Dante Alighieri | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Tue, 22 Jun 2021 09:09:39 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Dante Alighieri | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Le parolacce di Dante, spiegate bene https://www.parolacce.org/2021/06/20/turpiloquio-nella-divina-commedia/ https://www.parolacce.org/2021/06/20/turpiloquio-nella-divina-commedia/#comments Sun, 20 Jun 2021 14:00:50 +0000 https://www.parolacce.org/?p=18702 Si può fare poesia di altissimo livello usando le parolacce? Sì, e c’è un esempio clamoroso: la “Divina commedia”. Nel suo capolavoro, infatti, Dante Alighieri ha inserito 11 espressioni volgari, compresa una bestemmia e un ritratto squalificante di Maometto. Tanto… Continue Reading

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Dante ha inserito espressioni scurrili nella “Divina commedia” (montaggio su ritratto di Botticelli, 1495).

Si può fare poesia di altissimo livello usando le parolacce? Sì, e c’è un esempio clamoroso: la “Divina commedia”. Nel suo capolavoro, infatti, Dante Alighieri ha inserito 11 espressioni volgari, compresa una bestemmia e un ritratto squalificante di Maometto. Tanto che nel corso dei secoli – e persino quest’anno – la sua opera è stata pesantemente criticata, da Petrarca in poi, e più volte censurata. Reazioni spropositate, da parte di chi non ha capito la sua arte: la “Divina commedia” è un poema universale, che ritrae tutte le sfumature dell’animo umano. Perciò ha mescolato volutamente diversi registri linguistici – aulici e grotteschi, intellettuali e popolareschi, celestiali e terreni. Ha saputo, insomma, mescolare “alto” e “basso” come solo i grandi poeti sanno fare. Un altro esempio di questo livello è William Shakespeare.
Le parolacce, in particolare, sono servite a Dante per descrivere le peggiori bassezze dell’animo umano, a creare effetti comici e anche a dar voce alle sue passioni religiose, politiche e morali esprimendo la sua profonda indignazione. Dante modellava la lingua a seconda dei personaggi e delle situazioni che voleva descrivere.
Nel 700° anniversario della sua morte, ho deciso quindi di approfondire il turpiloquio di Dante, che probabilmente a scuola non vi hanno raccontato. In questo articolo troverete tutte le strofe (e relative spiegazioni) che contengono parole volgari, così potrete capire le precise ragioni artistiche che lo hanno indotto a usarle: Alighieri infatti ha sempre scelto con grande cura il lessico nel suo poema. 

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PUTTANA E BORDELLO

Nella “Divina commedia” i termini che si riferiscono alle donne di facili costumi non sono solo  nel registro volgare, come nei brani successivi. Nel poema troviamo anche i più neutri meretrice, femmine da conio (cioè da moneta).

brano significato argomento canto e verso
Taide è, la puttana che rispuose 

al drudo suo quando disse “Ho io grazie 

grandi apo te?”: “Anzi maravigliose!”. 

Taide è la prostituta che al suo amante, quando le chiese “Ho io grandi meriti presso di te?, rispose: “Anzi, grandissimi!” .  ruffiani e seduttori Inferno, 18°, 133

Il brano parla di Taide, una prostituta amante del soldato Trasone nella commedia “Eunuchus” di Terenzio. L’episodio descritto da Dante era stato citato anche da Cicerone come esempio di adulazione:  a una domanda a cui bastava rispondere con un sì, Taide risponde con una frase adulatoria esagerata.


brano significato argomento canto e verso
Di voi pastor s’accorse il Vangelista, 

quando colei che siede sopra l’acque 

puttaneggiar coi regi a lui fu vista;  

Di voi (cattivi) pastori si accorse l’Evangelista (Giovanni) quando vide la meretrice che siede sopra le acque (la Chiesa) comportarsi da prostituta con i re; simoniaci (chi compra e vende cariche ecclesiastiche) – La Chiesa corrotta e il suo asservimento alla monarchia francese Inferno, 19°, 108

