Il giornale | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 28 Oct 2024 12:13:48 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Il giornale | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 La classifica dei giornali più volgari d’Italia https://www.parolacce.org/2023/04/14/parolacce-sui-giornali/ https://www.parolacce.org/2023/04/14/parolacce-sui-giornali/#respond Fri, 14 Apr 2023 08:11:04 +0000 https://www.parolacce.org/?p=19763 Fino agli anni ’90, certe espressioni si leggevano solo sui giornali satirici, come “Cuore“, il “Vernacoliere” o “Il Male“. Ma negli ultimi anni le parolacce si sono diffuse anche su testate di altri generi: prima sui giornali politici d’opposizione, come… Continue Reading

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Prima pagina di Libero (2017): il titolo è giocato con un doppio senso volgare.

Fino agli anni ’90, certe espressioni si leggevano solo sui giornali satirici, come “Cuore“, il “Vernacoliere” o “Il Male“. Ma negli ultimi anni le parolacce si sono diffuse anche su testate di altri generi: prima sui giornali politici d’opposizione, come “La Padania“, “Il Giornale“, “Libero“. E oggi le parolacce si leggono quasi su ogni quotidiano, comprese le testate generaliste considerate più autorevoli, come il Corriere della sera, La Repubblica o Il Foglio. Eufemismi, asterischi, puntini di sospensione hanno ceduto il passo a un crudo realismo. Perché siamo arrivati fin qui? Quali sono i giornali italiani che pubblicano più parolacce nei loro articoli? E quali sono le espressioni volgari più usate?

Una società che monitora i media nazionali, Volocom, ha fatto un’interessante ricerca per rispondere a queste domande. Al netto delle imprecisioni linguistiche, lo studio – che parolacce.org ha ottenuto in versione integrale – offre interessanti spunti di riflessione. Segno dei tempi, dato che le espressioni scurrili sono sempre più usate soprattutto nella vita quotidiana, di cui – ricordiamolo – i giornali sono lo specchio. Basti ricordare che dal 2016 (governo Renzi) le ingiurie sono state depenalizzate. Un atto che ha sancito quanto il turpiloquio sia ormai considerato accettabile quasi ovunque: in una mia precedente ricerca ho scoperto che, rispetto agli anni ’90, oggi diciamo 2/3 in più di volgarità e 3 volte più spesso. Con il rischio che stiamo inflazionando il loro potere espressivo.

Il Web è più volgare della carta

Prima pagina del “Fatto quotidiano” con una parolaccia in apertura.

Per la ricerca, Volocom ha censito 38 espressioni scurrili. In ordine alfabetico sono le seguenti: bagascia, bastardo, battona, bocchino, cacasotto, cagacazzo, cagata, cazzo, cesso, checca, chiavata, coglione, cretino, culattone, deficiente, figa, frocio, imbecille, leccaculo, merda, mezzasega, mignotta, minchia, pippa, pirla, pompino, puttana, ricchione, rompipalle, scopata, sfigato, stronzata, stronzo, stupido, succhiacazzi, trombata, vaffanculo, zoccola. E’ un discreto campione, ma presenta alcuni limiti di cui parlerò più avanti. 

Nel 2022 queste 38 parole sono apparse 63.919 volte, con un aumento del 16% rispetto al 2021. Ciò significa che, sugli organi di stampa, le parolacce appaiono oltre 175 volte al giorno sulle principali testate italiane. Rispetto al 2021, il turpiloquio è aumentato del 10% sulla carta stampata e del 20% sul Web.

Un altro dato importante: le parolacce sono usate maggiormente sui giornali online (60,9%) rispetto a quelli di carta (39,1%). Per diversi motivi: innanzitutto, perché il Web è considerato un medium più colloquiale e diretto, che strizza l’occhio a un pubblico giovane e moderno (e per lo più maschile, dato che gli uomini dicono più volgarità delle donne). I giornali, per farsi leggere in un’epoca di generale sfiducia verso le istituzioni (“i giornaloni”) hanno iniziato a somigliare ai social media anche nel linguaggio informale.
Per converso, la carta stampata è considerata ancora un mezzo più autorevole o quantomeno più vincolato a regole formali.

Del resto, siamo abituati al fatto che sui social si dicono più parolacce rispetto a quante si pronunciano di persona: è l’effetto della CMC, computer mediated communication. Quando siamo nascosti da uno schermo ci sentiamo meno esposti direttamente, quindi più liberi di dire parolacce senza rischiare la faccia. 

Prima pagina de “La verità”: attacca la Annunziata per una parolaccia, ma usa una parolaccia (“balle”) in un titolo vicino (i cerchi sono miei).

Ma c’è anche un altro, e più determinante fattore che spinge a usare le parolacce: il fatto che funzionano come “acchiappa clic”. Le scurrilità fanno sempre audience, perché attirano l’attenzione, soprattutto dei navigatori in cerca di notizie piccanti. E più pubblico significa più introiti pubblicitari.

Gli analisti di Volocom sottolineano questa tendenza con un caso emblematico: «il “Corriere della Sera” nel 2022 ha pubblicato sul cartaceo 20 articoli dove compare la parola “cazzo”, mentre sul suo sito web le citazioni sono più del doppio. Stesso discorso per “Il Giornale”, che sul suo sito riporta la parola 89 volte contro le 38 dell’edizione cartacea».
In ambo i casi, comunque, gioca anche un’esigenza di realismo: oggi che siamo più abituati al linguaggio rude (presente al cinema, alla radio, in tv), possiamo permetterci di leggere una frase senza censure. Ulteriore segnale che le parolacce si stanno inflazionando. Al punto che spesso si crea un corto circuito mediatico altamente contraddittorio: la medesima testata può ospitare un editoriale perbenista sulla volgarità dilagante, e il giorno dopo sparare una scurrilità su un titolo a tutta pagina, in nome dell’audience

Le testate più sboccate: il buongiorno si vede dal… Mattino

Qual è la testata che pubblica più parolacce? Sorpresa: non è né “Libero” né “Il Giornale”, bensì “Il Mattino” edizione di Benevento: nel 2022 ne ha pubblicate 1.242, pari al 2% del totale. Spalmate su tutto l’anno, sono una media di oltre 3 al giorno.

Seguono “Il fatto quotidiano” con 560 parolacce, e a pari merito al terzo posto “Il foglio” e, per l’appunto, “Libero” entrambi con 488 espressioni. Dunque, a parte un quotidiano di cronaca, sono soprattutto le testate con un forte orientamento politico a utilizzare un linguaggio sboccato: “Il fatto quotidiano” è vicino al Movimento 5 stelle, mentre “Il foglio” e “Libero” sono più vicini al centro-destra. “La Repubblica”, vicina al centro-sinistra, con 352 espressioni manca il podio e si classifica al quarto posto. Una tendenza che avevo già rilevato in una mia precedente indagine storica. Non bisogna dimenticare infatti che – da Umberto Bossi a Beppe Grillo – i politici hanno imparato che le parolacce sono utili ad attirare l’attenzione, ad apparire più schietti e diretti.

Meno sorprese sulle testate Web: vince a mani basse “Dagospia” con 2.398 espressioni (più di 6 al giorno), seguito da Liberoquotidiano.it (616) e corriere.it (551). Dagospia, infatti, dedica molto spazio a notizie di gossip e di spettacolo, usando un linguaggio volutamente popolare e immagini piccanti. Sorprende invece la presenza sul podio di un quotidiano blasonato e conservatore come il “Corriere della sera”: sul Web non censura le espressioni più forti, probabilmente per attrarre più pubblico e apparire al passo coi tempi. Basti dire che per scurrilità nel 2022 il “Corriere” ha superato “FanPage” e ilgiornale.it, entrambi con 518 parolacce. 

