frociaggine | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 Thu, 02 Jan 2025 09:50:11 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png frociaggine | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Parolacce: la “Top ten” dell’anno 2024 https://www.parolacce.org/2025/01/01/parolacce-top-ten-del-2024/ https://www.parolacce.org/2025/01/01/parolacce-top-ten-del-2024/#respond Wed, 01 Jan 2025 10:17:32 +0000 https://www.parolacce.org/?p=21303 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2024, in Italia e nel mondo? Anche quest’anno ho preparato la classifica dei 10 insulti più emblematici dell’anno appena concluso. Un periodo segnato, oltre che da forti contrapposizioni politiche e guerre (due… Continue Reading

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Quali sono state le parolacce più notevoli del 2024, in Italia e nel mondo? Anche quest’anno ho preparato la classifica dei 10 insulti più emblematici dell’anno appena concluso. Un periodo segnato, oltre che da forti contrapposizioni politiche e guerre (due ambiti nei quali il turpiloquio impera), anche da episodi clamorosi, come la parolaccia papale, entrata di dirittonella “Top Ten”. La premier Giorgia Meloni, prima donna a diventare presidente del Consiglio, entra in classifica con due episodi: un esordio col botto, anche se non è la prima volta che accade a un premier. Era già avvenuto con Silvio Berlusconi, presente in 3 Top Ten degli anni passati (i link sono alla fine dell’articolo), e anche con Enrico Letta. Senza contare Vittorio Sgarbi e Morgan, ormai degli habituè in questa classifica.
Ma dal mio punto di vista in questo 2024 c’è stata una questione ancora più emblematica: la crociata contro le parolacce in Formula 1 (e anche nel basket NBA). Per la prima volta, infatti, inserisco nella Top Ten qualcuno che non ha detto volgarità, ma ha tentato – in modo insensato – di eliminarle

 La classifica 2024

1) FORMULA 1

Mohammed Ben Sulayem (presidente della Fia): tolleranza zero contro le parolacce.

20 settembre 2024

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IL FATTO

 Il presidente della Federazione Internazionale Automobilismo (Fia), l’ex pilota di rally emiratino Mohammed Ben Sulayem, a settembre aveva rilasciato un’intervista ad “Autosport” lanciando la lotta contro il turpiloquio dei piloti. «Dobbiamo differenziare il nostro sport dalla musica rap. Noi non siamo rapper, eppure quante volte al minuto i piloti dicono parolacce? Noi non siamo così, è una cosa che fanno i rapper, non noi. Bisogna pensare che ci sono anche dei bambini che guardano le gare. Immaginate di essere seduti con i vostri figli a guardare la gara e che qualcuno dica tutto questo turpiloquio. Cosa direbbero i vostri figli o nipoti? Che cosa gli stiamo insegnando sul nostro sport?». Affermazioni del tutto condivisibili, in linea di principio. Anche se il paragone con il rap non è stato felice: anzi, per  Lewis Hamilton, pilota di colore, era una forma surrettizia di razzismo. «Non mi piace come si è espresso. Dice che i rapper sono volgari, e la maggior parte di loro sono neri. Se poi aggiunge ‘Noi non siamo come loro’, diventano parole sbagliate».

Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing)

Ma Sulayem ha tirato dritto. E quando, giorni dopo, a Max Verstappen è sfuggita una parolaccia, lo ha subito punito. Durante una conferenza stampa, il campione del mondo in carica si era lasciato andare a uno sfogo contro la sua Red Bull, meno veloce in Azerbaigian rispetto a quella del compagno di squadra: «Non lo so perché, impostazioni diverse. Appena ho iniziato le qualifiche sapevo che la macchina era fottuta (fucked)». Verstappen è stato redarguito dalla Fia e condannato ai “lavori socialmente utili”, come prevede il regolamento (un pomeriggio  passato da Verstappen insieme ai giovani studenti del politecnico di Kigali, in Ruanda).
Il pilota – un campione che a soli 27 anni ha raggiunto primati storici – nella conferenza stampa successiva, per protesta, ha risposto a monosillabi alle domande dei giornalisti. Una forma di protesta, come dire “Non si può dire niente”. In un’intervista si era sfogato dicendo: “Quando non puoi più essere te stesso e quando devi affrontare tutte queste cose stupide, vien voglia di mollare tutto”.

Ma il presidente della Fia ha tirato dritto. E ha proseguito nella “tolleranza zero” contro il turpiloquio. Un mese dopo, durante le interviste del dopo gara in Messico, a Charles Leclerc ne è scappata un’altra: “Ho avuto un sovrasterzo prima da un lato e poi dall’alto e quando ho ripreso il controllo ho pensato: cazzo (fuck)… e poi per fortuna…”. Si è subito scusato, ma gli è stata comminata una multa di 5mila euro. A quel punto l’associazione dei piloti (Grand Prix Drivers Association ) ha scritto un comunicato senza precedenti: “Per quanto riguarda le parolacce, c’è differenza tra quelle usate intenzionalmente per insultare qualcuno e quelle casuali, come quando si descrive il maltempo o una situazione di guida. Per questo esortiamo il Presidente della Fia a misurare il suo tono quando si riferisce ai nostri piloti. Sono adulti e non hanno certo bisogno di consigli su questioni banali, come indossare gioielli o delle mutande”.

Una lezione di vita e di linguistica. Già, perché in ambo i casi le espressioni usate dai piloti erano espressioni enfatiche: erano un modo colorito di rafforzare un concetto, uno sfogo emotivo. Senz’altro scurrili, ma non insultavano nessuno. Erano uno stile comunicativo, proprio come i gioielli o le mutande lo sono per l’aspetto. Obiezione ineccepibile.

Ma c’è un’obiezione di fondo ancor più importante che andrebbe fatta al presidente Sulayem, il quale vuole estendere la censura linguistica anche alle comunicazioni via radio fra i piloti e il loro team durante le gare. Come può pretendere di tappare la bocca a piloti che rischiano la vita correndo a più di 300 km orari? Senza contare le pressioni mediatiche (le gare sono in mondovisione) e quelle economiche (per gestire una scuderia occorrono 90 milioni di euro, senza contare gli interessi degli sponsor). 