 

brano significato   argomento canto e verso
Sicura, quasi rocca in alto monte, 

seder sovresso una puttana sciolta 

m’apparve con le ciglia intorno pronte; 

Mi sembrò che su di esso sedesse una sfacciata prostituta, sicura come una rocca su un’alta montagna, che ruotava intorno gli occhi seduttivi La Chiesa corrotta e la sua dipendenza dalla monarchia francese  

Purgatorio, 32°, 149

poi, di sospetto pieno e d’ira crudo, 

disciolse il mostro, e trassel per la selva, 

tanto che sol di lei mi fece scudo 

a la puttana e a la nova belva.     

poi, pieno di sospetto e crudele d’ira, staccò il mostro (il carro) dall’albero e lo trascinò via per la selva, tanto che fu solo quella a impedirmi di vedere la prostituta e la nuova belva (il carro).  

Purgatorio, 32°, 160

Ho unificato il commento di questi 3 diversi brani perché si riferiscono tutti allo stesso bersaglio: la Chiesa, che Dante condanna per la sua sudditanza verso la monarchia francese.

Nel Purgatorio, in particolare, la Chiesa è simboleggiata da un carro, che a un certo punto si ricoprirà tutto di penne e metterà 7 teste cornute (i 7 peccati capitali), sormontato da una volgare meretrice che raffigura la Curia papale corrotta. Dante si ispira al mostro descritto nell’Apocalisse di Giovanni. La bestia rappresenta la degenerazione della Chiesa a causa della corruzione e della simonia; la meretrice se la intende con un gigante (il re di Francia Filippo il Bello) che si preoccupa che non gli venga sottratta.


brano significato argomento canto e verso
Ahi serva Italia, di dolore ostello, 

nave sanza nocchiere in gran tempesta, 

non donna di province, ma bordello!  

Ahimè, Italia schiava, sede del dolore, nave senza timoniere in una gran tempesta, non più signora delle province ma bordello! L’Italia preda di divisioni interne Purgatorio, 6°, 78

Il Canto è di argomento politico ed è dedicato all’Italia, simmetricamente al 6° canto dell’Inferno in cui si parlava di Firenze e al 6° del Paradiso in cui si parlerà dell’Impero. In questa invettiva traspare tutta la rabbia e la delusione di Dante, oltre che la sua passione politica.  

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MERDA

I termini che si riferiscono agli escrementi e alla sporcizia sono numerosi nella “Divina commedia”. Oltre a quelli di registro basso (che vedremo più sotto) troviamo anche letame, sterco, privadi (latrine), cloaca. Tutti termini usati per svilire qualcuno o qualcosa, per mettere in ridicolo, per esprimere disgusto.

brano significato argomento canto e verso
E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, 

vidi un col capo sì di merda lordo, 

che non parea s’era laico o cherco.     

E mentre scrutavo giù con lo sguardo, vidi un dannato che aveva il capo così pieno di escrementi che non si capiva se fosse chierico o laico (se avesse o meno la tonsura). ruffiani e seduttori Inferno, 18°, 116

Le pareti della Bolgia sono incrostate di muffa per i miasmi che provengono dal fondo e che irritano occhi e naso. La Bolgia è talmente profonda e oscura che per vedere bene Dante e Virgilio sono costretti a salire sul punto più alto del ponte: da qui vedono gente immersa nello sterco.
Questo brano, in particolare, descrive in modo grottesco e infamante il lucchese Alessio Interminelli: si colpisce il capo e afferma di scontare le adulazioni di cui la sua lingua non fu mai abbastanza sazia.


brano significato   argomento canto e verso
Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,

mi disse «il viso un poco più avante, 

sì che la faccia ben con l’occhio attinghe                    

di quella sozza e scapigliata fante 

che là si graffia con l’unghie merdose

e or s’accoscia e ora è in piedi stante.       

Dopodiché la mia guida mi disse: «Fa’ in modo di spingere lo sguardo un po’ più avanti, così che tu veda bene con l’occhio la faccia di quella donna sudicia e scapigliata che si graffia là con le unghie piene di sterco, e ora si china sulle cosce e ora è in piedi. ruffiani e seduttori Inferno, 18°, 131

La disgustosa descrizione si riferisce alla prostituta Taide di cui abbiamo parlato sopra.


brano significato argomento canto e verso
Tra le gambe pendevan le minugia; 

la corata pareva e ’l tristo sacco 

che merda fa di quel che si trangugia.  

