fannullone | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Thu, 09 Sep 2021 14:55:05 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png fannullone | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Dimmi che lavoro fai. E ti dirò il tuo insulto https://www.parolacce.org/2018/03/20/spregiativi-professioni-mestieri/ https://www.parolacce.org/2018/03/20/spregiativi-professioni-mestieri/#comments Tue, 20 Mar 2018 08:00:51 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13924 «Smettila di comportarti come un bifolco!». «Altro che un dentista, quello è un cavadenti!».  «Siamo stufi di questi politicanti!». Ci avete fatto caso? Quando vogliamo insultare qualcuno, a volte lo offendiamo per il lavoro che fa (o per come lo… Continue Reading

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Alcuni sinonimi spregiativi di necroforo (disegno Shutterstock).

«Smettila di comportarti come un bifolco!». «Altro che un dentista, quello è un cavadenti!».  «Siamo stufi di questi politicanti!». Ci avete fatto caso? Quando vogliamo insultare qualcuno, a volte lo offendiamo per il lavoro che fa (o per come lo fa). Ma perché si può offendere qualcuno prendendo di mira la sua attività lavorativa? Perché esistono professioni così disonorevoli da essere usate come offese? Gli insulti professionali sono una categoria molto interessante. Il lavoro, infatti, esprime e al tempo stesso costruisce la nostra identità: siamo quello che facciamo. La professione esprime quale posto occupiamo nella società, quanto valiamo e quanto contribuiamo al nostro bene e al bene comune. Dunque, sono offese che colpiscono il nostro ruolo pubblico, e dato che siamo “animali sociali”, le offese in questo ambito ci colpiscono al cuore della nostra onorabilità. Chi lavora male o fa un brutto lavoro perde la faccia, viene additato e disprezzato. Viste queste premesse, ho deciso di fare un censimento completo di questi insulti. Mi aspettavo di trovarne una ventina, e invece sono un centinaio: per la precisione sono 131, e prendono di mira 32 figure professionali. Quali sono? E perché sono disprezzate?

Per rispondere a queste domande, guardiamo subito la lista completa di questi insulti:

professione epiteti insultanti motivazione
attrice/attore attricetta/attorucolo
avvocato  avvocaticchio, avvocatucolo, avvocatuncolo, leguleio, paglietta (per l’uso che avevano un tempo gli avvocati napoletani di portare cappelli di paglia neri), parafanghista (avvocato dedito a cause per incidenti stradali), azzeccagarbugli, mozzaorecchi
barista oste (persona pettegola e opportunista)
calzolaio ciabattino
colf, donna delle pulizie sguattera/o, serva/o
commerciante bottegaio, pescivendolo, pellaio (conciatore, venditore di pelli: significa anche persona rozza e ignorante), faccendiere, mercante, maneggione
contadino bifolco, villano (maleducato), cafone, burino, tamarro (venditore di datteri), pecoraio (stereotipo falso: nell’Italia preunitaria, proprio i pecorai, spostandosi nelle transumanze e leggendo nelle soste a compagni ignoranti i “libri de pelliccia” – grandi poemi cavallereschi che portavano con sé nelle tasche delle pellicce – promossero la diffusione dell’italiano), zappaterra
dentista cavadenti
disoccupato fancazzista, perdigiorno, pelandrone, pigrone, poltrone, fannullone, scansafatiche, sfaccendato, scioperato, lavativo, perditempo, bighellone, vagabondo, ozioso, indolente
fotoreporter paparazzo
giornalista giornalaio, pennivendolo, scribacchino, imbrattacarte, imbrattafogli, velinaro, pennaiolo
giudice ammazzasentenze (giudice incline ad annullare giudizi di gradi inferiori)
guidatore carrettiere (persona di modi volgari), camionista
impiegato, funzionario burocrate, burosauro,mandarino (alto funzionario che vorrebbe conservare e far valere a ogni costo i privilegi più esclusivi della sua carica), travet (impiegato mal pagato e di basso livello), ragionierino, mangiacarte, mezzamanica, portaborse
imprenditore edile palazzinaro
informatico, programmatore nerd (sfigato, chi è portato per la tecnologia ma è imbranato in tutto il resto ed è incapace nei rapporti sociali)
manovale manovalanza
medico, chirurgo beccaio, cavasangue,  cerusico, conciaossa, macellaio, norcino, scannagalli, segaossi
necroforo beccamorto, becchino, tombarolo, vespillone
netturbino spazzino
pittore imbrattatele
politico tangentaro/tangentista, bonzo (persona autorevole, che si comporta con eccessiva e ridicola solennità), politicante, corrotto, politicume, politicastro, venduto
poliziotto, militare sbirro (agente con metodi arbitrari, servo del potere, corrotto, violento), caporale (persona prepotente, autoritaria), piedipiatti, sgherro
portiere, custode portinaio (persona pettegola)
professionista, artista mestierante (impreparato, improvvisato), artistoide
prostituta, lavoratrice del sesso puttana, mignotta, zoccola, troia, corpivendola, bagascia, battona, squillo, meretrice, donna di vita/di strada/di malaffare/da marciapiede, malafemmina, escort, passeggiatrice, lucciola, bella di notte, marchettara, sgualdrina
psicologo strizzacervelli
sacerdote, prete corvo, gesuita, pretucolo,  pretignuolo, pretino, pretoccolo, pretoide, pretume
uomo di fatica facchino, scaricatore di porto, camallo
uomo/donna delle pulizie sguattero/a
usuraio strozzino, sanguisuga, mignatta, cravattaro
vigilante sceriffo

