cognomi volgari | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 09 Dec 2024 15:24:43 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png cognomi volgari | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 La gloriosa storia dei nobili Coglioni https://www.parolacce.org/2024/12/02/origine-cognome-colleoni/ https://www.parolacce.org/2024/12/02/origine-cognome-colleoni/#respond Mon, 02 Dec 2024 10:13:56 +0000 https://www.parolacce.org/?p=21174 I suoi esponenti hanno scritto pagine importanti nella storia d’Italia, dal Medioevo fino al secolo scorso. Sono stati notai, condottieri, benefattori e politici di primo piano. Nonostante un cognome a dir poco ingombrante: Coglioni, poi ingentilito, col passare dei secoli,… Continue Reading

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Il volto di Bartolomeo Colleoni nella statua equestre di Venezia.

I suoi esponenti hanno scritto pagine importanti nella storia d’Italia, dal Medioevo fino al secolo scorso. Sono stati notai, condottieri, benefattori e politici di primo piano. Nonostante un cognome a dir poco ingombrante: Coglioni, poi ingentilito, col passare dei secoli, in Colleoni. Ma gli antichi membri di questa stirpe nobile di Bergamo erano invece molto orgogliosi di questo appellativo così diretto, tanto da averlo inserito nel proprio stemma ufficiale: uno scudo con 3 paia di testicoli. Che sono finiti, tali e quali, nel gonfalone ufficiale del Comune di Cavernago (Bg) e sul logo di una delle più antiche fondazioni benefiche, il Luogo Pio della Pietà Istituto Bartolomeo Colleoni di Bergamo. E quegli attributi virili sono oggetto di un rituale scaramantico in uso fra i visitatori di Bergamo: toccare i testicoli dello stemma inciso sulla cancellata della Cappella Colleoni di Bergamo è considerato un porta fortuna.

In questo post racconto la storia eccezionale – per non dire unica – di questa famiglia, che ha fra i propri esponenti il celebre condottiero Bartolomeo Colleoni (circa 1395-1475), ritratto in una famosa statua equestre realizzata a Venezia da Andrea Verrocchio.

Il capostipite: Ghisalberto “il Collione”

Stemma dei Coglioni con gigli 3 (famiglia d’Angiò) e 3 scroti

La famiglia Coglioni, d’origine longobarda, era una stirpe nobile di guelfi, in buoni rapporti con la Chiesa di Bergamo. Il suo primo rappresentante fu Ghisalberto Attonis (figlio di Attone) vissuto nel XII secolo: fu console della città di Bergamo nel 1117, e morì nel 1160.
Ghisalberto era detto “Collione”, dal latino “coleus”, scroto. Il passaggio è: coleus → coleonis (genitivo) → coleone → colione.
Non sappiamo perché si guadagnò quel soprannome: ma, con ogni probabilità, l’epiteto non aveva un senso insultante.
Secondo il Grande Dizionario della Lingua Italiana (Gradit) la prima attestazione di “coglione” nel significato di “stupido” risale infatti al 1526, in Pietro Aretino (“La cortigiana”): «Io sono in opinione che questo per essere coglione in cremesi, scempio di riccio sopra riccio e goffo di ventiquattro carati diventi il più favorito di questa Corte». All’epoca di Ghisalberto, invece, “collione” designava solo lo scroto. La parola, però, era usata già dagli antichi Romani come metafora per indicare coraggio: “Magnum coleum habet”, ovvero “Ha grandi testicoli.” Anche oggi per indicare una persona in gamba diciamo che “ha le palle”. L’equivalente di “cazzuto”, insomma.

Libro biografico di Pietro Spino (1569): il cognome di Bartolomeo è ancora Coglione.

«Anch’io mi sono fatto questa idea» commenta lo storico medievale Gabriele Medolago, autore di diversi saggi sui Colleoni. «Ghisalberto fu console del Comune di Bergamo: non doveva essere stupido. Era un imprenditore abile, molto intraprendente. Da quanto si evince dalla documentazione dell’epoca, era uno che sapeva il fatto suo».
Dunque, “collione” indicava una persona virile. Forse anche dal punto di vista generativo: Ghisalberto ebbe infatti 5 figli, ma nel Medioevo era piuttosto frequente. E’ da escludere, invece, l’ipotesi che Ghisalberto soffrisse di poliorchidismo, una malattia che consiste nel nascere con più di 2 testicoli: non vi è alcuna prova documentale che lo attesti.

Bartolomeo nel libro di Aliprando Caprioli “Ritratti di Cento Capitani Illustri” (Roma, 1596; © The Trustees of the British Museum)

Il soprannome “Coglione” diventò poi ereditario, cioè fu trasmesso ai suoi discendenti, perché a quell’epoca era iniziato il processo di cristallizzazione dei cognomi. Questi ultimi diventarono un elemento ufficiale dell’identità a partire dal Concilio di Trento (1563), che stabilì l’obbligo di scrivere nomi e cognomi sui registri di battesimo, la prima forma di anagrafe.
Diventando un cognome, l’appellativo di famiglia fu declinato al plurale Colleoni perché indicava una stirpe (de Collionibus) , così come il soprannome “rosso” (di capelli) ha dato origine al cognome Rossi.
Ma, in assenza di anagrafe e carte d’identità, il cognome fu scritto nei modi più diversi: Coglione/Coglioni, Culione, Colonibus, Colonius, Coijoni, De Coglionis, de Coleono, Collionum, Collionis/Collioni, Colleoni.

Lo stemma con i testicoli

Stemma di Colleoni col triplice scroto nel Palazzo della Provincia di Cremona.

Verso la fine del XIII secolo, il cognome Coglioni fu illustrato, com’era tradizione per i nobili, da uno stemma. Il casato fu rappresentato con uno stemma parlante: ovvero con figure che richiamavano direttamente il cognome. Ad esempio, la famiglia Della Torre aveva una torre al centro del proprio stemma. E quale immagine poteva scegliere la famiglia Coglioni se non… uno scroto?

