Regno Unito | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Sun, 20 Aug 2023 13:21:11 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Regno Unito | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Ora siamo pari: anche le donne sono volgari https://www.parolacce.org/2016/11/11/uso-parolacce-maschi-femmine/ https://www.parolacce.org/2016/11/11/uso-parolacce-maschi-femmine/#comments Fri, 11 Nov 2016 14:49:26 +0000 https://www.parolacce.org/?p=11197 Altro che linguaggio “da caserma” o da “scaricatori di porto”. Ormai le parolacce non sono più il tratto distintivo dei maschi rudi, in contrapposizione alle femmine ben educate. Oggi infatti le donne sono diventate becere quanto gli uomini: la volgarità,… Continue Reading

The post Ora siamo pari: anche le donne sono volgari first appeared on Parolacce.]]>
shutterstock_399873253Altro che linguaggio “da caserma” o da “scaricatori di porto”. Ormai le parolacce non sono più il tratto distintivo dei maschi rudi, in contrapposizione alle femmine ben educate. Oggi infatti le donne sono diventate becere quanto gli uomini: la volgarità, insomma, è uno dei campi dove la parità uomo-donna è stata raggiunta. Anzi, le donne potrebbero perfino superare gli uomini in un non lontano futuro.
Lo scenario emerge da due ricerche appena pubblicate negli Usa e nel Regno Unito. Entrambe mostrano infatti che le donne hanno eguagliato gli uomini nell’uso di espressioni scurrili. Certo, occorre sempre prudenza nell’estendere i risultati anche all’Italia (che ha una cultura più religiosa e più maschilista e tradizionalista rispetto al Regno Unito), ma in tempi di globalizzazione le culture di Paesi della stessa area geografica tendono a somigliarsi. Del resto, che il trend sia in atto anche in Italia è fuori discussione: basta pensare alle espressioni usate da Mara Maionchi, da Luciana Littizzetto o da Daniela Santanché. Oppure alla “santona” sarda che afferma di curare i tumori con le parolacce. O ai diversi gruppi di “donne alfa” che stanno impazzando su Facebook: grintose, aggressive, e senza peli sulla lingua. Il loro slogan: “anch’io ero romantica, tutta sole-cuore-amore. Poi sono cresciuta, e ora sono sticazzi-suca-vaffanculo”. (Foto Shutterstock).

Ma vediamo in dettaglio che cosa dicono le ricerche. La più interessante e completa è quella britannica: i primi risultati sono stati anticipati in questi giorni dalla stampa, e parolacce.org ha ottenuto in anteprima alcuni dettagli in più. Per il testo definitivo coi risultati generali della ricerca, tuttavia, occorre aspettare fino al 2018.
Il progetto è stato realizzato dall’Economic and ­Social Research Council con le università di Lancaster e di CambridgeI ricercatori hanno reclutato 376 volontari (di tutte le età e ceti sociali), che hanno registrato per 3 ore al giorno le loro conversazioni con amici e familiari dal 2012 al 2015: un obiettivo ormai facile da raggiungere grazie agli smartphone. In questo modo hanno ottenuto un database di 5 milioni di parole dell’inglese parlato. Poi l’hanno confrontato con il British national corpus, il database di parole raccolte negli anni ‘90.
Ecco i risultati riferiti all’uso della parolaccia più popolare in inglese,
fuck (scopare, fottere, fanculo):

Inglese parlato anni ‘90 Inglese parlato anni 2000
Uomini Donne Uomini Donne
Fuck: 1.000 volte su 1.000.000 di parole (0,1%) Fuck: 167 volte su 1.000.000 di parole (0,01%) Fuck: 540 volte su 1.000.000 di parole (0,05%) Fuck: 546 volte su 1.000.000 di parole (0,05%)

Dunque, mentre negli ultimi 20 anni gli uomini hanno dimezzato l’uso di parolacce, le donne le hanno quintuplicate. E oggi ne dicono quante gli uomini, anzi risultano in leggero vantaggio rispetto agli uomini: fra un decennio li sorpasseranno? I segnali già ci sono: le donne usano 10 volte più degli uomini la parola “merda” (shit).

macerata2

Campagna promozionale dell’Università di Macerata.