legenda: nomignolo attribuito per:

classismo
delusione
paura

Come si può notare, diversi di questi insulti professionali sono costruiti alterando il nome di un lavoro con suffissi diminutivi, accrescitivi o peggiorativi: vedi pretino, pretoccolo, pretoide… (per sapere come offendere usando solo i suffissi, vedi questo altro mio articolo). 

Un vecchio “Topolino”. Inquietante.

Ma questo elenco dà lo spunto anche per altre riflessioni. Un eloquente indizio è vedere quali sono le categorie più bersagliate, ovvero quelle con il maggior numero di sinonimi e varianti: la lingua batte dove il dente duole. Fuori di metafora, le figure professionali che hanno generato più insulti sono quelli che colpiscono di più la nostra immaginazione, che suscitano le emozioni più forti e complesse. Come potete vedere nella tabella, le attività che hanno ispirato il maggior numero di epiteti offensivi sono l’avvocato (leguleio, azzeccagarbugli, avvocaticchio, etc), il commerciante (bottegaio, faccendiere, maneggione), il contadino (bifolco, zotico, burino, cafone…), il giornalista (pennivendolo, scribacchino, velinaro), l’impiegato (travet, burocrate, portaborse), il medico (cavasangue, macellaio), il politico (tangentaro, politicante), il poliziotto (sbirro, piedipiatti), il prete (corvo, pretucolo), la prostituta (zoccola, mignotta), l’usuraio (strozzino, cravattaro).
In sintesi, vengono più bersagliate le persone che esercitano male il loro potere (politici, usurai, commercianti), o che fanno male il loro lavoro, soprattutto se è una professione importante e delicata (giornalisti, medici, avvocati). Per questo ho classificato questi epiteti come l’effetto di una delusione.
Discorso a parte merita il disoccupato, che è – insieme al contadino – il più disprezzato: perché è considerato un parassita che campa alle spalle di tutti gli altri che lavorano. Insomma, un cattivo esempio da mettere al bando: meglio avere un lavoro, anche schifoso, piuttosto che nulla. Ma non sempre – soprattutto oggi, in tempi di crisi economica – essere disoccupati è una colpa. Così alla disgrazia di non avere soldi e lavoro, si aggiungono l’isolamento e il disprezzo sociale.

Libro contro gli stereotipi: racconta la storia di un agente, Elio Carminati.

Ma alcune attività sono disprezzate in quanto tali. Il contadino, ad esempio, da secoli ispira la più ampia categoria di insulti lavorativi: tanto che ormai cafone, villano, bifolco non indicano più gli agricoltori, ma sono sinonimo di persona ignorante, maleducata, rozza. Il motivo? Puro e semplice classismo: quando si sono formate le città, nel Medioevo, i benestanti che vivevano nei primi agglomerati urbani guardavano con disprezzo quanti facevano il duro lavoro di zappare la terra. Li consideravano inferiori. Ma altri mestieri sono disprezzati in quanto tali non solo perché sono umili, ma anche per moralismo e paura. Il caso più emblematico è quello della prostituzione: un lavoro tanto disprezzato ma al tempo stesso molto richiesto. In un certo senso, un male necessario, di cui non si vuole ammettere l’importanza, negandogli ogni dignità. (Anche se poi, nel disprezzo verso le prostitute, entrano in gioco altri fattori, culturali e sessuali, di cui non mi occupo in questo articolo). E lo stesso tipo di disprezzo ansioso e pauroso si registra anche per i necrofori, che si occupano dei morti. Insomma, quando si tratta di cose delicate, degli aspetti più bui della nostra vita, preferiamo offendere. E voltarci da un’altra parte.

