lessico osceno | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Thu, 14 Nov 2024 22:51:08 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png lessico osceno | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Da anghilla a zinforgna: i nomi del sesso nei dialetti https://www.parolacce.org/2024/11/11/termini-dialettali-per-i-genitali/ https://www.parolacce.org/2024/11/11/termini-dialettali-per-i-genitali/#comments Mon, 11 Nov 2024 09:15:15 +0000 https://www.parolacce.org/?p=21039 Alcuni hanno superato i confini provinciali e regionali, diventando celebri in tutta Italia, come topa o mazza. Altri, invece, sono rimasti ancorati ai loro luoghi d’origine, come il siciliano nicchiu (vulva) o il piemontese puvrun (pene). I termini dialettali che… Continue Reading

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Antonio Albanese nei panni di Cetto La Qualunque, politicante che promette più “pilu” (vulva) per tutti.

Alcuni hanno superato i confini provinciali e regionali, diventando celebri in tutta Italia, come topa o mazza. Altri, invece, sono rimasti ancorati ai loro luoghi d’origine, come il siciliano nicchiu (vulva) o il piemontese puvrun (pene). I termini dialettali che designano gli organi genitali sono un universo in buona parte inesplorato. Perché è così ampio e complesso da dare le vertigini. Lo dico  con cognizione di causa, perché ho compilato il primo studio ragionato di queste espressioni in tutti i dialetti italiani. Ho trovato 565 termini, e il conteggio è parziale, dato che molti dialetti non hanno una grande documentazione sul Web.

In un precedente studio avevo scoperto che in italiano i sinonimi degli organi sessuali sono più di 1.300 (1.339). Questa ricerca sui dialetti spiega il perché: il nostro lessico osceno è tanto ricco perché è alimentato dai dialetti. Sono in tutto una trentina, senza contare le lingue non romanze come gli idiomi albanesi, germanici, greci, slavi, romanì. Dunque, la lunga storia di dominazioni straniere e feudi che hanno frammentato l’Italia ha fatto sì che il nostro patrimonio linguistico sia fra i più ricchi e vari d’Europa.

Questo studio, come tutte le primizie, nasce pieno di imperfezioni e lacune perché le informazioni sui dialetti sono disomogenee e frammentarie: chiedo ai lettori di segnalare nei commenti le voci mancanti o inesatte (grazie!).

Un linguaggio emotivo (anche nei saluti)

Copertina del giornale satirico livornese “Il Vernacoliere”.

E’ un viaggio difficile ma affascinante, perché i dialetti hanno una grande ricchezza espressiva. Basti ricordare i celebri sonetti che il poeta romanesco Gioachino Belli (1832) dedicò ai sinonimi dialettali del pene (“Er padre de li santi”) e della vulva (“La madre de le sante”). Come diceva Andrea Camilleri (lo ricordavo in questo articolo), il dialetto esprime l’essenza, la natura profonda delle cose, ed è linguaggio emotivo per eccellenza essendo per lo più orale e a diffusione familiare.
Basta scorrere, più sotto, la lista delle espressioni per il pene e la vulva. Da notare un fatto curioso: in diversi dialetti, i generi dei sessi sono invertiti. Ovvero, il sesso maschile è indicato con una parola di genere femminile (bighe, minchia, ciolla, pillona, mazza, marra, cella) e quello femminile da parole di genere maschile (cunnu, sticchiu, piccione, palummu, pilu). Non c’è una motivazione particolare dietro questo: si tratta di convenzioni arbitrarie (lo raccontavo in questo articolo), ma resta un fatto degno di nota.

Meme sul saluto friulano che significa “Come sta il pene?” (Average Furlan Guy).

E in questo mondo, in buona parte ancora inesplorato nella sua interezza, ci sono espressioni davvero straordinarie. In friulano, per dire “Come va?” “Abbastanza bene”, si usano queste espressioni: “Cemût le bighe?” “Cjalde ma flape”, ovvero, letteralmente: “Come sta l’uccello?” “Caldo ma moscio”. Eccezionale. Ha l’aria d’essere un modo di dire antico, ma non ho trovato una documentazione storica al riguardo.
In compenso, c’è questo ironico video-corso di friulano qui sotto, che spiega come pronunciare correttamente l’espressione (ma senza rivelarne il significato letterale):

Nella goliardica pagina Facebook di Average Furlan Guy, c’è una chat che mostra alcune risposte alternative alla domanda “Cemût le bighe?”. Eccole: “drete e mai strache” (dritte e mai stanche). Oppure “Iè dure vele flape ma iè plui dure vele dure e no savè dulà metile!” (E’ dura averlo floscio, ma è più dura averlo duro e non saper dove metterlo!”).