Anche se – meglio precisarlo – è probabile che le donne usino un lessico scurrile diverso da quello degli uomini: questo, almeno, era lo scenario emerso da ricerche svolte negli anni precedenti.
“Oramai” commenta Tony McEnery, a capo della ricerca “non esiste più un linguaggio maschile e uno femminile. Non ci sono più parole che gli uomini possono dire e le donne no”. Uno scenario tutt’altro che inatteso. Si inserisce nel più generale mutamento dei costumi sociali avviato negli anni ‘60: il linguaggio è diventato sempre più informale (lo abbiamo visto in politica e sui giornali, per esempio), e le donne non sono più gli “angeli del focolare”, tutte casa-e-famiglia, ma sono entrate a pieno titolo nel mondo del lavoro, dove l’aggressività e la competitività si esprimono anche con un linguaggio rude.

La ricerca britannica ha esaminato anche altri 2 fattori che influenzano l’uso del turpiloquio: il ceto sociale e l’età. E anche in questi ambiti le sorprese non mancano, rivela Robbie Love, uno dei linguisti che sta curando la ricerca.
Per quanto riguarda i ceti sociali, le parolacce sono ancora oggi un tratto distintivo delle classi meno abbienti e acculturate. Ma si sono diffuse più a macchia d’olio, livellando le classi sociali: si sono triplicate nella classe media, sono aumentate di oltre il 40% fra gli operai, ma sono diminuite del 18% nelle classi sociali più basse, come mostra la seguente tabella sull’uso di fuck/milione di parole:

Stato socio-economico Anni ‘90 Oggi
dirigenti, professionisti 433 (0,04%) 459 (0,04%)
impiegati 108 (0,01%) 345 (0,03%)
operai 735 (0,07%) 1054 (0,1%)
lavoratori non qualificati, disoccupati 971 (0,09%) 793 (0,07%)

Per quanto riguarda l’età, lo scenario è più complicato da valutare perché i dati di oggi sono suddivisi con criteri diversi rispetto a quelli di 20 anni fa. In ogni caso, alcune tendenze sono chiare: le parolacce restano più diffuse fra i più giovani, come in passato, ma si è impennato l’uso fra gli over 40 anni e fra gli anziani oltre i 60 anni. Anche questo un segno dei tempi. Ecco luso di fuck/milione di parole suddiviso per età:

età Anni ‘90 Oggi
0-14 851 0 (età 0-10)
15-24 1549 115 (età 11-18)
25-34 619 991 (età 19-29)
35-44 75 447 (età 30-39)
45-59 139 389 (età 40-49)

107 (età 50-59)

60+ 19 84

shutterstock_351414998Ma sull’uso delle parolacce e l’età arrivano altri risultati da un sondaggio di Wrike, una multinazionale statunitense del software. Lo scorso settembre ha posto una serie di domande a 1.542 lavoratori in vari campi (marketing, informatica, ricerca e sviluppo, finanza, risorse umane) approfondendo la diffusione del turpiloquio negli uffici.
Il 57% degli intervistati ha ammesso di dire parolacce sul luogo di lavoro, per lo più occasionalmente (49%), fra colleghi di pari grado (80%), alla scrivania (67%) e di persona (94%). Sono più propensi a dire parolacce al lavoro i Millennials, cioè i più giovani (66%), rispetto agli over 40 anni (54%), ovvero i membri della Generazione X (nati negli anni ‘70-’80) e del Boom economico del Dopoguerra (nati fra il 1946 e il 1964). (Foto Shutterstock).

