consigli pratici | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 Wed, 30 Aug 2017 10:26:51 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png consigli pratici | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Bambini e parolacce: istruzioni per l’uso https://www.parolacce.org/2017/06/27/bambini-e-parolacce-che-fare/ https://www.parolacce.org/2017/06/27/bambini-e-parolacce-che-fare/#comments Tue, 27 Jun 2017 10:00:01 +0000 https://www.parolacce.org/?p=12489 Come comportarsi quando un bambino dice una parolaccia? Meglio sgridarlo, punirlo o far finta di niente? Si possono prevenire le volgarità nei più piccoli, e come? Inutile negarlo: fra genitori e insegnanti, il turpiloquio scatena notevoli ansie. Soprattutto quando è… Continue Reading

The post Bambini e parolacce: istruzioni per l’uso first appeared on Parolacce.]]>

I bambini imparano le parolacce per imitazione. Ma spesso non ne conoscono il reale significato (Shutterstock).

Come comportarsi quando un bambino dice una parolaccia? Meglio sgridarlo, punirlo o far finta di niente? Si possono prevenire le volgarità nei più piccoli, e come?
Inutile negarlo: fra genitori e insegnanti, il turpiloquio scatena notevoli ansie. Soprattutto quando è usato come forma di violenza, per esempio nei casi di bullismo, o quando riguarda il sesso: come spiegare perché non si può dire frocio, sega o troia? Dire troppe parolacce disturberà lo sviluppo emotivo dei bambini, rendendoli violenti, insensibili o perversi? Sentire un linguaggio sboccato è un trauma per la loro delicata sensibilità?
Qui risponderò a tutte queste domande. Lo faccio ora perché proprio in questi giorni è uscito, su Focus Junior, il primo articolo in cui spiego, direttamente ai bambini, che cosa sono le parolacce, perché dirle (e non dirle) e quali sono i loro effetti.
Da questo sito, invece, mi rivolgo agli educatori, per indicare una strategia efficace e con basi scientifiche per affrontare le parolacce nei piccoli, sfatando alcuni miti infondati. Primo fra tutti, che le parolacce facciano sempre male ai bambini.

Il mio articolo sulle parolacce e la copertina di Focus Junior (clic per ingrandire).

Quest’ultima affermazione è sbagliata, e basta riflettere un istante per accorgersene: si basa infatti su una generalizzazione, ovvero che le parolacce siano tutte uguali. Niente di più sbagliato: è come dire che lo sport è rischioso, ma nel concetto di “sport” rientrano non solo la boxe o il base jumping (salto nel vuoto da palazzi, ponti o da pareti rocciose con il paracadute), ma anche le bocce, il ping pong o il golf, che non hanno lo stesso livello di rischio dei precedenti.
Anche le parolacce sono una categoria generica, nella quale rientrano le espressioni più diverse: insulti (imbecille!), oscenità (sega), maledizioni (vaffanculo), imprecazioni (porca troia), scatologia (merda)… Sono locuzioni con contenuti ed effetti molto diversi, e non tutti dannosi. Senza contare che, come tutte le altre parole, anche le parolacce possono essere pronunciate con diverse intenzioni comunicative: per sfogarsi, per scherzare, per ferire

Parolacce diverse, effetti diversi

Vediamo allora che cosa dicono le ricerche in merito agli effetti dei diversi tipi di scurrilità (per chi vuole approfondire e consultare direttamente le fonti, rimando all’ampia trattazione sul mio libro).

  • insulti e maledizioni: i maltrattamenti verbali hanno sempre effetti negativi sui bambini. I minori che vengono insultati (da adulti o da coetanei) provano rabbia, imbarazzo, depressione, emarginazione. E possono diventare verbalmente violenti a loro volta. E’ il caso del bullismo, una forma di violenza verbale.
  • I bambini sono spesso crudeli: infieriscono su chi è debole e diverso (Shutterstock).

    scatologia: parlare di cacca e affini non fa danni. Anzi: secondo molti educatori (compreso Gianni Rodari, come raccontavo qui)  può essere persino benefico, perché aiuta i bambini a sdrammatizzare e sfogare le ansie sul controllo delle funzioni corporee (lo spettro di “farsela addosso”).

