nomi volgari | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 11 Nov 2024 11:39:04 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png nomi volgari | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Quando la chimica è grezza: butanone, cacalone e altre molecole imbarazzanti https://www.parolacce.org/2016/03/13/nomi-volgari-chimica/ https://www.parolacce.org/2016/03/13/nomi-volgari-chimica/#respond Sun, 13 Mar 2016 16:37:08 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9643 Oggi parliamo del lato osè della chimica: ho scoperto infatti che esistono diversi elementi e  molecole con un nome volgare. Com’è possibile? Per rispondere a questa domanda, bisogna sapere come nascono i nomi delle sostanze. Di solito, in uno di questi 4… Continue Reading

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shutterstock_165742730Oggi parliamo del lato osè della chimica: ho scoperto infatti che esistono diversi elementi e  molecole con un nome volgare. Com’è possibile? Per rispondere a questa domanda, bisogna sapere come nascono i nomi delle sostanze. Di solito, in uno di questi 4 modi:

1) dalla zona geografica dove sono stati scoperti o sono diffusi: il germanio fu trovato per la prima volta in Germania;
2) dalle specie vegetali o animali da cui sono isolati: l’acido acetilsalicilico, ovvero l’aspirina, deve il suo nome dalla corteccia di salice da cui era ricavato;
3) dal nome del loro scopritore o da quello di un grande scienziato: il fermio fu battezzato così in memoria del fisico Enrico Fermi, morto l’anno precedente alla scoperta dell’elemento;
4) dalle caratteristiche di una sostanza: il kripton, dal greco kryptòs, nascosto, fu chiamato così perché è molto difficile da rilevare nei gas atmosferici, dove è presente in piccolissime quantità. E il simbolo del mercurio è Hg perché la sigla deriva dal greco hydrargýros, argento d’acqua: a temperatura ambiente, infatti, questo elemento sembra argento liquido.

Con tutte queste variabili in gioco, era inevitabile che alcune sostanze ricevessero nomi insoliti: comprese le parolacce. Spesso sono frutto di semplici (ma divertenti) coincidenze e assonanze, che possono nascere anche da acronimi e abbreviazioni. Ma altre volte c’è lo zampino di qualche chimico in vena di goliardate (come quello nella foto Shutterstock): anche agli scienziati piace scherzare, come avevo raccontato nella storia del professor Stronzo Bestiale. Dunque, se pensate che la chimica sia una materia noiosa, date un’occhiata all’elenco qui sotto: cambierete idea.

BRUTTO STRONZIO!

shg_stronzio_liquid_x0Ta8oCVk9ix_mediumIn italiano è uno degli elementi che non si pronuncia senza arrossire: lo STRONZIO.  E’ un metallo tenero, argenteo, bianco o leggermente giallo. A volte lo si trova citato sulle etichette dell’acqua minerale, e scatena le inevitabili battute: “Ora capisco perché ha uno strano retrogusto…”. La parola, in realtà, deriva dal nome di una città scozzese, Strontian, nelle cui miniere, nel 1790, furono trovati i primi minerali ricchi di quell’elemento. Il nome della città non ha a che fare con gli escrementi: deriva dal gaelico Sròn an t-Sìthein, che vuol dire “naso”: l’escrescenza di una collina. 

CHE CU...

s13Perché la sigla del rame deve essere l’imbarazzante CU? Forse perché non è un metallo abbastanza pregiato? No, le ragioni sono altre: ai tempi degli antichi Romani, infatti, il rame veniva estratto per lo più dall’isola di Cipro, in latino Cuprum appunto. Di qui la sigla. La parola, a quell’epoca, designava sia l’elemento chimico che la lega di rame e stagno che noi chiamiamo bronzo (e anche qui le assonanze non sono male). 