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Perché i genitali sono diventati insulti? https://www.parolacce.org/2016/02/17/offese-metafore-sessuali/ https://www.parolacce.org/2016/02/17/offese-metafore-sessuali/#respond Wed, 17 Feb 2016 14:07:43 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9415 “Cazzone, cazzuto, incazzato“: non passa inosservato il sottotitolo di “Deadpool“, un film su un supereroe per adulti, stravagante, comico e politicamente scorretto. Il film, al cinema in questi giorni, è l’occasione per parlare dei genitali usati come insulti: perché i nomi che designano pene,… Continue Reading

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deadpoolCOLCazzone, cazzuto, incazzato“: non passa inosservato il sottotitolo di “Deadpool“, un film su un supereroe per adulti, stravagante, comico e politicamente scorretto. Il film, al cinema in questi giorni, è l’occasione per parlare dei genitali usati come insulti: perché i nomi che designano pene, vulva, glutei sono usati anche per offendere le persone (coglione, testa di cazzo, faccia da culo, rincoglionito)?
Non è strano che gli organi sessuali (nei quali ho inserito anche i glutei, in quanto richiami erotici) siano usati per descrivere le caratteristiche psicologiche o i modi di fare delle persone, e per di più in modo negativo?
La questione è intrigante. Indagando ho scoperto che queste metafore sessuali sembrano indicarci una rotta morale, additando i peggiori difetti umani, sia intellettivi che comportamentali. E lo fanno con una lucidità sorprendente: sembrano aver attinto da un trattato di psichiatria. I difetti che queste espressioni mettono alla berlina, infatti, sono così universali che caratterizzano molti celebri personaggi cinematografici: non solo Deadpool, ma tutte le macchiette rappresentate nei film di Carlo Verdone… e non solo.

Prima di svelare la mappa semantica degli insulti derivati dai genitali, affrontiamo subito la questione di fondo: cosa c’entrano gli organi sessuali con i difetti morali? Perché i nomi del sesso sono usati per esprimere offesa, disistima, disprezzo?
Innanzitutto perché i nomi osceni, evocando il sesso, sono emotivamente carichi, sono parole impregnate di passioni. Ma questa carica non è solo positiva (eros, piacere, seduzione, forza vitale, eccitazione, fecondità…). Il sesso ha anche un risvolto negativo: ci ricorda la nostra natura animalesca, da cui cerchiamo sempre di prendere le distanze. Ecco perché il sesso è usato per “abbassare” il valore di una persona: se dico a qualcuno che è una “testa di cazzo”, metto la sua intelligenza sullo stesso piano della pulsione sessuale, irrazionale e incontrollata. Quella persona, invece di ragionare col cervello, si lascia guidare dal pube. La “torre di controllo” si è spostata dall’alto al basso

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Iniziativa di un gruppo di creativi free lance: non vogliono essere sotto pagati, cioè trattati da coglioni.

Questa visione svilente della sessualità è stata rafforzata, nella cultura occidentale, dall’orfismo, un movimento religioso nato in Grecia nel VI secolo a.C.: gli orfici disprezzavano il corpo, mortale e limitato, perché lo consideravano inferiore all’anima, pura e immortale. Nei secoli successivi questo contrasto fra mente e corpo è stato rafforzato anche dal cristianesimo, per il quale la vita terrena vale solo in funzione di quella ultraterrena.

Ecco perché, in moltissime lingue, i nomi che designano i genitali sono usati come insulti, anche se con molte variazioni da un Paese all’altro: alcuni Paesi utilizzano più le metafore derivate da pene e testicoli, altri quelle dalla vulva, altri ancora quelle che rimandano ai glutei.
Per esempio, tornando al film  “Deadpool”,  la tripletta inglese che lo descrive, significa letteralmente: tosto, saccente, grandioso, ed è giocata sulle varianti di “ass”, culo. In Italia, anche se culo è una parola dai molti significati (ne avevo parlato qui), preferiamo usare come metafora i genitali maschili: il “lato A” invece del “lato B”. Ecco perché nella versione italiana i traduttori hanno puntato sugli aggettivi derivati dal pene: cazzone, cazzuto, incazzato. Infatti, cazzuto è la traduzione corretta di bad ass,; smart ass è reso con cazzone, mentre sarebbe stato più corretto definirlo cazzaro (fanfarone, spaccone). Per il terzo aggettivo, great ass, non esiste un corrispettivo derivato dai genitali maschili: sarebbe stato corretto tradurlo come figone. E infatti in italiano le metafore derivate dal sesso femminile esprimono per lo più concetti positivi: figa (bella donna), figo (bell’uomo, alla moda, attraente, elegante), figata (cosa bella, piacevole, ben riuscita)… L’unica eccezione è fighetto, inteso come elegante, vanesio, affettato. Ma d’altronde non bisogna dimenticare che fesso (= sciocco, scemo) deriva da fessa (fessura, vulva), e fregnone (= sciocco, stupido) da fregna (vulva).

