grasso | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 04 Sep 2023 17:23:29 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png grasso | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Gli insulti più feroci: quelli fisici https://www.parolacce.org/2017/10/16/emarginazione-difetti-corpo/ https://www.parolacce.org/2017/10/16/emarginazione-difetti-corpo/#respond Mon, 16 Oct 2017 11:11:25 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13065 Ciccione, quattrocchi, nasone, ciospo… Le consideriamo – a torto – offese infantili e di poco conto. Ma in realtà gli insulti fisici sono molto più feroci di quanto possa sembrare. Sono una categoria molto nutrita (ne ho raggruppati 137, vedi sotto),… Continue Reading

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Campagna contro l’emarginazione delle persone sovrappeso.

Ciccione, quattrocchi, nasone, ciospo… Le consideriamo – a torto – offese infantili e di poco conto. Ma in realtà gli insulti fisici sono molto più feroci di quanto possa sembrare. Sono una categoria molto nutrita (ne ho raggruppati 137, vedi sotto), e hanno effetti sorprendenti.
Sono infatti fra gli insulti più universali che esistono: con infinite varianti, si ritrovano a ogni latitudine.
Ma perché sono così diffusi? Quali aspetti del corpo prendono più di mira? E in che senso sono potentiIl loro successo è facilmente spiegabile: sono offese immediate, a presa rapida. Sono il modo più diretto per squalificare qualcuno: a differenza degli insulti contro l’intelligenza o il comportamento (imbecille, troia, rompiballe), quando si denigra una persona sul piano fisico (nano, faccia di merda) non c’è bisogno di conoscerla o entrare in rapporto con essa per verificarlo: basta semplicemente guardarla. Sono gli insulti più darwiniani, o se preferite i più nazisti: hai un difetto? Devi essere eliminato.

Hollande, Merkel, Renzi, Tsipras in un’impietosa caricatura uscita su “Libero”.

Proprio questa immediatezza spiega perché gli insulti fisici sono così diffusi in politica. La politica, infatti, smuove grandi e selvagge passioni (come lo sport), e in un’epoca in cui le informazioni viaggiano veloci, e si dedica poco tempo all’analisi, all’argomentazione (come raccontavo qui, a proposito dell’uso degli insulti in politica), ecco che gli insulti fisici diventano il modo più rapido e sbrigativo di sbarazzarsi di un avversario.
Al punto che molti di questi insulti sono diventati i soprannomi, transitori o ufficiali, di tanti politici: Bettino Craxi era soprannominato “cinghialone”, Piero Fassinogrissino”, Silvio Berlusconipsiconano” o “Al Tappone”, Renato Brunettaenergumeno tascabile”, Maria Elena Boschichiappona”, Giulio Andreottiil gobbo”, Lamberto Diniil rospo”, Rosy Bindibrutta”, o “più bella che intelligente”, Cécile Kiengeorango”.
Va detto, tra l’altro, che gli insulti fisici sono sessisti, ma con una par condicio: ci sono alcuni insulti declinati solo al femminile e riguardano tutti la bruttezza estetica. Ma allo stesso tempo, gli insulti contro la debolezza fisica sono indirizzati quasi sempre ai maschi (vedi le liste più sotto).

Salute e igiene, valori universali

Come tutte le altre categorie di insulti, anche quelli fisici sono giudizi negativi: sono un modo di dire “non sei normale”, non vai bene, non ti accetto, sei inferiore, mi fai ribrezzo. E questi giudizi si trasformano in azioni, hanno un effetto sociale: l’esclusione, l’emarginazione (vattene, stai lontano).
Ma gli insulti fisici hanno un “quid” in più. Non sono soltanto immediati: sono anche profondi, perché vanno dritto al cuore della nostra identità. Il corpo, infatti, è la manifestazione tangibile di ciò che siamo: in termini biologici, è il fenotipo del nostro genotipo, ovvero è la manifestazione del nostro patrimonio genetico. E, dato che siamo innanzitutto animali, la presenza di un difetto (vero o sospettato, grande o piccolo, essenziale o trascurabile) è un indicatore importantissimo del nostro stato di salute. Una persona malata rappresenta istintivamente una minaccia: è un peso, potrebbe contagiarmi, e (in caso di accoppiamento) potrebbe farmi generare figli malati.

