Francia | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 03 Feb 2025 13:21:09 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Francia | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Qatar, il Mondiale degli insulti (online) https://www.parolacce.org/2023/08/05/ricerca-offese-calcio/ https://www.parolacce.org/2023/08/05/ricerca-offese-calcio/#comments Sat, 05 Aug 2023 13:01:29 +0000 https://www.parolacce.org/?p=19941 Quanti “leoni da tastiera” e quante parolacce ha scatenato l’ultimo Mondiale di calcio, Qatar 2022? La Fifa ha pubblicato il primo report globale sulle offese più frequenti sui social media verso calciatori, arbitri, allenatori. Da dove arrivano, chi prendono di… Continue Reading

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I calciatori della Germania posano con la mano sulla bocca all’inizio dei Mondiali: una protesta contro la FIFA, che aveva vietato di indossare fasce arcobaleno in Qatar (come solidarietà al mondo LGBT).

Quanti “leoni da tastiera” e quante parolacce ha scatenato l’ultimo Mondiale di calcio, Qatar 2022? La Fifa ha pubblicato il primo report globale sulle offese più frequenti sui social media verso calciatori, arbitri, allenatori. Da dove arrivano, chi prendono di mira, e quando.
La Fifa, infatti, durante il torneo aveva
alzato una barriera protettiva virtuale per i calciatori, il Servizio di protezione dei social media (SMPS): un sistema di intelligenza artificiale che ha monitorato le principali piattaforme di social media (Instagram, Facebook, Twitter, TikTok, YouTube) alla ricerca di post o commenti insultanti. Che sono stati in parte censurati in tempo reale sugli account di giocatori, allenatori,staff, squadre, in parte segnalati alle piattaforme.

Ora, a distanza di mesi dall’evento, la Fifa ha pubblicato un report che fa un bilancio dell’esperienza. E offre molti interessanti spunti di riflessione, anche se l’Italia non ha partecipato al torneo: è una delle prime volte in cui un torneo mondiale è stato monitorato dall’intelligenza artificiale (sebbene affiancata da quella umana) in un’operazione di protezione (o censura, a seconda dei punti di vista) in tempo reale e su scala globale. Alle squadre e ai giocatori la Fifa ha dato infatti un software di moderazione che nasconde automaticamente i commenti offensivi sui loro account: in questo modo sono stati occultati al pubblico 286.895 commenti.

In più lo studio ha risposto ad alcune curiosità: quanto sono frequenti gli insulti a squadre e giocatori? [ Risposta: poco ] Quali offese sono più frequenti e da dove arrivano? [ quelle generiche, e dall’Europa ]  Ci sono squadre più bersagliate di altre? [ la Francia ]. Con molte sorprese: razzismo e omofobia non sono stati i temi più frequenti della fogna virtuale.

Il sistema protettivo

La fasce anti discriminazione consentite dalla Fifa ai Mondiali femminili in Australia e Nuova Zelanda

Che il calcio sia uno sfogatoio dell’aggressività non è una novità. Molti calciatori diventano bersaglio dei tifosi, a ogni latitudine. E spesso questo può pregiudicare la loro serenità e il loro rendimento in campo. L’ex attaccante del Brasile Willian Borges da Silva ha sperimentato in prima persona gli abusi online: i tifosi del Corinthians insultavano lui e la sua famiglia ogni volta che non giocava all’altezza delle loro aspettative. Così, per evitare questi episodi, ha deciso di trasferirsi in Inghilterra (per il Fulham). 

«Un ambiente online tossico è un posto difficile e rischioso per i giocatori. L’odio e la discriminazione nell’ambiente online avere effetti dannosi sul loro benessere generale con attacchi di ansia, depressione, bassa autostima, disturbi del sonno, cambiamenti nelle abitudini alimentari, sentimenti di inadeguatezza, ritiro sociale e isolamento» ammonisce il report. 

Perciò, in vista dei mondiali, la Fifa ha attivato il Servizio di protezione dei social media (SMPS) chiamato “Threat Matrix” della società britannica Signify.ia: i giocatori di tutte le 32 Federazioni hanno fruito di un servizio di monitoraggio, segnalazione e moderazione dei commenti offensivi nelle lingue delle squadre che partecipavano al torneo. In pratica, un sistema di intelligenza artificiale, impostato in modo da riconoscere migliaia di parole-chiave insultanti nelle 7 lingue ufficiali della Fifa (inglese, francese, tedesco, spagnolo, arabo, portoghese e russo), ha analizzato oltre 20 milioni di post e commenti. Gran parte veniva da utenti di Instagram (43%), seguito da Twitter (26%) e Facebook (24%), il resto da TikTok (6%) e YouTube (1%).

Gli insulti? Un’eccezione

Fra i 20 milioni di commenti, il sistema ne ha segnalati 434mila (il 2,17%) agli operatori umani per ulteriore controllo: di questi, quasi 287mila (1,4%) sono stati bloccati (cioè resi invisibili sugli account dei partecipanti al Mondiale e al pubblico) e 19.600 (0,1%) sono stati segnalati alle piattaforme dei social media in quanto verificate come offensive. 

Voglio sottolineare le percentuali in gioco: i commenti sospettati come offensivi erano il 2,17%, quelli effettivamente bloccati l’1,4% e quelli più gravi, segnalati alle piattaforme,solo lo 0,1%.

Una statistica del tutto in linea con i trend che avevo rilevato nel linguaggio parlato (lo studio qui): le parolacce usate nell’italiano rappresentano lo 0,2% (in questo caso, però, ho conteggiato una singola parola, mentre nel report Fifa si conteggiano i post o i commenti, che possono contenere più di un termine insultante). Ed è un fatto insolito che sui social i commenti offensivi siano così bassi, dato che – rispetto al linguaggio parlato – ci si può nascondere dietro uno schermo e un nome falso. In ogni caso, per valutare seriamente la rappresentatività di questo dato bisognerebbe sapere quali e quante parole-chiave siano state impostate nel monitoraggio (e questo non è dato sapere).

Il report precisa che la Fifa «migliorerà ulteriormente i filtri di moderazione SMPS in vista del Campionato del mondo femminile Australia e Nuova Zelanda 2023» che terminerà in agosto.

Gli autori? Chissà

La nota dolente del report riguarda la possibilità di identificare ed eventualmente sanzionare gli autori di commenti irrispettosi: sono stati censiti 12.600 autori di post offensivi (in teoria ne avrebbero scritti 34 a testa) e solo 306 di loro (il 2,4%) sono stati effettivamente identificati per nome, cognome e indirizzo. Le loro identità sono state messe a disposizione dalla FIFA alle Federazioni affiliate e alle autorità giurisdizionali «per supportare l’azione intrapresa nel mondo reale contro coloro che hanno inviato commenti offensivi, discriminatori e minacciosi alle squadre e ai giocatori partecipanti durante la Coppa del Mondo FIFA». Ma il report segnala che «la risposta iniziale di Meta (proprietaria di Instagram e Facebook, ndr) alle loro segnalazioni era spesso una risposta automatica “che il team di revisione non era stato in grado di esaminarle”».
In più, prosegue il report, «
è stato rilevato un abuso razzista proveniente da un account in cui persino il nome dell’account conteneva termini chiaramente offensivi e razzisti, violando chiaramente i termini di servizio di Meta. Ciò ha segnalato una vulnerabilità nel processo di revisione della piattaforma, poiché l’account offensivo è rimasto attivo per più di 4 mesi dopo la fine del torneo, nonostante fosse stato segnalato il giorno della finale».
Non a caso, il p
residente della Fifa Gianni Infantino ha commentato: «Ci aspettiamo che le piattaforme di social media si assumano le proprie responsabilità e ci sostengano nella lotta contro ogni forma di discriminazione».

Dei 12.618 account che hanno inviato messaggi offensivi durante il torneo, è stato possibile identificare le loro provenienze per 7.204. Tre quarti dei “leoni da tastiera” vivono fra Europa (38%) e Sud America (36%).

Gli insulti più usati

Quali tipi di insulti sono stati rilevati? Per lo più generici (26,24%), seguiti da termini osceni (17,09%) e sessismo (13,47%). Solo 4° l’omofobia (12,16%) e il razzismo (10,7%), anche se a quest’ultima voce bisognerebbe aggiungere xenofobia (0,92%), anti Rom (0,37%), antisemitismo (0,18%), e forse anche islamofobia (1,94%), per un totale del 14,11%. Difficile, comunque, districarsi nella miriade di categorie con cui sono stati censiti gli insulti: come l’abilismo (che io ho tradotto con “insulti anti disabili”), o gli “insulti allusivi” (dog whistle: “banchieri internazionali” come sinonimo allusivo di “ebrei”), più altri difficilmente valutabili.

Ciò che conta, comunque, è la prevalenza di insulti generici o osceni, per un totale del 43,33%, quasi la metà dei casi: omofobia e razzismo, che tanto fanno scalpore sulle cronache, messi insieme arrivano solo a un quarto dei casi. Sono episodi emendabili ma non sono i più diffusi. E tra l’altro sono quelli che destano più preoccupazioni alla Fifa, che nel suo statuto ha inserito la lotta alla discriminazione in tutte le sue forme.

Per fare un confronto, «le finali di AFCON 2021 ed EURO 2020 sono state più colpite pesantemente dai contenuti razzisti e omofobi, con il 78% di tutti gli abusi rilevati che rientrano in una di queste due categorie. L’abuso razzista e omofobo è in genere il più eclatante e più facilmente identificabile e perseguibile dalle piattaforme».

D’altronde, nello sport, come nelle guerre, nel traffico o nelle riunioni di condominio (ovvero i contesti ad alto tasso di aggressività) si offende più per sfogare le proprie pulsioni aggressive che per volontà di emarginare: e tutto l’arsenale delle offese va bene pur di per ferire (simbolicamente) un avversario.

I più bersagliati (e quando)

Interessanti le statistiche su quale sia stata la nazione più bersagliata dagli insulti: la Francia, seguita da Brasile e Inghilterra, E più giù Messico, Argentina e Uruguay. La Germania (la nostra bestia nera ai Mondiali) è in coda alla classifica. Lascio agli esperti di calcio ulteriori interpretazioni che non sono in grado di dare.
Interessante, comunque, notare che la partita che ha acceso maggiormente gli animi non è stata la finale Argentina-Francia, bensì lo scontro Inghilterra-Francia, due rivali storiche, bersagliato da oltre 12mila commenti offensivi. Seguono la finale Argentina-Francia, e Marocco-Portogallo, entrambi sopra i 10mila. Accese anche le reazioni durante i match che hanno visto coinvolta la Germania (contro il Giappone e il Costa Rica) oltre ad Arabia Saudita-Messico.
«
La violenza e la minaccia sono diventate più estreme man mano che il torneo andava avanti con le famiglie dei giocatori sempre più referenziate e molti minacciati se sono tornati in un determinato Paese. Nelle fasi finali del torneo, il targeting individuale è stato più pronunciato, a causa di prestazioni, incidenti o rigori sbagliati» conclude il report. Il tifo si è acceso man mano che la posta in gioco si faceva più rilevante.