Anche questo studio conferma che la differenza di genere è sparita nel turpiloquio. Anzi sono più le donne (60%) ad ammettere di dire parolacce sul luogo di lavoro, contro il 55% degli uomini (che però le dicono più spesso). E, almeno nella generazione dei Millennials (i nati fra gli anni ‘80 e il 2000), sono più gli uomini (27%) che le donne (18%) a essere infastiditi se qualcuno impreca al lavoro. Si stanno addirittura invertendo i ruoli? E’ tutto da vedere: il campione di questa ricerca non è rappresentativo di tutte le età e di tutte le categorie sociali.
Per quanto riguarda i settori lavorativi, infine, emergono altre curiosità interessanti. Sono soprattutto gli addetti della sanità a usare più parolacce (64%), seguiti da chi lavora nella finanza (62%) e nel terziario (61%). Anche questo uno scenario facilmente spiegabile: medici e infermieri lavorano a stretto contatto col dolore e la morte, gli economisti coi soldi e gli impiegati con altre persone, il fisco e la burocrazia. Impossibile restare calmi in questi contesti.

The post Ora siamo pari: anche le donne sono volgari first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2016/11/11/uso-parolacce-maschi-femmine/feed/ 1
L’origine della “spagnola” (e non parlo di influenza) https://www.parolacce.org/2014/12/01/spagnola-nome-sesso/ https://www.parolacce.org/2014/12/01/spagnola-nome-sesso/#comments Mon, 01 Dec 2014 15:09:50 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6784 Quando si parla di pratiche sessuali, si trovano molti termini fantasiosi e divertenti: smorza-candela, 69, posizione del missionario… Ma ce n’è uno che ha un’origine misteriosa: la spagnola, ovvero la pratica erotica che consiste nel sollecitare il pene facendolo scorrere… Continue Reading

The post L’origine della “spagnola” (e non parlo di influenza) first appeared on Parolacce.]]>
ford2

Pubblicità allusiva del profumo Tom Ford.

Quando si parla di pratiche sessuali, si trovano molti termini fantasiosi e divertenti: smorza-candela, 69, posizione del missionario… Ma ce n’è uno che ha un’origine misteriosa: la spagnola, ovvero la pratica erotica che consiste nel sollecitare il pene facendolo scorrere tra i seni.
Un lettore di questo blog, Tristan, mi chiede da dove arriva questo termine. In effetti, cosa c’entra questa pratica con la Spagna? Ho deciso di indagare, anche perché gran parte dei dizionari (Zingarelli, Sabatini-Coletti, Garzanti) non la cita: eppure è un’espressione diffusa nel gergo sessuale.
Una forma di censura? Direi di no: i dizionari citano parole ben più pesanti. Forse è un’ignoranza di questo uso lessicale, o una forma di snobismo verso le parole gergali.

Eppure la spagnola – intesa come pratica – esiste da millenni. E’ citata infatti nel testo erotico per eccellenza della letteratura mondiale, il “Kama sutra”. Nell’India del VI secolo, l’autore, Vatsyayana, cita, nel capitolo dedicato agli abbracci, la viddhaka (o viddbaka), la trafittura: “il ragazzo le tocca ripetutamente i seni, serrandoli con forza finché lei non prova un certo piacere, allora infila la verga tra i seni di lei, trafiggendoli” (cap. 2, “Gli abbracci”, 9). Forse dall’India questa pratica si è poi diffusa in occidente? Un indizio c’è: nel Regno Unito questa pratica è chiamata “Bombay roll“, ovvero “rotolo di Bombay”. L’India, ricordiamolo, era una colonia britannica. Ma – vedremo più avanti – in realtà la storia della spagnola è più complicata: perché non si chiama l’indiana, allora?