Il cartello offensivo appeso dal cliente di un ipermercato di Carugate: mette a nudo l’intolleranza verso i disabili.

Gli insulti fisici, infatti, scatenano le nostre paure più ancestrali. Declassano il destinatario a un livello inferiore, oltre che repellente e pericoloso. Insultare qualcuno sul piano fisico (gobbo, pelato, culona) significa attribuire uno stigma, un segno distintivo negativo: si qualificano le persone come difettose e da evitare, da espellere dalla società.
E sono etichette difficili da cancellare. Perché oltre a essere profonde sono universali. L’antropologo Desmond Morris racconta di un’indagine effettuata in quasi 200 culture per cercare di stabilire quale fosse un criterio universale di “bellezza umana”. Questo criterio non c’è: “i soli aspetti del nostro corpo che abbiano valore universale sono la pulizia e la salute” scrive Morris nel libro “L’uomo e i suoi gesti”. “E poiché essere sporchi significa essere brutti, i gesti connessi con la sporcizia sono ovvi candidati al ruolo di segnali insultanti e si possono osservare in ogni parte del mondo”.

Brutti fuori, brutti dentro

Le mie statistiche sui tipi di insulti fisici: clic per ingrandire

Questa considerazione vale non solo per i gesti (di cui ho parlato qui), ma anche per le parole. E non poteva essere altrimenti: igiene e salute sono i requisiti minimi per la nostra sopravvivenza e per consentire la trasmissione dei nostri geni ai figli. Se mancano queste condizioni, la sopravvivenza nostra e dei nostri discendenti è in pericolo. Ecco perché 2 insulti fisici su 3 (il 65%) puntano proprio su questi aspetti: un insulto fisico su 5 (18%) riguarda l’igiene (cesso, chiavica, puzzone), oltre 1 su 6 (il 15%) indica malattie e menomazioni, mentre il 32% (uno su 3) riguarda la bruttezza in tutte le sue forme: cozza, rospo, scimmia. L’uso di metafore tratte dal mondo animale, a proposito, è un modo per rimarcare la mancanza di umanità, la bestialità di una persona.
Dato che anche la bruttezza, come la bellezza è mutevole e sfuggente (“Ciò che un tempo era brutto oggi può essere accettato, e viceversa” scrive Umberto Eco nel libro “Storia della bruttezza”), il brutto in realtà è ciò che provoca disgusto, che evoca morte e malattieE’ lo scherzo di natura (oggi diremmo il difetto genetico). Come la bellezza è l’espressione di buona salute e di un patrimonio genetico armonico, la bruttezza ci appare istintivamente come la manifestazione del contrario. Ovvero di malattia e disarmonia.

Un Obama volutamente mostruoso sulla prima di “Libero”.

Non solo: l’istinto ci porta a pensare che chi è brutto fuori lo sia anche dentro, che la bruttezza esteriore sia una manifestazione di quella interiore. Come ha tentato di fare – in modo pseudoscientifico – la fisiognomica di Cesare Lombroso, che pretendeva di dimostrare che i tratti di personalità criminale fossero sempre associati ad anomalie fisiche. E comunque, prima di lui, gli antichi Greci credevano nella “kalokagathìa“, cioè erano convinti che il bello (kalòs) fosse anche eticamente buono (agathòs).
Questo accade, per esempio, nei confronti delle persone obese, come raccontavo qui: mentre in passato le persone grasse erano accettate, e anzi, la loro pinguedine era uno status symbol della loro opulenza, oggi sono denigrate per motivi culturali (la moda delle indossatrici filiformi) e anche economici (“La tua grassezza è un peso per il sistema sanitario”).

Quando i difetti fanno ridere

Dunque, gli insulti fisici sono come caricature: esagerano un aspetto del corpo per irridere o denunciare, attraverso un difetto fisico, un difetto morale. Imbruttiscono il destinatario, enfatizzandone un tratto fino alla deformità.  Ecco perché le caricature sono molto usate nei giornali politici. Giovanni Spadolini, premier e senatore a vita, è stato disegnato grasso e con un pene piccolissimo, Giulio Andreotti con la gobba e Brunetta e Berlusconi come nani.