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Quando la password non si può proprio dire https://www.parolacce.org/2021/11/22/parolacce-come-password/ https://www.parolacce.org/2021/11/22/parolacce-come-password/#comments Mon, 22 Nov 2021 18:00:18 +0000 https://www.parolacce.org/?p=18927 Dite la verità: almeno una volta avete usato una parolaccia come password. Beh, siete in ottima compagnia: secondo una ricerca su 50 Paesi, fra le 200 password più usate nel mondo figurano anche 2 parolacce: fuckyou (fottiti, 56° posto, scelta… Continue Reading

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L’uso di parolacce come password è abbastanza diffuso.

Dite la verità: almeno una volta avete usato una parolaccia come password. Beh, siete in ottima compagnia: secondo una ricerca su 50 Paesi, fra le 200 password più usate nel mondo figurano anche 2 parolacce: fuckyou (fottiti, 56° posto, scelta da oltre un milione e mezzo di persone) e fuckyou1 (fottiti1, 131° posto, 853mila persone). Cosa succede in Italia? E qual è il Paese che ne usa di più?

La ricerca, fatta da NordPass, un servizio di gestione delle password,  ha esaminato oltre 275 milioni di parole d’ordine (275.699.516, per la precisione). Ed è interessante: la password è una chiave nascosta per accedere a diversi servizi su Internet. Ed è strettamente legata alla nostra identità: solo noi la conosciamo.
Guardare le password più usate è un viaggio nella fantasia (spesso scarsa: la parola d’ordine più diffusa, e la meno sicura, è 123456) e soprattutto nelle passioni nascoste delle persone: amici, familiari, amori (i nomi propri spopolano in tutte le lingue), squadre sportive (inter, juve), film (starwars, pokemon), cibi (chocolate), cantanti (eminem, onedirection), frasi fatte (ciaociao, Iloveyou) e così via.

Chi ne usa di più, chi ne usa di meno

“Dick” (cazzo) non è abbastanza duro (come parola d’ordine): campagna svedese per scoraggiare l’uso di parolacce come password.

Ma che cosa spinge a scegliere una parolaccia come password? La ricerca non lo dice, ma è facile intuirlo: è un invisibile sfogo verso l’ennesima richiesta di creare una password, un modo per ribellarsi senza troppi sforzi di fantasia. Gran parte delle espressioni usate, infatti, sono maledizioni (vaffanculo) o insulti (stronzo). Altre, invece, sembrano scelte più per una forma di trasgressione privata, usando termini escrementizi (cacca) o osceni (cazzo).  

Ma qual è la nazione che sceglie più parolacce come password? Ho fatto una ricerca, limitandomi alle 14 nazioni dove si parlano lingue che conosco: inglese (Usa, Regno Unito, Canada, Irlanda, Australia), portoghese (Portogallo, Brasile), spagnolo (Spagna, Cile, Colombia, Messico), francese (Francia, Svizzera), tedesco (Germania). Più l’Italia, ovviamente. Non è uno scenario completo (segnalazioni su altri Paesi saranno benvenute), ma tutto sommato abbastanza rilevante: e dunque, quali Paesi hanno usato più volgarità?
Iniziamo da quelli che non ne hanno utilizzata neppure una: sono Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Francia.

La tua password è una merda: non è sicuro usarla.

Ma non è l’unica sorpresa. Il Paese dove se ne usano di più sono gli Stati Uniti, seguiti da Italia e Germania (che però ci supera per numero totale di utilizzatori). Il Canada è la nazione dove una parolaccia risulta fra le prime 25 password più scelte (fuckyou, al 23° posto assoluto).
Per quanto riguarda l’Italia, il primo dato è impressionante: oltre 213mila persone, nel campione esaminato, hanno scelto una parolaccia come password. La parolaccia più scelta è vaffanculo, seguita da una bestemmia (unico caso al mondo, per quanto ho verificato); seguono cazzo, cazzone e cacca: uno scenario diverso rispetto alla classifica delle parolacce più usate nel linguaggio parlato, dove cazzo è al primo posto e vaffanculo al 10°.
Qui sotto l’elenco completo. Con una curiosità: la parolaccia più difficile da craccare per un hacker, stando a quanto afferma NordPass, è la spagnola tuputamadre (quella troia di tua madre), il tempo stimato necessario per decifrarla è di 4 mesi. E’ seguita da vaffanculo, craccabile in 12 giorni di lavoro. Probabilmente il tempo per scoprirla è direttamente proporzionale alla lunghezza, oltre che alla complessità della parola: ci vogliono solo 10 secondi per scoprire “cazzo” o “cacca”.

La classifica delle password volgari

 

Paese (parolacce censite) parolacce posizione e utilizzatori
USA (6)
366.791 persone
fuckyou (fottiti)

fuckyou1 (fottiti1)

asshole (buco di culo, stronzo)

fuckyou2 (fottiti2)

asshole1 (buco di culo1)

pussy (fica)

30°,  178.545

81°, 118.720
127°, 78.923

152°, 66.133

196°, 51.522
197°, 51.493

ITALIA (5)
213.112 persone

vaffanculo

porcodio

cazzo

cazzone

cacca

39°, 76.981 

 98°, 42.098 

121°, 36.737

138°, 34.744

198°, 22.552

GERMANIA (4)
314.729 persone
fuckyou (fottiti)

ficken (scopare)
arschloch (buco di culo, stronzo)

fuckme1 (fottimi1)

31°, 155.125

57°,  78.106

70°,  53.566

179°, 27.932

CANADA (3)
73.673 persone
fuckyou (fottiti)

asshole (stronzo, buco di culo)
fuckoff (vaffanculo)

23°, 39.626

67°, 20.593

133°, 13.454

MESSICO (3)
13.158 persone
caca (cacca)

popo (pupù)

pendejo (stupido, vigliacco

151°, 4.575

152°, 4.509

166°, 4.074

CILE (3)
5.729 persone
chupalo (succhialo)

mierda (merda)

caca (cacca)

112°, 2.205

130°, 1.932

154°, 1.592

SPAGNA (2)
31.469 persone
mierda (merda)

tuputamadre (la puttana di tua madre)

37°, 20.402

112°, 11.067

AUSTRALIA (2)
15.169 persone
fuckyou (fottiti)

boobies (tette)

81°, 10.903

199°, 4.266

COLOMBIA (2)
3.076 persone

poop (cacca)

fuckyou (fottiti)

146°, 1.750

190°, 1.326

SVIZZERA (2)
4.111 persone
fuckyou  (fottiti)

arschloch (buco di culo, stronzo)

53°, 2.266

90°, 1.845

BRASILE (1)
9.657 persone
buceta (fica) 127°, 9.657

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I ristoranti più sfacciati del mondo https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/ https://www.parolacce.org/2018/07/31/negozi-divertenti-italiani-estero/#comments Tue, 31 Jul 2018 08:00:51 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14434 La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella… Continue Reading

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I documenti ufficiali delle società “Kaka Kazz” e Skassa Kazz” dell’imprenditore pugliese Luigi Aseni.

La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella che gestirà il locale Mango si chiamerà “Mango Pu Kazz“.
La storia è stata scoperta da Milena Gabanelli, per la rubrica DataRoom del “Corriere della Sera”. Mi ha divertito, e allora mi sono chiesto se fosse l’unica del genere. Non lo è: in giro per il mondo – in Europa ma anche in Asia, Africa, America e Oceania – ho trovato 21 negozi, per lo più ristoranti, con nomi volgari. Dalla “Cantina baldracca” (Lisbona) alla società di import “Pirla” (Berlino). Dunque, il mondo è pieno di società del Kazz
.
Ma prima di mostrarvi la lista di questi locali, una domanda sorge spontanea: che cosa scatta nella testa degli italiani che aprono attività all’estero? Perché si affidano a un linguaggio da Cinepanettoni per i loro business?

[ clicca sul + per aprire il riquadro ]

BEFFA, MARKETING E NOSTALGIA

Il fenomeno è interessante, oltre che divertente. E ha varie ragioni. Innanzitutto, quando siamo all’estero, cadono i nostri tabù linguistici: gli stranieri non capiscono le parolacce italiane, quindi le diciamo in libertà, senza preoccuparci di scandalizzare  o di indignare qualcuno. Insomma, un bello sfogoE permette di esprimere le proprie emozioni in modo schietto e immediato,in un momento carico di passioni: quando si apre un’azienda si è eccitati per l’avventura, preoccupati per il suo successo, ispirati per trovare nuove strade, arrabbiati per i contrattempi…

Negozio di ottica a Pamplona (Spagna), in Calle del Vínculo. L’accento, dunque, cade sulla “i”: ma se cade sulla “u”, l’insegna acquista ben altro senso. 

E al tempo stesso, usare un nome, un’insegna scurrile è anche uno scherzo, una beffa: immaginate di essere allo sportello della Camera di Commercio britannica e di dire ad alta voce (o scrivere) il nome della vostra società: “Mango Pu Kazz limited”. Tanto l’impiegato non sarà in grado di capirne il significato: riderete alle sue spalle. Una goliardia di contrabbando, una provocazione mimetizzataInfatti nel Regno Unito non se n’è accorto nessuno, e l’attività imprenditoriale di Aseni è stata anche premiata. Ma quando alcuni fornitori italiani si sono visti arrivare fatture intestate alla società “Skassa Kazz”, hanno strabuzzato gli occhi: pensavano fosse uno scherzo, un falso.
E quando un nome simile finisce addirittura in vetrina, su un’insegna, all’estero diventa un’allusione, un messaggio in codice: un italiano, vedendo un ristorante che si chiama “Cantina baldracca” farà una risata. E ne sarà anche incuriosito: il messaggio è rivolto a lui, che è in grado di capirlo anche a migliaia di km dall’Italia. E, tutto sommato, è anche un modo di esprimere la nostalgia dell’Italia.
Dunque, anche questo è marketing: una parolaccia attira sempre l’attenzione. A maggior ragione in un luogo dove non viene detta perché si parla un’altra lingua. E così molti italiani entrano per curiosità o si fanno fotografare davanti all’ingresso.
In giro per il mondo ho scoperto una dozzina di attività con un nome che in Italia sarebbe decisamente improponibile. Sono per lo più ristoranti, bar e fornitori di alimentari, a testimonianza che il cibo muove le nostre passioni. Unica eccezione, un negozio di vestiti.