In Italia il primo testo che la descrive risale al 1500, un secolo aureo per le parolacce e per l’erotismo, come raccontavo già nel mio libro. Lo studioso di lessico Giovanni Casalegno ne ha trovata un’efficace descrizione in un’opera attribuita a Pietro Aretino, “Il piacevol Ragionamento de l’Aretino. Dialogi di Giulia e di Maddalena”: qui una cortigiana esperta racconta i “trucchi del mestiere” a una novizia. A quell’epoca, infatti, le prostitute divennero parte della vita cittadina, e gli uomini di cultura se ne interessarono descrivendo la loro vita, le loro pratiche e la loro mentalità. Ecco che cosa dice la cortigiana: “‘io, vedendo a grandissima voglia che esso ne aveva per grandissima compassione mi contentati che lo tenesse fra le mie mammelle, ed egli premendo l’una e l’altra con le mani e tenendole strette attorno la faccenda sua, quella menando in su e in giù, mi sentii tutta bagnata il collo…”.

500x500

Album di una rock band milanese, i Malesuada

Dunque, la pratica è descritta ma non ha un nome specifico. Bisogna attendere altri 4 secoli prima che lo riceva: la prima traccia che la spagnola lascia nella nostra letteratura risale infatti al 1980, con il libro “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Per capire perché, bisogna allargare l’orizzonte geografico. La spagnola è chiamata così  non solo in Italia, ma anche in Francia (branlette espagnole, cioè “masturbazione spagnola), Germania e Austria (Spanisch), Portogallo (Espanhola), Grecia (Ισπανικό), come spiega Wikipedia.
Perché questa pratica è stata associata alla Spagna invece che all’India? Ho trovato 4 ipotesi per spiegare questo nome. Nella Parigi di inizio ‘900, le famiglie altolocate avevano domestiche spagnole, e i ricchi dell’epoca si facevano masturbare da loro in questo modo per non rischiare di metterle incinta, come racconta il film francese Sitcom (1998) di François Ozon. Un’altra ipotesi è che questa pratica fosse usata invece dagli spagnoli con le prostitute, sempre per evitare gravidanze indesiderate o malattie sessuali. O, infine, che fosse un’abitudine dei Mori (i musulmani berberi che popolarono la Spagna) con le prosperose donne spagnole. Una quarta possibile spiegazione, infine, fa risalire questa pratica a Napoli, dove nei quartieri spagnoli – nel XVI secolo si diffuse la sifilide: le prostitute di quei quartieri (dove erano di stanza varie truppe dei soldati francesi) adottarono quella pratica per evitare il contagio della sifilide.
Personalmente, però, propendo per la prima ipotesi: il termine, anche fuori d’Italia, è entrato di recente nei vocabolari.

Ma come si spiega, allora, che la spagnola cambi nazionalità a seconda dei Paesi? In Spagna, infatti, non si chiama spagnola ma cubanain Messico, in Venezuela e nei Paesi Bassi diventa la russa, in Argentina la turca, nel Regno Unito e negli Usa la scopata olandese (ma anche russa o francese)… Forse la spiegazione è un’altra: che questa pratica accenda la fantasie erotiche se associata a una donna esotica, disponibile, procace. Basti ricordare una canzone maliziosa del 1906, “La spagnola” di Vincenzo di Chiara: “stretti stretti nell’estasi d’amor / la spagnola sa amar così…” (clicca sul video sotto).
Alla fine, le donne più sexy sono le straniere: non solo perché “l’erba del vicino è sempre più verde”, ma soprattutto perché è più rassicurante che siano disinibite le donne di altri Paesi. Zoccola è sempre la moglie degli altri, mai la nostra.


The post L’origine della “spagnola” (e non parlo di influenza) first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2014/12/01/spagnola-nome-sesso/feed/ 6
Quando un Potere insulta un altro Potere https://www.parolacce.org/2013/01/18/poliziotto_plebeo/ https://www.parolacce.org/2013/01/18/poliziotto_plebeo/#respond Fri, 18 Jan 2013 15:50:27 +0000 http://www.parolacce.org/?p=1064 Uno scandalo martellante sui giornali. Una crisi di governo. Manifestazioni di piazza. La dimissione di un segretario parlamentare. Le ombre di un complotto. Un’inchiesta che impegna 30 poliziotti da mesi… Può un semplice insulto scatenare tutte queste reazioni? Sì. Il… Continue Reading

The post Quando un Potere insulta un altro Potere first appeared on Parolacce.]]>

Manifesto dei laburisti: a chi credete? Alla polizia o al conservatore Andrew Mitchell?