DIALETTI, LINGUE E SISTEMI

I più ricchi: sardo, veneto e napoletano

La focacceria “Bischero” a Ginevra.

Ho trovato in tutto 565 termini (ho conteggiato come uno tutte le varianti di uno stesso lemma). Quelli che si riferiscono alla vulva sono risultati più numerosi (304, 53,8%), rispetto a quelli per il pene (261, 46,2%). Un dato di segno opposto rispetto a quanto avevo riscontrato in italiano: nella nostra lingua prevalgono infatti i termini che si riferiscono alla sfera sessuale maschile (744 contro i 595 per la vulva). In ambo i casi, uno scenario che ritengo frutto del caso: la ricchezza semantica di una lingua dipende da fattori letterari, sociali, politici che variano nel tempo e nei luoghi.
In base a quanto ho riscontrato, i dialetti meridionali risultano più ricchi delle altre aree, soprattutto per il sesso femminile: il 43,5% dei lemmi proviene da dialetti del Sud, seguito da quelli settentrionali (36,1%). Ma questi risultati vanno presi con le pinze: la quantità di lemmi che ho esaminato, seppur ragguardevole, non è la totalità di quelli esistenti. Perché ho consultato solo i dizionari e le raccolte linguistiche presenti sul Web: per censire in modo completo tutti i termini dialettali osceni, avrei dovuto consultare anche i dizionari cartacei. Ma la ricerca sarebbe durata mesi se non anni.

Questo può spiegare perché il sardo risulta il dialetto con il maggior numero di lemmi: 96. Il dizionario sardo online (trovate le fonti in fondo all’articolo) è uno dei più completi, e in più il sardo è una lingua molto ricca perché presenta 5 varianti fondamentali (nuorese, gallurese, sassarese, logudorese, campidanese). Dopo il sardo segue il veneto (50 lemmi), il napoletano (48), l’emiliano-romagnolo (40), il calabrese (35), il piemontese e il pugliese (33).

Questi risultati (al netto dei limiti di cui parlo in uno dei riquadri finali) sono abbastanza sovrapponibili  al numero di lemmi censiti nei principali dizionari dialettali: il sardo è il più ricco (120mila lemmi), seguito da napoletano (80mila), siciliano e piemontese (50mila),  veneto e friulano (40mila), calabrese e milanese (30mila), bolognese e pugliese (20mila).

Le radici: latino, ma anche greco e spagnolo

Ristorante “La gnocca” alle Canarie (Gran Canaria).

Nei termini dialettali che si riferiscono agli organi sessuali si vede un’interessante stratificazione linguistica: dal latino mentula derivano il siciliano minchia, il salentino menchia, il sardo minca; e dal latino cunnus derivano il pugliese cianno/ciunno, il lucano ciunn, il calabro e il siciliano cunnu. In diverse regioni l’antico termine latino “natura” designa il sesso femminile. Notevole il termine purchiacca (diffuso in Campania, Basilicata e Molise) che arriva direttamente dal greco: pyr (fuoco) + koliòs (fodero), fodero infuocato.

Dell’antico termine toscano “potta” (vulva), molto usato nella letteratura passata, è rimasta traccia solo nel bergamasco (pota).

Diversi i termini importati da lingue straniere: il piemontese baghëttë (pene) arriva dal francese baguette, il pugliese pica/pinga (pene) dallo spagnolo pinga (con lo stesso significato), il meridionale ciolla può derivare dallo spagnolo chulla (braciola, pene). E gli esempi potrebbero continuare.
L’area di diffusione di questi termini anatomici sessuali è rimasta per lo più limitata ai territori d’origine: difficile che un friulano conosca il significato di “ciolla” o che un sardo sappia cos’è la pipa in umbro. Tuttavia alcuni termini dialettali si sono diffusi in tutta Italia: per il pene, i toscani bischero e fava, i romaneschi ceppa e mazza, il siciliano minchia. Per la vulva, il veneto mona, l’emiliano patacca/patonza e gnocca, il toscano topa, il romanesco fregna e sorca, il napoletano fessa. Il motivo? Per lo più il cinema e la tv: diversi attori hanno reso popolari i termini dialettali (pensiamo a Tomas Milian e Carlo Verdone per il romanesco, solo per fare qualche nome). Senza dimenticare il celebre sketch di Roberto Benigni, che ha citato i nomi dialettali dei genitali quando fu ospite nel 1991 di Raffaella Carrà a “Fantastico”: un numero che è passato alla storia della tv.

