Oggi diciamo più parolacce rispetto a 30 anni fa (montaggio foto Shutterstock)
La più usata è ancora “cazzo”, seguito dalle imprecazioni religiose (Dio, Madonna), e da “merda” e “minchia”, che hanno scalato la classifica. Rispetto agli anni ‘90, diciamo 2/3 in più di volgarità e 3 volte più spesso. E le bestemmie sono più che quadruplicate. E’ questa la fotografia delle parolacce più pronunciate in italiano oggi. Una fotografia resa possibile da una nuova indagine linguistica, il corpus “KiParla”, elaborata dalle università di Bologna e di Torino. Grazie a questo database, appena pubblicato online, ho potuto aggiornare la classifica del parolacce più usate nella lingua italiana parlata: gli ultimi dati risalivano a 27 anni fa. Trovate più sotto la classifica aggiornata delle 75 parolacce più pronunciate dagli italiani. Dunque, un’occasione due volte preziosa: ci permette non solo di capire quali sono le espressioni volgari più usate oggi, ma anche di vedere come sono cambiate le nostre abitudini linguistiche negli ultimi 5 lustri.
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Vediamo subito la classifica dettagliata delle parolacce più pronunciate in italiano, in ordine decrescente di frequenza. I colori indicano la tipologia delle espressioni: in giallo quelle di tipo sessuale, azzurro quelle religiose, arancione quelle escrementizie, verde quelle enfatiche, e rosa gli insulti. L’asterisco evidenzia i nuovi ingressi in classifica. L’asterisco (*) indica una nuova parola in classifica, le frecce (↑↓) indicano se la posizione attuale è in crescita o in calo rispetto al Badip del 1992.
Parolaccia | Posizione rispetto al 1992 | Quantità | % sul totale (e rispetto al 1992) | |
1 | cazzo | (=) | 314 | 23,2 (+6%) |
2 | Dio | (+2) ↑ | 115 | 8,5 (+ 2,2%) |
3 | Madonna | (=) | 92 | 6,8 (- 6,6%) |
merda | (+6) ↑ | 92 | 6,8 (+ 4,5%) | |
4 | minchia | (-) * | 82 | 6,1 |
5 | fregare | (+7) ↑ | 60 | 4,4 (+ 2,9%) |
6 | casino | (-3) ↓ | 58 | 4,3 (- 6,6%) |
7 | culo | (=) | 40 | 3,0 (-0,3%) |
8 | stronzo | (-2) ↓ | 36 | 2,7 (-1,4%) |
porco | (+4) ↑ | 36 | 2,7 (+ 1,2%) | |
9 | balla / palla | (-3) ↓ | 34 | 2,5 (+1,3%) |
10 | vaffanculo/fanculo | (+2) ↑ | 32 | 2,4 (+ 0,9%) |
11 | cagare/cacare | (+2) ↑ | 31 | 2,3 (+ 1%) |
12 | coglione | (-5) ↓ | 28 | 2,1 (-1,2%) |
13 | incazzare | (-5) ↓ | 23 | 1,7 (-0,8%) |
14 | figa | (+3) ↑ | 22 | 1,6 (+ 1,1%) |
troia | (+3) ↑ | 22 | 1,6 (+1,3%) | |
15 | bastardo | (+1) ↑ | 19 | 1,4 (+0,9%) |
16 | fottere | (+2) ↑ | 18 | 1,3 (+ 1%) |
sfiga | (+1) ↓ | 18 | 1,3 (+ 1%) | |
17 | cazzata | (+1) ↑ | 14 | 1 (+ 0,5%) |
18 | stronzata | (-12) ↓ | 13 | 1,0 (-2,8%) |
19 | cesso | (-1) ↓ | 11 | 0,8 (+ 0,5%) |
figata | (-)* | 11 | 0,8 | |
tette | (-)* | 11 | 0,8 | |
20 | puttana | (-7) ↓ | 8 | 0,6 (-0,7%) |
21 | cacca | (-)* | 7 | 0,5 |
fesso/fesseria | (-)* | 6 | 0,4 | |
22 | cretino | (-10) ↓ | 6 | 0,4 (-1,4%) |
