psicologia | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Tue, 28 Aug 2018 10:05:46 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png psicologia | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Le fonti (nascoste) delle stronzate https://www.parolacce.org/2018/08/28/origine-bufale-studio/ https://www.parolacce.org/2018/08/28/origine-bufale-studio/#comments Tue, 28 Aug 2018 08:00:31 +0000 https://www.parolacce.org/?p=14386 Stanchi della marea di bufale di cui siamo bombardati? Per fermarle c’è un solo modo: capire cosa spinge a diffonderle. John Petrocelli, uno psicologo della Wake Forest University (Usa), ha indagato questi meccanismi con uno studio scientifico. Scoprendo una verità scomoda:… Continue Reading

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Un rilevatore di stronzate? Oggi sarebbe molto utile (montaggio disegno Shutterstock).

Stanchi della marea di bufale di cui siamo bombardati? Per fermarle c’è un solo modo: capire cosa spinge a diffonderle. John Petrocelli, uno psicologo della Wake Forest University (Usa), ha indagato questi meccanismi con uno studio scientifico. Scoprendo una verità scomoda: l’abbondanza di stronzate – le frasi dette a casaccio, senza curarsi della loro verità – non dipende solo dai moderni mezzi di comunicazione (tv, social network, Web), che consentono a qualunque idiota di arrivare a un vasto pubblico.
I veri responsabili di tutta questa fuffa, dice Petrocelli, sotto sotto, siamo noi. Noi che andiamo a chiedere opinioni alle persone sbagliate (impreparate), solleticando il loro narcisismo. Noi che le subiamo passivamente e pigramente, senza verificarle, dando agli spara bufale la sensazione di poter farla franca. E noi che possiamo facilmente trasformarci in spara-stronzate se non siamo abbastanza umili da tacere quando ci viene richiesto un parere su un tema di cui sappiamo poco e per sentito dire.
Insomma, se ci sono tante stronzate è perché c’è un terreno fertile, fuori e dentro di noi.

La ricerca di Petrocelli è interessante, ed è stata anche verificata con due esperimenti. Si intitola “Antecedents of bullshitting” ovvero “le precondizioni del dire stronzate”, ed è stata pubblicata sul “Journal of experimental social psychology”.

Il tipico “cazzaro”: parla senza preoccuparsi della verità di quanto dice (foto Shutterstock).

Prima di raccontarla, però, val la pena ricordare che cos’è la stronzata (che in italiano chiamiamo anche cazzata, minchiata, cagata): è un tipo particolare di menzogna, quella detta non per ingannare qualcuno, quanto per impressionarlo o semplicemente per non fare scena muta. “Chi dice una stronzata è del tutto indifferente alla verità o alla falsità di quanto afferma” precisa Frankfurt. “Parla a vanvera, solo per dire qualcosa, senza sapere di cosa stia parlando, e senza preoccuparsi delle conseguenze. I suoi discorsi sono aria fritta, parole vuote senza contenuto”.
Dunque, a chi spara stronzate (ai cazzari) non importa un fico secco della verità. Eppure, nei confronti di chi dice stronzate, però, c’è molta più tolleranza rispetto a chi mente. Forse perché a volte chi dice stronzate lo fa per confermare il legame, l’identità di un gruppo intorno a un’idea. E poco importa se quest’idea è un pregiudizio, basato su fatti non veri (tipo: “tutti i migranti sono criminali”).

