figlio di puttana | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Fri, 10 May 2024 14:54:41 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png figlio di puttana | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 La mamma è sempre la mamma (anche negli insulti) https://www.parolacce.org/2024/05/09/lista-insulti-alla-madre/ https://www.parolacce.org/2024/05/09/lista-insulti-alla-madre/#comments Thu, 09 May 2024 18:00:25 +0000 https://www.parolacce.org/?p=20478 E’ una delle offese più potenti che esistano. Perché colpisce la persona più importante del nostro mondo affettivo: la mamma. E non solo in Italia, nota per essere una cultura di mammoni: questo genere d’offesa è diffusa nelle altre lingue… Continue Reading

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Striscione offensivo dei tifosi del Pescara contro quelli dell’Ascoli

E’ una delle offese più potenti che esistano. Perché colpisce la persona più importante del nostro mondo affettivo: la mamma. E non solo in Italia, nota per essere una cultura di mammoni: questo genere d’offesa è diffusa nelle altre lingue romanze (francese, spagnolo, portoghese, rumeno), in inglese e nelle lingue dell’est, dal russo al cinese, oltre all’arabo e diverse altre.
In italiano gli insulti alla madre sono una quarantina ed esprimono una fantasia molto malevola. Perché sviliscono, con immagini ripugnanti o sessuali, la figura più sacra: la persona che ci ha trasmesso la vita. Un colpo dinanzi al quale nessuno può restare indifferente: come ha ricordato papa Francesco (paragonando il sentimento religioso con l’attaccamento alla madre), «Se il dottor Gasbarri, un grande amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno. E’ normale». Come diceva il comico toscano Francesco Nuti «Te la mi’ mamma tu la lasci stare, va bene?».

Questo genere di insulti ha influenzato non soltanto i modi di dire, ma anche le culture: le battaglie rap consistono spesso nell’improvvisare rime offensive sulla madre di un’altra persona (“yo mama…“, “tua madre…“), in una sfida che rappresenta non solo un duello linguistico e simbolico, ma è anche un rito di affiliazione fra giovani, come racconterò più avanti. Pensate che in russo il gergo volgare si chiama proprio “Mat”, termine che deriva dalla stessa radice di “madre” (dall’espressione “yob tvoyu mat”, «fotti tua madre»).

Battaglia rap a suon di insulti alla madre: è uno show in Australia

Nella nostra lingua gli insulti alla madre sono più numerosi nei dialetti, per lo più del Sud: in italiano ci sono 5 espressioni, contro le 36 fra: napoletano (11), veneto e friulano (8), sardo (6), toscano (3),  pugliese (3),  siciliano e calabrese (2) e lombardo (1). Un’ulteriore prova che si tratta di offese molto antiche: infatti le dicevano anche Cicerone e Shakespeare. Degno di nota il fatto che prevalgono le espressioni di tipo incestuoso: rappresentano metà delle locuzioni censite.

Gli insulti alla madre sono uno dei 4 temi universali (cioè diffusi in ogni cultura) delle parolacce insieme agli insulti fisici, alle espressioni oscene e ai termini escrementizi. E sono offese del tutto particolari perché colpiscono una persona non direttamente, ma offendendone un’altra: una sorta di vendetta trasversale. Una strategia molto efficace, visto il rapporto così intimo e profondo con la figura materna. Insomma, la mamma è anche…. la madre degli insulti.
Come nasce questa usanza? E come si manifesta, in italiano e in altre lingue?

Figlio di… 

Locandina di Eleazaro Rossi, comico.

L’espressione “figlio di puttana”, con le sue diverse varianti, è presente in tutte le lingue: inglese (son of a bitch), francese (fils de pute, Ta mère la pute), tedesco (hurensohn), spagnolo (hijo de puta), portoghese (filho da puta), rumeno (Fiu de curvă) arabo (Ibin Sharmootah: la puttana di tua madre), russo (Сукин сын). In cinese si usa l’espressione 王八蛋wáng bā dàn) che significa letteralmente “uovo di tartaruga”: dato che la tartaruga abbandona le uova dopo averle covate, l’espressione denota un figlio di madre ignota (mignotta per l’appunto: vedi sotto), nato da una relazione extraconiugale. Ma ci sono anche due altre spiegazioni: un tempo si pensava che le tartarughe concepissero solo con il pensiero, rendendo impossibile ricostruire la paternità della prole (dunque, in questo caso, “figlio di padre ignoto”). Oppure, secondo un’altra interpretazione ancora, all’origine dell’espressione c’è la somiglianza fra la testa della tartaruga che esce dal guscio e il glande  che emerge dal prepuzio: l’espressione indica quindi una donna che ha perso la virtù.

In spagnolo esistono anche altri modi pittoreschi per dirlo: “anda la puta que te pari” (Torna dalla prostituta che ti ha partorito) e “tu puta madre en bicicleta”, ovvero “tua madre puttana in bicicletta”.

In Italiano è una delle espressioni considerate più offensive dopo le bestemmie (e a pari merito con “succhiacazzi”), secondo la mia ricerca sul volgarometro. Ed è l’offesa che raccoglie più denunce e processi, secondo uno studio.

Perché? Per motivi giuridici, sociali e psicologici.