Per molto meno, quando noi siamo in automobile, nel traffico, se qualcuno ci taglia la strada imprechiamo senza limiti. Perché anche in questo caso, nel nostro piccolo, viaggiare in auto mette in gioco la sopravvivenza e il denaro (se si rompe l’auto). Lo aveva evidenziato anche una ricerca che avevo raccontato qui.

Dunque, è una crociata insensata quella di impedire ai piloti di sfogarsi. Del resto, come avevo scritto in un altro articolo, molti modi di dire evidenziano che chi fa un lavoro duro impreca più degli altri (bestemmiare come un camallo/facchino/marinaio). Se la Formula 1 vuole essere meno “diseducativa”, l’unico intervento efficace è non trasmettere in tv le comunicazioni fra piloti e team durante le gare.

2) PAPALE PAPALE

Papa Francesco: «C’è già abbastanza frociaggine nei seminari».

Roma, 20 maggio 2024

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IL FATTO

A Roma c’è l’assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana. Un incontro a porte chiuse fra il papa e 270 vescovi italiani. Uno dei temi in discussione è la presenza dei gay nella Chiesa, e nei seminari in particolare. Per chiarire il suo pensiero, il papa ha detto: “C’è già abbastanza frociaggine nei seminari”. L’espressione ha sollevato qualche mormorio fra i presenti: dopo qualche giorno è finita su Dagospia e poi su tutti i giornali. E ha fatto il giro del mondo.

Un’affermazione forte, in tempi di “politicamente corretto” e lotta all’omofobia. Il Papa l’ha usata solo perché l’incontro era a porte chiuse, fra i vertici della Chiesa: non l’avrebbe mai usata in pubblico. A pochi mesi dalla sua elezione aveva anzi affermato: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?».

Il gay pride ha cavalcato l’espressione usata dal papa

Dunque, quell’espressione doveva rimanere fra i partecipanti all’assemblea. Si può supporre che il papa abbia scelto quell’espressione per far arrivare il messaggio a destinazione (“basta seminaristi gay”, o almeno: “basta gay che sbandierano in modo teatrale il proprio orientamento sessuale e non seguono la castità”), senza tanti giri di parole, evocando un’immagine concreta e diretta. Un termine usato, presumibilmente, in modo pittoresco e bonario, ma pur sempre uno spregiativo volgare e di origine omofoba. Che esprime una presa di distanza, se non un dileggio, verso gli omosessuali. Ma va precisato che il papa è di madrelingua spagnola, e pertanto è comprensibile che non padroneggi le connotazioni e le origini delle parole italiane.

Risultato? Un’uscita infelice, in un momento storico infiammato dalle discussioni sugli orientamenti sessuali e sulla presenza di omosessuali fra i sacerdoti. E infatti, assediato dalle polemiche (la notizia ha fatto il giro del mondo), alla fine Bergoglio ha dovuto correggere il tiro: la Sala stampa vaticana ha precisato che il Papa «non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri». Dunque, nessun intento omofobo. E, anzi, Francesco precisa di non conoscere con precisione l’uso e l’origine di quel termine sottolineando di averlo ascoltato da altre persone. E aggiungendo che «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti».

Ma con questo scivolone il papa ha perso autorevolezza, come capita a chiunque dica parolacce in pubblico (come racconto qui):  e probabilmente era proprio questo l’obiettivo dei vescovi che hanno spifferato l’episodio ai giornalisti. Peraltro, a giugno il papa è tornato a utilizzare quel termine, ha riferito AdnKronos, durante un incontro con i parroci di mezza età,  dicendo che un giovane omosessuale “non è prudente che entri in seminario”, perché rischia di cadere nell’esercizio del proprio ministero.

Non è l’unico episodio linguistico controverso, come raccontavo in questo articolo:  Il linguaggio colloquiale, con cui il papa cerca di arrivare a tutti, presenta questi inconvenienti. Peraltro Francesco non è il primo pontefice a usare un linguaggio scurrile: il suo predecessore Benedetto XIV ne diceva di più pesanti come raccontavo qui.

3) DISSING A TUTTI

Fedez: “Ogni cazzo della mia vita diventa un caso di Stato

E non mi stupirebbe se un giorno vedessi Myrta Merlino

Fare un servizio sul mio cazzo depilato (…)

Priorità di ‘sto paese: farsi i cazzi di Fedez”

“Real talk”, 3 dicembre 2024

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IL FATTO

Il 2024 è stato l’anno dei veleni per Fedez. Uscito dal matrimonio con Chiara Ferragni e dal pandoro-gate, il rapper ha tenuto banco sulle cronache per il duello a colpi di dissing (canzoni piene di insulti: da disrespecting, mancare di rispetto) con il rapper Tony Effe e con la giornalista televisiva Myrta Merlino.

I dissapori con Tony Effe sono iniziati a maggio, quando Tony durante un’intervista a Radio 105 aveva detto che Fedez gli aveva proposto di collaborare a una nuova canzone e lui aveva rifiutato. Fedez aveva replicato che era stata una proposta informale e che Tony aveva ingigantito l’episodio. Che però non si è chiuso lì: a settembre Fedez ha pubblicato “Di Caprio”: il titolo deriva dal fatto che Tony Effe in un’occasione si era paragonato a Leonardo DiCaprio anche per la scelta di partner sotto i 30 anni d’età. La canzone è una critica graffiante al collega:

La mia pupa dice: “Grossi rapper, cazzi micro”

Se divento scarso, puoi dire che ti somiglio

Se vuoi fare il cane, assicurati di esser Silvio

Nel giro di pochi giorni Tony Effe ha reagito pubblicato un brano in risposta: 64 barre di verità

Devi stare attento a quello che dici (Sosa)

Go, go, la Chiara dice che mi adora (Go, go) [ riferimento alla Ferragni? mesi prima si vociferava che i due si stessero frequentando, dopo che lei si era separata da Fedez] 

