (Lotus-Renault) seguito da Fernando Alonso (Ferrari) e Sebastian Vettel (Red Bull-Renault), poi laureatosi vincitore del mondiale. I 3 vengono intervistati sul podio da David Coulthard, ex pilota della McLaren e collaboratore della Bbc. «Il pubblico vorrebbe sapere quanto sia stato emozionante tornare alla vittoria. Raccontacelo», ha esordito Coulthard. Ma in un clima rilassato e goliardico, Raikkonen e Vettel hanno risposto a ruota libera, senza freni inibitori, usando queste (e anche altre espressioni) in mondovisione: la trascrizione integrale dell’intervista è qui.

Perché è nella top 10: Coulthard ha cercato di salvare la diretta, affermando: «Non mi piace fare questo genere di interventi. Va tutto in diretta televisiva e non credo che sia educativo». L’episodio ha fatto il giro del mondo. Vettel ha chiesto scusa con un comunicato stampa, e la Fia (Federazione internazionale dell’automobile), organizzatrice dei Gp, ha dovuto emettere un richiamo ufficiale a tutti i piloti: “E’ una nostra responsabilità collettiva assicurarci che i piloti siano a conoscenza che questo linguaggio non deve trovare spazio durante gli eventi con i media… Si comprende che nel caldo della battaglia, l’adrenalina, l’esaltazione e la delusione possono essere un mix pericoloso. Ma i piloti sono professionisti, e una parte del loro lavoro è parlare coi media, e devono farlo in modo accettabile”. Avvisandoli che la prossima volta partiranno azioni disciplinari.

 

5) CARLO PELLEGATTI, TELECRONISTA SPORTIVO

«Ha ancora qualcosa da dire Conte… Conte è senza vergogna e va a protestare. Conte è senza vergogna… La provocazione! Senza vergogna la Juventus! E’ senza vergogna! Conte è malato mentale! Vai e vai negli spogliatoi stasera, cazzo rompi i coglioni i stasera!?! Stasera muto e vai negli spogliatoi! Guarda che roba, guarda che roba! Guarda! Guarda! Colpa di quel testa di cazzo! Colpa di quel testa di cazzo! Vai negli spogliatoi e vai».

http://youtu.be/xVCV5DqywIs

Dove e quando: il 26 febbraio, alla fine della partita Juventus-Milan, terminata 1-1. Un match molto contestato: il Milan era in vantaggio per 1-0 quando Muntari insacca il 2-0 oltre la linea di porta ma il guardalinee non lo vede. E alla fine la Juve pareggia. Pellegatti – tifoso del Milan – stava facendo la telecronaca su Mediaset premium. Al terminedella partita, l’allenatore della Juventus Antonio Conte è entrato nel terreno di gioco per parlare con alcuni giocatori del Milan molto agitati. La scena ha fatto infuriare il cronista che l’ha interpretata come una provocazione gratuita. E così ha perso ogni freno, in un crescendo di insulti. Quelli più pesanti li ha detti pensando di non essere in onda: ma quando qualcuno gli ha fatto notare la gaffe, ha ripreso a parlare cercando di far finta di nulla. Troppo tardi.

Perché è nella top 10: non si era mai sentito un tifoso prevalere a tal punto sul cronista. All’indomani del fattaccio, Pellegatti ha pubblicato sul sito di SportMediaset una lettera di scuse alla Juve, a Conte e ai tifosi juventini, ribadendo di aver usato parole sconvenienti e offensive pensando di non essere in onda. Ma non è bastato: Conte lo ha minacciato di querela, il suo sfogo è diventato un tormentone sul Web, i tifosi juventini si sono indignati bersagliandolo con cori offensivi nelle partite successive, e la figuraccia è stata ufficializzata con un “Tapiro d’oro” dalla trasmissione della stessa Mediaset “Striscia la notizia”.

 

4) MICHEL MARTONE, VICEMINISTRO DEL LAVORO CON DELEGA ALL’OCCUPAZIONE GIOVANILE

«Se vogliamo invertire il trend dell’occupazione, innanzitutto dell’occupazione giovanile, dobbiamo cominciare a riconquistare posti di lavoro, uno per uno. Dobbiamo fare lo sforzo, e mi ci impegnerò, di comunicare ai giovani dei messaggi veri, tipo: se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato».

