sciacquina | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Fri, 27 Dec 2019 12:16:19 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png sciacquina | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Cin-cin, curva e altre parole da non dire all’estero https://www.parolacce.org/2016/03/23/falsi-amici-italiano/ https://www.parolacce.org/2016/03/23/falsi-amici-italiano/#comments Wed, 23 Mar 2016 17:08:52 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9741 Il più famoso è il cin-cin: se fate un brindisi con amici giapponesi, evitatelo come la peste. Nel Paese del Sol Levante, infatti, significa pene, nel senso di organo sessuale maschile (montaggio con foto Shutterstock). Ma non è l’unica espressione italiana che,… Continue Reading

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cinCin2Il più famoso è il cin-cin: se fate un brindisi con amici giapponesi, evitatelo come la peste. Nel Paese del Sol Levante, infatti, significa pene, nel senso di organo sessuale maschile (montaggio con foto Shutterstock). Ma non è l’unica espressione italiana che, in altre lingue, ha un significato volgare.
Avevo già raccontato (
qui) i casi contrari: ovvero le parole straniere che in italiano suonano come parolacce.  Ora, però, visto che si avvicinano le vacanze (e i viaggi) di Pasqua, vale la pena conoscere i fenomeni inversi: i “falsi amici” italiani, ovvero le nostre parole che hanno assonanze con parolacce straniere: ne ho trovate 28 in 8 lingue (se avete altri casi da segnalare aggiornerò la lista). Se le conosci, le eviti: se non volete rischiare equivoci o situazioni imbarazzanti

 

CECO

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Gli Szeki Kurva, gruppo punk.

Flag_of_the_Czech_RepublicSe andate a Praga, non dite che avete preso una curva: in ceco, kurva non è una strada tortuosa, significa puttana. Il termine è diventato molto celebre, tanto da essere usato anche in altri Paesi dell’est: Polonia, Russia, Ucraina, Bielorussia.
E ha un’etimologia curiosa: il termine, infatti, ha davvero a che fare con le curve. In passato, infatti, le donne che avevano difetti fisici (tra i quali le gambe “incurvate” o “arcuate”) erano emarginate perché considerate inadatte al lavoro nei campi e ad allevare figli. Così, alle “zitelle” con questo difetto fisico, non restavano molte alternative: spesso diventavano prostitute. E come tali erano mal viste dalle altre donne, che hanno caricato di disprezzo il termine kurva.

Non è l’unico termine imbarazzante in ceco. Anche la parola panna può creare equivoci: significa vergine, che non è una parolaccia ma introduce un tema sessuale mentre siamo convinti di parlare di cibo.
E il nostro avverbio
così ha una pronuncia simile a kozy, che vuol dire capre ma anche tette.

FINLANDESE
Flag_of_FinlandQui, la parola panna è ancora più pesante che in Repubblica ceca: significa mettere, anche nel senso di fottere, scopare. E attenti: portto non è un molo ma vuol dire puttana, come akka (occhio quando fate lo spelling: non è la H!). La parola bimbo, invece, è per adulti: significa tetta, sciocco, coglione.

UNGHERESE

Flag_of_HungarySe dite che state seguendo un ciclo di conferenze, potreste risultare comici: ha la stessa pronuncia di csikló, che significa clitoride.  Ma va decisamente peggio per chi ha un amico o un marito si chiama Pino: non chiamatelo ad alta voce in strada, perché il suo suono è identico a pina, che vuol dire fica.

SPAGNOLO

Flag_of_Spain

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“Nonna, passami la canna!”

Nonostante le notevoli corrispondenze fra la nostra lingua e lo spagnolo, i “falsi amici” sono numerosi. Anche fra le espressioni volgari. Per esempio, parlando di verdure, attenti a dire porro: significa persona goffa, maleducata e stupida, ed è anche un sinonimo gergale di spinello. Così come il burro non è un alimento: vuol dire asino, incivile, grezzo.
Chi si occupa di lavorazione delle pelli, meglio che sappia che concia, in molti Paesi latino-americani (Argentina, Perù, Bolivia, Cile, Guatemala, Paraguay, Uruguay) ha lo stesso suono di concha, fica (in origine significa conchiglia).
Se volete andare a pranzo in Messico, Ecuador, Honduras, El Salvador o in Nicaragua, state attenti a parlare di mensa con una cameriera: significa stupida, tontaIn Argentina, invece, se dite che amate dedicarvi all’orto, non stupitevi se chi vi ascolta resterà interdetto: state parlando del culo.
Ma il capolavoro più sorprendente di ambiguità è la parola bergamasca: una donna che dica “Yo soy bergamasca”, può suscitare l’ilarità generale. Perché “berga” ha lo stesso suono di verga (cazzo), e masca significa “mastica”: la sua frase, quindi, può essere intesa come “Io sono mastica cazzo”.

