cognomi divertenti | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 09 Dec 2024 15:24:43 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png cognomi divertenti | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 La gloriosa storia dei nobili Coglioni https://www.parolacce.org/2024/12/02/origine-cognome-colleoni/ https://www.parolacce.org/2024/12/02/origine-cognome-colleoni/#respond Mon, 02 Dec 2024 10:13:56 +0000 https://www.parolacce.org/?p=21174 I suoi esponenti hanno scritto pagine importanti nella storia d’Italia, dal Medioevo fino al secolo scorso. Sono stati notai, condottieri, benefattori e politici di primo piano. Nonostante un cognome a dir poco ingombrante: Coglioni, poi ingentilito, col passare dei secoli,… Continue Reading

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Il volto di Bartolomeo Colleoni nella statua equestre di Venezia.

I suoi esponenti hanno scritto pagine importanti nella storia d’Italia, dal Medioevo fino al secolo scorso. Sono stati notai, condottieri, benefattori e politici di primo piano. Nonostante un cognome a dir poco ingombrante: Coglioni, poi ingentilito, col passare dei secoli, in Colleoni. Ma gli antichi membri di questa stirpe nobile di Bergamo erano invece molto orgogliosi di questo appellativo così diretto, tanto da averlo inserito nel proprio stemma ufficiale: uno scudo con 3 paia di testicoli. Che sono finiti, tali e quali, nel gonfalone ufficiale del Comune di Cavernago (Bg) e sul logo di una delle più antiche fondazioni benefiche, il Luogo Pio della Pietà Istituto Bartolomeo Colleoni di Bergamo. E quegli attributi virili sono oggetto di un rituale scaramantico in uso fra i visitatori di Bergamo: toccare i testicoli dello stemma inciso sulla cancellata della Cappella Colleoni di Bergamo è considerato un porta fortuna.

In questo post racconto la storia eccezionale – per non dire unica – di questa famiglia, che ha fra i propri esponenti il celebre condottiero Bartolomeo Colleoni (circa 1395-1475), ritratto in una famosa statua equestre realizzata a Venezia da Andrea Verrocchio.

Il capostipite: Ghisalberto “il Collione”

Stemma dei Coglioni con gigli 3 (famiglia d’Angiò) e 3 scroti

La famiglia Coglioni, d’origine longobarda, era una stirpe nobile di guelfi, in buoni rapporti con la Chiesa di Bergamo. Il suo primo rappresentante fu Ghisalberto Attonis (figlio di Attone) vissuto nel XII secolo: fu console della città di Bergamo nel 1117, e morì nel 1160.
Ghisalberto era detto “Collione”, dal latino “coleus”, scroto. Il passaggio è: coleus → coleonis (genitivo) → coleone → colione.
Non sappiamo perché si guadagnò quel soprannome: ma, con ogni probabilità, l’epiteto non aveva un senso insultante.
Secondo il Grande Dizionario della Lingua Italiana (Gradit) la prima attestazione di “coglione” nel significato di “stupido” risale infatti al 1526, in Pietro Aretino (“La cortigiana”): «Io sono in opinione che questo per essere coglione in cremesi, scempio di riccio sopra riccio e goffo di ventiquattro carati diventi il più favorito di questa Corte». All’epoca di Ghisalberto, invece, “collione” designava solo lo scroto. La parola, però, era usata già dagli antichi Romani come metafora per indicare coraggio: “Magnum coleum habet”, ovvero “Ha grandi testicoli.” Anche oggi per indicare una persona in gamba diciamo che “ha le palle”. L’equivalente di “cazzuto”, insomma.

Libro biografico di Pietro Spino (1569): il cognome di Bartolomeo è ancora Coglione.