[ per approfondire, apri la finestra cliccando sulla striscia blu qui sotto ] 

BASTARDI E ILLEGITTIMI
 

Film del 2003. L’espressione significa “avere una natura cattiva”

In passato, i figli delle prostitute (e in generale quelli nati fuori dal matrimonio) erano disprezzati: la struttura sociale si basava sulle coppie matrimoniali ufficiali, nelle quali – fino all’avvento dei test genetici – era più immediato stabilire l’appartenenza sociale e i diritti ereditari, dato che “Mater semper certa est, pater numquam” (“L'[identità della] madre è sempre certa”, quella del padre no). E proprio dall’impossibilità di accertare in modo oggettivo la paternità è nata l’ossessione per il controllo sul sesso femminile: la moralità della donna era l’unica condizione per assicurare stabilità sociale e ordine. I figli nati fuori dal matrimonio erano visti come una minaccia a questo ordine, poiché potevano complicare le questioni di eredità e le alleanze familiari.

Nel mondo antico erano considerati “bastardi” (altro termine offensivo legato alle figure genitoriali) i figli di coppie conviventi, quelli nati da una prostituta o frutto di una relazione adulterina o incestuosa. Questi figli, denominati “illegittimi”, erano penalizzati nell’ambito del diritto successorio (non potevano ereditare il patrimonio dei genitori), erano esclusi dalle cariche pubbliche, non potevano svolgere alcune professionisposare persone appartenenti ai cosiddetti mestieri onorabili. In più, per la religione, il sesso al di fuori del matrimonio era considerato immorale, e di conseguenza, i figli nati da queste unioni erano  stigmatizzati come prova visibile di un comportamento peccaminoso.

E questa prospettiva è arrivata fino ai tempi moderni: in Italia solo dal 1975 con la riforma del diritto di famiglia i figli nati fuori dal matrimonio acquisirono gli stessi diritti dei figli “ufficiali”. E solo dal 2012 è sparita, con la riforma della filiazione, la legge 219, la distinzione fra “figli legittimi” e “figli naturali”.

Questo genere di insulti sono un retaggio della cultura patriarcale? Secondo Francine Descarries, femminista e docente di sociologia all’Université du Québec à Montréal, la risposta è sì: «Le donne sono sempre state considerate proprietà degli uomini, siano esse figlie, mogli o madri. Attaccare la madre significa contaminare la proprietà dell’uomo. Quindi, quando insultiamo la madre di un uomo, attacchiamo i suoi beni, proprio come i suoi vestiti o la sua casa».

La testata di Zidane a Materazzi: l’artista algerino Adel Abdessemed ne ha fatto una statua.

In effetti, ricordate perché Zinedine Zidane diede una testata a Marco Materazzi, giocandosi così la finale dei Mondiali di calcio 2006? Perché Materazzi gli aveva detto: “Non voglio la tua maglia, preferisco quella puttana di tua sorella.
L’ipotesi ha del vero: nessuno nega il peso del maschilismo nella nostra cultura. Tuttavia, in questo caso, c’è una ragione molto più immediata, come evidenzia la psicologia: la madre è l’affetto più profondo che abbiamo, la fonte delle nostre sicurezze, le nostre radici. Non solo gli uomini, ma anche le donne si sentirebbero offese se qualcuno denigrasse la loro madre. E, in ogni caso,
insultare i familiari di qualcuno è, in generale, un’offesa pesante: tant’è vero che in napoletano si offende non solo la madre (“mamm’t”), ma anche la sorella (“soreta”), il padre (“patete”), o il fratello (“frateto”).  Toccare i rapporti di sangue, quelli più stretti, fa sempre male. Del resto, non condividiamo con loro parte del nostro patrimonio genetico?

Gli insulti alla madre sono molto antichi: già Plutarco, nella “Biografia di Cicerone” ricorda la battuta di quest’ultimo a Metello Nepote che gli chiedeva “Chi è tuo padre?”. Cicerone gli rispose: “Nel tuo caso,” disse Cicerone, “tua madre ha reso la risposta a questa domanda piuttosto difficile.”

E nel “Timone d’Atene” William Shakespeare inserisce questo dialogo:

PITTORE – Sei un cane!

APEMANTO – Della mia stessa razza è tua madre: che altro potrebbe essere quella che ha fatto te, s’io sono un cane?

 

MODI DI DIRE

In questa categoria ho censito 11 espressioni:

“5 figli di cane”, film di gangster del 1969

♦ figlio della colpa: figlio nato al di fuori del matrimonio, fra conviventi o adulteri 

♦ figlio della serva: persona considerata inferiore per nascita e trattata di conseguenza, anche in modo sgarbato e villano. Usato soprattutto in senso figurato per chi viene emarginato da un gruppo, o trattato con minor considerazione rispetto agli altri.

♦ figlio di nessuno: trovatello, o figlio naturale. Era usato anche come insulto o con valore spregiativo. In senso figurato, anche bambino molto trascurato dai genitori.