Ecco la lista dei 21 ristoranti più sfacciati del mondo (tutti verificati).
Se ci andate, fatevi raccontare la loro storia… e condividetela nei commenti

CANTINA BALDRACCA

A Lisbona (Portogallo). E’ una pizzeria italiana, sicuramente fondata da nostri connazionali.
Sul suo menu ha scritto uno slogan in rima: “Cantina Baldracca, quando a fome ataca”, ovvero: “Cantina Baldracca, quando colpisce la fame”.

 

 

 

Pagina internet su TripAdvisor

BISCHERO

A Ginevra (Svizzera). E’ una focacceria italiana, probabilmente fondata da toscani. Prepara anche lasagne, piadine e parmigiana. Probabilmente gli svizzeri ticinesi capiranno il nome, ma quelli di lingua francese non immagineranno che è un insulto.

Sito ufficiale

CHE CULO!

Phnom Penh (Cambogia). La spiritosa  insegna campeggia su un cocktail bar che serve anche hamburger, poco lontano dalle rive del Mekong. Non ho trovato informazioni sulla sua storia, ed è un peccato: i suoi gestori hanno fatto un bel viaggio per aprire un locale in una cultura molto diversa dalla nostra.

Pagina Internet su TripAdvisor

ROTTINCULO

Dublino (Irlanda): il termine, come noto, può significare sia “fortunato” che “omosessuale” (in senso spregiativo). Chi ha fondato il locale, che nel frattempo ha chiuso, voleva con tutta probabilità puntare sul primo dei due significati: un modo spiritoso di evocare la buona sorte. Il locale era un ristorante italiano, e preparava diversi piatti  siciliani.

Sito su Facebook

COL ‘CACCHIO

Cape Town (Sud Africa). E’ una catena di pizzerie in Sud Africa. Un cliente ha raccontato così l’origine del nome:
I
l titolare si era rivolto a un italiano per avere consigli su come fare una buona pizza e quando e quanto far lievitare l’impasto. L’italiano, sicuro che il proprietario del ristorante non sarebbe mai riuscito a fare una pizza come quella partenopea, disse: Col cacchio che farai un’ottima pizza! Il ristoratore, raccogliendo la sfida, non solo fece una buona pizza, ma volle chiamare il suo ristorante “Col Cacchio”.

Sito Internet ufficiale 

IL BORDELLO

Londra (Regno Unito). Il locale offre piatti della cucina italiana. E’ un ristorante-pizzeria di grandi dimensioni e il suo nome evoca le case di tolleranza, altrimenti dette “casini”. Il menu prevede vari piatti tipici, dalla caprese alla bruschetta; ma ha una grave lacuna, visto il nome del locale: mancano gli spaghetti alla puttanesca.

Sito Internet ufficiale 

TERRONI

Toronto (Canada). Tutto è iniziato con un negozio che vendeva cibi italiani. Poi è diventato una pizzeria, e oggi è una catena di 8 ristoranti che offrono cibi italiani. Inutile dire che il gruppo è stato fondato da due immigrati italiani d’origine meridionale.

Sito Internet ufficiale 

LA FIGA

Londra (Regno Unito). Il locale, un ristorante di specialità italiane, è stato fondato da un italiano goliarda, che ha osato l’inosabile. Tanto, chi lo capisce? Su Tripadvisor, infatti, un utente, alla fine di una recensione, scrive: “What does La Figa mean?” (cosa significa La Figa?).
Sul Web le recensioni dei nostri connazionali sono quasi tutte positive, e le battute si sprecano: “W la figa!”, “Non è un ristorante del cazzo”, “Sono curioso di entrarci dentro” e “Quando arriva il conto sono cazzi”.
Il nome, per quanto osè, è comunque diffuso nel mondo: c’è una pizzeria “La figa” a Rio de Janeiro (Brasile) e  un “Cafè Figa” a Viña del Mar (Cile) .

Sito Internet ufficiale

PIZZA CAZZO

Golbey (Francia). Il ristoratore ha scelto un nome provocatorio ma musicale, perché basato su un’allitterazione (cioè la ripetizione di lettere: -izza -azzo). Il locale si trova in una piccola città nella Francia orientale, e l’ho inserito qui per “par condicio” dopo il locale precedente. Le poche recensioni sul Web non sono positive.

Segnalazione su un portale di ristorazione 

 

FACCIA DI CULO JEANS

Hong Kong (Cina). E’ l’unico locale di questa lista che non sia un ristorante. Il negozio di abbigliamento è stato fondato da un italiano, Oreste Carboni, che ha ideato il marchio dopo essersi stabilito a Hong Kong (ha sposato una donna cinese). Su Flickr alcuni hanno commentato: “Gli spedisco subito il curriculum, anzi: il curriculo”. Ma il negozio è stato chiuso anni fa.

Segnalazione su Flickr 

LA ZOCCOLA DEL PACIOCCONE

Amsterdam (Paesi Bassi). Il nome è lungo e composito. Ma non per attenuare l’impatto del termine “zoccola”, bensì perché il locale – una pizzeria con forno a legna – è attigua a un altro ristorante, che si chiama per l’appunto “Il pacioccone”. Il locale si trova in un vicolo del centro storico.

Segnalazione su un sito turistico

CULO DEL MONDO

Werdohl (Germania). Il nome lo trovo davvero spiritoso, anche se sarebbe stato più appropriato in Cambogia o in Nuova Zelanda invece che nel cuore d’Europa, nella Germania nord occidentale. Ma tant’è: comunque, a dispetto del nome, il ristorante non sembra il tipico angolo d’Italia all’estero: le recensioni raccomandano le sue bistecche.

Segnalazione su TripAdvisor

VAFFANCULO

Buenos Aires (Argentina). “Il vero sapore della gastronomia italiana: Vaffanculo Cantina Italiana”. Più che uno slogan, sembra uno sfogo rabbioso… Ma tant’è. Il locale propone alcune specialità italiane, soprattutto i primi piatti.

Il sito ufficiale 

LA PUTTANA

Lisbona (Portogallo). Ecco un altro locale in Portogallo, dove negli ultimi anni sono emigrati diversi italiani. E questa attività commerciale è una scelta tipica: una pizzeria. L’insegna fa effetto, anche perché il termine non è così lontano dal suo equivalente portoghese (puta). Se una cameriera o la titolare del locale rispondesse al telefono, però, vivrebbe una situazione imbarazzante: “La Puttana?” “Sim” (“Puttana?” “Sì”).

Sito Internet

CHE FIGATA

Naperville (Usa). In inglese si dice “cool”. L’equivalente italiano è “Che figata”: ed è proprio così che è stato chiamato un ristorante italiano a Naperville. Certo, un nome difficile da dire per gli anglofoni, tanto che in alcuni annunci viene spiegata anche la pronuncia, per quanto a spanne (Kay / Fah-gah-tah). 

PIZZERIA STRONZO

A Santiago del Cile (Cile). Impossibile sapere la storia di questa pizzeria, abbastanza popolare a Santiago. Il titolare non sembra di origini italiane: forse ha imparato questa parola in un viaggio in Italia o da amici italiani. Ha anche lanciato cappellini griffati “Stronzo”, sovrastati dalla scritta “ingredientes naturales” (come del resto è naturale lo stronzo…). Risulta esserci un’altra pizzeria con il medesimo nome a Zurigo.

 

Pagina internet su Facebook

KAGO SUSHI

Varsavia (Polonia). L’insegna è esilarante ma tutt’altro che invitante per un italiano. Eppure il suo significato è innocente: in giapponese vuol dire “cestino di sushi”. E’ un ristorante di specialità nipponiche nel cuore della capitale polacca. E ha scatenato vari commenti ironici da parte di clienti italiani, tipo: “All you can shit” (invece di “all you can eat”); “Lo chef si chiama Urinawa Suimuri”; “Questo piatto è Ushito Nakagata”.

segnalazione su TripAdvisor

 

POMPINO

Auckland (Nuova Zelanda). Non sono riuscito a ricostruire la storia di questo locale, un caffè ristorante: se sia stato fondato a un emigrato italiano, o no, ma il fatto che in menu abbiano la pasta fa pensare di sì. Uno dei visitatori del sito ha commentato: “Dopo una mangiata al ristorante Pompino, una bella grappa Bocchino”.

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PORCO DIO

Lleida (Spagna). E’ una pizzeria fondata, c’è da scommetterlo, da italiani. E oltre all’insegna anche il menu non lascia spazio all’immaginazione: le pizze, invece di “margherita” o “quattro stagioni”, si chiamano “vaffanculo”, “baldracca”, “coglione” e così via. La pizza raccomandata si chiama “Madonna santa”. Nelle recensioni, comunque, molti affermano che in questo locale si mangi “da Dio” (alcuni dicono di aver fatto “una cena della Madonna”).

Il sito ufficiale

GNOCCA

Las Palmas (Spagna). E’ un piccolo ristorante a Nord dell’isola Gran Canaria. A giudicare dal menu, a base di lasagne e gnocchi, i suoi gestori sono senz’altro italiani. Il nome probabilmente nasce come variante di gnocco, uno dei piatti forti del locale. Ma ovviamente strizza l’occhio al significato di vulva o anche, più in generale, di “bella donna”. 

Il sito ufficiale

BELIN

Mogan (Spagna). Il ristorante è sul lungomare di Mogan, a Gran Canaria. Si potrebbe pensare a una semplice omonimia con il termine ligure che designa l’organo sessuale maschile (e, per estensione, le persone di scarso valore intellettuale): ma il ristorante è gestito da liguri, quindi la scelta è stata decisamente consapevole

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PIRLA

Berlino (Germania). Non si sa nulla di questa impresa, che importa cibi italiani in Germania. I suoi camion sono fotografati con divertimento dai nostri connazionali lungo le strade tedesche. Vista la scelta lessicale, la ditta deve essere stata fondata da imprenditori di origine lombarda.

Sito internet

Conoscete – all’estero – altre ditte, negozi, attività con nomi scurrili? Segnalatele nei commenti (precisando dove sono, e il loro sito Internet): aggiornerò la lista

Di questo post ha parlato la trasmissione “I Vitiello” su Radio DeeJay il 22 agosto 2019.
Per ascoltarla, cliccate sul riproduttore qui sotto:

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I partiti che attirano più insulti (sul Web) https://www.parolacce.org/2018/05/30/politica-dell-odio-sui-social/ https://www.parolacce.org/2018/05/30/politica-dell-odio-sui-social/#respond Wed, 30 May 2018 12:26:34 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14232 Quali partiti politici attirano più insulti, in Italia e in Europa? E’ una delle domande a cui risponde un’indagine del settimanale L’Espresso. I suoi esperti hanno esaminato i profili “social” di 360 politici di 4 nazioni: Italia, Francia, Germania e Svizzera. Scoprendo… Continue Reading

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La politica accende l’emotività sui “social” (montaggio foto Shutterstock).

