emoji | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Wed, 26 Jun 2024 08:33:39 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png emoji | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Quello strano gesto con cui diciamo tutto https://www.parolacce.org/2020/03/08/significato-gesto-mano-a-borsa-che-vuoi/ https://www.parolacce.org/2020/03/08/significato-gesto-mano-a-borsa-che-vuoi/#comments Sun, 08 Mar 2020 19:15:10 +0000 https://www.parolacce.org/?p=16861 La chiamano mano a carciofo, a borsa, a tulipano. O anche a pinza, a pigna, a grappolo, a “puparuolo” (peperone), a “cuoppo” (l’incarto per il pesce fritto)… Comunque lo si definisca, è il gesto italiano più famoso nel mondo: in… Continue Reading

The post Quello strano gesto con cui diciamo tutto first appeared on Parolacce.]]>

Matteo Renzi fa il gesto in Senato.

La chiamano mano a carciofo, a borsa, a tulipano. O anche a pinza, a pigna, a grappolo, a “puparuolo” (peperone), a “cuoppo” (l’incarto per il pesce fritto)… Comunque lo si definisca, è il gesto italiano più famoso nel mondo: in questo mese debutta fra i nuovi emoji, col nome “pinched fingers” (dita pinzate), insieme a 116 nuove icone come i ninja, l’orso bianco e il peperone. Ma com’è arrivato l’italico gesto fra gli emoji? Perché è così popolare? E soprattutto: che cosa vuol dire?
Su questo blog mi ero già occupato di gestacci, ma avevo tralasciato questo: ora gli dedico un intero post. Anche perché è un gesto antico e polisemico, cioè ricchissimo di significati, anche volgari e offensivi.
Insomma, è un gesto jolly, e ha almeno due secoli di storia: tanto da essere diventato tratto con cui gli stranieri ci identificano (e ci prendono in giro). Insomma, è un atto comunicativo così unico e impregnato di cultura che andrebbe tutelato dall’Unesco

 Dal limoncello agli emoji

L’emoji della mano a borsa, lanciato di recente.

La mano a borsa è arrivata fra gli emoji per merito di un imprenditore informatico campano emigrato negli Usa, Adriano Farano. Originario di Cava de’ Tirreni, oggi lavora a San Francisco. Un giorno stava raccontando a un’amica, Jennifer Lee, della sua passione per il limoncello, che continua a distillare anche negli Usa. Lei gli ha risposto che lo preparava anche lei, usando la vodka. Farano le ha replicato che invece bisognava usare l’alcol, ma lei continuava a insistere; a quel punto, Farano le ha replicato brandendo la mano a borsa, come a dire “Che @#§% dici?!?”.
L’amica ha sbarrato gli occhi: non capiva che cosa intendesse esprimere con quel gesto. Farano glielo ha spiegato, e lei ha deciso di proporlo come nuova emoji: Jennifer, infatti, lavora per Emojination, una ong impegnata per allargare la base propositiva per i nuovi emoji. E la proposta (firmata anche da Farano e da Theo Schear) è stata accolta dal consorzio Unicode (codice 1F90C, versione 13.0). L’icona è stata catalogata come gesto interrogativo e sarcastico. In realtà, però, ha molti altri significati.

I 7 significati del gesto

Il video di Dolce & Gabbana dedicato ai gesti italiani.

La mano a borsa è un gesto antichissimo. Già Andrea De Jorio, antropologo, l’aveva citato in un saggio del 1832 intitolato “La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano”. Ma è probabile che il gesto risalga a ben prima che al 1800. Il nome “mano a tulipano” fu coniato dallo scrittore Carlo Emilio Gadda in “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” (1957). E nel 1963, il celebre designer Bruno Munari l’ha messo sulla copertina del “Supplemento al dizionario italiano”, un libro fotografico dedicato ai gesti diffusi nel nostro Paese. Nel 2014 gli stilisti Dolce & Gabbana hanno realizzato un video in cui spiegano il significato dei gesti italiani (il primo è proprio quello) facendoli interpretare dai propri fotomodelli.

Dunque, quali sono i significati che si esprimono con questa mano? Molti: ne ho identificati 7, con diverse varianti e sfumature. E questo gesto assume ulteriori significati in altri Paesi fuori dall’Italia.

1) CHE VUOI? CAZZO VUOI?

Fernandel e Totò  nel film “La legge è legge” (1958).

Il gesto esprime due significati allo stesso tempo, sottolinea Isabella Poggi, docente di psicologia della comunicazione all’università Roma 3. Il primo è di domanda (“che vuoi, che dici?, che fai?”): in tal caso, la mano si muove di pochi centimetri e si ferma dopo un paio di ripetizioni, accompagnata da uno sguardo interrogativo. Ma se la mano compie un movimento più ampio e per più volte (a volte con ambo le mani), ed è accompagnato da uno sguardo indignato, ha anche un significato di critica: significa “non capisco, non sono d’accordo, sono allibito”. In tal caso, quindi, la traduzione più precisa è “Che cazzo vuoi/dici/fai?!?”. Insomma, l’equivalente dell’inglese “What the fuck?”. Ma perché si esprimono questi significati mettendo la mano in quella posizione? L’etologo britannico Desmond Morris (nei libri “L’uomo e i suoi gesti : la comunicazione non-verbale nella specie umana” e “I gesti : origini e diffusione”) fa un’ipotesi affascinante. La mano a carciofo mima una presa di precisione a vuoto: riflette l’impulso di chiedere a qualcuno di esprimersi con maggior esattezza.  Come scriveva due secoli fa De Jorio: «Con riunire in un punto tutte le dita della mano, si intende dir loro: “Riunite le vostre idee, raccogliete le tante parole in una e in breve, in un punto, ditemi cosa volete? Insomma, di che si tratta?”». Insomma, un gesto di enfasi, provocatorio e un po’ minaccioso.

2) MANGIAMO? / BOCCALONE

Il gesto di mangiare è usato anche nella lingua dei segni.

Se la mano a borsa si avvicina alla propria bocca aperta, il gesto ha un altro significato: mangiamo? Oppure: ho fame. Questo è un significato diffuso anche fuori dall’Italia (vedi sotto), e potrebbe essere un’origine alternativa del gesto, che in questo caso mima la presa di un boccone.
Se questo gesto è enfatizzato in modo teatrale davanti a un’altra persona, significa invece un insulto:
boccalone, credulone, coglione, ingenuo, sciocco, semplicione, sprovveduto.

3) CAZZONE / SOLO

Il gesto interpretato da Darthorso.

Se la mano a borsa, rivolta in alto, compie più volte una semirotazione in senso antiorario, il gesto significa burattino, uomo da nulla, cazzone. Il gesto, in questo caso, potrebbe mimare l’azione di muovere un burattino da mano.
In napoletano, questo gesto è chiamato “mano a puparuolo” (peperone) ed esprime un insulto bonario: fessacchiotto.
Il gesto è usato anche per rappresentare una persona lasciata da sola come un idiota.

4) INFILARE NEL DERETANO

Se la mano a borsa compie un movimento ritmato verso l’alto, il gesto mima un atto sessuale: avere/mettere qualcosa nel culo. E’ per questo che l’emoji della mano a carciofo è usata anche per alludere al fisting, una pratica sessuale (introduzione dell’intera mano nella vagina o nel retto).
Il senso sessuale di questo gesto è visibile in questo spezzone del telefilm “Boris”, dal minuto 2 (uno spezzone ricchissimo di parolacce, tra l’altro): “E’ come se avessi uno spinotto conficcato… dentro il cuore” dice l’attore Antonio Catania che qui interpreta Diego Lopez, direttore di rete.

5) STRIZZA EH?

Per mimare la strizza, le dita si avvicinano e si allontanano.

Se le dita della mano ferma si allontanano e si avvicinano ritmicamente fra loro, il gesto significa: hai paura, eh? Hai una bella strizza, eh? Ti si stringe il culo eh? Ti stai cagando addosso… Il gesto mima infatti lo spasmo dello sfintere anale.

6) E' PIENO COSI'

E’ pieno così di gente.

Se si usano tutte e due le mani a borsa con le dita che si allontanano e si avvicinano ritmicamente (vedi gesto precedente), il gesto significa: è pieno così, c’è folla. Le mani riproducono una moltitudine di  gente che si raduna nello stesso luogo.

7) INFILARE

Il gesto di infilare qualcosa.

Se la mano a borsa è rivolta verso terra, con un leggero e meccanico movimento del polso, il gesto significa: buttare, mettere qualcosa dentro un contenitore (ad esempio, una manciata di sale).