Gli pendevano le interiora tra le gambe; si vedevano gli organi interni e il ripugnante sacco (stomaco) che trasforma in escrementi ciò che si mangia.

 

seminatori di discordia Inferno, 28°, 27

Coloro che hanno seminato divisioni, nella religione e nella politica sono tagliati a pezzi; un diavolo armato di spada mozza loro parti del corpo e poi le ferite si richiudono, finché non tornano davanti a lui. In questo brano c’è la descrizione grottesca di MaomettoDante lo descrive in termini volutamente crudi e volgari, paragonandolo a una botte che ha perso il fondo e includendo macabri dettagli delle sue mutilazioni: ha un taglio che va dal mento infin dove si trulla, cioè fino all’ano dove si fanno sconci rumori; le minugia, cioè le interiora, gli pendono tra le gambe insieme alla corata, cuore e organi interni, e allo stomaco, definito “il tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia”.  Il dannato si apre il petto mostrando le sue ferite, definendo la propria pena e quella degli altri, spiegando anche la logica del contrappasso; il contesto è fortemente e violentemente comico.  Maometto è stato attaccato da Dante perché nella sua ottica aveva causato guerre e uccisioni in Europa e per l’occupazione dei luoghi santi, eventi che facevano degli Arabi un popolo invasore da cui era necessario difendersi. Una visione figlia dell’epoca in cui la Divina Commedia fu scritta. 

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FICHE

brano significato argomento canto e verso
Al fine de le sue parole il ladro 

le mani alzò con amendue le fiche

gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!».    

Quand’ebbe finito di parlare, il ladro alzò entrambe le mani col pollice tra l’indice e il medio, gridando: «Prendi, Dio, poiché le rivolgo a te!» ladri Inferno, 25°, 2

Il gesto delle fiche in un dipinto anonimo del 1620 (Lucca).

Il brano descrive Vanni Fucci, ladro di Pistoia. un uomo violento e rissoso. Vanni partecipò alle lotte interne della sua città compiendo razzie e saccheggi e nel 1292 fu al servizio di Firenze contro Pisa, occasione nella quale forse Dante lo conobbe. Dante lo colloca tra i ladri della VII Bolgia  dove i dannati corrono nudi tra i serpenti e hanno le mani legate dietro la schiena da altre serpi, subendo spesso delle orribili trasformazioni. Per Dante il furto è più grave della violenza fisica, perché implica l’uso dell’intelletto a fin di male.

Dante vede Vanni alla fine del Canto 24°, quando il peccatore è morso alla nuca da un serpente e si trasforma in cenere, per poi riacquistare subito le sue sembianze umane. Virgilio gli chiede chi sia e Vanni si presenta come pistoiese, spiegando poi a Dante di scontare il furto degli arredi sacri compiuto nel duomo di Pistoia nel 1293.

Vanni profetizza a Dante le sventure dei guelfi Bianchi dopo il suo esilio, con la sconfitta di Pistoia, ultima roccaforte dei Bianchi, ad opera di Moroello Malaspina e aggiunge di averlo detto per far del male al poeta. Poi il ladro fa un gesto osceno che diventa blasfemo perché rivolto contro Dio: con ambo le mani fa il gesto delle fiche, ovvero inserisce i pollici fra indice e medio, a mimare l’atto sessuale. E’ l’equivalente osceno del gesto del dito medio: quindi, una doppia bestemmia. Subito dopo una serpe gli si avvolge attorno al collo e lo strozza, impedendogli di dire altro. Fucci è definito da Dante il dannato più superbo da lui visto all’Inferno: Dante ne rimane così disgustato da lanciarsi in una cruda invettiva contro Pistoia, città degna, secondo lui, di tali cittadini.  