I nomi del pene…

In questa mappa, i termini più usati in ogni Regione. In alcuni casi la scelta dei termini inseriti nella mappa è il risultato di una forzatura, perché in alcune regioni le parole cambiano molto da provincia a provincia: in questi casi ho scelto il termine più usato nel capoluogo della Regione.

Qui sotto una tabella statistica riassuntiva.

Regione Lemmi
Val d’Aosta 2
Piemonte 11
Liguria 17
Lombardia 19
Trentino Alto Adige 2
Veneto 27
Friuli Venezia Giulia 4
Emilia Romagna 18 Nord

100

Toscana 10
Umbria 10
Marche 5
Lazio 9
Abruzzo 10
Molise 5 Centro

49

Campania 18
Puglia 7
Basilicata 1
Calabria 20
Sicilia 10
Sardegna 56 Sud

112

Totale 261

La birra siciliana “Minchia”.

I lemmi che designano il pene, come del resto in italiano, attingono a metafore descrittive di vari tipi. Fra le più salienti, quelle di cibi (frutta e verdura: bananna, fava, tega, codeghin, pizza), di attrezzi o oggetti (arnes, cannello, manego, mazza, manubrio, pindolo, pipo, nerchia, manico, batocchie, sperru, attretzu, ferramenta), di animali (bissa, salmon, pesce, sardela, bissa, usel, canarin) e anche di persone (mastrantoni, frat’ma Giorg).
Qui sotto la lista dei termini suddivisi per regione (in grassetto quelli usati prevalentemente nella regione o nel suo capoluogo). Quando possibile ho cercato di ricostruire l’etimologia dei termini più usati.

VAL D'AOSTA

membrou [ dal latino membrum, organo, parte del corpo ] 

subiet

PIEMONTE

picio [ da piccolo, bambino ]

baghëttë, bidulu (Vercelli), biga (Cesana), bilò (Alessandria), ciula, intré, penetré, pénis, puvrun, vèrzhä/vérzhë (Salbertrand)

LIGURIA

 belin/belan [ da “bello”, inteso come giocattolo]

anghilla, bananna, bega, canäio, cannello, cannetta, carottua, casso, cicciollo, ciolla, manego, manubrio, mostaciollo, pigneu, pinfao,  pistolla

LOMBARDIA

bìgol/bigul/bigolo [dal greco-latino bombyx ‘verme’ passando per il diminutivo *bombiculus ‘vermicello’ ‘piccolo verme ] usèl/osel

arnes, belen/belinon (Cremona),  bigatt, bilì (Brescia), birlu, bissa, blin (Mantova), bora, ciula, liben, manübri, manach/manech, mestér (Bergamo), nèstula/nestila (Stazzona/Valtellina), picio, pirla [ ha lo stesso etimo di birillo], pistola  

TRENTINO ALTO ADIGE

bigol

pindolo

VENETO

tega indica il guscio o baccello di fagioli, piselli e fave oseo/oselo (uccello)

barbastreio [ pipistrello],batocio, bega/ begolina/ baolina, beline (Verona), bicio, bigolo, bissa/bisso [biscia], brocia, canarin, canna, cicio, cuco, coa/coda (Belluno), codeghin, manego, merlo, mugoloto, pampano/pimpanoto (Verona), pindol (Belluno), renga (Verona), salado, salmon, sardela, ton, versor

FRIULI VENEZIA GIULIA

bighe/bigul

bimbin (Trieste), cicinut, penis, vet

EMILIA ROMAGNA

üsél (uccello)

barandël (romagnolo), batöć (romagnolo), bĕscar (romagnolo), bligo, birèl/birello, bìgul, bilèn (Parma) / blèin (Reggio Emilia)/ blin (Mirandola)/bilìn (Modena), blig/blëg (romagnolo), càpar (romagnolo), caz, mãnfar (romagnolo), mĕmbar (romagnolo), óca; pisarél, pistulén [di  bambino],  sćifulöt (romangolo), ṣvarẓèl (romagnolo)