  • imprecazioni: non c’è alcuna prova che ascoltare un adulto che impreca generi traumi in un bambino. L’unico rischio (certo) è che anche lui, nei momenti di rabbia, imiti il linguaggio degli adulti.
  • oscenità: molti genitori credono che i loro discorsi sul sesso determineranno le abitudini sessuali dei figli, perciò pensano che possa turbarli sapere troppi dettagli (omosessualità, sesso orale, masturbazione), e sono preoccupati di come i termini sessuali detti dai figli saranno giudicati fuori dalla famiglia. Perciò, per evitare ogni rischio, eliminando i problemi alla radice, i termini sessuali vengono censurati, punto e stop. In realtà questo è un modo miope di relazionarsi: innanzitutto perché – lo sappiamo dai tempi di Freud – anche i bambini piccoli hanno impulsi sessuali, anche se non ne sono consapevoli. Alcuni studiosi affermano, anzi, che è più dannosa la censura, perché “produce effetti nocivi sull’immaginazione e sulla maturazione psicologica”, afferma Marjorie Heins, giurista, autrice del saggio “Not in front of children”. In sostanza, scrive Heins, nessuno ha mai dimostrato che l’esposizione a espressioni oscene abbia conseguenze traumatiche sui minori. A patto, però, che siano spiegate dagli adulti, come racconterò più avanti.

Intenzioni e inflazione

Campagna antibullismo del Comune di Montevarchi.

In generale, comunque, le parolacce in sè non fanno né bene né male: dipende da come vengono usate, ovvero dall’intenzione comunicativa (e anche dal contesto, come vedremo). Perciò bisogna distinguere:
– se le volgarità sono dette per offendere e svilire un bambino, avranno effetti negativi;
– se sono dette per sfogarsi non avranno effetti negativi (a parte l’imitazione: il bambino comincerà a usarle per sfogarsi, come facciamo noi);
– se sono usate per un riso liberatorio (come nell’umorismo escrementizio) possono avere effetti positivi;
– se sono dette per parlare di sesso, dipende: all’interno di una corretta educazione sessuale, sono ininfluenti; diversamente, rischiano di dare una prospettiva parziale o distorta dell’erotismo.
E, in generale, comunque, l’abuso di parolacce fa correre ai bambini lo stesso rischio che abbiamo noi adulti: l’inflazione.
Quando una parola, anche forte, viene ripetuta continuamente, in ogni circostanza, perde il suo potere espressivo perché ne diventiamo assuefatti (e un po’ sta accadendo a molte parolacce, come raccontavo qui).

LE 8 REGOLE DA SEGUIRE
Come limitare le parolacce? In questo articolo avevo già raccontato la scarsa efficacia delle punizioni: in realtà, l’intervento sulle parolacce non è così semplice, perché, come abbiamo visto, queste espressioni sono una famiglia molto ricca e variegata. Per affrontare le parolacce nel giusto modo, occorre quindi un approccio su più livelli: bisogna saper educare alle parolacce!
Queste regole sono diventate la tesi di laurea (titolo: “Io lo dico alla maestra!”) appena discussa da una docente svizzera, Sabrina Chiesa, studente dell’Alta Scuola Pedagogica dei Grigioni a Coira. Le racconto qui, con alcune integrazioni.
1) CREARE UN CLIMA DI FIDUCIA E DI RISPETTO (in classe o in famiglia): è la condizione principale per rapportarsi ai bambini in modo costruttivo. I bambini devono sapere che possono parlare di tutto con serenità
2) DARE IL BUON ESEMPIO: un adulto che predica bene (“Non dite parolacce, siate rispettosi!”) e alla prima occasione, per esempio quando guida, si mette a imprecare come un camallo, perde credibilità perché non è coerente. Il buon esempio viene sempre dall’alto.
3) LODARE IL BUON LINGUAGGIO: questa strategia dà molti più frutti rispetto alle punizioni verso chi usa un’espressione volgare.
4) NON DARE TROPPO PESO A UNA PAROLACCIA, se è detta con lo scopo di attirare l’attenzione. Se il bambino si accorge che dicendo parolacce riceve attenzioni (fossero anche rimproveri) tenderà a usarle spesso come strumento di richiamo.

