istruzioni | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Sun, 19 Apr 2020 14:41:47 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png istruzioni | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Dare dell’idiota è reato? Guida pratica sugli insulti e la legge https://www.parolacce.org/2018/04/24/come-fare-su-insulti-e-denunce/ https://www.parolacce.org/2018/04/24/come-fare-su-insulti-e-denunce/#comments Mon, 23 Apr 2018 22:05:22 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14042 «Ho scritto che in quel ristorante si mangia malissimo, che cosa rischio?». «Se mi chiamano “uomo da niente” posso denunciare?». «Si può dare del “razzista” a qualcuno?». Questo è solo un piccolo assaggio dei quesiti che mi sono arrivati da… Continue Reading

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I giudici valutano l’offensività di un insulto (montaggio foto Shutterstock).

«Ho scritto che in quel ristorante si mangia malissimo, che cosa rischio?».
«Se mi chiamano “uomo da niente” posso denunciare?».
«Si può dare del “razzista” a qualcuno?».
Questo è solo un piccolo assaggio dei quesiti che mi sono arrivati da quando ho scritto un articolo  sulla riforma del reato di ingiuria. In poco più di 2 anni, quell’articolo è diventato uno dei più letti di questo blog. Il che è sorprendente: questo non è un sito giuridico, ma di linguistica.
Ma la sorpresa più grande è stata un’altra: pur avendo ribadito a chiare lettere che non sono un avvocato né un giurista, più di 320 lettori di tutta Italia mi hanno scritto per chiedermi un parere sugli insulti, fatti o ricevuti, su Facebook, Whatsapp, Twitter, ma anche in condominio, in ufficio, in famiglia o al bar.
Erano tutti quesiti accorati: esprimono emozioni forti (angoscia, risentimento, offesa, umiliazione, imbarazzo) che non possono lasciare indifferenti. E, soprattutto, possono portare le persone in tribunale: le leggi puniscono con multe salate e perfino col carcere chi offende con l’arma della parola. Ma a volte le sentenze vanno contro le aspettative, condannando parole apparentemente inoffensive e tollerando espressioni anche forti.
Dunque, quando conviene denunciare un insulto? Come si fa? Cosa rischia chi ne scrive uno su Facebook o Whatsapp?  

Questo genere di domande mi sono arrivate a ritmo incalzante, raccontando frammenti di vita vissuta: il maggior numero di richieste sono arrivate da persone preoccupate di essersi lasciate sfuggire un insulto. Così mi sono informato per cercare di dare risposte plausibili.
In questo post ho deciso di riassumere i 14 casi più frequenti, radunandoli in un prontuario con la formula domande e risposte. Insomma, le FAQ… sul fuck.
Spero che vi siano utili, e ricordate il consiglio dei consigli: gli insulti scritti su sms, email, Whatsapp, Facebook, chat, Tripadvisor restano per sempre, e possono essere usati contro di voi. Quindi, fate sempre attenzione a cosa scrivete!!

[ clicca sul + per aprire le risposte ]

La legge punisce sempre le parolacce?

Anche gli insulti virtuali feriscono (foto Shutterstock).

No. Ci sono diverse eccezioni:

  1. quando gli insulti sono reciproci: in tal caso i giudici tendono a dar torto ad ambo le parti che si sono insultate
  2. se gli insulti sono la reazione a un torto subìto, ma a due condizioni: che si reagisca subito, a caldo (non il giorno dopo), e se si può dimostrare di aver davvero subìto un torto
  3. quando si impreca, cioè si esplode con espressioni di rabbia o dolore che non sono indirizzate a una persona particolare (“e che cazzo!”, “porca troia!” e simili). Fanno eccezione le bestemmie e le offese contro i defunti: entrambi i comportamenti sono puniti con una sanzione pecuniaria, cioè un’ammenda (da 51 a 309 euro)
  4. quando si dicono parolacce per goliardia, per far ridere: ad esempio, uno spettacolo con canzoni volgari (ma solo se dal vivo; in tv lo si può fare solo fuori dalle fasce orarie protette).

 Tutte le parolacce sono offensive/perseguibili?