TOSCANA

bischero [ legnetto affusolato per tirare le corde degli strumenti musicali o per tappare l’otre], fava

billo, cinci, creapopoli, dami, fava (Garfagnana), lilli/lillo, manfano, pirolo (Siena)

UMBRIA

pipo [da pipa, cannello, oggetto affusolato; o da pipino, piccolo pene]

biscione, cazzo, cello, fava, mitulo, nerchia, picchio, pistello/pistolo, ucello

MARCHE

cazzu

pipin, pistulin, tanganello, uccellu

LAZIO

cazzo, ceppa [pezzo di legno cilindrico], mazza [grosso bastone]

cicio, manico, nerchia [bastone nodoso], pennarolo, pirolo, uscello 

ABRUZZO

 cazzu/cuazze, cella [da uccello]

battocchie, ciufello, ciula, mazz/mazze, nerchije, picc/picch/picco, sterdàzz, vàrr/varre

MOLISE

cazz

margiale, mazza, pica, pizza [ blocco di pasta da infilare nel forno ]

CAMPANIA

cazz

ass ‘e bastone/’e mazz, babbà, battaglio/vattaglio (Avellino), capitone, cicella, cìqquë, cumpàgne mije (“il mio amico”), mazzarello, fratiello, fravaglio, fravolo, ‘ngrì /’ngrillo, maccarone, mazza, pepe (Avellino), pesce, saciccio / sauciccio [ salsiccia]

PUGLIA

ciola [deriva da ciull (bambino, fanciullo) o dallo spagnolo chulla, braciola (a indicare il pene)]

acid/acidduzz/ciddone (Foggia, Andria: derivati da aciddu, uccello),  cicilla, ciucce, fratema (Salento), pica (Salento)/pinga (Trani e Foggia), pizza (Taranto), smargiale (Salento)

BASILICATA

cazz/quazz

CALABRIA

ciolla (Reggio Calabria e Ragusa), marra (zappa)

bacara, battagliùn, cioncia (Crotone); cagnu (Amantea)/cagnolu (Catanzaro); cazzu, frat’ma Giorg’ [“mio fratello Giorgio”], lerpa, mazza, menchia (Salento), micciu [asino/stoppino della candela], nervu, piciollu, pizza (Reggio Calabria); pilloscia, piscia/piasciareddra, sperru [coltellaccio], spoderu (Reggio Calabria: pesce), vronca

SICILIA

minchia/mincia (dalla radice del latino mingere, urinare; o da menta, per la somiglianza tra l’antera del fiore della menta con il glande) , ciolla/ciota

acidduzza/cidduzza [uccellino] bagara, cedda,  ciaramedda/ciaramita, cicia, marruggio, piciolla, zonna (Modica)

SARDEGNA

catzu/gazzu, minca/mincia/mincra (Sassari)/mincra (Nuoro),  pillolla/pillona/pilloni (Cagliari)

algumentu, arma , arreiga, arretranga, attretzu , baddonu , bicchiriola/ bicchirilloi, billella, bodale, bollulla , cedda , chicchia/ chicchiriola , cibudda, cozona , ddodda, dorriminzola, dòrrola, epperi, ferramenta, ghignu, grunilla, leonzedda, longu, maccacca , mastrantoni , mazzolu , minninna , mindrònguru , misèria/ miseresa, moricajola/muricajola/muricadorja, murena, niedda, paldal (Alghero), penderitzone/penducu/penduleu, picca/picchiriola, pilledda, piógliura, piola, pìscia/pisciadore/pissetta/piscitta/pissitta/pissittu , pitranca,  pitza/pizona, pippia, piscitta, puzone/a, secacresche, sira/tzira/ tzirogna, tirile/zirile, trastu, trìsina, tuppajola, tùtturu/tuttureddu, vicu, zubbu

…E i nomi della vulva

In questa mappa, i termini più usati in ogni Regione. In alcuni casi la scelta dei termini inseriti nella mappa è il risultato di una forzatura, perché in alcune regioni le parole cambiano molto da provincia a provincia: in questi casi ho scelto il termine più usato nel capoluogo della Regione.

Qui sotto una tabella statistica riassuntiva.

