gaffe | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 28 Oct 2024 12:13:48 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png gaffe | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Parolacce: la “Top ten” del 2019 https://www.parolacce.org/2020/01/02/classifica-parolacce-2019/ https://www.parolacce.org/2020/01/02/classifica-parolacce-2019/#respond Thu, 02 Jan 2020 14:50:28 +0000 https://www.parolacce.org/?p=16650 Quali sono state le parolacce più notevoli del 2019, in Italia e nel mondo? Per il 12° anno, ho compilato la “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Prima… Continue Reading

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Quali sono state le parolacce più notevoli del 2019, in Italia e nel mondo? Per il 12° anno, ho compilato la “Top ten” con i 10 episodi volgari più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali. Prima di svelarla, una piccola riflessione per il 2020 che è appena iniziato. Perché forse questo nuovo anno potrebbe segnare l’inizio di una nuova consapevolezza sulle parolacce.

DEPURARE LA POLITICA  

Come ho accertato nella mia ultima ricerca sulle parolacce più usate nell’italiano parlato, negli ultimi 27 anni le volgarità sono triplicate nel linguaggio quotidiano. Con un rischio tangibile: l’inflazione del loro potere espressivo.
Era inevitabile, dato che le scurrilità sono diventate sempre più diffuse in qualunque contesto: al cinema, alla radio, in tv, sui giornali. E negli ultimi tempi sono state adottate da una categoria di persone che fino ad allora ne erano state lontane: i politici. Da Bossi a Grillo, fino a Berlusconi e Salvini, il turpiloquio si è diffuso ovunque, senza distinzioni di ideologia: a destra, a sinistra, al centro.

Titolo razzista uscito nel gennaio 2019.

Il fenomeno l’avevo raccontato in un precedente articolo, All’inizio i politici hanno usato il linguaggio volgare per avere visibilità (la parolaccia fa notizia) e per strizzare l’occhio al popolo (“parlo come te perché sono come te”). Insomma, una forma di marketing.
Ma presto è diventato un mezzo sbrigativo per troncare ogni discussione insultando chi la pensa in modo diverso: le discussioni degenerano in risse. E i cittadini come possono migliorare se dall’alto arriva un esempio simile? Così si è diffuso un clima di odio, di intolleranza. Che ad alcuni partiti è utile: insultare un nemico esterno, infatti, aiuta a rinforzare la propria identità.
E questo involgarimento ha anche un altro effetto collaterale meno evidente ma ancora peggiore. I politici, sempre più scaltri, hanno imparato infatti a usare gli insulti come arma di distrazione di massa, come cortina fumogena per non affrontare davvero i problemi. Se oggi ti insulto durante una discussione sul Fisco, domani sui giornali si parlerà dell’insulto e non del Fisco. La forma (il linguaggio volgare) ha ucciso il contenuto, cioè i temi politico-economici.

Manifestazione delle Sardine a Bologna.

Ma ora, forse, il vento sta cambiando. Una parte del nostro Paese si è schierata contro questo sistema, riempiendo le piazze: il movimento delle Sardine. Che, al di là dei contenuti politici (ancora da definire), al di là del fatto di essere un movimento “nato dal basso”, ha una terza caratteristica: chiede alla politica e all’opinione pubblica un cambio di stile e di linguaggio. Chiede  “non violenza” e “ascolto”. Dicendo basta ai politici che “rovesciano odio”.
Questa posizione ha un corollario: il rifiuto degli insulti, che sono appunto il linguaggio della violenza e dell’odio.
Una prima adesione è arrivata sorprendentemente proprio dall’inventore del “Vaffa day”: Beppe Grillo. Che sul suo blog il 18 dicembre scorso ha ringraziato le Sardine, salutandole come  “un movimento igienico-sanitario… Sono come tennisti vestiti di bianco che sfidano una squadra di rugbisti fangosi, volgari, incattiviti. Le sardine non reclamano altro che l’igiene della parola. Reclamano una convalescenza vigorosa dalla attuale malattia delle lingue e delle menti che fa sembrare certe espressioni pubbliche un vociare roco di hooligan pronti al balzo, oppure un minacciare gradasso di un capobanda… Anche noi in passato abbiamo un po’ esagerato. Ma ora non lo facciamo più”.
Vedremo se questo buon proposito si tradurrà davvero nella pratica, e se contagerà altri leader di partito…

E ora la mia classifica delle parolacce dell’anno. Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità.
Sono episodi rivelatori: fanno
sorridere ma anche riflettere. Il vincitore morale è il primo dell’elenco: il robot che dice parolacce quando urta contro un ostacolo. Un’invenzione che mostra come le imprecazioni possano rendere umano persino un aspirapolvere.
Buona lettura. E buon anno!

L’INVENZIONE DELL'ANNO

«Che cazzo! Fanculo! Stronzo!»
L’aspirapolvere-robot che impreca quando urta un ostacolo
4 maggio 2019, YouTube

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IL FATTO
 

Michael Reeves è un giovane programmatore americano che vive alle Hawaii. E’ diventato un celebre youtuber: documenta davanti a una telecamera le sue stravaganti  invenzioni tecnologiche, dalla canna da pesca a gas al braccio robotico che toglie i pomodori dall’insalata. Insomma, un abile nerd dotato di autoironia e spirito goliardico.

Michael Reeves col Roomba da lui modificato.

In questo video racconta che, pressato dalle numerose richieste dei suoi followers, ha deciso di costruire un modello di Roomba – il celebre robot aspirapolvere – capace di urlare quando urta un ostacolo.
Ha collegato un mini computer “low cost”, il Raspberry, al sensore di movimento del robot, usando il linguaggio di programmazione Pyhton3. Ha inserito nel computer un campionario di frasi registrate, e lo ha collegato a un amplificatore blue tooth.
Così Michael ha prodotto un’iniziale versione di Roomba con una voce femminile: quando riceve un colpo dice varie imprecazioni con voce delicata. Ma Reeves si mostra insoddisfatto, e passa alla versione 2.0 “volevo che il suo comportamento fosse quello di un essere vivente”, racconta nel suo video. Non ha tutti i torti: diverse ricerche (ne ho parlato qui) hanno mostrato che sono proprio le parolacce a distinguere gli uomini dai robot. Un automa che impreca lo consideriamo più simile a noi.

Reeves testa il Roomba in un supermercato.

Così, dopo aver chiesto a vari amici di prestare la voce al robot modificato, lo ha testato sul campo. Il risultato è impressionante: il Roomba esplode in urla disumane quando cozza contro un ostacolo (Huaaaaaaaaaa!!!!!!) e poi si lancia in imprecazioni senza freni: “Fuck! Goddamn! Motherfucker! Fuck you!” (Cioè: cazzo! Maledetto! Stronzo! Vaffanculo!) e via così.
Ma non è tutto. Reeves, che è un nerd molto autoironico, ha scatenato il Roomba mentre discuteva a pranzo con due amici in cucina. Una scena surreale, in cui i discorsi intellettuali dei commensali contrastavano con le urla selvagge del Roomba contro i mobili della cucina.
Non soddisfatto del confronto, ha deciso di fare una vera e propria ricerca di marketing. Con lo slogan: “rendiamo più personale il Roomba, rendiamolo più umano” ha sguinzagliato il robot modificato in un vero supermercato, facendolo girare fra gli scaffali: nel video i clienti si piegano in due dalle risate quando lo sentono imprecare come uno scaricatore di porto isterico. Alla fine, Michael porta il suo robot all’ufficio reclami del supermercato, lamentando di aver acquistato un prodotto maleducato, e chiedendone uno “normale” in cambio. Alla fine, lo youtuber si finge sconsolato, e conclude dicendo: “Non tutti sono pronti all’innovazione, come non erano pronti all’iPhone di Steve Jobs”.
Insomma, un video stravagante, ironico e divertente.  Perché mostra che basta un’imprecazione a dare un aspetto “umano” a un elettrodomestico. E’ stato visto già da oltre 11 milioni di persone su YouTube. Eccolo:

 

CHI VA A PUTTANE

«Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
SILVIO BERLUSCONI, proprietario del Monza Calcio
Stadio di Olbia, 1° dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Serie C. Il Monza calcio, in testa alla classifica, va in trasferta a giocare contro l’Olbia. In tribuna c’è Silvio Berlusconi, che dopo aver ceduto il Milan nel 2018 si è rituffato nel calcio comprando il Monza. Che, essendo in vetta alla classifica, non fatica a sconfiggere l’Olbia a casa sua, con 3 reti a zero.
A fine partita, un tifoso sardo si avvicina a bordo campo e dice a Berlusconi: «Presidè, ascolti! Mi servono 500 euro…devo andare a mignotte stasera ». Lui risponde con una grassa risata e poi congedandosi dice con un sorriso ammiccante: «Scusatemi, vi devo salutare perché devo andare a puttane».
Il video, girato da un tifoso allo stadio, è diventato virale. Perché non capita tutti i giorni di ascoltare un uomo di 83 anni dire una battuta del genere. Tanto meno se è a capo di un impero economico, nonché ex premier e presidente di un partito politico. Ma a quanto pare, il gusto per la battuta piccante e per stare al centro della scena sono tentazioni irresistibili per lui. Che alla fine riesce a essere simpatico perché è anche autoironico: gli incontri con alcune prostitute gli hanno procurato non pochi guai giudiziari. Ma lui, fedele alla sua fama di viveur, si lancia in battute da avanspettacolo anche a costo di apparire greve.

 

PARTITA O FIGURA?

«Da una “partita di merda” a una “figura di merda”».
RICCARDO PITTIS, telecronista Rai.
Rai, 6 gennaio 2019

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IL FATTO
 Partita di basket fra Reggio Emilia e Pesaro. La sproporzione fra le squadre è evidente: il Reggio Emilia stravince, e la partita va avanti senza mordente. Così durante l’intervallo della telecronaca Rai, il telecronista Riccardo Pittis (ex cestista della Nazionale) esclama: “Che partita di merda”. E il commento va in onda.
Alcuni si divertono, altri si offendono. Quando Pittis si accorge della figuraccia, scrive le sue scuse su Twitter, citando una celebre battuta del film “I blues brothers”: “Non ho sentito il countdown! Nessuno mi ha detto che ero in onda! C’è stato il terremoto! Le cavalletteeee! Bene, fine degli alibi. Dicendo in onda (inconsapevolmente) che era una partita di m… ho fatto sicuramente una figura di m… Oltre a diverse battute divertenti e prese per i fondelli meritate che ho letto sui social, c’è sicuramente chi si è sentito offeso e quindi mi scuso. Aggiungo che il “commento” era riferito alla difficoltà di commentare una partita che era virtualmente già chiusa. Sorry”. Raro trovare una persona che ammetta i propri torti, uscendone più simpatico di prima.
Il video con il fuori onda si può vedere (e sentire) qui
 
 

SCIENZA: BUCO NERO O BUCO DEL….?

«IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO!» (il buco nero è il buco del culo dello spazio!)
IL VERNACOLIERE, mensile satirico
maggio 2019

 

 

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IL FATTO
  Il 10 aprile una notizia scientifica fa il giro del mondo: con un complesso metodo di elaborazione dei segnali radio,  i ricercatori dell’Eht (Event Horizon Telescope) sono riusciti a ottenere la prima immagine di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. Si trova al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine. Questo buco nero dista da noi 55 milioni di anni luce e ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole.
La notizia ha fatto il giro del mondo. Un risultato storico, che ha ispirato anche Mario Cardinali, l’82enne direttore del “Vernacoliere”, celebre mensile satirico livornese. Che spara la notizia in copertina a caratteri cubitali: “IR BUONERO È ‘R BUODERCULO DELLO SPAZIO! Si tratta der famoso culo primigenio dindove ci siamo sortiti tutti, popò di caàte che ‘un siamo artro!” (Il buco nero è il buco del culo dello spazio! Si tratta del famoso culo primigenio da cui siamo fuoriusciti tutti, enormi cagate che non siamo altro!)”.
Non è da tutti riuscire a trovare una chiave comica per una scoperta scientifica così affascinante. Ma il Vernacoliere è abituato a questo e ad altro: la sua filosofia è affrontare gli argomenti dal punto di vista “uro-gastro-genitale”... 

LA SENTENZA

Licenziato perché disse “azienda di merda”. La Cassazione: non c’è l’obbligo di stimare l’azienda.
CORTE DI CASSAZIONE
Roma, 14 maggio 2019

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IL FATTO
 

Roma. Nel 2017 una guardia giurata viene licenziata. Un giorno aveva chiamato più volte il centralino dell’azienda per chiedere una copia del proprio Cud che aveva smarrito, e non otteneva risposta. Così si era sfogato col centralinista: “Che azienda di merda”. Quest’ultimo, in un eccesso di zelo aziendalista, aveva riferito l’episodio alla titolare della società, che lo aveva licenziato, sostenendo che “era venuto meno il rapporto di fiducia con l’azienda”.
Ma la guardia ha impugnato la sentenza, che è arrivata fino in Cassazione. I giudici, nella sentenza 12786/2019, hanno ribadito che il licenziamento era illegittimo. Con una considerazione controcorrente nel nostro Paese, dove spesso l’aziendalismo raggiunge livelli assurdi: per i giudici, la frase della guardia è stata “senza dubbio volgare e inappropriata ma priva di intenti realmente offensivi e aggressivi nei confronti del datore di lavoro”. Dunque, quella frase non rivelava “alcuna insubordinazione o offesa al datore di lavoro tale da minare il rapporto fiduciario, non sussistendo in capo al dipendente alcun dovere di stima nei confronti della propria azienda”. Il lavoratore, piuttosto, è tenuto a osservare i doveri di diligenza e fedeltà: questo è il “nocciolo duro” del rapporto di lavoro. La stima è un optional.

Fantozzi dopo aver scritto in cielo uno sfogo contro il Megapresidente.

Un cambio di prospettiva rivoluzionario in un Paese di lecchini e aziendalisti: si può anche lavorare per necessità, per lo stipendio, senza dover per forza stimare l’azienda per cui si lavora. Basta che si lavori correttamente. Ma attenzione: questo non significa che siamo liberi di insultare impunemente le ditte per cui lavoriamo! Se la guardia giurata avesse usato le stesse espressioni su Facebook, il suo licenziamento sarebbe stato legittimo. Perché avrebbe danneggiato all’esterno l’immagine dell’azienda.
La situazione, comunque, ricorda il celebre sfogo di Fantozzi, che un giorno immagina di scrivere in cielo “Il megapresidente è uno stronzo” (“Fantozzi contro tutti”, 1980) e la scritta si materializza davvero: il povero impiegato finisce davanti al consiglio d’amministrazione e viene costretto a sostituire il suo nome con quello del megapresidente. 

 

DA PREMIER A PUPAZZO

«Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno».
HUGH GRANT, attore (al premier Boris Johnson)
su Twitter, 28 agosto 2019

 

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IL FATTO
 

L’estate scorsa, il premier britannico Boris Johnson aveva chiesto alla regina di sospendere i lavori del Parlamento del Regno Unito per 5 settimane, fino al 14 ottobre. Sarebbe stata la più lunga sospensione del Parlamento dal 1945. Una forzatura per impedire che i parlamentari di opposizione approvassero una legge contro il “no deal“, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Europa senza accordi.

Il bizzarro account Twitter di Hugh Grant.

Il colpo di mano ha fatto indignare molti, fra cui l’attore britannico Hugh Grant, che ha scritto un Tweet pesantissimo contro il premier: “Non ti lascerò fare cazzate con il futuro dei miei figli. Non ti lascerò distruggere le libertà per cui mio nonno ha combattuto due Guerre mondiali. Vaffanculo, sei solo uno strapompato pupazzo di gomma da vasca da bagno. Alla Gran Bretagna fate schifo, tu e la tua piccola banda di capetti autocompiaciuti (letteralmente, masturbatori, ndr)”.
In poche ore Grant ha totalizzato quasi 80mila retweet e oltre 300mila preferenze. E a dicembre ha fatto una campagna porta a porta di persona nelle case di Londra per esortare anziani, famiglie e studenti a votare per la candidata dei Liberal-democratici, Luciana Berger. Obiettivo: “Fermare la Brexit”. Ma lo sforzo è stato vano: a dicembre Johnson ha vinto le elezioni col 43% dei voti. La Brexit si farà. 