La strategia per affrontare le parolacce: clic per ingrandire (foto Shutterstock).

5) RIFLETTERE INSIEME SUL SIGNIFICATO E LE FUNZIONI DELLE PAROLACCEquando un bambino dice una parolaccia (e lo fa sempre “per sentito dire”), invece di punirlo è importante prima di tutto verificare se ne conosce davvero il significato. E distinguere: un insulto (stronzo) è diverso da un’imprecazione (cazzo!). Con un insulto si può ferire un’altra persona, quindi non va mai detto; mentre un’imprecazione non è rivolta a nessuno perché è uno sfogo.
Su alcune espressioni, per esempio quelle escrementizie, si può anche precisare quando si può dire ( in famiglia o fra amici, ma mai a scuola). Che lo vogliate o no, la conoscenza delle parolacce fa parte della competenza linguistica, ovvero dell’abilità a capire e parlare una lingua in modo corretto. E’ importante saper dire “Posso andare in bagno” ma anche capire cosa intende qualcuno quando ti dice che “Sei un cesso”. Certo, questa strategia diventa più impegnativa quando si tratta di espressioni oscene: spiegarne il significato in modo neutro e pacato comporta spendere più tempo rispetto a proibirle e basta. E presuppone, soprattutto, che l’adulto stesso sia sereno di fronte ad alcuni temi, il che non è scontato.
6) ESPRIMERE LE EMOZIONI: se un bambino dice una volgarità, è importante far emergere per quale motivo l’ha detta. Questo può aiutarlo a esprimere le sue emozioni facendogli prendere coscienza dei sentimenti in gioco. Per vincere il bullismo, ad esempio, più che punire o proibire gli insulti, è molto più efficace far parlare chi ne è vittima: questo porta i “carnefici” a rendersi conto che le loro offese possono far male nel profondo a un’altra persona. Il bullismo si può battere solo con l’empatia, come mostra la storia di Ivan, 12enne preso in giro dai coetanei perché non ama il calcio e ha la voce acuta. Come racconta la sua insegnante a “Repubblica”, “quando ha finito di leggere il tema in cui raccontava i suoi anni di bambino umiliato e respinto, i suoi compagni gli hanno fatto un applauso”.
7) ABITUARE A CHIEDERE SCUSA: se un bambino ha detto un insulto con l’intenzione di offendere, bisogna abituarlo a chiedere scusa, come farebbe se desse un pugno a un compagno.
8) INSEGNARE PAROLE ALTERNATIVE: le funzioni delle parolacce (esprimere rabbia, disappunto, disgusto, gioco, sorpresa….) sono importanti e non si possono eliminare. Perché privarli delle valvole di sfogo, che peraltro noi usiamo? Dunque, è utile insegnare ai bambini delle parole depotenziate (ovvero gli eufemismi, di cui ho parlato qui) per esprimere le loro emozioni: porca paletta (invece di porca puttana), salame (e non coglione), caspita (al posto di cazzo) possono aiutare i bambini a sfogarsi senza far male ad altri o infrangere le regole sociali.
Insomma, come dice la Heins, la vita è come una piscina: può essere pericolosa per i bambini. “Per proteggerli, si possono mettere sbarre e allarmi. Ma la cosa più efficace è insegnar loro a nuotare”. 