Ebreo minaccioso in una cartolina antisemita della propaganda fascista (Gino Bocccasile, 1943)

In questo modo, gli uomini di potere sono abbassati a un livello inferiore e diventano quindi ridicoli. Infatti gli insulti fisici ci fanno sentire superiori: i malriusciti, i malridotti, i deformi sono gli altri. E’ proprio su questa dinamica che si basano le campagne razziste che puntano a suscitare l’odio verso intere categorie sociali (ebrei, immigrati, etc): degradando interi gruppi di persone a schiere di esseri subumani che non meritano compassione né rispetto.
Rendere disumano qualcuno è il modo più facile per odiarlo e ucciderlo: non si prova compassione per qualcuno che non ha nulla di umano ed è inferiore a noi. Con questo meccanismo si creano capri espiatori su cui riversare le tensioni di un’epoca, soprattutto nei momenti di guerra o di crisi economica: e questo spiega perché, negli ultimi tempi, si è acuita l’intolleranza verso gli immigrati e i disabili. Sono un facile parafulmine, debole e indifeso, su cui sfogare le ansie sociali.
D’altra parte è anche vero che diversi comici hanno avuto successo proprio rappresentando, caricandoli, i difetti fisici: in questo modo ci fanno sentire superiori, aiutandoci a esorcizzare le ansie di essere contagiati anche noi da malattie e difetti. Basta pensare agli attori che hanno puntato la loro comicità su una corporatura disarmoniosa (Stanlio e Ollio), sul modo patologico di camminare o sull’abbruttimento della mimica facciale (Marty Feldman, Jerry Lewis, Totò).

Jerry Lewis fa ridere enfatizzando difetti fisici (dal film “Le folli notti del dottor Jerryl”).

E’ un modo consolatorio di scacciare la paura della malattia e del diverso, che è molto profonda. Per secoli, infatti, le persone deformi, deboli e malate erano o uccise, derise oppure semplicemente recluse (in manicomi, nosocomi e carceri) per essere allontanate dalla vista dei “normali”. D’altronde, ancora oggi “handicappato” è percepito come uno degli insulti più offensivi, come ho riscontrato col mio sondaggio del Volgarometro.

La lista degli insulti fisici

Qui sotto trovate la lista dei 137 insulti fisici: gran parte sono parolacce, ovvero hanno un registro volgare, ma ho integrato l’elenco anche con termini neutri o dotti (orripilante, malfatto, tremendo) perché hanno comunque un’innegabile carica offensiva.

[ clicca sul + per aprire i riquadri ]

STATURA

Bassa statura: bagonghi, microbo, nano, nanerottolo, pigmeo, puffo, ranocchio, tombolotto, tappo,

Alta statura: stangone

CORPORATURA

Corporatura grande: antropoide, abnorme, balena, budellone,  chiappone, ciccione, culone, gorilla, grassone, orango, panzone,trippone, vacca,
Corporatura piccola: bamberottolo, chiodo, grissino, moscerino, omuncolo, secco, scheletro, segaligno, rachitico

BRUTTEZZA

Ambosessi: aborto, bertuccia, brutto, buco di culo, cefalo, ceffo, cercopiteco, cozza, ciospo, crozza, faccia di cazzo, faccia di merda, faccia da pesce lesso, malfatto, mostro, obbrobbrio, orribile, orrendo, orrido, orripilante, racchio, rafano, roito, rospo, sbrindellato, scalcinato, scarabocchio, scarafaggio, scherzo della natura, scarpantibus, scorfano, sgorbio, sputo, scimmia, smandrappato,spaventapasseri, terribile, tremendo

Femminili: arpia, befana, megera, virago, piatta, piallata (senza seno)

DIFETTI DEL VOLTO

Testa: capoccione,  testone, faccione, zuccone

Naso: nasone, elefante,

Orecchie: dumbo, orecchione,

Capelli: palla da biliardo, pelato

REPELLENZA, SPORCIZIA

cesso, chiavica, cispa, disgustoso, fetido, laido, lercio, nauseabondo, puzzone, piscione, piscialetto, piscioso, pulcioso, ributtante, ripugnante, rivoltante, stomachevole, schifoso, trucio/trucido, unto, vespasiano, vomitoso, water, zozzone