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T-shirt: sono con un testa di…

Qualcuno ha ipotizzato che forse la nostra cultura è fissata alla fase fallica (la fase dello sviluppo infantile che concentra la libido sul pene) mentre quella anglosassone a quella anale, ma è una lettura troppo semplicista: anche in italiano abbiamo molti riferimenti al deretano (faccia da culo) e agli escrementi (faccia di merda) nei nostri insulti. Forse, il contrasto fra pene-spregiativo e vulva-elogiativa è uno dei tanti sintomi del maschilismo della nostra cultura: i maschi disprezzano il proprio sesso, apprezzando quello opposto. C’è del vero, ma come spiegare, allora, gli spregiativi derivati dal sesso femminile?
E’ più probabile che questa opposizione nasca da un altro aspetto: mentre la vulva è nascosta e misteriosa, il pene è un organo evidente, appeso e penzolante, quindi in balìa dei movimenti del corpo: come tale si presta a diventare il simbolo di un essere passivo e inanimato.
In ogni caso, è impossibile generalizzare: in francese, per esempio, il termine che designa la vulva, con, è usato come insulto: equivale al nostro coglione. Lo stesso avviene anche in inglese, dove il termine twat (vulva) è un’offesa pesante che significa coglione, stronzo, pezzo di merda. I nomi del sesso, insomma, sono veri jolly linguistici che possono esprimere tutto e il contrario di tutto, come già raccontavo in questo post.

Ed è proprio questa ricchezza espressiva a rendere difficile studiare questi appellativi, e tradurli da una lingua a un’altra: che cosa vogliamo dire quando affermiamo che una persona è “un coglione“? E’ questa la prima difficoltà con cui ci si scontra se si vuole fare una mappa semantica degli insulti tratti dal lessico sessuale, traducendo le parolacce in termini neutri o almeno non volgari. Così facendo, ho potuto distinguere gli insulti genitali in due grandi famiglie: quelli contro l’intelligenza e quelli contro il comportamento. E mentre compilavo questo elenco (nel quale ho inserito, in blu, alcuni corrispettivi in inglese) mi sono venuti in mente diversi personaggi cinematografici che incarnassero quei difetti. Tipi umani presenti a ogni epoca e latitudine.

insultiGenitali1Gli insulti contro l’intelligenza si possono dividere in 2 sottocategorie: quelli che condannano l’incapacità di intendere, ovvero il ritardo mentale in varie forme; e quelli che puntano l’indice contro l’ottusità, l’ostinazione, ovvero la demenza e i deficit di attenzione. Mentre i primi sono difetti permanenti, i secondi possono essere transitori: perché si è presa una botta in testa, perché si è invecchiati, perché si è stanchi. Questi insulti, insomma, evidenziano – per contrasto – l‘importanza dell’intelligenza, della prontezza di riflessi, della capacità di discernere e agire di conseguenza.
Chi è privo di queste doti, è emarginato e disprezzato. Ma al tempo stesso fa ridere: se guardate i personaggi che incarnano questi difetti, sono tutti personaggi comici: da Checco Zalone a Mr Bean, fino al tontolone Leo, portato in scena da Carlo Verdone in “Un sacco bello”.

insultiGenitali2Discorso altrettanto interessante si può fare per gli insulti che stigmatizzano determinati comportamenti. Mettendoli tutti insieme, mi sono accorto che coincidono in modo impressionante con i disturbi di personalità, cioè le malattie mentali che compromettono l’equilibrio psicologico e relazionale di una persona. Sono tutte forme di disadattamento: chi ne è affetto risponde in modo inadeguato ai problemi della vita, compromettendo i rapporti con gli altri. Sono persone aggressive, false, esibizioniste, moleste, vittimiste, incapaci di empatia con gli altri, insensibili, cattive. E proprio per questo sono il bersaglio di molti e pesanti insulti, come potete vedere dal grafico qui a lato. Nei loro confronti, è difficile usare una chiave comica: soprattutto verso i sociopatici, che non a caso hanno ispirato schiere di “cattivi” nei film.