Le parolacce più usate

La ricerca ha identificato, nella lista dei 38 lemmi, quali sono i più usati: i primi 10 in classifica coprono quasi il 70% delle espressioni censite.

parolaccia % sul totale testata cartacea che la usa di più testata online che la usa di più
stupido 21,5% Libero Informazione.it
merda 14% Il fatto quotidiano Dagospia
cazzo 11,6% Il fatto quotidiano Dagospia
cretino 6,6% Il foglio Informazione.it
cesso 6,5% Quotidiano del Sud (Cosenza) Informazione.it
bastardo 5,3% Corriere dell’Umbria Informazione.it
imbecille 4,3% Libero Informazione.it
puttana 4,3% La Repubblica Informazione.it
stronzo 3,1% Il fatto quotidiano Dagospia
sfigato 2,8% Il Mattino della domenica Informazione.it

Dunque, “stupido” è l’insulto più usato, in un caso su 5. Non è uno dei più pesanti: nei primi 10 posti appaiono epiteti come “puttana” e “stronzo”, che in una mia precedente indagine (il volgarometro)  sono risultate fra le parole più offensive in italiano. Significativo che siano state usate di più da due quotidiani a diffusione nazionale come La Repubblica e Il fatto quotidiano.  

Da notare che “cazzo” – la parolaccia più usata nell’italiano parlato (come avevo riscontrato in una mia recente indagine) – sui giornali risulta invece al 3° posto, superata da “stupido” e “merda”.

Sui giornali, quindi, si usano espressioni diverse rispetto al parlato: nelle prime 10 posizioni figurano espressioni che nell’italiano parlato si usano meno, come cretino (22° nel parlato), cesso (19°), bastardo (15°), imbecille (26°), puttana (20°). 

Per quanto riguarda i termini più grevi, salta all’occhio che siano stati usati da testate autorevoli: bocchino (più usato da “Il foglio”), cagacazzo (“Alto Adige”), figa (“Il fatto quotidiano”), vaffanculo (“Il fatto quotidiano”), stronzo (“Il fatto quotidiano”), coglione (“Il fatto quotidiano”), scopata (“Il fatto quotidiano”), succhiacazzi (“Il fatto quotidiano”), culattone (“La stampa”). Dunque, “Il fatto quotidiano” risulta essere il giornale cartaceo che usa il turpiloquio con maggior disinvoltura, almeno per quanto riguarda le espressioni più forti.

Da segnalare, infine, che la categoria degli insulti generici (coglione, stronzo, bastardo, imbecille, deficiente, cretino, rompipalle, stupido…) è quella più rappresentata: quasi una parolaccia su 3 rientra in questa categoria.

I contesti delle parolacce

Prima pagina de “Il Giornale” con un epiteto volgare e sessista sull’ex cancelliera Merkel.

L’analisi di Volocom non ha rilevato in quale senso siano state usate le parolacce censite: l’analisi si è limitata a censire le espressioni scurrili senza approfondire in quale contesto e in quale significato fossero usate. Un indizio sul loro uso arriva però dalla sezione dei giornali in cui sono apparse: quasi sempre sulle pagine della cultura e degli spettacoli: quelle in cui si raccontano le cronache della tv, dei libri, del cinema, tutti contesti dove le volgarità sono presenti in modo rilevante. Per raccontare la cronaca di una rissa in tv, ad esempio, si devono riferire fra virgolette gli improperi utilizzati dai protagonisti.

Fanno però eccezione gli insulti generici: appaiono di più, oltre che nelle pagine degli spettacoli, in quelle della politica. Perché come ben sappiamo i nostri politici si combattono più a suon di insulti che di argomentazioni razionali. D’altronde, come raccontavo in questo articolo, varie ricerche hanno mostrato che l’uso del turpiloquio in politica per lo più paga.

I limiti della ricerca

La ricerca, pur molto interessante, presenta alcuni limiti che è doveroso segnalare.

  1. la scelta dei lemmi scurrili: lo studio non indica con quali criteri siano stati scelti i 38 della lista. Sarebbe stato più sensato censire i termini scurrili più frequenti nell’italiano parlato (vedi qui), Ad esempio l’indagine ha trascurato termini molto utilizzati come culo,  porco, cagare (ci sono però cagata, cagasotto e cagacazzo), incazzare,  troia, fottere, figata, tette, sega, baldracca, terrone, cornuto, negroE ancor più completo sarebbe stato inserire le oltre 300 parolacce del nostro vocabolario elencate nel mio libro.
  2. la categorizzazione delle parole scurrili: è stata fatta in modo linguisticamente scorretto.  Gli analisti di Volocom hanno utilizzato un criterio etimologico, non sempre corretto, fra l’altro: ad esempio, “mezzasega” è classificato come insulto generico mentre invece è un insulto sessista. Poco senso ha scorporare in una categoria a parte le espressioni dialettali (pirla, minchia, pippa) che sono usate in realtà come insulti. E “succhiacazzi” catalogato come insulto omofobo, può essere usato anche come insulto sessista. Insomma, avrebbe avuto più senso utilizzare un criterio semantico e funzionale: le parolacce andavano catalogate a seconda del significato che avevano all’interno delle frasi. Solo così si può capire se la parola “cazzo” – dal punto di vista etimologico, un’oscenità sessuale – sia stata usata come insulto (“testa di cazzo”), come imprecazione (“Cazzo!”) o come enfasi (“Che cazzo vuoi?”). Senza dubbio questa impostazione avrebbe comportato uno sforzo di analisi ben maggiore.
  3. non è specificata la consistenza del campione: quante testate cartacee sono state censite? Quante testate online? Qual è il totale degli articoli esaminati? E il totale delle parole censite? La risposta a quest’ultima domanda sarebbe stata molto interessante perché avrebbe permesso di calcolare la frequenza d’uso delle volgarità.
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I 100 titoli di film più volgari della storia https://www.parolacce.org/2018/05/11/cinema-titoli-parolacce/ https://www.parolacce.org/2018/05/11/cinema-titoli-parolacce/#respond Fri, 11 May 2018 08:00:35 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14099 L’ultimo è uscito lo scorso autunno: si intitola “Snatched” (rapite), ma nelle sale italiane è approdato col becero titolo di “Fottute!”. Così, dato che in questi giorni c’è il Festival di Cannes, mi sono chiesto quanti fossero, nella storia del… Continue Reading

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Locandine di film col titolo volgare (clic per ingrandire).

L’ultimo è uscito lo scorso autunno: si intitola “Snatched” (rapite), ma nelle sale italiane è approdato col becero titolo di “Fottute!”. Così, dato che in questi giorni c’è il Festival di Cannes, mi sono chiesto quanti fossero, nella storia del cinema, i film con un titolo volgare.
Pensavo fossero 5 o 6 (“Vieni avanti cretino”, “Culo e camicia”, “Balle spaziali”…), ma in realtà ho scoperto che nell’ultimo secolo sono usciti 96 titoli con 22 diverse parolacce.
Diversi di questi film hanno riscosso successo al botteghino ma non sono tutti B-movies o cinepanettoni: fra i registi appaiono nomi del calibro di Mario Monicelli, Rainer Werner Fassbinder, François Truffaut, Dino Risi, Quentin Tarantino, Mel Brooks, Hayao Miyazaki. Tanto che alcune pellicole hanno vinto premi prestigiosi: “La cena dei cretini” ha conquistato 3 premi César e 2 premi Lumière; “Porco rosso” ha vinto il premio  Ishihara Yujiro e 2 Mainichi Film Concours. E “Scemo di guerra” fu presentato a Cannes nel 1985.
Dunque, quanti sono i titoli di film volgari? Quali parolacce contengono? E per quali generi cinematografici? Le sorprese sono molte: attraverso le parolacce si può fare un viaggio affascinante nella storia del cinema, dal film muto (!) a oggi.

Il metodo

Film del 1987.