♦ figlio di puttana (dal latino puta, fanciulla) / di troia (femmina del maiale, sozza fisicamente e moralmente) / di zoccola (femmina del topo di fogna, notoriamente prolifica. Ma può derivare dal fatto che nel 1700 le prostitute dei quartieri spagnoli indossavano le stesse scarpe vistose, con alti zoccoli, delle nobildonne, che li usavano per non sporcare di fango le loro vesti) / di baldracca (da Baldacco, antico nome di Baghdad. Era anche il nome di un’osteria di Firenze frequentata dalle meretrici) / di mignotta (un tempo molte madri naturali non intendevano riconoscere legalmente i propri figli, e non davano il loro nome all’anagrafe; questi bambini erano pertanto registrati come “figli di madre ignota”, che abbreviato in “M.Ignota” ha dato luogo al termine “mignotta” con valore d’insulto) / di bagascia (dal francese bagasse,  “serva” o “fanciulla”) 

♦ figlio d’un cane: l’espressione è equivalente a “figlio di puttana”, ma aggiunge una valenza spregiativa il riferimento all’animale (considerato inferiore all’uomo) considerato vile, crudele e comunque inferiore all’uomo. In inglese “son of a bitch” significa letteralmente “figlio di una cagna”: i cani sono disprezzati per il fatto di avere rapporti sessuali davanti a tutti e con partner diversi

In napoletano:

♦ figlio’ e’ ntrocchia: figlio di puttana. La parola ntrocchia deriva dal latino “antorchia”, torcia: nell’antichità le prostitute giravano di notte in strada con una torcia accesa per attirare clienti. L’equivalente di “lucciola”, insomma. L’espressione può essere usata anche in senso ammirativo (vedi prossimo riquadro)

♦ chella puttan ‘e mamm’t: quella puttana di tua madre

In veneto, friulano:

♦ tu mare putana: tua madre puttana

♦ tu mare grega: “grega” significa “greca”, donna straniera: spesso le prostitute dei bordelli erano di origine straniera, e in friulano “grego” designa anche una persona infida, doppia 

In siciliano:

♦ ‘dra pulla i to matri: quella puttana di tua madre

♦ figghiu d’arrusa / buttanazza: figlio di puttana

DA INSULTI A COMPLIMENTI

L’attore Samuel L. Jackson fa spesso il motherfucker, un tipo tosto.

L’espressione “figlio di puttana”, oltre a indicare i figli delle prostitute, designa anche una persona spregevole e priva di scrupoli che compie azioni disoneste: i figli delle prostitute, del resto, crescevano per strada, o senza un’educazione, e spesso vivevano di espedienti per riuscire a cavarsela.
Al punto che l’espressione “figlio di puttana” (e in napoletano “figl ‘e ndrocchia” e “figl ‘e bucchino”) può essere usata, in modo scherzoso, anche come complimento: indica chi riesce a cavarsela nelle situazioni difficili grazie a un’abilità spregiudicata. E questo vale anche per l’espressione spagnola de puta madre”, di madre puttana, che però è usata come rafforzativo enfatico: equivale al nostro “della Madonna”, “cazzuto”, “molto figo”, “da paura”: come dire, figlio di una madre spregiudicata e tosta. Anche l’espressione inglese “motherfucker” (letteralmente: uno che si fotte la madre, ovvero “uno capace di fottere sua madre”) significa
“persona meschina, spregevole o malvagia” o si può riferire a una situazione particolarmente difficile o frustrante. Ma può essere usato anche in senso positivo, come termine di ammirazione, come nell’espressione badass motherfucker (acronimo: BAMF), che significa ”persona tosta, impavida e sicura di sé”.

Arma letale: le espressioni incestuose

In spagnolo la “concha” è la conchiglia, ma qui significa vulva.

Gli insulti alla figura materna possono utilizzare una variante se possibile ancora più offensiva: quella che evoca la sessualità della madre. Giocano, cioè, sul tabù dell’incesto, il più forte e antico: evocando la sessualità della propria madre costringono il destinatario dell’insulto a un pensiero altamente sgradevole, ripugnante e imbarazzante. Un “incantesimo” verbale pesantissimo, innescato evocando i suoi genitali, gli atti sessuali o una vita sessuale dissoluta. Il sesso evoca sempre la nostra natura animalesca, dalla quale cerchiamo sempre di prendere le distanze: a maggior ragione nei rapporti affettivi che non hanno (e non devono avere) risvolti erotici.
Dunque, abbinare pensieri osceni alla figura materna è un’arma linguistica micidiale, ed è presente in molte lingue:
oltre al già ricordato russo  “Ёб твою мать” (“yob tvoyu mat”, scopa tua madre, all’origine del “mat”, il gergo volgare), c’è l’albaneseqifsha nënën” (mi fotto tua madre) o “Mamaderr” (Tua mamma è una maiala) e l’araboKos immak” (La figa di tua madre) e Nikomak (scopa tua madre). E anche il rumenoDute-n pizda matii“, torna nella figa di tua madre, e il cinese ha due espressioni per “scopa tua madre”屌你老母 (diu ni lao mu, cantonese) e  操你妈 (cao ni ma, mandarino). E il persiano: Kiram tu kose nanat, ovvero “il mio cazzo nella figa di tua madre”, Madar kooni “tua madre è lesbica”, Kos é nanat khaly khoob hast “La figa di tua madre è buona”, Sag nanato kard “Un cane ha scopato tua madre”, Pedarbozorget nanato kard “Tuo nonno ha scopato tua madre”, Nanat sag suk mizaneh “Tua madre fa pompini ai cani”, Molla nanato kard “Un mullah (teologo) ha scopato tua madre”, Madareto kardam “Mi sono scopato tua madre”, Kiram to koone nanat “il mio cazzo nel culo di tua madre”.

In francese c’è “nique ta mère” (scopa tua madre) e “Ta salope de mère” (quella maiala di tua madre), in spagnolo(vete a) la concha de tu madre” (vai nella figa di tua madre), “Chinga tu madre” (“Scopa tua madre”), “Tu madre culo” (“Il culo di tua madre”). E in finlandese c’è l’espressione  “Äitisi nai poroja” che significa “Tua madre scopa con una renna”: ogni cultura adatta gli insulti al proprio contesto.

