neologismi | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Thu, 21 Feb 2019 21:44:17 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png neologismi | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Stocazzato e webete, i nuovi insulti “social” https://www.parolacce.org/2016/09/02/stocazzato-e-webete-neologismi/ https://www.parolacce.org/2016/09/02/stocazzato-e-webete-neologismi/#comments Fri, 02 Sep 2016 10:10:17 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10794 Oggi parliamo di due parolacce nuove: stocazzare e webete. E’ ancora presto per dire se entreranno nei vocabolari, ma è interessante parlarne per due ragioni: primo, perché si sono diffusi attraverso i social network, diventando in poco tempo fenomeni di… Continue Reading

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MilianOggi parliamo di due parolacce nuove: stocazzare e webete. E’ ancora presto per dire se entreranno nei vocabolari, ma è interessante parlarne per due ragioni: primo, perché si sono diffusi attraverso i social network, diventando in poco tempo fenomeni di massa. Secondo, perché hanno una storia curiosa e divertente. E scopriremo che, tra l’altro, non sono termini così nuovi…
Partiamo dal primo termine: che cosa vuol dire “stocazzare”? Significa fare uno scherzo goliardico. Facciamo un esempio. Vedo Roberto, e gli dico una frase-trabocchetto che stuzzichi la sua curiosità: «Sai chi ho incontrato oggi?».
Probabilmente Roberto chiederà: «No, chi?».  E qui gli arriva la risposta a bruciapelo: «Sto cazzo!». Roberto è stato “stocazzato”. Come spesso faceva Tomas Milian (nel fotomontaggio qui sopra) nei film trash.

Il meccanismo è lo stesso delle barzellette: fanno ridere perché hanno un finale a sorpresa. Ma in questo scherzo c’è qualcosa in più: la volontà di umiliare o squalificare l’altra persona. Che viene costretta a dedicare l’attenzione a una risposta senza senso, sprecando tempo ed energie. Insomma, lo stesso meccanismo di quando si suona un citofono per poi scappare o quando si fa una telefonata («Pronto, casa Rossi?», «Sì?») e si risponde con una pernacchia.
Ma che cosa c’entra l’organo sessuale maschile? Come tradurre questa espressione in parole neutre? Per rispondere, bisogna fare una piccola retromarcia. Tempo fa avevo raccontato (da questa paginala differenza fra due modi di dire in romanesco, “Sti cazzi” e “Me cojoni”. “Sti cazzi” vuol dire “Chi se ne frega”, mentre “Me cojoni” significa “Accidenti, incredibile!”. In “Sti cazzi”, l’organo sessuale maschile è sinonimo di “cosa da nulla”. E al singolare?

T-ShirtStocaAnche, ma con sfumature diverse. «Sai chi ho incontrato?». «Sto cazzo!» (= nessuno). Ma in questo caso c’è un’aggiunta: qui, cazzo significa appendice corporea inanimata, priva di intelligenza. Quindi non è propriamente “nessuno”, bensì è uno pseudo-essere: qualcosa che sembra avere vita, ma in realtà non ce l’ha. In questo senso, “‘sto cazzo” si avvicina al significato di cazzone (chi ragiona col pene invece che col cervello). “Sto cazzo” è sinonimo anche di “cosa di nessun valore”: «‘Sto cazzo di telefono che non funziona mai» (= che telefono del cazzo).
Ma non è tutto. L’espressione “‘’Sto cazzo” sposta il fulcro del discorso da un piano razionale a uno sessuale, animalesco. Evoca in particolare la “dominanza fallica”, ovvero l’affermazione di sè come leader in un gruppo: anche le scimmie, per esprimere la propria leadership nei confronti delle altre  mimano un amplesso o mostrano un’erezione («sono superiore a te: infatti potrei montarti»). Come scriveva lo zoologo Desmond Morris, «lo scopo degli insulti osceni è usare il segno più sporco, più tabù possibile come forma simbolica di attacco; invece di colpire l’avversario, lo si insulta con un gesto sessuale». E questo a prescindere dal fatto di essere maschi o femmine, e da situazioni a sfondo erotico.