Ho parlato di questo argomento su Radio Cusano Campus.
Potete ascoltare l’audio cliccando il player qui sotto:

The post Bambini e parolacce: istruzioni per l’uso first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2017/06/27/bambini-e-parolacce-che-fare/feed/ 1
Gianni Morandi e il segreto per ribattere agli insulti https://www.parolacce.org/2015/07/03/come-reagire-alle-offese/ https://www.parolacce.org/2015/07/03/come-reagire-alle-offese/#comments Fri, 03 Jul 2015 08:00:33 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7909 Che cosa può insegnare un cantante melodico di quasi 71 anni in materia di netiquette, ovvero di buona educazione sul Web? Molto, se quell’uomo si chiama Gianni Morandi. Il “Gianni nazionale” ha avuto successo, nelle ultime settimane, proprio per il suo modo di reagire a insulti, bulli… Continue Reading

The post Gianni Morandi e il segreto per ribattere agli insulti first appeared on Parolacce.]]>
morandi2Che cosa può insegnare un cantante melodico di quasi 71 anni in materia di netiquette, ovvero di buona educazione sul Web?
Molto, se quell’uomo si chiama Gianni Morandi. Il “Gianni nazionale” ha avuto successo, nelle ultime settimane, proprio per il suo modo di reagire a insulti, bulli e troll.
Lo scorso aprile, quando sul suo account Facebook aveva paragonato l’esodo dei migranti di oggi alle emigrazioni degli italiani del secolo scorso, Morandi era stato pesantemente attaccato da molti navigatori. Lui non ha perso la calma e ha risposto con grande aplomb a molti di loro.
Per esempio, a una navigatrice che gli aveva scritto provocatoriamente “Si fa presto a parlare col portafoglio pieno, caro Gianni! Accoglili nelle tue ville”, lui  ha risposto “Ho una sola casa. Tutti forse no, ma qualcuno di loro potrei accoglierlo”…

Non era un episodio isolato. Morandi – seguito su Facebook da oltre 1,7 milioni di fan – ha un modo inusuale di reagire agli insulti, tanto da avere ispirato schiere di seguaci, come il sito umoristico “Rispondere agli insulti come farebbe Gianni Morandi“. Un esempio (positivo) da imitare, insomma.
Infatti, a ben guardare, quella di Morandi è ben più di una semplice “buona educazione” per gli utenti dei social network: è uno stile di comportamento, che si manifesta non solo sul Web ma anche nella vita reale.
Ma qual è il suo segreto, la ricetta, la formula ideale per reagire agli insulti? Studiando le risposte di Morandi, possiamo identificare 3 regole pratiche per difenderci da chi ci offende. Scoprendo che, in realtà, la ricetta di Morandi non è affatto “nuova”. Anzi…

MorandiFB1) Non offendersi: badare al contenuto, più che alla forma. Come fa una parolaccia a offendere? E’ soltanto una parola: riesce a far presa sulla nostra autostima solo se le attribuiamo un significato, un potere. Dunque, a differenza di uno schiaffo (ben più difficile da ignorare) una parolaccia ha potere solo se glielo attribuiamo: se la ignoriamo, perde ogni valore. “Raglio d’asino non arriva in cielo”, dice infatti il proverbio. Per far questo, occorre una grande dose non solo di autocontrollo, ma soprattutto di sicurezza e di solidità interiore.
E’ anche vero, però, che ignorare del tutto una persona è una mancanza di rispetto, come raccontavo in questo post sui gesti insultanti. Perciò, a volte, la miglior risposta è esaminare che cosa dice chi ti attacca: spesso, guardandolo con distacco, si scoprono appigli per ribaltare l’insulto su chi lo ha lanciato. Insomma, si può sfruttare la forza dell’avversario per ritorcerla contro di lui, come nel judo.
Avevo già raccontato in quest’altro post, infatti, perché gli insulti garbati risultano spesso più efficaci di quelli volgari.
Facciamo un esempio concreto. Lo scorso maggio, Morandi aveva pubblicato una propria foto su una spiaggia romagnola. Un lettore gli ha scritto questo commento offensivo: “Ciao Gianni, stai attento alle minchie di mare, possono essere molto pericolose soprattutto se ti attaccano da dietro”. Ed ecco la risposta di Morandi: “Grazie di avermi avvertito, non ne conoscevo l’esistenza. Tu quante volte sei stato attaccato? Un abbraccio”. Pungente, ma con eleganza.