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CULO

brano significato argomento canto e verso
Per l’argine sinistro volta dienno; 

ma prima avea ciascun la lingua stretta 

coi denti, verso lor duca, per cenno; 

ed elli avea del cul fatto trombetta. 

I diavoli si voltarono a sinistra sull’argine; ma prima ognuno di loro aveva stretto la lingua tra i denti, voltandosi alla loro guida (Barbariccia) come a un segnale convenuto; e quello aveva emesso un peto i barattieri, cioè corrotti Inferno, 21°, 139

Il passo descrive i Malebranche, una truppa di 13 diavoli che aveva il compito di controllare che i dannati non uscissero dalla pece bollente. Essi creano con le loro grottesche figure una parentesi comica : in questo brano il loro capo Barbariccia come segnale per “avanti marsch” invece di una tromba militare usa una “trombetta” fatta col culo, ovvero un peto. Un modo efficace per svilire i diavoli mettendoli in ridicolo. 

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POPPE

brano significato argomento canto e verso
Tempo futuro m’è già nel cospetto, 

cui non sarà quest’ora molto antica,                             

nel qual sarà in pergamo interdetto 

a le sfacciate donne fiorentine 

l’andar mostrando con le poppe il petto. 

Io prevedo un tempo futuro, rispetto al quale il presente non sarà molto antico, nel quale dal pulpito sarà proibito alle sfacciate donne fiorentine di andare in giro a seno scoperto. golosi Purgatorio, 23°, 12

In questo brano parla Forese Donati, che sconta le pene per il peccato di gola: il profumo dei frutti e la freschezza dell’acqua li tormentano con fame e sete. Forese racconta di trovarsi lì grazie alle preghiere della moglie Nella, l’unica donna virtuosa di Firenze. E qui apre una polemica contro le donne dissolute di Firenze, contro cui Dante si era già scagliato nell’invettiva all’Italia del Canto 6°. Forese prevede che di lì a non molto tempo dal pulpito si dovrà proibire espressamente alle donne di Firenze di andare in giro a petto nudo; e quali donne, barbare o saracene, ebbero mai bisogno di un simile divieto? Ma se le Fiorentine sapessero cosa le attende, comincerebbero già a urlare: Forese prevede che su di loro si abbatterà un terribile castigo nel giro di pochissimi anni. 

Le radici del turpiloquio: realismo e Bibbia

Dante e Virgilio guardano gli adulatori (Gustave Dore, 1885).

Dante usò la lingua del popolo, il “volgare”, ponendo le radici del lessico italiano. La sua lingua è una tavolozza espressiva multiforme, che va dai termini più bassamente popolari a quelli aulici. Dante, insomma, non si fa problemi a introdurre anche i registri bassi se sono funzionali alle sue esigenze narrative

Ma c’è un’altra radice, giustamente sottolineata dal filologo Federico Sanguineti: la Bibbia. In molti passi dell’Antico Testamento, ma anche nell’Apocalisse, infatti, i profeti non esitano a citare gli escrementi e le prostitute per esprimere la loro riprovazione nei confronti degli empi, siano essi singole persone o interi popoli. Trovate esempi in abbondanza nel mio libro, che potrà farvi compagnia quest’estate.

Non è un caso che le parolacce più usate da Dante siano proprio “puttana” e “merda”: esprimono entrambe il disprezzo verso la dissolutezza morale, il disgusto per chi ha una condotta empia, la condanna verso persone che hanno piegato la propria anima al male.

Com’era prevedibile, nessuna delle espressioni scurrili trova posto nel Paradiso, dove avrebbero contaminato i temi e gli ambienti più elevati. La maggior parte (7) sono nell’Inferno, le altre 4 nel Purgatorio. Il canto con la maggior presenza di parolacce è il 18° dell’Inferno dedicato a ruffiani e seduttori: persone che, evidentemente, suscitavano la maggiore ira in Dante. Per uno abituato a cantarle chiare – come si vede nella “Divina commedia” – è più che comprensibile.

Statistiche e censure, antiche e moderne

Andrea di Buonaiuto, discesa al Limbo nel cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella a Firenze (1365).