OCCHIO AL CACALONE!

cacaloneCon un nome così, sembra la tipica molecola da maneggiare con le pinze. Ma gli schizzinosi possono stare tranquilli: il CACALONE non ha nulla a che fare con la cacca, bensì deriva il suo nome dalle piante del genere Cacalia, diffuse in Messico, dove sono usate come medicinali. La struttura di questa biomolecola è stata descritta per la prima volta in una ricerca nel 1976. Il nome deriva dal greco kakalia, che potrebbe avere la stessa origine di cacca (cosa brutta, repellente) ma anche derivare da kakalon, muro (perché cresce a ridosso dei muri?). 

BRUTTO GLUCAGONE!

Il glucagone (in rosso) visto al microscopio.

Sembra un insulto, ma in realtà il glucagone è un ormone secreto dal pancreas: serve a  controllare i livelli di glucosio nel sangue. Il suo nome, nonostante il suono, non è offensivo: significa “glucose agonist”, agonista del glucosio. Glielo diedero i suoi scopritori, C. Kimball e John R. Murlin nel 1922.  

SEI UN GRAN BASTARDANO

bastard2Come chiamare il derivato spurio di una sostanza? Stiamo parlando di nonaciclo-docosano, un derivato insolito degli alcani: di più non oso spiegare, perché è una chimica complessa. Sta di fatto che i suoi scopritori, in una ricerca del 1968, lo definirono goliardicamente un “tetramantano bastardo”, cioè insolito, anormale, inferiore. E proposero di chiamarlo, appunto, bastardane, che in italiano suonerebbe BASTARDANO, figlio illegittimo. La proposta, per quanto spiritosa, non sembra aver avuto molto seguito fra i chimici. 

MA CHE BUTANALE… O BUTANONE?

butanoneIl BUTANALE è un composto della classe degli aldeidi: un liquido incolore facilmente infiammabile. Il suo nome originario era butirraldeide, da butirro, burro. Alcuni composti, infatti, i butani, hanno preso il nome dal burro perché esso contiene un acido organico dall’odore sgradevole.
Ma resta un nome ingombrante. Soprattutto quando si precisa che il butanale è un isomero (= ha la stessa formula chimica) del BUTANONE, altro liquido  infiammabile e puzzolente della classe dei chetoni… 

CHIEDETEMI TUTTO, MA NONANALE

Nonenal-480x480NONANALE: che brutto scherzo hanno giocato a questa molecola! Il suo nome originario è nonanaldeide, ma nell’intento di abbreviarlo gli scienziati hanno fatto un pasticcio, con l’imbarazzante abbreviazione inglese nonanal. Non è propriamente una parolaccia, ma si nomina comunque con un certo imbarazzo. E’ un’aldeide alchilica, una sostanza prodotta dalla fermentazione degli zuccheri. Ha un odore fruttato e si usa per sapori e profumi, ma è anche prodotta dal corpo umano: tanto che, hanno scoperto alcuni ricercatori dell’università della California, il nonanale attira – neanche a farlo apposta – le zanzare del genere Culex.

ROBA PORN

1372973doctorIl PORN non deriva dal greco pornè, puttana. E’ semplicemente l’acronimo della poli-(DL)-ornitina, una molecola utilizzata negli esperimenti di coltura cellulare. Insomma, anche le cellule, per moltiplicarsi, possono eccitarsi con i… porn.

Abbino a questa molecola lo SCATOLO, che invece deriva da una parolaccia greca: skatolos, escremento. La molecola è stata chiamata così proprio perché puzza di feci. Si forma nei processi di marcescenza dell’intestino: per questo lo studio delle parolacce legate agli escrementi si chiama “scatologia” (da non confondere con l’escatologia che è lo studio del destino ultimo dell’uomo: che non è un destino di merda, perché escatologia non deriva da skatolos ma da éschatos, ultimo).  

FUCK!