Regione Lemmi
Val d’Aosta 3
Piemonte 22
Liguria 5
Lombardia 12
Trentino Alto Adige 11
Veneto 23
Friuli Venezia Giulia 6
Emilia Romagna 22 Nord 104
Toscana 15
Umbria 10
Marche 11
Lazio 10
Abruzzo 13
Molise 7 Centro

66

Campania 30
Basilicata 11
Puglia 26
Calabria 15
Sicilia 12
Sardegna 40 Sud

134

Totale 304

La birra pugliese “Ciunna” (vulva).

I lemmi che designano la vulva utilizzano spesso metafore descrittive che alludono al pelo (barbisa, boschetto, pilu, vello), o alla cavità (buso, canestro, fessa, partù, spacchiu) o al fiore (petalussa). Altre metafore attingono a cibi (brogna, cozza, michetta, fidec, fritula, patata, piricoccu, carcioffola, castagna), oggetti (marmitta, chitara, mandola, campana, tabbacchera), animali (passera, fagiana, folpa, cicala, topa, piccione, paparedda, micia) e persone (bernarda, filepa, franzesca).
Qui sotto la lista dei termini suddivisi per regione (in grassetto quelli usati prevalentemente nella regione o nel suo capoluogo). Quando possibile ho cercato di ricostruire l’etimologia dei termini più usati.

VAL D'AOSTA

 nateua/nateurra/nateuvva/naturë

borna [buco], tchergna [vedi ciorgna in PIemonte]

PIEMONTE

ciornia/ciorgna [origine incerta: da ciamporgna, zampogna o da “ciorgn”, sordo: la forma della vagina ricorda un orecchio che non ascolta]

baoumë (caverna, in senso spregiativo), bigioia, bignola, bornä, bregna/brigna (prugna), canà, chatbornhë (Savoulx), cŗo [buco], daŗbounhérë [cunicolo della talpa]), equis, fiaounë (Fenils), figuë (Ramats), fizolla, marmitta, natuřä (Salbertrand), neira, nonnë (Oulx), partû [buco], picioca, tampë, veŗgonhë (Amazas)

LIGURIA

mussa/mossa [può derivare dal latino mus, topo (mouse, per il pelo), o da “muscolo” (cozza, per l’aspetto). Secondo alcuni deriva da mozzo (buco per la ruota) o da mussare, fare schiuma]

 ghersa/goèrsa/guersa, michetta, petalussa, tacca, vagìnn-a

LOMBARDIA

barbisa [da barba], brugna/brogna [prugna]

bartagna, bernarda,, crenna, fidec [fegato] (Bergamo), figa, fritula, fuinera, lurba, passera, pota  [da “potta”, a sua volta dal francese “lippot”, labbro sporgente] (Bergamo e Brescia), sbarzifula, zinforgna (Sondrio)

TRENTINO ALTO ADIGE

barbigia (da barba)

bernarda, bortola, chitara, ciorciola, fritula [frittella], marugola, natura, sbanzega, scham, scheide

VENETO

mona [da monna, madonna nel senso di donna, o dall’arabo maimun, scimmia, perché ricoperta di peli]

ànara, bagigia/basisa, bareta, bernarda, bigarela, boschetto, buso/busolina, canestro, cantina, cicciota, ciocca,coca,  fagiana, farsora [padella per friggere], fiora, folpa [femmina del polipo], fritola [frittella], natura, pataracia, mandola, pegnata, pipa, pisota, pondra, sepa, sermollina, sissoea, sgnacchera, tenca, tringoeo, zergnapola [pipistrello]

FRIULI VENEZIA GIULIA

mona, frice [dal latino fricare, sfregare]

farsora [padella], fritola, panole, parussule

EMILIA ROMAGNA

patacca/patonza [nel senso di macchia], gnocca [per la somiglianza nell’aspetto]

bagaja, balusa,barnêrda, basagna, brugna, chitara, figa, filĕpa, franzĕsca, frĕgna, natura, obinna, parpaja, patafiocca, pavajòta , pisaia,  prögna, sfessa, tegia, vaggiuola

TOSCANA

 topa [per la somiglianza con i peli pubici]

bricia, budello,campana, cicala, cilla (Siena), fi’a, lallera, micia, mimma, mozza, pacianca (Pisa), passera, pettera, sgnacchera

UMBRIA

pipa [come femminile di pipo]

castagna, cicala, fica, fregna, passera, pisella, picchia, sorca, topa 

MARCHE

fregna

 castagna, cicciabaffa, ciuetta (Ascoli Piceno), cocchia, fessa, mozza, natura, passara/pasarina, pontecana, topa