Segno identificativo (e prese in giro)

Un fotogramma della serie tv “Breaking bad”.

I significati di questo gesto, quindi, sono davvero tanti. Eppure è del tutto sconosciuto nel nord Europa e negli Stati Uniti. Gli stranieri, quindi, non lo capiscono, e quando tentano di riprodurlo lo fanno spesso a sproposito o in modo inutilmente enfatico. E spesso ci prendono in giro. Tant’è vero che sono nati diversi meme ironici (trovate una delle tante raccolte qui) che usano il gesto come se fosse l’unico modo che abbiamo per esprimere o fare qualunque cosa. Così la mano a borsa è stata accostata a ogni genere di attività: come gli italiani (“how italians”)…. bevono il caffè, suonano il pianoforte, dormono, eccetera. Insomma,  non sempre all’estero capiscono il nostro gesto, ma in ogni caso ci identificano attraverso di esso. E’ per questo che sono in commercio diverse T-shirt che rappresentano il gesto come emblema dell’italianità. Ne vedete alcuni esempi nella galleria fotografica qui sotto.

[metaslider id=”16873″]

All’estero, invece….

Il medesimo gesto acquista significati in parte simili ma anche diversi in altri Paesi.

♦ Israele: qui il gesto è usato sia nel senso di “Che vuoi?/Che dici?” ma significa anche “aspetta un attimo, sii paziente, stai buono”.

♦ Paesi arabi:  significa “aspetta, pazienza, vai piano”. Ma è usato anche come una minaccia: stai attento, altrimenti vedrai cosa ti succede.

La cantante sudcoreana Kwon Yuri saluta i fans col gesto del raviolo.

♦ India: vuol dire “hai fame?”

♦ Nigeria: mima un diverbio, un botta e risposta fra due persone

♦ Corea del Sud: è un gesto di affetto che una celebre cantante pop e attrice, Kwon Yuri, usa per mimare la forma di un raviolo al vapore. Il significato, giocoso e ironico, è “ti voglio bene” (letteralmente: vi auguro di mangiare ravioli al vapore, oppure: siete buoni come un raviolo).

The post Quello strano gesto con cui diciamo tutto first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2020/03/08/significato-gesto-mano-a-borsa-che-vuoi/feed/ 1
Insultare con gli emoji https://www.parolacce.org/2019/01/29/dizionario-parolacce-emoji/ https://www.parolacce.org/2019/01/29/dizionario-parolacce-emoji/#comments Tue, 29 Jan 2019 07:07:47 +0000 https://www.parolacce.org/?p=15189 Dobbiamo farcene una ragione: per gli emoji è finita l’età dell’innocenza. Melanzane, pesche, manine, spruzzi… non sono più immagini candide. Le volgarità, infatti, sono sbarcate anche nelle icone che condiscono le nostre comunicazioni su WhatsApp, Facebook e gli altri social.… Continue Reading

The post Insultare con gli emoji first appeared on Parolacce.]]>

Cosa vogliono dire queste due frasi? Lo scoprite in fondo a questo articolo.

Dobbiamo farcene una ragione: per gli emoji è finita l’età dell’innocenza. Melanzane, pesche, manine, spruzzi… non sono più immagini candide. Le volgarità, infatti, sono sbarcate anche nelle icone che condiscono le nostre comunicazioni su WhatsApp, Facebook e gli altri social. E si stanno diffondendo anche nel mondo reale: una catena di abbigliamento svizzera, Talli Weijl, ha lanciato una campagna per jeans che valorizzano il “lato B” usando l’emoji della pesca e lo slogan “Bottoms up!” (“In alto le chiappe!”). L’emoji della pesca, infatti, è usata anche come simbolo del deretano.
E’ un bene? Un male? E comunque: funzionano? Come vedremo in questo articolo sì e no. Ma il dado è tratto: oltre a dirle a voce, per iscritto, coi gesti, le parolacce hanno trovato un canale espressivo anche in questi simboli. In questo articolo ho ricostruito il primo dizionario delle parolacce con gli emoji. Sia quelle già codificate che quelle possibili con le icone disponibili oggi.

Ma perché è stata necessaria questa rivoluzione? Nelle chat digitali, il poco spazio a disposizione per digitare le frasi rende difficile esprimere le proprie emozioni. Tanto che spesso nascono grandi fraintendimenti: Giorgio dice una frase per scherzo, Silvia non lo capisce, si offende e reagisce insultando, e la frittata è fatta.
Gli equivoci sono inevitabili nella comunicazione che avviene attraverso uno schermo, la cosiddetta “computer mediated communication”. Perché è una comunicazione molto più povera: si è accertato che, quando comunichiamo di persona, le parole veicolano solo il 7% dei significati. Gran parte del senso (il 55%) lo esprimiamo invece con il corpo, ovvero attraverso i gesti e soprattutto le espressioni del viso; e il restante 38% con la voce: tono, volume e ritmo. Insomma, la  “comunicazione non verbale” esprime più di quella verbale.

I 3 segni fondamentali

Gli emoji specifici per le parolacce (montaggio foto Shutterstock).

Emoticon ed emoji sono nati nel tentativo di colmare questa lacuna, ovvero per aggiungere il colore emotivo ai messaggi di testo. E quando si parla di emozioni, non potevano mancare le parolacce, che sono il linguaggio delle emozioni forti: esprimono rabbia, sorpresa, gioia, disgusto, aggressività. Eppure, nonostante tanti anni di onorato servizio degli emoji (ho raccontato quest’altro articolo la loro lunga storia), ne sono stati creati soltanto 3 specifici per le volgarità. Li vedete nella foto: sono il dito medio, la cacca e una faccina che impreca. In quest’ultimo emoji, però, le parolacce sono censurate dai segni grafici &$!#%: quindi, non è una vera parolaccia ma un eufemismo generico.
Tre icone sono davvero poche, ma rappresentano comunque una scelta significativa: sfanculare, mandare a quel paese (“maledire”, come raccontavo in questo articolo) e insultare (cioè dire a qualcuno che è una cacca, insulto che hanno imparato spontaneamente persino le scimmie, come raccontavo qui) sono funzioni basilari del linguaggio. Per questo rientrano nel nostro vocabolario essenziale, al pari del “ciao” e del “ti voglio bene”.
E infatti questi emoji sono diventati di uso comune, anche al di fuori dei display dei cellulari.

La campagna di WaterAid con gli emoji della cacca.

Oltre alla campagna di Talli Weijl che raccontavo all’inizio, un’associazione no profit di New York, “Water aid” (impegnata a fornire acqua pulita alle nazioni povere) ha lanciato una raccolta fondi con lo slogan “#give a shit”, “dai una merda”. In inglese, infatti, “don’t give a shit” significa “non fregarsene un cazzo, non cagare”. Qui, invece, bisognava fare il contrario: interessarsi alla causa ambientale, e sostenerla comprando una serie di emoji con l’immagine della “cacca” in varie versioni (con cappello, occhiali, pizza e quant’altro).
Di recente, il tribunale di Verona ha condannato un politico che aveva pubblicato su Facebook l’icona della cacca per replicare a un rivale. Dunque, gli emoji sono entrati nelle nostre abitudini al punto che anche la magistratura ne tiene conto come possibili fonti di reato (diffamazione).
In ogni caso, queste 3 immagini sono del tutto insufficienti per eguagliare l’abbondante carnet di volgarità offerto dal vocabolario

Oscenità

 

La finta confezione di profilattici all’aroma di melanzana.

E’ per colmare questa lacuna che, nel frattempo, altri innocenti emoji hanno iniziato ad acquisire significati volgari, soprattutto in campo sessuale, che è poi una delle fonti principali del turpiloquio.
Le icone qui sotto sono usate in campo internazionale, a eccezione  di quelle per il seno (pere e meloni) e per l’uccello, che hanno un uso limitato all’Italia.
La melanzana, in particolare, ha preso piede negli Usa e nel Regno Unito come simbolo fallico: al punto che la Durex  ha annunciato la creazione di una linea di profilattici all’aroma di melanzana… In realtà era uno scherzo provocatorio (vedi qui): la Durex ha cavalcato la popolarità dell’emoji della melanzana, per chiedere al consorzio Unicode di creare l’emoji del profilattico. Un modo, dicono, per tener desta l’attenzione sulla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale. (Grazie a Licia Corbolante per la segnalazione).

pene (cazzo) uccello
simboli fallici

testicoli

(palle)

glutei

(culo)

seno
(tette, pere, meloni)
vulva
(figa)
rapporto orale reciproco (69: l’immagine, in realtà, è il segno zodiacale del cancro)
sperma, orgasmo, eccitazione
(sborra, vengo)


E qualcuno si è spinto oltre, usando le combinazioni di più icone per alludere a determinati atti sessuali: 

rapporto sessuale
(scopare, fottere)
rapporto orale (“suca”)
masturbazione
(sega)

Insulti

La campagna di Talli Weijl con gli emoji della pesca a indicare il sedere.