RECORD DEL C****

«Record di cazzo questa sera».
GIORGIA ROSSI, giornalista
Tg5, 10 dicembre 2019

 

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IL FATTO
 Clamorosa gaffe per Giorgia Rossi al Tg5. Durante il collegamento in diretta da San Siro prima dell’incontro Inter-Barcellona, la giornalista, commentando l’affluenza degli spettatori allo stadio, ha detto: “È la cornice davvero perfetta, con più di 70.000 spettatori, record di cazzo questa sera…”.
In realtà voleva dire “record d’incasso”, ma l’emozione della diretta le ha giocato un brutto scherzo. La sua gaffe (qui il video) è diventata virale e le ha fruttato un “Tapiro d’oro” da parte della trasmissione “Striscia la notizia”.
Non è il primo scivolone del genere per una giornalista sportiva. Anni fa Antonella Clerici, parlando della sua passione per il calcio, se ne uscì con la storica affermazione: “Io non posso vivere senza cazzo”. Voleva dire “senza calcio”. 
 

IN CAMPO CONTRO IL RAZZISMO

“Negro, scimmia, gorilla”: in campo con gli insulti razzisti stampati sulla maglia.
squadra Alma de Africa, Spagna
Siviglia, 29 maggio 2019

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IL FATTO
L’Alma de Africa (Anima d’Africa) è una squadra di terza categoria dilettanti a Cadice, in Spagna. Una zona di frontiera, con molti immigrati. Infatti la squadra è composta da giocatori di 12 nazionalità diverse, tanto che i 5 spagnoli del gruppo sono chiamati ironicamente “stranieri”. Ma il pubblico non è altrettanto ironico: spesso, infatti, i giocatori della squadra sono apostrofati con insulti razzisti. Così, all’ultima giornata di campionato, i calciatori hanno deciso di fare un gesto plateale per smuovere le coscienze: sono scesi in campo indossando maglie su cui, al posto dei loro veri nomi (Omar, Bassirou, Eric, Abdoulaye, Osaivbie, Ivan, Issa Abdou, Mourtalla, Abdelmounim, Modou e Mohamed), hanno scritto gli insulti che ricevono durante le partite. “Scimmia”, “Schiavo”, “Gorilla”, “Zingaro”. “Negro”, “illegale” e così via.
“Ci sentiamo spagnoli e il calcio ci aiuta a integrarci. Ma sentirci insultare in questo modo ci fa soffrire, è un’esperienza dura dopo tutte le disavventure che abbiamo attraversato per arrivare in Europa”, hanno spiegato i giocatori. “Abbiamo fatto questa iniziativa per dire a tutti che non siamo criminali. Che siamo persone e che non disturbiamo nessuno. Ma anche per dimostrare che siamo al di sopra di questi insulti, tanto che li mettiamo sulla schiena, sotto gli occhi di tutti”. Una lezione di vita e di stile.
Alla fine della partita, i giocatori hanno consegnato le magliette alla squadra avversaria. Per rinfrescare la memoria.  

CARNIVORI=SFIGATI

«#SEIUNOSFIGATO se mangi l’agnello».
Lega Nazionale difesa del cane (LNDC)
Milano, 2 aprile 2019

 

 

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IL FATTO
La campagna è stata lanciata a Pasqua dalla Lega nazionale difesa del cane (LNDC). Un’associazione che “da tempo si impegna a promuovere l’alimentazione senza prodotti di origine animale, ma questo è il periodo in cui si consuma tradizionalmente la carneficina più agghiacciante dell’anno”, afferma Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection.
Di qui la decisione di lanciare un messaggio “volutamente provocatorio per sottolineare l’incoerenza di chi dice di amare gli animali ma al tempo stesso non rinuncia a ucciderli per mangiarli.”
Dunque, una campagna sociale giocata con un linguaggio forte, per indurre un cambio di mentalità. Per secoli, chi mangiava carne era un benestante, e la carne è diventata uno “status symbol”. Ma oggi lo scenario è cambiato: negli ultimi 40 anni si sono diffusi i movimenti animalisti, che lottano perché tutti gli animali, non solo l’uomo, abbiano diritto a una vita dignitosa, ossia senza sofferenze o sfruttamento.
A volte, però, l’animalismo sfocia in un fanatismo col paraocchi: non è raro incontrare animalisti che mangiano salumi o indossano scarpe di cuoio animale. Oppure passano all’eccesso opposto: sono sensibili alle vessazioni sugli animali, ma indifferenti ai drammi di altri esseri umani, siano immigrati o carcerati.
Ma oggi non occorre necessariamente una sensibilità animalista per schierarsi contro il consumo di carne: basta essere sensibili all’ambiente.
L’allevamento di animali infatti ha un pesante impatto ecologico sul nostro pianeta. Gli allevamenti sottraggono terre all’agricoltura (occupano il 26% delle terre, e assorbono il 40% delle risorse agricole), consumano molta acqua (circa il 10% dell’uso di acqua dolce), producono notevoli  emissioni di gas serra (il 14,5% del totale). Senza contare che da tempo le carni rosse sono additate come cancerogene.
Dunque, lo slogan della Lega del cane non è una provocazione sterile: va accolto come un invito a cambiar vita, per il bene non solo degli animali, ma anche del pianeta. E in ultima analisi di noi stessi. 
  
 

 

PLATINI COME FANTOZZI

«Il Var? Una bella cagata».
Michel Platini, ex campione di calcio
Rai (Che tempo che fa), 18 novembre 2019

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IL FATTO
Era nato per troncare le discussioni (era gol, non era gol, era fuorigioco, no, non lo era), eppure continua a sollevare polemiche. Il VAR (Video assistant referee) è un sistema video che a bordo campo serve a sciogliere i dubbi su gol e falli, permettendo di rivedere in tempo reale i video ravvicinati delle azioni contestate. Michel Platini, ex campione della Juve ed ex presidente dell’Uefa, in novembre è stato ospite di Fabio Fazio in tv a “Che tempo che fa”. Scagionato dalle accuse di corruzione in un’inchiesta sulla Fifa, ha appena pubblicato un libro biografico (“Il re a nudo”). E ha detto la sua sul sistema Var:  “Il Var non regola le cose, le sposta. Ci vogliono 30 minuti per spiegare perché non sono d’accordo. Penso che non si ritornerà mai indietro, ma penso che è una bella cagata“.
Una frase a effetto, che ricorda un film di Fantozzi (“La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”). E mostra anche la padronanza di Platini nella lingua italiana. I motivi della sua opposizione al Var Platini li aveva spiegati in un’intervista al giornale francese l’Equipe: il Var può essere utile a stabilire se una palla è entrata in rete o se un gol è stato fatto in fuori gioco, ma in tutti gli altri casi non scioglie i dubbi, anzi li moltiplica. E rischia di uccidere la spontaneità del calcio. 
 
 

Se vi incuriosisce sapere come sono andate le classifiche degli ultimi 11 anni, potete cliccare sui link qui di seguito: 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

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La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?

DIPLOMAZIA ADDIO

«Perché facciamo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?».

DONALD TRUMP, presidente degli USA

Washington, Casa Bianca, 11 gennaio

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IL FATTO

La lettera di protesta dell’Unione Africana.

Il presidente Donald Trump incontra alcuni membri del Congresso nello Studio Ovale. A parlamentari e senatori che gli chiedono di non togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, Trump ha risposto con la frase: “Perché stiamo facendo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?”. In inglese shithole è letteralmente il “buco per la merda”, ovvero la latrina.
Appena la notizia si è diffusa, sollevando un’ondata di indignazione, Trump si è affrettato a ridurne la portata:  ha ammesso di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. “Gli Stati Uniti – ha cercato di correggersi – sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ‘da paesi ad alta criminalità e messi male”.
Ma ormai la frittata era fatta, con conseguenze planetarie:  il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti; El Salvador ha chiesto ufficialmente “rispetto” al presidente americano; l’ambasciatore americano a Panama, John Feeley è arrivato a dimettersi per la vergogna.
Ma non è tutto: l’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. “L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento”, ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sul caso. Gli ambasciatori africani hanno espresso “preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore” e hanno condannato “le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti” reclamando “che vengano ritrattate”.

Il Trump hotel con la scritta “Shithole”.

Sferzante il commento dell’ex presidente del Messico, Vicente Fox: “la tua bocca è il cesso più schifoso del mondo. Con quale autorità proclami chi è il benvenuto in America e chi no? La grandezza dell’America è costruita sulla diversità, o hai dimenticato il tuo passato di immigrato, Donald?”.
Ma c’è chi non si è limitato alle parole. Robin Bell, un artista, ha proiettato un messaggio luminoso sul Trump International Hotel di Washington. Nel messaggio si legge proprio “shithole”,” (“Non sei un cittadino di Washington? Hai bisogno di un posto dove stare? Prova il nostro cesso. Questo posto è un cesso”).

CHI LA FA, L'ASPETTI

Fa il dito medio agli autovelox: condannato a 8 mesi di carcere

Timothy Hill, manager

Grassington (UK), 24 aprile 2018  

 

 

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IL FATTO
Timothy Hill, 67 anni, è il manager di un’azienda britannica che vive a Grassington. Stufo di dover fare i conti con gli autovelox sparsi lungo le strade del North Yorkshire, ha montato sulla sua auto un dispositivo antilaser, capace di confondere i sensori dei rilevatori di velocità. Così, sicuro di farla franca, tutte le volte che passava davanti a una telecamera di un autovelox, gli esibiva il dito medio in un gesto di scherno. Non sapeva, però, che quegli apparecchi erano dotati anche di fotocamera. E la posa non è passata inosservata agli agenti della polizia locale, che dalla targa della sua Range Rover sono riusciti lo hanno identificato con facilità.E i giudici non hanno avuto scrupoli nel condannarlo: gli è stata inflitta una pena di 8 mesi di reclusione più la revoca della patente per un anno, per aver tentato di ostacolare il corso della giustizia. «Se vuoi attirare la nostra attenzione, gesticolare ripetutamente ai furgoni della polizia con il tuo dito medio mentre guidi un’auto dotata di un antilaser è un ottimo modo per farlo. Ed è anche un ottimo modo per finire in prigione», ha dichiarato alla stampa un agente della polizia stradale. Che, però, alla fine non è riuscita a rilevare la velocità dell’auto: magra consolazione.
 

LA PRIMA PAGINA PIÙ VOLGARE

Ma vaffancrucco

quotidiano “Il Tempo”

26 maggio 2018

 

 

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IL FATTO
 Sono passati quasi 3 mesi dalle elezioni, e ancora l’asse Movimento 5 stelle-Lega non è ancora riuscito a formare il governo. Ma nel frattempo non risparmia stoccate verso l’Unione Europea.

L’articolo dello “Spiegel” sugli scrocconi.

In quei giorni, al culmine del braccio di ferro, il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica online un articolo intitolato “Gli scrocconi di Roma”. Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione – si legge nel pezzo – che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente“, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto, rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola».

La copertina di “Woche” sull’Italia.

E sulla copertina di “Woche” l’inserto del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, è apparso il titolo “Mamma mia!”, sul disegno di un’apecar con la bandiera italiana (e coi simboli di Lega e M5s) che precipita in un burrone, mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello. Sottotitolo: «Perché l’Italia è la grande bambina problematica dell’Europa”.
Di fronte a queste prese di posizione, il quotidiano “Il tempo” rilancia, sparando in copertina il titolo: “Ma vaffancrucco”. Un doppio insulto: una maledizione (il vaffa) con l’aggiunta di uno spregiativo etnico contro i tedeschi (crucco).
Un modo estremo, scrive il giornale, per reagire a un “disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico”. L’articolo si conclude con un colpo di clava: il giornale invita i tedeschi a rivedersi il film “La grande guerra”, dove nel finale due soldati italiani danno della “faccia di merda” a un tedesco che voleva costringerli a rivelare la strategia del nostro esercito.
Il titolo del “Tempo” entrerà nella classifica delle prime pagine più triviali, insieme alla “Patata bollente” dedicato alla sindaca di Roma Virginia Raggi (titolo peraltro condannato per sessismo dall’Ordine dei giornalisti).

 

COMUNICAZIONE BOOMERANG

«Cina Paese di merda, ignorante, sporco, puzzolente, mafia». Poi, scuse globali.

Stefano Gabbana su Instagram  

23 novembre 2018  

 

 

 

 

 

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IL FATTO
La griffe di moda Dolce & Gabbana sta promuovendo una sfilata prevista a Shanghai, in Cina. e lo fa con 3 video pubblicitari che mostrano una ragazza cinese alle prese con alcuni piatti tipici della cucina italiana: pizza, spaghetti e cannolo. In tutti e tre i casi la ragazza usa in modo goffo le bacchette, con una voce maschile fuori campo che la guida. Malizioso il video del cannolo, in cui la voce le domanda «E’ troppo grande per te?».

Un fotogramma dello spot (cannolo) di D&G.

I video (potete vederli qui) vengono subito contestati sui social network cinesi, sia per il sessismo sia perché perpetuano l’immagine dei cinesi come persone ignoranti, che usano le bacchette per mangiare anche i cibi occidentali. Le critiche fioccano anche su Instagram dall’account @DietPrada (1 milione di followers) a cui lo stesso Gabbana replica che secondo lui i video erano belli e divertenti. Ma in breve la discussione degenera: Gabbana arriva a scrivere che «la Cina è un paese di merda (scritto con gli emoji), ignorante, sporco e puzzolente e mafia».
La conversazione diventa virale, con conseguenze devastanti per gli stilisti: la loro sfilata viene annullata, e diverse piattaforme di e-commerce cinesi rimuovono i prodotti del marchio.
A quel punto non si poteva più far finta di nulla: inizialmente Gabbana ha detto che il suo account Instagram era stato hackerato. Ma la giustificazione non ha retto: nei mesi precedenti lo stilista era stato protagonista di altri attacchi sguaiati, per esempio contro Selena Gomez ed Heather Parisi. E gli stilisti non potevano permettersi di perdere il mercato cinese dove hanno 25 punti vendita. Così hanno pubblicato su YouTube un video di scuse, registrato davanti alla parete di seta rossa del loro quartiere generale. Con le facce contrite i due stilisti dicono una frase ciascuno, in un discorso di 1 minuto e 25 secondi: «In questi giorni – dice Domenico Dolce – abbiamo ripensato tantissimo, con grande dispiacere a quello che è successo e che abbiamo causato nel vostro paese e ci scusiamo tantissimo. Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell’interpretare la vostra…. Siamo sempre stati molto innamorati della Cina, l’abbiamo visitata, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci». E Gabbana non tira più in ballo gli hacker: «vogliamo anche chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo perché ce ne sono molti e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio. Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa».
Insomma, una pubblica umiliazione su scala globale: non si era mai visto un atto di contrizione di queste proporzioni. Una versione moderna del “pubblico ludibrio”, per motivi economici.
Qui sotto, il video delle scuse di Dolce & Gabbana:

 

 

BESTEMMIA PRESIDENZIALE

Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così».

 Felipe Duterte, presidente delle Filippine

22 giugno, Davao, technology summit  

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IL FATTO
Il presidente delle Filippine, Felipe Duterte, non ha riguardi per nessuno. Dopo aver insultato il papa, l’Onu, Barack Obama e l’Unione Europea (vedi il mio articolo qui), ora è riuscito ad andare oltre, insultando perfino Dio.
Il fatto è avvenuto a Davao, durante un summit tecnologico. Ospite della manifestazione, ha iniziato, fra il serio e il faceto, a dire le sue opinioni sul racconto biblico del peccato originale. Dopo aver ricordato la storia di Adamo ed Eva e del serpente, Duterte ha detto: “Tu hai creato qualcosa di perfetto, e poi pensi di creare un evento per tentarlo e distruggere la qualità del tuo lavoro. Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così. Quella era l’azione di tua madre e tuo padre, non eri ancora nato, ma ora hai il peccato originale. Che tipo di religione è?  Questo non posso accettarlo, è un’affermazione molto stupida».
La sua sparata, detta in modo pacato, come una chiacchiera tra amici al bar, ha creato sconcerto in un Paese dove oltre il 92% della popolazione è di fede cristiana. Perfino diversi suoi alleati hanno preso le distanze.
Il vescovo di Sorsogon Arturo Bastes  ha attaccato il capo di Stato:  «La tirata di Duterte contro Dio e la Bibbia rivela che si tratta di uno psicopatico, una mente anormale che non avrebbe dovuto essere eletta come presidente della nostra nazione civile e cristiana»  e ha esortato i filippini a pregare per mettere fine alle sue «affermazioni blasfeme e le tendenze dittatoriali». «Come può essere un presidente per tutti i filippini se non rispetta i fedeli cattolici?», ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.
Anche il Consiglio delle Chiese evangeliche delle Filippine ha definito “assolutamente inappropriato per il presidente della nostra nazione maledire in modo beffardo il Dio della fede cristiana che è profondamente venerato dalla maggioranza dei filippini”.
Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha difeso le esternazioni del presidente, sostenendo che abbia il diritto di esprimere le sue opinioni sulla religione. Non ha mai nascosto questo tipo di linguaggio quando correva per le presidenziali, accettate che è fatto così».
Duterte, comunque, ha un rapporto teso con la Chiesa cattolica, i cui leader lo hanno criticato per le esecuzioni sommarie che hanno caratterizzato la sua guerra alla droga.
Qui sotto, il video con le affermazioni di Duterte:

 

VAFFA PARLAMENTARE

«Per anni non ci avete cagato di striscio… Ma andatevene un pò affanculo!».