LAZIO

fregna [dal latino  fricare ‘fottere’, con -gn- dovuto alla sovrapposizione di frangĕre ‘rompere; o da fringilla, fringuella], sorca [da sorcio, topo]

 bbuscia, cella, cicciabaffina, ciciotta, ciocia, ciomma, ciscia, sorega

ABRUZZO

fregna

boffa, ciuccia, ciuetta, ciufella, cocca,  fregna, mozza (Teramo), patàne, picina/piciocche, tolfa, tope, vello

MOLISE

picchiacc (vedi pucchiacca)

cocchina (Isernia), curciu, fess, panocchie, patata, piccione

CAMPANIA


fessa [da fessura, spaccatura], purchiacca/pucchiacca [dalle parole greche pyr (fuoco) + koliòs (fodero) unite ad un suffisso degradativo -acca, da cui pyrcliacca -> purchiacca -> pucchiacca. Il termine significherebbe letteralmente “fodero infuocato”; oppure dal latino “pucchia”, fonte dove sorge acqua; o ancora, da un’erba spontanea, l’evera pucchiacchella (portulaca) che cresce poco alta sul terreno ricordando i peli pubici]

bbuatta [scatola di latta], braciola, caccavella [pentola], carcioffola, cardogna, cecca, cestunia [tartaruga], ciaccara, ciora/fiora, ciucia, ciòcca, cozzeca [cozza],  mocle, nocca [fiocco], patana, pepaina, pertuso [buco], pescia, pesecchia, pettenessa, piciòcchëlë/pisciocca/pisciotta, pummaròla, sarcenella/sarchiella, scarola, sciùscia, sporta, sterea, tabbacchera

BASILICATA

fissa, ciunnn [dal latino cunnus, cuneo, matrice]

ciola, natura, perdesca, piccione, pishcu/puscio, puliejo, purchiacca, sartacena, tabbacchera

PUGLIA

piccione, palummu [per la somiglianza del monte di Venere con il petto del piccione]

caccone, chichì, cianno/ciunne/ciunna/cunnu, ciota, cozza, cuniglia, curcio/curciu (Salento), fregne,  ndacca (Bari), nerciu,  pattale, pelosa, pertuso, pescia, pinca/ pinga, ptek, picu (Salento), pisciacchio/pisciacco, pitacco, pittinale, ruccu, sciorgio/sorgie, spaccaccia, sticchi

CALABRIA

pilu, ‘mboffa/’mmoffa

bovatta, ciota/ciotu (Cirò),cuniglia, cunnu, fissa, grubba, nicchio/nnicchiu, parpagnu, pennu, picionnu, pitaci, spacchiu, sticchiu

SICILIA

sticchiu/sticcio [dal latino osticulum, diminuitivo di ostium (porta):  “piccola porta” o “piccola bocca”, oppure dal greco astegos, nudo; o da stìchos, riga; o ancora come derivato da fisticchiu, pistacchio, per la forma simile]

ciaccazza, ciciu, cucchia, cunnu, faddacca, nicchio, obarra, pacchio, paparedda, picicio, pilu, sarda

SARDEGNA

cunnu/ciunno, mussi/mutza

attettu, bette/bettu, boddo/ boddoddu/budhúdhu , broddo, bullulla, burba/bulva/burva/vurba/vurva/ulva/urba/urva, busuddu, còccoro , cuperre, festu, fica/figa, giosi, intragnu, leppereddu (leprotto), matzoneppa ,miseria,  natura, niccu, nusca, pacciócciu , peddùnculu , pilarda/ pillittu/pilosu, pilicarju/ pulicarja,  piricoccu , pisciaioru, piscittu, porposeo , proso/prosu, pudda, pùliga/ pulicarja ,santu, sessu/sestu,  topi, tzunnu,ubra, ulla, udda, zimbranti

I LIMITI DELLO STUDIO

Ringrazio i numerosi amici “fiancheggiatori” che mi hanno aiutato a rintracciare/verificare diverse voci dialettali: Marco Basileo, Irene Bertozzi, Luca Brocca,  Paolino Colzera, Serena Corvo, Valentina Coviello,  Massimiliano Fedeli, Sergio Ferro, Michele Gagliardo, Roland Jentsch, Francesca Polazzo, Federico Tapparello, Giulia Villi

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