L’uso volgare di queste immagini si sta diffondendo sui social. Sono usate non solo per insultare, ma anche come linguaggio ammiccante in senso erotico. Ma è un uso scivoloso: se li riceve una persona che non gradisce approcci “piccanti”, rischiano di diventare una forma di molestia sessuale. Bisogna fare molta attenzione quando li si usa.
Ma le potenzialità degli emoji non si limitano all’aspetto osceno. Diverse immagini, infatti, possono essere usate come insulti: ho passato in rassegna le icone disponibili per i principali social, e ne ho trovate diverse che si prestano a un uso offensivo.
Eccole: se si escludono le icone di gay, maiale, peto e toilette, usate a livello internazionale, tutte le altre hanno un uso limitato all’Italia.

buffone
pagliaccio
cornuto
ricchione, frocio
pollo, gallina
serpe
porco
ratto, topo di fogna
coniglio
scoreggia

(di per sè l’immagine indica la velocità, la fretta)

cesso

Modi di dire

Il poster del film “Deadpool”: un rebus con gli emoji (DEAD-POO-L).

Molte di queste sono già entrate nell’uso, mentre altre ne hanno il potenziale: bisogna vedere se e quanto si diffonderanno. Intanto, però, alcuni si sono spinti a un uso ancora più complesso degli emoji, utilizzandoli per comporre dei veri e propri rebus. E’ il caso di una campagna pubblicitaria per il film “Deadpool“, un supereroe Marvel molto sopra le righe. Il nome del protagonista è stato reso con l’emoji di un teschio (“dead”, morto) e della cacca (“poo”), con l’aggiunta della “L”.
Non è l’unico caso attestato: negli Stati Uniti, infatti, si sta diffondendo l’uso di rendere l’insulto “bastardo” affiancando 3 icone: una famiglia (mamma, papà, bimbo), un cartello di divieto seguito da un anello. Come dire: quel bambino è nato da una relazione fuori dal matrimonio (i figli bastardi erano appunto quelli nati da una famiglia non ufficiale).
Così ho pensato di proseguire in questa direzione, vedendo quali composizioni fossero possibili per alcuni modi di dire in italiano. Ecco che cosa ho trovato:

bastardo
sei una merda

6

1

vai a cagare
vaffanculo

FAN

chiavare
mortacci tua

TUA

scorreggia
testa di cazzo

DI

faccia di merda

DI

leccaculo
rompere le palle

ROM

LE  

Un’arma attenuata

Poster del film “The emoji movie” (2017). Qui l’emoji della cacca dà vita al rebus “shit happens”, ovvero: le disgrazie succedono.

Ma una comunicazione simile funziona, è efficaceAl di là del loro significato simbolico, il tratto di questi disegni dà un aspetto infantile ai messaggi, e questo depotenzia la loro carica offensiva. E’ come dire “cacchio” al posto di “cazzo”. E questo, in alcuni rapporti personali, potrebbe essere un vantaggio: usare un emoji invece di un insulto verbale potrebbe attenuarne l’impatto. Bisogna ricordare che questi simboli sono ratificati dal Consorzio Unicode che ha sede negli Stati Uniti, dove la sensibilità puritana verso i “contenuti espliciti” è alta.
Al tempo stesso, però, l’interpretazione di questi disegni è libera, quindi possono essere letti anche attraverso il registro basso: melanzana = cazzo.
In ogni caso, anche se fossero disegnati con un tratto più realista, restano comunque un’arma poco efficace per un altro motivo: dobbiamo ancora familiarizzare con questi simboli. Le parolacce e i gestacci, invece, sono sedimentati per secoli nel nostro cervello e quindi suscitano in noi una reazione immediata, come raccontavo
qui.
In più, queste icone mantengono una grande ambiguità: dicono e non dicono. Non è facile anche per noi interpretare le emozioni che stiamo provando: e le faccine sono uno strumento solo parziale per esprimerle. Delle mie emozioni possono dare solo un’idea vaga e approssimativa.
Infine, quando gli emoji sono costruiti come rebus diventano simili ai tarocchi: una serie di immagini enigmatiche da decifrareDunque, può afferrarne il senso solo chi già le conosce, chi è in qualche modo alfabetizzatoSolo se queste icone saranno usate regolarmente nelle conversazioni digitali, il loro significato sarà citato nel loro elenco ufficiale (quello del consorzio Unicode) e verrà condannato il loro uso, allora potranno acquisire la forza espressiva delle parolacce. Già in Arabia Saudita inserire l’emoji del dito medio è considerato un reato e come tale punito. Per metabolizzare tutte le altre, dovremo aspettare qualche annetto.

AGGIORNAMENTO

Il Consorzio Unicode ha appena annunciato l’esordio di 59 nuove emoji (Emoji 12.0), che saranno disponibili dal prossimo marzo. Non ce n’è nessuna che abbia attinenza con le parolacce. Ma ce n’è una che, probabilmente, sarà usata in senso malizioso: quella della “piccola quantità” resa col gesto della mano in cui pollice e indice mimano un oggetto piccolo.  Basta aggiungere questa icona a quella della melanzana (o della banana) ed ecco coniato l’insulto sulle dimensioni ridotte del sesso maschile:

 

The post Insultare con gli emoji first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2019/01/29/dizionario-parolacce-emoji/feed/ 8
Parolacce: la “Top ten” del 2018 https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/ https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/#respond Tue, 01 Jan 2019 11:00:21 +0000 https://www.parolacce.org/?p=15051 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.Come per le precedenti… Continue Reading

The post Parolacce: la “Top ten” del 2018 first appeared on Parolacce.]]>

La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?

DIPLOMAZIA ADDIO

«Perché facciamo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?».

DONALD TRUMP, presidente degli USA

Washington, Casa Bianca, 11 gennaio

[ per approfondire, apri la finestra cliccando sul + qui sotto ]

IL FATTO

La lettera di protesta dell’Unione Africana.

Il presidente Donald Trump incontra alcuni membri del Congresso nello Studio Ovale. A parlamentari e senatori che gli chiedono di non togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, Trump ha risposto con la frase: “Perché stiamo facendo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?”. In inglese shithole è letteralmente il “buco per la merda”, ovvero la latrina.
Appena la notizia si è diffusa, sollevando un’ondata di indignazione, Trump si è affrettato a ridurne la portata:  ha ammesso di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. “Gli Stati Uniti – ha cercato di correggersi – sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ‘da paesi ad alta criminalità e messi male”.
Ma ormai la frittata era fatta, con conseguenze planetarie:  il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti; El Salvador ha chiesto ufficialmente “rispetto” al presidente americano; l’ambasciatore americano a Panama, John Feeley è arrivato a dimettersi per la vergogna.
Ma non è tutto: l’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. “L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento”, ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sul caso. Gli ambasciatori africani hanno espresso “preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore” e hanno condannato “le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti” reclamando “che vengano ritrattate”.

Il Trump hotel con la scritta “Shithole”.

Sferzante il commento dell’ex presidente del Messico, Vicente Fox: “la tua bocca è il cesso più schifoso del mondo. Con quale autorità proclami chi è il benvenuto in America e chi no? La grandezza dell’America è costruita sulla diversità, o hai dimenticato il tuo passato di immigrato, Donald?”.
Ma c’è chi non si è limitato alle parole. Robin Bell, un artista, ha proiettato un messaggio luminoso sul Trump International Hotel di Washington. Nel messaggio si legge proprio “shithole”,” (“Non sei un cittadino di Washington? Hai bisogno di un posto dove stare? Prova il nostro cesso. Questo posto è un cesso”).