FUCK_REG-SUMMARYFUCK è l’imbarazzante acronimo di un gene che codifica la L-fuculochinasi, un enzima che interviene nelle reazioni metaboliche con il fruttosio e il mannosio. In inglese ha un significato molto volgare (scopare, fanculo): possibile che gli scienziati non avessero un altro modo per abbreviare questa molecola (in inglese FuculoKinase)?

Due altri acronimi volgari sono contenuti in una ricerca  del 2007 sulla sintesi elettrochimica di nanotubi: BiNT (Bismuth NanoTubes, nanotubi di bismuto) e CuNT (Cu sta per rame). In inglese, bint significa donnaccia, e cunt vuol dire fica. Trattandosi di una ricerca scritta da autori cinesi, è stato quasi sicuramente un incidente. Ma ha avuto grande popolarità nei Paesi anglosassoni.

Molti altri composti con nomi che in inglese suonano volgari (arsole, dickite, crapinon…) sono elencati sul sito di Paul May, docente di chimica all’università di Bristol (Uk): a riprova che nei Paesi anglosassoni hanno meno reticenze a giocare con la scienza.

ACCOPPIAMENTI

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Quella che vedete non è un’immagine tratta da un cartoon porno. E’ lo schema di una reazione chimica, citata in una ricerca brasiliana del 2004: descrive le proprietà di un complesso di rutenio (il primo a sinistra)  in cui l’aggiunta di ciclodestrina (l’anello) porta ad una completa inclusione che rompe la matrice iniziale creando un aggregato molto… erotico. E poi dicono che la chimica non è una materia sexy. 

RmcHo parlato di questo post nella trasmissione “Max e Monica magazine” su Radio Montecarlo.
Potete ascoltare l’intervista a questo link.

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Nero di troia e bernarda: la lista dei vini osè https://www.parolacce.org/2015/05/10/vini-nomi-volgari/ https://www.parolacce.org/2015/05/10/vini-nomi-volgari/#comments Sun, 10 May 2015 13:48:44 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7483 Come accompagnare un menu fatto di portate volgari (l’ho raccontato qui), se non con una cantina adeguata? Il mondo dei vini (e degli alcolici in generale) riserva notevoli sorprese agli appassionati di parolacce e di goliardia: l’alcol libera i freni inibitori, e un… Continue Reading

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Come accompagnare un menu fatto di portate volgari (l’ho raccontato qui), se non con una cantina adeguata?
Il mondo dei vini (e degli alcolici in generale) riserva notevoli sorprese agli appassionati di parolacce e di goliardia: l’alcol libera i freni inibitori, e un nome osceno apre le porte dell’erotismo ed è beneaugurante. D’altronde, da un vino ci si aspetta che sia inebriante, e quindi lo aiuta avere un nome evocativo. E infine, dato che il vino rende più sinceri (in vino veritas), si abbina bene alle parolacce, che sono un linguaggio spontaneo e diretto. Ma anche il marketing ci mette lo zampino: con 45 milioni di ettolitri di vino prodotti nel 2017, l’Italia è il primo produttore al mondo, ed è sempre più diffusa l’esigenza di avere un’etichetta che attiri l’attenzione e sia facilmente memorizzabile. Ecco perché i nomi “piccanti” dati alle bevande non sono frutto del caso o di incidenti. Dunque, entriamo nella cantina più osé del mondo: 13 etichette italiane (più 5 estere), fra le quali il primato incontrastato va ai rossi toscani. Perché sono fra i maggiori produttori nazionali di vino, ma anche per lo spirito sanguigno che li contraddistingue. Prosit!

VINI ROSSI
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Soffocone di Vincigliata (Toscana, vol. 14%; uve: 90% Sangiovese, 7% Canaiolo, 3% Colorino; alcol: 14%). Soffocone è un termine dialettale: significa fellatio, rapporto orale (da una donna a un uomo). Prodotto dall’azienda di Bibi Graetz, artista norvegese, perché la sua tenuta vinicola, vicino a Fiesole, è una località dove spesso si appartano le coppiette. Concetto ribadito anche nell’etichetta, che mostra una donna inginocchiata. La scelta ha causato qualche problema negli Usa, dove le autorità hanno imposto al produttore di cambiare l’etichetta.