Per questa ricerca linguistica, ho utilizzato Imdb (Internet movie database), il più grande database online del cinema. Ho delimitato il campo ai titoli in italiano, escludendo le pellicole porno: non per snobismo, ma perché per definizione il porno rompe i tabù, quindi non è sorprendente che lo faccia già a partire dai titoli. Che spesso sono trash, ma talvolta sono divertenti perché sono costruiti facendo la parodia di titoli seri: da “Porchaontas” a “L’albero delle zoccole” fino a “Va dove ti porta il culo”.
Ho escluso pure le (poche) pellicole girate all’estero con un titolo italiano: non è chiaro se i registi fossero consapevoli fino in fondo del significato del termine usato. I casi sono 3:  “Ciao pirla!” un documentario del musicista spagnolo Oscar D’Aniello, “Figa”, un film polacco e il francese “Bruschetta al Coglioni”.

Prima di analizzare questo lato oscuro del cinema, ecco la lista completa dei film con un titolo a tinte forti (sperando di non averne dimenticato nessuno). Eccola:

[ clicca sul + per aprire il riquadro ]

TUTTI I TITOLI VOLGARI

Titoli (e titolo originale) Anno del film, regista e genere

balle/palle

Balle spaziali (Spaceballs) 1987, Mel Brooks, commedia/avventura/fantascienza
Balle spaziali 2, la vendetta (Martians, go home) 1989, David Odell

commedia/fantascienza

Balls of fury – Palle in gioco 2007, Robert Ben Garant

commedia, avventura

Il rompiballe (L’emmerdeur) 1973, Édouard Molinaro

commedia

Il rompiballe (L’emmerdeur) 2008, Francis Veber

commedia

Il rompiballe… rompe ancora (Fantasia chez les ploucs) 1971, Gérard Pirès

commedia

Palle d’acciaio (Head office) 1985, Ken Finkleman

commedia

bastardo

Babbo bastardo (Bad Santa) 2003, Terry Zwigoff

commedia/drammatico

Babbo bastardo 2 (Bad Santa 2) 2016, Mark Waters

commedia/drammatico

Bastardi 2008, Federico Del Zoppo, Andres Alce Meldonado

thriller

Bastardi 2010, Petr Sícha

commedia/crimine/drammatico

Bastardi 2 2011, Jan Lengyel

crimine/drammatico

Bastardi 3 2012, Tomás Magnusek

crimine/drammatico

Bastardi di guerra (War Pigs) 2015, Ryan Little

azione/drammatico/guerra

Bastardi in divisa (Let’s Be Cops) 2014, Luke Greenfield

commedia/crimine

Bastardi senza gloria (Inglourious Basterds) 2009, Quentin Tarantino

avventura/drammatico/guerra

Bastardi si nasce… carogne si diventa (Oi gennaioi tou Vorra) 1970, Kostas Karagiannis

avventura/drammatico/guerra

Bastardo 2003, Néjib Belkadhi

drammatico

Bastardo 1997, Orly Ilacad

azione

Bastardo (Akutarô) 1963, Seijun Suzuki

drammatico

Bastardo dentro (Mauvais esprit) 2003, Patrick Alessandrin

commedia

Django il bastardo 1969, Sergio Garrone

western

Faccia da bastardo (One Tough Bastard) 1996, Kurt Wimmer

azione/thriller

I bastardi 1968, Duccio Tessari

crimine/drammatico

I bastardi di Pizzofalcone 2017, Carlo Carlei

crimine/drammatico

Il bastardo 1915, Emilio Graziani-Walter

drammatico

Il bastardo (Bastard) 1940, Helge Lunde, Gösta Stevens

drammatico

Il bastardo (The bastard) 1978, Lee H. Katzin

drammatico/storico

Il bastardo innocente 2012, Igor Maltagliati

azione

Il mio ragazzo è un bastardo (John Tucker Must Die) 2006, Betty Thomas

commedia/romantico

John il bastardo 1967, Armando Crispino

western

Una donna per 7 bastardi 1974, Roberto Bianchi Montero

drammatico

Una forca per un bastardo 1968, Amasi Damiani

western

becchino

Sono Sartana, il vostro becchino 1969, Giuliano Carnimeo

western

casino

Agente Smart, casino totale (Get Smart) 2008, Peter Segal

azione/avventura/commedia

E’ forte un casino! 1982, Alessandro Metz

commedia

Il casinista 1980, Pier Francesco Pingitore

commedia

cazzo

Che cazzo fai 2013, Lewie Bartone

commedia

La solita cazzata 2000, Ettore d’Alessandro

drammatico

cornuto

Il magnifico cornuto 1964, Antonio Pietrangeli

commedia

I sette magnifici cornuti 1974, Luigi Russo,

commedia

cretino

La cena dei cretini (Le dîner de cons) 1998, Francis Veber

commedia

Vieni avanti cretino 1982, Luciano Salce

commedia

culo

Culo e camicia 1981, Pasquale Festa Campanile

commedia

deficiente

Tutti gli uomini del deficiente 1999, Paolo Costella

commedia

figo

Fatti, strafatti e strafighe (Dude, Where’s My Car?) 2000, Danny Leiner

commedia/fantascienza

I fichissimi 1981, Carlo Vanzina

commedia

Pierino il fichissimo 1981, Alessandro Metz

commedia

fottere

Addio fottuti musi verdi 2017, Francesco Capaldo

azione/commedia/fantascienza

Cari fottutissimi amici 1994, Mario Monicelli

commedia

Fottute! (Snatched) 2017, Jonathan Levine

azione/commedia

idiota

I soliti idioti 2011, Enrico Lando

commedia

I 2 soliti idioti 2012, Enrico Lando

commedia

merda

Sono un soldato di merda 2004, Massimo Coppola, Giovanni Giommi, Alberto Piccinini

documentario

mortacci

Mortacci 1989, Sergio Citti

commedia

negro

Come fare l’amore con un negro senza stancarsi (Comment faire l’amour avec un nègre sans se fatiguer) 1989, Jacques W. Benoit

commedia

pirla

Ciao pirla! 2013, Ander Agudo, Josep Badell, Luis Comajuan, Oscar D’Aniello, Miquel Rubís, Carlos Sánchez-Llibre, Eloi Tomàs

documentario

porco

Porca vacca 1982, Pasquale Festa Campanile

commedia/drammatico/guerra

Porca vacca, mi hai rotto… (Steptoe and Son) 1972, Cliff Owen

commedia

Porco rosso (Kurenai no buta) maiale nudo nudo 1992, Hayao Miyazaki

animazione/avventura/commedia

puttana

Attenzione alla puttana santa (Warnung vor einer heiligen Nutte) 1971, Rainer Werner Fassbinder

commedia/drammatico

Deuce Bigalow: puttano in saldo (Deuce Bigalow: European Gigolo) 2005, Mike Bigelow

commedia

La morte puttana 2012, Denis Frison

horror

La puttana del re (La putain du roi ) 1990, Axel Corti

drammatico/storico

Puttana galera! 1976, Gianfranco Piccioli

commedia

Whore (Puttana) 1991, Ken Russell

drammatico

sbirro

Dai sbirro (Adieu poulet) 1975, Pierre Granier-Deferre

criminale/drammatico

Diane, uno sbirro in famiglia (Diane, femme flic) 2003, Marie Guilmineau

criminale

Dick Carter, lo sbirro (Koroshi) 1968, Michael Truman, Peter Yates

azione/thriller

Due sbirri a Hong Kong (Crime Lords) 1991, Wayne Crawford

azione

Ho sposato uno sbirro 2007, Giorgio Capitani

criminale

Il trucido e lo sbirro 1976, Umberto Lenzi

drammatico/criminale

Last Cop – L’ultimo sbirro (Der letzte Bulle) 2010, Sebastian Vigg

criminale

Lo sbirro, il boss e la bionda  (Mad Dog and Glory) 1993, John McNaughton

commedia/drammatico/criminale

Matzu, quello sporco onesto sbirro (Goyôkiba: Kamisori Hanzô jigoku zeme) 1973, Yasuzô Masumura