«Anch’io mi sono fatto questa idea» commenta lo storico medievale Gabriele Medolago, autore di diversi saggi sui Colleoni. «Ghisalberto fu console del Comune di Bergamo: non doveva essere stupido. Era un imprenditore abile, molto intraprendente. Da quanto si evince dalla documentazione dell’epoca, era uno che sapeva il fatto suo».
Dunque, “collione” indicava una persona virile. Forse anche dal punto di vista generativo: Ghisalberto ebbe infatti 5 figli, ma nel Medioevo era piuttosto frequente. E’ da escludere, invece, l’ipotesi che Ghisalberto soffrisse di poliorchidismo, una malattia che consiste nel nascere con più di 2 testicoli: non vi è alcuna prova documentale che lo attesti.

Bartolomeo nel libro di Aliprando Caprioli “Ritratti di Cento Capitani Illustri” (Roma, 1596; © The Trustees of the British Museum)

Il soprannome “Coglione” diventò poi ereditario, cioè fu trasmesso ai suoi discendenti, perché a quell’epoca era iniziato il processo di cristallizzazione dei cognomi. Questi ultimi diventarono un elemento ufficiale dell’identità a partire dal Concilio di Trento (1563), che stabilì l’obbligo di scrivere nomi e cognomi sui registri di battesimo, la prima forma di anagrafe.
Diventando un cognome, l’appellativo di famiglia fu declinato al plurale Colleoni perché indicava una stirpe (de Collionibus) , così come il soprannome “rosso” (di capelli) ha dato origine al cognome Rossi.
Ma, in assenza di anagrafe e carte d’identità, il cognome fu scritto nei modi più diversi: Coglione/Coglioni, Culione, Colonibus, Colonius, Coijoni, De Coglionis, de Coleono, Collionum, Collionis/Collioni, Colleoni.

Lo stemma con i testicoli

Stemma di Colleoni col triplice scroto nel Palazzo della Provincia di Cremona.

Verso la fine del XIII secolo, il cognome Coglioni fu illustrato, com’era tradizione per i nobili, da uno stemma. Il casato fu rappresentato con uno stemma parlante: ovvero con figure che richiamavano direttamente il cognome. Ad esempio, la famiglia Della Torre aveva una torre al centro del proprio stemma. E quale immagine poteva scegliere la famiglia Coglioni se non… uno scroto?

«La famiglia Colleoni ebbe, nel corso della storia, centinaia di diversi stemmi, che si sono avvicendati nel corso delle generazioni, inserendo nuovi elementi a seconda dei matrimoni con altri casati o a ricordo di imprese o per esibire nuove cariche» spiega Medolago. «Lo stemma con lo scroto è uno dei più antichi in assoluto nella storia d’Italia: il primo risale alla fine del XIII secolo o all’inizio del seguente. Poi nel corso del tempo, gli scroti si sono moltiplicati, arrivando a 2 o 3 o più: non sembra esserci un particolare significato simbolico, la figura è usata come mero elemento ornamentale per non lasciare spazi vuoti. E’ il fenomeno della “moltiplicazione araldica”».

L’ingresso della fondazione benefica Logo Pio della Pietà Colleoni: si nota lo stemma con i testicoli.

Nella sua forma matura, lo stemma dei Coglioni presentava un aspetto “troncato” (cioè diviso da una linea orizzontale): rosso con due scroti bianchi in alto, bianco con uno scroto rosso in basso. Il rosso simboleggia audacia, valore, fortezza, nobiltà ma anche spargimento di sangue in battaglia o nel martirio. Mentre l’argento, rappresentato dal colore bianco, è simbolo di innocenza, purezza e castità: un significato che stride con la presenza dei testicoli, ma solo agli occhi di un moderno. L’uomo del Medioevo era abituato a leggere e interpretare i simboli e non si scandalizzava per l’uso iconico di elementi sessuali. «L’ostentazione dei testicoli nello stemma è un’ulteriore riprova che venissero esibiti con orgoglio, a rappresentare una stirpe “con gli attributi”» osserva Medolago.