 

bernardaBernarda (Piemonte; vol. 13%; uve: bonarda e barbera): il nome del vino, prodotto da Christian Trinchero, è nato fondendo i nomi dei due vitigni (barbera e bonarda) in un nome dal voluto doppio senso: la grafica dell’etichetta, del resto, non lascia dubbi in proposito.

 

Rosso Bastardo (Umbria, vol. 13,5%; uve: Sangiovese, Merlot, Cabernet, Umbro surmaturo). Prodotto dalla cantina Cesarini Sartori, deve il suo nome non al fatto di essere un vino spurio, ma dalle località in cui si colitvano i suoi vitigni. Infatti c’è da un paese umbro che si chiama Bastardo: è una frazione di Giano dell’Umbria che ha preso il nome da un’antica stazione di posta lungo l’antica Via Flaminia, l'”Osteria del bastardo”.

 

Event-Torino-design-2 (1)Bricco dell’uccellone (Piemonte, vol. 15,5%; uve: Barbera): prodotto dall’azienda Braida, che spiega così l’origine del nome: “Si chiama così perché una volta, nella casa accanto, abitava una vecchia signora sempre vestita di nero, che era stata soprannominata l’uselun (l’uccellone)”. Sarà, ma il doppio senso è evidente, tanto che diversi sommelier lo definiscono scherzosamente “il vino più desiderato dalle donne”. Del resto, l’azienda Braida ha una vena ironica, visto che ha battezzato un’altra varietà di barbera “La monella” (“per il suo carattere frizzante ed esuberante”).

 

Scopaio_2009_modScopaio: (Toscana; vol. 13,5%; uve: Cabernet Sauvignon, Syrah). Il nome evoca lo scopare, ma in realtà nasce anch’esso come riferimento geografico: la località Lo Scopaio a Castagneto Carducci (Livorno). Il vino è prodotto da varie aziende, fra cui Roggio Molina e da La Cipriana.

 

Merlo-della-Topanera-bottigliaMerlo della TopaNera (Toscana, vol. 14%; uve: Merlot): il vino è prodotto a Montecarlo (non il principato di Monaco, ma una frazione in provincia di Lucca) dall’azienda di Gino Fuso Carmigiani. Stavolta la geografia non c’entra: il nome è un voluto omaggio goliardico al sesso femminile.

 

97918Nero di Troia: è un vitigno autoctono della Puglia, e dà il nome a vini prodotti da diverse etichette. Il suo nome può essere collegato con la città pugliese di Troia, oppure con la leggenda dello sbarco sulle rive del fiume Ofanto dell’eroe greco Diomede, reduce dalla guerra di Troia, che portò con sè alcuni vitigni della propria terra. In effetti, gli studi sui vitigni hanno confermato la provenienza dall’Adriatico orientale. Dunque, si tratta solo di un’assonanza con la parola troia (con la t minuscola). La sua uva ha una buccia spessa particolarmente ricca di polifenoli e dal moderato potenziale zuccherino; dà origine a vini con profumi floreali (sentori di viola impreziositi da sfumature speziate).

BioNaSega: per capire il gioco di parole bisogna ricordare che, in toscano, “una sega” significa “una cosa da niente” (letteralmente, la sega è la masturbazione). Questo vino, infatti, è un rosso Igt di Toscana, e viene prodotto senza ricorrere alle procedure del “biologico”: il nome, quindi, significa provocatoriamente “altro che biologico”. “E’ un vino normale e toscano. Ed è semplicemente buono: punto” dice il produttore Rodolfo Cosimi.