Dunque, quali sono i fattori che inducono le persone a sparare cazzate? Secondo Petrocelli sono 4:
1) quando siamo (o ci sentiamo) obbligati a esprimere un parere su un argomento di cui non sappiamo nulla
2) quando chi ci ascolta sa poco o nulla di quell’argomento
3) quando chi ci ascolta è un nostro amico o comunque la pensa come noi
4) quando non siamo tenuti a dare le prove di quanto affermiamo

[ clicca sul + per aprire il riquadro ]

GLI ESPERIMENTI
Per testare questa ipotesi, Petrocelli ha fatto due esperimenti.
1) Nel primo ha reclutato (sul Web) 594 volontari: età media 38 anni, leggera prevalenza femminile (54%).
A loro ha chiesto di leggere un articolo su un ipotetico “Jim”, candidato al consiglio comunale e poi ritiratosi. Poi ha presentato 5 possibili spiegazioni di questa decisione. Alcuni dei partecipanti sono stati forzati a esprimere un’opinione. Ad altri è stato detto che le risposte sarebbero state valutate da persone che conoscevano Jim. Ad altri ancora sono state date più informazioni sullo stesso Jim.
Le persone che hanno detto più stronzate sono state quelle spinte a esprimere un’opinione e convinte che le risposte sarebbero state lette da persone non informate dei fatti. Dunque, la pressione sociale (le aspettative degli altri), unita alla certezza di farla franca, sono i due fattori che più di tutti creano terreno fertile per le stronzate.

2) Per il secondo esperimento Petrocelli ha reclutato 234 studenti universitari, a cui ha chiesto di fornire alcuni pareri che avrebbero dato crediti per un corso di psicologia.
Ad alcuni di loro ha detto di rispondere onestamente, ad altri, invece, che i loro pareri sarebbero stati valutati da esperti (docenti di sociologia) a cui avrebbero dovuto giustificare le proprie opinioni. Alcuni di questi esperti erano descritti con una mentalità simile a loro, altri no, e altri ancora non erano descritti affatto.
Anche in questo secondo esperimento, il mix fra pressione a rispondere e certezza di farla franca hanno prodotto il maggior numero di stronzate. Il fatto di dover provare le proprie affermazioni non è un fattore che scoraggia sempre e comunque.

Uno dei numerosi libri dedicati alle stronzate.

Quali conclusioni trarre da questa ricerca?
La prima, e molto importante, è questa: se una persona si sente pressata a dover esprimere un’opinione, anche se non è informato su un determinato argomento, pur di non deludere i suoi interlocutori dirà qualcosa, e quel “qualcosa” saranno stronzate. Soprattutto (visto che l’occasione fa l’uomo ladro) quando pensa di farla franca, perché sa che gli altri sono ignoranti quanto lui e non andranno a verificare perché lo stimano e si fidano.
Dunque, sta a noi discernere se qualcuno sia davvero informato su una questione, prima di chiedergli che cosa ne pensa. E questo vale, spiace dirlo, soprattutto per i politici attuali, sempre meno preparati a muoversi in una realtà, dominata dalla finanza e dalla globalizzazione. Colpa loro, se sparano stronzate, ma colpa anche di quanti (giornalisti, presentatori, elettori) che chiedono loro un parere su argomenti di cui sono palesemente all’oscuro.
In ogni caso, sta a noi, il pubblico, tener desto il senso critico: se qualcuno fa un’affermazione, chiedergli le prove. O cercarle noi stessi. Faticoso, ma non c’è altra via.
Ma attenzione: dobbiamo guardarci non solo dagli spara bufale che ci circondano, ma anche dal cazzaro che c’è in ognuno di noi: se qualcuno ci chiede un parere su un argomento che conosciamo a malapena, per sentito dire, quanti di noi si trattengono dal dare un’opinione non documentata, pur di non apparire incolti o impreparati? Non è facile ammetterlo, ma le cose che sappiamo davvero sono poche. Dovremmo, insomma, ricordarci l’antica massima del filosofo greco Socrate: “so di non sapere“.

