ristoranti bizzarri | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Sat, 26 Oct 2024 14:18:37 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png ristoranti bizzarri | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 I ristoranti dove l’insulto è servito https://www.parolacce.org/2023/10/20/ristoranti-pub-parolacce/ https://www.parolacce.org/2023/10/20/ristoranti-pub-parolacce/#respond Fri, 20 Oct 2023 10:34:51 +0000 https://www.parolacce.org/?p=20060 Il più famoso è “La parolaccia” a Roma: un ristorante dove i camerieri usano un linguaggio volgare con i clienti. Ora la formula potrebbe diventare globale: una società australiana ha aperto infatti una catena di 8 ristoranti del genere, “Karen’s… Continue Reading

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Cameriere e clienti al “Karen’s diner” a Sydney.

Il più famoso è “La parolaccia” a Roma: un ristorante dove i camerieri usano un linguaggio volgare con i clienti. Ora la formula potrebbe diventare globale: una società australiana ha aperto infatti una catena di 8 ristoranti del genere, “Karen’s diner”, dall’Australia al Regno Unito fino all’Indonesia. Sono gli unici casi o ce ne sono altri? Sì: non molti (se ne conoscete altri, segnalateli nei commenti a fine articolo), e qui vi racconto le loro storie cercando di capire i motivi del loro successo, e a volte di alcune figuracce: insultare un cliente è un azzardo pericoloso, giocato sul filo del rasoio, e occorre uno spirito realmente ironico e giocoso per alleggerirli, altrimenti le offese pesano come macigni

La madre di tutti i ristoranti

L’ingresso di Cancio “La parolaccia”.

Partiamo da un punto fermo: la formula del ristorante insultante è stata inventata in Italia, per puro caso (non per marketing) nel 1951. In un’osteria, “Da Cencio” (vezzeggiativo dal nome del titolare, Vincenzo De Santis) aperta 10 anni prima. Qui, una sera, l’attore Massimo Serato aveva sentito per caso la titolare del locale che cantava stornelli popolari sboccati. Serrato, divertito, chiese alla donna se poteva replicare lo show la sera successiva. L’attore si presentò all’osteria con un gruppo di amici vestiti di tutto punto: i camerieri li sbeffeggiarono chiamandoli “pinguini” e passarono un’allegra serata fra stornelli e parolacce.

Massimo Serato

Da allora la sua fama crebbe: vi fu paparazzata la principessa Soraya, moglie ripudiata del re di Persia e fu frequentata da molti attori come Anna Magnani, Alberto Sordi, Vittorio Gassman. Ed è aperta tuttora, con un clima di caciara fra insulti, linguaggio sboccato, piatti tradizionali (il locale è nel cuore di Trastevere) e karaoke. Oltre ai camerieri avvezzi a insultare, infatti, nel locale si esibisce un animatore accompagnato da un pianista. Spiritoso l’avviso sul sito Internet per il giorno di chiusura: “domenica semo chiusi. Magnate a casa. Non fare il permaloso, stai al gioco. Tacci (mortacci) tua!”. 

Il locale è stato citato da vari film. Il più celebre (e divertente) è “Fracchia la belva umana” (1981) nel quale però è stato ribattezzato “Da Sergio e Bruno, gli incivili”.

Gli altri in giro per il mondo

Le parolacce accorciano le distanze, creano un clima di schiettezza, di confidenza, di gioco e di libertà: ecco perché la formula del ristorante “a insulto libero” ha fatto presa. Con l’aggiunta che un cameriere che ti insulta rompe un tabù, quello della cortesia e della buona educazione. Questo spiega perché molti cercano questa esperienza insolita.
I ristoranti di questo genere nati all’estero non sembrano aver copiato la formula italiana: sono nati a volte in modo spontaneo, altre con un evidente intento di marketing. Ma quando gli insulti sono giocati senza la leggerezza di un autentico spirito goliardico, in molti casi sconfinano
nella mancanza di rispetto e in un clima greve, tutt’altro che divertente. Spesso i locali di questo genere preferiscono camerieri di sesso femminile, perché un insulto detto da una ragazza suona meno minaccioso per i clienti (ma dipende da cosa e come lo dice, comunque…).

WIENERS CIRCLE - Chicago (Usa) dal 1983
  

Le panche del Wiener’s circle di Chicago.