azione/drammatico

Pelle di sbirro (Sharky’s Machine) 1981, Burt Reynolds

azione/drammatico/criminale

Piedone lo sbirro 1973, Steno

commedia/azione/criminale

Poliziotti fuori – Due sbirri a piede libero (Cop Out) 2010, Kevin Smith

commedia/azione/criminale

Sangue di sbirro 1976, Alfonso Brescia

azione/criminale/drammatico

Sbirri 2009, Roberto Burchielli

azione/drammatico

Sbirri bastardi (Sweeney 2 ) 1978, Tom Clegg

azione/criminale/drammatico

Sbirri da sballo (The Thin Blue Line) 1995, Ben Elton

commedia/criminale

Sbirri oltre la vita (Dead Heat ) 1988, Mark Goldblatt

azione/commedia/horror

Sbirro, la tua legge è lenta… la mia… no! 1979, Stelvio Massi

drammatico/criminale

Una strana coppia di sbirri (Freebie and the Bean) 1974, Richard Rush

azione/commedia/criminale

Uno sbirro e una canaglia (Keaton’s Cop) 1990, Robert Burge

criminale

Uno sbirro nella notte (Killing Blue) 1988, Peter Patzak

thriller

Uno sbirro tuttofare (Metro) 1997, Thomas Carter

azione/commedia/criminale

War on Everyone – Sbirri senza regole 2016, John Michael McDonagh

azione/commedia

scemo

Mica scema la ragazza! (Une belle fille comme moi) 1972, François Truffaut

commedia/drammatico

Scemo di guerra 1985, Dino Risi

commedia

Scemo & più scemo (Dumb and Dumber ) 1994, Peter Farrelly, Bobby Farrelly  

commedia

Scemo & più scemo 2 (Dumb and Dumber To) 2014, Peter Farrelly, Bobby Farrelly  

commedia

Scemo & più scemo… iniziò così (Dumb and Dumberer: When Harry Met Lloyd ) 2003, Troy Miller

commedia

stronzo

Stronzi 2014, Mario Palladino, Nicola Palmieri

commedia

vaffanculo

Vaffanculo 2012, Nuno Filipe

drammatico

I numeri

I film con titolo volgare ordinati per decennio di uscita (clic per ingrandire).

Un centinaio di film con titoli scurrili sono tanti o pochi? Facciamo un conteggio approssimativo: negli anni ’60 e ’70 uscivano circa 700 film all’anno, che sono saliti a 3117 nel 2017. A grandi linee, negli ultimi 58 anni sono usciti 62mila film. Quelli con un titolo volgare sono quindi un’eccezione, rappresentando lo 0,4% del totale.
E sono un fenomeno abbastanza recente: tranne due eccezioni, infatti, è iniziato negli anni ’60, con un primo picco negli anni ’70, per poi diminuire e risalire dagli anni 2000: il record di titoli sboccati appartiene al decennio in corso, che – non essendo ancora finito – è destinato a segnare un record storico in questo trend.
Va comunque segnalato che il primo titolo scurrile della storia risale al 1915: è “Il bastardo” un film muto di Emilio Walter Graziani con Pietro Schiavazzi. Il secondo caso più antico è del 1940: ha lo stesso titolo, ed è la traduzione di una pellicola svedese intitolata “Bastard” (regia di Helge Lunde).
A proposito di numeri: quali sono le parolacce più usate? Stravincono bastardo (27%) e sbirro (24%), che da soli coprono la metà delle volgarità. Dunque, il film “Sbirri bastardi” (Tom Clegg, 1978) è il titolo più rappresentativo degli insulti più usati nelle locandine.
Gran parte delle scurrilità (14, il 63,6%) sono insulti, seguiti da termini osceni (4), espressioni gergali (2), termini escrementizi (1) e maledizioni (1).

Film del 1982.

Le espressioni forti (puttana, cazzo, merda, negro, stronzo, vaffanculo) sono in realtà poche, ed è facile immaginare il motivo: una parola pesante rischia di incorrere in censure e diminuisce la vendibilità di un film.

Ecco l’elenco completo:
bastardo: 26
sbirro: 23
balle: 7
puttana: 6
scemo: 5
casino, figo, fottere, porco: 3
cazzo, cornuto, cretino, idiota: 2
becchino, culo, deficiente, merda, mortacci, negro, pirla, stronzo, vaffanculo: 1

I contenuti

Che genere di film sono quelli con un titolo volgare? Gran parte sono classificati in più di un genere contemporaneamente (drammatico/azione, commedia/avventura e così via).

Film del 2003.

E’ comunque possibile stabilire quali sono i generi più diffusi: commedia (22,2%) e drammatico (14,6%). Le parolacce, infatti, servono proprio a far ridere e a esprimere le emozioni più forti, che troviamo anche nei film movimentati (azione, western, avventura, guerra, horror, thriller).

Ecco le statistiche complete:
commedia: 22,2%
drammatico: 14,6%
western, avventura, thriller: 4,2%
azione, criminale, documentario: 2,8%
guerra, horror, animazione, storico: 1,4%
romantico e fantascienza: 0,7%

Lost in translation

Poco più di un terzo dei titoli scurrili (37,5%) è frutto della fantasia di registi e produttori italiani, ma la maggioranza (62,5%) sono pellicole straniere. Dunque, la presenza di parolacce nei titoli è opera dei nostri traduttori, che – come vedremo – hanno fatto spesso scelte discutibili, inserendo un termine colloquiale, di registro basso laddove nell’originale era assente.
Come ad esempio “Fatti, strafatti e strafighe”, che in origine era “Dude, Where’s My Car?”, che letteralmente significa “Ehi, tipo, dov’è la mia auto?”. O il film “Deuce Bigalow: puttano in saldo” che nell’originale suonava “Deuce Bigalow: european gigolo”. Forse perché gigolo suona troppo raffinato, facendo perdere il lato comico o pruriginoso?

Film del 2000.

Ma le scelte incomprensibili sono tante: “Steptoe e figlio” (Steptoe and son) è diventato “Porca vacca, mi hai rotto…”. “La sottile linea azzurra” (“The thin blue line”) è stata resa in “Sbirri da sballo“, “Guerra a tutti” (“War on everyone“) è diventato “Sbirri senza regole”, “Rapite!” (“Snatched!”), come dicevo all’inizio, è stato reso in “Fottute”. “Il capo ufficio” (“head office”) è diventato “Palle d’acciaio” mentre “Fantasia fra i cialtroni” (“Fantasia chez les ploucs”) è stato trasformato in  “Il rompiballe… rompe ancora“.
E nell’elenco delle traduzioni discutibili figurano anche due pellicole d’autore: una di Truffaut, “Una bella ragazza come me” (Une belle fille comme moi), è stata tradotta in “Mica scema la ragazza”. E un cartone animato di Hayao Miyazaki “Kurenai no buta”, ovvero “Il maiale cremisi” è diventato “Porco rosso”: passare da maiale (termine neutro) a porco (termine spregiativo e volgare) non è stata una scelta felice. Da segnalare, infine, un titolo forte rimasto come nell’originale: “Whore” (che però ha come sottotitolo puttana).
Il motivo di queste scelte? Avevo già raccontato (in questo articolo) quanto sia difficile il mestiere del traduttore dei film, quando si tratta di rendere il turpiloquio. Ma in questi casi gioca per lo più un altro fattore: la tendenza alla volgarizzazione, cioè a rendere scurrile un titolo di per sè neutro. E’ una tentazione molto frequente, perché è una scorciatoia per esprimere sfumature emotive e di colore. Ma è anche un tentativo – per i distributori italiani di pellicole straniere – di attirare l’attenzione degli spettatori, usando un linguaggio popolare che accorcia le distanze: come fanno, del resto, anche i politici quando strizzano l’occhio agli elettori dicendo volgarità (“parlo come te perché sono come te”). Ma spesso, così facendo, i traduttori rischiano di tradire lo spirito della pellicola originale.
Dunque, i titoli trash sono una scelta di marketing, resa possibile anche da una generale e progressiva assuefazione alle volgarità: titoli che 30 anni fa sarebbero stati inconcepibili, oggi finiscono per essere accettati senza troppi scandali. Del resto, anche i titoli scurrili dei libri hanno un trend in crescita, per motivi analoghi. 