Se il tema stronzi & stronzate vi interessa, su questo blog trovate altri articoli per approfondire:

quali fattori mentali ci rendono più vulnerabili a credere alle stronzate

chi è lo stronzo

che cosa significa la faccia da stronzo

l’incredibile storia del professor Stronzo Bestiale

 

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Paese che vai, insulto che trovi https://www.parolacce.org/2008/04/19/paese-che-vai-insulto-che-trovi/ https://www.parolacce.org/2008/04/19/paese-che-vai-insulto-che-trovi/#respond Sat, 19 Apr 2008 18:43:00 +0000 http://www.parolacce.org/?p=41 C’erano un francese, un tedesco e un italiano… L’italiano insultò il tedesco paragonandolo ai genitali maschili (= testa di c a z z o), il tedesco reagì equiparandolo a un deretano (harschloch, buco di culo), e il francese li offese tutti… Continue Reading

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originalC’erano un francese, un tedesco e un italiano… L’italiano insultò il tedesco paragonandolo ai genitali maschili (= testa di c a z z o), il tedesco reagì equiparandolo a un deretano (harschloch, buco di culo), e il francese li offese tutti e due comparandoli ai genitali femminili (con, figa)…

Ma perché ogni Paese usa termini tanto diversi per offendere? La domanda non è banale: in ogni cultura, infatti, un insulto riflette un sistema di valori, paure, giudizi.
Quando scrivevo “Parolacce” , per mesi ho cercato invano una ricerca che facesse questi paragoni interculturali, dandone una spiegazione. Ma non ho trovato nulla. Il mese scorso, però, un’équipe di studiosi guidata dal professor Jan Pieter van Oudenhoven, docente di psicologia interculturale all’università di Groningen (Paesi Bassi) ha cercato di rispondere a questa domanda con una ricerca sicuramente geniale nei propositi, ma con luci e ombre nei risultati.

Jan Pieter van Oudenhoven

Jan Pieter van Oudenhoven

Vista la portata e la storicità di questa ricerca, pubblicata sull’Intercultural Journal of Intercultural relations e intitolata “Terms of abuse as expression and reinforcement of cultures” (Termini di abuso come espressione e rinforzo delle culture) faccio uno strappo all’usuale sintesi dei miei post per riferirne e commentarne per la prima volta i risultati in modo analitico, grazie alla disponibilità del professor Oudenhoven.

 

Campione

 

2.994 studenti (41% maschi, 59% femmine), età media: 22 anni, di 11 nazioni  (dai 91 della Francia ai 421 della Croazia):

  •  Croazia 14%
  • Olanda: 13,4%
  • Usa: 12,8%
  • Polonia: 12,3%
  • Germania: 11,7%
  • Spagna: 9,5%
  • Grecia: 7,1%
  • Gran Bretagna: 6,7%
  • Norvegia: 5,6%
  • Italia: 3,9%
  • Francia: 3%

 Metodo

Volontari reclutati nei bar o nei corridoi delle università. Sondaggio: “immagina che un uomo/una donna oppure un amico/un’amica ti urti in modo rude, si volti verso di te ma senza mostrare alcun cenno di scusa. Tu sei furioso: cosa gli/le diresti?”.

 I volontari dovevano scrivere i primi 5 insulti che gli venivano in mente, valutandoli con una scala di offensività (da 1, “Non molto offensivo” a 5 “Molto offensivo”).

 In questo modo si valutava il combinarsi di 8 fattori: se il soggetto era maschio/femmina, se il destinatario dell’insulto era maschio/femmina e amico/non amico.

 Le interviste hanno generato 12.000 risposte: dall’analisi sono state escluse le imprecazioni e le maledizioni (ma in realtà ciò non è accaduto, v. sotto).

Obiettivi

Verificare le differenze culturali nella scelta dei termini insultanti quando si prova rabbia per un torto subìto (nello specifico, la mancanza di educazione e considerazione).

 L’insulto è un giudizio negativo su una persona che infrange importanti regole condivise da un gruppo sociale.