In tutto il poema Dante usa 11 volte 6 diverse espressioni scurrili: puttana, bordello, merda, culo, fiche, poppe. Pochissime: dato che la Divina Commedia ha in tutto 101.698 parole, il turpiloquio rappresenta lo 0,01%: un’esigua minoranza, circa un ventesimo di quante ne diciamo oggi nel parlato quotidiano (vedi le statistiche che ho ricavato qui). Eppure sono significative: hanno attirato l’attenzione degli intellettuali dell’epoca e per molti secoli a venire.

Già Petrarca, intellettuale d’élite, precisava di non provare invidia per Dante che era apprezzato da “tintori, bettolai e lanaioli”, cioè la plebe. E un altro umanista dell’epoca, Niccolò Niccoli, sosteneva addirittura che Dante andrebbe allontanato dal circolo esclusivo degli umanisti  “per esser consegnato a farsettai, panettieri e simili  essendosi egli stesso espresso in modo tale da sembrare voler stare a proprio agio solo con un pubblico di bassa estrazione sociale e culturale”. Insomma, la scelta di inserire termini popolari e volgari  è stata un atto di coraggio in un’epoca in cui la cultura era un fatto elitario, snob, aristocratico.

Non stupisce, quindi, che quelle 11 parolacce sono state spesso censurate dai copisti che trascrivevano l’opera. Il filologo Federico Sanguineti ricorda che già nel 1300 Francesco di ser Nardo da Barberino sostituì “merda” con «feccia» (Inferno, 18°); nel codice Barberiniano latino 3975 sono anneriti gli endecasillabi in cui è denunciato il «puttaneggiar» della Chiesa (Inferno 19°). Il codice Canoniciano 115 nella bestemmia di Vanni Fucci (Inferno 25°) la parola «Dio» è sostituita da puntini sospensivi. E la censura prosegue anche oggi: quest’anno una casa editrice, Blossom Books, ha pubblicato una versione olandese della “Divina commedia” per ragazzi in cui è stato cancellato Maometto, per evitare che l’episodio risultasse «inutilmente offensivo per un pubblico di lettori che è una parte così ampia della società olandese e fiamminga». Ricordiamo infatti che Maometto è trattato come uno scismatico che ha diviso al suo interno il cristianesimo, e soprattutto è raffigurato con orrende e grottesche mutilazioni.

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Gianni Morandi e il segreto per ribattere agli insulti https://www.parolacce.org/2015/07/03/come-reagire-alle-offese/ https://www.parolacce.org/2015/07/03/come-reagire-alle-offese/#comments Fri, 03 Jul 2015 08:00:33 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7909 Che cosa può insegnare un cantante melodico di quasi 71 anni in materia di netiquette, ovvero di buona educazione sul Web? Molto, se quell’uomo si chiama Gianni Morandi. Il “Gianni nazionale” ha avuto successo, nelle ultime settimane, proprio per il suo modo di reagire a insulti, bulli… Continue Reading

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morandi2Che cosa può insegnare un cantante melodico di quasi 71 anni in materia di netiquette, ovvero di buona educazione sul Web?
Molto, se quell’uomo si chiama Gianni Morandi. Il “Gianni nazionale” ha avuto successo, nelle ultime settimane, proprio per il suo modo di reagire a insulti, bulli e troll.
Lo scorso aprile, quando sul suo account Facebook aveva paragonato l’esodo dei migranti di oggi alle emigrazioni degli italiani del secolo scorso, Morandi era stato pesantemente attaccato da molti navigatori. Lui non ha perso la calma e ha risposto con grande aplomb a molti di loro.
Per esempio, a una navigatrice che gli aveva scritto provocatoriamente “Si fa presto a parlare col portafoglio pieno, caro Gianni! Accoglili nelle tue ville”, lui  ha risposto “Ho una sola casa. Tutti forse no, ma qualcuno di loro potrei accoglierlo”…