Dove e quando: Martone, 38 anni, era uno dei relatori alla “Giornata sull’apprendistato” organizzata dalla Regione Lazio lo scorso 24 gennaio. La frase ha espresso un dato reale: l’elevata età media alla laurea (27 anni, contro i 24 della media europea). Ma è stata pronunciata in un Paese messo in ginocchio dalla crisi economica, con un elevato tasso di disoccupazione giovanile, e dopo i pesanti tagli all’istruzione e alle borse di studio.

Perché è nella top 10: L’uscita ha sollevato un’ondata di indignazione, che ha superato in intensità quella per i “bamboccioni” (così nel 2007 l’allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa aveva definito i giovani). Associazioni di studenti, social network, sindacati, politici di sinistra e anche di destra hanno criticato Martone, che, pur ammettendo di «non aver avuto la sobrietà necessaria» ha precisato che non si riferiva «a tutti quei ragazzi che per necessità, per problemi di famiglia o di salute o perché devono lavorare per pagarsi gli studi, sono costretti a laurearsi fuori corso». Ma non è bastato. Diversi giornali hanno poi indagato sulla fulminea carriera universitaria e politica di Martone, aggiungendo fuoco alle polemiche.

 

4) ANDREA FABRA FERNÁNDEZ, DEPUTATA DEL PPE SPAGNOLO

«Sì señor, muy bien, muy bien, que se jodan».

[Sì signore, molto bene, molto bene, che si fottano]

Dove e quando: Andrea Fabra è una giovane deputata (39 anni) del Ppe, che oggi è partito di maggioranza in Spagna. Lo scorso 11 luglio il premier Mariano Rajoy stava presentando i tagli ai sussidi di disoccupazione, una scelta politica durissima. La Fabra, in risposta ai fischi della sinistra, ha invece applaudito Rajoy, con un commento sarcastico che non è sfuggito alle telecamere.

Perché è nella top 10: la frase ha suscitato un’ondata di indignazione sui giornali di tutto il mondo e sui social network, diventando uno dei trend topic mondiali su Twitter. E ha infiammato ulteriormente le manifestazioni di piazza contro le misure economiche del governo. La Fabra si è scusata, sostenendo che la frase era indirizzata ai colleghi deputati socialisti. Ma nessuno le ha creduto: i Socialisti e Izquierda plural hanno chiesto le sue dimissioni in Parlamento, per le quali il sito Change.org ha raccolto 224mila firme. Il cantautore spagnolo Diego Escusol le ha dedicato la canzoneQue se joda Andrea Fabra (Che si fotta Andrea Fabra):

http://youtu.be/BXyxhdFwLmY


3°) LUCIANA LITTIZZETTO, COMICA

«Torna Berlu, sale lo spread…. Io non dico un pudore, sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo?!?».

http://youtu.be/CkTn3zpMFoY

Dove e quando: durante il consueto siparietto comico fra Fabio Fazio e Luciana Littizzetto al termine della trasmissione “Che tempo che fa” del 9 dicembre, il giorno dopo l’annuncio di Silvio Berlusconi di volersi candidare alle prossime elezioni politiche.

Perché è nella top 10: la frase, molto applaudita in tv, ha suscitato un vespaio di polemiche. Il consigliere Rai Antonio Verro (Pdl) ha protestato, portando il caso in Commissione di vigilanza; l’Osservatorio sui diritti dei minori ha protestato pe ril linguaggio scurrile, e alla fine il direttore generale della Rai ha chiesto al direttore di Rai3 “maggior rispetto, evitando gli eccessi”. La polemica è montata al punto che la Rai ha meditato addirittura di far slittare il prossimo Festival di Sanremo (previsto dal 12 al 16 febbraio e presentato proprio dalla coppia Fazio-Littizzetto) a dopo le elezioni politiche del 24/25 febbraio, nel timore che la lingua velenosa della comica potesse infastidire i candidati. Ma l’ipotesi è tramontata, più che altro perché sarebbe stato impossibile riconvocare gli ospiti internazionali in altre date. In ogni caso, la Luciana nazionale ha reagito con ironia: «Ok, ora sto muta come una mosca, faccio solo il mimo… Mimo le facce dei parlamentari europei quando hanno visto tornare Berlusconi…E prometto che non dirò mai più le parolacce: posso dire hai rotto il canòlo? Che in Corea del Nord hanno rotto il razzo? Hai scassato il cambio? Hai sparato il tassello? Hai piallato le palle? Hai rotto la cozza? Non posso dire “dissento” non è nella mia natura..».

http://youtu.be/_gNTq1xfK1M

 

2) LIBÉRATION, QUOTIDIANO FRANCESE

“Casse-toi, riche con!”