«La famiglia Colleoni ebbe, nel corso della storia, centinaia di diversi stemmi, che si sono avvicendati nel corso delle generazioni, inserendo nuovi elementi a seconda dei matrimoni con altri casati o a ricordo di imprese o per esibire nuove cariche» spiega Medolago. «Lo stemma con lo scroto è uno dei più antichi in assoluto nella storia d’Italia: il primo risale alla fine del XIII secolo o all’inizio del seguente. Poi nel corso del tempo, gli scroti si sono moltiplicati, arrivando a 2 o 3 o più: non sembra esserci un particolare significato simbolico, la figura è usata come mero elemento ornamentale per non lasciare spazi vuoti. E’ il fenomeno della “moltiplicazione araldica”».

L’ingresso della fondazione benefica Logo Pio della Pietà Colleoni: si nota lo stemma con i testicoli.

Nella sua forma matura, lo stemma dei Coglioni presentava un aspetto “troncato” (cioè diviso da una linea orizzontale): rosso con due scroti bianchi in alto, bianco con uno scroto rosso in basso. Il rosso simboleggia audacia, valore, fortezza, nobiltà ma anche spargimento di sangue in battaglia o nel martirio. Mentre l’argento, rappresentato dal colore bianco, è simbolo di innocenza, purezza e castità: un significato che stride con la presenza dei testicoli, ma solo agli occhi di un moderno. L’uomo del Medioevo era abituato a leggere e interpretare i simboli e non si scandalizzava per l’uso iconico di elementi sessuali. «L’ostentazione dei testicoli nello stemma è un’ulteriore riprova che venissero esibiti con orgoglio, a rappresentare una stirpe “con gli attributi”» osserva Medolago.

Le modifiche più rilevanti allo stemma avvennero nel XV secolo per merito delle imprese di Bartolomeo Colleoni (di cui parlo sotto): l’aggiunta di due teste di leone con le fauci spalancate e unite da una banda diagonale concesso dalla regina Giovanna II di Napoli; l’inserimento del capo d’Angiò (gigli d’oro in campo azzurro), concesso da Renato d’Angiò; e le bande azzurro e oro e i gigli di Borgogna, concesse da Carlo il Temerario di Borgogna.

Il grido di battaglia: coglia!

Uno dei pochi ritratti contemporanei di Bartolomeo Colleoni

Fu proprio con Bartolomeo (1395-1475) che l’appellativo Coglioni raggiunse grande fama in Italia e in Europa. Egli era un soldato di ventura (oggi diremmo un mercenario), ed era una forza della natura: scappò a nuoto da una nave di pirati che l’avevano catturato; riuscì a evadere dai Forni (prigioni) di Monza dove l’aveva fatto rinchiudere Filippo Maria Visconti. E fu il primo a usare in modo significativo le armi da fuoco in battaglia contro i nemici: prima di lui, si usavano solo per abbattere le mura nemiche.

Tutti i potenti dell’epoca lo volevano dalla propria parte, o quantomeno non volevano averlo come nemico, per la fama d’astuzia e di ferocia che precedeva “il bergamasco”: «Asciutto in volto, con gli occhi chiari, fissi e penetranti, forti il naso e le narici, grande, vigorosa e imperiosa la bocca, sporgente il labbro inferiore, in atteggiamento di prepotenza soldatescaebbe l’avidità delle ricchezze, e uno sfrenato desiderio di gloria e di grandezza» scrive Bortolo Belotti in “La vita di Bartolomeo Colleoni”.

Sigillo di Zavarino Colleoni (1280) con scritta Colionum e scroti (© The Trustees of the British Museum ).

Bartolomeo cambiò molte casacche nella sua carriera, navigando fra mille intrighi e cambiando rotta a seconda dei venti politici: oscillò tra i Visconti e gli Sforza, per approdare infine al committente più prestigioso: Venezia. Che alla fine della sua carriera gli tributò l’onore di dedicargli una statua equestre: onore interessato, visto che fu lo stesso Bartolomeo a pretendere un monumento in cambio di 100mila zecchini d’oro che avrebbe lasciato in eredità alla Serenissima. La statua, alta 4 metri, fu realizzata in bronzo da Andrea del Verrocchio, ed è tuttora uno dei monumenti equestri più celebri al mondo. Bartolomeo aveva dato disposizioni che la statua fosse eretta in piazza San Marco: ma i veneziani, che non tolleravano questa smania di protagonismo (per di più da parte di un bergamasco), lo collocarono sì vicino a San Marco…. intesa come la Scuola Grande di San Marco, nella piazza dei Santi Giovanni e Paolo. Una beffa.

La statua equestre di Bartolomeo Colleoni a Venezia.

Il letterato Antonio Cornazzano, che dimorò presso la corte di Bartolomeo a Malpaga e ne scrisse la biografia in latino, lo chiama Bartholomeus Coleus cioè scroto. La stessa forma venne usata da Guglielmo Pagello nell’orazione funebre alla morte del condottiero. Lo stesso Bartolomeo si firmava “de Colionibus”.

Il condottiero era talmente orgoglioso del proprio cognome da farne un temuto grido di guerra«Coglia, coglia!», cioè «Coglioni, coglioni!». Come dire: «Tiriamo fuori le palle!». L’espressione è diventata il nome di un progetto, Coglia, che si propone di  valorizzare la figura di Bartolomeo.

Dame con grandi testicoli in mano (dipinti nella residenza di Colleoni a Brescia)

Quest’ultimo, in vita, continuò a rappresentare i testicoli nel suo stemma, composto (come scrisse in un atto pubblico) da «duos colionos albos in campo rubeo de supra et unum colionum rubeum in campo albo infra ipsum campum rubeum» («due coglioni bianchi su sfondo rosso, e un coglione rosso su sfondo bianco sotto») seguiti dal motto “Bisogna”.
Quello stemma fu riprodotto in tutti i suoi palazzi: il castello di Malpaga (frazione di Cavernago), il palazzo Colleoni alla Pace a Brescia e infine nella maestosa cappella funebre Colleoni a Bergamo. Al palazzo di Brescia alcuni dipinti raffigurano fanciulle con in mano enormi scroti, come potete vedere nelle foto qui a lato.

Dallo scroto ai leoni

La trasformazione dei 3 scroti in cuori rovesciati nello stemma di Colleoni.