Dunque, “Sto cazzo”, soprattutto se accompagnato dal gesto di indicare i genitali coi palmi delle mani aperte, si avvicina anche al significato di cazzuto: «Questo (= il pene) è ciò che mi piacerebbe darti». Spostare il discorso su questo piano sessuale-animalesco è anche un modo per scandalizzare, rompere gli schemi. Significa disappunto, contrarietà, ribellione: come nella canzone “Nessuno” degli Articolo 31 (1998), che in una strofa dice: «Ognuno si sente il diritto di dirci chi siamo, che facciamo, quando e come sbagliamo. Tante voci che mi sembra di uscire pazzo. Volete che mi tolga di qui? ‘Sto cazzo».
Se “Sto cazzo” è usato per fare uno scherzo: beh, non è un fenomeno nuovo. Una delle prime testimonianze appare già in una commedia satirica del 1977, “I nuovi mostri” (di Ettore Scola e altri registi), che fu candidata all’Oscar come miglior film straniero nel 1979.  Nell’episodio “L’elogio funebre” Alberto Sordi racconta come stocazzava al telefono:

Stocazz1Ma negli scherzi oggi in voga sui social network c’è un elemento in più: il bersaglio sono i cosiddetti vip, i personaggi pubblici. Si fa a gara, su Twitter, a chi riesce a farli cadere in trappola, esibendo la loro figuraccia come trofeo: è un modo per farli scendere dal piedistallo. Una vendetta da parte di chi non è famoso: tutti ti adulano, tutti ti mettono al centro dell’attenzione e tu ti sei montato la testa? Bene: allora ora ti costringo a darmi attenzione, e quando me la dai ti faccio uno sberleffo, lasciandoti di sasso.
Ne hanno fatte le spese Maurizio Gasparri, Roberto Bolle, Antonella Clerici, Lorella Cuccarini, Federica Panicucci, Paola Perego (che si è arrabbiata, vedi immagine), Rita Dalla Chiesa, Gerry Scotti
L’unico che ne è uscito a testa alta, con una risposta disarmante, è stato Stefano Gabbana, stilista gay dichiarato: allo “Sto cazzoooo” di una follower, ha risposto “Li adorooooo!”.

Gabbana“Stocazzare” è proprio questo. Una moda che sta crescendo negli ultimi 4 anni. Tuttavia, la prima apparizione di stocazzare l’ho trovata già in un forum del 2005, dove “sweet girl60” scriveva, parlando di una showgirl: «carina ma tutta stocazzata, cioè appariscente a bestia e sempre tutta aggiustatissima». In questo caso, però, l’aggettivo ha un altro significato: “si sente ‘sto cazzo”, ovvero “Si crede d’essere chissà chi” (significato ricollegabile a cazzuto), e invece non è niente di che (“non è un cazzo”).

WebeteDunque, “stocazzare” è in realtà un verbo che ha almeno 11 anni. Ma da qui a entrare nei dizionari ce ne passa: digitando il verbo su Google, si hanno poco meno di 800 risultati. Davvero pochini, soprattutto se paragonati alle 394mila pagine che si ottengono scrivendo “webete”, la parola lanciata solo pochi giorni fa (il 28 agosto) dal giornalista Enrico Mentana su Facebook.
Mentana ha usato il termine per rispondere a uno dei tanti che lanciavano visioni complottiste sul terremoto di Amatrice (gli immigrati che stanno negli hotel di lusso mentre i terremotati dormono in tendopoli). Mentana gli ha risposto dicendo: “Lei è un webete”, ovvero un ebete (ottuso) del Web.
L’insulto ironico ha fatto il giro di Internet. Ed è persino stata lanciata una petizione per chiedere all’Accademia della Crusca di inserire la parola nei vocabolari (potere che l’Accademia non ha).
In realtà, però, il termine esiste già dal 1993, ha scoperto Massimo Manca, docente di lingua e letteratura latina all’Università di Torino: era stato inserito nel dizionarietto dei termini gergali del Web curato da Maurizio Codogno. All’epoca il termine significava “utente che considera Internet composta solamente dalla www”, ignorando quindi l’esistenza dell’email o di altri servizi.
Ora, però, il termine assume un nuovo significato: l’ignorante, intollerante e becero, che usa Internet per diffondere odio e pregiudizi. E’ presto per dire se la parola entrerà nei dizionari, ma i personaggi che la incarnano continueranno sicuramente ad esistere. Nei secoli dei secoli.