Riferimenti teorici

original

Geert Hofstede

Gli autori della ricerca fanno riferimento alle teorie del sociologo olandese Geert Hofstede, che ha identificato 5 categorie culturali o dimensioni (= atteggiamenti, valori che ispirano i comportamenti) nei popoli occidentali:

  •  individualismo/collettivismo
  • mascolinità/femminilità
  • distanza di potere
  • evitamento dell’incertezza
  • orientamento a lungo termine/a breve termine.

 Per gli autori della ricerca, gli insulti possono essere categorizzati nelle prime 2 dimensioni: individualismo (= ciascuno pensa per sè) o collettivismo (=l’individuo vale in quanto collabora a un gruppo o una famiglia) e mascolinità (= essere dominatore, deciso e di successo) o femminilità (= dar valore alle emozioni, ai rapporti sociali, alla qualità di vita).

 

Ipotesi di partenza

Gli autori volevano verificare, studiando gli insulti più usati, la validità di questa classificazione culturale:

  • Culture collettive: Spagna, Grecia, Croazia
  • Culture individualiste: Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Usa
  • Culture mascoline: Germania, Italia, Gran Bretagna e Usa
  • Culture femminili: Norvegia, Olanda

 (Spagna e Grecia sono sia mascoline che femminili).

 Risultati

"Cretino" è l'insulto più usato secondo i risultati della ricerca olandese.

“Cretino” è l’insulto più usato secondo i risultati della ricerca olandese.

  Prima di riferirvi se le ipotesi di partenza sono state confermate o meno dai risultati del test, voglio soddisfare una curiosità: quali sono state le parolacce più usate dagli italiani?

 Se il bersaglio degli insulti era un uomo:

  •  cretino/imbecille/idiota (31,9% del totale degli insulti agli uomini)
  • v a f f a n c u l o (21%)
  • c a z z o (17,2%)
  • maleducato (16,3%)
  • s t r o n z o (13,6%)

 Se il bersaglio degli insulti era una donna:

  •  cretina/imbecille/idiota (25,5% del totale degli insulti alle donne)
  • s t r o n z a (25,5%)
  • v a f f a n c u l o (22,3%)
  • maleducata (16,7%)
  • c a z z o (10%)

Per non dilungarmi, per i risultati delle altre nazioni cito solo il 1° insulto in classifica:

 USA

 Bersaglio maschile:

  •  a s s(hole): buco di culo (47%)

 Bersaglio femminile:

  •  b i t c h: cagna, zoccola (38%)

 

Spagna

 Bersaglio maschile:

  •  imbecil/subnormal/idiota (34%)

 Bersaglio femminile:

  •  imbecil/subnormal/idiota (34%)

 

Germania

 Bersaglio maschile:

  •  idiot/depp (32,6%)

 Bersaglio femminile:

  •  bloed/dumm: stupida (34,8%)

 

Gran Bretagna

 Bersaglio maschile:

  •  t w a t, c u n t: f i g a (26,4%)

 Bersaglio femminile:

  •  b i t c h: cagna, zoccola (40,6%)

Grecia

 Bersaglio maschile:

  •  blakas/elithia/more: stupido (53,7%)

 Bersaglio femminile:

  •   blakas/elithia/more: stupido (38,8%)

 

Olanda

 Bersaglio maschile:

  •  k l o o t z a k /l u l/e i k e l: c a z z  o (61,5%)

 Bersaglio femminile:

  •  h o e r/b i t c h/s l e t: z o c c o l a (37,7%)

 

Norvegia

 Bersaglio maschile:

  •  F a e n/jaevel/satan: diavolo (34,1%)

 Bersaglio femminile:

  •  F a e n/jaevel/satan: diavolo (39,7%)

 

Francia

 Bersaglio maschile:

  •  connard/connasse/con: f i g a, nel senso di stupido (66,6%)

 Bersaglio femminile:

  •  connard/connasse/con: f i g a, nel senso di stupido (50%)

 

Croazia

 Bersaglio maschile:

  •  k r e t e n(u)/i d i o t e: idiota, cretino (39,3%)

 Bersaglio femminile:

  •   k u r a c: c a z z o (34%)

 

Polonia

 Bersaglio maschile:

  •  c h a m (zotico) e k u rw a (p u t t a n a): 26,5%

 Bersaglio femminile:

  •  co   za    k u k t u r a: malnato (43,8%)

La mole di dati generati dalla ricerca è stata notevole: un totale di 9.528 termini, che i ricercatori hanno riunito in 16 categorie a seconda dei significati: genitali, anormalità mentale, azioni sessuali, stupidità, inadeguatezza sociale, escrementi e analità, animali, puttana, famiglia e relazioni, maleducazione, inadeguatezza sessuale maschile, handicap fisici, diavolo, provenienza rurale, malattie, sporcizia.

 Agli autori la categorizzazione importava per classificare i Paesi secondo le dimensioni di Hofstede. Ecco i risultati.

 

Individualismo/collettivismo

 Croazia e Spagna si confermano culture collettive: si insultano le persone qualificandole come adultere, figli di madri di facili costumi. Contrariamente alle aspettative dei ricercatori, la Grecia è risultata più individualista che collettiva negli insulti: gran parte dei termini usati faceva riferimento alla categoria della stupidità.

Mascolinità/femminilità

 La Germania, insieme all’Italia e alla Gran Bretagna, si è confermata una cultura mascolina, orientata al successo. E – nonostante i ricercatori l’avessero catalogata come femminile – anche l’Olanda.

 Per quanto riguarda la virilità, ovvero la prestanza sessuale maschile, è risultata un valore (quindi un disvalore se manca) solo in Spagna, dove è diffuso l’appellativo c a b r o n (c o r n u t o).

Conclusioni

Testa di....: una T-Shirt universalmente comprensibile.

Testa di….: una T-Shirt universalmente comprensibile.

1)  La Norvegia è specializzata nei termini che evocano il diavolo, che esprimono l’ansia per quanto può accadere dopo la morte. L’unicità della Norvegia è l’effetto del suo relativo isolamento come comunità protestante.

 2)      La Spagna si distingue per l’uso (l’ossessione) di termini che si riferiscono alla virilità e – insieme alla Croazia – all’onore familiare. È l’influsso del cattolicesimo che dà alto valore alla famiglia

 3)      La Grecia usa spesso termini che si riferiscono ad handicap fisici

 4)      L’Olanda usa spesso termini che si riferiscono a malattie.

 5)      I termini sessuali sono diffusi ovunque. Olanda e Francia usano per lo più termini riferiti ai genitali e alla promiscuità sessuale femminile (puttana); Italia, Gran Bretagna e Usa utilizzano azioni sessuali e p u t t a n a; la Croazia è più focalizzata su azioni sessuali e genitali.

 6)       Le critiche sulla mancanza di intelligenza sono le più diffuse in tutte le culture. In questo campo, le donne sono criticate con termini meno pesanti rispetto agli uomini. E le donne usano più spesso degli uomini gli insulti sulla mancanza di intelligenza (cretino, idiota, etc): segno che per loro l’intelligenza è una caratteristica importante. Gli uomini sono paragonati più spesso a genitali, mentre le donne più spesso ad animali. In tutti i Paesi le donne ricevono meno insulti degli uomini: solo in Germania e in Croazia ne ricevono di più. Ovviamente solo le donne sono qualificate come “troie”.

 7)      Il vocabolario anale è molto usato in Germania e in Italia, ma è comune anche in Grecia, Usa e Francia. È quasi assente in Polonia, Olanda e Croazia. Secondo gli autori, l’ossessione per il mondo anale è segno della loro ossessione per la pulizia.

 8)      I termini che evocano animali sono frequenti in Germania e Croazia, scarsi negli Usa.