Matteo Dall’Osso, deputato M5s

Camera dei Deputati, Roma, 7 agosto

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IL FATTO
E’ agosto, e in una delle ultime sedute prima della pausa estiva alla Camera si sta discutendo il decreto di riordino dei ministeri. Fra le ipotesi in discussione c’è l’introduzione di un nuovo dicastero, quello per la Famiglia e i disabili. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (Pd) critica l’iniziativa, sostenendo che fosse un’ulteriore forma di discriminazione: “fa tornare indietro il Paese di 80 anni, significa cancellare in un sol colpo le battaglie per affermare il principio sacrosanto che i disabili sono come gli altri, solo con bisogni specifici, cui dare risposta. Non ha senso un ministero della segregazione, un ministero per differenziare le persone le une dalle altre”. Le ha risposto Matteo Dall’Osso, esponente bolognese del Movimento 5 stelle affetto da sclerosi multipla: “In uno Stato normale avrebbe anche ragione la Boschi e tutti gli interventi di prima. Ma siccome in uno Stato normale non siamo, dico che è assurdo. Come si fa a pensare… Un disabile deve essere tutelato! A noi non ci ha cagato di striscio nessuno e adesso vi ribellate perché abbiamo creato un ministero… Ma andatevene affanculo, va!”.
La frase ha suscitato vivaci proteste dal Pd e da Forza Italia. Alla fine, il ministero per la famiglia e le disabilità è nato, ma la polemica di Dall’Osso non è terminata: all’inizio di dicembre, infatti, Dall’Osso, sentendosi “solo, umiliato e tradito” dal suo partito, che aveva bocciato un emendamento che potenziava il fondo per i disabili, ha abbandonato il M5s per passare a Forza Italia.
Qui sotto, il filmato con l’intervento di Dall’Osso:

 

OFFESA ALLA BICI

«Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!».

Fabio Aru, ciclista UAE Team Emirates

12 settembre, 17a tappa della Vuelta, giro ciclistico di Spagna  

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IL FATTO
Al Giro di Spagna, Fabio Aru, un ciclista sardo di 28 anni che corre per la UAE Team Emirates, cade rovinosamente a terra alla velocità di 70 km orari. E a meno di 7 km dal traguardo. Riporta vistosi strappi alla divisa, gli esce sangue dal fondoschiena.  Si rialza a fatica, e con le lacrime agli occhi inizia a urlare: “Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!”. L’ urlo, evidenziato con un gesto delle braccia, è ripetuto tre volte in faccia a Joxean Fernández Matxin, il team manager della UAE-Emirates, e a Giuseppe Archetti, capomeccanico del team e della Nazionale.
I due restano lì ammutoliti. Poi Aru, pantaloncino e maglietta squarciati tra lombi e glutei, qualche strisciata di sangue, riparte. Chiuderà la gara all’84° posto, a 14’14” dal vincitore, il canadese Michael Woods.
Ma lo sfogo rabbioso di Aru a bordo strada è andato in mondovisione. E non è andato giù a Ernesto Colnago, titolare dell’omonima azienda di biciclette usate da Aru: «Ci sono rimasto male» ha detto. «Ho servito migliaia e migliaia di corridori e un’offesa così, in televisione, non l’avevo mai subita. Però almeno Aru mi ha chiamato al telefono ed è stato un quarto d’ ora a scusarsi. Lo capisco, perché è una stagione che gli gira tutto male e quando è così anche le galline fanno fatica a fare le uova. Però gli ho spiegato che è un professionista, che la ruota gira. Poi, non ho capito, ma se si fosse bloccato il cambio mica sarebbe caduto. Si sarebbe fermato, non caduto. Che colpa ne ha la bici?». 
Infatti la bici non c’entrava, come ha poi chiarito Matxin, il team manager della Uae: «Gli si era incastrata la catena sull’ 11 e con la mano l’ha tirata per sbloccarla e metterla sul 12. Nel guardare sotto, a 70 km all’ ora è caduto. La sua  reazione non è stata bella. Ma è stata una reazione di pancia. E’ andato giù a quella velocità, con le pulsazioni a 200. S’ è spaventato, lo capisco. Cosa avrebbe detto qualsiasi altra persona o corridore? “Caspiterina“?».
Qui sotto, il video con lo sfogo di Aru:

 

 

LO STAGE PIÙ BREVE DELLA STORIA

«Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa». Licenziata.

@NaomiH_official, su Twitter

22 agosto

 

 

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IL FATTO

E’ estate, e una giovane americana, una non meglio identificata NaomiH, twitta un messaggio di giubilo: “Everyone shut the fuck up. I got accepted for a Nasa Internship”, ovvero “Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa”.
Poco dopo, un tale Homer Hickam le risponde “Occhio al linguaggio”. Ma lei non arretra, anzi rilancia: “Succhiami l’uccello e le palle, lavoro alla Nasa” (Suck my dick and balls, I’m working at Nasa”).
Peccato che il signor Hickam non fosse un moralista qualunque: gli ha risposto infatti “E io sono nel Consiglio nazioanale dello spazio che sovrintende sulla Nasa”.
Risultato: Naomi è stata silurata dalla Nasa alla prima giornata di stage. La figuraccia su Twitter, grazie agli hastag, ha richiamato l’attenzione dell’Agenzia spaziale, che ha preferito rimuovere la stagista troppo focosa.
Da quel momento Naomi si è presa una pausa di riflessione da Twitter. Hickam ha detto che Naomi l’ha contattata, e dopo aver visto il suo curriculum ha detto che comunque merita un posto nell’industria aerospaziale. Insomma, la figuraccia dovrebbe aver avuto un lieto fine. Anche se ha fatto il giro del mondo, rilanciata da molti giornali come l’Independent.  

 

INSULTO ONORIFICO

«Tu non sei razzista: sei stronzo!». E Mattarella la premia

Maria Rosaria Coppola

Napoli, 3 novembre  

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IL FATTO
Siamo sulla Circumvesuviana, una delle linee ferroviarie nell’area di Napoli. A un certo punto, un giovane passeggero aggredisce un cingalese, urlandogli «Negro di merda». Tra i passeggeri del treno, una donna di 62 anni ha il coraggio di affrontarlo: si chiama Maria Rosaria Coppola, e fa la sarta alla sede napoletana della Rai. La donna alza la voce, dicendo al ragazzo: «Sei un razzista, vergognati!» e gli intima di smetterla. Lui si inalbera, dicendo che gli immigrati «Se ne devono andare, l’Italia è nostra». La donna gli risponde: «Preferisco che sia loro l’Italia e non tua». Il battibecco continua: davanti al giovane che continua a minacciare lo straniero, la donna gli dice: «Se ti vedo alzare un pugno, prendo l’ombrello e te lo scasso in testa».

Il logo ispirato dall’episodio sulla Circumvesuviana.

Il ragazzo, però, continua fieramente a proclamarsi razzista, al che la signora gli risponde: «Tu non sì razzista, tu sì strunz», ovvero «Tu non sei razzista, sei stronzo» (per il significato di “strunz” in napoletano, vedi il mio articolo qui).
La scena, ripresa con il telefonino da un passeggero, in poco tempo diventa virale su Internet. Con conseguenze inattese: la signora Coppola, pochi giorni dopo l’episodio, ha ricevuto il premio “Cittadina coraggiosa” da Umberto De Gregorio, presidente dell’Eav (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea ferroviaria Circumvesuviana).
E ha ispirato un mediatore culturale, Mr Sharif, a creare un logo: ombrello, guanto da pugile e la storica frase “Tu nun sì razzista, sì strunz”.
Ma non è finita qui: a fine anno, la signora Coppola è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per il coraggio e lo spirito di iniziativa con cui ha pubblicamente difeso un giovane straniero vittima di una aggressione razzista». Credo che sia il primo caso al mondo di onorificenza guadagnata (anche) grazie a un insulto. Anche se, in realtà, più della reattività della donna colpisce l’inazione di tutti gli altri passeggeri. Infatti i premi vinti dalla signora Coppola nascondono una verità amara: indignarsi di fronte a un sopruso razzista è una reazione normale; diventa un atto di eroismo perché la nostra società è diventata indifferente ai soprusi. 
Va ricordato, comunque, la primogenitura di quella frase non è della signora Coppola, bensì di Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’assemblea della Regione Sicilia, e risale allo scorso agosto, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva bloccato a Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo 190 migranti per cavalcare mediaticamente il caso e strappare più aiuti sulla questione migranti dall’Unione Europea. 
Miccicchè, dopo aver visitato i migranti a bordo della nave, scrisse un intervento indignato su Facebook: «Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più?  Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». A questo intervento è seguita la reazione sdegnata della Lega, indignata per «i toni violenti e il linguaggio indecoroso». E l’episodio ha ispirato un artista, Domenico Pellegrino, che ha creato una luminaria con la scritta “Stronzo” (potete vederla qui). 
Nel video qui sotto, il battibecco fra la signora Coppola e i giovane sul treno:

HATERS IN MUSICA

«Fate cagare, siete delle merde fake…»

I Masa, “La canzone degli haters”

YouTube, 21 novembre   

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IL FATTO

I Masa sono un duo di giovani musicisti-cabarettisti di Fidenza (Parma). Si chiamano Alessandro Basini e Andrea Dalla Giovanna, e sono capaci di suonare più di 20 strumenti musicali differenti nelle loro esibizioni. Dopo aver collezionato commenti di ogni genere sui loro video pubblicati su YouTube e Facebook, hanno deciso di raccogliere quelli degli “haters” e trasformarli nei versi di una canzone,  “La canzone degli haters” per l’appunto. Fra le strofe: “Fate cagare, siete delle merde fake“, “Ridicoli“, “Coglioni“, “Imbecilli“…
Un esperimento originale, che ha superato le 275mila visualizzazioni su YouTube. Il brano, infatti riesce a far sorridere grazie all’ironia degli interpreti e alla melodia giocosa. Gli odiatori del Web si possono battere anche così. Col sorriso. Perché in fondo le parolacce sono solo parole.
Qui sotto il video della “Canzone degli haters”:

 

Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.

Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008. Buon anno!

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L’aranciata Pipi, prodotta in Croazia: in Italia avrebbe qualche problema.

Cosa succede quando si esporta all’estero un prodotto di successo? Il rischio di fare flop c’è sempre: gusti e sensibilità cambiano a ogni latitudine. Ma quando il suo nome, in altre lingue, acquista significati imbarazzanti, il fiasco è assicurato.
Ne sanno qualcosa i produttori, grandi e piccoli, che hanno fatto figuracce epocali scoprendo – troppo tardi – che all’estero il nome del loro prodotto (un’auto, una bibita, un telefonino, uno snack) richiamava i termini volgari usati per indicare il sesso, gli escrementi o gli insulti. Col risultato di diventare involontariamente comici, di perdere prestigio o, peggio, di offendere la sensibilità di un intero Paese.
In inglese questo tipo di errori si chiama “brand blunder” (sbaglio di marca), e la storia del marketing ne ha archiviati a decine, commessi anche da multinazionali molto celebri.
Dopo aver parlato dei loghi volutamente volgari, registrati all’Ufficio marchi italiano, dei vini e dei cibi con un nome osè, in questo articolo ho radunato invece 43 “falsi amici”, cioè nomi commerciali che, in un’altra lingua, diventano parolacce.
Alcuni sono effettivamente sfociati in una gaffe internazionale, altri no (o non ancora). I primi 30 casi sono in italiano, e i successivi sono in inglese, spagnolo, francese, svedese, tedesco, cantonese…. Buon divertimento.

In italiano…

33 CASI

PIPI
Come si fa a bere una bibita con questo nome? Eppure esiste: è un’aranciata prodotta a Spalato, in Croazia. E’ stata la bevanda più diffusa negli anni ‘80 e ‘90 (anche nelle versioni limonata e acqua tonica), ma oggi il suo produttore, Dalmacijavino, risulta in guai finanziari. Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse tentato di esportare la Pipi in Italia…

PLOPP
Chi è andato in Svezia le ha viste esposte nei supermarket: sono barre di cioccolato al latte con un ripieno di caramello. Ma accostare questo suono, che ricorda – anche in inglese – la defecazione, non è molto beneaugurante… Con l’aggravante che anche il produttore ha un nome respingente, almeno in italiano: Cloetta, che evoca la cloaca.

POM’PIN
Fra le specialità gastronomiche del Belgio ci sono le patate. La ditta Lutosa ne confeziona vari tipi, fra cui le crocchette a forma di pigna: perciò le vende col nome di Pom’pin, contrazione di “pomme de terre” (patata) e “pomme de pin” (pigna). Dato che un marchio del genere sarebbe sconveniente in Italia (richiama il sesso orale), le hanno ribattezzate Pata’Pigna.

SEGA
Il celebre produttore giapponese di giochi elettronici, Sega, è un acronimo formato dalle prime due lettere di Service Games. Ma questa sigla, in italiano, è il nome volgare della masturbazione. Gli appassionati di videogames lo sanno da tempo, e non gli fa più effetto. Ma il problema c’è: così, non potendo cambiare il proprio nome, negli spot pubblicitari “Sega” è pronunciata volutamente in inglese: “siiga”.

FROCHO
SecondCup Coffee è il gemello canadese di Starbucks: una catena di 300 caffetterie fondata nel 1975. Di recente ha inventato (e registrato come marchio) un nuovo prodotto: Frocho, contrazione di frozen chocolate (cioccolato congelato). E’ una bevanda fresca per l’estate, ottenuta mescolando latte, ghiaccio, vaniglia e cacao. Se arrivasse in Italia avrebbe però il sapore dell’omofobia.

INKULATOR
Nel 2013, SurfaceSoft aveva lanciato un’app per Windows 8, descritta come un “modo nuovo e figo di fare calcoli”. Mescolando le espressioni “digital ink” (inchiostro digitale) e “calculator” (calcolatrice), la società informatica aveva sfornato un nome elegante in inglese, ma esilarante in italiano: Inkulator. Dopo l’ilarità e le proteste degli italiani, l’app è stata ribattezzata Kanakku (dai Kanak, abitanti della Nuova Caledonia): ma in tedesco kanake significa immigrato (in senso spregiativo) e in giapponese kanaku significa “persona malvagia”. Insomma, nonostante le buone intenzioni, anche in questo caso SurfaceSoft ha… fatto male i conti.

CHIAPPLE
Negli Stati Uniti, la moda per i cibi organici ha prodotto un preparato a base di semi di chia (Salvia hispanica) e mela. Il suo nome commerciale? Chiapple (composto di chia e apple, mela). Se mai arrivasse sul mercato italiano, difficilmente potrebbe mantenere questo nome (peraltro divertente, per l’assonanza con le chiappe).

 

FESSENGER
Il nome sembra uscito da uno sketch di Crozza: sembra un mix fra fesso e kazzenger, l’imitazione di Roberto Giacobbo. Invece, è il nome di un’altra app per computer: serve come interfaccia per usare Facebook attraverso i Google glass: il nome, infatti, è l’effetto della fusione fra Facebook e messenger.

FANCL

Si chiama così una società giapponese, quotata in Borsa, che produce cosmetici e integratori alimentari. Fondata nel 1981, oggi ha 900 dipendenti e sedi anche in Cina, Taiwan, Hong Kong, Singapore. Certo, il logo che campeggia sulle insegne dei negozi non è beneaugurante verso i clienti.

KHA GAI
La Knorr vende questa zuppa di noodle thailandese, la Tom Kha Gai (a base di pollo con latte di cocco, zenzero e lime) nei mercati del Nord Europa: soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Svezia. Se decidesse di esportarli in Italia, forse potrebbe avere successo… fra gli stitici, vista l’assonanza con “cagai“.

AZZO
Come poteva chiamarsi una raffinata linea di prodotti di bellezza femminili (shampoo, olii, maquillage) di una casa francese? Azzo. Per la precisione: Azzo professionnell (non so se mi spiego). Se decidessero di entrare sul mercato italiano, lo slogan sarebbe bell’e pronto: “Fatti bella. Azzo!”. Da far pronunciare a un toscano.