EUFEMISMI, DOPPI SENSI E ALLUSIONII

Film del 1973.

Se i titoli volgari sono abbastanza numerosi nella storia del cinema, i titoli che contengono eufemismi, cioè parolacce “addomesticate” (vedi il mio articolo qui) sono solo 4. La gran parte sono film italiani, l’ultimo è una traduzione (molto libera) dal francese:

  • Kakkientruppen (1977, Marino Girolami, commedia)
  • Una vacanza del cactus (1981, Mariano Laurenti, commedia)
  • Il sergente rompiglioni (1976, Giuliano Biagetti, commedia)
  • Hanno rubato le chiappe di Afrodite (1980, Philippe de Broca, commedia; il titolo originale era “On a volé la cuisse de Jupiter”, ovvero: “Hanno rubato la coscia di Giove”).


Ben più nutrita, invece, la schiera dei titoli che giocano sui doppi sensi: un modo di strizzare l’occhiolino allo spettatore senza incorrere in censure. Ecco quelli che ho trovato: appartengono quasi tutti al filone della commedia sexy all’italiana, che fece furore fra gli anni ‘70-’80: 

  • La patata bollente (1979, Steno)
  • Cornetti alla crema (1981, Sergio Martino)
  • Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio (1983, Sergio Martino)
  • La signora gioca bene a scopa? (1974, Giuliano Carnimeo)
  • L’uccello migratore (1972, Steno)
  • Elena sì ma… di Troia (1973, Alfonso Brescia)
  • Per favore non toccate le palline (1961, Richard Thorpe, titolo originale: The Honeymoon Machine)
  • Lasciami baciare la farfalla (1968, Hy Averback, titolo originale: “I Love You, Alice B. Toklas!”)
  • Uomini e donne, tutti dovrebbero venire… almeno una volta (2005, Bart Freundlich, titolo originale: “Trust the Man”)
  • Lo spaventa passere (2011, David Gordon Green, titolo originale: “The Sitter”)
  • Chiavi in mano (1996, Mariano Laurenti)
  • W la foca (1982, Nando Cicero)
  • Io vengo ogni giorno (2014, Dan Beers, titolo originale: “Premature”)

L’elenco potrebbe diventare molto più nutrito inserendo anche i titoli allusivi, evocativi: non contengono volgarità o eufemismi, ma usano situazioni e termini che stimolano l’immaginario erotico. Da “L’insegnante va in collegio” a “La moglie vergine” e a “Giovannona coscialunga”, fino all’ormai mitico ”Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda”.

A questo articolo è stata dedicata una pagina su Il Giornale ed è stato rilanciato da Dagospia.

Per approfondire:

la classifica dei film con più parolacce

i titoli di libri che contengono parolacce

le traduzioni delle parolacce nei film

le parolacce nei film di Totò

le parolacce nei film di Tarantino

le parolacce nei film candidati all’Oscar

il canale cinema e parolacce

 

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Un gestaccio di Jay Z (Shutterstock).

Pensate che il rock sia la musica più trasgressiva? Vi sbagliate: una ricerca ha accertato che è l’hip hop il genere musicale con più parolacce nelle canzoni.
La ricerca di cui sto per parlare è uno studio notevole: è il primo ad aver censito su ampia scala le parolacce nelle canzoni. Gli autori sono Varun JewalikarFederica Fragapane, e l’hanno fatta per musixmatch, uno dei più popolari database mondiali di testi musicali. Un database tutto italiano: è di Bologna.
Il campione di canzoni che hanno esaminato è sterminato: quasi mezzo milione (490.100) scritte da oltre 10mila artisti (10.386). Il risultato? Lo 0,45% di tutte le parole nelle canzoni sono parolacce: una ogni 234. Tante? No, nella media, anzi: un po’ sotto. Lo psicolinguista Timothy Jay, in una passata ricerca, ne aveva censite fra lo 0,5% e lo 0,7% sul totale delle parole dette da una persona in un giorno. Se le canzoni sono lo specchio della vita, allora sono uno specchio abbastanza realistico.

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I dati dello studio (clicca per ingrandire)

Ma come hanno scelto il campione i ricercatori? Hanno censito le canzoni in inglese, scegliendo i 51 artisti più cliccati su Google per ogni genere musicale (8: pop, hiphop, folk, heavy metal, rock, country, indie rock, elettronica). In pratica, si va da Michael Jackson a Bob Dylan, dai Pink Floyd ai Metallica, fino ai Kraftwerk ed Eminem. La popolarità, insomma, ha prevalso sull’omogeneità temporale, il che è un punto debole della ricerca: paragonare le parolacce di Snoop Dog a quelle dei Beatles ha poco senso, perché negli anni ’60 le parolacce erano decisamente più rare che nella musica di oggi.

Ed ecco la classifica dei generi musicali per uso (decrescente) di parolacce:

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Vince l’hip hop, seguito da heavy metal (anche questo era prevedibile), e musica elettronica (dato sorprendente, visto che spesso le canzoni sono solo strumentali). Il rock si classifica solo al 6°posto: non è più la musica trasgressiva di una volta. Non a caso, i giovani di oggi scelgono l’hip hop per esprimere la propria ribellione anticonformista.
E quali sono le parolacce più usate in inglese? Qui c’è un’altra sorpresa: prevale la parola “nigga” (negro), al 24%, seguita da fuck (scopare, 18%) e shit (merda, 14,5%). Se le parolacce sono lo specchio dei valori, delle paure e delle ossessioni di una società, beh: le canzoni rappresentano non solo gli intercalare più usati (fuck, shit) ma anche lo spinoso problema del razzismo, dell’emarginazione delle persone di colore. Anche se, come giustamente sottolineano gli autori della ricerca, la parola “nigga” (negro) nell’hiphop non è usata in senso offensivo, ma come termine gergale, come identità sbandierata senza complessi. Alla luce di questa precisazione, se togliamo la prola “nigga” nelle canzoni hip hop le parolacce scendono da 1 ogni 47 parole a 1 ogni 74 parole.
Nell’elenco delle parolacce, peraltro, c’è l’altro punto debole della ricerca: per stabilire quali fossero le parolacce, i ricercatori hanno attinto a un elenco scritto da Google per filtrare i contenuti in un’applicazione. Ma in questo elenco figurano anche espressioni (sex, sesso, lust, libidine) disturbanti per la sensibilità puritana degli statunitensi, ma non certo per quella di noi europei: motivo per cui li ho cassati dalla lista, e ho anche accorpato fra loro le varianti linguistiche di uno stesso termine (nigga, niggas, niggaz li ho uniti sotto nigga). Ecco i risultati così rielaborati: queste 14 parolacce, da sole, rappresentano quasi l’85% di tutte le parolacce nelle canzoni.

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Insomma, un’indagine interessante. A quando un censimento del genere per le parolacce nelle canzoni italiane? Alcuni studi li ho fatti: li trovate in queste pagine.

Di questo post ha parlato IlGiornale.