Quali partiti politici attirano più insulti, in Italia e in Europa? E’ una delle domande a cui risponde un’indagine del settimanale L’Espresso. I suoi esperti hanno esaminato i profili “social” di 360 politici di 4 nazioni: Italia, Francia, Germania e Svizzera. Scoprendo che il nostro Paese è quello in cui il dibattito – almeno su Facebook e Twitter – è più avvelenato dagli insulti. E, sorpresa, non è il Movimento 5 Stelle la più forte calamita dell’odio, bensì lo schieramento di centro-destra, seguito dal Pd. Entrambi hanno le maggiori percentuali di insulti ricevuti nei commenti, e di offese verso gli avversari. I temi più bollenti? La rabbia verso la casta, il sessismo verso le donne, gli immigrati, il fascismo, l’omofobia e i vaccini

Clic per ingrandire (foto Shutterstock e Wikipedia).

L’indagine arriva in un momento di grande incertezza e delusione, almeno in Italia. Dunque, un tema di grande attualità. E mette in luce quanto oggi la politica non sia dominata dall’analisi dei contenuti, quanto invece dall’emotività: come negli stadi, le fazioni opposte si insultano ciecamente, senza esaminare le reciproche posizioni, solo nel tentativo di prevalere l’una sull’altra.
I ricercatori hanno esaminato 40mila commenti riguardanti 360 politici: 320 rappresentanti noti, a cui hanno aggiunto 40 leader di partito, nel periodo compreso fra il 21 febbraio e il 21 marzo scorsi. Dunque, almeno per l’Italia, in piena campagna elettorale e subito dopo i risultati delle elezioni politiche del 4 marzo. I limiti dell’indagine? Il fatto che abbia escluso due Paesi come la Spagna e la Grecia, con culture e sensibilità più simili a quelle italiane (rispetto a Germania e Svizzera). Ma vediamo i risultati dell’indagine.
La prima scoperta è notevole: l’Italia è il Paese con il maggior numero di commenti sui “social” dei politici. E il vincitore assoluto, colui che più di tutti riesce a parlare alla “pancia” degli elettori è Matteo Salvini: il leader della Lega è infatti il politico che ha ricevuto più commenti in assoluto, seguito da Luigi di Maio (M5S). Seguono Matteo Renzi (Pd), Giorgia Meloni (Fdi) e Silvio Berlusconi (FI). I leader degli altri partiti europei, da Marine Le Pen ad Angela Merkel, sono ben distanziati in fondo alla classifica. Questi dati possono significare diverse cose: innanzitutto che i nostri politici sono molto attivi sui “social”: pubblicano molti interventi. E questo stimola i navigatori a commentare le loro prese di posizione. Insomma, proprio come sta avvenendo negli Usa con Donald Trump, la partecipazione politica si è spostata sulle piazze digitali. E, a giudicare dai risultati elettorali, la strategia di rivolgersi agli elettori su Facebook e Twitter funziona.

Ma quale tipo di comunicazione passa attraverso i canali digitali? La ricerca ha esaminato i contenuti dei commenti, classificandoli in 4 categoriecommenti neutrali, molto scortesi, offese esplicite e discorso d’odio. Purtroppo non sono noti i criteri con cui è stata fatta questa classificazione, di cui è responsabile “Articolo 19”, un’organizzazione impegnata nella libertà di espressione in Rete (di cui, però, non sono riuscito a trovare traccia sul Web).


In tutte le nazioni esaminate, i commenti offensivi – per quanto saltano all’occhio – sono comunque una minoranza: la punta massima è quasi il 12% ed è riservata ai leader di partito. L’Italia è il Paese in cui si offende di più in assoluto, la Germania quello in cui si offende meno. Francia e Svizzera stanno in mezzo, più o meno a pari merito (anche se la Francia ha il più alto tasso di offese ai politici comuni). In tutti i Paesi, comunque, sono soprattutto i leader di partito quelli che ricevono il maggior numero di insulti, com’era prevedibile: chi sta più in alto è più esposto, come in tutti gli ambiti della vita. Ma pesa anche l’esempio: se un capo politico basa la propria visibilità sugli insulti, i suoi sostenitori lo imiteranno; e i suoi detrattori lo ripagheranno con la stessa moneta.
Dunque, come commenta L’Espresso, «mediamente la conversazione online, sulle pagine dei politici, è abbastanza serena o moderata. Scorre quieta fra il sostegno e la chiacchiera, fra l’indifferenza e il “vergogna” di passaggio. L’aggressività non è un dato costante del rapporto fra il “popolo del web” e i propri eletti».
I picchi di maggior aggressività, infatti, risultano coagularsi su temi specifici. Quali? I soliti che ben conosciamo: lo spettro degli immigrati (in Italia ma anche in Germania), l’obbligo dei vaccini, i privilegi della casta, i rigurgiti di fascismo e l’omofobia. Una tendenza generalizzata, dovuta al fatto che mentre i partiti di sinistra sono in crisi d’identità, la destra ne riempie il vuoto con contenuti e slogan semplificati (tutti in galera, spariamo agli invasori, basta poteri forti, etc).
Poco o nulla del dibattito si concentra sulle vere cause del disagio sociale: l’economia.

Da segnalare, poi, anche un discreto tasso di sessismo: in Italia gli insulti verso le politiche donne sono il doppio rispetto a quelle verso i colleghi maschi e in Francia sono oltre il triplo.  In effetti, in questi due Paesi il sessismo è un vero tasto dolente.
In Svizzera, invece, gli insulti sono ripartiti fra ambo i sessi con una perfetta “par condicio“. Mentre in Germania il fenomeno è curiosamente rovesciato: i politici uomini sono più insultati rispetto alle donne. Perché? Davvero difficile dirlo.

Infine, la ricerca ha esaminato, in Italia, quali fossero i partiti che attirano il maggior numero di insulti. Il risultato non è una sorpresa: vince a mani basse il centro-destra della triade Salvini-Berlusconi-Meloni. Quasi un commento su 10 tra quelli lasciti nei social dei politici dell'(ormai ex) centrodestra sono offensivi nei confronti di altri. Ma la sorpresa sta altrove: il secondo gradino del podio non va, come ci si aspetterebbe, al Movimento 5 Stelle bensì al Pd di Renzi & C: se è vero che il centro-destra ha saputo incarnare e cavalcare il malcontento della “pancia” degli italiani, la sinistra italiana ha imitato questo modello in cerca di visibilità. Il centro-destra, in particolare, è il gruppo di partiti che riceve il maggior numero di insulti, e dai cui commentatori arriva il più alto tasso di insulti verso le altre forze politiche. Il Pd ha uguali tendenze, ma con un tasso dimezzato. I 5 Stelle, invece, ricevono pochi insulti (0,5%): prevalgono “il senso di appartenenza, l’entusiasmo, la comunità”; e dai suoi commentatori arriva anche il più basso tasso di insulti verso le altre forze politiche (3,3%). Risultato notevole per un movimento nato in un “Vaffa day”.

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PIRLA project, CACCA club e altre (vere) sigle divertenti https://www.parolacce.org/2018/02/27/acronimi-volgari/ https://www.parolacce.org/2018/02/27/acronimi-volgari/#comments Tue, 27 Feb 2018 09:00:30 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13846 Da bambino, quando leggevo Topolino, mi divertivano gli acronimi delle ditte dietro cui i Bassotti mascheravano le loro attività criminose. Tipo la Federazione Unitaria Rigattieri Trovarobe Organizzati (FURTO). Mi faceva ridere il fatto che le iniziali dei nomi dessero vita… Continue Reading

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La pagina Web del club fotografico CACCA: guarda caso è a… Chicago

Da bambino, quando leggevo Topolino, mi divertivano gli acronimi delle ditte dietro cui i Bassotti mascheravano le loro attività criminose. Tipo la Federazione Unitaria Rigattieri Trovarobe Organizzati (FURTO). Mi faceva ridere il fatto che le iniziali dei nomi dessero vita a parole di senso compiuto, a differenza delle sigle del mondo reale (tipo Cgil, Cisl e Uil) che sono solo sequenze di lettere.
In questi giorni ho scoperto altri acronimi divertenti. Ma con 3 differenze rispetto a quelle dei Bassotti: sono sigle vere, e sono in inglese. E danno vita non a parole, ma a parolacce italiane.
Non sono, però, il frutto della fantasia goliardica di qualcuno, ma indicano enti governativi, invenzioni tecnologiche, associazioni, serissimi progetti di ricerca scientifici e anche una blasonata squadra di calcio. Tranne qualche eccezione, sono per lo più assonanze dovute al caso. La malizia, dunque, sta nell’occhio di chi le legge (e si diverte)...
Ecco la raccolta delle 22 sigle più pazze del mondo, che arrivano dagli Usa ma anche dalla Francia, da Haiti e, solo in un paio di casi, sono stati creati da italiani (fate clic sulle foto per ingrandirle).

PIRLA

In Lombardia è uno degli insulti (bonari) più usati. Per un ridicolo caso del destino, PIRLA designa anche un serio progetto scientifico: il Paleoecological Investigation of Recent Lake Acidification, per gli amici “PIRLA project”. E’ lo studio paleo-ecologico (cioè antico) della recente acidificazione dei laghi. Mica cose da PIRLA.

VAFFA

Non tutti gli acronimi volgari nascono per caso. A volte possono verificarsi un po’ per caso e un po’ per malizia, se gli autori sono italiani. Nel 2011, infatti, alcuni ricercatori dell’Infn e dell’Università di Torino avevano presentato un Prin (Progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale) su un sistema di analisi virtuale per l’Lhc, l’acceleratore di particelle al Cern di Ginevra. L’acronimo del sistema era VAFFA: Virtual Analysis Facility For the Alice experiment. Con un “vaffa” le particelle vanno più veloci.


CACCA

L’acronimo sta per Chicago Area Camera Club Association: in pratica, è un club che riunisce gli appassionati di fotografia, organizzando corsi e concorsi. Con una sigla così, era inevitabile che il club Cacca avesse sede a…. Chicago.
Una sigla simile – CAC – designa il centro di informatica avanzata (Center for advanced computing) dell’università Cornell. E l’ignobile acronimo CACAR indica invece il Rapporto di valutazione dei contaminanti artici canadesi (Canadian Arctic Contaminants Assessment Report).