FORZA FISICA

loffio, mezzasega, pappamolla, pippa, sega, scartina,

MALATTIE E MENOMAZIONI FISICHE

Vista: cecato, guercio, orbo, quattrocchi, strabico,

Udito: sordo,

Volto: deforme, sfigurato

Disabilità generali: disabile, handicappato, minorato, mongolo,

Schiena: gibboso, gobbo,  

Andatura: goffo, sciancato, sbilenco, storpio, zoppo

Sessualità: impotente, frigida

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Quel fascismo strisciante contro i grassi https://www.parolacce.org/2015/03/19/pregiudizi-verso-gli-obesi/ https://www.parolacce.org/2015/03/19/pregiudizi-verso-gli-obesi/#comments Thu, 19 Mar 2015 11:09:58 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7132 Se insulti un nero, sei razzista. Se insulti un gay, sei omofobo. Se insulti un ciccione, invece, sei simpatico. Parliamo tanto di combattere lo “hate speech“, cioè l’intolleranza. Ma usiamo due pesi e due misure: perché consideriamo normale il disprezzo… Continue Reading

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FatPride

Il “Fat pride”, contro-manifestazione per i diritti dei grassi.

Se insulti un nero, sei razzista. Se insulti un gay, sei omofobo. Se insulti un ciccione, invece, sei simpatico.
Parliamo tanto di combattere lo “hate speech“, cioè l’intolleranza. Ma usiamo due pesi e due misure: perché consideriamo normale il disprezzo verso chi ha qualche chilo di troppo. Tanto da dedicargli un ricco vocabolario offensivo con almeno una dozzina di insulti mirati: grassone, barile, porco, trippone, elefante, balena, palla di lardo, lardoso, pancione, obeso, falsomagro e ciccione.
Insulti bonari? Tutt’altro. Queste parole producono un’emarginazione irreversibile, che dall’infanzia dura fino all’età adulta. Chi è grasso “sviluppa l’idea di essere sbagliato, impotente, inferiore” osserva il pedagogista Francesco Baggiani, autore di “P(r)eso di mira” (Clichy), il primo libro italiano contro i pregiudizi ponderali. Le persone grasse sono discriminate a scuola (dall’asilo all’università), nell’assistenza sanitaria e sul lavoro: non sono assunti, e se lo sono hanno stipendi più bassi e non fanno carriera. Secondo l’osservatorio del Comitato Cido (che tutela i diritti delle persone affette da obesità), gli insulti agli obesi hanno superato l’omofobia e la xenofobia. E spesso si registrano aggressioni, anche fisiche, ai danni di chi ha l’unica colpa di avere più adipe degli altri. “Il salutismo imperante rischia di diventare il razzismo del terzo millennio. Un’obesofobia che sta assumendo i toni integralisti e intolleranti di una vera e propria persecuzione. Quasi che il sovrappeso sia una macchia morale” avverte l’antropologo Marino Niola  nel libro “Homo dieteticus“. E gli insulti contro le persone grasse rientrano nella categoria degli insulti fisici, di cui parlo in questo articolo: sono, in generale, gli insulti più pesanti per squalificare una persona.

grassone

Locandina di un circo: un obeso esposto come fenomeno da baraccone.

In un’epoca di “political correctness”, salta all’occhio che l’Europa non abbia leggi che vietino la discriminazione in base al peso del corpo: un baby sitter danese che era stato licenziato ha fatto ricorso in Tribunale, e il caso è approdato alla Corte Europea di giustizia. La quale ha replicato che non esistono leggi che vietino la discriminazione per obesità: l’unica tutela possibile sarebbe quella di dimostrare che l’obesità è un handicap, cioè impedisce di lavorare alla pari con i non-obesi. A oggi, l’unico Paese europeo che ha varato una legge in difesa della dignità delle persone sovrappeso è la Spagna, nel 2011: la legge 17/2011 (su sicurezza alimentare e nutrizione) dice all’articolo 37 che “è vietata ogni discriminazione diretta o indiretta basata su sovrappeso e obesità”.
Ma da dove salta fuori questa grassofobia, tanto crudele da annullare ogni umana empatia? E se l’obesità è un eccesso alimentare al pari dell’anoressia, perché verso le anoressiche proviamo solidarietà e compassione, mentre per i grassi solo dileggio e colpevolizzazione? Perché abbiamo molti pregiudizi sui grassi. Baggiani li ha raccolti qui:

  • Sono ingordi e non riescono a controllare la fame
  • non hanno autocontrollo e umore instabile
  • non hanno forza di volontà
  • sono pigri
  • non curano l’igiene
  • sono meno intelligenti

BaggianiPer quanto meno diffusi, ci sono anche pregiudizi positivi: le persone grasse sono considerate oneste, generose, socievoli, simpatiche, calorose, spiritose. Basti pensare a Oliver Hardy, Bud Spencer, Luciano Pavarotti, Barry White, Sancho Panza.
Ma da dove saltano fuori questi pregiudizi? Innanzitutto, dall’ignoranza medica nei confronti di questa condizione. L
‘obesità di per sè non è una malattia, ma un fattore di rischio per altre malattie (cardiovascolari e tumori). E non esiste una sola obesità, ma due grandi famiglie: le obesità primarie, causate da una dieta ipercalorica e una vita sedentaria; e le obesità secondarie, causate da malattie genetiche, endocrine, neurologiche. La distinzione è fondamentale, perché mette in chiaro un punto fondamentale: non tutte le obesità dipendono dalla volontà di chi ne soffre. Dunque, non sempre un obeso è tale per “mancanza di autocontrollo” o per “ingordigia”.
Restando in campo medico, c’è anche un’altra riflessione da fare, e piuttosto inquietante. Se l’obesità aumenta il rischio di contrarre malattie gravi, noi stigmatizziamo i grassi non tanto perché siamo preoccupati della loro salute, quanto perché potrebbero diventare una zavorra economica del Sistema sanitario. Chi è obeso rischia di pesare, in avvenire, sulle finanze pubbliche perché avrà bisogno di assistenza. Come i disabili, i malati di mente, gli alcolisti e i tossicodipendenti, guardacaso anch’essi emarginati e disprezzati. In tempo di crisi del Welfare e di risorse scarse, è responsabile porsi anche questo problema.
Ma è una prospettiva scivolosa: basta poco, e si potrebbe scivolare nella tentazione di negare un aiuto a tutti gli obesi, in nome dei risparmi economici. Il che sarebbe disumano: nella Germania nazista, ricorda la filosofa Nunzia Bonifati in “Homo immortalis“, i programmi di eugenetica miravano a “rinforzare la razza” eliminando i deboli, i malriusciti e chi grava sulla collettività, pesando sui bilanci pubblici. In fondo, il consumismo moderno è sottilmente nazista: chi non produce, chi non rende, chi intralcia il fluire del mercato va emarginato. Ma la mentalità dominante è contraddittoria: viviamo in una società obesogena, che ci mette a disposizione una grande quantità di cibo e una vita sedentaria. E quella stessa società ci impone di essere snelli, efficienti, giovani: dunque stigmatizzare i grassi serve a rimuovere le nostre contraddizioni (non sono io che sono sedentario, sei tu che sei obeso!) e a esorcizzare le nostre paure di insuccesso. Senza contare – altro fattore economico – che colpevolizzare il grasso alimenta il business planetario delle diete “light”, dei dimagranti e degli interventi chirurghi estetici.

Bruegel-Cucina-grassa

Incisione di Pieter Bruegel il Vecchio: la cucina grassa (1563).

Ma il disprezzo verso i grassi ha radici molto più profonde, e non ha sempre caratterizzato il pensiero occidentale. Nelle civiltà più antiche, per esempio, la grassezza era l’archetipo della femminilità procreatrice e nutrice: basta guardare le statue delle abbondanti Veneri paleolitiche (come anche delle donne di Rubens, Botero, Fellini). I primi nemici dei grassi furono gli antichi Greci, che detestavano ogni forma di eccesso. Con i Romani e i Barbari, i valori si sono capovolti: il corpo grasso era una manifestazione di potere, di ricchezza e benessere, in un’epoca in cui il cibo non era alla portata di tutti. “Nelle regioni agrarie del Mediterraneo i contadini, dopo avere speso una vita nel tentativo vano di accumulare calorie, al momento della morte venivano vestiti per il funerale con un cuscino sulla pancia, ben nascosto sotto l’abito della festa. Perché si presentassero nell’altra vita belli grassi come dei veri signori. Essere pasciuti, ancor meglio se panciuti, era allora il segno tangibile dell’opulenza. E dunque del benessere e della bellezza“, racconta Niola.
Col Medioevo, tutto si è capovolto: il peccato di gola diventa un vizio capitale. “A essere sotto accusa non era la grassezza in sé e per sé, ma gli appetiti smodati di cui la taglia era la prova tangibile. Non ragioni estetiche ma etiche. Perché a essere in questione non è la salute del corpo ma la salvezza dell’anima”, aggiunge Niola.”Un tempo l’obesità era peccato, oggi è malattia”.
Dal Rinascimento, e fino alla rivoluzione industriale, il grasso è tornato a essere uno status symbol di ricchezza e benessere.