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Ma le parolacce sono di destra o di sinistra? https://www.parolacce.org/2015/04/24/parolacce-destra-sinistra/ https://www.parolacce.org/2015/04/24/parolacce-destra-sinistra/#comments Fri, 24 Apr 2015 09:50:12 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7265 La domanda può sembrare stupida, ma non lo è: le parolacce sono di destra o di sinistra? In generale, né l’una né l’altra: le parolacce, infatti, non hanno colore ideologico. Sono un linguaggio al servizio delle emozioni, a prescindere dal credo… Continue Reading

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libero1La domanda può sembrare stupida, ma non lo è: le parolacce sono di destra o di sinistra? In generale, né l’una né l’altra: le parolacce, infatti, non hanno colore ideologico. Sono un linguaggio al servizio delle emozioni, a prescindere dal credo politico. Ma non dal credo religioso: nessuna religione tollera insulti, oscenità e imprecazioni (soprattutto le bestemmie, ovviamente).
E’ altrettanto vero, però, che le parolacce hanno identificato precisi gruppi sociali e politici nel corso della storia. Nei secoli scorsi, il linguaggio volgare era considerato tipico delle classi basse: si diceva (si dice ancora oggi) “non parlare come uno scaricatore di porto”, “linguaggio da osteria” (o “da bordello”). Questo accadeva perché le classi alte (i nobili, i ricchi) miravano all’ideale della cortesia, il raffinato linguaggio di corte che rifuggiva le volgarità e l’aggressività. E’ pur vero che la cortesia può essere ipocrita, e celare un disprezzo peggiore di un insulto diretto. E proprio contro questa ipocrisia si sono scagliati molti celebri autori letterari, che hanno usato le parolacce per esprimere una vena popolare autentica, per chiamare le cose col loro nome: basti pensare ai sonetti romaneschi di Gioachino Belli.

Copertina de “L’Unità” del 1928: all’epoca era un giornale clandestino.

E così le parolacce sono diventate un linguaggio di rottura: un’arma per fare la rivoluzione, per rovesciare il potere costituito, per dire che il re è nudo. E sono diventate anche un segno distintivo, come i forconi: il linguaggio del popolo, del volgo (volgare, appunto), è diventato il linguaggio della schiettezza, dell’autenticità: di chi dice “pane al pane”. Da questo punto di vista, le parolacce sembrano essere più “di sinistra”, se per sinistra si intende uno schieramento politico progressista, socialista, radicale, riformista, mentre la destra rappresenta i conservatori, i tutori dell’ordine costituito. Semplificando: a sinistra i poveri, con un linguaggio popolare; a destra i ricchi, con un linguaggio più forbito. Ma la separazione non è così netta: ci sono poveri “di destra”, morigerati nel linguaggio; e ricchi “di sinistra”, con un linguaggio ruspante.

Me-ne-frego-cover-vcd-frontIn realtà le parolacce sono state usate, in epoche alterne, da tutti i movimenti, sia di destra che di sinistrache si sono schierati contro la cultura dominante: dai futuristi di Tommaso Marinetti, ai fascisti di Benito Mussolini (che usava un “linguaggio da caserma“, essendo un dittatore), fino alla contestazione giovanile del ’68.
Una rivoluzione, questa, che ha accomunato destra e sinistra nella lotta contro il potere costituito. E anche contro il suo linguaggio formale: dal 1968 il linguaggio informale, colloquiale (parolacce comprese) ha fatto irruzione in ogni settore, dalla letteratura al cinema, alla radio. Diventando l’emblema della contestazione giovanile, dell’abbattimento delle barriere di classe, della lotta ai formalismi e all’autorità. Ancora oggi i giovani usano il gergo e le parolacce proprio per distinguersi e prendere le distanze dagli adulti, anche nel linguaggio. 

Poi, nel 1984, il vento è cambiato: nasceva la Lega Nord ed entrava in politica Umberto Bossi. Un’entrata dirompente, anche nel linguaggio: Bossi voleva accreditarsi come forza popolare, e al tempo stesso scuotere il panorama politico per gridare a gran voce i bisogni del Nord, anche attraverso le parolacce. Diverse espressioni volgari apparivano anche negli slogan – molto diretti, verso gli avversari e verso gli immigrati – dei manifesti leghisti. In quegli anni, intanto, anche la sinistra usava le parolacce, non in politica ma nella satira: era nato “Il Vernacoliere” (1982), mensile livornese anarcoide con simpatie a sinistra; e soprattutto “Cuore” (1989-1996), settimanale satirico inserto dell’Unità. Le sue prime pagine sono passate alla storia proprio grazie alle parolacce, che in quegli anni era impossibile trovare sulle pagine dei giornali.

Il duopolio Lega-satira si è spezzato negli anni ’90, con il debutto politico di un terzo incomodo, Silvio Berlusconi: dal 1994 ha usato le parolacce sia per strizzare l’occhio al popolo (“parlo come voi perché sono come voi”: un’operazione di marketing) sia per attirare l’attenzione su di sé (e a volte per distrarre da problemi ben più spinosi), sia per attaccare, svilendoli, i propri avversari e corrodere il potere delle istituzioni (magistratura innanzitutto). Dopo lo scandalo iniziale, col passare del tempo il suo linguaggio ha contagiato tutta la destra, ma anche gli altri schieramenti. La parolaccia era stata definitivamente “sdoganata” in politica.

beppe-grillo-sulla-cover-di-rolling-stone-italia-270433Solo 13 anni dopo ha fatto irruzione nella politica italiana un quarto alfiere delle volgarità: Beppe Grillo. Che ha fatto un’operazione diversa: ha messo il linguaggio della satira al servizio della politica. E l’ha fatto con grande padronanza, grazie al suo passato di comico. Tanto che il suo esordio nelle piazze è avvenuto con uno slogan che era una parolaccia: vaffanculo (“Vaffa day”, 2007). Il vaffanculo serviva a esprimere la rabbia del “popolo” contro i politici condannati che continuavano (e continuano) a sedere in Parlamento.

Con lui, la contaminazione fra satira e politica ha raggiunto il culmine, contagiando anche i quotidiani di destra. Per la prima volta nella storia, i giornali di cronaca toglievano il doppiopetto e iniziavano a usare le parolacce nei titoli: prima “Il Giornale” diretto da Vittorio Feltri (2009-2010), e poi “Libero” di Maurizio Belpietro (dal 2009). Non solo per strizzare l’occhio al popolo, per apparire più schietti, ma anche per prendere una posizione chiara e netta. I due giornali non facevano i cerchiobottisti: dicevano in modo diretto quello che pensavano degli avversari politici.
Nello stesso anno, il 2009, nasceva – a sinistra – “Il fatto quotidiano“: anch’esso prende posizione in modo diretto, ma usa le parolacce più raramente. In tutti questi casi, comunque, si vede quanto è labile il confine fra “popolaresco” e “populista”.

A tutta questa liberalizzazione delle parolacce, però, hanno contribuito non solo i politici, ma anche (e molto) un altro fattore, ancora più influente: la televisione. Essendo a caccia di audience, le tv davano sempre meno spazio alle noiose tribune politiche, in favore dei talk show con risse fra politici.
I politici hanno iniziato a usare un linguaggio volgare non solo per avere più visibilità, per attirare l’attenzione, ma anche per avere una comunicazione veloce ed efficace. In tv, infatti, non c’è tempo per lunghe argomentazioni. Bisogna andare dritti al sodo. E cosa c’è di meglio delle parolacce, che sono “giudizi abbreviati”, sentenze per direttissima e senza appello, per liquidare un avversario in pochi secondi?

Dunque, se oggi viviamo in un’epoca di inflazione delle parolacce, lo dobbiamo al movimento del 1968, ai politici e alla tv. E per i corsi e ricorsi della storia, negli ultimi 25 anni si sono ribaltati i ruoli: la sinistra si è imborghesita, è andata al potere, e mantiene un profilo tendenzialmente “pulito” (potremmo dire “fighetto”) nel linguaggio. La destra, invece, assume i panni dell’oppositore barricadero e rivoluzionario, che parla “pane al pane” e quindi dice le parolacce. Oggi, insomma, le parolacce sono più “di destra”. Ma i confini sono labili: le parolacce riemergono – sia a destra che a sinistra – quando occorre essere brevi, incisivi e “popolari”. I nostri politici, insomma, usano le parolacce per farsi percepire come schietti, diretti e rivoluzionari. Ma non si accorgono che, così facendo, perdono prestigio e somigliano sempre più a una caricatura degli adolescenti, come ha osservato il comico Saverio Raimondo (vedi video qui sotto): “Montecitorio, quartiere malfamato, culla italiana dell’hip hop. Gronda violenza e turpiloquio,e i politici esprimono questo degrado. Il Parlamento punto di ritrovo dell’underground italiano, e i politici si sfidano nelle gare di freestyle”…

Ho parlato di questo argomento nella puntata di “Max e Monica” su Radio Montecarlo il 28 gennaio 2016. Potete ascoltare l’intervento cliccando sul player qui sotto.