 9)      Per quanto riguarda gli uomini, in Spagna si fa leva sulle relazioni familiari (figlio di…) e sulla virilità; in Germania sull’inadeguatezza sociale e virile e sul vocabolario anale; e in Olanda su malattia e genitali. L’Olanda è risultata una cultura meno femminile di quanto ci si aspettasse.

 10)  La mancanza d’educazione è un aspetto considerato rilevante in Italia, Spagna, Francia e Grecia.

 11)   In generale, Polonia e Usa utilizzano meno termini insultanti rispetto agli altri Paesi.

Pregi e limiti di questa ricerca

 

Il calciatore olandese Mark Van Bommel fa il gesto dell'ombrello: una "maledizione" (v. sotto) globale.

Il calciatore olandese Mark Van Bommel fa il gesto dell’ombrello: una “maledizione” (v. sotto) globale.

Partiamo dai pregi: a quanto mi risulta, è il primo studio scientifico che tenta un paragone interculturale nello studio degli insulti usati in vari Paesi. E questo non è un fatto da poco.

Ma la ricerca presenta alcuni limiti.

 1)      sul piano metodologico, la scelta del campione (limitato a studenti universitari) lo rende poco rappresentativo di tutte le fasce d’età e sociali; e anche la quantità è tutt’altro che rilevante. Ma per migliorare questi aspetti occorrono molti fondi…

 2)      Il test ha esaminato un particolare tipo di situazione: la rabbia passeggera per la mancanza di considerazione/educazione/rispetto. Una situazione per così dire media, che non rappresenta tutta la gamma di insulti: se il torto subìto fosse stato più rilevante (per esempio, se l’ipotetico protagonista della simulazione avesse ferito la vittima o l’avesse derubata) non ci sarebbe stato spazio per gl insulti moderati (cretino).

 3)      Per quanto riguarda le parolacce italiane, poi, i 117 intervistati erano studenti in università olandesi. Un campione limitato come tipo e come quantità. Senza contare che i risultati non sono del tutto comprensibili: a parte v a f f a n c u l o scritto con una “f” in meno, non si capisce se c a z z o vada inteso come imprecazione (c a z z o! E che c a z z o!) oppure come insulto (c a z z o n e, testa di c a z z o). Il che ci conduce al limite più grosso, ovvero il successivo.

 4)      Consultando la bibliografia della ricerca, emerge che gli studi interculturali e sociali sono molto più numerosi rispetto a quelli specialistici sul turpiloquio. E infatti lo schema di inquadramento dei risultati mostra diverse debolezze: gli autori volevano concentrarsi solo sugli insulti, ma hanno incluso anche le maledizioni (augurare il male a qualcuno: v a f f a n c u l o) e forse anche le imprecazioni (c a z z o!). Si tratta di parolacce molto diverse fra loro: l’imprecazione è uno sfogo fra sé e sé, senza la volontà di offendere qualcuno; la maledizione è una parolaccia rivolta al futuro: ha potere a condizione che il destinatario creda nella sua possibilità di avverarsi. L’insulto, invece, è l’offesa più potente (pur con diverse gradazioni) perché abbassa l’autostima di chi la riceve emarginandolo o qualificandolo come fallito e anormale.

 5)      Anche la categorizzazione degli insulti nelle 16 categorie citate sopra mi sembra migliorabile: la distinzione fra genitali e azioni sessuali è labile, come quella fra anormalità mentale e stupidità; e mi lascia perplesso dare dignità a sè stante alla categoria della provenienza rurale (zotico, villano, riconducibili alla maleducazione e all’inadeguatezza mentale). In “Parolacce” avevo proposto una categorizzazione più sintetica, in 7 aree: comportamentale, sessuale, etnico-sociale, escrementizia, mentale, fisica e religiosa.

Il dibattito è aperto. E in ogni caso, ben vengano le ricerche che indagano aspetti così eloquenti nelle differenze fra una cultura e l’altra. Un campo vsstissimo, aancora tutto da indagare. E pieno di sorprese affascinanti. Altro che c a z z a t e.

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