 

MODI DI DIRE

E’ la categoria più numerosa, con 20 espressioni:

In veneto:

“A fess d mamt”, un brano disco degli Impazzination (2012).

♦ quea stracciafiletti de to mare: quella strappa frenuli (del prepuzio) di tua madre

♦ va in figa de to mare / va in mona: vai nella figa di tua madre, ovvero: torna da dove sei venuto. E’ usato anche in modo bonario, come sinonimo di “Ma và a quel paese”

♦ quea sfondrada de to mare: quella sfondata di tua madre

♦ chea rotinboca de to mare: quella rottinbocca di tua madre 

♦ va in cùeo da to mare: và nel culo a tua madre.

In mantovano:

♦ cla vaca at ta fàt: quella vacca che ti ha fatto

In toscano:

♦ la tu mamma maiala / la maiala di tu mà: tua madre maiala

In napoletano:

♦ a fess d mam’t: la figa di tua madre (usato anche come esclamazione di disappunto, o per mandare qualcuno a quel paese)

♦ bucchin e mamt: la bocchinara di tua madre

♦ mocc a mamm’t / vafammocc a mamm’t: in bocca a tua madre / vai a farti fare un rapporto orale da tua madre

♦ ‘ncul a mamm’t: in culo a tua madre

♦ figl’e bucchino (figlio di un rapporto orale): persona scaltra e senza scrupoli capace di cavarsela in ogni situazione

In pugliese:

La birra “De puta madre”, una Ipa tosta.

♦ lu piccioni spunnatu di mammata: la figa sfondata di tua madre

♦ a fissa i mammeta : la figa di tua madre

In calabrese:

♦ Fiss’i mammata: la figa di tua madre

♦ In culu a memmata e a tutta a razza da tua: In culo a tua madre e a tutta la tua famiglia

In sardo:

♦ mi coddu cussa brutta bagass’e mamma: Mi fotto quella brutta puttana di tua madre

♦ t’inci fazzu torrai in su cunnu: Ti faccio tornare nell’apparato riproduttivo di tua madre

♦ su cunnu e mamma rua: La figa di tua madre

♦ su cunnu chi ta cuddau a sorri tua baggassa impestara luride e’merda: La figa che ti ha partorito a te e a tua sorella impestata lurida di merda 

♦ su cunnu chi ti ndà cagau: La figa che ti ha cagato

♦ sugunnemamarua bagassa, babbu ruu curruru e caghineri coddau in culu e in paneri de su figllu de su panettieri: La figa di tua mamma bagascia e tuo padre finocchio inculato dal figlio del panettiere

 Offese generiche (e da rapper)

“Yo mama”, film del 2023 su un gruppo di mamme che si mettono a rappare.

Le offese alla madre non sono soltanto di tipo sessuale. Esistono anche insulti generici usati per ferire la persona infangando l’immagine della madre. Un atteggiamento piuttosto comune nell’infanzia e nell’adolescenza, con frasi del tipo “tua madre è brutta”, “tua madre è cicciona”. E questa abitudine sta anche alle origini del rap: la battaglia rap, in particolare, è un duello verbale in rima nei quali gli avversari si fronteggiano improvvisando insulti sempre più spinti sulla madre dell’avversario con la formula “Yo mama” (“your mama”, tua madre). Questa tradizione deriva dalle “dozzine”, duelli d’insulti di origine africana, ma diffusi anche in diverse altre culture. Ma le “dozzine” non sono soltanto un duello verbale nel quale i partecipanti devono mostrare la propria abilità linguistica cercando di sconfiggere l’avversario con insulti sempre più creativi e pesanti. Secondo gli antropologi Millicent R. Ayoub e Stephen A. Barnett, le dozzine erano anche un rituale per rafforzare i legami fra i coetanei. Una sorta di rito di affiliazione: partecipando, il giovane è disposto a lasciare che altri insultino sua madre senza ritorsioni, in cambio di una più stretta integrazione nel suo gruppo di amici. Solo un rapporto molto intimo fra i partecipanti rende possibile gli insulti reciproci alle madri senza passare alle mani. Secondo il sociologo Harry Lefever, questo gioco potrebbe essere anche uno strumento per preparare i giovani afroamericani ad affrontare gli abusi verbali senza arrabbiarsi. Una sorta di allenamento a sopportare le provocazioni: un possibile effetto secondario rispetto alla sfida di sfidarsi con offese che fanno girare la testa.


Di battaglie rap sulla madre abbiamo anche un celebre esempio italiano: il “Mortal kombat” tra Fabri Fibra e Kiffa nel 2001. Dopo una sequela di insulti di vario genere, Fibra (dal minuto 2:08) inizia a insultare Kiffa dicendo “Tua madre non avvisa / Quando si fa calare a gambe larghe sopra la torre di Pisa”, a cui Kiffa risponde con: “Invece tua madre è troppo brava / L’ho vista conficcarsi la Mole Antonelliana”, e così via in un crescendo sempre più osceno e crudo (siete avvisati):

Oltre che nel rap, gli insulti alla figura materna sono diffusi a ogni latitudine. In spagnolo ci sono espressioni fantasiose come Tu madre tiene  bigote” (Tua madre ha i baffi) , o “Me cago en la leche que mamaste” (cago nel latte che hai succhiato dal seno di tua madre). In giapponese c’è l’espressione Anata no okaasan wa kuso desu (Tua madre è un pezzo di merda). In persianoMadar suchte“, Tua madre è bruciata all’inferno, e Nane khar “Tua madre è un’asina”.