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giornale

Prima pagina del “Giornale” con uno sberleffo alla Merkel.

Il fallo da dietro è da espulsione“: a volte i titoli dei giornali possono essere strepitosi. Se poi, oltre ai doppi sensi, contengono parolacce, il mix diventa esplosivo.
Non mi riferisco tanto agli strilli di Libero o del Giornale, che usano di proposito le volgarità per strizzare l’occhio al pubblico con un linguaggio informale.
Le vere perle memorabili sono quelle che appaiono sui quotidiani per incidenti, sviste e – talvolta – per calcolata malizia. Fare i titoli è un’arte che mescola sintesi, efficacia e creatività espressiva: alcuni sono intuizioni fulminanti che si incollano nella mente. Ma a volte la fretta e la confusione delle redazioni giocano brutti scherzi. E così un titolo ambiguo o sbagliato rischia di trasformare in farse anche fatti drammatici.
Gli svarioni dei giornali sono citati in molti siti Internet. Qui non mi sono limitato a raccoglierli: li ho verificati tutti, scartando quelli non documentati.
Ecco perché in questa pagina non troverete 4 storie che girano su Internet:

  1. il celebre “Falegname impazzito, tira una sega a un passante“: solitamente attribuito al Corriere della sera, non esiste negli archivi del Corriere. Dunque, fino a prova contraria è una battuta inventata.
  2. Idem per “Tromba marina per un quarto d’ora“, attribuito al Corriere del mezzogiorno: dell’originale non si trova traccia.
  3. Invece il divertente episodio della caccia alla prostituta che evirava i clienti a morsi, è il frutto della fantasia di un giornale satirico, La tampa (supplemento di TorinoCronaca), che aveva ribattezzato la donna “Unapomper“: geniale gioco di parole con Unabomber.
  4. E pure “Benzina, stop alla figa in Slovenia” che qualche sito dice essere apparso sul Gazzettino, è in realtà un fotomontaggio: nell’originale c’era scritto fuga.

Quelli che seguono, invece, sono 19 strafalcioni Doc, tutti verificati e realmente accaduti, pubblicati negli ultimi 30 anni (dal più recente al meno recente). Se ne conoscete altri (documentati!) segnalateli, e aggiornerò questa pagina.

INCULATI

Inculati 436 Covid (Il Gazzettino, 27 ottobre 2024)

L’Usl di Treviso organizza un open day per vaccinare la popolazione. E tiene aperte le proprie sedi di sabato per somministrare i vaccini contro il Covid e l’influenza stagionale. All’appuntamento rispondono in centinaia, tanto che il Gazzettino dedica un articolo all’iniziativa. Ma un refuso dà un altro sapore alla notizia: “Inoculati 436 Covid” perde una vocale e diventa “inculati”. L’errore viene stampato, e rimane a imperitura memoria per i posteri: quei vaccini si somministrano in modo davvero strano… La versione online nel frattempo è stata corretta.  

CAGAME

Kagame in testa (ANSA, 15 luglio 2024)

Certe vittorie sono davvero schiaccianti.  Alle ultime elezioni presidenziali in Ruanda, il presidente uscente Paul Kagame (al potere dal 2000) ha ottenuto oltre il 99% dei voti: un plebiscito, un risultato bulgaro, un trionfo elettorale…No, di più: l’Ansa ha titolato: “Kagame in testa col 99,15% dei voti alle preidenziali in Runada”. Un titolo che si prestava a una lettura equivoca, che ha suscitato l’ilarità sul Web: “I suoi elettori potranno dire ‘Kagame in faccia’ a chi non l’ha votato”, hanno scritto nei commenti. E anche: “Al ballottaggio con Kittese Ngula”. Quando si è accorta della gaffe, l’Ansa ha corretto il titolo del lancio in “Kagame verso un plebiscito”. Ma ormai la frittata, pardon: la cagata era stata fatta.

FIGA

Trapani, evaso tenta la figa (IL GIORNALE D’ITALIA, 9 ottobre 2023)

La storia, di per sé, non è particolarmente emozionante: un uomo di 29 anni, agli arresti domiciliari, viene intercettato da una gazzella dei Carabinieri, prova a fuggire ma viene arrestato. Ma un refuso – probabilmente dell’agenzia AdnKronos – cambia una vocale e la vicenda assume tutto un altro significato: l’evaso tenta la…. figa. L’errore, presente nella stringa dell’indirizzo Internet, viene riprodotto anche nel titolo, e cade in errore non solo “Il giornale d’Italia“, ma anche i siti AffariItaliani, il Dubbio e Sannio Portale. Non proprio una figata….

 

SEGA

segaIl braccio destro del papa
fa visita ai fedeli di Sega (L’ARENA, 31 agosto 2016)

Sembra una delle trovate di “Lercio”, il giornale satirico. E invece il titolo è proprio vero: è uscito il 31 agosto sull’Arena, quotidiano di Verona.
Ma il titolista non s’è accorto del doppio senso, ancora più imbarazzante visto il tema religioso? Su Twitter, un tale Roberto ha commentato: “Speriamo che Sega non faccia visita al braccio destro…”.
La notizia, però, è seria: l’articolo parla di monsignor Marcello Semeraro, “strettissimo collaboratore del pontefice”, che farà visita alla comunità parrocchiale di Sega, frazione realmente esistente di Cavaion Veronese (ne avevo parlato in questo articolo dedicato alle città col nome imbarazzante).
Il giorno prima, a onor del vero, lo stesso giornale aveva annunciato in un altro articolo questa visita con un titolo meno efficace: “Il secondo del papa a Cavaion”…

GAZZO

Il Gazzo si rialza e tiene duro fino alla fine (GIORNALE DI VICENZA, 28 novembre 2016)

In provincia di Padova c’è il Gazzo calcio: gioca in terza categoria, girone A. Prende il nome dall’omonimo paese in provincia di Padova. Il buffo nome deriva dal longobardo gahagium (terreno recintato)  ma l’assonanza con l’organo sessuale maschile è piuttosto evidente. Così i giochi di parole si sprecano: l’apparentemente neutro “squadra del Gazzo” può risultare offensivo. Il titolo in questione racconta la vittoria del Gazzo 1-0 nel derby contro il Grantorto. Il titolo risulta involontariamente comico, non sappiamo se intenzionalmente o per incidente. I commenti alla notizia sono altrettanto creativi: «Quando tiene duro, il Gazzo riesce ad essere ficcante fino a trovare il pertugio giusto per andare a segno…. Grazie al Gazzo!».

PASSERA

Passera Belpaese - AdnkronosLa passera d’Italia simbolo del Belpaese, a stabilirlo l’osservatorio sugli uccelli (ADNKRONOS, 18 maggio 2015).

E chi altri poteva stabilirlo, se no? La perla è recente, ed è un lancio di AdnKronos. Una notizia ornitologica che acquista un senso erotico. Dato l’argomento, il titolista non aveva molte alternative… o no?  

SEGA

segaLa riproduzione asessuata del pesce sega (ANSA, giugno 2015).