E’ un chiosco di hot dog, celebre perché, durante i turni notturni, camerieri e clienti usano un linguaggio volgare. La tradizione è nata nel 1992, quando Larry Gold, uno dei proprietari, chiamò “stronzo” un cliente ubriaco, per attirare la sua attenzione. Da allora, di notte, camerieri servono hot dog e insulti ai clienti, in un clima goliardico. E con questo spirito, nel 2016, il locale ha inserito in menu il “Trump footlong”, un hot dog lungo 30 cm. Quell’anno, infatti, il senatore Marco Rubio aveva affermato, in campagna elettorale, che Trump avesse le mani piccole “E voi sapete cosa si dice sui tizi che hanno le mani piccole”, ha aggiunto velenosamente, riferendosi alle dimensioni del sesso. Al che Trump gli ha replicato “Te lo garantisco, non c’è problema. Te lo garantisco”. Così i titolari del chiosco hanno lanciato l’hot dog “superdotato”, ovviamente con lo slogan “Make America great again”.

La locandina con il riferimento agli “Shit hole countries” (Paesi-cesso) di Trump

E quando, nel 2018, Trump definì i Paesi africani, Haiti e l’Honduras come “shit hole countries”, ovvero “Paesi cesso, Paesi di merda”, il locale ha scritto sulla propria insegna “Le persone di tutti i Paesi sono benvenute in questo cesso”. Una buona dose di autoironia, oltre che di satira politica.
L’estate scorsa il Wieners circle ha ospitato come cameriere il cantante Ed Sheeran, che durante una tappa del suo tour ha servito un centinaio di hot dog, ma non si è sentito di insultare nessuno.“Il nostro nuovo apprendista ha ancora molto da imparare” hanno scritto sul profilo Twitter del chiosco. “È troppo educato e amichevole”.

Qui il sito ufficiale. E qui un video andato in onda sul programma “Conan” sulla TBS:

 

DICK’S LAST RESORT - Las Vegas (Usa), dal 1985
  

L’ingresso del “Dick’s last resort” a Las Vegas.

Il nome significa “L’ultima risorsa di Dick”, ma in inglese “dick” indica anche il sesso maschile: il nome vuol dire anche “l’ultima risorsa del cazzo”. E’ una catena di 12 fra bar e ristoranti negli Stati Uniti. La formula prevede uno staff volutamente sarcastico, che insulta i clienti. A questi ultimi viene fornito un cappello di carta con scritti vari insulti: devono indossarlo durante la loro permanenza nel locale.  I camerieri sono volutamente grezzi e provocatori: lanciano senza riguardo i tovaglioli e le posate sui tavoli dei clienti, e danno risposte maleducate. 

Qui il sito ufficiale, e qui sotto un video:

 

KAREN’S DINER - Sydney (Australia), dal 2021
  

I camerieri del Karen’s diner di Brighton posano con  il dito medio. Clienti avvisati

Il nome “Karen”, nel gergo australiano, indica “donna anziana e scortese, ignorante e arrogante” (megera). Durante la pandemia da Covid-19, il termine è diventato popolare perché designava, in modo sarcastico, le donne di 50-60 anni che si opponevano al lockdown e al distanziamento sociale per puro egoismo personale. E in questo contesto è nata l’idea del locale: «Il famigerato meme di Karen stava diventando virale nello stesso momento in cui il nostro personale doveva far rispettare i Green Pass e altre restrizioni, il che implicava il dover gestire molti comportamenti “alla Karen” da parte dei clienti. In realtà le persone erano solo frustrate dal lockdown, ma questo ci ha fatto venire l’idea di capovolgere il mantra dell’ospitalità e creare un locale in cui il personale potesse essere scortese con i clienti ed essere pagato per questo», racconta uno dei fondatori, Aden Levin. 

Il ristorante, all’inizio, doveva essere temporaneo, e rimanere aperto solo per 6 mesi. Ma ha suscitato dibattiti accesi: sui giornali, alcuni temevano che un clima di insulti potesse degenerare, a danno dei camerieri. Tutta pubblicità: il ristorante non solo è rimasto aperto, ma ha aperto 8 filiali fra Regno Unito e Indonesia. Non sono mancate, tuttavia, le scivolate nel cattivo gusto, e a spese dei clienti, più che dei camerieri: nel 2022 il locale è finito nella bufera per un video diventato virale su TikTok: un cameriere faceva commenti offensivi su una cliente minorenne, e dava del “pedofilo” al padre che stava cenando con lei. I proprietari hanno preso le distanze dal comportamento. Da allora al personale è stato imposto di evitare gli insulti basati su razzismo, sessismo e omofobia.