Dopo la scomparsa di Bartolomeo, la stirpe dei Coglioni non ebbe rappresentanti altrettanto celebri. E nei secoli successivi la censura pose fine a quel cognome licenzioso: «Nel periodo che segue al Concilio di Trento (1545-1563)» scrive Gianfranco Rocculi in un saggio sull’araldica, «i testicoli dello stemma furono convertiti in altrettanti cuori rovesciati: durante la Controriforma, infatti, non appariva decoroso mostrare quegli attributi “di potenza e virilità” che erano stati tanto in auge nel carnale e corrusco Medioevo». E Coglioni cedette il passo alla più neutrale forma Colleoni, che per diverso tempo fu – erroneamente – interpretata come “Co’ leoni”, anche perché i leoni furono effettivamente presenti nello stemma concesso a Bartolomeo dalla regina Giovanna II di Napoli. Probabilmente la forma Colleoni si diffuse dopo il 1600, dato che ancora nel 1596 è citato come Bartolomeo Coglione nel libro “Ritratti di cento capitani illustri con li loro fatti in guerra brevemente scritti intagliati da Aliprando Caprioli” .

Il gonfalone ufficiale di Cavernago: in basso a destra nello stemma si notano i 3 scroti.

Dopo che l’Italia settentrionale passò sotto il dominio austriaco a partire dal XVI secolo, i Colleoni si schierarono con gli Asburgo: essendo una delle 64 famiglie di conti, la famiglia aveva una sede ereditaria nell’Herrenhaus, la camera alta del Consiglio Imperiale austriaco. L’ultimo esponente di spicco della famiglia fu Guardino Colleoni (1843-1918) eletto due volte deputato e poi senatore a vita.

Oggi nel Bergamasco ci sono ancora 987 famiglie che portano il cognome Colleoni: in tutta Italia sono 1.380. Chissà se conoscono la vera origine del proprio appellativo. L’antico stemma testicolare è tuttora presente nel gonfalone ufficiale del Comune di Cavernago, nel cui territorio sorgono due castelli di Bartolomeo, quello di Cavernago e quello di Malpaga.

Ed è tuttora in attività il “Luogo Pio della pietà – Istituto Bartolomeo Colleoni“, da lui fondato a Bergamo nel 1466  “per fornire doti alle fanciulle povere e legittime, al fine di facilitarne il collocamento in legittimo matrimonio”. Oggi l’ente – uno dei più antichi al mondo ancora in attività – mantiene il patrimonio artistico di Colleoni e aiuta le donne in difficoltà. Il suo logo ufficiale ha mantenuto i 3 scroti dell’antico stemma.

Il cancello della Cappella Colleoni a Bergamo: gli scroti sono lucidati dall’usura dei turisti che li toccano.

Nel frattempo si è diffusa una singolare tradizione a Bergamo: quella di toccare con le mani i testicoli raffigurati sullo stemma del cancello della Cappella Colleoni. Un gesto considerato porta fortuna, come lo è a Milano schiacciare con il tacco i testicoli del toro (simbolo di Torino) disegnato in un mosaico sul pavimento della Galleria Vittorio Emanuele II. I testicoli sono simbolo di fecondità e in questo risiede il loro beneaugurante potere.

Questo articolo è stato ripreso da BergamoNews.

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“Che nome gli metterò?” — disse fra sè e sè. — “Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina“. Così pensava Geppetto mentre si apprestava a intagliare il suo celebre burattino. Dare il nome a qualcuno significa scegliere il suo avvenire (nomen omen, un nome un destino, dicevano gli antichi) e anche descrivere la sua personalità. E nella fiction – che sia la letteratura o il cinema – il destino dei personaggi è deciso dalla fantasia degli autori. Per esempio, Alessandro Manzoni scelse di chiamare la coprotagonista dei “Promessi sposi” Lucia Mondella: Lucia per evocare la sua natura luminosa, Mondella per alludere alla sua purezza d’animo e alla fase del lavaggio nelle filande.
Perché allora non scegliere anche un nome spinto per un personaggio immaginario?
In questo articolo ne ho raccolti una ventina (e non è detto che siano tutti: se avete segnalazioni, scrivete nei commenti). In questo modo potremo fare un viaggio insolito nella fantasia. Spesso i nomi volgari sono scelti per dare un effetto comico o satirico al racconto, ma a volte anche per descrivere alcune particolari qualità dei personaggi.  

Personaggi cinematografici

 

TONTOLINI

“Tontolini” di Giulio Antamoro, 1910

Tontolini è il burlesco nome del protagonista di questa pellicola del film muto. E’ un popolano sciocco e maldestro, dal viso buffo e con doti da funambolo. Il ruolo è interpretato dall’attore franco-italiano Ferdinand Guillaume.

 

 

CRETINETTI

“Le creazioni svariate di Cretinetti”, 1909 

Il nome è stato reso celebre da Franca Valeri, che così si rivolgeva al marito Alberto Sordi nel film di Dino Risi “Il vedovo” (1959). Ma quel nomignolo non fu un’invenzione della Valeri: era infatti il nome di un protagonista di film comici nell’era del muto, Cretinetti appunto. Era interpretato dal francese André Deed (pseudonimo di Henri André Augustin Chapais), che in Italia recitò in decine di film dando a Cretinetti una gloria internazionale.

CACCAVALLO

“Totò e Carolina”  di Mario Monicelli, 1955 

In questo film totò interpreta l’agente di polizia Antonio Caccavallo, che si lega a una ragazza che arresta per prostituzione (Carolina De Vico).  La pellicola è stata fra le più censurate nella storia del cinema italiano. Soprattutto per i temi affrontati dal regista (prostituzione, figli illegittimi, la morale perbenista).
In origine il protagonista avrebbe dovuto chiamarsi Antonio Callarone: fu trasformato in Caccavallo per far sì che la vicenda suonasse come una farsa fine a se stessa, senza alcun aggancio alla realtà del tempo, a causa delle molte pressioni della Commissione statale di censura dei film.

ROMPIGLIONI

“Il sergente Rompiglioni”  di Giuliano Biagetti, 1973 

Il sergente protagonista del film, Francesco Garibaldi Rompiglioni (Franco Franchi) coltiva due passioni: la musica classica e la disciplina. E istruisce le reclute in modo dittatoriale e isterico: il suo cognome è infatti una contrazione di “rompicoglioni”. Il film ha avuto un grande successo di pubblico, e nonostante il titolo non è infarcito di volgarità. 