JETTA
La Volkswagen lanciò la Jetta, una berlina compatta a coda, nel 1979. Non aveva fatto i conti con l’infelice assonanza con la parola “jella” (sfiga) in italiano: un nome, un destino. La vettura, infatti, fu un flop: fu ritirata dal mercato italiano (che non ama quel genere di berline). E a scanso di assonanze negative il nome fu corretto in Vento e poi in Bora.

ZOKOLA
A Poperinge, in Belgio, un produttore di cioccolato ha scelto un nome spiritoso per i propri dolcetti: “Zokola”. Il termine ricalca la pronuncia infantile, in francese, della parola “chocolat”. Se mai volessero esportare le loro praline in Italia, andrebbero avvisati dell’assonanza con zoccola (puttana), una parola sicuramente non adatta ai bambini.

POPO
Il nome di questa confezione di carne trita sembra lo slogan di un vegano: si chiama infatti Popo, il nome infantile della cacca. In realtà è un prodotto finlandese mai sbarcato sul mercato italiano. L’infelice nome deriva dalla fusione delle iniziali di “porsas-porkkana”, ovvero maiale e carote.  Qualcosa di vegano c’è davvero…

BELIN
Come si chiama uno dei più grandi produttori francesi di crackers e patatine fritte? Belin, che in ligure è l’appellativo volgare del pene. Se questa ditta esportasse in Italia susciterebbe l’ilarità dei genovesi. D’altra parte, essendo usato anche come imprecazione, il termine si presterebbe a un facile slogan: “Belin, che snack!”. 

BELINO
Poteva mancare la variante del ligure belin? No, che non poteva. E infatti c’è: in Bulgaria producono una linea di croissant che si chiamano belino. Se si unisce la forma vagamente fallica della brioche, a una campagna ammiccante (ma inconsapevole) come quella raffigurata a lato, il risultato è davvero comico.

 

STRONZO
E’ stata chiamata così una birra artigianale prodotta in Danimarca fino al 2014: ne avevo parlato in un post sui nomi volgari degli alcolici (a cui si aggiunge la birra Minchia, di cui ho parlato qui). Non sappiamo se i titolari del marchio fossero consapevoli del significato della parola, scelta forse per il suo suono espressivo. Sarebbe stata la bevanda perfetta da abbinare alla… Popo di cui sopra.

COLLON
Ha un’infelice assonanza con colon, ma soprattutto con “coglione” (e il corrispettivo veneto “coiòn”) questo dolcetto giapponese: sono lunghi stick di wafer con un ripieno di crema. Se dovessero arrivare in Italia, il cambio di nome sarebbe inevitabile. Per non passare per collon.

 

BOOKEEN
In Francia hanno lanciato un lettore di libri digitali, chiamato Bookeen giocando col termine inglese “book”, libro. Peccato, però, che la pronuncia di questo nome (buchiin) ricordi pericolosamente il termine bucchin, termine napoletano per bocchino (sesso orale). Pensate di chiederlo alla commessa di un negozio: “Vorrei un Bookeen”…

CULINEA
La catena di grande distribuzione Lidl, in Germania ha fatto una bella pensata. Lanciare una linea di piatti pronti (pasta, spuntini, involtini…) chiamandoli con un nome italianeggiante: linea culinaria, ovvero… Culinea. Peccato che l’acronimo diventi ridicolo in italiano. Magari potrebbe andar bene a chi vuol tenere in forma il deretano.

KAGAN
Quando dovevano scegliere il nome per la loro produzione vinicola, una coppia di texani, Emily e Mark Ellenberger, hanno voluto ricordare la loro piccola barca a vela, che si chiamava Kagan. Non immaginavano che un vino con quel nome sarebbe stato tutt’altro che raffinato. E per vini che costano dai 35 agli 80 dollari a bottiglia non è proprio un abbinamento ideale…

MELDA
Arriva dalla Turchia
 una linea di pasta dal nome tutt’altro che invitante: Melda. Li produce una società alimentare di Istanbul, la GTT Foods, che li confeziona anche sotto altri brand (Golda, Afra, Al Fakher, Dona Mia, Bello Grano e Perfetto): nella remota ipotesi che riuscisse a esportarla anche in Italia, il marchio Melda sarebbe decisamente sconsigliabile. Soprattutto per i gestori di un ristorante cinese: “Vuole pasta? Qui abbiamo spaghetti Melda!”.

 

KAGATA
Affidereste la costruzione di un palazzo o di un ponte a una società chiamata Kagata corporation? E’ proprio questo il nome imbarazzante di una blasonata società di ingegneria civile giapponese, con più di un secolo di storia. Il nome svetta, in caratteri occidentali, sul tetto del loro quartier generale a Niigata. Molto fotografato dai turisti italiani e spagnoli.

LADY KAGA
Il marchio imbarazzante indica – dal poco che si può capire con Google Translate – un servizio di guide per turisti. E probabilmente è nato come calco di Lady Gaga. Ma le assonanze intestinali non c’entrano: questo sito, infatti, nasce in omaggio a una città giapponese costiera, che si chiama per l’appunto Kaga. Raccoglie qualche decina di guide turistiche – tutte donne – per tour guidati nella città.

 

CATSY

E’ un cibo per gatti venduto in Svizzera. La marca ha escogitato un gioco di parole basato sull’inglese “cat” (gatto); ma la sua pronuncia, però, in italiano evoca ben altro. “Caro, hai comprato la pappa per il micio?”. “Sì, ‘sti Catsy!”.

STIKEEZ

Tempo fa la catena di supermercati Lidl ha lanciato una linea di pupazzi a ventosa da attaccare al frigorifero: venivano dati in omaggio ogni 15 € di spesa. Sono stati chiamati “Stikeez“, un gioco di parole fra stick (stecco) e kids (bambini). La pronuncia corretta è “stikiz”, ma se letto come è scritto, sembra un’espressione in pugliese: stikeez!

ZOOMER DINO

E’ un piccolo dinosauro-robot per bambini, capace di camminare evitando gli ostacoli. I suoi occhi cambiano colore a seconda dell’umore, e quando si muove emette suoni giurassici. Il suo nome significa, in inglese, “Dino che si impenna“; ma in italiano, se pronunciato nella sua interezza, evoca ben altro.

TOPA

E’ il nome di una marca di carta igienica venduta in Germania. Peccato che il nome, in toscano, evochi l’organo genitale femminile: la topa. A quel punto, tanto valeva usarlo come marchio per assorbenti igienici?

 

QUINOTTO

La quinoa è una pianta erbacea che appartiene alla stessa famiglia degli spinaci e della barbabietola. E’ uno dei cibi sani che vanno per la maggiore. Certo, in Francia non sanno che “quinotto”, vezzeggiativo di quinoa, in italiano ha lo stesso suono di “chinotto“, termine gergale per designare il rapporto orale.

CACAZI

Come si possono chiamare quelle persone che suonano alla tua porta di casa proprio mentre stai dormendo o cenando? In italiano, “cagacazzi”. Forse è per questo che un produttore cinese di campanelli wireless ha deciso di chiamarli “Cacazi“?

LUPILU

La catena di supermercati Lidl colpisce ancora. Ha lanciato una linea di prodotti per bambini, chiamandola – chissà perché – Lupilu. Sembra una trovata di Antonio Albanese: “Cchiù pilu pi’ tutti!”. Nei dialetti meridionali, “pilu” indica il sesso femminile.

 

VINCULUM

Voleva essere un vincolo, cioè un legame forte. Ma questo chip elettronico, Vinculum, prodotto nel Regno Unito, in italiano assume un significato di tutt’altro genere. Diventa, insomma, un componente minaccioso: un hardware molto… hard.

 

MERDA

Quale potrebbe essere il peggior nome per un alimento? “Merda” sarebbe senz’altro in vetta alla classifica. Eppure. In Polonia c’è una ditta avicola che si chiama proprio così: Merda. Sarebbe una pessima idea se decidessero di esportare i loro polli in Italia, Francia o Spagna… Il motivo del nome? L’azienda, come spiega il sito ufficiale, è stata fondata nel 1990 da Florian Merda.

… E in altre lingue

[ clicca sul + per aprire i riquadri ]

SESSO

FITTA
Nel 2001 la giapponese Honda produsse una nuova auto compatta, la Fit. Che fu lanciata in Europa con la variante “Fitta”: la casa nipponica, però, scoprì presto che in Svezia, Norvegia e Danimarca quel nome significa “fica”. Da allora l’auto è nota in Europa col più spendibile nome di Honda Jazz.

IPHONE7
Quando, l’anno scorso, Apple ha lanciato l’iPhone7 sul mercato orientale, aveva un enorme problema da risolvere: in cantonese, la lingua parlata a Hong Kong, il numero 7 “sette” (柒) si pronuncia “tsat”, che ha lo stesso suono di un termine gergale che significa “uccello” (nel senso di “pene”). Così, il suo slogan “This is 7” (Questo è il 7) in cantonese diventava “Questo è l’uccello”. I traduttori ne hanno tenuto conto, a costo di rendere lo slogan molto ridondante nella versione in cantonese: “Questo è precisamente iPhone7”, ma questo non li ha messi al riparo dalle ilarità sui social network.
Anche la Samsung era cascata nell’equivoco quando aveva lanciato il “Note 7”: in cantonese suona “bastone del cazzo”.  

PINTO
Negli anni ‘70, la Ford introdusse un nuovo modello, la Pinto, nel mercato brasiliano. La parola designa un cavallo bianco a chiazze di altri colori. Non aveva fatto i conti, però, col fatto che quella parola in portoghese è un termine gergale che significa “cazzo”. Dopo qualche tempo, quando si accorse della gaffe, modificò il nome della vettura in Corcel (cavallo, in portoghese).

LOCUM
Nel 1991, una società immobiliare svedese, la Locum, inviò ai propri clienti internazionali una cartolina con gli auguri di Natale. Per dare un tocco di affettività, trasformò la “O” del proprio nome (scritto minuscolo) in un cuore. Il risultato fu involontariamente comico: in inglese il suo marchio si leggeva “I love cum”, ovvero “Amo lo sperma”.

FOLLADOR
Qui in Italia è uno dei vini più noti e blasonati. Ma in Spagna, il prosecco Follador è visto sotto tutt’altra luce: quel termine, infatti, in spagnolo significa “scopatore” (da follar, scopare). Non sappiamo se questo nome abbia suscitato problemi (oltre che ilarità) nei mercati di lingua spagnola, ma sarebbe difficile cambiare etichetta trattandosi di un cognome (e comunque in Italia i vini con nomi volgari hanno successo, come raccontavo qui).

LACROSSE
Si può chiamare una vettura sportiva di lusso con un nome che richiama l’auto…erotismo? Nel 2004 la General Motors lanciò la Buick LaCrosse: un modello che esiste ancora oggi. Peccato, però, che nel Quebec francofono (Canada) il termine, nel gergo giovanile significa fregatura e anche sega (nel senso di masturbazione).

INSULTI

LUMIA
La Nokia lanciò nel 2011 una gamma di smartphone chiamandoli Lumia, che in finlandese significa “neve”. Non aveva fatto i conti col fatto che quel termine in spagnolo significa puttana. Incredibilmente, però, il nome è stato mantenuto anche quando Nokia è stata acquistata da Microsoft: l’ultimo modello è stato lanciato nel 2016.

PUFFS
I fazzoletti di carta Puffs (soffi, sbuffi) sono stati lanciati negli anni ‘50 negli Usa, dalla multinazionale Procter & Gamble. Ma quando sono stati introdotti nel mercato tedesco, è nato qualche problema: in tedesco, “puff” significa bordello, casa d’appuntamenti. E anche nel mercato inglese non è andata tanto bene, dato che il termine, in slang, significa frocio.

PAJERO
Nel 1982 la giapponese Mitsubishi lanciò un fuoristrada chiamandolo “Pajero”: una vettura che esiste tuttora. Il nome era un omaggio al Leopardus pajeros, ovvero il gatto delle pampas, un felino che vive in America Latina. Ma in spagnolo quella parola significa segaiolo: così, nei mercati di lingua spagnola il fuoristrada è stato ribattezzato Montero (cacciatore montano) e negli Usa Shogun. 

F.U.C.K.S.
Nel 2020 la Subaru ha presentato un nuovo modello con un lungo nome: Forester Ultimate Customized Kit Special la cui sigla è F.U.C.K.S. Peccato che l’acronimo, in inglese, significa “fotte”. Dopo che si sono scatenate le ironie sul Web, la casa giapponese ha dovuto scusarsi.

ESCREMENTI

SCHLITZ
Negli Usa, la birra Schlitz è uno dei marchi più storici nel settore: fu fondata nel 1849 da August Krug e poi acquistata da Joseph Schlitz, da cui prese il nome. Ed è diventato un marchio conosciuto nel mondo. Suo malgrado, però, ha suscitato ilarità in Germania dove il termine significa “fessura”, anche nel senso di vulva.

CALPIS
Calpis è il nome di una bevanda analcolica giapponese, ottenuta dalla fermentazione del latte. Fabbricata fin dal 1919, per gli anglofoni il suo nome (derivato dall’unione di cal, calcio, e pis, burro in sanscrito) non evoca tanto lo yogurt quanto… la piscia di vacca: la sua pronuncia in inglese, infatti, ricorda quella di “cow piss”.

MR2

La Toyota MR2 è un’autovettura sportiva prodotta dalla casa automobilistica giapponese Toyota in 3 serie principali dal 1984 al 2007. La sigla sta per Mid-engine, Rear-wheel Drive, 2 Seats, ovvero  motore centrale, trazione posteriore e due posti. In francese, però, quella sigla ha la stessa pronuncia di “merde” o di “emmerdeur” (rompicoglioni).

GPT
Nel 1988, la General Electric si era unita alla britannica Plessey, creando un gigante delle comunicazioni. In seguito alla fusione, fu creato l’acronimo GPT (Gec Plessey Telecommunications). Peccato che in francese quella sigla si legge “Je pe te”, ovvero “J’ai pété”, “Ho scorreggiato”. Dal 1998 la società ha cambiato nome in “Marconi communications” e infine Telent: non per colpa dell’acronimo, ma perché nel frattempo è stata comprata prima dalla Siemens e poi dalla Ericcson.

KRÄPP
Come poteva chiamarsi una carta igienica in Svezia? Kräpp, che in svedese significa “carta”. Peccato però che in inglese la parola cacca (“crap”) abbia quasi la stessa grafia e pronuncia. Se fosse stata lanciata sul mercato anglosassone, avrebbe fatto una figura… di m.

MIST STICK
Nel 2006, la società statunitense Clairol lanciò un ferro arricciacapelli chiamandolo “Mist stick” (stecco a vapore). Ma in tedesco quel nome suscitò l’ilarità: “mist” significa infatti “merda”. Lo stesso è accaduto a Estée Lauder con un fondotinta chiamato “Country mist”.

PSCHITT!
Questo nome è un’onomatopea: riproduce lo sfiatare del gas quando una bottiglia viene aperta. E infatti designa una bibita gasata – al gusto di limone o di arancia – celebre in Francia, creata dalla Perrier nel 1954 (e ora in mano a Roxane). Anche in questo caso, l’assonanza con l’inglese “shit” (merda) la rende non esportabile nei Paesi anglosassoni.

SHITO
E’ questo l’infelice nome di una salsa piccante tipica del Ghana: nei Paesi anglosassoni, infatti, ricorda terribilmente la parola “shit”, merda. Il nome designa di per sè il pepe, ma la Shito per antonomasia è una salsa di pesce (gamberi, pesce essiccato o crostacei), olio vegetale, zenzero, pomodori, aglio, peperoni e spezie. A un inglese farebbe passare l’appetito. 


 

Ringrazio quanti hanno arricchito questa lunga lista con le loro segnalazioni: Licia Corbolante (Pom’pin, Inkulator, Fessenger, Chiapple); WordLo (Quinotto); Eugenio Tafazzi, Carlo T. (Belin e Belino), Suomitaly (Popo), Lorenzo Tomasin (Kha Gai, Azzo), Rosa Cangiano (Bookeen), WordLo (collon), Olivier (Culinea), Nevio Gentile (Melda), Cinzia (Follador), Paolo Attivissimo e i suoi followers su Twitter, JHack.