CHI LA FA, L'ASPETTI

Fa il dito medio agli autovelox: condannato a 8 mesi di carcere

Timothy Hill, manager

Grassington (UK), 24 aprile 2018  

 

 

[ per approfondire, clicca sul + ]

IL FATTO
Timothy Hill, 67 anni, è il manager di un’azienda britannica che vive a Grassington. Stufo di dover fare i conti con gli autovelox sparsi lungo le strade del North Yorkshire, ha montato sulla sua auto un dispositivo antilaser, capace di confondere i sensori dei rilevatori di velocità. Così, sicuro di farla franca, tutte le volte che passava davanti a una telecamera di un autovelox, gli esibiva il dito medio in un gesto di scherno. Non sapeva, però, che quegli apparecchi erano dotati anche di fotocamera. E la posa non è passata inosservata agli agenti della polizia locale, che dalla targa della sua Range Rover sono riusciti lo hanno identificato con facilità.E i giudici non hanno avuto scrupoli nel condannarlo: gli è stata inflitta una pena di 8 mesi di reclusione più la revoca della patente per un anno, per aver tentato di ostacolare il corso della giustizia. «Se vuoi attirare la nostra attenzione, gesticolare ripetutamente ai furgoni della polizia con il tuo dito medio mentre guidi un’auto dotata di un antilaser è un ottimo modo per farlo. Ed è anche un ottimo modo per finire in prigione», ha dichiarato alla stampa un agente della polizia stradale. Che, però, alla fine non è riuscita a rilevare la velocità dell’auto: magra consolazione.
 

LA PRIMA PAGINA PIÙ VOLGARE

Ma vaffancrucco

quotidiano “Il Tempo”

26 maggio 2018

 

 

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

 

IL FATTO
 Sono passati quasi 3 mesi dalle elezioni, e ancora l’asse Movimento 5 stelle-Lega non è ancora riuscito a formare il governo. Ma nel frattempo non risparmia stoccate verso l’Unione Europea.

L’articolo dello “Spiegel” sugli scrocconi.

In quei giorni, al culmine del braccio di ferro, il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica online un articolo intitolato “Gli scrocconi di Roma”. Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione – si legge nel pezzo – che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente“, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto, rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola».

La copertina di “Woche” sull’Italia.

E sulla copertina di “Woche” l’inserto del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, è apparso il titolo “Mamma mia!”, sul disegno di un’apecar con la bandiera italiana (e coi simboli di Lega e M5s) che precipita in un burrone, mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello. Sottotitolo: «Perché l’Italia è la grande bambina problematica dell’Europa”.
Di fronte a queste prese di posizione, il quotidiano “Il tempo” rilancia, sparando in copertina il titolo: “Ma vaffancrucco”. Un doppio insulto: una maledizione (il vaffa) con l’aggiunta di uno spregiativo etnico contro i tedeschi (crucco).
Un modo estremo, scrive il giornale, per reagire a un “disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico”. L’articolo si conclude con un colpo di clava: il giornale invita i tedeschi a rivedersi il film “La grande guerra”, dove nel finale due soldati italiani danno della “faccia di merda” a un tedesco che voleva costringerli a rivelare la strategia del nostro esercito.
Il titolo del “Tempo” entrerà nella classifica delle prime pagine più triviali, insieme alla “Patata bollente” dedicato alla sindaca di Roma Virginia Raggi (titolo peraltro condannato per sessismo dall’Ordine dei giornalisti).

 

COMUNICAZIONE BOOMERANG

«Cina Paese di merda, ignorante, sporco, puzzolente, mafia». Poi, scuse globali.

Stefano Gabbana su Instagram  

23 novembre 2018  

 

 

 

 

 

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO
La griffe di moda Dolce & Gabbana sta promuovendo una sfilata prevista a Shanghai, in Cina. e lo fa con 3 video pubblicitari che mostrano una ragazza cinese alle prese con alcuni piatti tipici della cucina italiana: pizza, spaghetti e cannolo. In tutti e tre i casi la ragazza usa in modo goffo le bacchette, con una voce maschile fuori campo che la guida. Malizioso il video del cannolo, in cui la voce le domanda «E’ troppo grande per te?».

Un fotogramma dello spot (cannolo) di D&G.

I video (potete vederli qui) vengono subito contestati sui social network cinesi, sia per il sessismo sia perché perpetuano l’immagine dei cinesi come persone ignoranti, che usano le bacchette per mangiare anche i cibi occidentali. Le critiche fioccano anche su Instagram dall’account @DietPrada (1 milione di followers) a cui lo stesso Gabbana replica che secondo lui i video erano belli e divertenti. Ma in breve la discussione degenera: Gabbana arriva a scrivere che «la Cina è un paese di merda (scritto con gli emoji), ignorante, sporco e puzzolente e mafia».
La conversazione diventa virale, con conseguenze devastanti per gli stilisti: la loro sfilata viene annullata, e diverse piattaforme di e-commerce cinesi rimuovono i prodotti del marchio.
A quel punto non si poteva più far finta di nulla: inizialmente Gabbana ha detto che il suo account Instagram era stato hackerato. Ma la giustificazione non ha retto: nei mesi precedenti lo stilista era stato protagonista di altri attacchi sguaiati, per esempio contro Selena Gomez ed Heather Parisi. E gli stilisti non potevano permettersi di perdere il mercato cinese dove hanno 25 punti vendita. Così hanno pubblicato su YouTube un video di scuse, registrato davanti alla parete di seta rossa del loro quartiere generale. Con le facce contrite i due stilisti dicono una frase ciascuno, in un discorso di 1 minuto e 25 secondi: «In questi giorni – dice Domenico Dolce – abbiamo ripensato tantissimo, con grande dispiacere a quello che è successo e che abbiamo causato nel vostro paese e ci scusiamo tantissimo. Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell’interpretare la vostra…. Siamo sempre stati molto innamorati della Cina, l’abbiamo visitata, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci». E Gabbana non tira più in ballo gli hacker: «vogliamo anche chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo perché ce ne sono molti e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio. Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa».
Insomma, una pubblica umiliazione su scala globale: non si era mai visto un atto di contrizione di queste proporzioni. Una versione moderna del “pubblico ludibrio”, per motivi economici.
Qui sotto, il video delle scuse di Dolce & Gabbana:

 

 

BESTEMMIA PRESIDENZIALE

Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così».

 Felipe Duterte, presidente delle Filippine

22 giugno, Davao, technology summit  

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO
Il presidente delle Filippine, Felipe Duterte, non ha riguardi per nessuno. Dopo aver insultato il papa, l’Onu, Barack Obama e l’Unione Europea (vedi il mio articolo qui), ora è riuscito ad andare oltre, insultando perfino Dio.
Il fatto è avvenuto a Davao, durante un summit tecnologico. Ospite della manifestazione, ha iniziato, fra il serio e il faceto, a dire le sue opinioni sul racconto biblico del peccato originale. Dopo aver ricordato la storia di Adamo ed Eva e del serpente, Duterte ha detto: “Tu hai creato qualcosa di perfetto, e poi pensi di creare un evento per tentarlo e distruggere la qualità del tuo lavoro. Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così. Quella era l’azione di tua madre e tuo padre, non eri ancora nato, ma ora hai il peccato originale. Che tipo di religione è?  Questo non posso accettarlo, è un’affermazione molto stupida».
La sua sparata, detta in modo pacato, come una chiacchiera tra amici al bar, ha creato sconcerto in un Paese dove oltre il 92% della popolazione è di fede cristiana. Perfino diversi suoi alleati hanno preso le distanze.
Il vescovo di Sorsogon Arturo Bastes  ha attaccato il capo di Stato:  «La tirata di Duterte contro Dio e la Bibbia rivela che si tratta di uno psicopatico, una mente anormale che non avrebbe dovuto essere eletta come presidente della nostra nazione civile e cristiana»  e ha esortato i filippini a pregare per mettere fine alle sue «affermazioni blasfeme e le tendenze dittatoriali». «Come può essere un presidente per tutti i filippini se non rispetta i fedeli cattolici?», ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.
Anche il Consiglio delle Chiese evangeliche delle Filippine ha definito “assolutamente inappropriato per il presidente della nostra nazione maledire in modo beffardo il Dio della fede cristiana che è profondamente venerato dalla maggioranza dei filippini”.
Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha difeso le esternazioni del presidente, sostenendo che abbia il diritto di esprimere le sue opinioni sulla religione. Non ha mai nascosto questo tipo di linguaggio quando correva per le presidenziali, accettate che è fatto così».
Duterte, comunque, ha un rapporto teso con la Chiesa cattolica, i cui leader lo hanno criticato per le esecuzioni sommarie che hanno caratterizzato la sua guerra alla droga.
Qui sotto, il video con le affermazioni di Duterte:

 

VAFFA PARLAMENTARE

«Per anni non ci avete cagato di striscio… Ma andatevene un pò affanculo!».