PerfectBody

Sopra, la campagna di “Victoria’s secret” con modelle super magre; sotto, la contro-campagna di Dear Kate.

I canoni sono cambiati anche per influsso della moda: nel 1924 lo stilista francese Jean Patou fu il primo a proporre le modelle “alte, snelle, senza fianchi e con caviglie fini”. Per esaltare un abito, infatti, un corpo snello è più adatto perché non ne modifica le forme. E questi “manichini umani” hanno ribaltato i canoni della bellezza femminile, avvicinandola pericolosamente all’anoressia. Per fortuna, questo modello estremo inizia a essere contestato. Quando l’anno scorso Victoria’s secret (produttore americano di lingerie) ha lanciato la campagna pubblicitaria “The perfect body”, con 10 modelle super magre, le reazioni non si sono fatte attendere: prima alcuni produttori di abbigliamento femminile per tutte le taglie (come Dear Kate e JD Williams) hanno proposto una contro-campagna con modelle più formose. Poi un gruppo di donne britanniche ha lanciato una petizione, accusando quella campagna di “promuovere uno standard di bellezza insalubre e irrealistico”, minando l’autostima delle donne, facendole sentire inadeguate e non attraenti. La campagna ha ricevuto 33mila adesioni e alla fine Victoria’s secret ha dovuto cambiare slogan: non più “Perfect body” ma “A body for every body”, cioè un corpo per tutti. E negli Usa è nato il movimento “Fat pride”, orgoglio grasso, impegnato nella lotta alla discriminazione basata sul peso. Sperando che alla questione sia dato… il giusto peso.

 

ULTIM’ORA

Oggi, a distanza di 5 giorni da questo post, l’università britannica UCL (University College London) ha pubblicato una ricerca scientifica sull’impatto della discriminazione nella vita delle persone grasse.
Ecco i risultati: su oltre 5 mila adulti studiati, quanti erano stati discriminati in base al loro peso hanno registrato un aumento del 70% nei sintomi di depressione, un calo del 14% nella qualità di vita e il 12% in meno di soddisfazione della vita rispetto a quanti non erano stati emarginati per il loro peso.
Ed ecco le conclusioni dello studio, guidato dall’epidemiologa Sarah Jackson. “La discriminazione può essere una causa importante di scarso benessere per le persone obese. Non ci sono leggi che vietino la discriminazione in base al peso, e questo potrebbe veicolare alla gente il messaggio che questo tipo di discriminazione sia accettabile. La discriminazione è parte del problema-obesità, e non la soluzione. Tutti, compresi i medici, dovrebbero smetterla di incolpare e far provare vergogna alle persone per il loro peso, e offrire invece un supporto o, quando necessario, un trattamento”.

uomo_grasso_copertinaUna lettrice di questo blog segnala un’ulteriore (e sottile) forma di discriminazione verso gli over size: il dilemma dell’uomo grasso. E’ un esercizio di filosofia morale che consiste nell’affrontare questo caso: “Un carrello ferroviario fuori controllo corre verso 5 uomini che sono legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e 5. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Tuttavia, un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi accanto a voi: se lo spingete facendolo cadere sui binari, la notevole stazza del suo corpo fermerà il carrello, salvando 5 vite, anche se lui morirà. Voi uccidereste l’uomo grasso?”. Insomma, uccidere un uomo grasso può essere “il minore dei mali”. E nessuno, a quanto mi risulta, ha protestato.

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