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(elaborazione foto Shutterstock)

Daniela è un’italiana che vive a Madrid da 5 anni. “Parlo in spagnolo e sogno in spagnolo. Ma quando mi arrabbio è più forte di me: comincio a imprecare in italiano. E’ qualcosa di viscerale e quindi uso la mia lingua. Per quanto si sappia bene un’altra lingua, è molto difficile che si riescano a usare correttamente le sue parolacce. Come ho letto in un libro: ‘Le parole sono quelle, ma manca la musica…’”.
Il racconto di Daniela pone una questione intrigante: come usano il turpiloquio le persone bilingui? E perché anche chi padroneggia un nuovo idioma continua a imprecare nella lingua madre?
Il fenomeno non è isolato, tanto che diversi studi scientifici – che vi racconto in questo articolo – ne hanno approfondito le ragioni con alcuni esperimenti. Ed è un tema d’attualità, visto che solo nel 2015 (ultimi dati Istat)  oltre 147mila italiani sono emigrati all’estero, per lo più in Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia.
Dedico questo articolo a loro, tanto più che fra le centinaia di migliaia di navigatori di questo sito, il 28% risiede all’estero: soprattutto negli Usa, in Russia, Germania, Francia, Cina, Ucraina, Regno Unito, Svizzera, Brasile, Spagna, Paesi Bassi, Canada.

Quando si va a vivere in un nuovo Paese, spesso le parolacce sono una delle prime curiosità: come ci si manda affanculo in spagnolo? (Risposta: va a la mierda). Come si dice “culona” in inglese? (Fat ass). E così via.

Poster sulle parolacce italiane e inglesi (clic per ingrandire).

Queste domande, infatti, soddisfano una fantasia profonda: imparare le parole di un’altra lingua significa immergersi in una cultura diversa. Si può guardare il mondo da un altro punto di vista, e questo apre la mente a nuove prospettive, facendoci capire che il nostro sistema di valori non è l’unico possibile. Anche con le parole scurrili.
E oltre a stimolare la fantasia, conoscere il turpiloquio in un’altra lingua è utile. Anzi: è fondamentale.
Per vivere in un altro Paese, infatti, non basta saper chiedere un biglietto del treno in stazione o sapere se bisogna lasciare una mancia al bar. E’ altrettanto importante saper riconoscere gli insulti, per capire se qualcuno ci sta offendendo o prendendo in giro, come racconto nel mio
libro.
Dunque, anche se nessun testo scolastico le insegna, le espressioni volgari sono parte integrante della competenza linguistica, ovvero del saper parlare e capire un altro idioma.
Sfoggiare una parolaccia durante una chiacchierata con nuovi amici stranieri fa guadagnare punti e simpatia: si dà l’impressione di padroneggiare la nuova lingua, e di essere pienamente integrati. Ma è anche un azzardo: dire una parolaccia al momento sbagliato o alla persona sbagliata, fa fare pessime figure. L’abbiamo visto, per esempio, quando ho raccontato i gesti da non fare all’estero.

E lo stesso avviene quando si usano espressioni gergali. Ne sa qualcosa Emanuela, una milanese che vive a Dallas (Usa) dal 2006. Ecco che cosa le è successo durante un party estivo.

GAFFE

“Dopo un bel bicchiere di bianco a stomaco vuoto, ho detto a mr Johnson, il giapponese: “You’re a bad ass!”. Mr. Johnson mi ha guardato con aria interrogativa. Fra i presenti è calato il gelo. La mia amica mi ha dato una gomitata. Quell’espressione voleva dire “sei un gran figlio di puttana”; in realtà volevo dirgli che era un furbacchione (smart ass).
In totale imbarazzo ho cercato di giustificarmi: “Ma non è una brutta parola, vero? L’ho sentita usare tante volte…”.
La mia amica con lo sguardo severo mi ha detto: “Cara, non direi mai quell’espressione se sono fra persone educate”.

(elaborazione foto Shutterstock)

Ma non è tutta colpa mia! L’inglese è pieno di espressioni con ass (culo): asshole (stronzo), damn ass (coglione), asswipe (stronzo), pain in the ass (cagacazzi), sweat your ass off (farsi il culo), make an ass of yourself (fare la parte del cretino), kiss my ass (baciami il culo), ass head (testa di cazzo), ecc. E orientarsi è difficile: in un’altra lingua occorre tempo per distinguere un’espressione colorita e divertente da una considerata volgare e offensiva. Per questo si finisce a volte per usare espressioni che non si direbbero mai nella propria. E c’è un ulteriore problema: la stessa parola, se si vuole usare uno stile confidenziale e informale, detta da un madrelingua e da uno straniero può acquistare significati molto diversi, anche se è pronunciata correttamente”. 

Le parolacce, infatti, sono parole emotivamente cariche: e come è difficile tradurre le emozioni a parole, così è difficile tradurre tutte le sfumature di una parola volgare da una lingua all’altra (ne parlavo qui a proposito delle traduzioni, spesso inaccurate, dei film).
Dunque, padroneggiare le parolacce in un’altra lingua è davvero difficile, perché sono parole ricche di sfumature di significato, le connotazioni. E’ per questo, allora, che quando sono infuriati, gli emigrati imprecano nella loro lingua madre? Un esperimento ha dimostrato che non è tanto una questione di conoscenza linguistica: è soprattutto una questione emotiva.
Gli scienziati l’hanno accertato con un esperimento interessante: sono riusciti infatti a quantificare la carica emotiva delle parolacce nelle persone bilingui. In che modo? Misurando la loro… carica elettrica.
Le parolacce, infatti, oltre ad essere controllate dalle aree del cervello che elaborano le emozioni (vedi il mio articolo sull’anatomia del turpiloquio) hanno anche un effetto fisico: quando le si ascolta, nel giro di 1 secondo fanno aumentare la sudorazione della pelle, facendo salire per 2-6 secondi la sua conduttività elettrica, che si può misurare con alcuni elettrodi applicati alle dita della mano. Leggere o dire una parolaccia, infatti, significa rompere un tabù e questo è uno stress per il nostro corpo, oltre che per la nostra mente.

Un esperimento elettrico

Apparecchio per misurare la conduttanza della pelle.

Così due ricercatrici inglesi, Tina Eilola e Jelena Havelka, psicologa dell’università di Leeds (Uk) hanno deciso di sfruttare questo effetto per misurare, nei bilingui, le risposte emotive alle parolacce nella lingua madre (L1) e nella seconda lingua appresa (L2)Per fare questo studio hanno reclutato 72 volontari: 39 madre lingua inglese e 33 bilingui (greco e inglese).
A tutti hanno applicato alcuni elettrodi a due dita delle mano (v. foto): servivano a misurare la risposta galvanica (Galvanic skin response, la conduttività elettrica) della pelle mentre leggevano liste di parole (neutre, positive, negative e parolacce) in ambo le lingue. Queste parole erano stampate in diversi colori: i volontari, guardandole, dovevano dire ad alta voce il loro colore.
In  una riga, per esempio, poteva essere scritta una sequenza del genere:

ciao     merda     miele     incidente     auto

Il test sfruttava l’effetto Stroop, noto da decenni in psicologia: quando svolgono un compito del genere, le persone hanno un momento di esitazione (tempo di latenza), soprattutto se il colore di una parola è diverso dal suo significato (per esempio, se la parola blu è scritta in un altro colore, per esempio in rosso).

Questa esitazione avviene anche quando bisogna indicare il colore di parole forti, che fanno aumentare la conduttività della pelle.
Il risultato dell’esperimento è stato inequivocabile: sia i parlanti monolingua che i bilingui avevano le esitazioni più lunghe e i picchi più alti di corrente quando dovevano leggere parole negative o scurrili.
Nei bilingui, però, i valori elettrici erano più alti con le parolacce scritte nella lingua madre (L1) invece che in quella appresa poi (L2): segno inequivocabile che la seconda lingua è emotivamente meno carica.

Perché avviene questo? Secondo una ricerca di Jean-Marc Dewaele, linguista dell’Università di Londra, molto dipende dall’età e dal contesto in cui si impara una lingua: se la si apprende da bambini (entro i 12 anni di età), si assorbono anche i colori emotivi associati alle espressioni.

Uno dei pochi dizionari di parolacce in inglese.

Tanto più se si impara una lingua nei contesti naturali, attraverso le interazioni con altre persone: i significati di una parola non sono trasmessi solo da dizionari e regole grammaticali, ma soprattutto dai toni di voce e dalle espressioni facciali di chi le pronuncia. Uno psicologo statunitense, Albert Mehrabian, ha scoperto infatti che solo il 7% della comunicazione è espressa dalle parole; la maggior parte dei contenuti passano soprattutto attraverso i movimenti del corpo e la mimica facciale (55%) e da volume, tono, ritmo e di voce (38%). La comunicazione non-verbale trasmette più informazioni di quella verbale.
Ecco perché, in caso di tempesta emotiva, chi diventa bilingue in età adulta impreca nella propria lingua d’origine.
Ma questa differenza emotiva non è solo uno svantaggio: chi vive all’estero spesso racconta che nella nuova lingua – inglese, spagnolo o francese che sia – riesce a parlare meglio di argomenti spinosi o a prendere decisioni difficili. Una lingua meno “calda”, quindi, aiuta a guardare le cose con più distacco e lucidità.
Insomma, come diceva re Carlo V D’Asburgo e di Spagna (1500-1558) “parlo in spagnolo a Dio, in italiano alle donne, in francese agli uomini, e in tedesco al mio cavallo.”

TESTIMONIANZE

Avviene così anche per voi, se vivete fuori dall’Italia? E i vostri figli come dicono le parolacce? Nella lingua del Paese in cui vivete, o in italiano? E se avete un marito/moglie straniero, vostro figlio in quale lingua impreca?
Raccontate le vostre esperienze nei commenti a questo post. E’ un campo tutto da indagare.
Tra l’altro, proprio in questi giorni la Stampa ha parlato del successo di Gabriele Benni, un bolognese trapiantato in Cile. Ha un grande successo come comico perché usa con nonchalance un sacco di parolacce che – se fossero dette da un cileno – farebbero scandalo; lui invece, da straniero, le dice con innocente e incosciente leggerezza, anche se conosce benissimo il loro significato: e questo genera un effetto ridicolo irresistibile….

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Messi, le scarpe e altri 10 gesti da non fare all’estero https://www.parolacce.org/2016/04/13/gesti-offensivi-in-altre-culture/ https://www.parolacce.org/2016/04/13/gesti-offensivi-in-altre-culture/#comments Wed, 13 Apr 2016 21:56:11 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9861 L’ultimo a pagare lo scotto è stato il calciatore argentino Lionel Messi: qualche giorno fa ha donato un paio delle sue scarpe alla tv egiziana MBC Masr, per un’asta a scopo benefico. E invece è successo il finimondo. Eccettuati i ringraziamenti di rito della presentatrice Mona… Continue Reading

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messi3L’ultimo a pagare lo scotto è stato il calciatore argentino Lionel Messi: qualche giorno fa ha donato un paio delle sue scarpe alla tv egiziana MBC Masr, per un’asta a scopo benefico. E invece è successo il finimondo. Eccettuati i ringraziamenti di rito della presentatrice Mona El-Sharkawy, il resto degli egiziani si è imbufalito. Perché in Egitto (e in tutto il mondo arabo) mostrare le scarpe, e in particolare la suola, è un atto di grande disprezzo.
Le suole, infatti, sono a contatto con la terra e quindi evocano la sporcizia. Tanto che chiamare qualcuno gazma (scarpa) è un grande insulto. Così com’è un affronto lasciare le scarpe rovesciate sulla soglia di casa di qualcuno (attenti a farlo negli alberghi!) o camminare a casa di qualcuno indossando le scarpe.
Insomma, si è creato un vero incidente diplomatico: «La nostra povera gente non ha bisogno di Messi» ha commentato il portavoce della Federcalcio egiziana Azmy Megahed. «Avrebbe fatto meglio a darsi gli scarpini in testa e a darli in testa ai suoi tifosi. Non abbiamo bisogno delle sue scarpe né della beneficenza di ebrei o israeliani. Dia le scarpe al suo Paese, l’Argentina è piena di poveracci».  Non è stato l’unico commento negativo: «Avesse regalato la sua maglia del Barcellona avrei capito, ma quelle scarpe rappresentano un’umiliazione», ha aggiunto il presentatore tv e deputato Said Hasasin.

Insomma, un’iniziativa benefica si è trasformata in un boomerang. Poteva capitare a chiunque: a volte, se non si conoscono i codici di una cultura diversa, si rischia di dare segnali equivoci. Tanto più con il corpo, che è ambiguo per sua natura: gli stessi gesti possono caricarsi di significati diversi a seconda delle fobie, delle credenze, delle sensibilità di un popolo.
Ma attenzione: mostrare la suola  delle scarpe non è l’unico gesto che può farvi passare un guaio all’estero. Ci sono molti gesti per noi “neutri”, innocenti, che invece fuori dall’Italia possono assumere significati spregiativi, offensivi o osceni.
Avevo passato in rassegna tutti i gestacci usati in Italia (qui), e il significato antropologico dei gesti insultanti (qui). Ora ecco la terza puntata: la lista degli 11 gesti da evitare quando siete in un’altra nazione. Conoscere questi “falsi amici gestuali” (molti sono davvero insospettabili) è fondamentale se non volete fare figuracce o urtare le sensibilità altrui.

Gesti01(foto e bandiere Shutterstock)

Gesti06(foto e bandiera Shutterstock)

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(foto e bandiere Shutterstock)

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Gesti14(foto Wikipedia, bandiera Shutterstock). E in questo video potete vedere come concretamente si fa questo gesto.

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(foto e bandiera Shutterstock)

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(foto e bandiere Shutterstock)

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(Robin Williams in una foto Wikipedia, bandiere Shutterstock)

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Il gesto si chiama “cutis” (foto e bandiere Shutterstock)

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(foto e bandiera Shutterstock)

E, per finire, una variante del gesto di Messi: visto così, vien da dare ragione agli arabi…

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(foto e bandiere Shutterstock)

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“Non gli resta che Kakà”: 19 parolacce (e figuracce) dei giornali https://www.parolacce.org/2014/07/30/parolacce-dei-giornali/ https://www.parolacce.org/2014/07/30/parolacce-dei-giornali/#comments Wed, 30 Jul 2014 12:03:23 +0000 https://www.parolacce.org/?p=5775 “Il fallo da dietro è da espulsione“: a volte i titoli dei giornali possono essere strepitosi. Se poi, oltre ai doppi sensi, contengono parolacce, il mix diventa esplosivo. Non mi riferisco tanto agli strilli di Libero o del Giornale, che usano di… Continue Reading

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giornale

Prima pagina del “Giornale” con uno sberleffo alla Merkel.

Il fallo da dietro è da espulsione“: a volte i titoli dei giornali possono essere strepitosi. Se poi, oltre ai doppi sensi, contengono parolacce, il mix diventa esplosivo.
Non mi riferisco tanto agli strilli di Libero o del Giornale, che usano di proposito le volgarità per strizzare l’occhio al pubblico con un linguaggio informale.
Le vere perle memorabili sono quelle che appaiono sui quotidiani per incidenti, sviste e – talvolta – per calcolata malizia. Fare i titoli è un’arte che mescola sintesi, efficacia e creatività espressiva: alcuni sono intuizioni fulminanti che si incollano nella mente. Ma a volte la fretta e la confusione delle redazioni giocano brutti scherzi. E così un titolo ambiguo o sbagliato rischia di trasformare in farse anche fatti drammatici.
Gli svarioni dei giornali sono citati in molti siti Internet. Qui non mi sono limitato a raccoglierli: li ho verificati tutti, scartando quelli non documentati.
Ecco perché in questa pagina non troverete 4 storie che girano su Internet:

  1. il celebre “Falegname impazzito, tira una sega a un passante“: solitamente attribuito al Corriere della sera, non esiste negli archivi del Corriere. Dunque, fino a prova contraria è una battuta inventata.
  2. Idem per “Tromba marina per un quarto d’ora“, attribuito al Corriere del mezzogiorno: dell’originale non si trova traccia.
  3. Invece il divertente episodio della caccia alla prostituta che evirava i clienti a morsi, è il frutto della fantasia di un giornale satirico, La tampa (supplemento di TorinoCronaca), che aveva ribattezzato la donna “Unapomper“: geniale gioco di parole con Unabomber.
  4. E pure “Benzina, stop alla figa in Slovenia” che qualche sito dice essere apparso sul Gazzettino, è in realtà un fotomontaggio: nell’originale c’era scritto fuga.

Quelli che seguono, invece, sono 19 strafalcioni Doc, tutti verificati e realmente accaduti, pubblicati negli ultimi 30 anni (dal più recente al meno recente). Se ne conoscete altri (documentati!) segnalateli, e aggiornerò questa pagina.