CULO

Il laboratorio di ornitologia della Cornell University (Cornell University Lab of Ornithology) dà origine a un acronimo ridicolo: CULO. Forse, dopo qualche tempo, devono essersi resi conto dell’assonanza imbarazzante, e usano più frequentemente il nome Cornell Lab of Ornithology (CLO). Peccato: sarebbe stato bello leggere uno studio sul cuculo fatto dal… CULO.

FICA e FIGA

Ad Haiti, c’è una squadra di calcio che si crede più brava delle altre. Tanto che, sulla propria casacca, ha cucito il logo FICA. Ma non è presunzione: è l’acronimo di Football Inter Club Association. Per un Paese dove si parlano francese e creolo, un nome inglese è stato una scelta un po’ snob. La FICA, fondata nel 1972, milita nella massima categoria e ha vinto 7 scudetti. Qui in Italia avrebbe molti tifosi pronti a fare un cambio di casacca per lei.

Ma se la squadra FICA è frutto di un’assonanza incidentale, non è il caso della stessa sigla, FICA, che designa invece un particolare tipo di antenna per telefoni cellulari: la Folded Inverted Conformal Antenna (Antenna conforme invertita piegata). Dietro questo malizioso acronimo, infatti, si cela lo zampino di due ingegneri italiani, Carlo Di Nallo e Antonio Faraone, che l’hanno inventata nel 2005, quando lavoravano nei laboratori di ricerca delle Motorola, negli Usa.

Ma non è tutto: FICA è anche la sigla di:

E non poteva mancare anche la variante con la “g”. L’acronimo FIGA designa:

MERDA

All’American Museum of Natural History di New York hanno inventato, per ricostruire i fossili incompleti, una Analisi dei dati di sostituzione delle voci mancanti. La sua sigla, in inglese, suona Missing Entry Replacement Data Analysis: MERDA. Questa procedura, illustrata nel 2003 sul Journal of Vertebrate Paleontology, non ha però un nome casuale, come ho potuto verificare intervistando uno degli autori, Ward C. Wheeler, della divisione di zoologia degli invertebrati al Museo.«Abbiamo scelto quella sigla di proposito, sappiamo cosa vuol dire quella parola in catalano (come in italiano, ndr). Era un acronimo divertente: l’abbiamo scelta per sottolineare la scarsa qualità dei gruppi incompleti di dati. La procedura è tuttora usata per l’analisi di campioni incompleti di fossili».

MONA & SEGA

Questa strana coppia designa due apparati di rilevazione alla Michigan State University: il Modular Neutron Array (MoNA), un rilevatore di neutroni, e il Segmented Germanium Array (SeGA) che invece individua il germanoAnche nel mondo atomico, quando c’è una (MONA) non c’è l’altra (SEGA)?  O forse sono usati in simultanea: ovvero, tecnicamente parlando, in accoppiamento (coupling).
Ma gli acronimi equivoci non riguardano solo il mondo della fisica delle particelle: in medicina, l’acronimo Mona sta per Morphine, Oxygen, Nitriglycerin, Aspirin, ovvero i trattamenti da somministrare in caso di sospetto attacco di cuore (ma i recenti progressi medici hanno corretto questo approccio: ossigeno e morfina rischiano di fare danni).
Va aggiunto, a corredo di questo caso, che SEGA indica anche il Serbia Economic Growth Activity, un ente di monitoraggio fiscale degli Usa in Serbia.

OSTIA

No: non è una sigla veneta blasfema. Ostia sta per “The Ocean’S role in miTIgating climAte change“, ovvero il ruolo dell’oceano nel mitigare il cambiamento climatico: è un progetto dell’Istituto di ricerca Geomar Helmholtz per la ricerca oceanica di Kiel (Germania). Gli scienziati si propongono di indagare che cosa succede nel lungo termine alle emissioni e al calore che l’oceano ha immagazzinato dall’inizio dell’industrializzazione. 

PIPPA

La poco nobile sigla PIPPA sta per Pressurized Pile Producing Power and Plutonium (cumulo pressurizzato che produce energia e plutonio): ovvero, in parole povere, una centrale nucleare britannica, quella di Calder Hall, chiusa nel 2003. L’esatto contrario di una PIPPA.

SCOPA

Il sesso, a dispetto delle apparenze, non c’entra. Lo Standing Committee on Public Accounts (SCOPA) ovvero il Comitato permanente sui conti pubblici è un austero organo di controllo delle spese parlamentari in Sud Africa.
Questo ente pubblico monitora, insomma, il buon uso dei fondi dello Stato: se qualcuno li spreca, se c’è un sospetto di corruzione, interviene la SCOPA. Per vedere se qualcuno si è… fottuto i soldi dei contribuenti. Il comitato è composto da 16 – ehm – membri.

PRONACUL

Sembra la marca di una supposta. Invece “Pronacul” è un acronimo che sta per PROmozione del patrimonio NAturale e CULturale: è un progetto, finanziato dall’Unione Europea, che ha come obiettivo la conservazione e la promozione del patrimonio naturale e culturale nell’area adriatico-ionica. Al progetto partecipano infatti, oltre all’Italia, anche  Slovenia, Croazia, Grecia, Bosnia Erzegovina e Serbia. 

Vi è piaciuta questa lista? Su questo sito trovate anche:

• le città del mondo con un nome volgare,

• le parole straniere che sono identiche a parolacce italiane,

• E in questa pagina trovate altri acronimi fra i prodotti stranieri che diventano imbarazzanti in italiano: dalla bevanda Frocho al software Inkulator.

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Sorpresa: imprechiamo (e tanto) mentre dormiamo https://www.parolacce.org/2017/10/30/parolacce-durante-sonno/ https://www.parolacce.org/2017/10/30/parolacce-durante-sonno/#respond Mon, 30 Oct 2017 10:00:50 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13125 Un secolo fa, per studiare l’inconscio, Sigmund Freud si faceva raccontare i sogni dai suoi pazienti. Oggi alcuni scienziati francesi hanno trovato un modo più diretto per farlo: hanno registrato centinaia di persone che parlavano mentre dormivano. E hanno fatto una… Continue Reading

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Nel sonno, gli uomini dicono più parolacce delle donne (elaborazione foto Shutterstock).

Un secolo fa, per studiare l’inconscio, Sigmund Freud si faceva raccontare i sogni dai suoi pazienti. Oggi alcuni scienziati francesi hanno trovato un modo più diretto per farlo: hanno registrato centinaia di persone che parlavano mentre dormivano. E hanno fatto una scoperta straordinaria: durante il sonno, pronunciamo più parolacce rispetto a quando siamo svegli. Una frase su 10 registrata dai ricercatori, infatti, conteneva imprecazioni o insulti. Il motivo? Quando sogniamo viviamo spesso conflitti con nemici immaginari.
Sono questi i risultati di un’affascinante ricerca fatta all’ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi da un gruppo di neurologi, guidati da Isabelle Arnulf e Ginevra Uguccioni. Lo studio, intitolato “What does the sleeping brain say?” (Che cosa dice il cervello che dorme?) è stato da poco pubblicato sulla rivista scientifica “Sleep”.
Parlare nel sonno (in termini clinici, il sonniloquio) è un campo interessante ma poco indagato, per due motivi. Primo, è un’abitudine poco diffusa: solo il 6,3% degli adulti parla almeno una volta alla settimana mentre riposa di notte. E, soprattutto, il sonniloquio non ha conseguenze sulla salute, se si esclude il disturbo al vicino di letto, moglie o marito che sia.

I volontari: sonnambuli e chiacchieroni

Il sonniloquio è più frequente nelle persone che soffrono di disturbi del sonno (parasonnia), come ad esempio i sonnambuli. Per questo motivo, gli scienziati parigini hanno puntato su di loro quando hanno selezionato i volontari da studiare: 232 persone, dai 29 ai 69 anni, in maggioranza maschi (59%). Oltre il 93% di loro era affetto da parasonnia; gli altri erano soggetti sani con l’abitudine di parlare durante la notte. I volontari hanno dormito per una o due notti consecutive nel Laboratorio del sonno dell’ospedale parigino, indossando i sensori della polisonnografia per monitorare i parametri fisici (elettroencefalogramma, elettro-oculogramma, elettromiografia, pressione nasale, elettrocardiogramma). Per registrare quanto dicevano, i ricercatori hanno piazzato vicino a loro alcuni microfoni.

I risultati: sogni senza censure

Un uomo durante la polisonnografia.

Gli scienziati hanno registrato 883 chiacchierate notturne, per lo più (59%) incomprensibili o non verbali: sospiri, grugniti, risate, mugugni, pianti. Il che è normale, se si pensa che durante il sonno i nostri muscoli sono per bloccati per gran parte del tempo.
Eccettuati i grugniti, le frasi, quando erano articolate con le parole, risultavano corrette sia dal punto di vista grammaticale (concordanza dei verbi, dei generi, dei numeri) e da quello sintattico (soggetto-verbo-complemento). Il che non è scontato: dunque, anche se il nostro organismo funziona a ranghi ridotti, le funzioni complesse come il linguaggio restano attive.
E, contrariamente alle aspettative, sono stati più loquaci gli uomini rispetto alle donne: i maschi hanno detto in media 26 parole a notte contro le 15 delle donne.
Ma vediamo cos’altro hanno scoperto i neurologi esaminando le 3.349 parole comprensibili:

  • quasi la metà (46,2%) erano esclamazioni di vario genere (oh, ah, eh), il resto (1.801) parole vere e proprie.
  • Quasi una parola su 10 (9,1%) era una negazione (no, niente, nessuno).
  • Nel 90% dei casi, le frasi erano rivolte a un “tu”, cioè a un interlocutore immaginario. Spesso, dopo aver detto una frase durante il sonno, le persone tacevano, come se stessero ascoltando la risposta dalla persona con cui immaginavano di parlare: quindi, dicono i ricercatori, nel sonno pronunciamo a voce solo le frasi che esprimono il nostro personale punto di vista.
  • Per quanto riguarda tempi e modi dei verbi, la maggior parte delle volte (81,9%) erano coniugati al presente, seguito dall’imperativo (11,6%). Segno che, quando sogniamo, ci immaginiamo di vivere un evento in diretta, e spesso affrontiamo persone immaginarie ordinando loro di fare (o di non fare) qualcosa.
  • E, quel che più conta per noi, il 9,7% delle frasi, una su 10, conteneva parolacce.

Gli esempi, citati negli allegati della ricerca, sono eloquenti. I ricercatori hanno registrato frasi come “putain j’en ai marre pff” (porca troia, sono stufo, pff), “alors t’es sûr, putain” (allora sei sicuro, porca troia), “Oh merde je peux pas les attrapper” (Oh merda, non riesco a prenderli), “Qu’est-ce que tu fais? Sacré connard” (Che fai? Maledetto coglione), e così via.

Le donne dicono in media 1/3 delle parolacce rispetto agli uomini (Shutterstock).