Le modifiche più rilevanti allo stemma avvennero nel XV secolo per merito delle imprese di Bartolomeo Colleoni (di cui parlo sotto): l’aggiunta di due teste di leone con le fauci spalancate e unite da una banda diagonale concesso dalla regina Giovanna II di Napoli; l’inserimento del capo d’Angiò (gigli d’oro in campo azzurro), concesso da Renato d’Angiò; e le bande azzurro e oro e i gigli di Borgogna, concesse da Carlo il Temerario di Borgogna.

Il grido di battaglia: coglia!

Uno dei pochi ritratti contemporanei di Bartolomeo Colleoni

Fu proprio con Bartolomeo (1395-1475) che l’appellativo Coglioni raggiunse grande fama in Italia e in Europa. Egli era un soldato di ventura (oggi diremmo un mercenario), ed era una forza della natura: scappò a nuoto da una nave di pirati che l’avevano catturato; riuscì a evadere dai Forni (prigioni) di Monza dove l’aveva fatto rinchiudere Filippo Maria Visconti. E fu il primo a usare in modo significativo le armi da fuoco in battaglia contro i nemici: prima di lui, si usavano solo per abbattere le mura nemiche.

Tutti i potenti dell’epoca lo volevano dalla propria parte, o quantomeno non volevano averlo come nemico, per la fama d’astuzia e di ferocia che precedeva “il bergamasco”: «Asciutto in volto, con gli occhi chiari, fissi e penetranti, forti il naso e le narici, grande, vigorosa e imperiosa la bocca, sporgente il labbro inferiore, in atteggiamento di prepotenza soldatescaebbe l’avidità delle ricchezze, e uno sfrenato desiderio di gloria e di grandezza» scrive Bortolo Belotti in “La vita di Bartolomeo Colleoni”.

Sigillo di Zavarino Colleoni (1280) con scritta Colionum e scroti (© The Trustees of the British Museum ).

Bartolomeo cambiò molte casacche nella sua carriera, navigando fra mille intrighi e cambiando rotta a seconda dei venti politici: oscillò tra i Visconti e gli Sforza, per approdare infine al committente più prestigioso: Venezia. Che alla fine della sua carriera gli tributò l’onore di dedicargli una statua equestre: onore interessato, visto che fu lo stesso Bartolomeo a pretendere un monumento in cambio di 100mila zecchini d’oro che avrebbe lasciato in eredità alla Serenissima. La statua, alta 4 metri, fu realizzata in bronzo da Andrea del Verrocchio, ed è tuttora uno dei monumenti equestri più celebri al mondo. Bartolomeo aveva dato disposizioni che la statua fosse eretta in piazza San Marco: ma i veneziani, che non tolleravano questa smania di protagonismo (per di più da parte di un bergamasco), lo collocarono sì vicino a San Marco…. intesa come la Scuola Grande di San Marco, nella piazza dei Santi Giovanni e Paolo. Una beffa.

La statua equestre di Bartolomeo Colleoni a Venezia.

Il letterato Antonio Cornazzano, che dimorò presso la corte di Bartolomeo a Malpaga e ne scrisse la biografia in latino, lo chiama Bartholomeus Coleus cioè scroto. La stessa forma venne usata da Guglielmo Pagello nell’orazione funebre alla morte del condottiero. Lo stesso Bartolomeo si firmava “de Colionibus”.

Il condottiero era talmente orgoglioso del proprio cognome da farne un temuto grido di guerra«Coglia, coglia!», cioè «Coglioni, coglioni!». Come dire: «Tiriamo fuori le palle!». L’espressione è diventata il nome di un progetto, Coglia, che si propone di  valorizzare la figura di Bartolomeo.