Dunque, riunendo tutti gli insulti derivati dai genitali, emerge un quadro sorprendente: additano le peggiori caratteristiche di una persona, che diventa così meritevole di disprezzo e di dileggio. Ma queste parolacce non sono soltanto offese. Indirettamente indicano (per contrasto) i valori più importanti che ognuno di noi dovrebbe perseguire se vuole ottenere la stima e la benevolenza altrui: l’intelligenza, l’acume, la ragionevolezza, l’altruismo, l’empatia, la dolcezza, il rispetto… Insomma, a ben guardare, gli insulti genitali non sono cazzate.

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Parolacce: la “top ten” del 2014 https://www.parolacce.org/2015/01/02/parolacce-la-top-ten-del-2014/ https://www.parolacce.org/2015/01/02/parolacce-la-top-ten-del-2014/#comments Fri, 02 Jan 2015 14:41:22 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6864 Quali sono state le parolacce più clamorose del 2014? Le più inaspettate, fuori dagli schemi, emblematiche (e con effetti notevoli)? Nell’anno appena concluso ho censito oltre 200 casi rilevanti di turpiloquio, nelle cronache italiane ed estere. Con una tendenza che salta all’occhio: la… Continue Reading

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TopTenLogo3Quali sono state le parolacce più clamorose del 2014? Le più inaspettate, fuori dagli schemi, emblematiche (e con effetti notevoli)? Nell’anno appena concluso ho censito oltre 200 casi rilevanti di turpiloquio, nelle cronache italiane ed estere. Con una tendenza che salta all’occhio: la maggioranza erano casi di ordinario razzismo. Nella politica, nello sport, nella vita di tutti i giorni. Sono il segno di un problema irrisolto: l’immigrazione, la globalizzazione, la mescolanza di culture, e anche la ricerca di capri espiatori per la crisi economica che ci attanaglia. Riusciremo a trovare un equilibrio nel 2015?
Chissà. Nel frattempo, ripercorriamo, a distanza di tempo, i casi più rilevanti del 2014. Con una novità rispetto al passato: in questa settima edizione della “top ten” ho diviso le parolacce per categoria. Ciascuna è, a suo modo, la prima nel proprio campo. La vincitrice assoluta è l’ultima della lista. Buon divertimento.

ECONOMIA

 «Grazie d’aver ricomprato un inutile mucchio di merda». [Thanks for buying back a worthless pile of turd]

Nat Rotschild, 26 marzo 2014, su Twitter

Rotschild2Dopo 3 anni, divorziano due uomini d’affari: l’indonesiano Aga Bakrie (socio del presidente dell’Inter Erick Thohir) e Nat Rothschild (erede della storica dinastia bancaria britannica). Si erano uniti nella società Bumi per il business del carbone in Asia, ma gli affari erano andati male. Così Barkrie, per 500 milioni di dollari, ha comprato le quote della Bumi di Rotschild. A transazione finita, Rotschild ha subito twittato: «Grazie d’aver ricomprato un inutile mucchio di merda. Non vedo l’ora di vedere la Bumi a quota zero».
Bakrie ha replicato con più aplomb, scrivendo: «Abbiamo riportato in Indonesia le nostre miniere strappandole agli imperialisti». Ma Rotschild ha ribattuto: «mentre tuo padre è un genio, corre voce che tu sia un grosso stupido!». E Bakrie: «Ah ah… “Stupido” credo sia la parola che viene associata a te dalla maggior parte delle persone che ho incontrato».

Raramente si può assistere a uno scontro così crudo nel mondo degli affari: in questo caso l’economia ha svelato davanti a tutti il suo volto più spietato, fatto di sopraffazioni fatte e subìte, sberleffi, offese.

 

SPORT

«McLaren e Ferrari, auto di merda». [McLaren: el coche es una mierda. Ferrari: otro coche de mierda.]

Niki Lauda, 19 luglio 2014, intervista al quotidiano spagnolo El Paìs.

LaudaE’ la vigilia del Gran Premio di F1 a Hockenheim (Germania). Niki Lauda, ex pilota e oggi presidente non esecutivo della Mercedes, viene intervistato dal quotidiano spagnolo El Paìs. E conferma la sua fama di uno che parla senza peli sulla lingua. Commentando la stagione dice: «La McLaren ha il nostro stesso motore e l’auto è una merda. Dove sono? Da nessuna parte. Guarda la Ferrari: altra auto di merda. L’anno prossimo sarà diverso perché potranno cambiare metà motore».  