INCULATI

Inculati 436 Covid (Il Gazzettino, 27 ottobre 2024)

L’Usl di Treviso organizza un open day per vaccinare la popolazione. E tiene aperte le proprie sedi di sabato per somministrare i vaccini contro il Covid e l’influenza stagionale. All’appuntamento rispondono in centinaia, tanto che il Gazzettino dedica un articolo all’iniziativa. Ma un refuso dà un altro sapore alla notizia: “Inoculati 436 Covid” perde una vocale e diventa “inculati”. L’errore viene stampato, e rimane a imperitura memoria per i posteri: quei vaccini si somministrano in modo davvero strano… La versione online nel frattempo è stata corretta.  


CAGAME

Kagame in testa (ANSA, 15 luglio 2024)

Certe vittorie sono davvero schiaccianti.  Alle ultime elezioni presidenziali in Ruanda, il presidente uscente Paul Kagame (al potere dal 2000) ha ottenuto oltre il 99% dei voti: un plebiscito, un risultato bulgaro, un trionfo elettorale…No, di più: l’Ansa ha titolato: “Kagame in testa col 99,15% dei voti alle preidenziali in Runada”. Un titolo che si prestava a una lettura equivoca, che ha suscitato l’ilarità sul Web: “I suoi elettori potranno dire ‘Kagame in faccia’ a chi non l’ha votato”, hanno scritto nei commenti. E anche: “Al ballottaggio con Kittese Ngula”. Quando si è accorta della gaffe, l’Ansa ha corretto il titolo del lancio in “Kagame verso un plebiscito”. Ma ormai la frittata, pardon: la cagata era stata fatta.


FIGA

Trapani, evaso tenta la figa (IL GIORNALE D’ITALIA, 9 ottobre 2023)

La storia, di per sé, non è particolarmente emozionante: un uomo di 29 anni, agli arresti domiciliari, viene intercettato da una gazzella dei Carabinieri, prova a fuggire ma viene arrestato. Ma un refuso – probabilmente dell’agenzia AdnKronos – cambia una vocale e la vicenda assume tutto un altro significato: l’evaso tenta la…. figa. L’errore, presente nella stringa dell’indirizzo Internet, viene riprodotto anche nel titolo, e cade in errore non solo “Il giornale d’Italia“, ma anche i siti AffariItaliani, il Dubbio e Sannio Portale. Non proprio una figata….

 

SEGA

segaIl braccio destro del papa
fa visita ai fedeli di Sega (L’ARENA, 31 agosto 2016)

Sembra una delle trovate di “Lercio”, il giornale satirico. E invece il titolo è proprio vero: è uscito il 31 agosto sull’Arena, quotidiano di Verona.
Ma il titolista non s’è accorto del doppio senso, ancora più imbarazzante visto il tema religioso? Su Twitter, un tale Roberto ha commentato: “Speriamo che Sega non faccia visita al braccio destro…”.
La notizia, però, è seria: l’articolo parla di monsignor Marcello Semeraro, “strettissimo collaboratore del pontefice”, che farà visita alla comunità parrocchiale di Sega, frazione realmente esistente di Cavaion Veronese (ne avevo parlato in questo articolo dedicato alle città col nome imbarazzante).
Il giorno prima, a onor del vero, lo stesso giornale aveva annunciato in un altro articolo questa visita con un titolo meno efficace: “Il secondo del papa a Cavaion”…


GAZZO

Il Gazzo si rialza e tiene duro fino alla fine (GIORNALE DI VICENZA, 28 novembre 2016)

In provincia di Padova c’è il Gazzo calcio: gioca in terza categoria, girone A. Prende il nome dall’omonimo paese in provincia di Padova. Il buffo nome deriva dal longobardo gahagium (terreno recintato)  ma l’assonanza con l’organo sessuale maschile è piuttosto evidente. Così i giochi di parole si sprecano: l’apparentemente neutro “squadra del Gazzo” può risultare offensivo. Il titolo in questione racconta la vittoria del Gazzo 1-0 nel derby contro il Grantorto. Il titolo risulta involontariamente comico, non sappiamo se intenzionalmente o per incidente. I commenti alla notizia sono altrettanto creativi: «Quando tiene duro, il Gazzo riesce ad essere ficcante fino a trovare il pertugio giusto per andare a segno…. Grazie al Gazzo!».

PASSERA

Passera Belpaese - AdnkronosLa passera d’Italia simbolo del Belpaese, a stabilirlo l’osservatorio sugli uccelli (ADNKRONOS, 18 maggio 2015).

E chi altri poteva stabilirlo, se no? La perla è recente, ed è un lancio di AdnKronos. Una notizia ornitologica che acquista un senso erotico. Dato l’argomento, il titolista non aveva molte alternative… o no?  


SEGA

segaLa riproduzione asessuata del pesce sega (ANSA, giugno 2015).

E ti pareva che il pesce sega non facesse tutto da solo…. La prossima scoperta sarà che è diventato cieco? Straordinario titolo dell’Ansa: quando si è resa conto del doppio senso l’ha corretto (peccato!), come si può vedere qui


BOCCHINI

CalcioMercatoUfficiale: Bocchini in panchina per la stagione 2013/2014 (CALCIOMERCATO.COM, 17 luglio 2013)

Con queste premesse, molti giocatori preferiranno rimanere come riserve e non scendere in campo…. Povero Riccardo Bocchini, allenatore del Martina Franca, squadra che milita nella Lega Pro Seconda Divisione, la vecchia Serie C2. Qui l’originale. 


 

PASSERA

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Alcoa: Passera, tenerla aperta costa (ANSA, 4 settembre 2012)

Il titolista si riferiva all’Alcoa, una multinazionale americana che produce alluminio (nel 2012 si prospettava la chiusura dello stabilimento di Portovesme, in Sardegna). Ma la frase, letta dopo i due punti, assume tutt’altro significato. Con buona pace di Passera (inteso come ex ministro, Corrado Passera). La gaffe, riportata da vari giornali, è stata cocente, tanto che l’Ansa ha poi cambiato il titolo alla notizia (ma non al link su Internet). 


SCOPA

CorVEnetoSfigura la moglie con una padella e la scopa (CORRIERE DEL VENETO, 29 ottobre 2012)

Se i titoli sono sintetici, le locandine (i poster che promuovono i giornali nelle edicole) sono ancora peggio: lo spazio a disposizione per strillare le notizie è ancora più limitato, visti i caratteri cubitali che si utilizzano.
In questo caso, la frase scritta sulla locandina del Corriere del Veneto assume un senso diverso a seconda che l’ultima parola sia letta come un sostantivo o come un verbo… E così una notizia drammatica si trasforma in una farsa. 


FIGA

figa_conversano2 Conversano: tre morti per una figa di gas (LA VOCE, 8 giugno 2012)

Cos’è successo nella redazione della Voce di Romagna quel giorno? Nessuno si è accorto dello svarione, e così la notizia della tragica esplosione di una palazzina a Conversano (Bari) è diventata una gaffe clamorosa. Su un titolo a 5 colonne.


POMPA

MessaggeroBenza2Caccia alla pompa low cost (IL MESSAGGERO, 4 gennaio 2012)

L’aumento dei prezzi delle benzina, insieme all’apertura dei saldi, lo shopping natalizio e il grande esodo estivo, sono i grandi tormentoni dei giornali quando le notizie vere scarseggiano. Qui il titolista, per brevità, ha condensato il concetto che i marchigiani vanno in Abruzzo a fare rifornimento di benzina, perché lì costa meno. Meno male che non ha sbagliato a scrivere “La grande fuga” nell’occhiello. La pagina qui (a pag. 16). 


BOCCHINO

Cattura2Bocchino amaro per la Carfagna (AFFARITALIANI.IT, 28 marzo 2011)

Difficile credere alla tesi dell’incidente: questo titolo è volutamente malizioso. Parlare di una storia di corna fra l’ex soubrette Mara Carfagna e il politico Italo Bocchino (sposato con un’altra donna) è stata una tentazione irresistibile per il titolista. Se qualcuno l’avesse denunciato, sarebbero anche cavoli amari. Qui la fonte. 


UCCELLO

ptdc0147Il Cavaliere salva il suo uccello preferito (IL GIORNALE, 7 gennaio 2011)

Cosa può accadere quando un quotidiano che strizza l’occhio al linguaggio popolare affida un articolo a Vittorio Sgarbi? Il mix è esplosivo, e il risultato è evidente.  L’articolo, volutamente malizioso, parla davvero di volatili: 80 colibrì che stavano per essere sfrattati dal Parco di Miramare a Trieste. Berlusconi si è preso a cuore il loro destino, perché nella sua villa di Antigua cantano dall’alba al tramonto.
Per raccontare la notizia, Sgarbi non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare una battuta a doppio senso, come recita l’incipit dell’articolo (che nella versione Web, però, ha un titolo più castigato): “Volevo parlare dell’uccello di Berlusconi. Non vorrei che qualcuno equivocasse alla luce delle vicende che hanno privilegiato dell’uccello l’aspetto metaforico ma, non avendo di quello nessuna nozione se non intuitiva, voglio proprio riferirmi a quello che, con mia sorpresa, si è rivelato l’uccello preferito del presidente del Consiglio”. 


KAKA'

liberofranceschinikaka Povero Franceschini – Non gli resta che Kakà (LIBERO, 5 giugno 2009)

L’articolo afferma che il Pd, per guadagnare voti, spera nella protesta dei tifosi contro Berlusconi per la vendita del campione milanista, Ricardo Izecson dos Santos Leite, detto Kakà: un soprannome che, accostato al nome di Dario Franeschini, all’epoca segretario del Pd, è stato una tentazione irresistibile per i titolisti di Libero. Che così, senza troppi giri di parole, l’hanno mandato a Kakà. 


 

FINOCCHIO

Ortolano violentato da un “finocchio” (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO, 23 marzo 2007)

Il titolo è impreciso: in realtà, non di violenza carnale si tratta, bensì di molestia o, al massimo, di tentata violenza. Ma questo ha poca influenza sull’infelice gioco di parole scelto dal titolista di questo articolo: un omosessuale che tenta di abusare il titolare di un negozio di ortofrutta. Insomma, un “finocchio” che violenta un ortolano. Nemmeno il “Vernacoliere” sarebbe arrivato a tanto.

 

CAZZONE

Pozzi Qui manca la dida perché quel cazzone di Pozzi non mi ha ancora mandato la copia della foto (IL GIORNO, 23 dicembre 1997)

Questo scivolone l’ho visto da vicino: è nato nella redazione del Giorno dove all’epoca lavoravo. Il lavoro in una redazione è fatto di momenti frenetici e di tempi morti: questi ultimi, spesso, devastanti. Basti dire che il capolavoro di Dino Buzzati, “Il deserto dei tartari“, è nato durante la monotona routine dei turni di notte al Corriere della sera… In uno di questi momenti, una pagina dedicata ai presepi (Natale era vicino) era quasi terminata: c’erano tutti i testi, ma il fotoreporter di turno, Pozzi, non aveva ancora inviato la foto del presepio vivente di Agliate. Così una redattrice, in un momento di noia e di goliardia, aveva inserito quel finto testo nella didascalia (cliccare sull’immagine per ingrandirla). Solo che quando la foto è arrivata, a tarda ora, la collega si è dimenticata di scrivere la didascalia vera. Risultato: la frase dissacrante è uscita in tutte le edicole della Lombardia. Il caso fece scalpore: la giornalista fu sospesa alcuni giorni dal servizio, che finì alla berlina anche su “Striscia la Notizia”. Senza contare la comprensibile incazzatura di Pozzi, finito suo malgrado alla berlina.  


BOCCHINI

AbolizioneBocchini: l’abolizione sarebbe un disastro (CORRIERE DELLA SERA, 14 giugno 1997)

Il “disastro” di cui parla l’articolo sarebbe l’abolizione del ministero dell’Agricoltura: ma il cognome di Augusto Bocchini, capo di Confagricoltura, dà alla frase tutt’altro senso…

POMPINI

pompini-a-raffica-Il LavoroGE2Pompini a raffica. Sammargheritese kappao (IL LAVORO, Genova, maggio 1990)

Il titolo è passato alla storia, sconfinando nel mito. Ma è vero: si riferisce a una goleada del Fiorenzuola che sconfisse la Sammargheritese 3 a 0, con una doppietta di Stefano Pompini, formidabile bomber anni ’90. “Egoista, devastante, opportunista, un rapace del gol quasi infallibile”, lo ricorda un sito dedicato al Fiorenzuola. Tanto da entusiasmare il titolista del giornale, che preso dal tifo sportivo ha confezionato una perla da antologia.  


 

 

Grazie all’amico e collega Marco Basileo per alcune delle segnalazioni.

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Rivelatrici. Dirompenti. Deliranti. Se volete sapere le 10 parolacce che hanno segnato il 2012, in Italia e nel mondo, leggete questo post. Ma prima, una veloce riflessione: a ogni latitudine, sono stati soprattutto lo sport e la politica a infiammare gli animi. Con una significativa novità in Italia, dove Beppe Grillo ha rubato la scena a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, per l’uso abbondante – ma anche creativo – di nomignoli insultanti diventati ormai celebri: da zombie (rivolto a PierLuigi Bersani) a Elsa Frignero (la Fornero) fino a rigor Montis… Anche se, probabilmente, è stato Matteo Renzi ad aver ispirato la vena più caustica di Grillo, che lo ha definito “un ebetino inconsapevole, il compagno di banco che ti copia il compito ma non sa spiegarlo alla maestra, un succhiaruote della politica, un sindaco a zonzo, un aspirante dalemino, un vuoto con il buco intorno”. Vista l’imminente campagna elettorale, questo è solo un assaggio: nel 2013 ne sentiremo delle belle. E non solo da Grillo.

 

10°) MICHEL MORGANELLA, CALCIATORE SVIZZERO

«Je défonce tous les coréens, allez tous vous brûler, bande de trisos».

[«Voglio abbattere tutti i coreani, andate a darvi fuoco, banda di mongoloidi»].

Dove e quando: Il calciatore, 23 anni, difensore del Palermo, stava giocando nella nazionale svizzera alle Olimpiadi a Londra. Il 30 luglio, il giorno dopo aver perso contro la Corea del Sud per 2-1, Morganella ha scritto sul proprio account un tweet pesantemente razzista in verlan, un gergo francese che inverte le sillabe.

Perché è nella top 10: il tweet non è rimasto nella ristretta cerchia dei suoi fan: rimbalzato sui media, ha fatto il giro del mondo. Morganella ha dovuto scusarsi pubblicamente, ma ormai era troppo tardi: la sua Nazionale lo ha costretto a tornarsene a casa e abbandonare i Giochi per aver «discriminato, insultato, e violato la dignità della nazionale sudcoreana, nonché del popolo sudcoreano».

 

9°) SAMUEL L. JACKSON, ATTORE STATUNITENSE

« An out-of-touch millionaire has just declared war – on schools, the environment, unions fair pay … we’re all on our own if Romney has his way. And he’s against safety nets, if you fall, then tough luck. So I strongly suggest to wake the fuck up»!

[Un milionario irraggiungibile ha appena dichiarato guerra alla scuola, all’ambiente, alle eque paghe sindacali…. Siamo tutti abbandonati a noi stessi se Romney ce la fa. Lui è contro le reti di sicurezza, se cadi poi diventa dura. Così vi suggerisco caldamente di darvi una cazzo di svegliata!».]

Dove e quando: nella campagna per le presidenziali degli Usa, il Jewish Council for education and research, un’associazione che riunisce l’elettorato ebreo, ha lanciato diversi video a supporto della rielezione di Barack Obama. Fra questi, il 18 settembre, uno che vede protagonista l’attore Samuel L. Jackson, e scritto da Adam Mansbach, autore di “Fai ‘sta cazzo di nanna” (Go the fuck to sleep). Nel video l’attore fa presenti i rischi per il welfare, l’istruzione, l’ambiente il lavoro in caso di vittoria da parte del candidato repubblicano Mitt Romney. E in puro stile “Pulp fiction” dà una scossa agli elettori passivi o indecisi invitandoli più volte a darsi una c*** di svegliata.

Perché è nella top 10: è la prima volta in cui negli Stati Uniti, nazione puritana, uno spot elettorale utilizza un linguaggio così crudo e diretto. Il video ha fatto discutere, ma è stato visto da quasi 5 milioni di persone. E ha dato il suo contributo alla vittoria di Obama.

 

8°) ANTONIO CASSANO, CALCIATORE

«Ci sono froci in Nazionale? Se penso quello che dico sai che cosa viene fuori… sono froci, problemi loro, mi auguro che non ci sono veramente in Nazionale».