Dame con grandi testicoli in mano (dipinti nella residenza di Colleoni a Brescia)

Quest’ultimo, in vita, continuò a rappresentare i testicoli nel suo stemma, composto (come scrisse in un atto pubblico) da «duos colionos albos in campo rubeo de supra et unum colionum rubeum in campo albo infra ipsum campum rubeum» («due coglioni bianchi su sfondo rosso, e un coglione rosso su sfondo bianco sotto») seguiti dal motto “Bisogna”.
Quello stemma fu riprodotto in tutti i suoi palazzi: il castello di Malpaga (frazione di Cavernago), il palazzo Colleoni alla Pace a Brescia e infine nella maestosa cappella funebre Colleoni a Bergamo. Al palazzo di Brescia alcuni dipinti raffigurano fanciulle con in mano enormi scroti, come potete vedere nelle foto qui a lato.

Dallo scroto ai leoni

La trasformazione dei 3 scroti in cuori rovesciati nello stemma di Colleoni.

Dopo la scomparsa di Bartolomeo, la stirpe dei Coglioni non ebbe rappresentanti altrettanto celebri. E nei secoli successivi la censura pose fine a quel cognome licenzioso: «Nel periodo che segue al Concilio di Trento (1545-1563)» scrive Gianfranco Rocculi in un saggio sull’araldica, «i testicoli dello stemma furono convertiti in altrettanti cuori rovesciati: durante la Controriforma, infatti, non appariva decoroso mostrare quegli attributi “di potenza e virilità” che erano stati tanto in auge nel carnale e corrusco Medioevo». E Coglioni cedette il passo alla più neutrale forma Colleoni, che per diverso tempo fu – erroneamente – interpretata come “Co’ leoni”, anche perché i leoni furono effettivamente presenti nello stemma concesso a Bartolomeo dalla regina Giovanna II di Napoli. Probabilmente la forma Colleoni si diffuse dopo il 1600, dato che ancora nel 1596 è citato come Bartolomeo Coglione nel libro “Ritratti di cento capitani illustri con li loro fatti in guerra brevemente scritti intagliati da Aliprando Caprioli” .

Il gonfalone ufficiale di Cavernago: in basso a destra nello stemma si notano i 3 scroti.

Dopo che l’Italia settentrionale passò sotto il dominio austriaco a partire dal XVI secolo, i Colleoni si schierarono con gli Asburgo: essendo una delle 64 famiglie di conti, la famiglia aveva una sede ereditaria nell’Herrenhaus, la camera alta del Consiglio Imperiale austriaco. L’ultimo esponente di spicco della famiglia fu Guardino Colleoni (1843-1918) eletto due volte deputato e poi senatore a vita.

Oggi nel Bergamasco ci sono ancora 987 famiglie che portano il cognome Colleoni: in tutta Italia sono 1.380. Chissà se conoscono la vera origine del proprio appellativo. L’antico stemma testicolare è tuttora presente nel gonfalone ufficiale del Comune di Cavernago, nel cui territorio sorgono due castelli di Bartolomeo, quello di Cavernago e quello di Malpaga.

Ed è tuttora in attività il “Luogo Pio della pietà – Istituto Bartolomeo Colleoni“, da lui fondato a Bergamo nel 1466  “per fornire doti alle fanciulle povere e legittime, al fine di facilitarne il collocamento in legittimo matrimonio”. Oggi l’ente – uno dei più antichi al mondo ancora in attività – mantiene il patrimonio artistico di Colleoni e aiuta le donne in difficoltà. Il suo logo ufficiale ha mantenuto i 3 scroti dell’antico stemma.

Il cancello della Cappella Colleoni a Bergamo: gli scroti sono lucidati dall’usura dei turisti che li toccano.

Nel frattempo si è diffusa una singolare tradizione a Bergamo: quella di toccare con le mani i testicoli raffigurati sullo stemma del cancello della Cappella Colleoni. Un gesto considerato porta fortuna, come lo è a Milano schiacciare con il tacco i testicoli del toro (simbolo di Torino) disegnato in un mosaico sul pavimento della Galleria Vittorio Emanuele II. I testicoli sono simbolo di fecondità e in questo risiede il loro beneaugurante potere.

Questo articolo è stato ripreso da BergamoNews.