Non è detto. Diversi insulti lo sono (stronzo, testa di cazzo), ma alcuni (come rompicoglioni, ad esempio) non sono stati sanzionati dai tribunali.
E’ importante ricordare che i giudici, per valutare l’offensività di una parola, non si limitano a esaminare la parola in quanto tale, ma danno un peso anche al contesto in cui viene detta: per quale motivo e con quale intenzione è stata detta quella parola (con astio, livore, aggressività, ironia…)? In quale ambiente (a casa, per strada, al bar, su Facebook)? Davanti a quali e quante persone? A chi (un’autorità, un superiore, un sottoposto, un vicino di casa…)? Ciascuno di questi elementi può appesantire ma anche alleggerire lo stesso insulto: a volte si può dire “va a cagare” anche con ironia o affetto.

Si può offendere anche senza dire parolacce?

Sì. Dare del “maleducato”, o del “ladro”, sono offese che i giudici hanno condannato in diverse sentenze. Anche se non sono parolacce. Ciò che conta è il contenuto offensivo di una frase: ovvero, se si sminuisce una persona nella sua interezza o in un comportamento grave, che pregiudica pesantemente l’immagine di una persona.

Le offese sui social (Facebook, Twitter, Whatsapp, Tripadvisor, Youtube) sono più gravi rispetto a quelle dette di persona?

Sì, perché di solito i giudici considerano gli insulti sui social una forma di diffamazione, che prevede pene più pesanti rispetto all’ingiuria pronunciata di persona (che ora non è più un illecito penale ma solo civile: si procede solo su denuncia dell’interessato, che va fatta presso un giudice di pace o un tribunale civile).

E’ sempre giusto denunciare chi ti ha insultato?

I diverbi per il traffico accendono passioni forti (foto Shutterstock).

In teoria sì, ma non sempre è opportuno o ne vale la pena. Bisogna soppesare diversi fattori:

  1. di soldi: fare causa implica rivolgersi a un legale, e questo comporta spese che bisogna mettere in conto di sostenere. E se chi vi ha offeso è nullatenente, in caso di condanna non pagherebbe nulla.
  2. di tempo: prima di arrivare a una sentenza possono passare 1-2 anni. E spesso il tempo guarisce le ferite delle offese.
  3. prove: avete prove solide (documenti, registrazioni, testimoni) per dimostrare che avete subìto un torto? Potete dimostrare anche che avete subìto un danno?
  4. di opportunità: vale davvero la pena denunciare chi vi ha offeso? Se rischiate di peggiorare il clima di ostilità, no. La denuncia in tribunale è una carta pesante, da giocare quando non ce ne sono di migliori: se vivete in un condominio, avete prima tentato di risolvere i litigi rivolgendovi all’amministratore? Se i dissidi nascono a scuola o in ambiente di lavoro, avete raccontato tutto al preside/al direttore? A volte un intervento dall’alto può sbloccare una situazione. Come, a volte, funziona anche ignorare un insulto: una persona fastidiosa, se vede che i suoi insulti non hanno effetto, dopo un po’ smette di offendere. Come dice il proverbio, “raglio d’asino non arriva in cielo”. Sui social è molto semplice: basta cancellare una persona fastidiosa dalla propria rubrica.

Tutte le critiche sono perseguibili?

No: bisogna sempre distinguere le critiche dagli insulti. La critica è un diritto che abbiamo tutti: la nostra Costituzione garantisce la libertà di espressione, comprese le critiche. La critica è un giudizio negativo nei confronti di un comportamento specifico. In pratica, siamo liberi di criticare, a due condizioni: che argomentiamo la nostra critica (cioè spieghiamo i motivi per cui critichiamo), e che ci limitiamo a disapprovare un singolo comportamento e non una persona nella sua interezza. Per esempio, la frase “sei proprio uno stronzo per non essere venuto alla festa” non è stata ritenuta offensiva da una sentenza.
I giudici usano il termine “continenza”. In pratica: posso dire (a patto di provarlo o argomentarlo) che “hai fatto una cazzata”, ma non che “sei un cazzone”.

C’è un termine entro cui va fatta una denuncia per ingiuria o diffamazione?

Sì: la denuncia per diffamazione va presentata al massimo entro 3 mesi dall’offesa. Una causa per ingiuria invece si può fare entro 5 anni dall’offesa.

Si può denunciare una persona di cui si conosce solo il soprannome (nickname) su Facebook?