Cristo | (-)* | 6 | 0,4 | |
23 | soccmel/socci | (-)* | 5 | 0,4 |
scopare | (-14) ↓ | 5 | 0,4 (-2,1%) | |
deficiente | (11) ↓ | 5 | 0,4 (-1,1%) | |
24 | negro | (-15) ↓ | 4 | 0,3 (-2,2%) |
bordello | (-9) ↓ | 4 | 0,3 (-0,7%) | |
scazzi/are | (-6) ↓ | 4 | 0,3 | |
scoreggia | (-)* | 4 | 0,3 | |
rompicazzo | (-)* | 4 | 0,3 | |
Gesù | (-)* | 4 | 0,3 | |
25 | vacca | (-8) ↓ | 3 | 0,2 (-0,3%) |
smerdare | (-)* | 3 | 0,2 | |
sputtanare | (-)* | 3 | 0,2 | |
rompicoglioni | (-7) ↓ | 3 | 0,2 (-0,1%) | |
figo/fico | (-)* | 3 | 0,2 | |
26 | imbecille | (-15) ↓ | 2 | 0,1 (-1,9%) |
pirla | (-12) ↓ | 2 | 0,1 (-1,2%) | |
sega | (-11) ↓ | 2 | 0,1 (-1,2%) | |
frocio | (-10) ↓ | 2 | 0,1 (-0,7%) | |
trombata | (-9) ↓ | 2 | 0,1 (-0,4%) | |
baldracca | (-)* | 2 | 0,1 | |
stocazzo | (-)* | 2 | 0,1 | |
piscia | (-)* | 2 | 0,1 | |
inculare | (-)* | 2 | 0,1 | |
vucumprà | (-)* | 2 | 0,1 | |
27 | puttanata | (-10) ↓ | 1 | 0,1 (-0,4%) |
culona | (-9) ↓ | 1 | 0,1 (-0,2%) | |
pippa | (-9) ↓ | 1 | 0,1 (-0,2%) | |
belin | (-)* | 1 | 0,1 | |
rompimaroni | (-)* | 1 | 0,1 | |
terrone | (-)* | 1 | 0,1 | |
mignotta | (-)* | 1 | 0,1 | |
scoglionato | (-)* | 1 | 0,1 | |
fregna | (-)* | 1 | 0,1 | |
pugnetta | (-)* | 1 | 0,1 | |
terrone | (-)* | 1 | 0,1 | |
infame | (-)* | 1 | 0,1 | |
suca | (-)* | 1 | 0,1 | |
cornuto | (-)* | 1 | 0,1 | |
0 | mortacci | (-15) ↓ | 0 | 0,0 (-0,8%) |
bernarda | (-16) ↓ | 0 | 0,0 (-0,5%) | |
pompino | (-16) ↓ | 0 | 0,0 (-0,5%) | |
bischero | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
culattone | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
rompiballe | (-17) ↓ | 0 | 0,0 (-0,3%) | |
TOTALE | 1353 |
Ma vediamo più da vicino la nuova classifica. Al top non ci sono cambi: “cazzo” resta l’espressione più usata. E’ la 215° parola più pronunciata in assoluto, a pari merito – segno del destino – con la parola “italiano”. Rispetto a 27 anni fa, comunque, la usiamo ancora più spesso: un tempo, costituiva il 17,2% delle parolacce; oggi è salita al 23,2%. Vuol dire che una parolaccia su 4 è “cazzo” (volete sapere l’origine di questa espressione? Ne avevo parlato in questo articolo). Se a questo si aggiunge che “minchia” è la quarta parolaccia più pronunciata, possiamo dire che il nostro turpiloquio è molto fallocentrico. Sempre in termini di frequenza, le parolacce nei primi 4 posti della classifica (cazzo, Dio, Madonna, merda, minchia) rappresentano da sole più della metà (51,4%) delle espressioni che usiamo comunemente. E quasi tutte sono usate come imprecazioni (“è bello un sacco, cazzo!”) o in senso enfatico: il primo insulto, stronzo, appare solo al 7° posto e rappresenta solo il 2,7% delle parolacce. Per quanto riguarda le espressioni religiose: ho censito l’uso delle parole “Dio”, “Madonna”, “Cristo” solo quando sono state usate come imprecazioni (“Oh, Gesù Cristo!”), al di fuori dei contesti religiosi. Anche l’uso di queste espressioni è salito, e il