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Piacere, Felice Della Sega https://www.parolacce.org/2015/06/05/cognomi-italiani-volgari/ https://www.parolacce.org/2015/06/05/cognomi-italiani-volgari/#comments Fri, 05 Jun 2015 12:30:40 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6338 Non vorrei essere nei suoi panni quando arriva il momento di presentarsi: “Piacere, Felice Della Sega“. Portare un cognome volgare può cambiare la vita. Spesso in peggio: scherzi telefonici e citofonici, battutine, prese in giro possono essere un supplizio quotidiano. Ma… Continue Reading

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Parma: campagna elettorale di Massimo Passera (Ulivo).

Parma: campagna elettorale di Massimo Passera (Ulivo).

Non vorrei essere nei suoi panni quando arriva il momento di presentarsi: “Piacere, Felice Della Sega“. Portare un cognome volgare può cambiare la vita. Spesso in peggio: scherzi telefonici e citofonici, battutine, prese in giro possono essere un supplizio quotidiano. Ma quanti sono gli italiani con un cognome imbarazzante? Sono casi rari? E qual è la storia di questi cognomi?
Dopo il caso del professor Stronzo Bestiale, finto autore di un paper scientifico nel campo della fisica, avevo promesso di indagare. L’ho fatto, scoprendo una realtà che va oltre ogni immaginazione: in Italia esistono 111 cognomi-parolaccia, portati da oltre 38mila persone. Il signor Della Sega, insomma, è in buona compagnia. Sono lo 0,06% degli italiani: 6 persone su 10mila.  Questo vuol dire che in una città come Milano (1 milione e 350mila abitanti) i portatori di un cognome volgare potrebbero essere più di 800. 

Come faccio a dire questo? In Italia non esiste un’anagrafe centralizzata, e anche se esistesse non sarebbe accessibile. Dunque, per studiare i cognomi esiste un solo modo, scoperto dal linguista Emidio De Felice alla fine degli anni ’70: esaminare gli elenchi telefonici. Oggi il compito è più facile, visto che sono sul Web: così, con pazienza, aggiornando le ricerche che avevo fatto 20 anni fa per il mio primo libro (già: proprio sui cognomi) ho digitato tutte le parolacce della nostra lingua sul sito di Pagine Bianche. In questo modo ho potuto accertare quante persone avevano un cognome volgare (tralasciando i nomi delle attività commerciali, spesso inventati).

Un candidato difficile da dimenticare alle Comunali di Orvieto. Chi ha scritto il suo nome non ha invalidato la scheda.

Un candidato difficile da dimenticare alle Comunali di Orvieto.

Una delle prime verifiche è stata vedere quanti portassero un cognome volgare abbinato a un nome, in modo da formare una frase di senso compiuto. Oltre a Felice Della Sega (esiste davvero!) ecco gli altri casi che ho accertato (potete verificarlo su PagineBianche):
Benvenuta VACCA
Immacolata SOTTOLANO
BOCCHINO Fortunato
TROMBA Alessia
TROMBA Felice
CHIAPPA Rosa

CHIAPPA Chiara
TROMBA Felice
LIMONTA Felice
MADDIO Santo
BIGO Lino
TROIA Fortunata

Un caso celebre, Felice Mastronzo, non risulta in elenco: se esiste davvero, segnalatelo (con le prove!). Gli abbinamenti comici fra nome e cognome involontariamente comici (ma a cosa pensavano quei genitori quando hanno scelto come chiamare i loro figli?) sono comunque una minoranza.
I cognomi volgari, invece, sono 111, e risultano portati da 16.015  persone. Che sono i titolari delle linee telefoniche, ovvero i capofamiglia: e dato che in Italia la famiglia media è composta da 2,4 persone (dati Istat), i cognomi volgari potrebbero quindi essere diffusi fra 38.436 persone.  Ed è probabilmente un numero approssimato per difetto, visto che in molte famiglie la linea telefonica fissa è stata sostituita dai telefoni cellulari.