Sì, ma occorre rivolgersi alla Polizia postale per risalire alla sua vera identità. Il procedimento è lungo e non è sempre facile.

Si può offendere liberamente un personaggio pubblico?

Gli insulti reciproci possono annullarsi a vicenda (montaggio foto Shutterstock).

No. La legge impone il rispetto per tutti, che siano persone qualunque o celebrità. Le celebrità hanno qualche tutela in meno solo nella loro privacy, essendo, per loro stessa scelta, personaggi pubblici.
Il discorso cambia, invece, per i politici. Dire “falso”, “bugiardo”, finanche “buffone”, a un politico potrebbe non essere reato, ma solo se i fatti a lui contestati sono veri (o comunque appaiono tali o sono molto opinabili). Le critiche anche molto aspre sono tollerate. Sono invece sempre punibili le espressioni gratuite, ovvero quelle inutilmente volgari o umilianti o dileggianti: le offese che infangano una persona nella sua totalità. Ad esempio, si può dire a un politico che “ha fatto qualcosa di vergognoso”, ma non che lui è vergognoso.
Diverso è, invece, usare l’appellativo “ladro”: questo termine, infatti, implica una colpevolezza per un fatto specifico. Se non si hanno le prove per affermarlo, o se non c’è una sentenza definitiva in merito, questo appellativo deve ritenersi diffamatorio.

Quanti tipi di insulto esistono per la legge?

Le critiche, anche aspre, sono consentite. Ma a patto di non umiliare l’altra persona (foto Shutterstock).

Possiamo dividerli in 4 grandi categorie a seconda se si è stati insultati di persona (ingiuria) o no (diffamazione), e se il destinatario dell’insulto è un’autorità. E’ importante sapere in quale categoria rientra un reato, perché le pene cambiano molto.

  1. ingiuria: quando si dice un insulto direttamente alla persona, anche di fronte a testimoni (o anche al telefono, via email o in una chat a tu per tu). Si rischiano: sanzioni fino a 8-12mila €, ma non dal giudice penale, solo come ulteriore pena nel caso di condanna dal giudice civile.
  2. diffamazione: quando si insulta una persona assente davanti almeno a 2 testimoni. Questo vale anche su Facebook, Twitter o i gruppi di Whatsapp. Si rischiano: multe fino a 2065 € e reclusione fino a 3 anni
  3. oltraggio: se si insulta un pubblico ufficiale (poliziotto, carabiniere, vigile, impiegato comunale, controllore, insegnante, giudice in udienza…).  Si rischiano: multe fino a 6.000 € e reclusione fino a 5 anni.
  4. vilipendio: se si insulta il presidente della Repubblica (ma anche la bandiera, la Repubblica, la Nazione, le tombe). Pene: reclusione fino a 5 anni.

In quali circostanze i giudici sono meno severi nel giudicare gli insulti?

I giudici sono più tolleranti verso gli insulti in 4 situazioni: i diverbi fra tifosi negli stadi; i litigi fra automobilisti; le discussioni fra politici e sindacalisti; le liti di condominioSport, traffico, casa e politica, infatti, accendono passioni molto forti.

Se qualcuno mi insulta davanti a un poliziotto, vigile o carabiniere, quest’ultimo è obbligato a denunciarlo?

No: se si tratta di ingiuria, cioè di un insulto a una persona presente, la legge oggi prevede un’azione legale solo su querela di parte. In pratica, se la persona offesa non fa causa (attraverso un legale, non in caserma), non succede nulla.

Davanti a quante persone dire un insulto diventa diffamazione?

Si diffama qualcuno quando lo si offende in sua assenza: parlando male di lui/lei davanti ad altri. Che devono essere almeno 2. La diffamazione può avvenire non solo nei luoghi pubblici (bar, ristoranti, strada, etc) ma anche negli spazi virtuali: quando si insulta qualcuno su Facebook, Youtube, gruppi Whatsapp, Tripadvisor, i Tribunali considerano questa offesa una diffamazione. Anche se il destinatario dell’insulto risulta in quel momento “connesso” a Internet.

Da quale età una persona può essere denunciata per insulti (ingiuria  diffamazione, oltraggio, vilipendio, ecc.)?