NAKA KATA

“Anche gli angeli mangiano fagioli” di E.B. Clucher, 1973

Sonny (Giuliano Gemma) lavora come uomo delle pulizie in una palestra giapponese dove il maestro è Naka Kata (George Wang). Che lo licenzia dopo aver ricevuto da lui un micidiale calcio nei testicoli durante un combattimento.

 

CULASTRISCE 

“Culastrisce nobile veneziano” di Flavio Mogherini, 1976  

Culastrisce sembra un soprannome boccaccesco, invece allude a un antenato Lanzichenecco del protagonista, il marchese Luca Maria Sbrizon (Marcello Mastroianni).
I mercenari svizzeri, infatti,  oltre alle tipiche alabarde portavano brache con spacchi e inserti di stoffe di colori contrastanti: a strisce per l’appunto. Nel film il soprannome viene usato di rado: probabilmente è stato inserito nel titolo solo per evocare le commedie a base di nudi femminili, mariti cornificati e battute triviali.

 

PISELLONIO

“Brian di Nazareth” di Terry Jones, 1979

Il film è una satira dei Monthy Pyton sulla predicazione di Gesù, incarnata da Brian, suo contemporaneo, un rivoluzionario che viene spesso scambiato per il messia. Marco Pisellonio appare accanto a Ponzio Pilato durante la condanna alla crocifissione: è affetto da sigmatismo (zeppola: la “s” fischiante) e deve il suo nome al fatto che nel film originale il personaggio si chiama Biggus Dickus (“big dick” cioè cazzone).

 

KATZONE

“La città delle donne” di Federico Fellini, 1980

Il film è un viaggio onirico nella femminilità. Uno dei personaggi è il dottor Xavier Katzone, un maturo santone dell’eros che vive nell’adorazione di una femminilità che ormai non esiste più. Qui il protagonista Snaporaz (Marcello Mastroianni) scopre la singolare collezione di orgasmi registrati: sono quelli delle innumerevoli amanti di Katzone, che il padrone di casa ama riascoltare premendo dei pulsanti, disposti lungo una doppia parete ricoperta di marmo, che evoca i loculi di un cimitero. Il dottor Katzone li custodisce nella vana attesa di ritornare agli antichi splendori.
Dunque un cognome scelto volutamente per evocare, in modo ironico, l’erotismo.

 

SMERDINO O SMERVINO, SCERIFFO DI RUTTINGHAM

“Robin Hood – Un uomo in calzamaglia” di Mel Brooks, 1993

Il film è una parodia di “Robin Hood – Principe dei ladri” (1991) di Kevin Reynolds, con Kevin Costner. Uno dei personaggi è lo sceriffo di Ruttingham (invece di Nottingham: evoca il rutto), che nell’edizione originale si chiama Mervyn (nome realmente esistente), mentre in quella italiana si chiama Smervino o Smerdino: dal doppiaggio non si riesce a capire quale delle due versioni sia stata scelta (ascoltate il video qui sotto dal minuto 1:33). Ma l’effetto è lo stesso in ambo i casi.

 

CACCA DI NATALE

South Park, di Matt Stone e Trey Parker, 1997

Tra i personaggi di South Park c’è Mr. Hankey, la Cacca di Natale (the Christmas Poo): è un pezzo di cacca con grandi occhi, una bocca sorridente e un cappello da Babbo Natale. Appare nell’episodio intitolato “Uno stronzo per amico”. I bambini della scuola elementare vogliono mettere in scena un presepe tradizionale, ma una donna di fede ebraica chiede di cancellare dalla recita tutti i riferimenti religiosi. Alla fine sarà proprio Mr Hankey a riportare lo spirito natalizio, e alla fine vola via insieme a Babbo Natale. Il personaggio appare anche in altri 6 episodi (fra cui quello intitolato “Un Natale davvero di merda”).

 

CICCIO BASTARDO,  IVONA POMPILOVA, PIRULON, FELICITY LADÀ

Austin Powers – La spia che ci provava”  di Jay Roach, 1999 

Il film è una parodia del mito degli agenti segreti alla 007. Powers è un agente segreto al servizio di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra. Rimasto ibernato dagli anni ‘60 a oggi, Powers irrompe nel mondo moderno. Il suo ruolo stride però col suo aspetto fisico piuttosto repellente. A cui lui rimedia col “maipiùmòscio” (nel film originale è il “mojo”, un amuleto),  che gli permette di aver successo con le donne. Fra gli altri personaggi del film ci sono: una ” guardia scozzese ” obesa, Ciccio Bastardo (Fat Bastard); la protagonista femminile, Felicity Ladà (Felicity Shagwell, cioè Felicita Scopabene),  la modella russa Ivona Pompilova ( “Ivana Humpalot” cioè Ivana Scopamolto) e Pirulon (Pirlone), che nel film originale è semplicemente Woody Harrelson che interpreta se stesso.

 

GAYLORD FOTTER e SFIGATTO

“Ti presento i miei” di Jay Roach, 2000

Il protagonista (Ben Stiller) si chiama Gaylord Fotter, un doppio riferimento sessuale: ai gay e all’atto sessuale (come nel film originale, in cui si chiama Gaylord Focker, smile a fucker). Gaylord, detto Greg,  cerca di fare bella figura con i suoceri, in particolare col suocero (Robert De Niro) burbero ex agente della Cia. Fotter cerca di fare di tutto per impressionare favorevolmente i suoceri, ma la sua insicurezza e il nome imbarazzante non lo aiutano. Da segnalare anche il nome del gatto dei suoceri, che nella versione italiana si chiama Sfigatto (Mr Jinx nell’originale: in inglese jinks sono gli scherzi chiassosi), perché ne passa di tutti i colori.

 

THE MOTHERFUCKER

 “Kick-Ass2”, di Jeff Wadlow, 2003

Il film è il sequel di “Kick-Ass”, storia di un ragazzino che diventa supereroe. In questo film il suo coetaneo Chris D’Amico, sconvolto dalla morte della madre, decide di voltare le spalle alla sua precedente incarnazione da eroe e di diventare il primo supercattivo della vita reale, facendosi chiamare Motherfucker, con l’obiettivo di vendicarsi di Kick-Ass. “Motherfucker” letteralmente “uno che si fotte la madre” è l’equivalente di carogna, figlio di puttana. Nella versione italiana non è stato tradotto.