fatto non stupisce viste le radici religiose della cultura italiana. Pure le bestemmie sono in notevole crescita: mentre nel corpus Badip ne avevo censite solo 2 (una contro Dio, una contro la Madonna), nel nuovo corpus KiParla sono più che quadruplicate, salendo a 9 (8 contro Dio). Dunque, abbiamo un rapporto ambivalente con la religione: oggi atei e laici sono più numerosi di un tempo, ma non abbiamo cancellato le nostre radici culturali cristiane. Anzi, le usiamo in modo profano: per sfogare la nostra rabbia e sorpresa, con un atteggiamento anti-religioso che non si cura di “nominare il nome di Dio invano“. Fra le parolacce censite in questo nuovo corpus, quali sono aumentate e diminuite maggiormente rispetto al passato? Ho riassunto la situazione in questo riquadro:
A proposito di insulti, quelli di tipo razzista o etnico sono pochi e in calo dell’80%: sono passati dal 2,5% complessivo allo 0,5%. Infatti, “negro” scende di ben 15 posizioni con un calo del 2,2%, anche se per la prima volta entrano in classifica le parole “terrone” e “vucumprà”, per quanto in coda. Stesso destino per gli insulti omofobici, scesi del 90% (sono passati dall’1,1% allo 0,1% del totale): “culattone” è uscito dalla classifica, e “frocio” cala dello 0,7%, scendendo di 10 posizioni.
Dunque, siamo diventati un po’ più “civili” in questi ambiti? Non possiamo dirlo perché il campione, cioè le persone studiate da questa indagine non è molto rappresentativo di tutta la popolazione italiana. Il minor tasso di razzismo e omofobia potrebbero essere l’effetto del più alto livello di istruzione o di ceto delle persone che frequentano le università. Occorrerà allargare l’analisi al resto della popolazione per vedere se siamo davvero meno razzisti e omofobi (e ho seri dubbi al riguardo). Lieve aumento, invece, per gli insulti sessisti contro le donne, saliti del 10% (sono passati dal 2,1% al 2,3% del totale): cresce di 4,5 volte l’uso di “troia” (+ 1,3%), entrano in classifica “baldracca” (+0,2%) e “mignotta” (+ 0,1%), mentre le altre espressioni sono in calo: puttana (- 0,7%), vacca (-0,3%).
Un’ultima considerazione riguarda l’uso di espressioni dialettali. Anche se l’indagine è stata fatta in due città del Nord (Torino e Bologna), ho trovato una sola espressione in bolognese (socci, soccmel, al 23° posto) e nessuna in piemontese (come balengu o piciu). In compenso, appaiono invece altre espressioni originarie di altre zone d’Italia: la siciliana “minchia” (4°), il lombardo “pirla” (26°, in calo), il genovese “belin” (27°), le romanesche “mignotta” e “fregna” (27°) e il siciliano “suca” (27°). Il dato non sorprende, sia perché Torino e Bologna sono città con un alto tasso di immigrati da altre zone d’Italia, sia perché queste espressioni dialettali si sono oramai diffuse in tutto il Paese. Escono invece dalla classifica di oggi il romanesco “mortacci” e il toscano “bischero”.