Uno scandalo martellante sui giornali. Una crisi di governo. Manifestazioni di piazza. La dimissione di un segretario parlamentare. Le ombre di un complotto. Un’inchiesta che impegna 30 poliziotti da mesi… Può un semplice insulto scatenare tutte queste reazioni? Sì.
Il caso è scoppiato in Gran Bretagna, ed è costato la carriera politica – almeno per ora – al capogruppo del partito di maggioranza, i conservatori, Andrew Mitchell. Il quale, secondo le accuse, avrebbe detto a un poliziotto: «Sarà meglio che impari a stare al tuo fottuto posto. Tu non fai funzionare questo fottuto governo. Sei un fottuto plebeo» («Best you learn your fucking place. You don’t run this fucking government … You’re fucking plebs»).
Ma i poliziotti non si sono lasciati impressionare: lo hanno accompagnato al cancello pedonale, e prima di andarsene, Mitchell è sbottato. Al punto che gli agenti hanno dovuto ricordargli che rischiava l’arresto se avesse continuato a insultarli.

La copertina del "Sun" che ha denunciato il caso.

Il poliziotto ha fatto rapporto ai propri superiori e la storia è finita sui giornali: lo scoop è stato del “Sun”, e pochi giorni dopo il “Telegraph” ha pubblicato integralmente il verbale dell’episodio. Che ha fatto scandalo, per vari motivi: non tanto per le parolacce, quanto soprattutto per l’insulto classista («plebeo») al poliziotto, che per inciso era una donna, stando a quanto riferisce ancora il “Telegraph.
“Plebeo” è chi appartiene a un ceto sociale basso, e per traslato significa anche “inferiore”, in tutti i sensi. Detto da un esponente del governo, conservatore (per tradizione, il partito dei ricchi e dei privilegiati) e per di più un ricco banchiere quale è Mitchell, il caso non poteva che suscitare un’ondata di indignazione.
Con un’ulteriore aggravante: è uno dei rari casi (in Gran Bretagna, non certo in Italia) in cui un’istituzione offende un’altra istituzione. Nello specifico, un politico di governo insulta un esponente delle forze dell’ordine. Una situazione che rischia di provocare un pericoloso cortocircuito: se il Potere non rispetta se stesso, perché dovrebbero rispettarlo i comuni cittadini? E all’interno del Potere, c’è un Potere di serie A (i politici) e uno di serie B (i poliziotti)?
Insomma, un caso molto scivoloso, che è stato ribattezzato dai media britannici
il “plebgate“, parafrasando il Watergate.

Una delle T-shirt di protesta: "plebeo e orgoglioso".

La stampa e la tv lo hanno cavalcato per giorni, ma anche la politica (molti, anche tra i conservatori, hanno caldeggiato le dimissioni di Mitchell) e la stessa polizia: diversi agenti hanno manifestato davanti alle sedi del governo indossando una T-shirt con la scritta “PC pleb and proud”, ovvero “Agente di polizia (Police Constable) plebeo e orgoglioso”.
Una reazione simile era accaduta in Italia, quando nel 2006
Berlusconi definì «coglioni» gli elettori di sinistra, che reagirono scendendo in piazza con cartelli “Io sono un coglione” o “Fiero di essere un coglione”.

Mitchell, dal canto suo, ha negato di aver insultato la poliziotta, ammettendo solo di essere sbottato in uno sfogo colorito: «Ragazzi, si suppone che voi dobbiate darci un fottuto aiuto» («You guys are supposed to fucking help us»). Mitchell si è comunque scusato per l’espressione, ma questo non è bastato a spegnere le polemiche.