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Le parolacce degli svizzeri https://www.parolacce.org/2015/09/06/parolacce-svizzera/ https://www.parolacce.org/2015/09/06/parolacce-svizzera/#respond Sun, 06 Sep 2015 10:47:59 +0000 https://www.parolacce.org/?p=8466 Forse il detto “Bestemmiare come un turco” andrebbe aggiornato in “Bestemmiare come uno svizzero”. Anzi: come un ticinese. Lo dice una ricerca fatta da due studentesse universitarie svizzere, Gaia Bossi e Gloria Mihaljevic, per l’Università di Scienze applicate di Zurigo. Le… Continue Reading

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Le donne svizzere dicono meno parolacce degli uomini (elaborazione foto Shutterstock).

Forse il detto “Bestemmiare come un turco” andrebbe aggiornato in “Bestemmiare come uno svizzero”. Anzi: come un ticinese. Lo dice una ricerca fatta da due studentesse universitarie svizzere, Gaia Bossi e Gloria Mihaljevic, per l’Università di Scienze applicate di Zurigo.
Le due universitarie hanno fatto un sondaggio sull’uso delle parolacce nel Canton Ticino, l’enclave di lingua italiana in territorio svizzero. Risultato: 2 uomini su 3 (il 63,3%) affermano di bestemmiare, spesso o ogni tanto. E’ vero che il loro campione è rappresentativo soprattutto degli svizzeri maschi fino a 24 anni; ed è altrettanto vero che mancano dati di confronto sull’Italia. Ma il dato mi pare rilevante: basti dire che  nel volgarometro (il mio sondaggio sul grado di offensività delle parolacce italiane) le bestemmie sono risultate le espressioni più offensive in assoluto, nonostante 1/3 del campione si fosse dichiarato ateo.

Lo studio delle due giovani svizzere, per la laurea in Lingue applicate, è una delle numerose di tesi laurea ispirate al mio libro e a questo blog. Pur scontando – inevitabilmente: le parolacce sono un tema complesso – alcune ingenuità interpretative e metodologiche, la TesiSvizzera, intitolata “Non ho parole, solo parolacce”, merita di essere raccontata, per almeno due motivi. Primo: è una ricerca sul campo; secondo: è stata fatta nella più grande enclave di parlanti italiani all’estero: il Canton Ticino, in Svizzera.

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Mappa delle lingue parlate in Svizzera.

La Svizzera, infatti, è una delle poche nazioni estere che hanno l’italiano fra le lingue ufficiali. Perché la quantità di parlanti è elevata: si stima siano 525.000 persone (il 6,8% della popolazione) soprattutto nel Canton Ticino, dove  l’83,1% dei residenti (circa 287.974 ) sono di madrelingua italiana. Ciò non impedisce, peraltro, che in Canton Ticino l’aggettivo “taglian” (italiano) sia uno spregiativo etnico, al pari del nostro “terrone”. L’italiano parlato in Svizzera è una lingua spuria, perché ha le forti influenze dialettali del ticinese e del comasco, due varianti del lombardo. Per esempio, la ricerca ha evidenziato un uso abbastanza diffuso dei termini dialettali badina, badinbadela (i termini sono sinonimi di “terrone”: letteralmente sono i badilanti, gli operai immigrati), bambela (citrullo), gnurantoni (ignorantoni),rembambiti (rimbambiti), rompabal (rompiballe),  taglian e talian (spregiativo per “italiano”), terun (terrone). Per la loro traduzione, potete usare questo efficace motore di ricerca degli elvetismi.