 Ti comporti da troia (Seh), seh

La tua bevanda sa di piscio (Go, go) [ la bevanda creata da Fedez, Boem]

 Fai beneficenza, ma rimani un viscido, seh

Il botta e risposta non si è fermato qui. Tempo dopo, Fedez ha pubblicato una nuova canzone “L’infanzia difficile di un benestante”. Un nuovo, pesante attacco a Tony:

Scrivevi a mia moglie mentre mi abbracciavi

Quelli come te io li chiamo infami

Scrivi di merda ma bei pettorali

Prendi la lama con scritto “A morte gli infami”

Sorridi e fai harakiri

Sei finto fuori e marcio dentro

Come i tuoi denti in ceramica

Sei un ragazzino insicuro

Red Bull ti ha messo le ali

Fedez ti ha messo una Boem su per il culo

Tony Effe non è stato l’unico bersaglio delle rime di Fedez. A dicembre ha pubblicato un nuovo singolo, “Real talk”, nel quale attacca il mondo dell’informazione e in particolare la giornalista Myrta Merlino, che gli aveva dedicato alcuni servizi durante la trasmissione “Pomeriggio 5” (Canale 5): 

 Più ci rifletto e penso che forse è tutto sbagliato

Ogni cazzo della mia vita diventa un caso di Stato

E non mi stupirebbe se un giorno vedessi Myrta Merlino

Fare un servizio sul mio cazzo depilato (…)

Priorità di ‘sto paese: farsi i cazzi di Fedez

Magistrato antimafia che mi ha fatto dossieraggio

Arrestatemi per spaccio, vuoi una dose di coraggio?

Non me ne frega un cazzo, lo so che ho un caratteraccio

Fai cagare a rappare, compra una bella recensione

Hanno messo a libro paga un magazine di settore

Io ho ascoltato una canzone scritta dal suo fondatore

Fai cagare come rapper e come intervistatore

Dikele, va bene, mi vorresti boicottare? [ Antonio Dikele Distefano, direttore di Esse magazine ]

Ti rubo le ginocchiere, tu smetti di lavorare

Intendevo che fai i bocchini e non critica musicale

Lì in mezzo siete cretini e le devo pure spiegare

Alcune staffilate, invece, sono dedicate alla ex moglie Chiara Ferragni:

Chi perde un marito trova un tesoro, amore fa rima con patrimonio [ la Ferragni è fidanzata con il ricco imprenditore Giovanni Tronchetti Provera, vertice della Pirelli ]

Insomma, un anno di veleni per tutti. Singolare che Fedez non sia stato querelato da nessuno dei suoi bersagli.

4) BELVA TIMOROSA

 Teo Mammucari: «Vaffanculo va… no no no, vaffanculo».

“Belve” (Rai2), 10 dicembre 2024

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IL FATTO

Il conduttore televisivo Teo Mammucari aveva chiesto alla giornalista Francesca Fagnani di partecipare a “Belve”, su Rai2: un talk show nel quale gli ospiti vengono messi sulla graticola con domande scomode. Ma Mammucari, pur dicendo di conoscere il programma, a un certo punto ha abbandonato lo studio terminando il suo intervento con una parolaccia.

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Al minuto 15 Teo Mammucari inizia a irritarsi perché la conduttrice Francesca Fagnani gli dà del “lei” mentre in privato gli dà del “tu”. La Fagnani gli legge un giudizio di Giancarlo Dotto, che aveva detto di lui “E’ una carogna vera come tutti gli ex animatori disprezza coloro che deve animare”. Ecco come è proseguito (e degenerato) il dialogo:

M: Ragazzi io me ne vado. Pensavo che quello che mi avevi detto in camerino fai tutta la carina…. Non stai facendo parlare di me

F: Non puoi pretendere i complimenti, è un programma così. In programma do del lei. SE non hai visto il programma non so perché mi hai chiesto di venire

M: Così è troppo…Non sono a mio agio ora. Se questo è il programma può piacermi e può non piacermi

F: Se uno che gioca ad attaccare tutti poi non sostiene un’intervista

M: Manda questo, ma è scorretto. Questa non è un’intervista, è un attacco.

F: L’ha presa male, ci sta. A me fa piacere se resta

M: e’ il programma, in bocca al lupo. Il pubblico al buio. Posso a decidere se mi trovo a mio agio?

F: Mi fa piacere se resti, se vuoi andare vai.

M: Sei bravissima, intelligente, però le cose registrate così… Mi sento dispiaciuto per come mi hai trattato.

F: Non ce l’hai fatta, ci sta, succede

M: Non ce l’hai fatta tu. io sono la stessa persona qui dentro e fuori… Ragazzi scusatemi (ed esce dallo studio)

La Fagnani, rimasta sola sul palco commenta al pubblico: “ragazzi è la prima volta”… Da dietro le quinte si sente Mammucari che risponde: “e anche l’ultima! vaffanculo va… no no no, vaffanculo”.

Il colpo di scena è diventato virale sui social e sui giornali. Mammucari non ne è uscito bene. Massimo Gramellini gli ha dedicato un articolo della rubrica “Il caffè” sul Corriere della Sera: «E’ un’istantanea del male del secolo: l’adultescenza, ovvero l’adolescenza infinita di tanti cosiddetti adulti. Teo Mammucari, diventato famoso come conduttore di un programma non esattamente per mammolette (tendeva agguati telefonici agli sconosciuti), chiede di partecipare a Belve, e appena arrivano le domande pepate smette di giocare e se ne va… come se uno studente si offendesse perché il professore con cui aveva cantato “Azzurro” in gita scolastica, rientrato a scuola si permette di interrogarlo senza sconti».