Lo scrittore Lu Xun.

Gli insulti sulla madre sono molto diffusi anche in Cina. Già nel 1925 lo scrittore Lu Xun (1881-1936) osservava: «Chiunque abiti in Cina sente spesso dire “tāmāde” (他妈的 = tua madre) o altre espressioni abituali del genere. Credo che questa parolaccia si è diffusa in tutte le terre dove i cinesi hanno messo piede; la sua frequenza d’utilizzo non è inferiore al più cortese nǐ hǎo (ciao). Se, come alcuni sostengono, la peonia è il “fiore nazionale” della Cina, possiamo dire, allo stesso modo, che “tāmāde” ne è il “turpiloquio nazionale”».Secondo Xun, attaccare la madre era un modo per mettere in discussione non solo la reputazione, ma anche il prestigio sociale delle classi altolocate, che basavano il loro potere e prestigio sugli antenati: annientando questi ultimi, con espressioni come “discendente di madre schiava”(而母婢也), “sporco figlio dell’eunuco” (赘阉遗丑), scompare anche il prestigio dei presenti. «Se vuoi attaccare il vecchio sistema feudale, prendere di mira i lignaggi nobiliari è davvero una strategia intelligente. La prima persona ad aver inventato l’espressione “tāmāde” può essere considerata un genio, ma è un genio spregevole».

 

MODI DI DIRE

In italiano non ho trovato frasi fatte con espressioni denigratorie sulla madre. Ce ne sono 8, invece, in alcuni dialetti:

In napoletano:

Tua madre è così grassa: è uno degli insulti contro la madre

♦ chella pereta / loffa ‘e mammeta: quella scorreggia di tua madre

♦ chella zompapereta ‘e mammeta: quella salta scorregge di tua madre: appellativo rivolto alle donne popolane e volgari, o anche alle prostitute

♦ chella latrina / cessa ‘e mammeta: quel cesso di tua madre

♦ chella cessaiola / merdaiola ‘e mammeta : quella lava gabinetti di tua madre 

In veneto:

♦ to mare omo: tua madre è un uomo

Una particolare variante degli insulti materni riguarda evocare la morte della madre oppure insultare i suoi defunti, anche in questo caso nei dialetti:

In livornese:

♦  budello cane di tu madre morta: budella da cane di tua madre morta

♦ il budello de tu ma: le budella di tua madre

In pugliese:

♦ l’ murt de mam’t: i morti di tua madre

E tu, conosci altri modi di dire con insulti alla madre? Scrivilo nei commenti e aggiornerò l’articolo.

Ringrazio Lina Zhou per la preziosa traduzione dell’articolo di Lu Xun.


Ho parlato di questa ricerca a Radio Deejay, ospite della trasmissione “Il terzo incomodo” condotta da Francesco Lancia e Chiara Galeazzi. Qui sotto l’audio dell’intervento:

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Il presidente più volgare della Storia https://www.parolacce.org/2016/09/30/insulti-duterte-filippine/ https://www.parolacce.org/2016/09/30/insulti-duterte-filippine/#respond Fri, 30 Sep 2016 12:50:39 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10907 Al suo confronto, Trump, Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini e Gasparri diventano raffinati gentiluomini. Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, è un caso unico e inedito nello scenario politico internazionale: ha sparato offese pesanti alle più importanti istituzioni e autorità mondiali:… Continue Reading

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duterte2Al suo confronto, Trump, Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini e Gasparri diventano raffinati gentiluomini. Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, è un caso unico e inedito nello scenario politico internazionale: ha sparato offese pesanti alle più importanti istituzioni e autorità mondiali: dall’Onu all’Unione Europea, e persino papa Francesco. Non si era mai visto un capo di Stato  insultare non solo gli avversari interni, ma persino i vertici di altre nazioni e anche un leader religioso.
Ma come si spiega questo stile comunicativo che viola ogni protocollo diplomatico?
Si può dedurre la strategia politica di un capo di Stato dalle parolacce che dice?
E quali effetti ha questo comportamento fuori dagli schemi?
Il caso merita di essere approfondito.
Partiamo prima dagli insulti che lo hanno proiettato sulla ribalta internazionale. Insulti non sempre facili da tradurre, perché Duterte li pronuncia in tagalog, una lingua austronesiana con alcune influenze inglesi e spagnole, che lui però non padroneggia essendo di lingua madre cebuanaQuindi spesso le sue frasi non sono del tutto corrette, comprensibili o facilmente traducibili. E spesso le mescola con un inglese rudimentale. Ecco perché ho chiesto aiuto a vari esperti per avere una traduzione il più possibile fedele.
Qui sotto cito i 6 insulti più clamorosi che ha pronunciato finora. La sua espressione preferita è putangina, che deriva da puta (puttana) in spagnolo.

PAPA

“Papa, figlio di mignotta”.

30 novembre 2015, convention del partito Pdp-Laban

LA FRASE. “Papa, figlio di mignotta [Putang Ina Ka], tornatene a casa. Non tornare più a farci visita”. A quell’epoca Duterte si era appena candidato alla presidenza. Era indispettito perché, quando papa Francesco era venuto nelle Filippine, Duterte aveva impiegato 5 ore per raggiungere un centro commerciale della città, per gli ingorghi causati dalla visita papale. E così, rievocando l’episodio, ha insultato il pontefice.
L’insulto è stato detto in modo scherzoso, ma ha fatto clamore in un Paese dove l’81% degli abitanti è di fede cattolica. Tanto che, nei giorni seguenti. Duterte ha dovuto scusarsi. Ma la sua uscita ha fatto breccia nella “pancia” dell’elettorato.