morandi52) Usare l’autoironia: a volte un insulto può essere un modo, per quanto offensivo, di dire una verità. In tal caso, il trucco è accettarla senza farne un dramma. Così, una debolezza ammessa (innanzitutto a se stessi) può diventare un  punto di forza: solo chi crede di non aver difetti è pronto a puntare l’indice su quelli degli altri. Chi invece conosce ed accetta i propri limiti, è più tollerante verso quelli altrui. Come dice il Vangelo: non giudicate. “Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello” (Luca, 6, 37-42).
Per esempio, molti fan prendono in giro Morandi per le sue mani enormi. Un atteggiamento infantile, a cui il cantante risponde prendendosi in giro per primo: “Ciao Gianni…. un giorno Apple farà un iPhone8 plus per le tue enormi mani”, gli scrive un fan. E lui: “Caro Raffaele, ci vorrebbe almeno il 12 per cominciare a ragionare”. Se un insulto è tale perché mira ad abbassare l’autostima di chi lo riceve, mostrare che la propria autostima non è stata intaccata da un’offesa significa neutralizzare, spuntare le armi di chi ci aggredisce.

morandi3) Restare gentili e affettuosi: questa reazione spiazza i provocatori, che traggono dalla rabbia dei destinatari la benzina di altro rancore. La gentilezza, invece, fa risaltare ancora di più la meschinità di chi attacca per primo, di chi usa un linguaggio offensivo: perché l’insulto squalifica innanzitutto chi lo dice. In questo, Morandi si comporta come un padre affettuoso, con l’effetto di trasformare i suoi denigratori in bambini immaturi e scomposti: all’Io-bambino dei bulli, Morandi contrappone un Io-genitore accogliente (i termini sono tratti dall’analisi transazionale, che inquadra la comunicazione fra persone nelle dinamiche fra un Io-genitore, un Io-adulto o un Io-bambino).
Per esempio dopo aver postato la foto di un piatto di fave, piselli, moscardini e pomodoro, un lettore gli ha scritto provocatoriamente: “Gianni, sempre con le mani tra i piselli stai”. Morandi gli ha risposto: “Caro Oscar, se vuoi puoi venire a darmi una mano tu. Un saluto affettuoso”.
Come Morandi ha spiegato in un’intervista, anche davanti agli attacchi più pesanti lui non dimentica mai la compassione. «Mai rispondere male a chi ti aggredisce, critica o insulta. Quando uno entra cattivo, io lo accarezzo e gli scrivo: “Ma no, come mai? Io non volevo offenderti. Scusa se ti ho disturbato. Se proprio ti do fastidio con un clic puoi cancellarmi”. Qualcuno va via. Poi però vedo che tornano. E non mi insultano più». In altre parole: “don’t feed the trolls”, non gettare benzina sul fuoco. Lascia che ti critichino e passa oltre: come diceva Dante: “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa”. Un modo zen di rimanere imperturbabili.
Anche in questo, Morandi segue un ammonimento del Vangelo: “non è ciò che entra in bocca a contaminare l’uomo, ma ciò che vi esce” (Matteo, 15, 17-20). Oppure: “Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono” (Luca, 6, 27-35).
Per Morandi, al di là della fede religiosa, è soprattutto un dono, una questione di carattere, come racconta sua moglie Anna: “Lui non vuole dire cose negative, non perché abbia elaborato una teoria, ma perché non le dice proprio a nessuno”.

Ma allora Morandi si nasce o si diventa? Alcune settimane fa, il calciatore dell’Inter Andrea Ranocchia, dopo alcune partite non esaltanti, ha deciso di seguire lo stile-Morandi  su Facebook, finora con ottimi risultati. Per esempio, a chi gli diceva “Con Miranda e Murillo vedrai tanta, tanta panchina”, il calciatore ha risposto: “L’importante è che sia riscaldata! Un abbraccio”.
Se ce l’ha fatta lui, forse possiamo riuscirci anche noi. Certo, mantenere la lucidità via Internet è molto più facile che di persona: basta trattenere l’impulso di reagire, di rispondere a tono e il gioco è fatto. Ma nella vita reale? Beh, è più dura: è proprio qui che si vede chi è davvero “zen” e chi, invece, si atteggia soltanto.

The post Gianni Morandi e il segreto per ribattere agli insulti first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2015/07/03/come-reagire-alle-offese/feed/ 2