Alla luce di questi dati, com’è cambiato l’uso delle parolacce nella nostra lingua parlata? E’ cresciuto molto: usiamo più parolacce e più spesso. Negli anni ‘90 sono state censite 45 espressioni volgari; oggi sono diventate 75, con una crescita del 67%. Dunque, il nostro arsenale di volgarità oggi è più fornito e vario rispetto al passato. E le diciamo più spesso: 27 anni fa le parolacce rappresentavano lo 0,08% delle parole pronunciate. Oggi sono triplicate, salendo allo 0,21%: rimangono un’eccezione, ma un’eccezione più abituale rispetto al passato. Ma cosa significano queste percentuali? Facciamo un esempio pratico. Si calcola che pronunciamo in media 16mila parole al giorno: suddivise in 16 ore di veglia, vuol dire che diciamo 1.000 parole all’ora. E quante di queste sono volgari? Lo 0,21% significa 2,1 parolacce all’ora. Nel 1992 lo 0,08% significava poco meno di 1 all’ora. Moltiplicando questi dati per le 16 ore di veglia, siamo passati da 12,8 a 33,6 parolacce al giorno. Dunque, per quanto siano cresciute molto, le parolacce restano poche, almeno nel linguaggio parlato: sui social network, invece, il discorso cambia e molto. Su Twitter, Facebook e chat le parolacce sono da 5 a 14 volte più diffuse (rappresentano dall’1% al 3%). A cosa è dovuto l’aumento di parolacce nel linguaggio parlato? A un fatto sotto gli occhi di tutti: il turpiloquio è stato “sdoganato” da cinema, tv, libri, radio, giornali e Web. E, soprattutto negli ultimi 25 anni, dai politici: ha iniziato Umberto Bossi, seguito da Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e poi a cascata tutti gli altri (lo raccontavo più diffusamente in questo articolo). Quindi, a differenza di 30 anni fa, siamo più abituati a leggerlo e ascoltarlo, e quindi anche a dirlo. Rispetto al passato abbiamo meno tabù: diamo meno peso alle espressioni volgari, e le diciamo più spesso e in qualunque ambiente. E a questa minor sensibilità si affianca però un’inflazione del loro potere: come la moneta si svaluta se ne circola molta, lo stesso avviene anche con le parolacce. Questa crescita, comunque, è significativa anche da un altro punto di vista: dato che il corpus KiParla ha censito le abitudini linguistiche di persone con alto livello di istruzione e di reddito, questo dimostra che il turpiloquio non è un’abitudine solo delle classi “basse”, ma è un fenomeno trasversale. E’ anche vero che lo “zoccolo duro” del campione era rappresentato da giovani fra i 19 e i 35 anni, che sono le fasce d’età che dicono più parolacce. Sarebbe interessante allargare l’analisi a tutti gli strati della popolazione, per verificare se la frequenza e la quantità di parolacce aumenta oppure no.
La più pronunciata laicità della cultura di oggi emerge anche da un altro aspetto: il maggior uso di metafore sessuali. Ho classificato infatti le 75 espressioni per tipo: parolacce sessuali, escrementizie, religiose, enfatiche e insulti. Una classificazione inevitabilmente approssimativa: la parola “stronzo”, ad esempio, pur nascendo con un significato escrementizio è più usata come insulto, e come tale infatti l’ho catalogata. Dunque, questa categorizzazione va letta come un’approssimazione: le espressioni scurrili sono usate con molte sfumature a seconda dei contesti, quindi è sempre una forzatura inserire una parolaccia in una sola categoria. Ciò detto, rispetto al 1992 non si registrano grandi cambiamenti. Le espressioni di tipo sessuale sono le più pronunciate, nella metà dei casi, seguite da quelle di origine religiosa. Le parolacce di origine sessuale sono le uniche in crescita (+9,8%). Tutti gli altri tipi di espressioni risultano invece in calo: diminuisce del 3,7% l’uso di espressioni religiose, del 2,9% l’uso di quelle enfatiche, del 2,4% gli insulti e dello 0,6% le parole escrementizie.
Hanno parlato di questo articolo: AdnKronos, Quotidiano nazionale (Giorno, Carlino, Nazione), Corriere Adriatico (bellissimo articolo), PortobelloPlace, Cina News, MeteoWeek, MeteoWeb, Yahoo notizie , World News, Ultim’ora news, Costa Paradiso News, San Marino tv, Voce di strada, Tweet imprese, Firenze Post, Vvox, Glonaabot, Curiosauro, Zazoom .
Bell’articolo de Il Corriere Di Bologna (clic per ingrandire)
Il 16 dicembre la trasmissione “Bonjour bonjour” di Radio Monte Carlo con Monica Sala, Massimo Valli e Stefano Andreoli. Potete ascoltare il momento cliccando sul player qui sotto:
La ricerca è stata citata in un servizio del Tg5 (edizione del 17 dicembre alle ore 20). Potete vedere il video cliccando sul player qui sotto.