Amis d’la barbisa: è un barbera d’Asti prodotto dall’azienda piemontese Bertolino J’Aime, attiva dal 1925. “Barbisa” è un termina dialettale per la vulva: il nome significa quindi, goliardicamente, “Amico della vulva”, un significato sottolineato anche dall’etichetta in cui un calice stilizzato evoca l’aspetto del pelo pubico femminile. Il vino risulta prodotto fino al 2016.

 

VINI BIANCHI

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Passerina: è un vitigno diffuso nelle Marche, in Abruzzo, in Emilia Romagna e nel Lazio. Il suo nome deriva dalle piccole dimensioni degli acini e dal fatto che i passeri hanno una particolare predilezione per le sue uve, caratterizzate da una polpa gustosa.  Ma la passera evoca ben altro, e diversi produttori hanno giocato sul doppio senso, come ha fatto la cantina Lepore nella pubblicità della Passera delle vigne (contestata per il suo sessismo).

 

Ficaia (Toscana, vol. 12,5%; uve: Pinot Bianco e Viogner): chi poteva produrre questo vino, se non la fattoria Uccelliera? La ficaia, in toscano, è l’albero del fico, o un campo coltivato a fichi. Ma il doppio senso appare evidente (e difficilmente frutto del caso…).

 

DeUnaSega: è il nome di una linea di bevande alcoliche (vini e birre) prodotte in Toscana, nell’Empolese. E’ lo stesso gioco di parole usato per il vino rosso “BioNaSega” (vedi sopra): significa “di niente, cose da nulla”. L’etichetta campeggia su vino bianco frizzante, chianti rosso, Igt toscano rosso e anche su una linea di birre artigianali (bionda, rossa e due malti).

 

Addio cugghiuna: in dialetto siciliano, questa espressione significa “addio coglioni”. E’ l’equivalente di “buona notte al secchio”, “addio core”: un modo di salutare un’impresa (o una situazione) che si è rivelata impossibile. Questo modo di dire è stato usato come nome di uno spumante biologico brut metodo classico, ottenuto da vitigni chardonnay, Ortrugo, Muller-Thurgau. Il produttore è un trapanese trapiantato in Lombardia. 

 

VINI ESTERI

Senza titolo-1Cojòn de gato e teta de vaca: sì, il significato è proprio quello che avete capito. Nonostante le assonanze col veneto, i vini sono prodotti in realtà da un’azienda vinicola spagnola, il cui nome è tutto un programma: “Vinos divertidos“. In realtà, la goliardia c’entra fino a un certo punto, perché i nomi sono quelli di due vitigni spagnoli autoctoni, che sono chiamati proprio “coglione di gatto” e “tetta di vacca”.

 

deputamadreeDe puta madre: l’espressione significa letteralmente “Di madre puttana”. In spagnolo è usata come rafforzativo, equivalente al nostro “Della Madonna”: questo vino, prodotto da François Lurton, è stato così chiamato per il suo gusto forte e dolce: ricavato da uve verdejo della regione di Castilla e Leòn, ha una gradazione di 15,5%.

 

 

Hijoputa: in spagnolo, questa espressione (hijo de puta) significa “figlio di puttana”. In spagnolo, come in italiano, può avere sia un significato insultante che uno elogiativo, di ammirazione (quel gran figlio di puttana!). Il nome è stato scelto da un produttore di liquori di Gijón, in Asturia (Spagna) per una linea di liquori. Alcuni anni fa ha tentato di registrare il marchio presso l’Unione Europea, ma la domanda è stata respinta.

20121103-000028Le vin de merde: ci vuole coraggio, per un viticoltore francese, a chiamare così i propri vini. Jean-Marc Speziale l’ha avuto, e i fatti gli hanno dato ragione: dal 2007, quando ha fondato la sua azienda, ha avuto un notevole successo, anche per merito del nome. Che è nato per provocazione: Speziale voleva attirare l’attenzione sui vini del Languedoc, che non godevano di buona fama pur essendo buoni. Così decise di chiamarli come li definivano gli altri: “vini di merda”.  Sull’etichetta, per rimarcare il concetto, è raffigurata una mosca e il motto “Le pire cache le meilleur” (Il peggiore nasconde il migliore). Nato come vino rosso, oggi il “vin de merde” è anche bianco e rosè.