BOGDANA

 “Pazze di me” di Fausto Brizzi, 2013

Il film è una commedia senza molte pretese che racconta la storia di un ragazzo, Andrea Morelli (Francesco Mandelli), unico maschio in una famiglia tutta al femminile. Nel nucleo è presente anche una badante rumena, una scansafatiche cafona che si chiama Bogdana (evidente assonanza con “puttana”). In una scena lei rivela però che quello è “un nome d’arte: il mio vero nome è Niculina” (evidenziando la somiglianza con “culo”).

PHUC

 “The gentlemen”, di Guy Ritchie, 2019

Il film è una storia di gangster della marijuana ambientata nel Regno Unito. Si fronteggiano varie fazioni: protagonista è il boss Michael “Mickey” Pearson (Matthew McConaughey), che ha costruito un impero della cannabis e vuole uscire dal giro. Il boss cinese Lord George gli vuole subentrare, e il suo vice, Occhio Asciutto, congiura per mettersi in mezzo. Uno dei suoi scagnozzi si chiama Phuc, che ha lo stesso suono di “fuck“, fottere. Un gioco di parole provocatorio in una commedia d’azione e sangue decisamente sopra le righe. 

Personaggi letterari

BACIACULO E NASAPETI

“Gargantua e Pantagruele”, François Rabelais, 1542.

Il libro è una satira del suo tempo. In un episodio l’autore racconta che “a quel tempo pendeva nel Parlamento di Parigi un processo su una controversia così alta e difficile «che la Corte del Parlamento non ci capiva più che se fosse alto tedesco». Così il re decise di affidare il giudizio a Pantagruele. I contendenti erano Baciaculo (Baisecul in francese) e Nasapeti (Humevesne): l’episodio è una satira contro la lentezza dei processi e il linguaggio incomprensibile di giudici e avvocati. Alla fine Baciaculo è dichiarato innocente con una lunga e incomprensibile sentenza, che però “lo condanna a tre bicchieroni di latte cagliato, ben mantecati, drogati e preparati secondo la moda del paese, a favore del detto convenuto, pagabili al Ferragosto, di maggio. Ma il convenuto a sua volta sarà tenuto a rifornirlo di tutto il fieno e la stoppa, necessari all’otturazione dei trabocchetti gutturali, con contorno di polpettoni ben arrostiti e conditi. E amici come prima”. E tutti a celebrare la saggezza di Pantagruele.

 

CACASENNO

dalle novelle “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” di Giulio Cesare Croce, 1620

I racconti riprendono e rielaborano novelle antichissime. Cacasenno è più idiota del padre Bertoldino: il suo nome infatti significa che “defeca la saggezza”, termine che in italiano ancora oggi designa le persone saccente, i saputelli. L’autore lo deride fin dal suo aspetto fisico: “Questo Cacasenno era grosso di cintura, aveva la fronte bassissima, gli occhi grossi, le ciglia irsute, il naso e la bocca aguzza, che certo assomigliavasi ad un gatto mammone, ovvero ad uno scimiotto”. Per dire quanto fosse sveglio e intelligente, basta questo scambio di battute con uno dei personaggi, Erminio:

“Dimmi, come hai tu nome?”. E Cacasenno: “Messer no, che non sono un uomo, sono un ragazzo”. Erminio. “Non ti addimando se sei un uomo, dico il tuo nome: come ti chiami?”. E Cacasenno: “Quando uno mi chiama, ed io gli rispondo”. 

I racconti hanno ispirato tre versioni cinematografiche: la più famosa è quella firmata da Mario Monicelli nel 1984. In una scena, re Alboino solleva in aria il figlio di Menghina e Bertoldino, ma il neonato gli defeca in faccia, “e viene di conseguenza chiamato Cacasenno”.

 

AUGELLO

I gialli di Montalbano, 1994-2020

Camilleri aveva il gusto per i dettagli. Perciò non ha scelto a caso i cognomi de propri personaggi: Montalbano deve il suo cognome a Manuel Vàzquez Montalbàn, prolifico autore di gialli spagnolo che aveva ispirato Camilleri.
Mimì Augello, il vice di Montalbano, è’ un don Giovanni, e proprio per questo il suo cognome sembra evocare l’organo sessuale maschile. Invece così non è, come rivela lo stesso Camilleri (citato in questo studio): “questa storia del braccio destro di Montalbano che si chiama Augello, gli piacciono le donne. L’augello è quello che è, il membro maschile, da noi, il membro virile. Quindi, tutti hanno pensato che io avessi voluto chiamare in questo modo il vicecommissario perché è un gran donnaiolo. Ma manco per idea! Augello è un cognome fra i più diffusi che ci sono tra Siculiana e Realmonte, vicinissima a Porto Empedocle, ecco. Poi il lettore, magari, ci vede chissà quale ricerca etimologica, chissà che cosa. Per me era lontanissima, quest’idea. Augello, semmai, nasceva non dal fatto delle sue capacità virili, nasceva, semmai, dal fatto che svolazzava da una donna all’altra. Semmai, poteva essere lontanissimamente questo”.

Personaggi nelle canzoni

MERDMAN 

dall’album “Henna”, Lucio Dalla, 1994

La canzone parla di un “marziano disgustoso” che precipita sulla Terra, Merdman. Ecco alcune strofe che lo descrivono: A parte il puzzo veramente micidiale, aveva in sé qualcosa di familiare, Sui trent’anni, bocca larga e braghe corte, sempre sporco con uno stronzo sulla fronte. Ogni tanto spiaccicava una parola, e con le dita messe li’ a pistola catturava tutto l’audience della gente…. A poco a poco anche la stampa più esigente, lo trovava bello, fresco e divertente… Non parliamo dei bambini anche i più belli, si mettevano uno stronzo tra i capelli”.
La canzone è una feroce satira contro la tv spazzatura che glorifica il peggio degli uomini.

Qualche anno dopo, nel 2003, Elio e le storie tese scriveranno “Shpalman”, una canzone dedicata a un immaginario supereroe che sconfigge i cattivi” “spalmandogli la merda in faccia”.  