In un’intervista successiva, il conduttore dice di essersi sentito fragile e di essere andato in panico:  “Nella mia testa pensavo di farmi due risate…  Ma il pubblico muto mi ha fatto andare in crisi, Se mi togli il pubblico io mi sento finito” E mi rende insicuro avere a che fare con donne forti”. E sul “vaffa” finale: “L’ho detto mentre entravo in camerino, una persona che era con me, mio fratello, mi ha rassicurato dicendo che non era successo nulla di grave e io ho esclamato “ma vaffanculo!”. La versione di Mammucari non ha convinto. Alla fine ha dichiarato che, dopo questo episodio, vuole prendersi una pausa dalla tv e dal teatro.

5) LO SBROCCO

Vittorio Sgarbi: «La smetta di rompermi i coglioni lei non sa un cazzo, ed è un totale ignorante! Non voglio parlare con lei! Mi sta sul cazzo ha una faccia di merda. Se lei muore in un incidente stradale son contento. Mi fa schifo».

“Report” (Rai3), 29 gennaio 2024

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IL FATTO

“Report”, il programma condotto da Sigfrido Ranucci su Rai3, stava indagando su un quadro di Rutilio Manetti “La cattura di San Pietro”, scomparso nel 2013 dal Castello di Buriasco, in Piemonte. Sgarbi possiede un’opera simile, e sostiene di averla trovata  all’interno di una villa del Viterbese, acquistata da lui qualche anno fa.Non sono Diabolik, ho solo avuto culo a trovarla in quella villa“.

Sgarbi è anche sotto inchiesta della Procura di Imperia per un quadro di Valentin De Boulogne fermato alla dogana di Montecarlo: il critico d’arte è accusato di esserne il vero proprietario, cosa che lui nega. Quando il giornalista di Report Manuel Bonaccorsi gli ha chiesto un commento su quest’ultima vicenda, Sgarbi ha sbroccato: 

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La smetta di rompermi i coglioni lei non sa un cazzo, ed è un totale ignorante! Non voglio parlare con lei! Mi sta sul cazzo ha una faccia di merda”. “Se lei muore in un incidente stradale son contento. Mi auguro che lei abbia un incidente e si schianti, perchè mi fa schifo”.

“Ma no, dai, professore, per favore, noi andiamo a 40 all’ora”, dice il giornalista, facendo gli scongiuri.

“Andate a 30, andate affanculo. Non rompa il cazzo a me, faccia di merda, si tolga dai coglioni! Spero lo mandiate in onda… Tiro anche fuori l’uccello così lo mandate in onda (si alza dalla sedia e fa il gesto di abbassare la cerniera dei pantaloni).

“Toglietevi dai coglioni Vada fuori dalle palle, lei e vada a cagare lei e Ranucci (Sigfrido Ranucci, il conduttore) e Report che mi fa cagare— E’ una trasmissione che quando la vedo mi vede il vomito. Con quella faccia di montanaro di quello lì. Mi fate schifo, non sapete un cazzo, siete ignoranti come delle capre”.

La scenata di Sgarbi ha fatto clamore sui giornali. Sui social Sgarbi è stato bersagliato dalle critiche: è pur sempre un sottosegretario alla Cultura. E la settimana successiva alla messa in onda ha perso il posto di presidente della Fondazione Canova. Il sindaco di Possagno, Valerio Favero,ha detto che la decisione era stata maturata prima dell’inchiesta ma ha aggiunto che “senza dubbio quanto visto in tv è tutt’altro che edificante”.

6) POLITICA SPAZZATURA

Tony Hinchcliffe: «C’è un’isola di spazzatura…. Penso che si chiami Porto Rico»

28 ottobre 2024, New York

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IL FATTO

Le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono state contrassegnate da insulti e veleni nello scontro fra Kamala Harris, Joe Biden e Donald Trump. Durante una convention elettorale al Madison Square Garden di New York, si è esibito sul palco un comico, Tony Hinchcliffe. Che si è lanciato in affermazioni di sapore razzista:  “Sono tempi assolutamente folli… Non so se lo sapete ma c’è un’isola galleggiante di spazzatura in mezzo all’oceano in questo momento… Penso che si chiami Porto Rico… ok, va bene”. Non contento, ha aggiunto una battuta sui latino-americani che “amano fare bambini, lo fanno. Non c’è modo di tirarli fuori. Non lo fanno, vengono dentro, proprio come fanno con il nostro Paese”.

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Porto Rico è un territorio statunitense nei Caraibi. Gli abitanti dell’isola non possono votare alle presidenziali, ma 6 milioni di loro – emigrati negli Usa – sì. La battuta del comico ha fatto il giro del mondo e sollevato vivaci proteste dai portoricani. L’arcivescovo di San Juan, Porto Rico, chiede a Donald Trump di ripudiare i commenti volgari del comico Tony Hinchcliffe: “Mi piace una bella battuta, tuttavia l’umorismo ha i suoi limiti. Non dovrebbe insultare o denigrare la dignità e la sacralità delle persone. Le osservazioni di Hinchcliffe non provocano solo risate sinistre, ma anche odio. Questo genere di osservazioni non ha posto in una società fondata su ‘libertà e giustizia per tutti”.

La Harris ha subito condannato la battuta del comico, ma anche lo staff di Trump ha preso le distanze, dicendo che “non riflette le sue opinioni”. Ma anche alcuni esponenti del partito repubblicano hanno condannato apertamente il comico. La deputata Maria Elvira Salazar si è detta “disgustata” dal “commento razzista” e ha ricordato che “Porto Rico ha inviato oltre 48.000 soldati in Vietnam. Questo coraggio merita rispetto.  Impara!”. Discorso analogo da parte del senatore repubblicano Rick Scott ha dichiarato: “La battuta non fa ridere per due motivi. Non è divertente e non è vera. I portoricani sono persone straordinarie e americani straordinari”.  Il comico Hinchcliffe ha scritto sui social che i suoi critici “non hanno senso dell’umorismo”. 