 

Chateau le Frègne: è un vino Bordeaux prodotto in Francia dalla famiglia Rizzetto, di probabili origini italiane. Non sappiamo se il nome del castello sia stato volutamente malizioso, in ogni caso i vini di questo produttore hanno vinto diversi premi prestigiosi. Mica fregnacce.

Licor de merda: è un celebre liquore portoghese a base di latte, creato a Cantanhede nel 1974. Il nome ha origine dalla fantasia goliardica del suo creatore, Luís Nuno Sergio. Le prime volte che tentava di produrlo, versava gli scarti di lavorazione in una brocca da 20 litri, chiamata per l’appunto “liquore di merda”: quando riuscì a trovare una ricetta valida, decise di lasciare quel nome.  E dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974, acquisì un risvolto polemico in “omaggio” alla classe politica portoghese che stava gestendo quella convulsa fase di ritorno alla democrazia.

Se volete leggere un intero menu fatto di pietanze scurrili, lo trovate qui. In questo articolo, invece, trovate i prodotti stranieri con un nome che in italiano diventa imbarazzante.

Grazie a Giovanni Erba (Winepoint) e Cassio Filippucci per le preziose segnalazioni.

PS: alcuni lettori mi segnalano il “Verduno pelaverga“, un rosso delle Langhe. Caso suggestivo, ma non può stare in questa lista per due motivi: verga può significare pene, ma non è una parolaccia (è un termine letterario, colto); e in questo caso, verga significa bastone: “pelaverga” vuol dire ramoscello pelato, senza foglie (per esporre le uve al sole, favorendone la maturazione).

BIRRE

Dal 1980, esiste la Birra Minchia. E’ prodotta, ovviamente, in Sicilia, e precisamente a Messina, con lo slogan: “Vera, come noi siciliani”. Un riferimento alla schiettezza che esprimono le parolacce. La bevanda è disponibile in 3 varianti: bionda, rossa e… tosta (doppio malto). A differenza della Birra Stronzo (v. sotto), in questo caso ogni riferimento volgare è puramente voluto.

In Puglia, per “par condicio”, dal 2018 è stata avviata la produzione della birra Ciunna, termine dialettale che designa la vulva. Certamente, dire “Ciunna bionda” assume tutt’altro significato. L’idea è venuta a due imprenditori di San Severo (Foggia): è stata eletta “Birra dell’anno” nel 2019.

loghi13E’ nata nel Nord Europa, invece, e precisamente in Danimarca, la birra Stronzo: la bevanda, disponibile in diverse varietà, a quanto pare è nata perché i proprietari danesi avevano sentito la parolaccia italiana, ne amavano il suono ma non ne sapevano il significato. Ma l’hanno usata ugualmente per battezzare la loro birra. Nel frattempo, però, la ditta ha chiuso nel 2014.

 

ANALCOLICI

Dicono che questa bevanda “tira”. Il nome, del resto, è tutto un programma: FIGA’ (con l’accento sulla “a”). E’ una bevanda ai fiori di guaranà, infatti il nome vorrebbe essere un acronimo di “Fi. (fiori) e guaranà (GA’).  Una sigla scelta con malizia: il nome, infatti, non è un incidente dovuto a scarsa conoscenza dell’italiano, dato che la bibita – analcolica – è prodotta a Padova dalla Targa Ilva Srl. Di sicuro non passa inosservata, ma non è facile chiedere a una barista: “Mi dà la Figà?”.

Di questo post hanno parlato AdnKronosIl Giornale, Mondo Udinese.

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