ONU

“Fanculo, ONU”.

4 giugno 2016, a una conferenza stampa, rispondendo ai media stranieri che lo avevano criticato.

LA FRASE. “Vaffanculo [fuck you] Onu, non riesce nemmeno a risolvere le carneficine in Medio-Oriente… e non riesce nemmeno ad alzare un dito in Africa… Chiudete il becco tutti quanti!”. Spiegherò più avanti i motivi di questo attacco all’Onu. La frase è stata pronunciata in piena campagna elettorale: era un assaggio di quanto sarebbe avvenuto nei mesi successivi.

Fonte

AMBASCIATORE

“L’ambasciatore Usa: frocio e figlio di puttana”.

8 agosto 2016, incontro con le forze armate.

LA FRASE. “Avevamo parlato con Kerry (John Kerry, segretario di Stato, Usa). Con lui è tutto a posto, anche se ho litigato con il loro ambasciatore (Philip Goldberg, ndr), quel frocio [bakla]. Figlio di puttana [putang ina], mi infastidisce davvero. Goldberg si è immischiato durante le elezioni, facendo dichiarazioni qua e là. Non doveva farlo”.

Fonte

OBAMA

“Porca puttana, Obama”.

5 settembre 2016, a una conferenza stampa

LA FRASE. “Porca puttana [putang-ina], ti maledirò in quel dibattito (riferimento all’incontro previsto con Obama al summit Asean in Laos, ndr) ”. La frase è stata tradotta da molti media come “figlio di puttana”, ma in realtà secondo una traduzione autorevole qui “puttana” è usato come imprecazione, come sfogo di rabbia generico. Secondo altri commentatori, invece, Duterte avrebbe detto “figlio di puttana” ma non a Obama, bensì al giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda. La frase si inseriva in un discorso in cui Duterte ha ribadito, lucidamente e con orgoglio, di essere “presidente di uno Stato sovrano, abbiamo smesso da tempo di essere una colonia”, accusando di indebite ingerenze gli Usa.
Dopo il clamore suscitato sui media Duterte si è scusato, precisando comunque che l’insulto non era rivolto a Obama. Ma d
i fatto l’incidente diplomatico c’è stato lo stesso: Obama ha cancellato un incontro previsto con Duterte, qualificandolo come un “tipo colorito”. Eleganza contro stile trash.

BAN KI-MOON

“Ban Ki-Moon, sei un altro stronzo/rincoglionito”.

9 settembre 2016, summit Asean in Laos

LA FRASE. “Ban Ki-Moon ha fatto un’altra dichiarazione sui diritti umani. Sei un altro stronzo/rincoglionito [tarantado]”. Anche le ragioni di questo attacco le spiegherò più sotto.

Fonte

UNIONE EUROPEA

“Fanculo, Unione europea”.

21 settembre 2016, discorso a Davao

LA FRASE.Ho letto la condanna dell’UE contro di me. Dirò loro: ‘Fanculo’ (fuck, alzando il dito medio, ndr). In realtà lo stai facendo per espiare i tuoi peccati: basta leggere i libri di storia per vedere che i Paesi europei hanno ucciso migliaia di persone in passato. E hanno la faccia tosta di condannare me… Lo ripeto: andate affanculo”. Il motivo della polemica contro l’Ue è lo stesso che lo ha spinto contro l’Onu.
 

Come si spiegano tutti questi insulti? Innanzitutto, bisogna precisare che nonostante i suoi modi di fare, Duterte non è una persona incolta: è un ex avvocato di 71 anni. Ed è soprattutto un politico navigato: il suo esordio risale al 1988, quando fu eletto sindaco della città di Davao, che ha amministrato per oltre 20 anni, fino al 2010. L’uso di insulti si spiega, piuttosto, con il suo populismo: strizza l’occhio alla gente comune, usandone il linguaggio. 

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza.

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza a Manila (Wikipedia).

In più, ha un carattere spiccio e autoritario: quando era sindaco, ha adottato il pugno di ferro – tolleranza zero – contro la criminalità, avallando metodi sanguinari da parte della polizia e di anonimi squadroni della morte. Guadagnandosi così il soprannome di “castigatore” (The punisher) o di “sceriffo del Pacifico”.
Un approccio che ha continuato anche da presidente, nella lotta alla droga: si stima che da quando è entrato in carica, circa 3mila persone sono state uccise: un terzo dalla polizia, il resto da anonimi assassini. Duterte ha pure offerto medaglie e ricompense in denaro per chi avesse ucciso i trafficanti. Dunque, assolutista, nazionalpopolare e violento.
Eppure, come ha rilevato un’inchiesta di “Time”, la diffusione di droga nelle Filippine non è peggiore che in altri Paesi. “Consumatori e spacciatori di droga” scrive il settimanale, “sono solo l’ultimo capro espiatorio in un Paese che da tempo deve affrontare problemi molto più gravi, come la corruzione endemica, la povertà, una sanità pubblica carente, gli abusi dei diritti e l’impunità della polizia (…). Duterte è riuscito a convincere molti suoi concittadini che il consumo di droga è una tale emergenza da minacciare l’esistenza stessa del Paese, e che solo il suo governo può salvare le Filippine”. Dunque, parolacce e lotta alla droga sarebbero una strategia di “distrazione di massa”.