[Togliti dai piedi, ricco coglione!]

Dove e quando: un quotidiano belga, La Libre Belgique, aveva annunciato che Bernard Arnault, proprietario del gruppo del lusso Lvmh (moda, profumi, champagne, grande distribuzione): il più ricco magnate europeo e il 4° del mondo, avrebbe chiesto la cittadinanza belga per “motivi personali e professionali”. Ma molti hanno pensato che in realtà il vero motivo fosse il regime fiscale più morbido dei Paesi Bassi, soprattutto nel campo delle successioni ereditarie. Così il 10 settembre Libération, quotidiano della sinistra francese, ha attaccato frontalmente Arnault utilizzando la stessa frase, riveduta e corretta, che aveva detto nel 2008 l’allora presidente Nicolas Sarkozy (“Casse-toi, pauvre con”) a un uomo che si era rifiutato di stringergli la mano. Ecco cosa ha scritto il quotidiano francese nell’articolo: “Mentre si profilano rigore, austerità e recessione per tutti, le élites mostrano sempre la solita leggerezza morale, incapaci di cambiare o anche solo di immaginare i danni che simili gesti creano nell’opinione pubblica”.

Perché è nella top 10: in Francia si è scatenato il dibattito tra chi ha accusato Arnault di essere immorale, e chi ha criticato Libération per il linguaggio pesante. Intanto, la copertina del giornale ha fatto il giro del mondo. E’ forse il primo caso di attacco così frontale a un magnate dell’economia: vi immaginereste un giornale italiano che, in nome dell’equità fiscale, usi questa frase con un Michele Ferrero o un Leonardo Del Vecchio (secondo la rivista Forbes, i più ricchi d’Italia)? Arnault, però, non è stato a guardare: ha querelato il giornale, denunciando l’estrema volgarità e la violenza del titolo, precisando comunque che continuerà a pagare le tasse in Francia. Nel frattempo, anche l’attore Gérard Depardieu ha deciso di trasferirsi in Belgio, non nascondendo che lo fa per motivi fiscali (la tassazione al 75% sui redditi più alti introdotta da Hollande). Depardieu è stato più drastico: restituirà il passaporto francese e prenderà quello belga. E forse anche quello italiano.

 

1°) GREGORIO DE FALCO, CAPO DELLA CAPITANERIA DI PORTO DI LIVORNO

«Guardi Schettino che lei si è salvato forse dal mare ma io la porto veramente molto male… Vada a bordo, cazzo!!».

Dove e quando: 13 gennaio, ore 21:42. Al largo dell’Isola del Giglio, la nave da crociera Costa Concordia si arena dopo aver urtato gli scogli: si era avvicinata troppo alla costa. Intorno alle 23 la nave viene abbandonata, e per ore la situazione precipita nel caos totale. Alle 1:46, dopo varie telefonate, il capitano De Falco intima al comandante della nave Francesco Schettino di risalire sulla nave per verificare se vi fossero ancora persone a bordo. De Falco ha poi rivelato che aveva usato quei modi bruschi perché il tono di Schettino non lo convinceva. Alla fine il bilancio della tragedia è stato di 30 morti, 2 dispersi, 110 feriti. Il processo è ancora in corso.

Perché è nella top 10: la telefonata è impressionante perché fa rivivere i momenti convulsi e disperati della tragedia. E la frase di De Falco rimane impressa perché mescola formalità e informalità, rispetto e aggressività: De Falco dà del “lei” a Schettino, ma al tempo stesso impreca in modo rude. L’espressione ha fatto il giro del mondo ed è diventata un tormentone: ha ispirato decine di canzoni parodistiche su YouTube e T-shirt. Al di là delle responsabilità, ancora da accertare, la titubanza di Schettino aveva peraltro un fondamento: il ponte di comando era troppo inclinato per accedervi, e i passeggeri stavano ancora scendendo dalla biscaggina (scala di corda).

 

Vuoi leggere le “top 10” degli anni passati? Clicca su questi link: 2011, 2010, 2009, 2008.

Hanno parlato di questo post: AdnKronos, Libero news, Globalist, Shqiptari italise, Mnews, Localport,  ItaliaInformazioni, JulieNews.

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Le parolacce di Lucio Dalla: un rivoluzionario https://www.parolacce.org/2012/03/06/le-parolacce-di-lucio-dalla/ https://www.parolacce.org/2012/03/06/le-parolacce-di-lucio-dalla/#comments Tue, 06 Mar 2012 17:30:48 +0000 https://www.parolacce.org/?p=859 A volte la genialità si vede anche nei dettagli. Tra le tante innovazioni artistiche di Lucio Dalla, recentemente scomparso, ce n’è una che è passata quasi inosservata: l’uso di parolacce nelle sue canzoni. E dire che – mettendole insieme tutte,… Continue Reading

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Lucio Dalla: 1943-2012.