(foto sopra: elaborazione Shutterstock).
Quali sono le parolacce più pronunciate dagli italiani? Quante ne diciamo ogni giorno? E di che tipo sono? In questo articolo risponderò a queste domande, basandomi sugli unici dati oggettivi che abbiamo in Italia.
Ma prima di farlo, devo spiegare come ho fatto a ottenere questi dati. Ho consultato i corpora, cioè una collezione di testi, dell’italiano parlato. L’unico modo (scientifico) di sapere quali e quante parole pronunciamo, infatti, è registrare varie conversazioni negli ambienti più diversi, e poi trascriverle parola per parola.
Un lavoro improbo, che in Italia è stato fatto diverse volte. L’unica collezione di parole accessibile, però, risale al 1992, cioè a 24 anni fa: purtroppo, le raccolte successive non sono disponibili.
Sto parlando del LIP, il Lessico di frequenza dell’italiano parlato: un insieme di quasi 500mila lemmi, che sono le trascrizioni di 57 ore di parlato registrate in 4 città (Milano, Firenze, Roma e Napoli) e in vari ambienti (casa, scuole, assemblee, luoghi di lavoro, mezzi di trasporto, telefono, radio, tv).
Il database di questo corpus è consultabile online su un sito estero: quello dell’Istituto di romanistica dell’Università Karl Franzens di Graz (Austria). Una risorsa straordinaria: se volete sapere quante volte diciamo una data parola, la base da cui partire per le ricerche è qui.
Io l’ho fatto con le parolacce. Basta inserire nel motore di ricerca (immagine a sinistra) l’elenco delle 301 parolacce principali della lingua italiana che avevo identificato sul mio libro (ne parlavo qui, e ricordo che, in realtà, il loro numero possibile supera le 3 migliaia, come raccontavo qui).
Dato che ogni lemma è censito nella forma originale in cui è stato detto, per ogni nome ho dovuto inserire le possibili forme, ovvero il genere (maschile / femminile), il numero (singolare / plurale), il modo dei verbi (infinito, participio, etc) e così via.
Il primo risultato è sorprendente, almeno per chi pensa che nella nostra epoca si dicano molte volgarità. Su 301 parolacce possibili, quelle effettivamente rilevate dall’indagine sono state 45: il 14,9%. Insomma, su un vasto carnet possibile di espressioni, la nostra scelta ricade solo su poco più di 1/10. Usiamo sempre le stesse.
Quanto alla frequenza, chi immagina un uso smodato di turpiloquio dovrà ricredersi: le espressioni volgari che ho trovato ricorrono 395 volte su un totale di 489.178 parole. In pratica, la volgarità rappresenta un misero 0,08% del totale delle parole che diciamo. Per avere un paragone, Tony McEnery, linguista dell’Università di Leicester (Uk), nel 2006 ha accertato che in inglese le parolacce sono lo 0,5% delle parole pronunciate. Dunque, rispetto ai britannici, diciamo 7 volte meno parolacce.
Ma questa frequenza riguarda la lingua parlata. Sui social network lo scenario cambia, come tutti ben sappiamo: secondo alcuni studi, su Twitter le scurrilità salgono all’1,15% (lo raccontavo qui), e nelle chat al 3% (fonte qui).
Vi sembrano poche? A ben guardare, no, se si considera che, in media, pronunciamo 15-16.000 parole al giorno: lo 0,5% significano 75-80 parolacce al giorno per gli inglesi, cioè 5 all’ora (escludendo 8 ore di sonno). E il nostro 0,08% è quasi una parolaccia all’ora.
E veniamo al secondo risultato, abbastanza prevedibile. La parolaccia più pronunciata dagli italiani è cazzo: quando un italiano dice una parolaccia, ha quasi una probabilità su 5 (il 17,7%) di evocare l’organo sessuale maschile. Seguono Madonna (intesa come esclamazione “Oh Madonna” o come rafforzativo, “della Madonna”), casino, Dio (anche in questo caso come esclamazione) e stronzo.