TuttoOk1Ma vediamo più da vicino quali sono questi cognomi e come sono distribuiti, a seconda del loro significato: la maggior parte (il 71%) fanno riferimento al sesso, ovvero descrivono parti anatomiche o atti sessuali (Cazzoni, Scopano), oppure stigmatizzano comportamenti sessuali (Finocchio, Zoccola). Il resto sono sostanzialmente insulti.
Anche se, come vedremo più avanti, molti cognomi volgari in realtà non sono nati come parolacce: il loro significato originario è spesso neutro e vuol dire tutt’altro che una parolaccia. Tanto più che, nei secoli, i cognomi hanno subìto storpiature ed errori di trascrizione, perdendo la loro forma originaria. Ma ne parliamo in questo blog, perché, di fatto, a prescindere dal loro significato originario, questi cognomi sono percepiti o percepibili come volgari.

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Il musicista Francesco Buzzurro: pur avendo un cognome scomodo, ha scelto di non usare uno pseudonimo.

Accorpando le forme derivate e le varianti, le 10 forme di cognome più diffuse (portate da più di 500 persone ciascuna) sono le seguenti:

1) Vacca (2.552)
2) Porco (2.513)
3) Barbone (1.118)
4) Cazzaro (1.056)
5) Chiappa (813)
6) Troia (799)
7) Cozza (733)
8) Buffone (657)
9) Passera (621)
10) Tonto (506)
In tutto, questi 10 cognomi sono portati da 11.368 persone, il 71% del totale dei cognomi volgari.

Ma vediamo in dettaglio come sono composte le categorie: [ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

COMPORTAMENTI

TuttoOk2I cognomi più diffusi sono quelli inquadrabili come insulti sull’etica sessuale (42%): in realtà, non tutti nascono come tali. Prendiamo il caso di Porco e derivati: come racconta il completissimo “Dizionario dei cognomi italiani” di Enzo Caffarelli e Carla Marcato (Utet), è nato non solo come soprannome spregiativo e offensivo, ma anche come nome affettivo, di modestia e umiltà cristiana. Troia, invece, non nasce come epiteto offensivo, ma come toponimo: è un riferimento alla località di Troia, in Puglia. Vacca era in origine un soprannome legato all’aspetto fisico, al comportamento ma anche a nomi di mestiere; Zoccola, invece, nasce proprio come insulto.
Passando agli insulti comportamentali (85), Buffoni e simili derivano non solo dal termine spregiativo buffone, ma anche da buffo, inteso come strano, stravagante, ma anche colpo di vento (sbuffo), squattrinato (dal lombardo e piemontese buf), paffuto (dal siciliano bbuffu). 

SESSO
TuttoOk3bisAncora più variopinto (e imbarazzante) l’elenco dei cognomi che fanno riferimento in modo volgare a parti anatomiche o atti sessuali (29%). L’elenco, infatti, consiste in 45 cognomi, che vedete a lato. Anche in questo caso, però, l’origine di diversi cognomi è tutt’altro che oscena. Prendiamo ad esempio uno dei più clamorosi, Ficarotta: non significa quello che pensate, ma deriva da ficara, piantagione di fichi. Anche i cognomi che sembrano riferirsi al pene hanno un’origine ben diversa: Cazzato è una variante di cacciato; Cazzaro può derivare da cacio (venditore di formaggi, quindi) o da cazza (mestolo: venditore o fabbricante di mestoli). Fregna, anche se si ricollega al significato di vagina, poteva significare in origine “persona di poco conto” (come fregnaccia), piagnucolone, persona buffa, oppure potrebbe essere un abbreviativo del nome Manfreni (così come Mona è un abbreviativo di Simona). Quanto ai signori Pompa, il loro cognome può derivare da pompa intesa come “dimostrazione di magnificenza, vanagloria” o dal cognome spagnolo Pompa.