 

GADDA E I SOPRANNOMI DI MUSSOLINI

Fra il 1941 e il 1945, Carlo Emilio Gadda (l’autore del “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”) scrisse “Eros e Priapo: da furore a cenere” una riflessione storica feroce su Benito Mussolini e la sua dittatura (a cui inizialmente Gadda aveva aderito).
Nel saggio non viene mai menzionato il termine “fascismo”, mentre Mussolini viene ribattezzato con decine di nomignoli insultanti: Furioso Babbeo, Sozzo Nostro, Somaro Principe, Primo Racimolatore e Fabulatore delle scemenze, Giuda-Maramaldo, Paflagone-smargiasso, Priapo Moscio, il Gran Correggione del Nulla, il Predappio-Fava, il Culone in Cavallo, Il Fava impestatissimo, il Batrace Stivaluto, il Priapo Tumefatto, Ejettatore delle scemenze, il Giuda imbombettato, il Capocamorra, Appiccata Carogna, il Merda, Primo Maresciallo del Cacchio, il Mascelluto, Gaglioffo ipocalcico, Gran Cacchio,  Maccherone Ingrognato, Scacarcione Mago, Nullapensante, Priapo Maccherone Maramaldo. Solo per citarne alcuni…

Il saggio fu pubblicato solo nel 1967 e in versione censurata, dopo essere stato rifiutato da molti editori.

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Piacere, Felice Della Sega https://www.parolacce.org/2015/06/05/cognomi-italiani-volgari/ https://www.parolacce.org/2015/06/05/cognomi-italiani-volgari/#comments Fri, 05 Jun 2015 12:30:40 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6338 Non vorrei essere nei suoi panni quando arriva il momento di presentarsi: “Piacere, Felice Della Sega“. Portare un cognome volgare può cambiare la vita. Spesso in peggio: scherzi telefonici e citofonici, battutine, prese in giro possono essere un supplizio quotidiano. Ma… Continue Reading

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Parma: campagna elettorale di Massimo Passera (Ulivo).

Parma: campagna elettorale di Massimo Passera (Ulivo).

Non vorrei essere nei suoi panni quando arriva il momento di presentarsi: “Piacere, Felice Della Sega“. Portare un cognome volgare può cambiare la vita. Spesso in peggio: scherzi telefonici e citofonici, battutine, prese in giro possono essere un supplizio quotidiano. Ma quanti sono gli italiani con un cognome imbarazzante? Sono casi rari? E qual è la storia di questi cognomi?
Dopo il caso del professor Stronzo Bestiale, finto autore di un paper scientifico nel campo della fisica, avevo promesso di indagare. L’ho fatto, scoprendo una realtà che va oltre ogni immaginazione: in Italia esistono 111 cognomi-parolaccia, portati da oltre 38mila persone. Il signor Della Sega, insomma, è in buona compagnia. Sono lo 0,06% degli italiani: 6 persone su 10mila.  Questo vuol dire che in una città come Milano (1 milione e 350mila abitanti) i portatori di un cognome volgare potrebbero essere più di 800. 

Come faccio a dire questo? In Italia non esiste un’anagrafe centralizzata, e anche se esistesse non sarebbe accessibile. Dunque, per studiare i cognomi esiste un solo modo, scoperto dal linguista Emidio De Felice alla fine degli anni ’70: esaminare gli elenchi telefonici. Oggi il compito è più facile, visto che sono sul Web: così, con pazienza, aggiornando le ricerche che avevo fatto 20 anni fa per il mio primo libro (già: proprio sui cognomi) ho digitato tutte le parolacce della nostra lingua sul sito di Pagine Bianche. In questo modo ho potuto accertare quante persone avevano un cognome volgare (tralasciando i nomi delle attività commerciali, spesso inventati).

Un candidato difficile da dimenticare alle Comunali di Orvieto. Chi ha scritto il suo nome non ha invalidato la scheda.

Un candidato difficile da dimenticare alle Comunali di Orvieto.

Una delle prime verifiche è stata vedere quanti portassero un cognome volgare abbinato a un nome, in modo da formare una frase di senso compiuto. Oltre a Felice Della Sega (esiste davvero!) ecco gli altri casi che ho accertato (potete verificarlo su PagineBianche):
Benvenuta VACCA
Immacolata SOTTOLANO
BOCCHINO Fortunato
TROMBA Alessia
TROMBA Felice
CHIAPPA Rosa

CHIAPPA Chiara
TROMBA Felice
LIMONTA Felice
MADDIO Santo
BIGO Lino
TROIA Fortunata

Un caso celebre, Felice Mastronzo, non risulta in elenco: se esiste davvero, segnalatelo (con le prove!). Gli abbinamenti comici fra nome e cognome involontariamente comici (ma a cosa pensavano quei genitori quando hanno scelto come chiamare i loro figli?) sono comunque una minoranza.
I cognomi volgari, invece, sono 111, e risultano portati da 16.015  persone. Che sono i titolari delle linee telefoniche, ovvero i capofamiglia: e dato che in Italia la famiglia media è composta da 2,4 persone (dati Istat), i cognomi volgari potrebbero quindi essere diffusi fra 38.436 persone.  Ed è probabilmente un numero approssimato per difetto, visto che in molte famiglie la linea telefonica fissa è stata sostituita dai telefoni cellulari.

TuttoOk1Ma vediamo più da vicino quali sono questi cognomi e come sono distribuiti, a seconda del loro significato: la maggior parte (il 71%) fanno riferimento al sesso, ovvero descrivono parti anatomiche o atti sessuali (Cazzoni, Scopano), oppure stigmatizzano comportamenti sessuali (Finocchio, Zoccola). Il resto sono sostanzialmente insulti.
Anche se, come vedremo più avanti, molti cognomi volgari in realtà non sono nati come parolacce: il loro significato originario è spesso neutro e vuol dire tutt’altro che una parolaccia. Tanto più che, nei secoli, i cognomi hanno subìto storpiature ed errori di trascrizione, perdendo la loro forma originaria. Ma ne parliamo in questo blog, perché, di fatto, a prescindere dal loro significato originario, questi cognomi sono percepiti o percepibili come volgari.