A volte la genialità si vede anche nei dettagli. Tra le tante innovazioni artistiche di Lucio Dalla, recentemente scomparso, ce n’è una che è passata quasi inosservata: l’uso di parolacce nelle sue canzoni. E dire che – mettendole insieme tutte, come vedrete più sotto – sono impressionanti per quantità e qualità. Ne voglio parlare in questo post, anche per un omaggio a un artista che ho apprezzato in tante canzoni.
Avevo parlato di lui nel mio libro, a proposito della celebre canzone “4 marzo 1943”, perché fu uno dei casi storici di censura nella storia della musica italiana. Il testo, scritto da Paola Pallottino, si intitolava in origine (tutto attaccato) “Gesubambino”, storia di una ragazza-madre: tema decisamente rivoluzionario per l’epoca. Lucio Dalla volle portare la canzone a Sanremo,  correva il 1971, e i censori della Rai lo costrinsero a cambiare non solo il titolo, ma un’intera strofa, questa: “E adesso che bestemmio e bevo vino / per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino”. La strofa diventò “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino / per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”.
Ne valse la pena: il brano rese celebre Dalla, che poi si rifece cantando la versione originale negli anni successivi (per esempio in Banana Republic, 1979, con Francesco De Gregori).

Ma il brano che più di ogni altro ha segnato una rottura rivoluzionaria nei testi della canzone italiana è un altro: “Disperato erotico stomp”. La canzone è del 1977, nell’album “Com’è profondo il mare”, e ha segnato il suo esordio come paroliere. Perché rivoluzionaria? È una canzone ironica e giocosa nella musica ma amara nel contenuto: parla della solitudine di un uomo tradito e disprezzato dalla sua donna, che gira a vuoto per Bologna e poi torna a casa a masturbarsi. La canzone fece epoca, non solo per i temi affrontati, ma soprattutto perché introduceva termini mai sentiti in un brano: fica (te ne sei andata via con la tua amica, quella alta, grande fica) e cappella (Prima di salir le scale mi son fermato a guardare una stella / sono molto preoccupato, il silenzio m’ingrossava la cappella). Ma non erano le uniche parolacce in quella canzone: Dalla immagina il protagonista fermarsi a parlare con una prostituta (A parte il vestito, i capelli, la pelliccia e lo stivale  aveva dei problemi anche seri, e non ragionava male. Non so se hai presente una puttana ottimista e di sinistra, ). E forse fu per questo accostamento fra politica e prostituzione che la sinistra lo attaccò: Sergio Saviane, su L’Espresso, scrisse: «Dalla, per fare troppo lo spiritoso o per far vedere che soffre, condisce i suoi spaghetti canori miliardari con i luoghi comuni della miseria e del sesso sottoproletario: siamo arrivati al populismo della masturbazione bolognese. Che bisogno c’è di tanti culi, fiche, peli o pippe per mandare un messaggio?». Val la pena, quindi, ascoltare il testo integrale della canzone:

Da segnalare anche due canzoni stravaganti: “Stronzo”, un brano strumentale funky in inglese maccheronico. Nessuno aveva mai usato questa parola come refrain, in una canzone no-sense.

E “Merdman”, storia di un marziano disgustoso che diventa una star dei talk show: una critica feroce (e profetica) alla tv spazzatura.

Messe tutte insieme (vedete tabella qui sotto: spero di non averne dimenticata nessuna!) le parolacce delle canzoni di Dalla fanno una certa impressione. Sono 56: “puttana” (presente in 6 canzoni) e “stronzo” (5) erano le sue preferite, seguite da culo (4) e merda (3). Gli album che ne contengono di più (6) sono Henna (1994) e 12.000 lune (2006), ma, come potete vedere nella tabella qui sotto, il lessico volgare è presente in tutto l’arco della sua carriera.
Eppure, chi l’avrebbe detto che sono così numerose?
Sono passate (quasi) inosservate perché avevano un senso espressivo nel contesto in cui Dalla le aveva inserite. E perché rispecchiavano il suo spirito ingenuo e giocherellone, e quello popolare bolognese, genuino e senza filtri. Un linguaggio crudo, usato per essere schietto e diretto.