Insomma, ben più di un uso sporadico e casuale. Anzi, la 9a parola più pronunciata in assoluto durante il sonno (2,4% delle parole pronunciate) è stata proprio “putain”, puttana, termine che in francese è usato più come imprecazione che come insulto: l’equivalente del nostro “porca puttana”. In francese ha un’alta frequenza, come la parola cazzo in italiano.
Al 14° posto in classifica appare un’altra volgarità, “merde” (1,2%).
Si potrebbe pensare che frequenze del 2,4% e dell’1,2% siano basse per queste due parolacce, ma non è così: da svegli, nel linguaggio parlato, queste parolacce in francese rappresentano rispettivamente solo lo 0,003% e lo 0,002% delle parole, un valore simile a quanto accade in italiano (lo raccontavo qui). Dunque, durante il sonno le volgarità sono 800 volte più frequenti che rispetto alla veglia!
E gli uomini non hanno solo parlato di più: hanno anche detto più parolacce rispetto alle donne, quasi il triplo (il 7,3% contro il  2,7% del gentil sesso).
I ricercatori hanno anche notato che gli insulti (coglione!) sono stati più frequenti nella fase Rem (Rapid eye movement, movimenti rapidi degli occhi: la fase del sonno con la più intensa attività onirica); mentre le imprecazioni (merda!) sono dette più spesso nella fase non Rem

I sogni come allenamento ai conflitti

Come interpretano questi risultati i ricercatori? Innanzitutto, la prima sorpresa è che anche durante il sonno il cervello mantiene attive le funzioni complesse, come il linguaggio.
In generale, esaminando i contenuti delle frasi, durante il sonno prevalgono le emozioni negative: tristezza, rabbia, confusione, paura, preoccupazione. E le parolacce servono proprio a sfogare queste emozioni. Anzi, dicono i francesi, la presenza di così tante parolacce conferma la teoria secondo cui i sogni servono ad allenarci ad affrontare i pericoli che potremmo incontrare quando siamo svegli. E’ per questo che sogniamo spesso di conversare, in modo conflittuale, con un interlocutore immaginario. Oppure, aggiungo, possono essere un modo per sfogare paure o aggressività represse.
Ma bisogna aggiungere anche un  altro fattore, peraltro già ipotizzato da Freud: durante il sonno cala la censura, e questo dà via libera alle parolacce, che invece – durante la veglia – sono per lo più represse o comunque limitate.

I sonnambuli parlano durante la notte (Shutterstock).

Forse, ipotizzano i ricercatori, gli uomini dicono più parolacce nel sonno rispetto alle donne o per motivi culturali (in generale, gli uomini ne dicono più delle donne), oppure perché gli uomini sognano più spesso minacce fisiche.
Ma l’uso frequente di volgarità, aggiungono, potrebbe dipendere anche da motivi cerebrali: durante il sonno abbiamo meno inibizioni perché sono meno attive le aree corticali, e c’è una maggior attivazione dell’emisfero destro, più legato all’espressione delle emozioni (in questo mio articolo c’è un approfondimento sull’anatomia del turpiloquio).
“Questi risultati” concludono i ricercatori “valgono per le persone affette da disturbi del sonno, che rappresentano la maggioranza del campione che abbiamo studiato. Ma, seppure con frequenza minore, le conclusioni possono applicarsi anche alla popolazione generale. Per trarre conclusioni più certe, bisognerebbe monitorare un migliaio di persone per alcune notti. In ogni caso, la componente linguistica del sonno è una fonte straordinaria di informazioni sui processi cerebrali che avvengono durante il sonno”. E, aggiungo, le parolacce sono un pezzo importante di questo puzzle.

RADIO MONTE CARLO
Monica Sala ha parlato di questo articolo il 31 ottobre su Radio Monte Carlo con Massimo Valli e Stefano Andreoli nella trasmissione “Bonjour Bonjour“.
Potete ascoltare il loro intervento cliccando sul player qui sotto.

 

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Messi, le scarpe e altri 10 gesti da non fare all’estero https://www.parolacce.org/2016/04/13/gesti-offensivi-in-altre-culture/ https://www.parolacce.org/2016/04/13/gesti-offensivi-in-altre-culture/#comments Wed, 13 Apr 2016 21:56:11 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9861 L’ultimo a pagare lo scotto è stato il calciatore argentino Lionel Messi: qualche giorno fa ha donato un paio delle sue scarpe alla tv egiziana MBC Masr, per un’asta a scopo benefico. E invece è successo il finimondo. Eccettuati i ringraziamenti di rito della presentatrice Mona… Continue Reading

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messi3L’ultimo a pagare lo scotto è stato il calciatore argentino Lionel Messi: qualche giorno fa ha donato un paio delle sue scarpe alla tv egiziana MBC Masr, per un’asta a scopo benefico. E invece è successo il finimondo. Eccettuati i ringraziamenti di rito della presentatrice Mona El-Sharkawy, il resto degli egiziani si è imbufalito. Perché in Egitto (e in tutto il mondo arabo) mostrare le scarpe, e in particolare la suola, è un atto di grande disprezzo.
Le suole, infatti, sono a contatto con la terra e quindi evocano la sporcizia. Tanto che chiamare qualcuno gazma (scarpa) è un grande insulto. Così com’è un affronto lasciare le scarpe rovesciate sulla soglia di casa di qualcuno (attenti a farlo negli alberghi!) o camminare a casa di qualcuno indossando le scarpe.
Insomma, si è creato un vero incidente diplomatico: «La nostra povera gente non ha bisogno di Messi» ha commentato il portavoce della Federcalcio egiziana Azmy Megahed. «Avrebbe fatto meglio a darsi gli scarpini in testa e a darli in testa ai suoi tifosi. Non abbiamo bisogno delle sue scarpe né della beneficenza di ebrei o israeliani. Dia le scarpe al suo Paese, l’Argentina è piena di poveracci».  Non è stato l’unico commento negativo: «Avesse regalato la sua maglia del Barcellona avrei capito, ma quelle scarpe rappresentano un’umiliazione», ha aggiunto il presentatore tv e deputato Said Hasasin.

Insomma, un’iniziativa benefica si è trasformata in un boomerang. Poteva capitare a chiunque: a volte, se non si conoscono i codici di una cultura diversa, si rischia di dare segnali equivoci. Tanto più con il corpo, che è ambiguo per sua natura: gli stessi gesti possono caricarsi di significati diversi a seconda delle fobie, delle credenze, delle sensibilità di un popolo.
Ma attenzione: mostrare la suola  delle scarpe non è l’unico gesto che può farvi passare un guaio all’estero. Ci sono molti gesti per noi “neutri”, innocenti, che invece fuori dall’Italia possono assumere significati spregiativi, offensivi o osceni.
Avevo passato in rassegna tutti i gestacci usati in Italia (qui), e il significato antropologico dei gesti insultanti (qui). Ora ecco la terza puntata: la lista degli 11 gesti da evitare quando siete in un’altra nazione. Conoscere questi “falsi amici gestuali” (molti sono davvero insospettabili) è fondamentale se non volete fare figuracce o urtare le sensibilità altrui.

Gesti01(foto e bandiere Shutterstock)

Gesti06(foto e bandiera Shutterstock)

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(foto e bandiere Shutterstock)

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Gesti14(foto Wikipedia, bandiera Shutterstock). E in questo video potete vedere come concretamente si fa questo gesto.

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(foto e bandiera Shutterstock)

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(foto e bandiere Shutterstock)

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(Robin Williams in una foto Wikipedia, bandiere Shutterstock)

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Il gesto si chiama “cutis” (foto e bandiere Shutterstock)

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(foto e bandiera Shutterstock)

E, per finire, una variante del gesto di Messi: visto così, vien da dare ragione agli arabi…

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(foto e bandiere Shutterstock)

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Cin-cin, curva e altre parole da non dire all’estero https://www.parolacce.org/2016/03/23/falsi-amici-italiano/ https://www.parolacce.org/2016/03/23/falsi-amici-italiano/#comments Wed, 23 Mar 2016 17:08:52 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9741 Il più famoso è il cin-cin: se fate un brindisi con amici giapponesi, evitatelo come la peste. Nel Paese del Sol Levante, infatti, significa pene, nel senso di organo sessuale maschile (montaggio con foto Shutterstock). Ma non è l’unica espressione italiana che,… Continue Reading

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cinCin2Il più famoso è il cin-cin: se fate un brindisi con amici giapponesi, evitatelo come la peste. Nel Paese del Sol Levante, infatti, significa pene, nel senso di organo sessuale maschile (montaggio con foto Shutterstock). Ma non è l’unica espressione italiana che, in altre lingue, ha un significato volgare.
Avevo già raccontato (
qui) i casi contrari: ovvero le parole straniere che in italiano suonano come parolacce.  Ora, però, visto che si avvicinano le vacanze (e i viaggi) di Pasqua, vale la pena conoscere i fenomeni inversi: i “falsi amici” italiani, ovvero le nostre parole che hanno assonanze con parolacce straniere: ne ho trovate 28 in 8 lingue (se avete altri casi da segnalare aggiornerò la lista). Se le conosci, le eviti: se non volete rischiare equivoci o situazioni imbarazzanti

 

CECO

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Gli Szeki Kurva, gruppo punk.

Flag_of_the_Czech_RepublicSe andate a Praga, non dite che avete preso una curva: in ceco, kurva non è una strada tortuosa, significa puttana. Il termine è diventato molto celebre, tanto da essere usato anche in altri Paesi dell’est: Polonia, Russia, Ucraina, Bielorussia.
E ha un’etimologia curiosa: il termine, infatti, ha davvero a che fare con le curve. In passato, infatti, le donne che avevano difetti fisici (tra i quali le gambe “incurvate” o “arcuate”) erano emarginate perché considerate inadatte al lavoro nei campi e ad allevare figli. Così, alle “zitelle” con questo difetto fisico, non restavano molte alternative: spesso diventavano prostitute. E come tali erano mal viste dalle altre donne, che hanno caricato di disprezzo il termine kurva.

Non è l’unico termine imbarazzante in ceco. Anche la parola panna può creare equivoci: significa vergine, che non è una parolaccia ma introduce un tema sessuale mentre siamo convinti di parlare di cibo.
E il nostro avverbio
così ha una pronuncia simile a kozy, che vuol dire capre ma anche tette.

FINLANDESE
Flag_of_FinlandQui, la parola panna è ancora più pesante che in Repubblica ceca: significa mettere, anche nel senso di fottere, scopare. E attenti: portto non è un molo ma vuol dire puttana, come akka (occhio quando fate lo spelling: non è la H!). La parola bimbo, invece, è per adulti: significa tetta, sciocco, coglione.