Matteo Dall’Osso, deputato M5s

Camera dei Deputati, Roma, 7 agosto

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO
E’ agosto, e in una delle ultime sedute prima della pausa estiva alla Camera si sta discutendo il decreto di riordino dei ministeri. Fra le ipotesi in discussione c’è l’introduzione di un nuovo dicastero, quello per la Famiglia e i disabili. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (Pd) critica l’iniziativa, sostenendo che fosse un’ulteriore forma di discriminazione: “fa tornare indietro il Paese di 80 anni, significa cancellare in un sol colpo le battaglie per affermare il principio sacrosanto che i disabili sono come gli altri, solo con bisogni specifici, cui dare risposta. Non ha senso un ministero della segregazione, un ministero per differenziare le persone le une dalle altre”. Le ha risposto Matteo Dall’Osso, esponente bolognese del Movimento 5 stelle affetto da sclerosi multipla: “In uno Stato normale avrebbe anche ragione la Boschi e tutti gli interventi di prima. Ma siccome in uno Stato normale non siamo, dico che è assurdo. Come si fa a pensare… Un disabile deve essere tutelato! A noi non ci ha cagato di striscio nessuno e adesso vi ribellate perché abbiamo creato un ministero… Ma andatevene affanculo, va!”.
La frase ha suscitato vivaci proteste dal Pd e da Forza Italia. Alla fine, il ministero per la famiglia e le disabilità è nato, ma la polemica di Dall’Osso non è terminata: all’inizio di dicembre, infatti, Dall’Osso, sentendosi “solo, umiliato e tradito” dal suo partito, che aveva bocciato un emendamento che potenziava il fondo per i disabili, ha abbandonato il M5s per passare a Forza Italia.
Qui sotto, il filmato con l’intervento di Dall’Osso:

 

OFFESA ALLA BICI

«Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!».

Fabio Aru, ciclista UAE Team Emirates

12 settembre, 17a tappa della Vuelta, giro ciclistico di Spagna  

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO
Al Giro di Spagna, Fabio Aru, un ciclista sardo di 28 anni che corre per la UAE Team Emirates, cade rovinosamente a terra alla velocità di 70 km orari. E a meno di 7 km dal traguardo. Riporta vistosi strappi alla divisa, gli esce sangue dal fondoschiena.  Si rialza a fatica, e con le lacrime agli occhi inizia a urlare: “Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!”. L’ urlo, evidenziato con un gesto delle braccia, è ripetuto tre volte in faccia a Joxean Fernández Matxin, il team manager della UAE-Emirates, e a Giuseppe Archetti, capomeccanico del team e della Nazionale.
I due restano lì ammutoliti. Poi Aru, pantaloncino e maglietta squarciati tra lombi e glutei, qualche strisciata di sangue, riparte. Chiuderà la gara all’84° posto, a 14’14” dal vincitore, il canadese Michael Woods.
Ma lo sfogo rabbioso di Aru a bordo strada è andato in mondovisione. E non è andato giù a Ernesto Colnago, titolare dell’omonima azienda di biciclette usate da Aru: «Ci sono rimasto male» ha detto. «Ho servito migliaia e migliaia di corridori e un’offesa così, in televisione, non l’avevo mai subita. Però almeno Aru mi ha chiamato al telefono ed è stato un quarto d’ ora a scusarsi. Lo capisco, perché è una stagione che gli gira tutto male e quando è così anche le galline fanno fatica a fare le uova. Però gli ho spiegato che è un professionista, che la ruota gira. Poi, non ho capito, ma se si fosse bloccato il cambio mica sarebbe caduto. Si sarebbe fermato, non caduto. Che colpa ne ha la bici?». 
Infatti la bici non c’entrava, come ha poi chiarito Matxin, il team manager della Uae: «Gli si era incastrata la catena sull’ 11 e con la mano l’ha tirata per sbloccarla e metterla sul 12. Nel guardare sotto, a 70 km all’ ora è caduto. La sua  reazione non è stata bella. Ma è stata una reazione di pancia. E’ andato giù a quella velocità, con le pulsazioni a 200. S’ è spaventato, lo capisco. Cosa avrebbe detto qualsiasi altra persona o corridore? “Caspiterina“?».
Qui sotto, il video con lo sfogo di Aru:

 

 

LO STAGE PIÙ BREVE DELLA STORIA

«Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa». Licenziata.

@NaomiH_official, su Twitter

22 agosto

 

 

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO

E’ estate, e una giovane americana, una non meglio identificata NaomiH, twitta un messaggio di giubilo: “Everyone shut the fuck up. I got accepted for a Nasa Internship”, ovvero “Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa”.
Poco dopo, un tale Homer Hickam le risponde “Occhio al linguaggio”. Ma lei non arretra, anzi rilancia: “Succhiami l’uccello e le palle, lavoro alla Nasa” (Suck my dick and balls, I’m working at Nasa”).
Peccato che il signor Hickam non fosse un moralista qualunque: gli ha risposto infatti “E io sono nel Consiglio nazioanale dello spazio che sovrintende sulla Nasa”.
Risultato: Naomi è stata silurata dalla Nasa alla prima giornata di stage. La figuraccia su Twitter, grazie agli hastag, ha richiamato l’attenzione dell’Agenzia spaziale, che ha preferito rimuovere la stagista troppo focosa.
Da quel momento Naomi si è presa una pausa di riflessione da Twitter. Hickam ha detto che Naomi l’ha contattata, e dopo aver visto il suo curriculum ha detto che comunque merita un posto nell’industria aerospaziale. Insomma, la figuraccia dovrebbe aver avuto un lieto fine. Anche se ha fatto il giro del mondo, rilanciata da molti giornali come l’Independent.  

 

INSULTO ONORIFICO

«Tu non sei razzista: sei stronzo!». E Mattarella la premia

Maria Rosaria Coppola

Napoli, 3 novembre  

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO
Siamo sulla Circumvesuviana, una delle linee ferroviarie nell’area di Napoli. A un certo punto, un giovane passeggero aggredisce un cingalese, urlandogli «Negro di merda». Tra i passeggeri del treno, una donna di 62 anni ha il coraggio di affrontarlo: si chiama Maria Rosaria Coppola, e fa la sarta alla sede napoletana della Rai. La donna alza la voce, dicendo al ragazzo: «Sei un razzista, vergognati!» e gli intima di smetterla. Lui si inalbera, dicendo che gli immigrati «Se ne devono andare, l’Italia è nostra». La donna gli risponde: «Preferisco che sia loro l’Italia e non tua». Il battibecco continua: davanti al giovane che continua a minacciare lo straniero, la donna gli dice: «Se ti vedo alzare un pugno, prendo l’ombrello e te lo scasso in testa».

Il logo ispirato dall’episodio sulla Circumvesuviana.

Il ragazzo, però, continua fieramente a proclamarsi razzista, al che la signora gli risponde: «Tu non sì razzista, tu sì strunz», ovvero «Tu non sei razzista, sei stronzo» (per il significato di “strunz” in napoletano, vedi il mio articolo qui).
La scena, ripresa con il telefonino da un passeggero, in poco tempo diventa virale su Internet. Con conseguenze inattese: la signora Coppola, pochi giorni dopo l’episodio, ha ricevuto il premio “Cittadina coraggiosa” da Umberto De Gregorio, presidente dell’Eav (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea ferroviaria Circumvesuviana).
E ha ispirato un mediatore culturale, Mr Sharif, a creare un logo: ombrello, guanto da pugile e la storica frase “Tu nun sì razzista, sì strunz”.
Ma non è finita qui: a fine anno, la signora Coppola è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per il coraggio e lo spirito di iniziativa con cui ha pubblicamente difeso un giovane straniero vittima di una aggressione razzista». Credo che sia il primo caso al mondo di onorificenza guadagnata (anche) grazie a un insulto. Anche se, in realtà, più della reattività della donna colpisce l’inazione di tutti gli altri passeggeri. Infatti i premi vinti dalla signora Coppola nascondono una verità amara: indignarsi di fronte a un sopruso razzista è una reazione normale; diventa un atto di eroismo perché la nostra società è diventata indifferente ai soprusi. 
Va ricordato, comunque, la primogenitura di quella frase non è della signora Coppola, bensì di Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’assemblea della Regione Sicilia, e risale allo scorso agosto, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva bloccato a Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo 190 migranti per cavalcare mediaticamente il caso e strappare più aiuti sulla questione migranti dall’Unione Europea. 
Miccicchè, dopo aver visitato i migranti a bordo della nave, scrisse un intervento indignato su Facebook: «Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più?  Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». A questo intervento è seguita la reazione sdegnata della Lega, indignata per «i toni violenti e il linguaggio indecoroso». E l’episodio ha ispirato un artista, Domenico Pellegrino, che ha creato una luminaria con la scritta “Stronzo” (potete vederla qui). 
Nel video qui sotto, il battibecco fra la signora Coppola e i giovane sul treno:

HATERS IN MUSICA

«Fate cagare, siete delle merde fake…»

I Masa, “La canzone degli haters”

YouTube, 21 novembre   

[ per approfondire, clicca sul + qui sotto ]

IL FATTO

I Masa sono un duo di giovani musicisti-cabarettisti di Fidenza (Parma). Si chiamano Alessandro Basini e Andrea Dalla Giovanna, e sono capaci di suonare più di 20 strumenti musicali differenti nelle loro esibizioni. Dopo aver collezionato commenti di ogni genere sui loro video pubblicati su YouTube e Facebook, hanno deciso di raccogliere quelli degli “haters” e trasformarli nei versi di una canzone,  “La canzone degli haters” per l’appunto. Fra le strofe: “Fate cagare, siete delle merde fake“, “Ridicoli“, “Coglioni“, “Imbecilli“…
Un esperimento originale, che ha superato le 275mila visualizzazioni su YouTube. Il brano, infatti riesce a far sorridere grazie all’ironia degli interpreti e alla melodia giocosa. Gli odiatori del Web si possono battere anche così. Col sorriso. Perché in fondo le parolacce sono solo parole.
Qui sotto il video della “Canzone degli haters”:

 

Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.

Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008. Buon anno!

The post Parolacce: la “Top ten” del 2018 first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2019/01/01/classifica-parolacce-2018/feed/ 0
Pisello, patata, marroni e meloni: il lato vegano del sesso https://www.parolacce.org/2016/10/16/metafore-vegetali-erotismo/ https://www.parolacce.org/2016/10/16/metafore-vegetali-erotismo/#respond Sat, 15 Oct 2016 22:10:00 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10995 Pisello, patata, fava, marroni, pere, cocomeri, meloni… Non è un innocente elenco della spesa dall’ortolano: è la maliziosa lista delle metafore vegetali sul sesso. In italiano sono oltre 100 i termini (103 per l’esattezza) che usano frutta e verdura per… Continue Reading

The post Pisello, patata, marroni e meloni: il lato vegano del sesso first appeared on Parolacce.]]>
vegetaliPisello, patata, fava, marroni, pere, cocomeri, meloni… Non è un innocente elenco della spesa dall’ortolano: è la maliziosa lista delle metafore vegetali sul sesso.
In italiano sono oltre 100 i termini (103 per l’esattezza) che usano frutta e verdura per alludere ai genitali maschili e femminili, al seno o ai gluteiUna schiera notevole, anche se rappresenta una piccola minoranza di tutte le metafore sul sesso: le parolacce vegane sono solo il 3% del totale (come raccontavo qui). Per i nomi del sesso, infatti, le metafore più numerose sono quelle ispirate agli oggetti: mazza, manico, piffero, chitarra, scodella, patacca etc.
Tuttavia i vegetali non sono una minoranza silenziosa. Molte di queste immagini, infatti, sono fra i nomi più usati per riferirsi al sesso: pisello, fava e cappella per il pene; marroni per i testicoli; pere e meloni per il seno; patata e fica (per quanto tabù) per la vulva. E’ singolare che i piaceri della carne siano espressi da immagini vegane
Come nell’immagine qui sopra, usata per la campagna pubblicitaria  della “Guide Restos Voir 2014”, una guida gastronomica canadese.

Da Caravaggio agli emoji

lapatatattira_rutacanotta-rossa

Maria Teresa Ruta nella pubblicità maliziosa delle patate.

L’argomento merita di essere approfondito anche per altre ragioni. I vegetali, pur essendo “nature morte”, hanno avuto un importante ruolo simbolico nella letteratura e nell’arte perché sono carichi di significati nel nostro immaginario: persino un genio come Caravaggio ha nascosto messaggi erotici sotto le spoglie di zucche, fichi, melograni e pesche, come racconto più sotto.
E questo avviene non solo in Italia (che è stata antesignana in questo campo), ma in quasi tutte le culture.
E oggi i vegetali sexy tornano in auge negli emoji, dove pesca e melanzana svolgono i ruoli di sesso femminile e maschile nelle chat e nei social network (Whatsapp, Twitter, Facebook, etc). Anche su questo tornerò più avanti.

Per raccontare la loro lunga storia, conviene innanzitutto partire dall’elenco completo di queste metafore, sia in italiano (la mia fonte è il “Dizionario storico del lessico erotico” di Valter Boggione e Giovanni Casalegno) che in altre lingue (se me ne sono sfuggite, vi chiedo aiuto: potete segnalarle nei commenti). Ho escluso da questi elenchi i nomi di alberi, piante e fiori, perché pur appartenendo al regno vegetale non sono in genere commestibili.
Per ogni zona erogena ho inserito un link un articolo dedicato, per chi vuole approfondire.

Pene (58)

italiano altre lingue
agresto, baccello, banana, brugnolo, cappella, cappero, cardo, cardone, carciofo, carota, cece, cetriolo, cicerchia, civaia, cucuzzola, ciliegia, cipolla, corniola,fagiolo, fava, favagello, fungo, fico, ghianda, glande, grano, grappolo, lupino, macerone, mandorla, martignone, melone, oliva, nespola, pannocchia, pastinaca, pesca, pigna, pisello, porro, pinocchio, popone, picio, pinca, pinco, radicchio, radice, ramolaccio, rapano, ravano, rapa, ravanello, scaffo, sorbo, tartufo, torsolo, tubero, veccia Portoghese: banana, mandioca  (manioca), nabo (rapa)

Testicoli (10)

italiano altre lingue
fagioli, ghiande, granelli, granelli, limoni, mandorle, marroni, prugne, pannocchie, verones (castagne cotte), zucche Inglese: cherries (ciliegie), grapes (uva), kiwi, nuts (nocciole)

Vulva (13)

italiano altre lingue
baccello, castagna, fica, fragola, frutto, mandorla, noce, oliva, pomo, prugna, primizia, riccio, zucca Francese: abricot (albicocca) prune (prugna), figue (fico)

Per il clitoride: cerise (ciliegia), framboise (fragola)
Portoghese: maçã (mela)

Seno (10)

italiano altre lingue
cocomero, fragola, frutto,mele, meloni, meloncini, more, pere, pomi, rapuccio  –

Sedere (12)

italiano altre lingue
anguria, cocomero, finocchio, grisomele, mela, melone, melangola, melarancio, meleto, melone, pesca, pomo  –

Letteratura e modi di dire

omdagen

Campagna svedese per promuovere il consumo quotidiano di vegetali.

Molte di queste metafore, dicevo, hanno avuto una notevole fortuna non solo nella lingua parlata ma anche in letteratura. In particolare 4 frutti:

1) il fico: è simbolo di abbondanza, e di fecondità perché contiene un latteOltre ad aver ispirato il termine fica, ha dato origine a un gestaccio “fare le fiche”: mimare l’atto sessuale infilando il pollice (fallo) fra indice e medio (la fica). Un gesto di disprezzo e di sopraffazione.

2) le pesche: per molto tempo, soprattutto fra 1500 e 1600, sono state una metafora molto usata per alludere al sedere. E proprio in questa prospettiva va interpretata un’ode satirica dello scrittore toscano, Francesco Berni, che nel 1521 scrisse “In lode delle pesche”, dove la pesca è metafora dei glutei. “O frutto sopra gli altri benedetto, buono inanzi, nel mezzo e dietro pasto; ma inanzi buono e di dietro perfetto!”. Avete capito bene: Berni allude proprio alla sodomia attiva e passiva, tanto che scrive pure: “io ho sempre avuto fantasia (…) che sopra gli altri avventurato [fortunato] sia, colui che può le pèsche dare [farsi sodomizzare] e tòrre [sodomizzare].
E Berni non manca di sottolineare quanto i preti dell’epoca fossero ghiotti di… quel frutto: Le pesche eran già cibo da prelati, ma, perché ad ogniun piace i buon bocconi, voglion oggi le pesche insino a i frati,  che fanno l’astinenzie e l’orazioni;

fxtv03

Il doppio senso dei meloni nella campagna del canale Fx.