A 65 anni d’età, Lauda è rimasto uguale a se stesso: ha sempre detto ciò che pensa, senza guardare in faccia a nessuno. Aveva detto che “La Ferrari è un’auto di merda” già nel lontano 1974: non a un giornale, ma a Piero Ferrari, figlio del Drake, quando correva nella scuderia del cavallino rampante.
Dopo l’intervista al Paìs e il clamore che ha suscitato, Lauda si è scusato: «sono stato troppo pesante nel termine, perdonatemi. E’ come se fossi arrivato lungo in una frenata, può succedere».

 

SCIENZA

«Stronzo Bestiale: il coautore perfetto per una ricerca rifiutata».

William G. Hoover, 2 ottobre 2014, intervista a parolacce.org

stronzo3E’ il 1987. Sul “Journal of Statistical Physics” esce una ricerca firmata da Bill Moran, William G. Hoover e… Stronzo Bestiale, improbabile ricercatore dell’università di Palermo.
Per 27 anni questa ricerca è stata una leggenda tra i fisici: nessuno ne aveva scoperto la vera storia. Lo scorso autunno, quando l’ho saputa, ho deciso di indagare: ho chiesto spiegazioni al prof. Hoover, fisico statunitense oggi in pensione. E per la prima volta Hoover ha svelato il retroscena di quella storia.
Aveva sentito l’espressione «Stronzo bestiale» da due italiane incontrate in un viaggio aereo: «Quella frase mi era rimasta impressa. E ho deciso che Stronzo Bestiale sarebbe stato il coautore perfetto per una ricerca rifiutata». Così ha cambiato titolo alla ricerca, ha aggiunto come autore Stronzo Bestiale e… la ricerca è stata pubblicata.

Quando ho raccontato questa storia, il sito parolacce.org ha ricevuto 152 mila visitatori da tutto il mondo (Usa, Regno Unito, Russia, Germania, Spagna, Francia, Cina, Sud Africa….), e il caso è stato segnalato da giornali, siti e radio di tutto il mondo: fra gli altridal sito della rivista statunitense Science.
E’ una delle beffe più riuscite e più lunghe nella storia della scienza. E svela che anche gli scienziati possono avere forti passioni e senso dell’humor.

 

GAFFE

«Signora Loren, è sempre una topa meravigliosa lei, se lo lasci dire».

Paolo Ruffini presentando l’attrice ai David di Donatello, 10 giugno 2014.

 La conduzione di Paolo Ruffini alla cerimonia dei David – uno dei premi cinematografici più prestigiosi – ha sollevato diverse polemiche. Era stato reclutato per alleggerire l’atmosfera del premio, ma si è lasciato un po’ prendere la mano. Soprattutto quando, in apertura, ha consegnato a Sophia Loren un premio speciale. Accogliendo l’attrice, in splendida forma a 80 anni d’età, il 36enne Ruffini, toscano, le ha detto: «Signora Loren, è sempre una topa meravigliosa, se lo lasci dire».

Imbarazzo in sala, la Loren impassibile. Dopo qualche secondo, la celebre attrice gli ha detto: “E’ proprio una bischerata. Non so neanche cosa significa, lei parla un dialetto che io non conosco”. La frittata, comunque, era fatta: Ruffini è stato bersagliato sui social network e sui giornali (anche per il resto della serata, tanto che il suo concittadino Paolo Virzì l’ha invitato a usare toni più consoni). «Se la Loren si è offesa, mi scuso», ha replicato Ruffini, «ma solo per un fatto di forma, non per la sostanza: topa è un complimento che a Livorno è considerato colloquiale». Vero, ma solo in parte, dato che topa denota i genitali femminili: un’espressione inadatta per rivolgersi a una donna di 80 anni, e per di più una gloria del cinema mondiale.

 

SESSISMO

«La figa al potere: un disastro sociale».

Marco Zurru, 18 novembre 2014, post su sardegnablogger.it

FQvKuxaAlessandra Moretti, eurodeputata Pd e candidata alle primarie per le Regionali in un’intervista al Corriere della sera parla di stile “ladylike” (signorile), difendendo la bellezza in politica «che non è incompatibile con l’intelligenza». Dopo averla vista e ascoltata, Marco Zurru, professore associato di sociologia dei processi economici e del lavoro all’università di Cagliari, scrive un post politicamente scorretto su sardegnablogger.it. Il titolo è tutto un programma:  «Figa al potere, disastro sociale». Nell’articolo, definisce la Moretti una «starnazzante bonazza», poi dice: «cosa ci sia di rappresentativo nel modello del far politica al femminile proposto da questa signorina “bravissima e bonissima, proprio non lo capisco … che cazzo c’entra la figa con la buona politica?».