Non era un episodio isolato. Morandi – seguito su Facebook da oltre 1,7 milioni di fan – ha un modo inusuale di reagire agli insulti, tanto da avere ispirato schiere di seguaci, come il sito umoristico “Rispondere agli insulti come farebbe Gianni Morandi“. Un esempio (positivo) da imitare, insomma.
Infatti, a ben guardare, quella di Morandi è ben più di una semplice “buona educazione” per gli utenti dei social network: è uno stile di comportamento, che si manifesta non solo sul Web ma anche nella vita reale.
Ma qual è il suo segreto, la ricetta, la formula ideale per reagire agli insulti? Studiando le risposte di Morandi, possiamo identificare 3 regole pratiche per difenderci da chi ci offende. Scoprendo che, in realtà, la ricetta di Morandi non è affatto “nuova”. Anzi…

MorandiFB1) Non offendersi: badare al contenuto, più che alla forma. Come fa una parolaccia a offendere? E’ soltanto una parola: riesce a far presa sulla nostra autostima solo se le attribuiamo un significato, un potere. Dunque, a differenza di uno schiaffo (ben più difficile da ignorare) una parolaccia ha potere solo se glielo attribuiamo: se la ignoriamo, perde ogni valore. “Raglio d’asino non arriva in cielo”, dice infatti il proverbio. Per far questo, occorre una grande dose non solo di autocontrollo, ma soprattutto di sicurezza e di solidità interiore.
E’ anche vero, però, che ignorare del tutto una persona è una mancanza di rispetto, come raccontavo in questo post sui gesti insultanti. Perciò, a volte, la miglior risposta è esaminare che cosa dice chi ti attacca: spesso, guardandolo con distacco, si scoprono appigli per ribaltare l’insulto su chi lo ha lanciato. Insomma, si può sfruttare la forza dell’avversario per ritorcerla contro di lui, come nel judo.
Avevo già raccontato in quest’altro post, infatti, perché gli insulti garbati risultano spesso più efficaci di quelli volgari.
Facciamo un esempio concreto. Lo scorso maggio, Morandi aveva pubblicato una propria foto su una spiaggia romagnola. Un lettore gli ha scritto questo commento offensivo: “Ciao Gianni, stai attento alle minchie di mare, possono essere molto pericolose soprattutto se ti attaccano da dietro”. Ed ecco la risposta di Morandi: “Grazie di avermi avvertito, non ne conoscevo l’esistenza. Tu quante volte sei stato attaccato? Un abbraccio”. Pungente, ma con eleganza.

morandi52) Usare l’autoironia: a volte un insulto può essere un modo, per quanto offensivo, di dire una verità. In tal caso, il trucco è accettarla senza farne un dramma. Così, una debolezza ammessa (innanzitutto a se stessi) può diventare un  punto di forza: solo chi crede di non aver difetti è pronto a puntare l’indice su quelli degli altri. Chi invece conosce ed accetta i propri limiti, è più tollerante verso quelli altrui. Come dice il Vangelo: non giudicate. “Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello” (Luca, 6, 37-42).
Per esempio, molti fan prendono in giro Morandi per le sue mani enormi. Un atteggiamento infantile, a cui il cantante risponde prendendosi in giro per primo: “Ciao Gianni…. un giorno Apple farà un iPhone8 plus per le tue enormi mani”, gli scrive un fan. E lui: “Caro Raffaele, ci vorrebbe almeno il 12 per cominciare a ragionare”. Se un insulto è tale perché mira ad abbassare l’autostima di chi lo riceve, mostrare che la propria autostima non è stata intaccata da un’offesa significa neutralizzare, spuntare le armi di chi ci aggredisce.