3) la mela: è simbolo di frutto desiderato, di premio, e anche del peccato. Anche se, bisogna ricordarlo, l’episodio biblico di Adamo ed Eva nella Bibbia non parla di mela, bensì genericamente di “frutto”; il melo è stato inserito nei commenti sacri secoli dopo, per la sua assonanza col male (malum).

4) il melograno: avendo molti semi è simbolo di fecondità, di discendenza numerosa; e ha un succo ricco e gustoso.

In generale, infatti, frutta e verdura hanno un’intima attinenza col sesso innanzitutto per la loro forma, che in molti casi ricorda quella degli organi sessuali. In realtà è una pareidolia, ovvero una sorta di illusione ottica: siamo noi a vedere forme sessuali in oggetti che di sessuale non hanno nulla. La malizia sta nell’occhio di chi guarda.
Pisello, fica, cetriolo, banana, patata evocano proprio le fattezze anatomiche dei genitali. Tanto che un proverbio non troppo allusivo dice: “Gira e rigira, il cetriolo va in culo all’ortolano” (chi vuol fare del bene finisce per essere danneggiato).

Simboli universali

publicite-sexy-heinz-hot-ketchup

La pubblicità sexy del ketchup piccante Heinz.

Ed è per questo che i vegetali sono simboli universali di erotismo: non hanno bisogno di essere codificati (tradotti) in altre lingue, perché evocano direttamente il sesso, sotto le innocenti spoglie di vegetali. Ma non è solo questo il loro legame con l’erotismo: frutta e verdura sono simbolo di abbondanza, di fecondità, e anche simbolo di progenitura perché contengono i semi.
In più sono cibi, e il cibo è intimamente legato al sesso e all’oralità (il piacere di succhiare)… tanto che scopare in spagnolo si dice anche comer e in portoghese papar. Non a caso, diversi cibi hanno nomi ispirati al sesso, come raccontavo in questo post. In più, frutta e verdura erano i cibi dei poveri (nell’antichità la carne era lo status symbol di ricchezza) e anche questo spiega la loro diffusione nel linguaggio popolare.

NELL’ARTE

Con tutta questa ricchezza, era inevitabile che i vegetali entrassero nell’arte: nelle immagini, così come nel discorso parlato, possono contrabbandare temi scabrosi sotto le innocenti fattezze della natura. Prima ancora che Giuseppe Arcimboldo facesse le “teste composte”, ovvero i ritratti umani ottenuti combinando cibi, nel 1517 Giovanni Da Udine, aveva inserito – in una cornice degli affreschi di Raffaello su Cupido e Psiche – una zucca fallica, con due melanzane come testicoli, che penetra un fico (v. gallery qui sotto).
Un gioco che nel 1585
Niccolò Frangipane continuò in modo ben più diretto nella “Allegoria dell’autunno”: qui un satiro infila il dito della mano sinistra in un melone, mentre con la destra stringe una fallica salsiccia vicino ad alcune ciliegie. In pratica, il satiro rivela allo spettatore che cosa sta sognando il giovanetto al suo fianco. (v. gallery qui sotto).
Il terzo esempio è un quadro di Caravaggio (1601): “Natura morta con frutta”. Fichi, zucche e melograni aperti sono un’allusione a una femminilità abbondante e disponibile, su cui campeggia una zucca che sembra un pene eretto. E non mancano le pesche, che alludono invece ai glutei (v. gallery qui sotto).
Insomma, la natura morta a sfondo erotico è un’invenzione del Rinascimento italiano, come ha scritto in un interessante saggio lo  storico dell’arte statunitense John Varriano.

vaginaNon stupisce, con questi precedenti, che anche la pubblicità abbia usato questi stratagemmi per alludere al sesso in diverse campagne pubblicitarie, come potete vedere nelle foto di questo articolo.
Ma oggi c’è un nuovo modo di usare i vegetali per alludere al sesso: la “computer mediated communication”, ovvero lo stile di comunicazione che usiamo nell’informatica. In parole povere, gli emoji, le icone che usiamo sulle chat e i social network (ne ho parlato anche qui).
Quando sono state introdotte nel 2010, anche se c’era l’icona della banana, ha preso piede come simbolo sexy la melanzana. Perché? Perché negli Usa, Paese puritano, era un’icona ancora neutra, che poteva contrabbandare intenzioni maliziose senza destare sospetti, insieme alla pesca (per alludere alla vulva o al sedere: vedi immagine). Insomma, siamo ancora alla frutta…

Dedico questo post a Dario Fo, il primo giullare-Nobel ad aver pubblicato un libro sulle parolacce.

The post Pisello, patata, marroni e meloni: il lato vegano del sesso first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2016/10/16/metafore-vegetali-erotismo/feed/ 0
Disegnare le parolacce https://www.parolacce.org/2015/07/17/parolacce-simboli-fumetti/ https://www.parolacce.org/2015/07/17/parolacce-simboli-fumetti/#comments Fri, 17 Jul 2015 09:25:46 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7727 L’ultima novità è arrivata dalla Microsoft: nel sistema operativo Windows 10 sono state inserite le icone (emoji) del dito medio in tutti i possibili colori della pelle, per rendere il gestaccio fruibile a tutte le latitudini, senza discriminazioni. Microsoft sarà il primo colosso informatico a fornire… Continue Reading

The post Disegnare le parolacce first appeared on Parolacce.]]>
shutterstock_216959392

Bombe, fulmini, teschi e pugnali: così sono rappresentate le imprecazioni nei fumetti (foto Shutterstock, anche in homepage).

L’ultima novità è arrivata dalla Microsoft: nel sistema operativo Windows 10 sono state inserite le icone (emoji) del dito medio in tutti i possibili colori della pelle, per rendere il gestaccio fruibile a tutte le latitudini, senza discriminazioni. Microsoft sarà il primo colosso informatico a fornire l’icona, assente dalle piattaforme Apple e Android.
In realtà, da tempo, su cellulari, tablet e computer è tutto un fiorire di simboli e faccine per rappresentare gli insulti. Perché tutto questo fervore? E’ solo una moda sciocca o questi pittogrammi sono davvero necessari per comunicare? E chi li ha inventati?
Cercherò di rispondere a tutte queste domande. Partendo dalla loro storia, che è piuttosto curiosa: in realtà i simboli delle espressioni volgari sono nati molto prima dei computer e dei telefonini. Le prime parolacce disegnate risalgono infatti agli antichi Egizi.
Reinhold Aman, uno dei fondatori della scienza del turpiloquio (e mio caro amico) mi ha segnalato un geroglifico di 3.000 anni fa nel quale appare il disegno di un pene. Il geroglifico (qui sotto) significa: “Che tu possa essere fottuto da un asino!”.

Il geroglifico segnalato da Aman.

Il geroglifico segnalato da Aman.

Dunque, fin dall’antichità i pittogrammi (immagini con un significato immediato o astratto) sono stati messi a servizio anche degli insulti: in questo caso una “maledizione”, ovvero augurare il male a qualcuno.
Dopo questo esordio – il quale dimostra che le parolacce svolgono importanti funzioni comunicative, se sono apparse agli esordi della Storia – il sistema di scrittura alfabetico ha cancellato i disegni delle parolacce per millenni.

Stratagemmi tipografici

Bisognerà aspettare più o meno fino al 1800 per vedere le prime rappresentazioni innovative delle parolacce, che furono sostituite da segni tipografici: asterischi (vaffan****), trattini (vaffan—-), trattini bassi (vaffan____). Una forma di censura, insomma: per la precisione un eufemismo. Ognuno di questi caratteri impronunciabili, infatti, sta al posto di una lettera. Erano di fatto “istruzioni di lettura“: il lettore smaliziato doveva ricostruire nella sua mente le lettere da inserire al posto dei simboli, per rendere intellegibili quelle parole.

Fumetti

Katzen1902

Il fumetto di Dirks coi simboli delle parolacce (1902).