E ti pareva che il pesce sega non facesse tutto da solo…. La prossima scoperta sarà che è diventato cieco? Straordinario titolo dell’Ansa: quando si è resa conto del doppio senso l’ha corretto (peccato!), come si può vedere qui

BOCCHINI

CalcioMercatoUfficiale: Bocchini in panchina per la stagione 2013/2014 (CALCIOMERCATO.COM, 17 luglio 2013)

Con queste premesse, molti giocatori preferiranno rimanere come riserve e non scendere in campo…. Povero Riccardo Bocchini, allenatore del Martina Franca, squadra che milita nella Lega Pro Seconda Divisione, la vecchia Serie C2. Qui l’originale. 

 

PASSERA

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Alcoa: Passera, tenerla aperta costa (ANSA, 4 settembre 2012)

Il titolista si riferiva all’Alcoa, una multinazionale americana che produce alluminio (nel 2012 si prospettava la chiusura dello stabilimento di Portovesme, in Sardegna). Ma la frase, letta dopo i due punti, assume tutt’altro significato. Con buona pace di Passera (inteso come ex ministro, Corrado Passera). La gaffe, riportata da vari giornali, è stata cocente, tanto che l’Ansa ha poi cambiato il titolo alla notizia (ma non al link su Internet). 

SCOPA

CorVEnetoSfigura la moglie con una padella e la scopa (CORRIERE DEL VENETO, 29 ottobre 2012)

Se i titoli sono sintetici, le locandine (i poster che promuovono i giornali nelle edicole) sono ancora peggio: lo spazio a disposizione per strillare le notizie è ancora più limitato, visti i caratteri cubitali che si utilizzano.
In questo caso, la frase scritta sulla locandina del Corriere del Veneto assume un senso diverso a seconda che l’ultima parola sia letta come un sostantivo o come un verbo… E così una notizia drammatica si trasforma in una farsa. 

FIGA

figa_conversano2 Conversano: tre morti per una figa di gas (LA VOCE, 8 giugno 2012)

Cos’è successo nella redazione della Voce di Romagna quel giorno? Nessuno si è accorto dello svarione, e così la notizia della tragica esplosione di una palazzina a Conversano (Bari) è diventata una gaffe clamorosa. Su un titolo a 5 colonne.

POMPA

MessaggeroBenza2Caccia alla pompa low cost (IL MESSAGGERO, 4 gennaio 2012)

L’aumento dei prezzi delle benzina, insieme all’apertura dei saldi, lo shopping natalizio e il grande esodo estivo, sono i grandi tormentoni dei giornali quando le notizie vere scarseggiano. Qui il titolista, per brevità, ha condensato il concetto che i marchigiani vanno in Abruzzo a fare rifornimento di benzina, perché lì costa meno. Meno male che non ha sbagliato a scrivere “La grande fuga” nell’occhiello. La pagina qui (a pag. 16). 

BOCCHINO

Cattura2Bocchino amaro per la Carfagna (AFFARITALIANI.IT, 28 marzo 2011)

Difficile credere alla tesi dell’incidente: questo titolo è volutamente malizioso. Parlare di una storia di corna fra l’ex soubrette Mara Carfagna e il politico Italo Bocchino (sposato con un’altra donna) è stata una tentazione irresistibile per il titolista. Se qualcuno l’avesse denunciato, sarebbero anche cavoli amari. Qui la fonte. 

UCCELLO

ptdc0147Il Cavaliere salva il suo uccello preferito (IL GIORNALE, 7 gennaio 2011)

Cosa può accadere quando un quotidiano che strizza l’occhio al linguaggio popolare affida un articolo a Vittorio Sgarbi? Il mix è esplosivo, e il risultato è evidente.  L’articolo, volutamente malizioso, parla davvero di volatili: 80 colibrì che stavano per essere sfrattati dal Parco di Miramare a Trieste. Berlusconi si è preso a cuore il loro destino, perché nella sua villa di Antigua cantano dall’alba al tramonto.
Per raccontare la notizia, Sgarbi non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare una battuta a doppio senso, come recita l’incipit dell’articolo (che nella versione Web, però, ha un titolo più castigato): “Volevo parlare dell’uccello di Berlusconi. Non vorrei che qualcuno equivocasse alla luce delle vicende che hanno privilegiato dell’uccello l’aspetto metaforico ma, non avendo di quello nessuna nozione se non intuitiva, voglio proprio riferirmi a quello che, con mia sorpresa, si è rivelato l’uccello preferito del presidente del Consiglio”. 

KAKA'

liberofranceschinikaka Povero Franceschini – Non gli resta che Kakà (LIBERO, 5 giugno 2009)

L’articolo afferma che il Pd, per guadagnare voti, spera nella protesta dei tifosi contro Berlusconi per la vendita del campione milanista, Ricardo Izecson dos Santos Leite, detto Kakà: un soprannome che, accostato al nome di Dario Franeschini, all’epoca segretario del Pd, è stato una tentazione irresistibile per i titolisti di Libero. Che così, senza troppi giri di parole, l’hanno mandato a Kakà. 

 

FINOCCHIO

Ortolano violentato da un “finocchio” (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO, 23 marzo 2007)

Il titolo è impreciso: in realtà, non di violenza carnale si tratta, bensì di molestia o, al massimo, di tentata violenza. Ma questo ha poca influenza sull’infelice gioco di parole scelto dal titolista di questo articolo: un omosessuale che tenta di abusare il titolare di un negozio di ortofrutta. Insomma, un “finocchio” che violenta un ortolano. Nemmeno il “Vernacoliere” sarebbe arrivato a tanto.

 

CAZZONE

Pozzi Qui manca la dida perché quel cazzone di Pozzi non mi ha ancora mandato la copia della foto (IL GIORNO, 23 dicembre 1997)

Questo scivolone l’ho visto da vicino: è nato nella redazione del Giorno dove all’epoca lavoravo. Il lavoro in una redazione è fatto di momenti frenetici e di tempi morti: questi ultimi, spesso, devastanti. Basti dire che il capolavoro di Dino Buzzati, “Il deserto dei tartari“, è nato durante la monotona routine dei turni di notte al Corriere della sera… In uno di questi momenti, una pagina dedicata ai presepi (Natale era vicino) era quasi terminata: c’erano tutti i testi, ma il fotoreporter di turno, Pozzi, non aveva ancora inviato la foto del presepio vivente di Agliate. Così una redattrice, in un momento di noia e di goliardia, aveva inserito quel finto testo nella didascalia (cliccare sull’immagine per ingrandirla). Solo che quando la foto è arrivata, a tarda ora, la collega si è dimenticata di scrivere la didascalia vera. Risultato: la frase dissacrante è uscita in tutte le edicole della Lombardia. Il caso fece scalpore: la giornalista fu sospesa alcuni giorni dal servizio, che finì alla berlina anche su “Striscia la Notizia”. Senza contare la comprensibile incazzatura di Pozzi, finito suo malgrado alla berlina.  

BOCCHINI

AbolizioneBocchini: l’abolizione sarebbe un disastro (CORRIERE DELLA SERA, 14 giugno 1997)

Il “disastro” di cui parla l’articolo sarebbe l’abolizione del ministero dell’Agricoltura: ma il cognome di Augusto Bocchini, capo di Confagricoltura, dà alla frase tutt’altro senso…

POMPINI

pompini-a-raffica-Il LavoroGE2Pompini a raffica. Sammargheritese kappao (IL LAVORO, Genova, maggio 1990)

Il titolo è passato alla storia, sconfinando nel mito. Ma è vero: si riferisce a una goleada del Fiorenzuola che sconfisse la Sammargheritese 3 a 0, con una doppietta di Stefano Pompini, formidabile bomber anni ’90. “Egoista, devastante, opportunista, un rapace del gol quasi infallibile”, lo ricorda un sito dedicato al Fiorenzuola. Tanto da entusiasmare il titolista del giornale, che preso dal tifo sportivo ha confezionato una perla da antologia.  

 

 

Grazie all’amico e collega Marco Basileo per alcune delle segnalazioni.

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