Al Karen’s Diner la maggior parte dei camerieri è di sesso femminile perché «è meglio quando una donna, o un uomo effeminato interpreta una Karen, piuttosto che un uomo minaccioso che insulta i clienti», hanno spiegato i titolari. Tuttavia, guardando i video registrati all’interno, le cameriere, sempre corrucciate, non sembrano molto spiritose. 

Qui il sito ufficiale, e qui un video girato nel locale:

LA TIENDA DEL MUÉRGANO - Barranquilla (Colombia), dal 2022
  

Le cameriere della “tienda del Muergano”.

E’ un ristorante nel quale le cameriere insultano i clienti (la frase tipica è «Che cosa prendi, figlio di puttana?»).
L’atteggiamento rimane comunque ironico, e i clienti hanno altrettanta libertà di rispondere a tono.
Il locale colombiano (l’unico del genere che ho trovato nei Paesi latini) ha fatto furore da quando alcuni influencer colombiani ne hanno parlato pubblicando articoli e video recensioni.

 

Qui il sito ufficiale, e qui sotto un video:

Quelli che hanno chiuso
  

DURGIN-PARK, Boston (Usa). Negli anni ‘70 era noto per le sue cameriere impertinenti e scontrose. Secondo la storia, il ristorante tendeva ad assumere per lo più vedove anziane che non necessariamente avevano bisogno di un reddito ma cercavano qualcosa da fare, e trovavano che lavorare a Durgin-Park fosse molto socievole. A quel tempo, le persone che entravano, per la maggior parte, erano uomini che uscivano da lunghi turni e tendevano a essere scortesi con loro, e arrivarono al punto che iniziarono a ricambiare subito. Poi il locale ha cambiato gestione e ha chiuso nel 2019.

Edsel Fung con alcuni clienti

SAM WO, San Francisco (Usa): Era un ristorante cinese, ritrovo della “beat generation”, frequentato da scrittori come Allen Ginsberg e Charles Bukowski. Ma divenne famoso per un altro motivo: la presenza di Edsel Ford Fung, “il cameriere più grezzo del mondo”. Fung era un omaccione: alto un metro e 80, capelli a spazzola, accoglieva i clienti al grido di «Siediti e stai zitto», imprecava se qualcosa andava storto, non esitava a definire «ritardati» o «ciccioni» i clienti che non gli piacevano (e spesso non li serviva neppure). «Praticava un malvagio sarcasmo che assumeva aspetti di performance art» scrivevano le guide turistiche dell’epoca. Citato in vari film e romanzi americani, Fung è morto nel 1984. Il suo ruolo è stato ereditato dalla figlia, altrettanto scortese e irascibile. Fino alla chiusura del locale nel 2012 per motivi sanitari (feci di ratto in cucina). 

COACH AND HORSES, Londra (Regno Unito). Era uno dei locali più in voga di Soho. Divenne celebre per i modi rudi del proprietario Norman Balon, che vi lavorò dal 1943 fino al 2006. «Sono scortese per natura. Non ho pazienza con nessuno», diceva. E così non esitava a dire frasi come «Non sei un fottuto cliente abituale. Quelle stronze laggiù sono fottutamente clienti abituali». Lui, comunque, era orgoglioso di questa nomea tanto che aveva fatto stampare, sulle scatole di fiammiferi del locale, la scritta “Il barista più rude di Londra”. Qui sotto un breve documentario su Balon:

 Se vi è piaciuto questo articolo, potete leggere anche: 

⇒ I 20 ristoranti più sfacciati del mondo, ovvero i locali esteri con insegne volgari in italiano: da “Pizza cazzo” alla “Cantina della baldracca”, fino alla “Zoccola del pacioccone”.

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I documenti ufficiali delle società “Kaka Kazz” e Skassa Kazz” dell’imprenditore pugliese Luigi Aseni.

La sua storia ha fatto scalpore quest’estate: un imprenditore pugliese, Luigi Aseni, 37 anni, ha avuto successo in Scozia aprendo una catena di bar, i Boteco do Brasil. E ha battezzato le sue società “Skassa Kazz “, “Rumba Kazz” e “Kaka Kazz“. Quella che gestirà il locale Mango si chiamerà “Mango Pu Kazz“.
La storia è stata scoperta da Milena Gabanelli, per la rubrica DataRoom del “Corriere della Sera”. Mi ha divertito, e allora mi sono chiesto se fosse l’unica del genere. Non lo è: in giro per il mondo – in Europa ma anche in Asia, Africa, America e Oceania – ho trovato 21 negozi, per lo più ristoranti, con nomi volgari. Dalla “Cantina baldracca” (Lisbona) alla società di import “Pirla” (Berlino). Dunque, il mondo è pieno di società del Kazz
.
Ma prima di mostrarvi la lista di questi locali, una domanda sorge spontanea: che cosa scatta nella testa degli italiani che aprono attività all’estero? Perché si affidano a un linguaggio da Cinepanettoni per i loro business?