Dai 14 anni in su. I minori di 14 anni, infatti, non sono perseguibili dalla legge.

 

Altre risorse sul tema leggi e parolacce (clicca per andare al link):

cosa dicono le sentenze

 • si possono dire parolacce al lavoro?

 diffamazione

 come difendersi dagli insulti su Facebook e gli altri social network

toh, l’ingiuria non è più reato

 oltraggio a pubblico ufficiale

 vilipendio

• e molti altri argomenti nel canale leggi e sentenze

 Ringrazio l’avvocato cassazionista Giuseppe d’Alessandro per la revisione.

SU RADIO RAI1

Ho parlato di questo e di altri temi legati al turpiloquio durante un lungo intervento notturno alla trasmissione “Domani in edicola” su Radio Rai1 condotta da Stefano Mensurati.
Clicca qui sotto per ascoltare l’audio (il mio intervento inizia dal minuto 10:50).
(PS: più volte il conduttore parla del mio libro dicendo che è pubblicato da Rizzoli. Vero, ma ora l’unica versione acquistabile la trovate in formato ebook , pubblicata con StreetLib).

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Bambini e parolacce: istruzioni per l’uso https://www.parolacce.org/2017/06/27/bambini-e-parolacce-che-fare/ https://www.parolacce.org/2017/06/27/bambini-e-parolacce-che-fare/#comments Tue, 27 Jun 2017 10:00:01 +0000 https://www.parolacce.org/?p=12489 Come comportarsi quando un bambino dice una parolaccia? Meglio sgridarlo, punirlo o far finta di niente? Si possono prevenire le volgarità nei più piccoli, e come? Inutile negarlo: fra genitori e insegnanti, il turpiloquio scatena notevoli ansie. Soprattutto quando è… Continue Reading

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I bambini imparano le parolacce per imitazione. Ma spesso non ne conoscono il reale significato (Shutterstock).

Come comportarsi quando un bambino dice una parolaccia? Meglio sgridarlo, punirlo o far finta di niente? Si possono prevenire le volgarità nei più piccoli, e come?
Inutile negarlo: fra genitori e insegnanti, il turpiloquio scatena notevoli ansie. Soprattutto quando è usato come forma di violenza, per esempio nei casi di bullismo, o quando riguarda il sesso: come spiegare perché non si può dire frocio, sega o troia? Dire troppe parolacce disturberà lo sviluppo emotivo dei bambini, rendendoli violenti, insensibili o perversi? Sentire un linguaggio sboccato è un trauma per la loro delicata sensibilità?
Qui risponderò a tutte queste domande. Lo faccio ora perché proprio in questi giorni è uscito, su Focus Junior, il primo articolo in cui spiego, direttamente ai bambini, che cosa sono le parolacce, perché dirle (e non dirle) e quali sono i loro effetti.
Da questo sito, invece, mi rivolgo agli educatori, per indicare una strategia efficace e con basi scientifiche per affrontare le parolacce nei piccoli, sfatando alcuni miti infondati. Primo fra tutti, che le parolacce facciano sempre male ai bambini.

Il mio articolo sulle parolacce e la copertina di Focus Junior (clic per ingrandire).

Quest’ultima affermazione è sbagliata, e basta riflettere un istante per accorgersene: si basa infatti su una generalizzazione, ovvero che le parolacce siano tutte uguali. Niente di più sbagliato: è come dire che lo sport è rischioso, ma nel concetto di “sport” rientrano non solo la boxe o il base jumping (salto nel vuoto da palazzi, ponti o da pareti rocciose con il paracadute), ma anche le bocce, il ping pong o il golf, che non hanno lo stesso livello di rischio dei precedenti.
Anche le parolacce sono una categoria generica, nella quale rientrano le espressioni più diverse: insulti (imbecille!), oscenità (sega), maledizioni (vaffanculo), imprecazioni (porca troia), scatologia (merda)… Sono locuzioni con contenuti ed effetti molto diversi, e non tutti dannosi. Senza contare che, come tutte le altre parole, anche le parolacce possono essere pronunciate con diverse intenzioni comunicative: per sfogarsi, per scherzare, per ferire

Parolacce diverse, effetti diversi

Vediamo allora che cosa dicono le ricerche in merito agli effetti dei diversi tipi di scurrilità (per chi vuole approfondire e consultare direttamente le fonti, rimando all’ampia trattazione sul mio libro).