Dove e quando: Durante un’intervista alla trasmissione radiofonica “La zanzara” (Radio 24) il presentatore tv Alessandro Cecchi Paone aveva rivelato che «Nella nazionale di Prandelli ci sono sicuramente due omosessuali, un bisessuale e tre metrosexual (eterosessuali attenti alla cura dell’aspetto fisico, ndr). Il resto sono sani eterosessuali, simpaticamente e normalmente rozzi». Pochi giorni dopo, il 12 giugno a Cracovia, durante la conferenza stampa ufficiale degli azzurri agli Europei di Calcio 2012 prima del match con la Croazia, un giornalista chiede a Cassano un commento alle dichiarazioni di Cecchi Paone. E Cassano, tra risate, frecciate e sgomitate, prende le distanze dall’argomento in modo tutt’altro che diplomatico.

Perché è nella top 10: le frasi omofobiche sono rimbalzate sul Web, in tv e sui giornali. Scatenendo le ire dei gay e non solo. Tra gli attacchi, quello diNichi Vendola, governatore della Puglia e gay dichiarato: «Sono parole offensive. Sono straricchi, straignoranti e pensano di poter dire qualunque cosa. Consiglio ad Antonio Cassano di spendere un miliardesimo di quel che guadagna per comprare qualche libro». Cassano si era poi scusato in un comunicato ufficiale della Figc, ma intanto la Uefa aveva aperto un’inchiesta disciplinare per «dichiarazioni discriminatorie alla stampa». Un mese dopo la Uefa gli ha comminato una sanzione di 15mila euro.

 

7°) PENGUIN NEWS, SETTIMANALE DELLE ISOLE FALKLAND

Kirchner= bitch [puttana]

Dove e quando: il 10 febbraio il sito Web del settimanale pubblica un servizio su Cristina Fernandez de Kirchner, presidente dell’Argentina, che aveva rilasciato dichiarazioni durissime in merito alla sovranità delle isole, contese da decenni. Aveva accusato la Gran Bretagna di neocolonialismo, minacciando proteste presso l’Onu. Ma un redattore aveva denominato “bitch” (puttana) il file con la foto della presidente a corredo dell’articolo.

Perché è nella top 10: Quando un navigatore ha scoperto la vicenda, la notizia è rimbalzata sui giornali argentini, sollevando un’ondata internazionale di indignazione. Centinaia di mail e di tweet di proteste e di insulti sono state inviate alla direttrice del sito, Lisa Watson. Il sito ha rinominato la foto, e la direttrice si è scusata, dicendo che l’episodio era frutto dell’humor nero di un redattore. Ciò non ha comunque inibito il premier britannico David Cameron dal ribadire che le Falkland sono e resteranno del Regno Unito.

 

6°) KIMI RAIKKONEN E SEBASTIAN VETTEL, PILOTI DI FORMULA 1

RAIKKONEN: «Last time you guys were giving me shit because I didn’t really smile enough» [L’ultima volta che ero arrivato primo, molti di voi mi avevano riempito di merda perché non avevo sorriso abbastanza».]

VETTEL: «it was obviously a chance to fuck it up and we didn’t do that». [C’era la possibilità di mandare tutto a puttane, ma non l’abbiamo fatto]

http://youtu.be/46u81sdxEkY

Dove e quando: 4 novembre, terz’ultima gara del Campionato mondiale di Formula 1. La gara è vinta da Raikkonen (Lotus-Renault) seguito da Fernando Alonso (Ferrari) e Sebastian Vettel (Red Bull-Renault), poi laureatosi vincitore del mondiale. I 3 vengono intervistati sul podio da David Coulthard, ex pilota della McLaren e collaboratore della Bbc. «Il pubblico vorrebbe sapere quanto sia stato emozionante tornare alla vittoria. Raccontacelo», ha esordito Coulthard. Ma in un clima rilassato e goliardico, Raikkonen e Vettel hanno risposto a ruota libera, senza freni inibitori, usando queste (e anche altre espressioni) in mondovisione: la trascrizione integrale dell’intervista è qui.

Perché è nella top 10: Coulthard ha cercato di salvare la diretta, affermando: «Non mi piace fare questo genere di interventi. Va tutto in diretta televisiva e non credo che sia educativo». L’episodio ha fatto il giro del mondo. Vettel ha chiesto scusa con un comunicato stampa, e la Fia (Federazione internazionale dell’automobile), organizzatrice dei Gp, ha dovuto emettere un richiamo ufficiale a tutti i piloti: “E’ una nostra responsabilità collettiva assicurarci che i piloti siano a conoscenza che questo linguaggio non deve trovare spazio durante gli eventi con i media… Si comprende che nel caldo della battaglia, l’adrenalina, l’esaltazione e la delusione possono essere un mix pericoloso. Ma i piloti sono professionisti, e una parte del loro lavoro è parlare coi media, e devono farlo in modo accettabile”. Avvisandoli che la prossima volta partiranno azioni disciplinari.

 

5) CARLO PELLEGATTI, TELECRONISTA SPORTIVO

«Ha ancora qualcosa da dire Conte… Conte è senza vergogna e va a protestare. Conte è senza vergogna… La provocazione! Senza vergogna la Juventus! E’ senza vergogna! Conte è malato mentale! Vai e vai negli spogliatoi stasera, cazzo rompi i coglioni i stasera!?! Stasera muto e vai negli spogliatoi! Guarda che roba, guarda che roba! Guarda! Guarda! Colpa di quel testa di cazzo! Colpa di quel testa di cazzo! Vai negli spogliatoi e vai».

http://youtu.be/xVCV5DqywIs

Dove e quando: il 26 febbraio, alla fine della partita Juventus-Milan, terminata 1-1. Un match molto contestato: il Milan era in vantaggio per 1-0 quando Muntari insacca il 2-0 oltre la linea di porta ma il guardalinee non lo vede. E alla fine la Juve pareggia. Pellegatti – tifoso del Milan – stava facendo la telecronaca su Mediaset premium. Al terminedella partita, l’allenatore della Juventus Antonio Conte è entrato nel terreno di gioco per parlare con alcuni giocatori del Milan molto agitati. La scena ha fatto infuriare il cronista che l’ha interpretata come una provocazione gratuita. E così ha perso ogni freno, in un crescendo di insulti. Quelli più pesanti li ha detti pensando di non essere in onda: ma quando qualcuno gli ha fatto notare la gaffe, ha ripreso a parlare cercando di far finta di nulla. Troppo tardi.

Perché è nella top 10: non si era mai sentito un tifoso prevalere a tal punto sul cronista. All’indomani del fattaccio, Pellegatti ha pubblicato sul sito di SportMediaset una lettera di scuse alla Juve, a Conte e ai tifosi juventini, ribadendo di aver usato parole sconvenienti e offensive pensando di non essere in onda. Ma non è bastato: Conte lo ha minacciato di querela, il suo sfogo è diventato un tormentone sul Web, i tifosi juventini si sono indignati bersagliandolo con cori offensivi nelle partite successive, e la figuraccia è stata ufficializzata con un “Tapiro d’oro” dalla trasmissione della stessa Mediaset “Striscia la notizia”.

 

4) MICHEL MARTONE, VICEMINISTRO DEL LAVORO CON DELEGA ALL’OCCUPAZIONE GIOVANILE

«Se vogliamo invertire il trend dell’occupazione, innanzitutto dell’occupazione giovanile, dobbiamo cominciare a riconquistare posti di lavoro, uno per uno. Dobbiamo fare lo sforzo, e mi ci impegnerò, di comunicare ai giovani dei messaggi veri, tipo: se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato».

Dove e quando: Martone, 38 anni, era uno dei relatori alla “Giornata sull’apprendistato” organizzata dalla Regione Lazio lo scorso 24 gennaio. La frase ha espresso un dato reale: l’elevata età media alla laurea (27 anni, contro i 24 della media europea). Ma è stata pronunciata in un Paese messo in ginocchio dalla crisi economica, con un elevato tasso di disoccupazione giovanile, e dopo i pesanti tagli all’istruzione e alle borse di studio.

Perché è nella top 10: L’uscita ha sollevato un’ondata di indignazione, che ha superato in intensità quella per i “bamboccioni” (così nel 2007 l’allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa aveva definito i giovani). Associazioni di studenti, social network, sindacati, politici di sinistra e anche di destra hanno criticato Martone, che, pur ammettendo di «non aver avuto la sobrietà necessaria» ha precisato che non si riferiva «a tutti quei ragazzi che per necessità, per problemi di famiglia o di salute o perché devono lavorare per pagarsi gli studi, sono costretti a laurearsi fuori corso». Ma non è bastato. Diversi giornali hanno poi indagato sulla fulminea carriera universitaria e politica di Martone, aggiungendo fuoco alle polemiche.

 

4) ANDREA FABRA FERNÁNDEZ, DEPUTATA DEL PPE SPAGNOLO

«Sì señor, muy bien, muy bien, que se jodan».

[Sì signore, molto bene, molto bene, che si fottano]

Dove e quando: Andrea Fabra è una giovane deputata (39 anni) del Ppe, che oggi è partito di maggioranza in Spagna. Lo scorso 11 luglio il premier Mariano Rajoy stava presentando i tagli ai sussidi di disoccupazione, una scelta politica durissima. La Fabra, in risposta ai fischi della sinistra, ha invece applaudito Rajoy, con un commento sarcastico che non è sfuggito alle telecamere.

Perché è nella top 10: la frase ha suscitato un’ondata di indignazione sui giornali di tutto il mondo e sui social network, diventando uno dei trend topic mondiali su Twitter. E ha infiammato ulteriormente le manifestazioni di piazza contro le misure economiche del governo. La Fabra si è scusata, sostenendo che la frase era indirizzata ai colleghi deputati socialisti. Ma nessuno le ha creduto: i Socialisti e Izquierda plural hanno chiesto le sue dimissioni in Parlamento, per le quali il sito Change.org ha raccolto 224mila firme. Il cantautore spagnolo Diego Escusol le ha dedicato la canzoneQue se joda Andrea Fabra (Che si fotta Andrea Fabra):

http://youtu.be/BXyxhdFwLmY


3°) LUCIANA LITTIZZETTO, COMICA

«Torna Berlu, sale lo spread…. Io non dico un pudore, sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo?!?».

http://youtu.be/CkTn3zpMFoY

Dove e quando: durante il consueto siparietto comico fra Fabio Fazio e Luciana Littizzetto al termine della trasmissione “Che tempo che fa” del 9 dicembre, il giorno dopo l’annuncio di Silvio Berlusconi di volersi candidare alle prossime elezioni politiche.

Perché è nella top 10: la frase, molto applaudita in tv, ha suscitato un vespaio di polemiche. Il consigliere Rai Antonio Verro (Pdl) ha protestato, portando il caso in Commissione di vigilanza; l’Osservatorio sui diritti dei minori ha protestato pe ril linguaggio scurrile, e alla fine il direttore generale della Rai ha chiesto al direttore di Rai3 “maggior rispetto, evitando gli eccessi”. La polemica è montata al punto che la Rai ha meditato addirittura di far slittare il prossimo Festival di Sanremo (previsto dal 12 al 16 febbraio e presentato proprio dalla coppia Fazio-Littizzetto) a dopo le elezioni politiche del 24/25 febbraio, nel timore che la lingua velenosa della comica potesse infastidire i candidati. Ma l’ipotesi è tramontata, più che altro perché sarebbe stato impossibile riconvocare gli ospiti internazionali in altre date. In ogni caso, la Luciana nazionale ha reagito con ironia: «Ok, ora sto muta come una mosca, faccio solo il mimo… Mimo le facce dei parlamentari europei quando hanno visto tornare Berlusconi…E prometto che non dirò mai più le parolacce: posso dire hai rotto il canòlo? Che in Corea del Nord hanno rotto il razzo? Hai scassato il cambio? Hai sparato il tassello? Hai piallato le palle? Hai rotto la cozza? Non posso dire “dissento” non è nella mia natura..».

http://youtu.be/_gNTq1xfK1M

 

2) LIBÉRATION, QUOTIDIANO FRANCESE

“Casse-toi, riche con!”

[Togliti dai piedi, ricco coglione!]

Dove e quando: un quotidiano belga, La Libre Belgique, aveva annunciato che Bernard Arnault, proprietario del gruppo del lusso Lvmh (moda, profumi, champagne, grande distribuzione): il più ricco magnate europeo e il 4° del mondo, avrebbe chiesto la cittadinanza belga per “motivi personali e professionali”. Ma molti hanno pensato che in realtà il vero motivo fosse il regime fiscale più morbido dei Paesi Bassi, soprattutto nel campo delle successioni ereditarie. Così il 10 settembre Libération, quotidiano della sinistra francese, ha attaccato frontalmente Arnault utilizzando la stessa frase, riveduta e corretta, che aveva detto nel 2008 l’allora presidente Nicolas Sarkozy (“Casse-toi, pauvre con”) a un uomo che si era rifiutato di stringergli la mano. Ecco cosa ha scritto il quotidiano francese nell’articolo: “Mentre si profilano rigore, austerità e recessione per tutti, le élites mostrano sempre la solita leggerezza morale, incapaci di cambiare o anche solo di immaginare i danni che simili gesti creano nell’opinione pubblica”.

Perché è nella top 10: in Francia si è scatenato il dibattito tra chi ha accusato Arnault di essere immorale, e chi ha criticato Libération per il linguaggio pesante. Intanto, la copertina del giornale ha fatto il giro del mondo. E’ forse il primo caso di attacco così frontale a un magnate dell’economia: vi immaginereste un giornale italiano che, in nome dell’equità fiscale, usi questa frase con un Michele Ferrero o un Leonardo Del Vecchio (secondo la rivista Forbes, i più ricchi d’Italia)? Arnault, però, non è stato a guardare: ha querelato il giornale, denunciando l’estrema volgarità e la violenza del titolo, precisando comunque che continuerà a pagare le tasse in Francia. Nel frattempo, anche l’attore Gérard Depardieu ha deciso di trasferirsi in Belgio, non nascondendo che lo fa per motivi fiscali (la tassazione al 75% sui redditi più alti introdotta da Hollande). Depardieu è stato più drastico: restituirà il passaporto francese e prenderà quello belga. E forse anche quello italiano.

 

1°) GREGORIO DE FALCO, CAPO DELLA CAPITANERIA DI PORTO DI LIVORNO

«Guardi Schettino che lei si è salvato forse dal mare ma io la porto veramente molto male… Vada a bordo, cazzo!!».

Dove e quando: 13 gennaio, ore 21:42. Al largo dell’Isola del Giglio, la nave da crociera Costa Concordia si arena dopo aver urtato gli scogli: si era avvicinata troppo alla costa. Intorno alle 23 la nave viene abbandonata, e per ore la situazione precipita nel caos totale. Alle 1:46, dopo varie telefonate, il capitano De Falco intima al comandante della nave Francesco Schettino di risalire sulla nave per verificare se vi fossero ancora persone a bordo. De Falco ha poi rivelato che aveva usato quei modi bruschi perché il tono di Schettino non lo convinceva. Alla fine il bilancio della tragedia è stato di 30 morti, 2 dispersi, 110 feriti. Il processo è ancora in corso.

Perché è nella top 10: la telefonata è impressionante perché fa rivivere i momenti convulsi e disperati della tragedia. E la frase di De Falco rimane impressa perché mescola formalità e informalità, rispetto e aggressività: De Falco dà del “lei” a Schettino, ma al tempo stesso impreca in modo rude. L’espressione ha fatto il giro del mondo ed è diventata un tormentone: ha ispirato decine di canzoni parodistiche su YouTube e T-shirt. Al di là delle responsabilità, ancora da accertare, la titubanza di Schettino aveva peraltro un fondamento: il ponte di comando era troppo inclinato per accedervi, e i passeggeri stavano ancora scendendo dalla biscaggina (scala di corda).

 

Vuoi leggere le “top 10” degli anni passati? Clicca su questi link: 2011, 2010, 2009, 2008.

Hanno parlato di questo post: AdnKronos, Libero news, Globalist, Shqiptari italise, Mnews, Localport,  ItaliaInformazioni, JulieNews.