Nell’elenco non compaiono espressioni piuttosto diffuse, come minchia, tette o piscia. Le bestemmie censite sono state 2 (una contro Dio, una contro la Madonna) e quindi incidono solo per lo 0,5% del totale.
Ecco qui sotto la classifica dettagliata delle parolacce censite, in ordine decrescente di frequenza:
Terzo dato interessante, il tipo di parolacce (vedi grafico a destra): 2 su 5 sono espressioni di origine sessuale (in giallo nella tabella sopra, 39,2%), seguite da quelle religiose (1 su 5, ovvero il 19,7% in azzurro) e poi, quasi a pari merito, da parolacce enfatiche (verdi, 14,9%) e insulti (in rosso, 14,4%). Fanalino di coda, le espressioni escrementizie (in arancione, 11,6%): in questo, siamo agli antipodi rispetto ai tedeschi, come raccontavo in questo post.
Ma attenzione, queste percentuali vanno prese con le molle: sono un’approssimazione e non spiegano in modo dettagliato l’uso effettivo delle espressioni volgari in questo corpus. Per esempio, la parola coglione nasce per designare i testicoli, e l’ho quindi catalogata come espressione sessuale; ma l’uso effettivo può essere diverso: questa parola può essere usata anche come insulto (“sei un coglione”). E lo stesso ragionamento vale per le volgarità censite nelle altre categorie.
Ma pur con questi limiti, queste statistiche ci danno comunque un’idea concreta dei temi più ricorrenti nel nostro turpiloquio: il sesso è al centro delle nostre ossessioni, come pure la religione. In un Paese tradizionalista e cattolico come il nostro, non è affatto strano.Di questo post ho parlato con Betty Senatore e Silvia Mobili su “Ladies and Capital” su Radio Capital. Potete ascoltare l’intervento cliccando sull’icona qui sotto:
posizione |
parolaccia |
quantità |
% sul totale |
1° |
cazzo |
68 |
17,2 |
2° |
Madonna |
53 |
13,4 |
3° |
casino |
43 |
10,9 |
4° |
Dio |
25 |
6,3 |
5° |
stronzo |
16 |
4,1 |
6° |
balla / palla |
15 |
3,8 |
stronzata |
15 |
3,8 |
|
7° |
coglione |
13 |
3,3 |
culo |
13 |
3,3 |
|
8° |
incazzare |
10 |
2,5 |
scopare |
10 |
2,5 |
|
negro |
10 |
2,5 |
|
9° |
merda |
9 |
2,3 |
10° |
imbecille |
8 |
2,0 |
11° |
cretino |
7 |
1,8 |
12° |
deficiente |
6 |
1,5 |
fregare |
6 |
1,5 |
|
porco |
6 |
1,5 |
|
vaffanculo |
6 |
1,5 |
|
13° |
cagare / cacare |
5 |
1,3 |
pirla |
5 |
1,3 |
|
puttana |
5 |
1,3 |
|
14° |
bordello |
4 |
1,0 |
sega |
4 |
1,0 |
|
15° |
frocio |
3 |
0,8 |
mortacci |
3 |
0,8 |
|
16° |
bastardi |
2 |
0,5 |
bernarda |
2 |
0,5 |
|
cazzata |
2 |
0,5 |
|
figa |
2 |
0,5 |
|
pompino |
2 |
0,5 |
|
puttanate |
2 |
0,5 |
|
trombata |
2 |
0,5 |
|
vacca |
2 |
0,5 |
|
17° |
bischero |
1 |
0,3 |
cesso |
1 |
0,3 |
|
culattone |
1 |
0,3 |
|
culona |
1 |
0,3 |
|
fottuto |
1 |
0,3 |
|
pippa |
1 |
0,3 |
|
rompiballe |
1 |
0,3 |
|
rompicoglioni |
1 |
0,3 |
|
scazzi |
1 |
0,3 |
|
sfiga |
1 |
0,3 |
|
troia |
1 |
0,3 |
|
TOTALE |
395 |
100 | |
Percentuale sul totale delle parole |
0,08 |