  • insulti e maledizioni: i maltrattamenti verbali hanno sempre effetti negativi sui bambini. I minori che vengono insultati (da adulti o da coetanei) provano rabbia, imbarazzo, depressione, emarginazione. E possono diventare verbalmente violenti a loro volta. E’ il caso del bullismo, una forma di violenza verbale.
  • I bambini sono spesso crudeli: infieriscono su chi è debole e diverso (Shutterstock).

    scatologia: parlare di cacca e affini non fa danni. Anzi: secondo molti educatori (compreso Gianni Rodari, come raccontavo qui)  può essere persino benefico, perché aiuta i bambini a sdrammatizzare e sfogare le ansie sul controllo delle funzioni corporee (lo spettro di “farsela addosso”).

  • imprecazioni: non c’è alcuna prova che ascoltare un adulto che impreca generi traumi in un bambino. L’unico rischio (certo) è che anche lui, nei momenti di rabbia, imiti il linguaggio degli adulti.
  • oscenità: molti genitori credono che i loro discorsi sul sesso determineranno le abitudini sessuali dei figli, perciò pensano che possa turbarli sapere troppi dettagli (omosessualità, sesso orale, masturbazione), e sono preoccupati di come i termini sessuali detti dai figli saranno giudicati fuori dalla famiglia. Perciò, per evitare ogni rischio, eliminando i problemi alla radice, i termini sessuali vengono censurati, punto e stop. In realtà questo è un modo miope di relazionarsi: innanzitutto perché – lo sappiamo dai tempi di Freud – anche i bambini piccoli hanno impulsi sessuali, anche se non ne sono consapevoli. Alcuni studiosi affermano, anzi, che è più dannosa la censura, perché “produce effetti nocivi sull’immaginazione e sulla maturazione psicologica”, afferma Marjorie Heins, giurista, autrice del saggio “Not in front of children”. In sostanza, scrive Heins, nessuno ha mai dimostrato che l’esposizione a espressioni oscene abbia conseguenze traumatiche sui minori. A patto, però, che siano spiegate dagli adulti, come racconterò più avanti.

Intenzioni e inflazione

Campagna antibullismo del Comune di Montevarchi.

In generale, comunque, le parolacce in sè non fanno né bene né male: dipende da come vengono usate, ovvero dall’intenzione comunicativa (e anche dal contesto, come vedremo). Perciò bisogna distinguere:
– se le volgarità sono dette per offendere e svilire un bambino, avranno effetti negativi;
– se sono dette per sfogarsi non avranno effetti negativi (a parte l’imitazione: il bambino comincerà a usarle per sfogarsi, come facciamo noi);
– se sono usate per un riso liberatorio (come nell’umorismo escrementizio) possono avere effetti positivi;
– se sono dette per parlare di sesso, dipende: all’interno di una corretta educazione sessuale, sono ininfluenti; diversamente, rischiano di dare una prospettiva parziale o distorta dell’erotismo.
E, in generale, comunque, l’abuso di parolacce fa correre ai bambini lo stesso rischio che abbiamo noi adulti: l’inflazione.
Quando una parola, anche forte, viene ripetuta continuamente, in ogni circostanza, perde il suo potere espressivo perché ne diventiamo assuefatti (e un po’ sta accadendo a molte parolacce, come raccontavo qui).