Ma il presidente uscente Joe Biden, reagendo alla battuta del comico, ha fatto un autogol. Durante un evento elettorale. «Lasciate che vi dica una cosa. I portoricani che conosco sono brave persone. L’unica spazzatura che vedo galleggiare là fuori sono i suoi sostenitori, la sua demonizzazione degli ispanici è senza scrupoli e antiamericana». Una battuta non molto diversa da quelle che fece Silvio Berlusconi quando definì “coglioni” gli elettori del centro-sinistra. Poco dopo, Trump si è presentato a un comizio in Wisconsin vestito da spazzino a bordo di un camion per rifiuti con il suo nome a caratteri cubitali e il motto “Make America great again!”. Peraltro, il mese prima, lo stesso Trump aveva definito “spazzatura assoluta” i membri dell’entourage di Kamala Harris.

7) MULTA RECORD

Anthony Edwards: «Merda, non faccio gli straordinari, fanculo!».  Multa di 100mila dollari

27 dicembre 2024

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IL FATTO

Anthony Edwards, 23 anni, detto “ant” (formica) è un giocatore di basket dei Minnesota Timberwolves. Gioca nella National Basketball Association (NBA) oltre che nella nazionale olimpica.
Il 27 dicembre, dopo una partita contro gli Houston Rockets, era stato intervistato dalle tv a bordo campo. Aveva realizzato il punto vincente durante il suono della sirena di fine tempo (buzzer-beater), impresa che gli ha permesso di far vincere la propria squadra di un punto fuori casa (113 a 112).
Il giocatore, con ancora l’adrenalina in corpo, stava raccontando le fasi concitate della vittoria in diretta televisiva: “Tutto quello che sapevo era che la giocata era per Ju (Julius Randle, compagno di squadra) di andare a 14… Una volta che l’ha presa, merda, chi altro? Devo andare a prenderla. Merda… Merda, ci sto andando per la vittoria. Come ha detto Gilbert Arenas, non faccio gli straordinari, quindi fanculo!” [ “All I knew was, the play was for Ju to go 14… Once he picked it up, shit, who else? I gotta go get it. Shit… Shit, I’m going for the win. Like Gilbert Arenas said, I don’t do overtime, so fuck it!”]. Qui il video dell’intervista, da 0:26.

Pochi giorni dopo, la NBA gli ha comminato una multa di 100mila dollari. E’ una delle sanzioni più elevate per linguaggio scurrile: il record, a quanto mi risulta, va alla multa di 120mila dollari comminata proprio quest’anno a un tennista statunitense, Francis Tafoe, per aver ripetutamente imprecato contro un arbitro di sedia agli Shanghai Masters. E questo può essere comprensibile, trattandosi di insulti contro un arbitro. Ma il caso di Edwards è diverso: ha usato un linguaggio colorito ma non ha insultato nessuno (vedi il caso Verstappen). La NBA ha voluto infliggergli una punizione esemplare, dato che, come ricorda il provvedimento, Edwards non è nuovo al linguaggio pepato: era stato multato di 75.000 dollari meno di una settimana prima “per aver criticato pubblicamente l’arbitraggio e aver utilizzato un linguaggio inappropriato e blasfemo” dopo la sconfitta casalinga dei Timberwolves per 113-103 contro i Golden State Warriors. E a novembre era stato multato di 35.000 dollari per aver fatto un gesto osceno verso gli spalti mentre era in campo durante una vittoria contro i Kings a Sacramento. A conti fatti, quindi, solo quest’anno Edwards paga 210mila dollari per parolacce: una cifra senza precedenti.

8) PRESENTAZIONI

Giorgia Meloni: «La stronza della Meloni»

Caivano, 28 maggio 2024

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IL FATTO

L’episodio può essere compreso solo con una premessa. Il 16 febbraio, Vincenzo De Luca, governatore della Campania, aveva organizzato a Roma una manifestazione di protesta con 550 sindaci che protestavano contro l’autonomia differenziata e per chiedere lo sblocco dei Fondi di Sviluppo e Coesione. Il commento della premier Meloni fu lapidario:  «Se si lavorasse invece di fare le manifestazioni si potrebbe ottenere qualche risultato in più».

Così, De Luca, mentre si trovava in un corridoio di Montecitorio, parlando con altre persone, era stato ripreso di nascosto da una telecamera di La7. Il video, poi pubblicato, lo mostrava mentre diceva: «Ma è tollerabile questo atteggiamento così? Centinaia di sindaci che stanno qua, che non hanno i soldi per l’ordinaria amministrazione… “Lavora”… Lavora tu, stronza!».

Il video , registrato e mandato in onda all’insaputa di De Luca, fece furore sui social, oscurando l’attenzione sulla manifestazione di protesta. 

Così, alla prima occasione pubblica in cui De Luca avrebbe incontrato la premier (l’inaugurazione di un centro sportivo a Caivano) quest’ultima ha fatto la contromossa. Presentandosi a De Luca, nell’atto di stringergli la mano gli ha detto: “Presidente De Luca… La stronza della Meloni… Come sta?”. De Luca, preso in contropiede, ha risposto: “Benvenuta. Bene di salute”. Il video è stato rilanciato sul sito di Atreju e ha fatto furore sul Web. Il giorno dopo De Luca ha commentato l’episodio con una battuta: «la Meloni ci ha tenuto a comunicare la sua nuova e vera identità. Noi non possiamo che concordare».

L’opinione pubblica si è divisa: alcuni hanno plaudito alla sua reazione, altri come lo scrittore Christian Raimo l’hanno contestata definendola “passivo-aggressiva”, peraltro contro un giudizio espresso in privato e pubblicato all’insaputa di De Luca. Per un episodio simile, la Corte di Cassazione, nel 2006, aveva stabilito che «la critica politica può esplicarsi in forma tanto più incisiva e penetrante, quanto più elevata è la posizione pubblica della persona che ne è destinataria». La pronuncia si riferiva al giornalista Pietro Ricca che aveva dato del «buffone» a Silvio Berlusconi. Dunque, più in alto è il destinatario, più quest’ultimo deve mettere in conto (e tollerare) gli insulti.  E, aggiungo, più in alto è una persona, meno dovrebbe usareil linguaggio basso, che dà il cattivo esempio e fa perdere autorevolezza. 