CORPO
TuttoOk2bisNotevoli anche i cognomi che fanno riferimento al corpo e al suo metabolismo. Innanzitutto, salta all’occhio che, fra le caratteristiche fisiche, primeggia la pancia in tutte le sue forme: ciccia, pancia, grasso, lardo… Un ulteriore segno dell’emarginazione verso le persone sovrappeso, come raccontavo in questo post.
Anche per questi generi di cognomi, comunque, ci sono diverse precisazioni da fare: Piscione, per esempio, è una variante di pescione, ovvero un grande pesce: l’incontinenza urinaria, dunque, non c’entra. Mentre Cozza, che come insulto significa “donna molto brutta”, può essere anche un abbreviativo di Francescozzo, Domenicozzo, Federicozzo, oppure riferirsi alla località Cozzo, al coccio, oppure al cozzo (urto violento). 

INSULTI
TuttoOk3Infine, ci sono i cognomi classificabili come insulti mentali o classisti. Anche nel loro caso, alcune delle origini non sono necessariamente squalificanti: Tonto e derivati, per esempio, non nascono solo  come soprannomi per indicare persone sciocche, ma possono essere vezzeggiativi derivati dal nome Antonius oppure da “tondo” inteso come “grasso”. Minchioni, oltre a significare “scemi” può derivare dal nome Mincio, oppure da un termine napoletano che significa “fringuello”. Il cognome Barboni, invece, è nato come epiteto  descrittivo (persona con barba), e in alcuni casi potrebbe ricondursi a barba inteso come “anziano”.

Di fronte a tutti questi cognomi scomodi, una domanda nasce spontanea: perché le persone non li cambiano? La possibilità esiste, ed è offerta da una legge aggiornata di recente (il Dpr 54/2012). Chi ha un cognome “ridicolo o vergognoso” può cambiarlo: basta presentare domanda al prefetto. Di solito, chi cambia il cognome volgare lo fa in due modi: o si limita a cambiarne una sola lettera (Merdelli può diventare un rispettabilissimo Verdelli), oppure lo sostituisce con quello della madre.
Una scelta comprensibile, dato che – come raccontavo nel mio libro – nel cognome si condensano le caratteristiche familiari, professionali, etniche e sociali dell’identità di una persona. Dunque, un cognome volgare rischia di  mettere in ridicolo non solo il suo portatore ma tutta la sua famiglia d’appartenenza: il cognome, infatti, è un nome singolare con un significato plurale, perché raggruppa in sè la storia di un’intera stirpe.
Eppure, guardando le statistiche del ministero dell’Interno, i cambi di cognome sono molto meno frequenti di quanto si possa immaginare. L
ultimo dato disponibile, quello del 2011, parla di 2.765 richieste presentate in un anno in tutta Italia. ma solo una minoranza era motivata dal desiderio di correggere un nome di famiglia imbarazzante; la maggioranza delle istanze (il 50%) volevano invece valorizzare il cognome materno, aggiungendolo o sostituendolo a quello paterno.
In ogni caso, gran parte delle persone mantiene un cognome anche se è pesante o ridicolo: come si spiega? In parte per le ricadute burocratiche: se si cambia cognome, bisogna rifare tutti i documenti: carta d’identità, patente, etc etc. Ma i motivi più forti sono altri. In una ricerca di qualche anno fa, lo psicologo statunitense Arthur Frankel (Salve Regina University) ha dimostrato che i nomi insoliti si imparano più facilmente rispetto ai nomi comuni. Cantacesso, insomma, non si scorda, a differenza di un comunissimo Rossi. Ma non è solo questo il motivo: ai cognomi ci si affeziona, perché sono carichi di storia, di ricordi, di affetti. E sbarazzarsene non è così semplice. D’altronde, basta un po’ di ironia per portare, anche con orgoglio, un cognome particolare. Come mostrano le interviste del video qui sotto, realizzato dal sito cognomix.

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