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BEFFA, MARKETING E NOSTALGIA

Il fenomeno è interessante, oltre che divertente. E ha varie ragioni. Innanzitutto, quando siamo all’estero, cadono i nostri tabù linguistici: gli stranieri non capiscono le parolacce italiane, quindi le diciamo in libertà, senza preoccuparci di scandalizzare  o di indignare qualcuno. Insomma, un bello sfogoE permette di esprimere le proprie emozioni in modo schietto e immediato,in un momento carico di passioni: quando si apre un’azienda si è eccitati per l’avventura, preoccupati per il suo successo, ispirati per trovare nuove strade, arrabbiati per i contrattempi…

Negozio di ottica a Pamplona (Spagna), in Calle del Vínculo. L’accento, dunque, cade sulla “i”: ma se cade sulla “u”, l’insegna acquista ben altro senso. 

E al tempo stesso, usare un nome, un’insegna scurrile è anche uno scherzo, una beffa: immaginate di essere allo sportello della Camera di Commercio britannica e di dire ad alta voce (o scrivere) il nome della vostra società: “Mango Pu Kazz limited”. Tanto l’impiegato non sarà in grado di capirne il significato: riderete alle sue spalle. Una goliardia di contrabbando, una provocazione mimetizzataInfatti nel Regno Unito non se n’è accorto nessuno, e l’attività imprenditoriale di Aseni è stata anche premiata. Ma quando alcuni fornitori italiani si sono visti arrivare fatture intestate alla società “Skassa Kazz”, hanno strabuzzato gli occhi: pensavano fosse uno scherzo, un falso.
E quando un nome simile finisce addirittura in vetrina, su un’insegna, all’estero diventa un’allusione, un messaggio in codice: un italiano, vedendo un ristorante che si chiama “Cantina baldracca” farà una risata. E ne sarà anche incuriosito: il messaggio è rivolto a lui, che è in grado di capirlo anche a migliaia di km dall’Italia. E, tutto sommato, è anche un modo di esprimere la nostalgia dell’Italia.
Dunque, anche questo è marketing: una parolaccia attira sempre l’attenzione. A maggior ragione in un luogo dove non viene detta perché si parla un’altra lingua. E così molti italiani entrano per curiosità o si fanno fotografare davanti all’ingresso.
In giro per il mondo ho scoperto una dozzina di attività con un nome che in Italia sarebbe decisamente improponibile. Sono per lo più ristoranti, bar e fornitori di alimentari, a testimonianza che il cibo muove le nostre passioni. Unica eccezione, un negozio di vestiti.

Ecco la lista dei 21 ristoranti più sfacciati del mondo (tutti verificati).
Se ci andate, fatevi raccontare la loro storia… e condividetela nei commenti

CANTINA BALDRACCA

A Lisbona (Portogallo). E’ una pizzeria italiana, sicuramente fondata da nostri connazionali.
Sul suo menu ha scritto uno slogan in rima: “Cantina Baldracca, quando a fome ataca”, ovvero: “Cantina Baldracca, quando colpisce la fame”.

 

 

 

Pagina internet su TripAdvisor

BISCHERO

A Ginevra (Svizzera). E’ una focacceria italiana, probabilmente fondata da toscani. Prepara anche lasagne, piadine e parmigiana. Probabilmente gli svizzeri ticinesi capiranno il nome, ma quelli di lingua francese non immagineranno che è un insulto.

Sito ufficiale

CHE CULO!

Phnom Penh (Cambogia). La spiritosa  insegna campeggia su un cocktail bar che serve anche hamburger, poco lontano dalle rive del Mekong. Non ho trovato informazioni sulla sua storia, ed è un peccato: i suoi gestori hanno fatto un bel viaggio per aprire un locale in una cultura molto diversa dalla nostra.

Pagina Internet su TripAdvisor

ROTTINCULO

Dublino (Irlanda): il termine, come noto, può significare sia “fortunato” che “omosessuale” (in senso spregiativo). Chi ha fondato il locale, che nel frattempo ha chiuso, voleva con tutta probabilità puntare sul primo dei due significati: un modo spiritoso di evocare la buona sorte. Il locale era un ristorante italiano, e preparava diversi piatti  siciliani.