9) GERGO

Giorgia Meloni: «L’infamia di pochi mi costringe a non avere rapporti con i gruppi»

5 ottobre 2024

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IL FATTO

Le schermate della chat di Giorgia Meloni pubblicate sui giornali

E’ autunno e il Parlamento – riunito in seduta comune – deve votare i giudici della Corte Costituzionale. Nelle chat di Lega e Forza Italia appare un messaggio: Attenzione, martedì 8 ottobre, ore 12,30, indispensabile la presenza di tutti al voto per la Corte Costituzionale. Eventuali missioni vanno rimandate o annullate”. Era un pressante invito per partecipare alla votazione e far passare i candidati della maggioranza. Dopo pochi minuti, il messaggio è stato pubblicato sul Web e sui giornali. E la premier si è risentita, scrivendo (sempre in chat) questo commento: «Io alla fine mollerò per questo. Perché fare sta vita per far eleggere sta gente anche no. E L’infamia di pochi mi costringe a non avere rapporti con i gruppi (parlamentari, ndr). Molto sconfortante davvero»

Pochi minuti dopo il ministro della Difesa Guido Crosetto prosegue sullo stesso tono. “Beh, però penso che lavorandoci un po’ gli o l’infame si trova”. 

Perché queste frasi sono nella Top Ten? Non tanto perché la premier abbia insultato colleghi di partito. Lo sfogo è comprensibile, trattandosi di chat private che sono state rese pubbliche. Ma sono in classifica per la scelta del termine: “infame” è uno spregiativo che usano i malavitosi per denigrare chi fa la spia alla Polizia. Può un presidente del Consiglio usare lo stesso gergo dei criminali, paragonando (indirettamente) i giornalisti a “sbirri”?
Come ha detto in un’intervista a “
Famiglia Cristiana” il linguista Michele Cortelazzo «Stupisce il trasferimento al campo politico della parola “infame”, usata nel significato in cui l’adopera la malavita per accusare di tradimento chi collabora con lo Stato: dovrebbe essere una parola che un politico considera tabù, perché ha dei riscontri storici recenti che restano nella memoria e rimandano ad ambienti – le mafie, le brigate rosse -, che in un Paese democratico dovrebbero suscitare ripulsa unanime. Dovrebbe essere uno di quei termini che chi rappresenta le istituzioni, al governo o all’opposizione che sia, tiene chiuso in bocca, perché riferito a settori che sono il rovescio delle istituzioni, della legalità e dello Stato. Non è tanto questione di polemica dura, al limite dell’ingiuria, che nel discorso politico c’è sempre stata e forse è ineliminabile, ma del contesto di riferimento, incompatibile con il ruolo, perché porta nel terreno dei nemici dello Stato». Concordo al 100% con questa analisi. In un certo senso, questo episodio fa il paio con la “frociaggine” di papa Francesco per la scarsa consapevolezza nell’uso del lessico. Con la differenza che Bergoglio è più scusabile in quanto di madrelingua argentina.

10) GAFFE

Francesca Luce Cardinale: «Affanculo, scusate, ho sbagliato riga». 

“Pillole di Poesia” (RaiNews) 12 marzo 2024

Angelo Sotgiu (Ricchi e poveri): “Aprite il microfono, teste di cazzo!”

Rai1, 31 dicembre 2024

[ per approfondire, apri la finestra cliccando sulla striscia blu qui sotto ]

IL FATTO

Su Rainews c’è una rubrica quotidiana chiamata “Pillole di poesia”. Un’attrice, Luce Cardinale (nipote della celebre Claudia) legge versi legati all’attualità. In una delle puntata recitava “La strada non presa”, una poesia di Robert Frost.

Due strade divergevano in un bosco d’autunno

e dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe,

fissandone una, più lontano che potevo….

«Affanculo! Scusate… perché? Ho saltato una riga, così…»

Guarda il video

Clicca per vedere il video

La ripresa si interrompe e va in onda la sigla. Probabilmente il video è stato rifatto, ma l’emittente ha mandato in onda per sbaglio quello con l’incidente di lettura. Che è diventato virale sui social. Che poesia. Il presidente della Fnsi (il sindacato dei giornalisti) Vittorio Di Trapani, giornalista di Rainews: “Chi pagherà per danni di reputazione così gravi?”.


La figuraccia fa il paio con quella avvenuta pochi secondi prima della mezzanotte in diretta su Rai1 a “L’anno che verrà”, durante lo show di Capodanno. Proprio mentre iniziava il conto alla rovescia si è sentito Angelo Sotgiu, voce dei Ricchi e poveri, che urlava (rivolto ai tecnici di regia): “Aprite il microfono, teste di cazzo! Ho il microfono chiuso, teste di cazzo!”. Si è sentito tutto in diretta, tanto che poi il conduttore Marco Liorni si è scusato con i telespettatori: “Sembra sia scappata qualche parola sconveniente e volevo scusarmi col pubblico, con chi l’ha sentita e si è sentito disturbato da questa espressione, sicuramente sconveniente”. Il video è visibile qui.

Se volete leggere le classifiche degli ultimi 16 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 2023, 2022, 2021, 2020, 2019,  2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

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Un papa sulla copertina di “Rolling stone”: chi l’avrebbe immaginato prima di Bergoglio?

ARTICOLO AGGIORNATO AL 2024
Fra le innovazioni di papa Francesco ci sono anche parolacce? Sembra di sì: secondo le cronache, il papa le ha dette in quattro occasioni. Di fronte a un fatto così straordinario – ma con un precedente di qualche secolo fa, vedi link in fondo all’articolo – ho deciso di indagare. Con l’aiuto di un testimone d’eccezione (per il primo episodio): padre Antonio Spadaro, direttore della “Civiltà cattolica” (la rivista dei gesuiti, l’ordine da cui proviene il pontefice), che ha intervistato più volte il papa.

Le sue espressioni offrono un’occasione preziosa per conoscere – da un punto di vista insolito – lo stile comunicativo di papa Bergoglio.