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Parolacce: la “top ten” del 2011 https://www.parolacce.org/2012/01/02/la-top-ten-del-2011/ https://www.parolacce.org/2012/01/02/la-top-ten-del-2011/#comments Mon, 02 Jan 2012 13:20:47 +0000 http://www.parolacce.org/?p=718 Nel 2011 sono state molte le parolacce salite alla ribalta delle cronache. Ma ben poche passeranno alla storia: sono state, quasi sempre, parolacce sciatte, livorose, senza spirito… Soprattutto nella politica italiana, che, come nella “top ten” del 2010, è stata il palcoscenico col maggior tasso di turpiloquio.… Continue Reading

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Nel 2011 sono state molte le parolacce salite alla ribalta delle cronache. Ma ben poche passeranno alla storia: sono state, quasi sempre, parolacce sciatte, livorose, senza spirito… Soprattutto nella politica italiana, che, come nella “top ten” del 2010, è stata il palcoscenico col maggior tasso di turpiloquio. Con una particolare predilezione per la parola “stronzo”: Bossi l’ha usata quasi quotidianamente, anche verso i propri compagni di partito (come Flavio Tosi); l’ha pronunciata perfino Rosy Bindi (rivolta ai radicali, che poi hanno ricambiato)… Tutto questo perché la nostra politica è malata: il populismo e gli attacchi personali hanno preso il posto  del confronto sulle idee.

Non è stato facile, quindi, scegliere le parolacce più emblematiche: quelle che hanno dato vita a gaffe clamorose, quelle che hanno espresso verità scomode, quelle che hanno espresso sincera indignazione, oppure quelle che hanno avuto (o avrebbero dovuto avere) effetti dirompenti. E le parolacce usate in senso liberatorio (per ridere, per alleggerire un’atmosfera, per il gusto fanciullesco del gioco)? Se ne sono viste poche. Speriamo, anche da questo punto di vista, in un clima migliore nel 2012…

 

10°) MELISSA LEO, ATTRICE STATUNITENSE

«When I watched Kate two years ago, it looked so fucking easy!»
[Quando avevo visto Kate (Winslet) 2 anni fa, mi era sembrato così fottutamente facile!]

http://youtu.be/qnk2R_q0Znk
Dove e quando: Kodak Theatre di Los Angeles, 27 febbraio 2011, cerimonia di premiazione degli Oscar cinematografici.
Perché è nella top 10: Melissa Leo era stata premiata come attrice non protagonista nel film “The fighter”. Due anni prima, la sua amica e collega Kate Winslet aveva vinto l’Oscar nella stessa categoria. Ma quando è toccato a Melissa salire sul palco per i ringraziamenti di rito, visibilmente emozionata, le è scappata la parolaccia. Negli 83 anni di storia degli Oscar, era la prima volta che un fatto del genere accadeva in diretta (i giornali statunitensi l’hanno definita la prima F-bomb della storia degli Oscar). Vista l’enfasi del suo intervento, resta il dubbio sulla sua spontaneità: in ogni caso, la Leo ha dovuto chiedere pubblicamente scusa. E la conduttrice della serata, Anne Hathaway, durante una pausa pubblicitaria, ha offerto un piatto di sushi a uno spettatore con questa battuta: “Come direbbe Melissa Leo, è un sushi fottutamente buono!”.

9°) IGNAZIO LA RUSSA, MINISTRO DELLA DIFESA

«Ma vaffanculo!».
http://youtu.be/rweFAS68Yb4

Dove e quando: 30 marzo 2011, Roma, Camera dei Deputati, discussione sul processo breve

Perché è nella top 10: al Parlamento si discuteva il “processo breve”, una riforma che mirava a far prescrivere i reati se non condannati entro un determinato lasso di tempo. Un provvedimento duramente contestato dalle opposizioni, perché avrebbe agevolato il premier Silvio Berlusconi nei processi Mills e Mediaset in cui è imputato.
Il ministro La Russa era stato pesantemente attaccato dal Popolo Viola all’esterno della Camera. Quando è rientrato, si aspettava la solidarietà dei colleghi: ma Dario Franceschini (Pd) lo ha invece redarguito, bollandolo come provocatore. In tutta risposta, La Russa gli ha indirizzato ripetutamente un “bravo” con un lungo applauso sarcastico e provocatorio. Quando il presidente della Camera (nonché ex collega di partito) Gianfranco Fini lo ha richiamato all’ordine, La Russa lo ha mandato a quel paese. Un episodio inedito, un ministro che offende una delle 5 più alte cariche dello Stato in un’aula parlamentare dove – comunque – se ne sono viste di tutti i colori nella storia repubblicana.
Risultato: Fini ha sospeso la seduta, sibilando agli altri ministri un “curatelo”. La Russa ha poi smentito che il “vaffa” fosse indirizzato a Fini, ma la prova tv lo ha inchiodato. E così, giorni dopo, l’ufficio di presidenza della Camera ha sanzionato l’atto con una lettera di censura a La Russa e a Berlusconi.

8°) L’”ECONOMIST”

“The man who screwed an entire country”.
[L’uomo che ha fottuto un intero Paese]

La copertina dell’Economist. Senza giri di parole.

Dove e quando: copertina dell’Economist, 9 giugno 2011.
Perché è nella top 10: L’Economist ha pubblicato un dossier di 14 pagine facendo rilevare che solo lo Zimbabwe e Haiti hanno avuto una crescita del Pil più bassa dell’Italia, che ha pure il 3° debito pubblico più alto del mondo (120% del Pil).
Il titolo non usa giri di parole: “screw” significa fregare, imbrogliare, ma il suo significato di base è fottere, chiavare. La copertina ha fatto il giro del mondo: è forse la prima volta in cui l’autorevole settimanale britannico (1.600.000 copie, 168 anni di storia) usa un linguaggio “basso” nei confronti di un capo di Stato. E non è certo un “foglio giacobino” né di satira: la testata appartiene per il 50% al gruppo editoriale Pearson (lo stesso editore del Financial Times) e alla famiglia di banchieri Rotschild, come ricorda Wikipedia.

 

 

 

 

 

7°) IL GIORNALE

“E’ stata la culona” [riferito alla cancelliera tedesca Angela Merkel]

Dove e quando: prima pagina de “Il Giornale” del 31 dicembre 2011, titolo d’apertura.

La prima pagina de “Il Giornale” con l’attacco alla Merkel.

Perché è nella top ten: l’articolo è un editoriale a firma del direttore Alessandro Sallusti, che commenta le indiscrezioni del “Wall street journal“: il quotidiano aveva riferito di una telefonata della Merkel al presidente Giorgio Napolitano.  In questa telefonata, avvenuta in ottobre, la Merkel avrebbe subordinato gli aiuti all’Italia alle dimissioni del premier Silvio Berlusconi. Dimissioni poi da lui rassegnate due settimane dopo. Sallusti, sul quotidiano appartenente alla famiglia Berlusconi, ha definito “culona” la Merkel perché in settembre erano uscite indiscrezioni su una presunta intercettazione telefonica nella quale Berlusconi avrebbe definito la Merkel una “culona inchiavabile”. Anche se l’intercettazione non è mai stata confermata nero su bianco, le indiscrezioni (pubblicate da “Il fatto quotidiano“) avevano fatto sfiorare un incidente diplomatico internazionale. Ma anche lo scoop del Wall Street Journal ha sollevato polemiche, da parte dei partiti del governo uscente. E così Sallusti sul Giornale ha attaccato la Merkel, usando un aggettivo sessista e triviale verso un capo di Stato donna. Difficile immaginare che l’atto resti senza conseguenze diplomatiche, tanto più che il sessismo in Germania è inammissibile.

 

 

 

 

 

6°) GENNARO GATTUSO, ATTACCANTE DEL MILAN

«Uomo di merda! Leonardo uomo di merda! Uomo di meeerdaaaa….»
http://youtu.be/yDc5UW5MCC4

Dove e quando: 8 maggio 2011, Roma, stadio Olimpico, partita di campionato Roma-Milan.

Perché è nella top 10: la partita, finita 0-0, ha regalato al Milan il 18° scudetto con 3 giornate d’anticipo sulla fine del Campionato. Al termine della partita, Gattuso e altri giocatori si sono radunati sotto la curva dei tifosi della Roma, intonando un coro insultante nei confronti di Leonardo, allenatore del Milan. Perché un giocatore di punta insulta così pesantemente e platealmente il proprio allenatore, unendosi ai tifosi avversari? Il sintomo di un rapporto incrinato, forse anche perché, 6 giorni dopo l’episodio, Leonardo avrebbe ufficializzato il passaggio al “nemico” diventando allenatore dell’Inter. L’episodio ha fatto molto clamore: Leonardo e Massimo Moratti (Inter) hanno fatto commenti delusi e infastiditi, Adriano Galliani (Milan) ha minimizzato l’episodio. Ma la Federcalcio ha aperto un fascicolo, e alla fine Gattuso è stato sanzionato con una multa di 13.333 euro.

5°) ALBERTO ARBASINO, SCRITTORE

«Ma vaffanculo…».

Arbasino lascia il Premio Boccaccio.

Dove e quando: Certaldo (Firenze), 12 settembre 2011, cerimonia del premio letterario Boccaccio.

Perché è nella top 10: Arbasino, 81 anni, si era stancato della lunga ritualità (“fanfaluche e convenevoli”, li ha definiti) del premio Boccaccio.
«La cerimonia doveva essere alle 18 e invece alle 20 eravamo ancora lì con tutti i passaggi rituali di questi appuntamenti di provincia, i ringraziamenti a tutte le istituzioni coinvolte, quelli che non arrivavano e bisognava aspettare (Enrico Mentana, premiato per la sezione giornalismo ndr). Insomma, una noia. Mi sono stufato, non ne potevo più». Così, in barba alla ritualità solenne di un Premio letterario, il vincitore Arbasino si è alzato e se n’è andato, indirizzando il vaffa alla presentatrice del Premio che gli chiedeva i motivi della sua protesta: «Mi sono sentito molestato e l’ho mandata al diavolo». Arbasino è dunque tornato a Roma senza ricevere il premio, che ha accettato a posteriori. Senza scusarsi con gli organizzatori della manifestazione: «Quando mai hanno avuto tanta pubblicità?» ha detto. Non è da tutti, ma non stupisce: proprio Arbasino aveva elogiato, in passato, la “magica potenza del vaffanculo”.

4°) SIMONE PIANIGIANI, ALLENATORE DELLA NAZIONALE ITALIANA DI BASKET

«Bisogna che si giochi con un po’ di dignità! Con un po’ di anima cazzo! (…) Facciamo a cazzotti almeno! Ma che cazzo avete dentro?!?!?! Porca troia!!!».
http://youtu.be/P81z_2iNOhk

Dove e quando: 5 settembre 2011, Šiauliu Arena, Lituania, Campionato europeo di pallacanestro Eurobasket, partita Italia-Israele

Perché è nella top 10: la partita era stata giocata male dalla nostra nazionale, che ha commesso clamorosi errori di gioco. Quando Israele ha accumulato un vantaggio di 21 punti (vinceva 51-72), Pianigiani non ci ha visto più: ha chiamato time out e ha redarguito i giocatori, esortandoli, con molto pathos, a tirare fuori l’orgoglio. Un atto consueto, in una partita importante, ma solitamente nascosto negli spogliatoi: le telecamere, invece, hanno reso partecipi anche gli spettatori di un momento così cruciale e teso.
Il cazziatone è servito: alla fine Israele ha vinto per un sol punto (96-95) ai tempi supplementari. E l’Italia è arrivata penultima nel proprio girone, con una sola vittoria in 5 partite. (il Campionato è stato vinto dalla Spagna). In seguito Pianigiani ha rivelato che, se i giocatori non avessero reagito dopo il suo cazziatone, si sarebbe dimesso. «Se ci fosse stato il crollo totale, dopo tutto lo sforzo profuso, non me la sarei sentita di andare avanti». Nel frattempo, la sua sfuriata è impazzata su YouTube.

3°) GEORGE CLOONEY, ATTORE E REGISTA STATUNITENSE

La copertina di “Rolling Stone” dedicata a Clooney.

«[Farts] it’s one of the funniest things in the history of mankind. Even the idea of a fart makes me laugh. Saying the word ‘fart’ makes me laugh. I have iFart on my phone. I have remote whoopee cushions. Farts. To me, there’s nothing funnier».
[Le scoregge sono una delle cose più divertenti nella storia del genere umano. Basta pensare alle scoregge per farmi ridere. Dire la parola “scoreggia” mi fa ridere. Ho l’applicazione iFart sul mio cellulare. E ho anche cuscini telecomandati che fanno il rumore delle scoregge. Scoregge. Per me, non c’è nulla di più divertente.]

Dove e quando: 9 novembre 2011, intervista pubblicata sul mensile statunitense “Rolling Stone”.
Perché è nella top 10: in questa intervista Clooney , attore eccellente e regista raffinato, ha rivelato il suo lato “trash”, o, se si preferisce, il suo candore fanciullesco. Senza filtri, senza falsi pudori. Alcuni si sono scandalizzati, altri si sono divertiti. In ogni caso, l’articolo ha fatto molto… rumore.

 

 

2°) TATIANA LIMANOVA, GIORNALISTA DI REN-TV, RUSSIA

Dito medio a Barack Obama durante un tg.

Dove e quando: 14 novembre 2011, in diretta tv durante il tg

Perché è nella top 10: la giornalista Tatiana Limanova stava riferendo della nomina di Dimitri Medvedev, presidente della Federazione russa, a capo dell’Apec. E quando ha nominato il suo predecessore all’Apec, Barack Obama (pesidente Usa) ha alzato il dito medio.
Ecco la frase completa: «Oggi Dimitri Medvedev è diventato presidente della Cooperazione economica Asiatico-Pacifica. Questa carica era stata ricoperta in precedenza dal presidente degli Usa Barack Obama».
La giornalista si è giustificata dicendo che il dito non aveva nulla a che vedere col presidente Obama. Era rivolto in realtà ai suoi colleghi tecnici presenti in studio, che stavano cercando di distrarla per scherzo. E che lei pensava di non essere inquadrata in quel momento. Secondo altre fonti, il gesto era solo un’espressione di disappunto per un problema tecnico: la mancata apparizione del testo delle news sul suo monitor.
Nonostante queste precisazioni, pur di evitare un incidente diplomatico internazionale (e forse un’emulazione da parte di altri), la Limanova, che è molto popolare in Russia, è stata licenziata dalla sua emittente, che l’ha accusata di mancanza di professionalità e di aver violato le norme disciplinari sulle dirette tv. Inutile dire che il video ha fatto il giro del mondo…

 

1°) SILVIO BERLUSCONI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

«Io…tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei…da un’altra parte e quindi…vado via da questo Paese di merda…di cui…sono nauseato…punto e basta».

La frase antipatriottica di Berlusconi nei giornali di tutto il mondo.

Dove e quando: 13 luglio 2011, telefonata tra Valter Lavitola, direttore de “L’Avanti!” e Silvio Berlusconi intercettata dalla Procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 (associazione a delinquere contro la pubblica amministrazione e l’amministrazione della giustizia). Lavitola usa un cellulare panamense, Berlusconi una scheda intestata a un cittadino peruviano, tale Ceron Caceres.

Perché è nella top 10: Lavitola mette in guardia Berlusconi sulle implicazioni dell’inchiesta e sulle sue possibili conseguenze. Ma Berlusconi ostenta sicurezza e anche un certo fastidio. Ecco il testo completo dell’intercettazione, un concentrato di parolacce: «Anche di questo non me ne può importare di meno… perché io …sono così trasparente..così pulito nelle mie cose..che non c’è nulla che mi possa dare fastidio..capito?..io sono uno..che non fa niente che possa essere assunto come notizia di reato…quindi..io sono assolutamente tranquillo…a me possono dire che scopo….è l’unica cosa che possono dire di me…è chiaro?..quindi io..mi mettono le spie dove vogliono..mi controllano le telefonate..non me ne fotte niente… Io…tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei…da un’altra parte e quindi…vado via da questo Paese di merda…di cui…sono nauseato…punto e basta».
Il dialogo, finito sui giornali il 1° settembre, crea un notevole clamore. Tanto che Berlusconi, in trasferta a Parigi per impegni istituzionali, è costretto a commentare la vicenda tentando di ammorbidirne il senso: «Rimango per cambiare questo Paese che ho definito in un certo modo…. sono qui proprio perché l’Italia non sia quel che è adesso», precisando inoltre di aver usato quell’espressione “ a notte inoltrata magari in un momento di rilassatezza o con il sorriso o per paradosso». Ma ormai la frittata era fatta, e ha fatto il giro del mondo: non era mai capitato che un premier definisse in questi termini il proprio Paese. O almeno, non era mai stato colto sul fatto.

Se volete leggere le “top ten” degli anni passati, cliccate su questi link: 2010, 2009 e 2008.

La classifica del 2011 è stata rilanciata da: AdnKronos, Libero, Leggo, Il fatto quotidianoHaiSentito, SiciliaInformazioni, TerniInReteAbexpress

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