morandi3) Restare gentili e affettuosi: questa reazione spiazza i provocatori, che traggono dalla rabbia dei destinatari la benzina di altro rancore. La gentilezza, invece, fa risaltare ancora di più la meschinità di chi attacca per primo, di chi usa un linguaggio offensivo: perché l’insulto squalifica innanzitutto chi lo dice. In questo, Morandi si comporta come un padre affettuoso, con l’effetto di trasformare i suoi denigratori in bambini immaturi e scomposti: all’Io-bambino dei bulli, Morandi contrappone un Io-genitore accogliente (i termini sono tratti dall’analisi transazionale, che inquadra la comunicazione fra persone nelle dinamiche fra un Io-genitore, un Io-adulto o un Io-bambino).
Per esempio dopo aver postato la foto di un piatto di fave, piselli, moscardini e pomodoro, un lettore gli ha scritto provocatoriamente: “Gianni, sempre con le mani tra i piselli stai”. Morandi gli ha risposto: “Caro Oscar, se vuoi puoi venire a darmi una mano tu. Un saluto affettuoso”.
Come Morandi ha spiegato in un’intervista, anche davanti agli attacchi più pesanti lui non dimentica mai la compassione. «Mai rispondere male a chi ti aggredisce, critica o insulta. Quando uno entra cattivo, io lo accarezzo e gli scrivo: “Ma no, come mai? Io non volevo offenderti. Scusa se ti ho disturbato. Se proprio ti do fastidio con un clic puoi cancellarmi”. Qualcuno va via. Poi però vedo che tornano. E non mi insultano più». In altre parole: “don’t feed the trolls”, non gettare benzina sul fuoco. Lascia che ti critichino e passa oltre: come diceva Dante: “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa”. Un modo zen di rimanere imperturbabili.
Anche in questo, Morandi segue un ammonimento del Vangelo: “non è ciò che entra in bocca a contaminare l’uomo, ma ciò che vi esce” (Matteo, 15, 17-20). Oppure: “Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono” (Luca, 6, 27-35).
Per Morandi, al di là della fede religiosa, è soprattutto un dono, una questione di carattere, come racconta sua moglie Anna: “Lui non vuole dire cose negative, non perché abbia elaborato una teoria, ma perché non le dice proprio a nessuno”.

Ma allora Morandi si nasce o si diventa? Alcune settimane fa, il calciatore dell’Inter Andrea Ranocchia, dopo alcune partite non esaltanti, ha deciso di seguire lo stile-Morandi  su Facebook, finora con ottimi risultati. Per esempio, a chi gli diceva “Con Miranda e Murillo vedrai tanta, tanta panchina”, il calciatore ha risposto: “L’importante è che sia riscaldata! Un abbraccio”.
Se ce l’ha fatta lui, forse possiamo riuscirci anche noi. Certo, mantenere la lucidità via Internet è molto più facile che di persona: basta trattenere l’impulso di reagire, di rispondere a tono e il gioco è fatto. Ma nella vita reale? Beh, è più dura: è proprio qui che si vede chi è davvero “zen” e chi, invece, si atteggia soltanto.

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Il siluramento (ingiusto) di Battiato https://www.parolacce.org/2013/03/28/battiato-silurato/ https://www.parolacce.org/2013/03/28/battiato-silurato/#comments Wed, 27 Mar 2013 23:02:25 +0000 http://www.parolacce.org/?p=1176 E’ giusto che Franco Battiato sia stato silurato dalla carica di assessore alla Cultura della Regione Sicilia per aver detto: “Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casino”? A dispetto delle apparenze: no.… Continue Reading

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Franco Battiato.

E’ giusto che Franco Battiato sia stato silurato dalla carica di assessore alla Cultura della Regione Sicilia per aver detto: “Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casino”?

A dispetto delle apparenze: no. La sua uscita – indubbiamente inelegante – non meritava di pagare un prezzo così alto. E l’ha pagato non per l’insulto pronunciato (come vedremo, ha solo ricordato un fatto noto del passato), non perché abbia offeso un’istituzione (semmai, alcune persone di quell’istituzione) ma perché quella frase è il frutto di un equivoco strumentale.
E’ questa l’unica interpretazione che riesco a dare ai fatti. Prima di spiegare il perché, riavvolgiamo il nastro, per chi li avesse persi. Il cantautore, nelle vesti di assessore alla Cultura della Regione Sicilia, era a Bruxelles per chiedere fondi al Parlamento europeo. Parlando a braccio durante una conferenza, ha ricordato sua zia sarta che aveva 15 collaboratrici ragazzine, che “quando passava un uomo era finito, vedevano tutti i difetti immediatamente… Uno si rallegra quando un essere non è così servo dei padroni, mentre farebbero qualunque cosa queste troie qui che si trovano in giro nel Parlamento. E’ inaccettabile. Dovrebbero aprire un casino e farlo pubblico”.