Il profeta fa casino

Partiamo dal primo caso, che risale a settembre del 2013. In un’intervista alla “Civiltà cattolica” il papa ha detto la parola “casino”. Un fatto inimmaginabile fino a poco tempo fa: in italiano, casino (diminutivo di casa) è la casa di tolleranza, il luogo dove si vende e si fa sesso. Ma anche, in senso figurato – ed è questo il casoil rumore, la confusione. E’ l’esatto equivalente di bordello, chiasso, baccano (da baccanale, orgia sacra) e puttanaio. Insomma, là dove c’è il sesso sfrenato regna un caos assordante, spesso aiutato dall’ebbrezza dell’alcol.  Ecco perché la parola casino era tabù fino a 20-30 anni fa: era impensabile pronunciarla in tv, figuriamoci da un papa. Negli ultimi anni, però, la sua carica offensiva si è affievolita: oggi è più un termine popolare-informale che volgare. In ogni caso, però, la parola si colloca fuori dall’orizzonte della più alta autorità religiosa del cattolicesimo: un orizzonte caratterizzato dal silenzio della preghiera, oltre che dalla castità.

Ma in quale contesto il papa ha detto la parola casino? L’ha detta in una lunga intervista con padre Spadaro. A pag. 465, il direttore gli ha chiesto qual è il ruolo dei religiosi oggi, visto che è il secondo pontefice a provenire da un ordine. Papa Bergoglio gli risponde che i religiosi “sono chiamati a essere profeti”, ovvero portavoce di proposte positive, senza timori: “essere profeti a volte può significare fare ruido, non so come dire… La profezia fa rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”. Ma in realtà il suo carisma è quello di essere lievito: la profezia annuncia lo spirito del Vangelo”. In spagnolo, ruido discende dal latino rugitus, ruggito: nessuna sfumatura volgare erotica. E mesi dopo, quando il papa è intervenuto alla Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro, ha esortato i giovani a “hacer lìo” (baraonda, confusione: una parola colloquiale che deriva dal verbo liar, legare, ingarbugliare), portando il messaggio evangelico per le strade.

Image: Pope Francis poses with youths during a meeting with the Piacenza diocese in Saint Peter's Basilica at the Vatican

Il papa fa un “selfie” con alcuni giovani.

Visto che Bergoglio spesso parla in spagnolo, mi è venuto un dubbio: se casino fosse stata una libera traduzione dell’intervistatore della Civiltà cattolica? L’ho chiesto al diretto interessato, padre Spadaro. Ecco che cosa mi ha scritto: “Tema molto interessante. La mia intervista si è svolta sia in italiano sia in spagnolo. Il Papa usa la parola (rumore) sempre in spagnolo. Poi, per essere compreso, la traduce in italiano con la parola “casino” alcune volte. Ma lui l’ha pronunciata in spagnolo (come appunto fa sempre)”.
Dunque, anche se il papa ha in quell’occasione ha usato un’espressione spagnola senza connotazioni erotiche- volgari, altre volte ha usato la parola “casino” per farsi capire. Un fatto straordinario, se si considera che Bergoglio è argentino, e come tale non è tenuto a conoscere l’etimologia né tanto meno le connotazioni, cioè le sfumature emotive di significato, delle parole italiane.
In ogni caso, bisogna notare un dettaglio fondamentale: nel pronunciare la parola casino, il papa, al tempo stesso, ne prende le distanze: “qualcuno dice casino”. Qualcuno: non il papa. In questo stile comunicativo c’è tutto lo spirito gesuita di Bergoglio: stare nel mondo, conoscerlo, senza condividere tutto né voltarsi dall’altra parte. Una strategia di comunicazione finissima: a differenza dei nostri politici, ha usato il registro basso senza farsene contaminare. Ottenendo due risultati: si è fatto capire da tutti, e ha attirato l’attenzione: proprio come dovrebbero fare i profeti.

Chi protegge i pedofili? “E’ cacca”

Più forte, invece, l’espressione che papa Francesco ha usato nell’agosto del 2018. Durante una visita in Irlanda, ha incontrato 8 persone che sono state vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti. Chi ha assistito ai colloqui ha riferito che il pontefice ha definito “caca” (cacca, in spagnolo) i vescovi che, invece di punire questi pedofili, li hanno semplicemente trasferiti coprendo così le loro malefatte. Sia in spagnolo che in italiano, “caca” è una parolaccia del linguaggio infantile: in una scala di gravità, è un po’ più forte rispetto a “pupù” e molto meno rispetto a “merda“. Dunque, papa Francesco ha trovato un modo per esprimere il suo ribrezzo e la sua assoluta condanna verso questi prelati, ma senza scivolare in un insulto pesante. E si è ben guardato dall’usare questo termine in un’udienza pubblica: lo ha fatto in privato, per portare la sua vicinanza alle vittime in modo confidenziale con un linguaggio schietto e informale.
Del resto (l’ho già scritto nel mio libro), la conoscenza delle parolacce fa parte integrante della competenza linguistica, ovvero della capacità di capire e comunicare con gli altri. La lingua possiede diversi registri linguistici e tutti – anche un papa – dobbiamo quanto meno conoscerli per poter comunicare efficacemente con le altre persone. Perfino San Francesco d’Assisi disse una parolaccia, se vogliamo prestare fede a quanto è scritto nei Fioretti di San Francesco: il poverello d’Assisi consigliò infatti a tale frate Ruffino, perseguitato da un demonio, di scacciarlo dicendogli: “Apri la bocca; mo’ vi ti caco“.