Sito su Facebook

COL ‘CACCHIO

Cape Town (Sud Africa). E’ una catena di pizzerie in Sud Africa. Un cliente ha raccontato così l’origine del nome:
I
l titolare si era rivolto a un italiano per avere consigli su come fare una buona pizza e quando e quanto far lievitare l’impasto. L’italiano, sicuro che il proprietario del ristorante non sarebbe mai riuscito a fare una pizza come quella partenopea, disse: Col cacchio che farai un’ottima pizza! Il ristoratore, raccogliendo la sfida, non solo fece una buona pizza, ma volle chiamare il suo ristorante “Col Cacchio”.

Sito Internet ufficiale 

IL BORDELLO

Londra (Regno Unito). Il locale offre piatti della cucina italiana. E’ un ristorante-pizzeria di grandi dimensioni e il suo nome evoca le case di tolleranza, altrimenti dette “casini”. Il menu prevede vari piatti tipici, dalla caprese alla bruschetta; ma ha una grave lacuna, visto il nome del locale: mancano gli spaghetti alla puttanesca.

Sito Internet ufficiale 

TERRONI

Toronto (Canada). Tutto è iniziato con un negozio che vendeva cibi italiani. Poi è diventato una pizzeria, e oggi è una catena di 8 ristoranti che offrono cibi italiani. Inutile dire che il gruppo è stato fondato da due immigrati italiani d’origine meridionale.

Sito Internet ufficiale 

LA FIGA

Londra (Regno Unito). Il locale, un ristorante di specialità italiane, è stato fondato da un italiano goliarda, che ha osato l’inosabile. Tanto, chi lo capisce? Su Tripadvisor, infatti, un utente, alla fine di una recensione, scrive: “What does La Figa mean?” (cosa significa La Figa?).
Sul Web le recensioni dei nostri connazionali sono quasi tutte positive, e le battute si sprecano: “W la figa!”, “Non è un ristorante del cazzo”, “Sono curioso di entrarci dentro” e “Quando arriva il conto sono cazzi”.
Il nome, per quanto osè, è comunque diffuso nel mondo: c’è una pizzeria “La figa” a Rio de Janeiro (Brasile) e  un “Cafè Figa” a Viña del Mar (Cile) .

Sito Internet ufficiale

PIZZA CAZZO

Golbey (Francia). Il ristoratore ha scelto un nome provocatorio ma musicale, perché basato su un’allitterazione (cioè la ripetizione di lettere: -izza -azzo). Il locale si trova in una piccola città nella Francia orientale, e l’ho inserito qui per “par condicio” dopo il locale precedente. Le poche recensioni sul Web non sono positive.

Segnalazione su un portale di ristorazione 

 

FACCIA DI CULO JEANS

Hong Kong (Cina). E’ l’unico locale di questa lista che non sia un ristorante. Il negozio di abbigliamento è stato fondato da un italiano, Oreste Carboni, che ha ideato il marchio dopo essersi stabilito a Hong Kong (ha sposato una donna cinese). Su Flickr alcuni hanno commentato: “Gli spedisco subito il curriculum, anzi: il curriculo”. Ma il negozio è stato chiuso anni fa.

Segnalazione su Flickr 

LA ZOCCOLA DEL PACIOCCONE

Amsterdam (Paesi Bassi). Il nome è lungo e composito. Ma non per attenuare l’impatto del termine “zoccola”, bensì perché il locale – una pizzeria con forno a legna – è attigua a un altro ristorante, che si chiama per l’appunto “Il pacioccone”. Il locale si trova in un vicolo del centro storico.

Segnalazione su un sito turistico

CULO DEL MONDO

Werdohl (Germania). Il nome lo trovo davvero spiritoso, anche se sarebbe stato più appropriato in Cambogia o in Nuova Zelanda invece che nel cuore d’Europa, nella Germania nord occidentale. Ma tant’è: comunque, a dispetto del nome, il ristorante non sembra il tipico angolo d’Italia all’estero: le recensioni raccomandano le sue bistecche.

Segnalazione su TripAdvisor

VAFFANCULO

Buenos Aires (Argentina). “Il vero sapore della gastronomia italiana: Vaffanculo Cantina Italiana”. Più che uno slogan, sembra uno sfogo rabbioso… Ma tant’è. Il locale propone alcune specialità italiane, soprattutto i primi piatti.