La lettera di dimissioni di Mitchell.

Al punto che, dopo poco più di un mese dall’episodio, il 19 ottobre, Mitchell ha dovuto rassegnare le sue dimissioni al premier David Cameron, ribadendo la propria versione dei fatti, scusandosi per il linguaggio inappropriato, ma dicendo ancora una volta di non aver dato dei “plebei” agli agenti. Mitchell si è detto costretto a uscire di scena per non mettere in difficoltà i propri familiari e colleghi di partito.
Ma i colpi di scena non sono finiti. Un sedicente testimone che aveva scritto una mail al vice di Mitchell, confermando la versione della polizia, si è rivelato un mentitore. E il mese scorso il “Guardian” ha pubblicato il filmato dell’epsiodio, registrato dalle telecamere a circuito chiuso di Downing Street. Il video sembra smentire questa versione dei fatti: si vedono l’agente che accompagna Mitchell al portone, senza interazioni e in silenzio. Un episodio che si esaurisce in 20 secondi, e apparentemente senza testimoni.
E così il caso si è riaperto:  la polizia vi ha dedicato 30 agenti (“operazione Alice”) e molti hanno gridato al complotto. Ma l’inchiesta non è ancora finita, e non si escludono ulteriori colpi di scena.

Nel frattempo, la Gran Bretagna si prepara a riformare le leggi sull’ordine pubblico, depenalizzando gli insulti. Un provvedimento “ad personam”? No: le discussioni su questo tema erano iniziate a maggio dell’anno scorso, ben prima del “plebgate”. Oggi in Gran Bretagna, la Legge sull’ordine pubblico del 1986 prevede ammende fino a 1.000 sterline e l’arresto per chi usa parole minacciose, offensive, ingiuriose che possano causare molestie, allarme o disagio.
Il problema è che la legge britannica non definisce in modo chiaro in che cosa può consistere un comportamento insultante. E questo ha innescato casi paradossali: nel 2006 uno studente universitario un po’ alticcio aveva chiesto a un agente di polizia se il suo cavallo fosse gay. Il poliziotto gli elevò una contravvenzione di 80 sterline, ma lo studente si rifiutò di pagarla e finì in cella. E non è stato l’unico caso del genere: un altro giovane era finito dietro le sbarre per aver definito Scientology un “culto pericoloso”.

Così un gruppo di parlamentari, guidati dal conservatore David Davis, hanno lanciato la campagna “Feel free to insult me” (Sentiti libero di insultarmi), per riformare la legge, considerata un eccessivo limite alla libertà di espressione. Una campagna a cui aveva aderito anche l’attore comico Rowan Atkinson (Mr Bean).
Pochi giorni fa il segretario di Stato Agli affari interni, Theresa May, ha annunciato che la legge sarà riformata. Che succederà? Chiunque potrà avvicinarsi a un poliziotto e dirgli che è un plebeo? Probabilmente no. In realtà la riforma nasce dal fatto che diversi britannici sono finiti nei guai con la giustizia semplicemente per aver esercitato un sacrosanto diritto di critica, anche con prove documentate (com’è avvenuto al giornalista del “Guardian” Simon Singh che aveva criticato l’efficacia delle cure chiropratiche). E questo mina la democrazia ben più a fondo che offendere un agente: se non posso chiamare “ladro” uno che ruba, che civiltà è?

 

Su questo post sono stato intervistato da radio Capital, nella trasmissione “Capital in the world” del 21 gennaio intitolata, per l’occasione, “Parolacce in the world”. Per sentire la puntata basta cliccare qui.

The post Quando un Potere insulta un altro Potere first appeared on Parolacce.]]>
https://www.parolacce.org/2013/01/18/poliziotto_plebeo/feed/ 0