TRIAD CONNECTION. President Rodrigo R. Duterte shows a copy of a diagram showing the connection of high level drug syndicates operating in the country during a press conference at Malacañang on July 7, 2016. KING RODRIGUEZ/Presidential Photographers Division

Duterte mostra l’organigramma dello spaccio di droga (Wikipedia, King Rodriguez/Presidential Photographers Division)

Ed è proprio la sistematica violazione dei diritti umani che ha spinto Onu, Usa e Ue a contestare Duterte, il quale invece vuole tirare dritto per la propria strada. Dunque, le parolacce sono usate non solo per aumentare il consenso, ma anche per ribadire la propria identità a dispetto delle pressioni (o ingerenze) internazionali. “Vuole mostrarsi come uomo di popolo, paladino di un’indipendenza e di una purezza politica e culturale molto seducente per l’orgoglioso popolo filippino”, scrive Difesaonline.
Ma quali effetti avranno i suoi attacchi ai poteri forti? Non rischia di perdere autorevolezza internazionale e di portare le Filippine all’isolamento?
Il rischio esiste, ma potrebbe anche essere calcolato, ipotizzano alcuni esperti di geopolitica. Finora, le Filippine sono state un’importante stampella per le strategie Usa nel Pacifico, scrive ancora Difesaonline, soprattutto in chiave anti-cinese. Ma forse Duterte vuole cambiare gli equilibri, riaprendo il dialogo con Pechino. O magari semplicemente alzare la posta con gli Usa.
Come andrà a finire, è difficile immaginarlo. Di certo, però, lo stile di Duterte resta senza precedenti: se il buongiorno si vede dal mattino (Duterte è in carica da 3 mesi) ne vedremo delle belle. Del resto, in filippino presidente si dice “pangulo”: un nome, un destino?

 

 

Ringrazio le persone che mi hanno aiutato a districarmi nel filippino, da WordLo a molti altri.
E’ stato interessante (e divertente).

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deadpoolCOLCazzone, cazzuto, incazzato“: non passa inosservato il sottotitolo di “Deadpool“, un film su un supereroe per adulti, stravagante, comico e politicamente scorretto. Il film, al cinema in questi giorni, è l’occasione per parlare dei genitali usati come insulti: perché i nomi che designano pene, vulva, glutei sono usati anche per offendere le persone (coglione, testa di cazzo, faccia da culo, rincoglionito)?
Non è strano che gli organi sessuali (nei quali ho inserito anche i glutei, in quanto richiami erotici) siano usati per descrivere le caratteristiche psicologiche o i modi di fare delle persone, e per di più in modo negativo?
La questione è intrigante. Indagando ho scoperto che queste metafore sessuali sembrano indicarci una rotta morale, additando i peggiori difetti umani, sia intellettivi che comportamentali. E lo fanno con una lucidità sorprendente: sembrano aver attinto da un trattato di psichiatria. I difetti che queste espressioni mettono alla berlina, infatti, sono così universali che caratterizzano molti celebri personaggi cinematografici: non solo Deadpool, ma tutte le macchiette rappresentate nei film di Carlo Verdone… e non solo.

Prima di svelare la mappa semantica degli insulti derivati dai genitali, affrontiamo subito la questione di fondo: cosa c’entrano gli organi sessuali con i difetti morali? Perché i nomi del sesso sono usati per esprimere offesa, disistima, disprezzo?
Innanzitutto perché i nomi osceni, evocando il sesso, sono emotivamente carichi, sono parole impregnate di passioni. Ma questa carica non è solo positiva (eros, piacere, seduzione, forza vitale, eccitazione, fecondità…). Il sesso ha anche un risvolto negativo: ci ricorda la nostra natura animalesca, da cui cerchiamo sempre di prendere le distanze. Ecco perché il sesso è usato per “abbassare” il valore di una persona: se dico a qualcuno che è una “testa di cazzo”, metto la sua intelligenza sullo stesso piano della pulsione sessuale, irrazionale e incontrollata. Quella persona, invece di ragionare col cervello, si lascia guidare dal pube. La “torre di controllo” si è spostata dall’alto al basso

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Iniziativa di un gruppo di creativi free lance: non vogliono essere sotto pagati, cioè trattati da coglioni.

Questa visione svilente della sessualità è stata rafforzata, nella cultura occidentale, dall’orfismo, un movimento religioso nato in Grecia nel VI secolo a.C.: gli orfici disprezzavano il corpo, mortale e limitato, perché lo consideravano inferiore all’anima, pura e immortale. Nei secoli successivi questo contrasto fra mente e corpo è stato rafforzato anche dal cristianesimo, per il quale la vita terrena vale solo in funzione di quella ultraterrena.