Il sito ufficiale 

LA PUTTANA

Lisbona (Portogallo). Ecco un altro locale in Portogallo, dove negli ultimi anni sono emigrati diversi italiani. E questa attività commerciale è una scelta tipica: una pizzeria. L’insegna fa effetto, anche perché il termine non è così lontano dal suo equivalente portoghese (puta). Se una cameriera o la titolare del locale rispondesse al telefono, però, vivrebbe una situazione imbarazzante: “La Puttana?” “Sim” (“Puttana?” “Sì”).

Sito Internet

CHE FIGATA

Naperville (Usa). In inglese si dice “cool”. L’equivalente italiano è “Che figata”: ed è proprio così che è stato chiamato un ristorante italiano a Naperville. Certo, un nome difficile da dire per gli anglofoni, tanto che in alcuni annunci viene spiegata anche la pronuncia, per quanto a spanne (Kay / Fah-gah-tah). 

PIZZERIA STRONZO

A Santiago del Cile (Cile). Impossibile sapere la storia di questa pizzeria, abbastanza popolare a Santiago. Il titolare non sembra di origini italiane: forse ha imparato questa parola in un viaggio in Italia o da amici italiani. Ha anche lanciato cappellini griffati “Stronzo”, sovrastati dalla scritta “ingredientes naturales” (come del resto è naturale lo stronzo…). Risulta esserci un’altra pizzeria con il medesimo nome a Zurigo.

 

Pagina internet su Facebook

KAGO SUSHI

Varsavia (Polonia). L’insegna è esilarante ma tutt’altro che invitante per un italiano. Eppure il suo significato è innocente: in giapponese vuol dire “cestino di sushi”. E’ un ristorante di specialità nipponiche nel cuore della capitale polacca. E ha scatenato vari commenti ironici da parte di clienti italiani, tipo: “All you can shit” (invece di “all you can eat”); “Lo chef si chiama Urinawa Suimuri”; “Questo piatto è Ushito Nakagata”.

segnalazione su TripAdvisor

 

POMPINO

Auckland (Nuova Zelanda). Non sono riuscito a ricostruire la storia di questo locale, un caffè ristorante: se sia stato fondato a un emigrato italiano, o no, ma il fatto che in menu abbiano la pasta fa pensare di sì. Uno dei visitatori del sito ha commentato: “Dopo una mangiata al ristorante Pompino, una bella grappa Bocchino”.

segnalazione su TripAdvisor

PORCO DIO

Lleida (Spagna). E’ una pizzeria fondata, c’è da scommetterlo, da italiani. E oltre all’insegna anche il menu non lascia spazio all’immaginazione: le pizze, invece di “margherita” o “quattro stagioni”, si chiamano “vaffanculo”, “baldracca”, “coglione” e così via. La pizza raccomandata si chiama “Madonna santa”. Nelle recensioni, comunque, molti affermano che in questo locale si mangi “da Dio” (alcuni dicono di aver fatto “una cena della Madonna”).

Il sito ufficiale

GNOCCA

Las Palmas (Spagna). E’ un piccolo ristorante a Nord dell’isola Gran Canaria. A giudicare dal menu, a base di lasagne e gnocchi, i suoi gestori sono senz’altro italiani. Il nome probabilmente nasce come variante di gnocco, uno dei piatti forti del locale. Ma ovviamente strizza l’occhio al significato di vulva o anche, più in generale, di “bella donna”. 

Il sito ufficiale

BELIN

Mogan (Spagna). Il ristorante è sul lungomare di Mogan, a Gran Canaria. Si potrebbe pensare a una semplice omonimia con il termine ligure che designa l’organo sessuale maschile (e, per estensione, le persone di scarso valore intellettuale): ma il ristorante è gestito da liguri, quindi la scelta è stata decisamente consapevole

segnalazione su TripAdvisor

PIRLA

Berlino (Germania). Non si sa nulla di questa impresa, che importa cibi italiani in Germania. I suoi camion sono fotografati con divertimento dai nostri connazionali lungo le strade tedesche. Vista la scelta lessicale, la ditta deve essere stata fondata da imprenditori di origine lombarda.

Sito internet

Conoscete – all’estero – altre ditte, negozi, attività con nomi scurrili? Segnalatele nei commenti (precisando dove sono, e il loro sito Internet): aggiornerò la lista

Di questo post ha parlato la trasmissione “I Vitiello” su Radio DeeJay il 22 agosto 2019.
Per ascoltarla, cliccate sul riproduttore qui sotto:

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