UNGHERESE

Flag_of_HungarySe dite che state seguendo un ciclo di conferenze, potreste risultare comici: ha la stessa pronuncia di csikló, che significa clitoride.  Ma va decisamente peggio per chi ha un amico o un marito si chiama Pino: non chiamatelo ad alta voce in strada, perché il suo suono è identico a pina, che vuol dire fica.

SPAGNOLO

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“Nonna, passami la canna!”

Nonostante le notevoli corrispondenze fra la nostra lingua e lo spagnolo, i “falsi amici” sono numerosi. Anche fra le espressioni volgari. Per esempio, parlando di verdure, attenti a dire porro: significa persona goffa, maleducata e stupida, ed è anche un sinonimo gergale di spinello. Così come il burro non è un alimento: vuol dire asino, incivile, grezzo.
Chi si occupa di lavorazione delle pelli, meglio che sappia che concia, in molti Paesi latino-americani (Argentina, Perù, Bolivia, Cile, Guatemala, Paraguay, Uruguay) ha lo stesso suono di concha, fica (in origine significa conchiglia).
Se volete andare a pranzo in Messico, Ecuador, Honduras, El Salvador o in Nicaragua, state attenti a parlare di mensa con una cameriera: significa stupida, tontaIn Argentina, invece, se dite che amate dedicarvi all’orto, non stupitevi se chi vi ascolta resterà interdetto: state parlando del culo.
Ma il capolavoro più sorprendente di ambiguità è la parola bergamasca: una donna che dica “Yo soy bergamasca”, può suscitare l’ilarità generale. Perché “berga” ha lo stesso suono di verga (cazzo), e masca significa “mastica”: la sua frase, quindi, può essere intesa come “Io sono mastica cazzo”.

PORTOGHESE

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Il portoghese non è una lingua monolitica: come lo spagnolo, in America Latina si arricchisce di nuovi vocaboli e significati. E, soprattutto in Brasile, terra di immigrazione, si mescola con altre lingue: l’italiano è una di queste. Ecco perché, in alcuni Stati brasiliani, le parole italiane sono entrate nei modi di dire gergali. Come testimonia il sito Brazzil.commosca, polaca, minestra, piranha, a dispetto delle apparenze, significano tutti “puttana” (e mosca può significare anche fica). Mentre ferramenta non si riferisce al negozio di utensili: significa affare nel senso di pene. Ma non è tutto. In Brasile, se dite a una donna “Posso entrar?”, potreste ricevere uno schiaffo: entrar significa anche penetrare, fottere.

FRANCESE

Flag_of_France

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Quando Sarkozy disse: “Taci, povero coglione”.

La stretta parentela fra italiano e francese può generare molti equivoci. Se dite, guardando il cielo, “Che belle scie“, la frase, in francese, suonerebbe “Che bella cacata” perché scie, in francese, ha la stessa pronuncia di chier = cagare.
E ricordate che
con, in francese, non è una congiunzione ma significa figa, stronzo (è diventata celebre quando la usò l’ex presidente Nicholas Sarkozy per zittire un contestatore).
Attenti, infine, a tradurre
baciare con baiser (vuol dire anche scopare) e gatta con chatte (che indica anche la vulva).

INGLESE
Flag_of_the_United_KingdomLa distanza fra le radici linguistiche dell’italiano e dell’anglosassone produce poche assonanze volgari. Fra le più evidenti c’è ass, che non vuol dire asso ma (negli Usa) culo, stupido. Ma nella lista delle parole pericolose bisogna segnalarne due italiane che sono entrate nel dizionario inglese con significati del tutto diversi: bagnio (con la i) non vuol dire toilette ma bordello; e bimbo non vuol dire bambino ma sciacquina, oca giuliva, svampita.

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La processione fallica Kanamara Matsuri.

GIAPPONESE

Flag_of_JapanL’ho già anticipato all’inizio di questo post: in giapponese, chinchin (pronuncia: cin cin) vuol dire pene. Tant’è vero che il festival della Kanamara Matsuri, la processione fallica che si svolge ogni anno a Kawasaki per propiziare la fertilità, è chiamato anche Chinchin Matsuri (festival del… cazzo). Se siete in Giappone, quest’anno l’appuntamento è fissato per il 3 aprile. E se volete brindare con gli amici giapponesi, dovete usare un’altra espressione: “kanpai”.
Ma perché in italiano per brindare usiamo l’espressione cin cin? In effetti, l’espressione ha origini orientali, per la precisione cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng, che significa “prego, prego”. Queste parole erano usate fra i marinai di Canton come forma di saluto cordiale ma scherzoso, e si diffuse nei porti europei. E’ entrato nei nostri modi di dire per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal tintinnare di due bicchieri tra loro.

RmcHo parlato di questo post con Monica Sala e Max Venegoni su Radio Montecarlo. Potete ascoltare il podcast con il mio intervento cliccando qui.

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Le città più imbarazzanti d’Italia https://www.parolacce.org/2015/08/10/mappa-paesi-volgari/ https://www.parolacce.org/2015/08/10/mappa-paesi-volgari/#comments Mon, 10 Aug 2015 10:17:18 +0000 https://www.parolacce.org/?p=8063 Che bei viaggi si fanno d’estate! Sono appena andato a Chiappa (Imola): un paese favoloso, gemellato con Culo (Francia). Lungo il tragitto ho fatto una “sosta tecnica” a Piscia (Francia), e poi una deviazione per ammirare le bellezze di Gnocca (Rovigo). Qui ho… Continue Reading

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Un collage con alcuni dei luoghi più volgari d’Italia.

Che bei viaggi si fanno d’estate! Sono appena andato a Chiappa (Imola): un paese favoloso, gemellato con Culo (Francia). Lungo il tragitto ho fatto una “sosta tecnica” a Piscia (Francia), e poi una deviazione per ammirare le bellezze di Gnocca (Rovigo). Qui ho incontrato una ragazza, ma presto ho scoperto che era di Troia (Foggia): lei mi ha mandato a Cagar (Croazia), ma ho sbagliato strada e sono finito a Bastardo (Perugia). Sempre meglio che andare a Merda (India) o a Puttan (Norvegia)…
La storia è inventata, ma i paesi con un nome volgare esistono davvero. E se li si mette tutti in fila, la geografia sembra diventare una canzone di Elio e le storie tese. Del resto, anche i luoghi modellano la nostra identità: molti cognomi sono derivati da nomi di località (Milanesi, Siciliano, Romani…) e diversi insulti fanno leva proprio sulla provenienza geografica (terrone/polentone). Figuriamoci allora cosa accade nella nostra mente se conosciamo un uomo che abita a Sega o una donna di Ficaccia…
Sul Web, però, circolano diversi scherzi e voli di fantasia (come le località di Vergate sul Membro o Sucate Sotto, che non esistono): così ho fatto una verifica e, scartando questi casi, ho trovato 90 paesi con un nome imbarazzante, non solo in Italia ma sparsi in tutto il mondo, dal Messico al Gabon, dall’India alla Norvegia.
Così li ho riuniti tutti per la prima volta in una mappa di Google corredata di segnaposti e spiegazioni: la trovate in fondo a questa pagina.

[ fai clic sul + per espandere la finestra qui sotto ]

CAZZONE, FUCKING...E ALTRE STORIE
Ma com’è possibile che questi paesi abbiano nomi tanto imbarazzanti?  Per rispondere, bisogna conoscere qualche rudimento di toponomastica, la scienza che studia l’origine dei nomi geografici. Che hanno storie simili a quelle dei cognomi volgari, che raccontavo in questo articolo.
Di solito, infatti, i nomi di città possono derivare da:
1) nomi di persona (il proprietario di un’area, oppure eroi celebri): Mariano, per esempio, designava un’area che apparteneva a Marius; il nome Alessandria fu scelto in onore di papa Alessandro III.
2) nomi di divinità o santi: San Vito, Sanremo.
3) descrizioni di luogo: Milano deriva da Mediolanum, in mezzo alla pianura; Pescara fu così chiamata perché era una zona pescosa.

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Il cartello di Fucking (Austria).

Proprio come i cognomi, anche i nomi di luogo sono soggetti a storpiature o errate traduzioni/trascrizioni. E, soprattutto, errate etimologie: Ficarazzi (PA) non ha un’origine sessuale, ma si riferisce a una piantagione di fichi. E la località di Troia (FO) non si riferisce a una donna di facili costumi, ma è un omaggio alla località dell’Asia Minore che ispirò l’Iliade di Omero. Insomma, probabilmente nessuno dei nomi (sia italiani che esteri) che leggerete nelle prossime righe aveva in origine un significato volgare: sono semplici – ma divertenti – omofonie (parole con lo stesso suono delle parolacce).
Non è un fenomeno solo italiano: uno dei cartelli stradali più rubati al mondo dai goliardi è quello del paesello di Fucking (Austria), che in inglese significa “fottendo”. E fra gli inglesi è popolare la località di Middlefart (Danimarca) che tradotta in italiano sarebbe “scureggia di mezzo”, Crapstone (pietra di cacca, Regno Unito), Dildo (vibratore, Canada) o la notevole Bird-in-hand (uccello in mano, Usa).

Inevitabile che le città con nomi tanto scomodi abbiano causato situazioni imbarazzanti, come dimostra la storia (segnalata dall’amico Giorgio Giorgetti) del paese di CAZZONE, in provincia di Varese. Il nome pare derivasse da casone (grossa casa), da gagione (boscaglia) oppure da cazzun, mestolo (il suo territorio è contenuto in una piccola valle, come su un cucchiaio). Per gli abitanti del luogo, che vi erano abituati da tempo, quell’appellativo non era un problema.

Il regio decreto che trasformò Cazzone in Cantello.

Il decreto che trasformò Cazzone in Cantello.

Ma quando, alla fine del 1800, in paese fu collocata una caserma della Guardia di Finanza (Cazzone era vicina al confine con la Svizzera), quel nome cominciò a diventare scomodo: come ricorda lo scrittore Piero Chiara in “Lombardia misteriosa”, i militari ricevevano lettere dai parenti con intestazioni tipo “Salvatore Scognamillo, CAZZONE“, oppure “Gennaro Cacace, CAZZONE“. Più che un indirizzo, un insulto. Così alcuni chiesero di essere trasferiti, ma per ironia della sorte finirono a Figazzo (Como).
Così, dopo varie lettere di protesta delle fiamme gialle, il governo corse ai ripari: con il Regio Decreto CLXXV del 18 luglio 1895, re Umberto I e il premier Francesco Crispi decisero che Cazzone sarebbe diventato Cantello, nome conservato fino a oggi. E Figazzo si trasformò in Lieto Colle (dal 1956 frazione di Parè). Non tutti, però, ne furono soddisfatti: alcuni abitanti irriducibili formarono un Comitato cittadino che chiedeva di tornare al nome originale. Il loro motto: “Cazzoni siamo e cazzoni resteremo”… Insomma, tante storie curiose.