Ecco perché, in moltissime lingue, i nomi che designano i genitali sono usati come insulti, anche se con molte variazioni da un Paese all’altro: alcuni Paesi utilizzano più le metafore derivate da pene e testicoli, altri quelle dalla vulva, altri ancora quelle che rimandano ai glutei.
Per esempio, tornando al film  “Deadpool”,  la tripletta inglese che lo descrive, significa letteralmente: tosto, saccente, grandioso, ed è giocata sulle varianti di “ass”, culo. In Italia, anche se culo è una parola dai molti significati (ne avevo parlato qui), preferiamo usare come metafora i genitali maschili: il “lato A” invece del “lato B”. Ecco perché nella versione italiana i traduttori hanno puntato sugli aggettivi derivati dal pene: cazzone, cazzuto, incazzato. Infatti, cazzuto è la traduzione corretta di bad ass,; smart ass è reso con cazzone, mentre sarebbe stato più corretto definirlo cazzaro (fanfarone, spaccone). Per il terzo aggettivo, great ass, non esiste un corrispettivo derivato dai genitali maschili: sarebbe stato corretto tradurlo come figone. E infatti in italiano le metafore derivate dal sesso femminile esprimono per lo più concetti positivi: figa (bella donna), figo (bell’uomo, alla moda, attraente, elegante), figata (cosa bella, piacevole, ben riuscita)… L’unica eccezione è fighetto, inteso come elegante, vanesio, affettato. Ma d’altronde non bisogna dimenticare che fesso (= sciocco, scemo) deriva da fessa (fessura, vulva), e fregnone (= sciocco, stupido) da fregna (vulva).

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T-shirt: sono con un testa di…

Qualcuno ha ipotizzato che forse la nostra cultura è fissata alla fase fallica (la fase dello sviluppo infantile che concentra la libido sul pene) mentre quella anglosassone a quella anale, ma è una lettura troppo semplicista: anche in italiano abbiamo molti riferimenti al deretano (faccia da culo) e agli escrementi (faccia di merda) nei nostri insulti. Forse, il contrasto fra pene-spregiativo e vulva-elogiativa è uno dei tanti sintomi del maschilismo della nostra cultura: i maschi disprezzano il proprio sesso, apprezzando quello opposto. C’è del vero, ma come spiegare, allora, gli spregiativi derivati dal sesso femminile?
E’ più probabile che questa opposizione nasca da un altro aspetto: mentre la vulva è nascosta e misteriosa, il pene è un organo evidente, appeso e penzolante, quindi in balìa dei movimenti del corpo: come tale si presta a diventare il simbolo di un essere passivo e inanimato.
In ogni caso, è impossibile generalizzare: in francese, per esempio, il termine che designa la vulva, con, è usato come insulto: equivale al nostro coglione. Lo stesso avviene anche in inglese, dove il termine twat (vulva) è un’offesa pesante che significa coglione, stronzo, pezzo di merda. I nomi del sesso, insomma, sono veri jolly linguistici che possono esprimere tutto e il contrario di tutto, come già raccontavo in questo post.

Ed è proprio questa ricchezza espressiva a rendere difficile studiare questi appellativi, e tradurli da una lingua a un’altra: che cosa vogliamo dire quando affermiamo che una persona è “un coglione“? E’ questa la prima difficoltà con cui ci si scontra se si vuole fare una mappa semantica degli insulti tratti dal lessico sessuale, traducendo le parolacce in termini neutri o almeno non volgari. Così facendo, ho potuto distinguere gli insulti genitali in due grandi famiglie: quelli contro l’intelligenza e quelli contro il comportamento. E mentre compilavo questo elenco (nel quale ho inserito, in blu, alcuni corrispettivi in inglese) mi sono venuti in mente diversi personaggi cinematografici che incarnassero quei difetti. Tipi umani presenti a ogni epoca e latitudine.

insultiGenitali1Gli insulti contro l’intelligenza si possono dividere in 2 sottocategorie: quelli che condannano l’incapacità di intendere, ovvero il ritardo mentale in varie forme; e quelli che puntano l’indice contro l’ottusità, l’ostinazione, ovvero la demenza e i deficit di attenzione. Mentre i primi sono difetti permanenti, i secondi possono essere transitori: perché si è presa una botta in testa, perché si è invecchiati, perché si è stanchi. Questi insulti, insomma, evidenziano – per contrasto – l‘importanza dell’intelligenza, della prontezza di riflessi, della capacità di discernere e agire di conseguenza.
Chi è privo di queste doti, è emarginato e disprezzato. Ma al tempo stesso fa ridere: se guardate i personaggi che incarnano questi difetti, sono tutti personaggi comici: da Checco Zalone a Mr Bean, fino al tontolone Leo, portato in scena da Carlo Verdone in “Un sacco bello”.

insultiGenitali2Discorso altrettanto interessante si può fare per gli insulti che stigmatizzano determinati comportamenti. Mettendoli tutti insieme, mi sono accorto che coincidono in modo impressionante con i disturbi di personalità, cioè le malattie mentali che compromettono l’equilibrio psicologico e relazionale di una persona. Sono tutte forme di disadattamento: chi ne è affetto risponde in modo inadeguato ai problemi della vita, compromettendo i rapporti con gli altri. Sono persone aggressive, false, esibizioniste, moleste, vittimiste, incapaci di empatia con gli altri, insensibili, cattive. E proprio per questo sono il bersaglio di molti e pesanti insulti, come potete vedere dal grafico qui a lato. Nei loro confronti, è difficile usare una chiave comica: soprattutto verso i sociopatici, che non a caso hanno ispirato schiere di “cattivi” nei film.

Dunque, riunendo tutti gli insulti derivati dai genitali, emerge un quadro sorprendente: additano le peggiori caratteristiche di una persona, che diventa così meritevole di disprezzo e di dileggio. Ma queste parolacce non sono soltanto offese. Indirettamente indicano (per contrasto) i valori più importanti che ognuno di noi dovrebbe perseguire se vuole ottenere la stima e la benevolenza altrui: l’intelligenza, l’acume, la ragionevolezza, l’altruismo, l’empatia, la dolcezza, il rispetto… Insomma, a ben guardare, gli insulti genitali non sono cazzate.

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