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Il musicista Francesco Buzzurro: pur avendo un cognome scomodo, ha scelto di non usare uno pseudonimo.

Accorpando le forme derivate e le varianti, le 10 forme di cognome più diffuse (portate da più di 500 persone ciascuna) sono le seguenti:

1) Vacca (2.552)
2) Porco (2.513)
3) Barbone (1.118)
4) Cazzaro (1.056)
5) Chiappa (813)
6) Troia (799)
7) Cozza (733)
8) Buffone (657)
9) Passera (621)
10) Tonto (506)
In tutto, questi 10 cognomi sono portati da 11.368 persone, il 71% del totale dei cognomi volgari.

Ma vediamo in dettaglio come sono composte le categorie: [ clicca sul + per aprire l’approfondimento ]

COMPORTAMENTI

TuttoOk2I cognomi più diffusi sono quelli inquadrabili come insulti sull’etica sessuale (42%): in realtà, non tutti nascono come tali. Prendiamo il caso di Porco e derivati: come racconta il completissimo “Dizionario dei cognomi italiani” di Enzo Caffarelli e Carla Marcato (Utet), è nato non solo come soprannome spregiativo e offensivo, ma anche come nome affettivo, di modestia e umiltà cristiana. Troia, invece, non nasce come epiteto offensivo, ma come toponimo: è un riferimento alla località di Troia, in Puglia. Vacca era in origine un soprannome legato all’aspetto fisico, al comportamento ma anche a nomi di mestiere; Zoccola, invece, nasce proprio come insulto.
Passando agli insulti comportamentali (85), Buffoni e simili derivano non solo dal termine spregiativo buffone, ma anche da buffo, inteso come strano, stravagante, ma anche colpo di vento (sbuffo), squattrinato (dal lombardo e piemontese buf), paffuto (dal siciliano bbuffu). 

SESSO
TuttoOk3bisAncora più variopinto (e imbarazzante) l’elenco dei cognomi che fanno riferimento in modo volgare a parti anatomiche o atti sessuali (29%). L’elenco, infatti, consiste in 45 cognomi, che vedete a lato. Anche in questo caso, però, l’origine di diversi cognomi è tutt’altro che oscena. Prendiamo ad esempio uno dei più clamorosi, Ficarotta: non significa quello che pensate, ma deriva da ficara, piantagione di fichi. Anche i cognomi che sembrano riferirsi al pene hanno un’origine ben diversa: Cazzato è una variante di cacciato; Cazzaro può derivare da cacio (venditore di formaggi, quindi) o da cazza (mestolo: venditore o fabbricante di mestoli). Fregna, anche se si ricollega al significato di vagina, poteva significare in origine “persona di poco conto” (come fregnaccia), piagnucolone, persona buffa, oppure potrebbe essere un abbreviativo del nome Manfreni (così come Mona è un abbreviativo di Simona). Quanto ai signori Pompa, il loro cognome può derivare da pompa intesa come “dimostrazione di magnificenza, vanagloria” o dal cognome spagnolo Pompa.

CORPO
TuttoOk2bisNotevoli anche i cognomi che fanno riferimento al corpo e al suo metabolismo. Innanzitutto, salta all’occhio che, fra le caratteristiche fisiche, primeggia la pancia in tutte le sue forme: ciccia, pancia, grasso, lardo… Un ulteriore segno dell’emarginazione verso le persone sovrappeso, come raccontavo in questo post.
Anche per questi generi di cognomi, comunque, ci sono diverse precisazioni da fare: Piscione, per esempio, è una variante di pescione, ovvero un grande pesce: l’incontinenza urinaria, dunque, non c’entra. Mentre Cozza, che come insulto significa “donna molto brutta”, può essere anche un abbreviativo di Francescozzo, Domenicozzo, Federicozzo, oppure riferirsi alla località Cozzo, al coccio, oppure al cozzo (urto violento). 

INSULTI
TuttoOk3Infine, ci sono i cognomi classificabili come insulti mentali o classisti. Anche nel loro caso, alcune delle origini non sono necessariamente squalificanti: Tonto e derivati, per esempio, non nascono solo  come soprannomi per indicare persone sciocche, ma possono essere vezzeggiativi derivati dal nome Antonius oppure da “tondo” inteso come “grasso”. Minchioni, oltre a significare “scemi” può derivare dal nome Mincio, oppure da un termine napoletano che significa “fringuello”. Il cognome Barboni, invece, è nato come epiteto  descrittivo (persona con barba), e in alcuni casi potrebbe ricondursi a barba inteso come “anziano”.

Di fronte a tutti questi cognomi scomodi, una domanda nasce spontanea: perché le persone non li cambiano? La possibilità esiste, ed è offerta da una legge aggiornata di recente (il Dpr 54/2012). Chi ha un cognome “ridicolo o vergognoso” può cambiarlo: basta presentare domanda al prefetto. Di solito, chi cambia il cognome volgare lo fa in due modi: o si limita a cambiarne una sola lettera (Merdelli può diventare un rispettabilissimo Verdelli), oppure lo sostituisce con quello della madre.
Una scelta comprensibile, dato che – come raccontavo nel mio libro – nel cognome si condensano le caratteristiche familiari, professionali, etniche e sociali dell’identità di una persona. Dunque, un cognome volgare rischia di  mettere in ridicolo non solo il suo portatore ma tutta la sua famiglia d’appartenenza: il cognome, infatti, è un nome singolare con un significato plurale, perché raggruppa in sè la storia di un’intera stirpe.
Eppure, guardando le statistiche del ministero dell’Interno, i cambi di cognome sono molto meno frequenti di quanto si possa immaginare. L
ultimo dato disponibile, quello del 2011, parla di 2.765 richieste presentate in un anno in tutta Italia. ma solo una minoranza era motivata dal desiderio di correggere un nome di famiglia imbarazzante; la maggioranza delle istanze (il 50%) volevano invece valorizzare il cognome materno, aggiungendolo o sostituendolo a quello paterno.
In ogni caso, gran parte delle persone mantiene un cognome anche se è pesante o ridicolo: come si spiega? In parte per le ricadute burocratiche: se si cambia cognome, bisogna rifare tutti i documenti: carta d’identità, patente, etc etc. Ma i motivi più forti sono altri. In una ricerca di qualche anno fa, lo psicologo statunitense Arthur Frankel (Salve Regina University) ha dimostrato che i nomi insoliti si imparano più facilmente rispetto ai nomi comuni. Cantacesso, insomma, non si scorda, a differenza di un comunissimo Rossi. Ma non è solo questo il motivo: ai cognomi ci si affeziona, perché sono carichi di storia, di ricordi, di affetti. E sbarazzarsene non è così semplice. D’altronde, basta un po’ di ironia per portare, anche con orgoglio, un cognome particolare. Come mostrano le interviste del video qui sotto, realizzato dal sito cognomix.