Il passo successivo nell’espressione simbolica delle parolacce è merito dei fumetti: inizialmente, per rappresentare un dolore acuto, i disegnatori introdussero le stelle, a cui poi aggiunsero le spirali. Erano la traduzione in pittogrammi dei gibberish, i suoni senza significato (spesso onomatopeici), per esprimere qualcosa senza usare le parole. Il fumettista statunitense Mort Walker, nel libro “The lexicon of comicana”, li ha chiamati con un termine nuovo: grawlixes. Il linguista statunitense Benjamin Zimmer li ha ribattezzati obscenicon. E ha trovato il primo fumetto in cui appaiono compiutamente questi logogrammi con senso volgare: Bibì e Bobò (The Katzenjammer kids) del fumettista Rudolph Dirks. Risale al 14 dicembre 1902: in una scena, c’è un marinaio che impreca perché un lampadario è caduto dal soffitto sulla testa di un comandante. Come si vede, i simboli sono ancora rudimentali: una stella, un’ancora (“imprecare come un marinaio” o uno scaricatore di porto, verrebbe da dire), punti esclamativi e interrogativi.
La rotta era tracciata: la trovata di Dirks ebbe successo, e i fumettisti americano l’arricchirono nei decenni successivi, come mostra questa notevole cronologia ricostruita dallo scrittore Gwillim Law. Gli obscenicon si sono via via arricchiti con asterischi, pianeti, teschi, pugnali... E già a partire dal 1934 furono adottati dal fumetto più celebre del mondo, Mickey Mouse-Topolino.
In tutti questi casi, i gibberish assolvono a una funzione notevole: esprimere l’inesprimibile, ovvero le emozioni forti. E hanno al tempo stesso la funzione di eufemismi, dato che sostituiscono parole volgari, seppure in modo indistinto: ognuno le può tradurre come meglio crede.
Ma sono eufemismi con valore universale: non hanno bisogno di essere tradotti da una lingua a un’altra, perché si sono ormai codificati come espressioni standard per le parolacce (soprattutto le imprecazioni, che in fondo sono urla di rabbia senza un vero significato letterale: se dico “Merda!” non alludo agli escrementi, ma voglio solo dire che sono arrabbiato, sorpreso, addolorato).

Caratteri tipografici

I fonts MenSwear

I fonts MenSwear

I passi successivi furono dovuti all’introduzione delle macchine per scrivere: i caratteri tipografici, però, non consentono grandi voli di fantasia. “I segni di punteggiatura non si prestavano a descrivere emozioni forti, perché sono troppo esili” osserva acutamente il linguista Arnold Zwicky. Si sono rivelati molto più adatti i punti esclamativi e di domanda, uniti agli altri caratteri tipografici che restavano: #$%&@+=. Tra l’altro, questi potevano prestarsi a un uso sostitutivo, nelle parole, dando più indizi al lettore rispetto agli asterischi o ai trattini: la sequenza $#!+ poteva sostituire in modo quasi fedele la parola SHIT (merda).

no!_058.tif

Vietato dire parolacce.

Da allora, tutti questi caratteri sono stati standardizzati, al punto che ormai esistono intere collezioni di fonts per rappresentare le parolacce: come i curses, i menswear, i nuff said. Contengono spirali, pugnali, teschi, pistole, bombe, stelle, pianeti, dito medio, fulmini: tutti simboli di esplosioni rabbiose. Non solo. Questi caratteri tipografici si sono diffusi a tal punto da essere entrati nella cartellonistica stradale in alcuni Paesi, come l’Australia: sono usati per segnalare il divieto di dire parolacce, spesso punito con multe.

 

Le emoticon

puck_typographical_art

I primi emoticon sulla rivista “Puck”.

Poi sono nate le emoticon, faccine ottenute coi segni di punteggiatura. Una trovata grafica che in realtà è arrivata ben prima di computer e cellulari: già nel 1881, sulla rivista umoristica statunitense “Puck“, gli artisti si divertirono a riprodurre 4 espressioni del volto usando solo caratteri tipografici: parentesi, trattini e punti.
Ma era solo un gioco artistico che rimase un caso isolato. Le cose cambiarono quasi un secolo dopo, nel 1963, quando l’artista statunitense Harvey Ball inventò il celebre “smile“, un cerchio giallo con due occhi e un sorriso stilizzati per una compagnia di assicurazioni di Worcester, la State Mutual Life Assurance Company; quest’ultima era stata acquistata dalla Guarantee Mutual Company of Ohio, e fra i dipendenti si diffuse una notevole preoccupazione. Così Bell disegnò una faccia sorridente che doveva essere posta sulle scrivanie e stampata su alcuni poster da appendere al muro: gli smiley servivano quindi ad accrescere il morale dei lavoratori, soprattutto se impegnati con i clienti.

smiley-post

Gli emoticon proposti da Fahlman (1984).

Fu solo due decenni dopo, nel 1984 che l’informatico Scott Fahlman, della Carnegie Mellon University, propose di usare i “:-)” per rimarcare una conversazione di tono scherzoso, e “:-(” per evidenziare le frasi serie. Fu un successo: la proposta si diffuse in Arpanet (il primo, rudimentale Web) e poi nel Web.
E col passare del tempo le faccine si sono arricchite anche con emoticon volgari: come quelli per “culo” (_._), (_*_) e “tette” (o)(o), (@)(@). Disegni rudimentali per display rudimentali. Ma non hanno preso molto piede, perché in realtà nella comunicazione sono  più utili gli insulti che i termini osceni.

Gli emoji

BN-CC138_emotic_D_20140326032830

I primi emoji

Quando gli schermi dei telefoni e dei computer hanno fatto progressi, sono apparsi gli emoji, le icone colorate: 😆 . La trovata fu di un giapponese, Shigetaka Kurita, che li aveva creati nel 1999 per la piattaforma mobile della telecom NTT DoCoMo. E con gli emoji è stata una vera esplosione: ne sono fioriti a decine, sia per i computer che per gli smartphone. Il dito medio, la pupù, il vomito, il sedere, il pene sono solo alcuni degli emoji che sono stati sviluppati nel frattempo da vari software.

eroticon

Le flirtmoji: emoji per comunicazioni sexy.

Una moda stupida? Mica tanto. Queste faccine non servono a riempire un vuoto di contenuti (non sempre, almeno): servono invece a colmare i vuoti della comunicazione virtuale, tecnicamente chiamata “Computer mediated communication” (Cmc).
La Cmc, quella dei cellulari e del Web, per intenderci, ha un grande vantaggio: è veloce, immediata e dà la possibilità di avere subito un riscontro (feedback) sulla reazione dell’altro interlocutore.

Gli emoji del dito medio per Windows 10.

Gli emoji del dito medio per Windows 10.

Ma questo tipo di comunicazione ha anche 3 grossi svantaggi:
1) è anonima: è una forma standard uguale per tutti (la grafia scritta a mano, invece, cambia da persona a persona); 
2) non riesce ad esprimere bene le emozioni, dato che non è arricchita dal tono di voce e dai gesti;
3) ha notevoli limiti di spazio (pensiamo ai 160 caratteri degli sms o ai 140 di Twitter).
Il risultato? Spesso questo tipo di comunicazione genera equivoci. Chi non ha mai sperimentato sulla propria pelle i malintesi, i fraintendimenti, i litigi, comunicando via sms, chat, mail? Una frase detta per scherzo o per gioco viene presa sul serio o viceversa. Le faccine e le icone, quindi, colmano proprio questo vuoto: servono a esprimere le emozioni, a dare colore ai messaggi, a far capire il proprio stato d’animo e le intenzioni comunicative.

emoticon2

Esempi di messaggi con emoji offensivi.

Ma le icone delle parolacce quali effetti hanno? E’ un ritorno ai pittogrammi degli Egizi: sostituiscono una parola con un disegno. Sono comodi, perché permettono di risparmiare battute preziose se si è su Twitter, per esempio. E in qualche modo sostituiscono i gesti e la mimica facciale, che mancano nella comunicazione digitale.
Ma in realtà gli emoji restano dei surrogati. Di fatto, impoveriscono la comunicazione perché la riducono al solo aspetto denotativo: se invece della parola culo inserisco il disegno di un culo, questo perde tutti i significati connotativi e metaforici (didietro, fortuna, gay…)  limitandosi a indicare anatomicamente i glutei.
Deve essere il lettore a ricostruire nella sua mente le altre sfumature di significato: proprio come avviene nei rebus. In questo modo, gli emoji sdrammatizzano i messaggi volgari, portando un’atmosfera da fumetto, da collage digitale. Ecco perché ritengo che nei prossimi anni se ne farà un uso diffuso.
D’altra parte, via sms o chat si tende a dare maggior spazio alle emozioni rispetto ad altre forme di comunicazione, proprio perché – avendo il viso nascosto dallo schermo – ci si sente più liberi di esprimersi, vincendo le proprie timidezze.
Che poi questa libertà sia usata da molti per dare sfogo al peggio di sè – come diceva di recente Umberto Eco – beh: questa è tutta un’altra storia.

Se ti è piaciuto questo articolo potrebbe interessarti anche questo:

♦ insultare con gli emoji

 

The post Disegnare le parolacce first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2015/07/17/parolacce-simboli-fumetti/feed/ 1