PORTOGHESE

Flag_of_Portugal

Il portoghese non è una lingua monolitica: come lo spagnolo, in America Latina si arricchisce di nuovi vocaboli e significati. E, soprattutto in Brasile, terra di immigrazione, si mescola con altre lingue: l’italiano è una di queste. Ecco perché, in alcuni Stati brasiliani, le parole italiane sono entrate nei modi di dire gergali. Come testimonia il sito Brazzil.commosca, polaca, minestra, piranha, a dispetto delle apparenze, significano tutti “puttana” (e mosca può significare anche fica). Mentre ferramenta non si riferisce al negozio di utensili: significa affare nel senso di pene. Ma non è tutto. In Brasile, se dite a una donna “Posso entrar?”, potreste ricevere uno schiaffo: entrar significa anche penetrare, fottere.

FRANCESE

Flag_of_France

sarko-colere

Quando Sarkozy disse: “Taci, povero coglione”.

La stretta parentela fra italiano e francese può generare molti equivoci. Se dite, guardando il cielo, “Che belle scie“, la frase, in francese, suonerebbe “Che bella cacata” perché scie, in francese, ha la stessa pronuncia di chier = cagare.
E ricordate che
con, in francese, non è una congiunzione ma significa figa, stronzo (è diventata celebre quando la usò l’ex presidente Nicholas Sarkozy per zittire un contestatore).
Attenti, infine, a tradurre
baciare con baiser (vuol dire anche scopare) e gatta con chatte (che indica anche la vulva).

INGLESE
Flag_of_the_United_KingdomLa distanza fra le radici linguistiche dell’italiano e dell’anglosassone produce poche assonanze volgari. Fra le più evidenti c’è ass, che non vuol dire asso ma (negli Usa) culo, stupido. Ma nella lista delle parole pericolose bisogna segnalarne due italiane che sono entrate nel dizionario inglese con significati del tutto diversi: bagnio (con la i) non vuol dire toilette ma bordello; e bimbo non vuol dire bambino ma sciacquina, oca giuliva, svampita.

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La processione fallica Kanamara Matsuri.

GIAPPONESE

Flag_of_JapanL’ho già anticipato all’inizio di questo post: in giapponese, chinchin (pronuncia: cin cin) vuol dire pene. Tant’è vero che il festival della Kanamara Matsuri, la processione fallica che si svolge ogni anno a Kawasaki per propiziare la fertilità, è chiamato anche Chinchin Matsuri (festival del… cazzo). Se siete in Giappone, quest’anno l’appuntamento è fissato per il 3 aprile. E se volete brindare con gli amici giapponesi, dovete usare un’altra espressione: “kanpai”.
Ma perché in italiano per brindare usiamo l’espressione cin cin? In effetti, l’espressione ha origini orientali, per la precisione cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng, che significa “prego, prego”. Queste parole erano usate fra i marinai di Canton come forma di saluto cordiale ma scherzoso, e si diffuse nei porti europei. E’ entrato nei nostri modi di dire per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal tintinnare di due bicchieri tra loro.

RmcHo parlato di questo post con Monica Sala e Max Venegoni su Radio Montecarlo. Potete ascoltare il podcast con il mio intervento cliccando qui.

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Il sessismo delle parolacce https://www.parolacce.org/2015/10/23/insulti-sessisti/ https://www.parolacce.org/2015/10/23/insulti-sessisti/#comments Fri, 23 Oct 2015 12:00:57 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6238 Sessismo di qua, sessismo di là… Negli ultimi tempi, sono state fatte molte crociate contro il sessismo delle parolacce: peccato, però, che invece di approfondire questi temi (complessi), diversi moralisti accecati dall’isterismo hanno preso delle topiche notevoli. La più clamorosa, è… Continue Reading

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Campagna dello stilista Paolorossi, contestata per il suo sessismo.