Quando ha pubblicato l’articolo è scoppiato il putiferio: il rettore dell’università di Cagliari ha avviato una procedura per la contestazione dello scritto. E Zurru alla fine si è scusato: «ho esagerato, nella forma, nel lessico e nelle citazioni volgari. E di questo mi scuso, prima di tutto con l’onorevole Moretti, e con tutte le donne».

 L’articolo è stato rimosso dal Web (è ancora visibile qui). Raro leggere un attacco al tempo stesso così intellettuale e così volgare da parte di un docente universitario. Sarebbe stata un’invettiva condivisibile, perché contestava il primato della civetteria sui programmi politici (considerazione che vale anche per gli uomini); ma si è ritorta come un boomerang contro lo stesso autore, per evidente incontinenza espressiva: Zurru è arrivato a scrivere «a questa signorina “bravissima” e bonissima – due colpi (anche quattro, a dire il vero) glieli darebbe chiunque».

 

LO SBROCCO ASSOLUTO

«Scassaminchia, merda secca, cretino mistico, scorreggia fritta, morto».

Vittorio Sgarbi, 17 novembre 2014, trasmissione “La zanzara” (Radio 24).

Il critico d’arte Vittorio Sgarbi è ospite di Giuseppe Cruciani a “La zanzara” su Radio 24. Cruciani, provocatoriamente, lancia Sgarbi come candidato per la presidenza della Repubblica. Un ascoltatore, Paolo da Udine, chiama in trasmissione e dice di «aver le palle piene di ascoltare Sgarbi», dicendogli «sei finito». Sgarbi reagisce dicendo: «Tu sei una merda secca». Poi sbrocca senza freni, con una sequela quasi ininterrotta di 3 minuti e mezzo. Un’antologia da record. Ecco i contenuti: «Finito lo dici a tua madre. Io sono vivissimo. Tu sei finito. Inesistente. Morto. Imbecille. Cornuto. Sei uno scassaminchia. Non rompere il cazzo. Non sei niente. Tu sei morto prima di nascere. Tu non parli, scorreggi! Dalla bocca ti escono scorregge. Sei un cretino, cretino mistico. Ti copro di merda come meriti. Scorreggia fritta. Inutile. Povero cretino. Ladro. Imbecille. Non capisci un cazzo, ignorante, capra! Morto. Fuori dai coglioni. Imbecille».

Una sequela di insulti da antologia, che supera l’ormai mitico «Capra! Capra! Capra!» rivolto ad Aldo Busi in tv (Rai1, “Chiambretti c’è”) nel 2011. In questo caso, però, Sgarbi ha sfoderato una certa creatività linguistica, con un lessico vario e originale.

 

FRA STARLETTE

«Vecchia!». «Sfigata!».

9 marzo 2014, Milano, litigio fra le soubrette Belén Rodrìguez e Ana Laura Ribas durante la festa dello stilista Alessandro Martorana.

ribasMilano, in un hotel lo stilista Alessandro Martorana festeggia i 40 anni. Fra le invitate, le showgirl brasiliana Ana Laura Ribas (46 anni) e l’argentina Belén Rodrìguez (30).

Fra le due starlette non corre buon sangue: l’anno scorso la Ribas aveva detto che Belen aveva trasformato il suo matrimonio «in un circo». Così quando si sono incontrate alla festa, Belen ha attaccato la Ribas dicendole: «Sei vecchia Ribas, non lavori più, sei vecchia!». La Ribas ha reagito dicendole: «Se io sono vecchia tu sei una sfigata!».

La polemica, per la felicità dei giornali di gossip, si è trascinata su Twitter, sui siti Internet e le riviste. Un litigio da soubrette d’altri tempi, ambientato in un lussuoso albergo durante il party di uno stilista: mancavano solo le borsate in testa, le tirate di capelli e i flash dei paparazzi.

 

POLITICA

«Sei un fannullone in questo Parlamento, sei solo in tv e mai in aula, mai in riunione per lavorare, E’ una vergogna!».

Marc Tarabella a Matteo Salvini, 14 gennaio 2014, Strasburgo, Europarlamento.

Strasburgo, Europarlamento, Si discute della direttiva sugli appalti pubblici. Matteo Salvini definisce il provvedimento «tanta aria, l’ennesimo documento che giustifica lo stipendio di qualche centinaio di burocrati europei che vanno a complicare la vita a imprese, lavoratori e sindaci».

L’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella non ci vede più e replica: «Collega Salvini. E’ una vergogna sentirvi in aula, perché per un anno e mezzo abbiamo lavorato, e bene, con i colleghi… Sei l’unico che non abbiamo mai visto in riunione. E facile dire che abbiamo fatto aria. Come va a spiegare ai suoi elettori che è un fannullone in questo Parlamento, è solo in tv e mai in aula, mai in riunione per lavorare, E’ una vergogna».