Troppa “frociaggine” nei seminari

A maggio 2024, papa Francesco ha incontrato i vescovi della CEI (Conferenza episcopale italiana). Uno di loro ha chiesto se fosse giusto ammettere in seminario una persona dichiaratamente gay. Il Papa ha risposto in modo fermamente negativo: pur sottolineando il rispetto che si deve a ogni persona a prescindere dal suo orientamento sessuale, è necessario mettere dei paletti e prevenire il rischio che scelga il sacerdozio chi, gay, finirà poi col fare una doppia vita, continuando a praticare l’omosessualità, soffrendo peraltro egli stesso di questa dissimulazione. Aggiungendo, al termine del discorso, che «c’è già abbastanza frociaggine nei seminari italiani».
L’espressione ha colpito i 270 vescovi presenti. Ed è arrivata alle redazioni di Dagospia e Repubblica, che l’hanno rilanciata. E l’Ansa ha detto che è stata confermata da diverse fonti.
Un’affermazione forte, in tempi di “politicamente corretto“: il Papa l’ha usata solo perché l’incontro era a porte chiuse, fra i vertici della Chiesa: non l’avrebbe mai usata in pubblico. A pochi mesi dalla sua elezione aveva anzi affermato: “Chi sono io per giudicare un gay?”.
Dunque, quell’espressione doveva rimanere fra i partecipanti all’assemblea, ma ha destato sconcerto almeno in una parte dell’uditorio. Si può supporre che il papa abbia scelto quell’espressione per far arrivare il messaggio a destinazione (“basta seminaristi gay”, o almeno: “basta gay che sbandierano in modo teatrale il proprio orientamento sessuale e non seguono la castità”), senza tanti giri di parole, evocando un’immagine concreta e diretta. Un termine usato, presumibilmente, in modo pittoresco e bonario, ma pur sempre uno spregiativo volgare e di origine omofoba. Che esprime una presa di distanza, se non un dileggio, verso gli omosessuali. Ma va precisato che il papa è di madrelingua spagnola, e pertanto è normale che non padroneggi le connotazioni e le origini delle parole italiane.
Risultato? Un’uscita infelice, in un momento storico infiammato dalle discussioni sugli orientamenti sessuali e sulla presenza di omosessuali fra i sacerdoti. E infatti, assediato dalle polemiche, alla fine Bergoglio ha dovuto correggere il tiro: la Sala stampa vaticana ha precisato che il Papa «non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri». Dunque, nessun intento omofobo. E, anzi, Francesco precisa di non conoscere con precisione l’uso e l’origine di quel termine sottolineando di averlo ascoltato da altre persone. E aggiungendo che «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti». Ma con questo scivolone il papa ha perso autorevolezza, come capita a chiunque dica parolacce in pubblico (come racconto qui):  e probabilmente era proprio questo l’obiettivo dei vescovi che hanno spifferato l’episodio ai giornalisti.
Giorni dopo, durante un incontro a porte chiuse con i sacerdoti all’Università Salesiana, il papa ha utilizzato di nuovo l’espressione, precisando che gliel’aveva detta un monsignore, per denunciare l’eccessiva presenza di gay in Vaticano. E il suo entourage ha aggiunto che si riferiva a un atteggiamento “ostentato e lobbistico” di alcuni di loro.

HA DAVVERO DETTO 'CAZZO?'

Senza titolo-2Tornando al papa, c’è però un altro episodio che è rimbalzato sulle pagine dei giornali di mezzo mondo: molti hanno titolato “il papa ha lanciato la bomba-F” (dove F sta per fuck, fottere: clicca sull’immagine per ingrandire). Davvero le cose stanno così? L’episodio è capitato a marzo di quest’anno. Durante l’Angelus domenicale in piazza San Pietro, il papa ha detto: “Se ognuno di noi non accumula ricchezze soltanto per sè, ma le mette a servizio degli altri, in questo cazzo [caso] la provvidenza di Dio si rende visibile in quanto gesto di solidarietà”.

Questa, però, è una parolaccia apparente: è stato un banale lapsus linguae, un errore di lettura dovuto all’abbondanza di zeta nelle parole precedenti (ricchezze, servizio) e all’anticipazione mentale della “z” della parola successiva (provvidenza). Al di là delle strumentalizzazioni dei giornali, questo incidente, comunque, rende il papa vicino a tutti noi: la sua infallibilità sta nella dottrina, non nella pronuncia.

L’allusione al “vaffa”

Nel maggio 2024, pochi giorni prima della battuta sulla “frociaggine”, il papa ha tenuto a Verona l’incontro  “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”.  Il papa ha fatto una riflessione molto efficace sulla pace: «La pace va curata. E oggi nel modno c’è questo peccato grave: non curare la pace. Bisogna cercare la pace, con il dialogo, il rispetto, la pazienza. Tante volte le guerre vengono dall’impazienza di fare peresto le cose, invece di costruire la pace lentamente, col dialogo, la pazienza».
Per far capire questo concetto, ha fatto un esempio di vita quotidiana: «Lo vediamo nella vita naturale: se qualcuno ti insulta, ti viene subito la voglia di dirle il doppio, no? E poi il quadruplo, e così si va moltiplicando l’aggressione: le aggressioni si moltiplicano. Dobbiamo fermare, fermare l’aggressione.
Una volta c’è stata una scena molto divertente. C’era una persona che è andato a comprare qualcosa e si vede che non gli davano il prezzo giusto e ha sgridato di tutto, ha sgridato di tutto [ha iniziato a imprecare e insultare]. Il signore del negozio ascoltava e quando ha finito di sgridare, il signore gli ha detto: “Ha finito?” “Sì ho finito”. “Vattene….. a spasso [ mimando il gesto con la mano e ridendo].  Non lo ha detto con queste parole, no: parole più forti[ sempre ridendo] Ma l’ha mandato a fare… una passeggiata. Quando noi vediamo che le cose incominciano a essere bollenti, fermiamoci. Facciamo una passeggiata o diciamo una parola e la cosa andrà meglio. Fermarsi in tempo, fermarsi in tempo».
L’allusione al “vaffa” era evidente: il pubblico si è messo a ridere, e il papa anche. Facendo capire a tutti di conoscere benissimo il “vaffa”: nulla di scandaloso, in questo. Conoscere le parolacce rientra a pieno titolo nella “competenza linnguistica” che ognuno di noi deve avere quando parla in italiano.
Qui sotto il video (parte dal minuto dell’intervento):

cover170x170Ho parlato di questo post con Doris Zaccone nella trasmissione
“Capital in the world” il 5 novembre su Radio Capital.

Qui sotto il file audio.

 

 

 

 

 

 

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