E c’è anche un’influenza marcata dell’inglese: sia perché la Svizzera è un Paese internazionale, con molti immigrati provenienti da tutto il mondo; sia perché l’inglese è la lingua dei giovani, che sono i veri protagonisti di questo studio. In Ticino si stanno diffondendo le parolacce inglesi, sia in originale (bitch, fucking) sia come traduzioni (cagna, che è la traduzione letterale di bitch).

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Il dito medio: anche in Svizzera si usa il “vaffa” (foto Shutterstock).

Ancora più interessante il sondaggio sulla diffusione delle parolacce in Svizzera: qui potete vedere la versione del test per gli uomini, qui quella per le donne. Al sondaggio hanno partecipato 2.283 persone: un numero considerevole, ma purtroppo poco rappresentativo della popolazione ticinese. Il campione infatti era sbilanciato sulla componente femminile (61,7%) e giovane (soprattutto la fascia 18-24 anni).
Detto questo, veniamo ai risultati. Primo fra tutti, l’uso delle bestemmie, diffuso fra il 15,4% delle donne e ben il 63,3% degli uomini (il 32,8% afferma di dirle spesso, il 30,5% ogni tanto). Il motivo di tanta diffusione? Forse la Svizzera è anticlericale come il Veneto, l’Umbria e la Toscana, le regioni italiane dove si bestemmia di più? Difficile dirlo: il 75% dei ticinesi è cattolico, ma forse fra i giovani (la categoria più numerosa del sondaggio) prevale un atteggiamento agnostico.

In generale, più della metà dei partecipanti afferma di dire parolacce spesso, più volte al giorno, più per sfogarsi (per un dolore, problemi tecnici o il traffico) che per enfatizzare, colorire le frasi o per abitudine. Le dicono più spesso gli uomini (69,3%) rispetto alle donne (52,8%). Altro dato interessante, le parolacce considerate più offensive dagli uomini e dalle donne:  per le donne sono “figlia di puttana” (62,6%), “puttana” (57,9%) e “cagna” (38,6%).  In generale, le donne risultano più sensibili agli insulti sull’aspetto fisico (cesso, cicciona) e dagli insulti in generale: un risultato, questo, confermato anche da molte altre ricerche fatte in diverse parti del mondo. Per gli uomini i termini più offensivi risultano: “figlio di puttana”, “vigliacco” e “ritardato”. Solo il 15,7% si sente offeso se viene chiamato “checca” (percentuale simile a quella di “taglian”, italiano). Forse i giovani maschi svizzeri sono meno omofobi dei loro colleghi italiani? Le due studentesse hanno anche verificato la conoscenza delle parolacce: in Svizzera risultano poco conosciuti i termini dialettali soffocotto (rapporto orale) e chiavica (cesso).

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Alcune delle parolacce più usate in Svizzera (elaborazione foto Shutterstock).

Esaminando i commenti su Facebook di varie testate di notizie gossip e satira (Rumors Ticino, Gossip Ticino, Ticinonline, Mattinonline, il Diavolo) è emerso che sono state scritte nel 69,5% dei casi dagli uomini, e nel 30,5% dalle donne. Le più usate dagli uomini: cazzo, ignorante, coglioni; dalle donne: cazzo, merda e coglioni. Infine, le studentesse hanno registrato l’uso di alcuni neologismi nel gergo giovanile: bimbominkia (utente del Web che si comporta in modo provocatorio, scorretto e fastidioso), figheggiare (andare in giro a fare il figo), fottesega (non importa una sega), fottivendolo (prostituto? cazzaro?), scopamici/trombamici (sul calco di “sex friend”: amici di letto).

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