E la risposta finale di Salvini, alla fine conferma le accuse: «Io non me la prendo. Ci sta, ci sta il dissenso. Non me la prendo. (…) So che il documento finale non porta a casa neanche un terzo di quello che io e il presidente avremmo voluto. Non me la prendo. Gli lascio le mie opinioni. Io alle piccole imprese lombarde e italiane gli porto in dote il nulla. Lo ringrazio per lo stimolo a essere più presente. L’avrei fatto molto volentieri se non avessi avuto la certezza fin da subito che non saremmo arrivati a niente, o quasi, in nome del mercato. Non mi offendo. E gli mando un abbraccio».

Il video è diventato un cult per la schiettezza indignata di Tarabella, che ha trattato Salvini come uno scolaretto indisciplinato (tanto che poi Salvini ha poi ricevuto il “Tapiro d’oro” di “Striscia la notizia”). Lì per lì Salvini ha incassato. Poi però ha voluto ribadire, su Facebook, di avere un’alta produttività in Parlamento. Ma non ha potuto smentire l’assenza che aveva ammesso in aula.

 

INCIDENTI INTERNAZIONALI

«Fa piacere mandare a fare… gli inglesi, boriosi e coglioni».

Maurizio Gasparri, 15 giugno 2014, su Twitter

Maurizio-Gasparri1Mondiali di Calcio: l’Italia batte il Regno Unito per 2 a 1. Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato (Pdl), twitta: “Fa piacere mandare a fare… gli inglesi, boriosi e coglioni”.

Un attacco a gamba tesa: Gasparri, del resto, è noto per uno stile tutt’altro che sobrio su Twitter, dove non esita a insultare altri politici, personaggi dello spettacolo e comuni cittadini. Stavolta il suo Tweet, oltre a scatenare valanghe di commenti negativi in Rete, varca la Manica diventando un caso internazionale: ne ha parlato con dovizia di particolari perfino il quotidiano britannico Guardian, che ha definito Gasparri «uno dei politici italiani più abituali alle gaffe».

Ma Gasparri non se n’è dato per inteso: «è una tempesta in un bicchier d’acqua», ha commentato. «Mi diverte questa polemica un po’ ridicola che hanno montato su una cosa avvenuta nell’euforia per la vittoria. Il fatto è che l’Italia batte abitualmente l’Inghilterra nelle partite importanti. Noi siamo 4 volte Campioni del Mondo mentre loro hanno vinto la Coppa solo una volta nel ’66». Insomma, nessun pentimento: si attende il prossimo incidente internazionale.

 

 PRESIDENZIALE

«Dilma, Dilma, vaffanculo». [Ehi, Dilma, vai a tomar no cù]

12 giugno, 2014, Sao Paulo (Brasile), tifosi all’arena Corinthians

Partita inaugurale dei Mondiali (Brasile-Croazia, finita 3-1). Tra i 62 mila spettatori presenti all’arena Corinthians, in migliaia hanno intonato più volte in coro: «Ehi, Dilma, vai tomar no cú» («Ehi, Dilma, vaffanculo»). Un “vaffa” clamoroso, avvenuto davanti alle telecamere di tutto il mondo e ad altri 12 capi di Stato presenti in tribuna.

Mai, nella storia del Brasile, si era assistito a una contestazione così clamorosa verso un presidente, e per di più donna. Il motivo? Innanzitutto, il diffuso malcontento per i miliardi spesi per il Mondiale a fronte dei gravi problemi in cui versa il Paese, come raccontavo qui.

Il malcontento, nell’occasione, è stato cavalcato dalle opposizioni in vista delle elezioni presidenziali di ottobre, che però la “presidenta” ha vinto, ribaltando tutti i pronostici che la vedevano sfavorita. La Rousseff, ex guerrigliera, non ha smentito la propria fama di donna tenace: «Non sono criticata perché sono dura, ma perché sono donna». Per tutti questi motivi, il “vaffa” brasiliano è la parolaccia dell’anno 2014.

Volete leggere le top ten degli ultimi 6 anni? Ecco quelle del 2013, del 2012, del 2011, del 2010, del 2009 e del 2008.

 La “Top ten” delle parolacce 2014 è stata segnalata da: AdnKronos, “Il Mattino“, “Leggo“, “Il Tempo“, SardegnaOggi, Focus.it, Oggi.it,  NotizieTiscali,  The horsemoonpost, ArezzoWebGiornale dell’Umbria.

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