Per giudicare la sua sortita, è utile ascoltare il suo intervento integrale qui. Una frase forte, ma espressa con pacatezza e in un clima colloquiale. L’insulto – rilanciato dai media ed estrapolato dal contesto, peraltro non chiarissimo – ha innescato una levata di scudi senza precedenti, da destra e da sinistra.
Per due motivi: la frase è stata considerata un oltraggio all’istituzione Parlamento in quanto tale, con l’aggravante di un insulto sessista contro le donne. Sul primo punto, l’accusa è infondata: Battiato si riferiva a persone (e non all’istituzione) non ha generalizzato (“ci sono troie”). Ma anche la seconda accusa è inconsistente: a parte il fatto che tutti gli insulti sono “politicamente scorretti” (lo sono intrinsecamente, altrimenti non sarebbero insulti), come avrebbe dovuto definire Battiato i casi, che tutti conosciamo, di alcune parlamentari che si sono vendute (fisicamente o moralmente) al politico di turno, ricevendo in cambio cariche o prebende?

L’espressione comunque non era rivolta verso le donne in quanto tali, ma in generale contro chi si vende, contro chi tradisce l’etica politica per denaro. Come ha poi precisato lo stesso cantautore: “Prendo atto con dispiacere che il senso della mia frase, che ovviamente si riferiva a passate esperienze politiche caratterizzate da una logica da mercimonio offensiva della dignità delle donne, sia stato travisato e interpretato come una offesa al Parlamento attuale, per il quale ho stima, o per le donne, o addirittura riferibile al parlamento europeo. Era evidente che il riferimento era a passate stagioni parlamentari che ogni italiano di buon senso vuole dimenticare. Stagioni caratterizzate dal malaffare politico, dal disprezzo per le donne e per il bene pubblico. Dispiace, altresì, prendere atto che dopo un’ora e mezza di conferenza in cui abbiamo raccontato quello che stiamo facendo per ridare dignità e speranza alla Sicilia, sia passata una singola frase che ovviamente non poteva essere riferibile all’attualità”.

Per chi conosce Battiato (che ha chiarito il suo pensiero in un’intervista che trovate qui), non è una sorpresa: già nel 1991 cantava in “Povera patria”:
Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere / di gente infame, che non sa cos’è il pudore, / si credono potenti e gli va bene quello che fanno; / e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!

In questa canzone, ma anche nell’intervento a Bruxelles, si riconoscono i caratteri tipici dell’invettiva, un genere letterario che esprime l’indignazione, la rabbia per un amore o un ideale tradito. Persino Dante Alighieri aveva definito l’Italia una puttana! Ricordate il VI canto del Purgatorio? “Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”.
Ma allora perché tanto clamore, tanto che nel giro di 24 ore il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta ha silurato Battiato? Politici con ruoli superiori – esempio a caso: Umberto Bossi – hanno fatto sparate ben più pesanti contro le istituzioni, e sono rimasti al loro posto. E volendo cavalcare l’accusa di sessismo, ben più imbarazzante è stato il siparietto di Berlusconi alla Green Power di un mese fa:

http://www.youtube.com/watch?v=dG7JSR8-hjI

Perché, allora, Battiato ha pagato cara la sua sparata? Perché da una frase equivocabile è nato un caso strumentale. Lo scandalo non era solo nella frase: era nel fatto che l’avesse detta un artista-intellettuale. E allora quella banale constatazione non era più catalogabile come una sparata da comizio o da osteria: era diventata una verità autorevole. Un giudizio di peso. Per questo è stato considerato pericoloso (da destra e da sinistra) e quindi punito. Del resto, l’Italia è un Paese senza memoria. E i politici – già in difficoltà su tutti i fronti – non hanno tollerato che un autorevole artista rinfrescasse certi ricordi. Perché loro sono diversi. Loro, quelle cose, no.

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