Ma dove, quali e quanti sono le città volgari? Quelle con lo stesso suono delle parolacce italiane sono 92 in tutto il mondo: le località italiane sono 34 (il 35,8%), seguite da città della Francia (16: il 17,4%), della Norvegia (5, il 5,4%) e del Messico (3, il 3,2%). Il resto è sparso in ogni angolo del globo, dal Gabon all’India, dall’Iran a Cuba.
Fra le regioni italiane primeggia il Veneto, con 7 località, a pari merito con la Lombardia (6). Il Nord, quindi, batte il Sud. Per quanto riguarda l’estero, la Corsica è la regione con la maggior concentrazione di nomi volgari (11).
Fra le assonanze volgari prevalgono (e ti pareva!) i termini osceni-sessuali. Ecco l’elenco dettagliato dei paesi più imbarazzanti: se volete fare un viaggio stravagante (o mandare qualcuno a quel paese…), eccovi accontentati. Ma c’è di più: decine di insulti sono nati traendo spunto da varie località geografiche: da “troia” a “mongolo”, fino a “portoghese”,lesbica” e molti altri. Trovate la storia di queste offese in questo articolo.

TERMINI OSCENI (51%)

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Il cartello di Gnocca (Rovigo).

I termini osceni-sessuali sono la categoria più nutrita con 47 termini. Ecco quali sono:

  • Cazzulino (Italia, Lombardia), Cazzano (Italia, Veneto), Cazzago (3 Italia: Veneto e Lombardia), Usellus (Italia, Sardegna), Favalanciata (Italia, Marche), Kazaz (Iran)
  • Cappella (9 Italia: Piemonte, Lazio, Marche, 2 Veneto, Lombardia, Calabria, Molise, Campania; 3 all’estero: Svizzera, 2 Francia).
  • Pirla (2: Svizzera e India)
  • Trepalle (Italia, Lombardia)
  • Culo (2 Francia, Angola)
  • Chiappa (2 Italia, Liguria)
  • Usellus (1 Italia, Sardegna)
  • Figa (Slovacchia, Romania, 3 Francia), Fica (Francia), La Ficaccia (Italia, Sardegna), Ficaccia (Francia), Fika (Nigeria), Ficarazzi (Italia, Sicilia), Figaruja (Italia, Sardegna)
  • Gnocca (Italia, Veneto)
  • Pompiano (Italia, Lombardia), Poppino (Italia, Lombardia)
  • Sega (Italia, Veneto), La Sega (Veneto)
  • Scopa (Italia, Piemonte), Scupaggiu (Italia, Sardegna)
  • Kazungula (Zambia).

INSULTI (29,3%)

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La frazione di Bastardo (Perugia).

Le città con un nome che ricalca un insulto sono 27. Ecco quali sono:

  • Troia (Italia, Puglia), Troya (9: Cuba, 3 Messico, Argentina, Ecuador, Spagna, Cile, Gabon), Troja (Polonia, Germania, Giamaica), Troja (2 Norvegia), Troianul (Romania), Tròia (Portogallo)
  • Puttan (3 Norvegia), Puttanahalli (India), Putten (Paesi Bassi), Puttanavari (India), Puttenham (Regno Unito)
  • Bastardo (Italia, Umbria), Bastard (2 Francia)

 

 

TERMINI ESCREMENTIZI (19,7%)

La frazione di Pisciarelli (Roma).

La frazione di Pisciarelli (Roma).

Le città con un nome che si rifà ai prodotti del metabolismo sono 18. Eccone l’elenco:

  • Merda (India), Merdare (Serbia), Merdari (Montenegro), Merdonu (Iran), Merdani (Bosnia-Erzegovina), Merdan  (Turchia)
  • Strunze (Rep. Ceca)
  • Cagar (Croazia, Bosnia ed Erzegovina), isole Cagarras (Brasile)
  • Piscia (5 Francia), Pisciarelli (2: Italia: Lazio e Campania)
  • Sömmerda (Germania)
  • Kaga (Giappone)

 

 

Ed ecco la mappa mondiale delle città-parolaccia: per quelle italiane, se cliccate sul segnaposto colorato, apparirà una finestrella con qualche informazione in più, sulla località e (ove possibile) sull’origine del nome. I segnaposto sono di 3 colori diversi: verdi per i termini insultanti, rossi per quelli escrementizi, blu per quelli osceni (come nell’elenco precedente).

E voi? Conoscete altri paesi imbarazzanti che mi sono sfuggiti? Segnalateli nei commenti (finestra qui sotto: tranquilli, il vostro indirizzo mail non sarà pubblicato) possibilmente con il link a Google Maps: così aggiornerò la mappa.

 

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L’origine della “spagnola” (e non parlo di influenza) https://www.parolacce.org/2014/12/01/spagnola-nome-sesso/ https://www.parolacce.org/2014/12/01/spagnola-nome-sesso/#comments Mon, 01 Dec 2014 15:09:50 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6784 Quando si parla di pratiche sessuali, si trovano molti termini fantasiosi e divertenti: smorza-candela, 69, posizione del missionario… Ma ce n’è uno che ha un’origine misteriosa: la spagnola, ovvero la pratica erotica che consiste nel sollecitare il pene facendolo scorrere… Continue Reading

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Pubblicità allusiva del profumo Tom Ford.

Quando si parla di pratiche sessuali, si trovano molti termini fantasiosi e divertenti: smorza-candela, 69, posizione del missionario… Ma ce n’è uno che ha un’origine misteriosa: la spagnola, ovvero la pratica erotica che consiste nel sollecitare il pene facendolo scorrere tra i seni.
Un lettore di questo blog, Tristan, mi chiede da dove arriva questo termine. In effetti, cosa c’entra questa pratica con la Spagna? Ho deciso di indagare, anche perché gran parte dei dizionari (Zingarelli, Sabatini-Coletti, Garzanti) non la cita: eppure è un’espressione diffusa nel gergo sessuale.
Una forma di censura? Direi di no: i dizionari citano parole ben più pesanti. Forse è un’ignoranza di questo uso lessicale, o una forma di snobismo verso le parole gergali.

Eppure la spagnola – intesa come pratica – esiste da millenni. E’ citata infatti nel testo erotico per eccellenza della letteratura mondiale, il “Kama sutra”. Nell’India del VI secolo, l’autore, Vatsyayana, cita, nel capitolo dedicato agli abbracci, la viddhaka (o viddbaka), la trafittura: “il ragazzo le tocca ripetutamente i seni, serrandoli con forza finché lei non prova un certo piacere, allora infila la verga tra i seni di lei, trafiggendoli” (cap. 2, “Gli abbracci”, 9). Forse dall’India questa pratica si è poi diffusa in occidente? Un indizio c’è: nel Regno Unito questa pratica è chiamata “Bombay roll“, ovvero “rotolo di Bombay”. L’India, ricordiamolo, era una colonia britannica. Ma – vedremo più avanti – in realtà la storia della spagnola è più complicata: perché non si chiama l’indiana, allora?

In Italia il primo testo che la descrive risale al 1500, un secolo aureo per le parolacce e per l’erotismo, come raccontavo già nel mio libro. Lo studioso di lessico Giovanni Casalegno ne ha trovata un’efficace descrizione in un’opera attribuita a Pietro Aretino, “Il piacevol Ragionamento de l’Aretino. Dialogi di Giulia e di Maddalena”: qui una cortigiana esperta racconta i “trucchi del mestiere” a una novizia. A quell’epoca, infatti, le prostitute divennero parte della vita cittadina, e gli uomini di cultura se ne interessarono descrivendo la loro vita, le loro pratiche e la loro mentalità. Ecco che cosa dice la cortigiana: “‘io, vedendo a grandissima voglia che esso ne aveva per grandissima compassione mi contentati che lo tenesse fra le mie mammelle, ed egli premendo l’una e l’altra con le mani e tenendole strette attorno la faccenda sua, quella menando in su e in giù, mi sentii tutta bagnata il collo…”.

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Album di una rock band milanese, i Malesuada

Dunque, la pratica è descritta ma non ha un nome specifico. Bisogna attendere altri 4 secoli prima che lo riceva: la prima traccia che la spagnola lascia nella nostra letteratura risale infatti al 1980, con il libro “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Per capire perché, bisogna allargare l’orizzonte geografico. La spagnola è chiamata così  non solo in Italia, ma anche in Francia (branlette espagnole, cioè “masturbazione spagnola), Germania e Austria (Spanisch), Portogallo (Espanhola), Grecia (Ισπανικό), come spiega Wikipedia.
Perché questa pratica è stata associata alla Spagna invece che all’India? Ho trovato 4 ipotesi per spiegare questo nome. Nella Parigi di inizio ‘900, le famiglie altolocate avevano domestiche spagnole, e i ricchi dell’epoca si facevano masturbare da loro in questo modo per non rischiare di metterle incinta, come racconta il film francese Sitcom (1998) di François Ozon. Un’altra ipotesi è che questa pratica fosse usata invece dagli spagnoli con le prostitute, sempre per evitare gravidanze indesiderate o malattie sessuali. O, infine, che fosse un’abitudine dei Mori (i musulmani berberi che popolarono la Spagna) con le prosperose donne spagnole. Una quarta possibile spiegazione, infine, fa risalire questa pratica a Napoli, dove nei quartieri spagnoli – nel XVI secolo si diffuse la sifilide: le prostitute di quei quartieri (dove erano di stanza varie truppe dei soldati francesi) adottarono quella pratica per evitare il contagio della sifilide.
Personalmente, però, propendo per la prima ipotesi: il termine, anche fuori d’Italia, è entrato di recente nei vocabolari.

Ma come si spiega, allora, che la spagnola cambi nazionalità a seconda dei Paesi? In Spagna, infatti, non si chiama spagnola ma cubanain Messico, in Venezuela e nei Paesi Bassi diventa la russa, in Argentina la turca, nel Regno Unito e negli Usa la scopata olandese (ma anche russa o francese)… Forse la spiegazione è un’altra: che questa pratica accenda la fantasie erotiche se associata a una donna esotica, disponibile, procace. Basti ricordare una canzone maliziosa del 1906, “La spagnola” di Vincenzo di Chiara: “stretti stretti nell’estasi d’amor / la spagnola sa amar così…” (clicca sul video sotto).
Alla fine, le donne più sexy sono le straniere: non solo perché “l’erba del vicino è sempre più verde”, ma soprattutto perché è più rassicurante che siano disinibite le donne di altri Paesi. Zoccola è sempre la moglie degli altri, mai la nostra.


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