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Lo strano caso dei dottori Fuck & Fuck https://www.parolacce.org/2014/10/20/fuck-fuck-bitch-ricerca/ https://www.parolacce.org/2014/10/20/fuck-fuck-bitch-ricerca/#comments Mon, 20 Oct 2014 19:37:26 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6527 Quando Luc – un lettore di questo blog – mi ha segnalato una ricerca che conteneva le parole “fuck, fuck, bitch” (scopa, scopa,stronza), ho pensato a un altro scherzo clamoroso (ricordate il caso di Stronzo Bestiale?). Seguendo la sua indicazione,… Continue Reading

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fuckFuckQuando Luc – un lettore di questo blog – mi ha segnalato una ricerca che conteneva le parole “fuck, fuck, bitch” (scopa, scopa,stronza), ho pensato a un altro scherzo clamoroso (ricordate il caso di Stronzo Bestiale?).
Seguendo la sua indicazione, con un certo scetticismo ho digitato  le 3 parole su PubMed, il più importante database sulla ricerca biomedica mondiale. E ho avuto la prima sorpresa: la ricerca esiste davvero (clicca per ingrandire).

Si intitola “Ovarian teratoma in a bitch” ed è firmata da S. A. Headley,E. J. Fuck,E. T. Fuck, C. E. Curti. La ricerca era stata pubblicata nel 2006 su “Veterinary record“, il giornale dell’associazione medici veterinari britannici. E infatti, bitch in inglese significa originariamente cagna (femmina del cane), oltre ad avere il senso spregiativo di stronza, strega o puttana (nell’espressione “son of a bitch”, figlio di….).
La ricerca parlava dunque di un tumore alle ovaie. Ma gli autori E. J. Fuck,E. T. Fuck? Ero sicuro che fossero inventati: il titolo dello studio era stato, probabilmente, una tentazione irresistibile per il vero autore della ricerca.

C’era un’altro scherzo scientifico da raccontare? Mi sono messo sulle tracce del primo firmatario Headley, e non è stato facile rintracciarlo con le sole iniziali. Alla fine l’ho trovato: è Selwyn Arlington Headley, professore aggiunto al Dipartimento di Medicina preventiva veterinaria dell’università statale di Londrina nel Paranà, in Brasile. 
FuckFuckLa sua risposta, però, è stata l’altra sorpresa: “La ricerca non è affatto uno scherzo, e io ne sono l’autore principale. E i cognomi dei due autori, peraltro non insoliti, sono davvero Fuck e Fuck: sono proprietari di un ospedale veterinario nel Sud del Brasile”. Per la cronaca, si chiamano Egon José Fuck, e Eliane Miranda Thomaselli Fuck (clicca per ingrandire). Dunque, stavolta l’onore della scienza è salvo: nessuno ha tentato di beffare il sistema dei controlli scientifici. Ma perché non intitolare la ricerca “Teratoma ovarico in un pastore tedesco”? Lo studio avrebbe avuto un impatto meno imbarazzante… ma forse non sarebbe passato alla storia.

Che morale trarre da questa vicenda? I cognomi volgari esistono davvero: il professor Mark Liberman, linguista all’Università della Pennsylvania, segnalava il caso del professor Connard (testa di cazzo), autore di migiliaia di pubblicazioni (esiste, esiste! anzi: esistono, perché ce n’è più di uno). E Corey Bradshaw, direttore dell’Istituto ambientale di Adelaide (Australia) in un articolo ironico pubblicato sul suo blog ha elencato decine di ricerche (vere) firmate da: Bastard (bastardo), Crap (merda), Dick (cazzo), Junk (balle, pacco), Prick (cazzo)… La realtà, insomma, supera la fantasia. Anche in Italia: in questo post ho censito i cognomi volgari italiani, che sono numerosissimi e molto variegati.

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Ma a proposito di firme, c’è da fare un’altra riflessione dopo il caso di Stronzo Bestiale: il mio sito è stato visto da quasi 90mila persone e la storia ha fatto il giro del mondo, ispirando fra l’altro un finto account in Cina sul sito weibo.com (clicca per ingrandire).

Il professor Bestiale ha scatenato decine di ricercatori o appassionati di scienza, che mi hanno segnalato le ricerche più sorprendenti.
Ne ricordo due, che mi sono rimaste stampate nella mente:

 

 il gruppo di galassie HGC31, raggruppate in una clamorosa forma fallica (a pag. 17 dello studio qui: Canada-Usa, 2006, “The astronomical journal”);
recently-submitted research paper (http://lanl.arxiv.org/abs/1002.3323v1) on hickson compact group 31, a group of small galaxies gravitationally interacting with each other. the paper shows an image of the galaxies in a way i've not seen before:

Le galassie Hickson Compact Group 31

 e una reazione molecolare che sembra uscita dalla fantasia porno di un graffitaro metropolitano (qui lo studio: Brasile, 2004, “Inorganic chemistry”).
these two large molecules experience strong interactions between each other. In solution, they like to pair up and... self organise. To quote the paper (http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/ic0352250) , one of these molecules requires "the presence of suitable partners.

Un’eccitante reazione chimica.

 Oltre a essermi divertito, mi sono chiesto le ragioni di tanto successo, davvero inaspettato. Credo che queste storie piacciano perché svelano il lato umano della scienza, fatta anche di scherzi, provocazioni, sviste, errori o equivoci. Anche gli scienziati si arrabbiano, si appassionano, hanno emozioni,  anche a loro piace scherzare e giocare. Proprio come a tutti noi.

 [ English version here ]

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