Canzone (con link al testo integrale) Album (anno) Parolacce strofa
Disperato erotico stomp Com’è profondo il mare (1977) Fica te ne sei andata via con la tua amica, quella alta, grande fica.
Puttana (2) non era tanto freddo, e normalmente ho incontrato una puttana Non so se hai presente una puttana ottimista e di sinistra
Deficiente non abbiamo fatto niente, ma son rimasto solo, solo come un deficiente.
cappella sono molto preoccupato, il silenzio m’ingrossava la cappella
Ma come fanno i marinai Banana republic (1979) puttana sotto la luna puttana e il cielo che sorride
Anna e Marco Lucio Dalla (1979) checca c’è una checca che fa il tifo
L’ultima luna culo toccava il culo a una signora
e rideva e toccava
sembrava lui il padrone
Mambo Dalla (1980) Puttana non dormo da una settimana,
per quel cuore di puttana
Meri Luis tette ha benedetto il cielo come fosse un fratello
per le sue belle tette e per l’amico che le vuole toccare
Telefonami tra vent’anni Lucio Dalla – Q disc (1981) stronzo ah io sarei uno stronzo
quello che guarda troppo la televisione !
Ciao a te finocchio Ciao a te e a tuo figlio finocchio
Stronzo 1983 (1983) Stronzo (12) [coro ripetuto]
1983 culo erano gli anni della guerra, tutti col culo per terra
Se io fossi un angelo Bugie (1985) piscerei vi do due ore, due ore al massimo
poi sulla testa vi piscerei
Merdman Henna (1994) Merda (3) merda sto precipitando c’è qualcuno lì

“Sono Merdman c’è qualcuno lì”

Stronzo (2) Sempre sporco con uno stronzo sulla fronte Non parliamo dei bambini anche i più belli
Che si mettevano uno stronzo tra i capelli
Erosip

 

Culo Mi piace la bocca il tuo culo i tuoi piedi
casino In mezzo al casino della stanza mentre parli con me
Ballando ballando

 

Canzoni (1996) culo ma vado a culo col mondo
ballando ballando oh yeah
figa Ballando ballando
vado a figa con Sandro
Io tra un’ora sono lì Ciao (1999) Stronzo

incazza

c’e ‘sto stronzo che si incazza
cagato tu stai bene cagato così
Trash

 

 

 

merda

 

Sono un disgraziato
una merda sopra un prato
fuck you (3) depression, fuck you now
stronzo non è detto che è uno stronzo, soprattutto di me
Ciao

 

 

Caro amico ti scrivo (2002) puttana

 

dello sforzo dei poeti, dei mezzi giornalisti
puttane e kosovari, poi altri tipi misti
coglione il gelato e l’ombrellone
abbronzati un coglione,
Canzone

 

cesso Nel cesso di una discoteca
O sopra il tavolo di un bar
Dark Bologna

 

12000 lune (2006) casino (2)

 

Bologna, sai mi sei mancata un casino

ma che casino, quanta gente

busone

puttana

cos’è sta confusione?
c’è una puttana, anzi no: è un busone
maroni ah no, c’è Sirio, ma che due maroni
merda così cammino per la piazza con una merda sul paletot
pugnette (le pugnette sui tetti, che belli quei cieli seduti là insieme)
Rimini

 

 

Il contrario di me (2007) tette

 

ricordo una donna con la faccia di latta/e le tette di gomma/
puttana e una vecchia bambina puttana /mutilata,
Malinconia d’ottobre piscia

 

un cane passa, piscia e ride e aspetta insieme a me

Questo post è stato recensito sull’inserto domenicale de “Il Sole 24 ore”. Potete leggere l’articolo qui.

IL RICORDO DI RON

Oggi, a 6 anni di distanza dalla scomparsa di Dalla, il sito di Repubblica esce con un’intervista a Ron, che descrive l’artista bolognese come “maestro di parolacce“. Ecco il ricordo di Ron: “Io ero un ragazzo che veniva da un paese del nord, abbastanza chiuso, con una grande passione per la musica, molto educato, e mi sono trovato di fronte una persona che era il mio opposto. Basta pensare che mi ha costretto a dire le parolacce, cosa che non avrei mai fatto per educazione, io mi rifiutavo e lui me lo chiedeva a tavola con tante altre persone, “di’ stronzo, di’ pezzo di merda”, cercava di non essere mai troppo serio, e anche quando faceva dei discorsi che avevano un peso riusciva sempre a trovare un modo per dire le cose con leggerezza“. 

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