LE 8 REGOLE DA SEGUIRE
Come limitare le parolacce? In questo articolo avevo già raccontato la scarsa efficacia delle punizioni: in realtà, l’intervento sulle parolacce non è così semplice, perché, come abbiamo visto, queste espressioni sono una famiglia molto ricca e variegata. Per affrontare le parolacce nel giusto modo, occorre quindi un approccio su più livelli: bisogna saper educare alle parolacce!
Queste regole sono diventate la tesi di laurea (titolo: “Io lo dico alla maestra!”) appena discussa da una docente svizzera, Sabrina Chiesa, studente dell’Alta Scuola Pedagogica dei Grigioni a Coira. Le racconto qui, con alcune integrazioni.
1) CREARE UN CLIMA DI FIDUCIA E DI RISPETTO (in classe o in famiglia): è la condizione principale per rapportarsi ai bambini in modo costruttivo. I bambini devono sapere che possono parlare di tutto con serenità
2) DARE IL BUON ESEMPIO: un adulto che predica bene (“Non dite parolacce, siate rispettosi!”) e alla prima occasione, per esempio quando guida, si mette a imprecare come un camallo, perde credibilità perché non è coerente. Il buon esempio viene sempre dall’alto.
3) LODARE IL BUON LINGUAGGIO: questa strategia dà molti più frutti rispetto alle punizioni verso chi usa un’espressione volgare.
4) NON DARE TROPPO PESO A UNA PAROLACCIA, se è detta con lo scopo di attirare l’attenzione. Se il bambino si accorge che dicendo parolacce riceve attenzioni (fossero anche rimproveri) tenderà a usarle spesso come strumento di richiamo.

La strategia per affrontare le parolacce: clic per ingrandire (foto Shutterstock).

5) RIFLETTERE INSIEME SUL SIGNIFICATO E LE FUNZIONI DELLE PAROLACCEquando un bambino dice una parolaccia (e lo fa sempre “per sentito dire”), invece di punirlo è importante prima di tutto verificare se ne conosce davvero il significato. E distinguere: un insulto (stronzo) è diverso da un’imprecazione (cazzo!). Con un insulto si può ferire un’altra persona, quindi non va mai detto; mentre un’imprecazione non è rivolta a nessuno perché è uno sfogo.
Su alcune espressioni, per esempio quelle escrementizie, si può anche precisare quando si può dire ( in famiglia o fra amici, ma mai a scuola). Che lo vogliate o no, la conoscenza delle parolacce fa parte della competenza linguistica, ovvero dell’abilità a capire e parlare una lingua in modo corretto. E’ importante saper dire “Posso andare in bagno” ma anche capire cosa intende qualcuno quando ti dice che “Sei un cesso”. Certo, questa strategia diventa più impegnativa quando si tratta di espressioni oscene: spiegarne il significato in modo neutro e pacato comporta spendere più tempo rispetto a proibirle e basta. E presuppone, soprattutto, che l’adulto stesso sia sereno di fronte ad alcuni temi, il che non è scontato.
6) ESPRIMERE LE EMOZIONI: se un bambino dice una volgarità, è importante far emergere per quale motivo l’ha detta. Questo può aiutarlo a esprimere le sue emozioni facendogli prendere coscienza dei sentimenti in gioco. Per vincere il bullismo, ad esempio, più che punire o proibire gli insulti, è molto più efficace far parlare chi ne è vittima: questo porta i “carnefici” a rendersi conto che le loro offese possono far male nel profondo a un’altra persona. Il bullismo si può battere solo con l’empatia, come mostra la storia di Ivan, 12enne preso in giro dai coetanei perché non ama il calcio e ha la voce acuta. Come racconta la sua insegnante a “Repubblica”, “quando ha finito di leggere il tema in cui raccontava i suoi anni di bambino umiliato e respinto, i suoi compagni gli hanno fatto un applauso”.
7) ABITUARE A CHIEDERE SCUSA: se un bambino ha detto un insulto con l’intenzione di offendere, bisogna abituarlo a chiedere scusa, come farebbe se desse un pugno a un compagno.
8) INSEGNARE PAROLE ALTERNATIVE: le funzioni delle parolacce (esprimere rabbia, disappunto, disgusto, gioco, sorpresa….) sono importanti e non si possono eliminare. Perché privarli delle valvole di sfogo, che peraltro noi usiamo? Dunque, è utile insegnare ai bambini delle parole depotenziate (ovvero gli eufemismi, di cui ho parlato qui) per esprimere le loro emozioni: porca paletta (invece di porca puttana), salame (e non coglione), caspita (al posto di cazzo) possono aiutare i bambini a sfogarsi senza far male ad altri o infrangere le regole sociali.
Insomma, come dice la Heins, la vita è come una piscina: può essere pericolosa per i bambini. “Per proteggerli, si possono mettere sbarre e allarmi. Ma la cosa più efficace è insegnar loro a nuotare”. 

Ho parlato di questo argomento su Radio Cusano Campus.
Potete ascoltare l’audio cliccando il player qui sotto:

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