Sessismo di qua, sessismo di là… Negli ultimi tempi, sono state fatte molte crociate contro il sessismo delle parolacce: peccato, però, che invece di approfondire questi temi (complessi), diversi moralisti accecati dall’isterismo hanno preso delle topiche notevoli. La più clamorosa, è stato lo scandalo dei gestacci in Senato:  i senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna sono stati sospesi per 5 giorni da Palazzo Madama per aver mimato un rapporto orale all’indirizzo di alcune colleghe. Politici, giornalisti, commentatori si sono strappati le vesti, puntando il dito contro la deriva sessista del Parlamento…
Eppure, quei gesti erano senz’altro sconvenienti e osceni, ma non sessisti: come già raccontavo in questo post, quei gesti sessuali hanno un senso generale di auto-affermazione. Evocare un atto sessuale non è un modo di disprezzare le donne, ma è solo un modo per dare colore ed energia alla propria posizione. Tant’è vero che quei gesti li usano anche le donne (verso altre donne o verso gli uomini).
Il problema è che si sa poco del sessismo, e ancor meno delle parolacce. Meglio, quindi, chiarirsi le idee. Anche perché le sorprese non mancano: le parolacce sono sessiste non solo in senso misogino (odio verso le donne) ma anche in senso misandrico (odio verso gli uomini).

ALLE RADICI DEL SESSISMO
Il seno (elemento importante dell'identità femminile) equiparato a mozzarelle.

Il seno (elemento importante dell’identità femminile) equiparato a mozzarelle.

Ma prima di guardare da vicino quali sono gli insulti sessisti: cos’è il sessismo? E’ la discriminazione basata sul genere sessuale, ovvero sulle caratteristiche sociali e culturali considerate tipiche dell’identità maschile e femminile. Ovvero, ti disprezzo in quanto donna (o uomo) che non risponde alle attese della società, che non assolve al ruolo che le (gli) è stato assegnato. Queste attese non sono irrilevanti: hanno pesanti effetti sugli spazi di libertà delle persone, come racconto sull’ultimo numero di  Focus, dove ho scritto un reportage sulla discriminazione di genere.
Quando 10mila anni fa fu inventata l’agricoltura, gli uomini hanno istituito gli eserciti per difendere i raccolti dalle incursioni altrui. E vigilando sulle risorse alimentari, gli uomini hanno posto sotto controllo anche le donne, sottomettendole ed esautorandole dall’economia. Da millenni, dunque, è stata istituita una rigida e asimmetrica divisione dei ruoli: agli uomini soldi e potere (la parola patrimonio rimanda al padre-padrone), alle donne le faccende di casa e la famiglia (la parola matrimonio rimanda infatti alla madre). Una divisione che è stata funzionale fino al Dopoguerra, quando la donna è entrata nel mondo del lavoro guadagnando spazi sempre più ampi di autonomia (anche grazie ai contraccettivi, che l’hanno resa indipendente sul piano sessuale). Così l’emancipazione femminile ha messo sempre più in crisi questo scenario. Ma il tema delle disparità di genere è ancora molto sensibile, e spesso suscita reazioni isteriche: spesso si grida al sessismo anche a sproposito.

C’è traccia di questa disparità anche nel nostro lessico? Per rispondere, bisogna identificare gli insulti sessisti, ovvero quelli che usano una caratteristica negativa considerata tipica del sesso maschile/femminile per svilire un’altra persona. Ecco i principali insulti sessisti della nostra lingua, divisi per tipo:

Sessismo
verso la donna

Sessismo
verso l’uomo

Comportamento sessuale puttana (e sinonimi: vacca, troia, etc), pompinara, frigida (e sinonimi: asse da stiro,figa di legno, etc), zitella puttaniere,  frocio (e sinonimi: culattone, ricchione,, finocchio…), sfigato, impotente, travestito
Comportamento strega (e sinonimi: arpia, etc), isterica (e sinonimi: uterina, etc), oca (e sinonimi: gallina,…), fighetta (e sinonimi: sciacquina, etc) bastardo, cazzone (e sinonimi: testa di cazzo, pirla, coglione, etc), sega (e sinonimi: senza palle, etc), cornuto
Aspetto fisico racchia (e sinonimi: cessa, cozza, etc), culona, rifatta cazzo corto, pelato

Dunque, nelle parolacce, il sessismo non è solo misogino: è anche misandrico. Insomma, c’è un’insospettabile “par condicio”: per qualità e quantità, ciascuno dei due sessi è preso di mira senza pietà in tutti gli ambiti della vita.
Ma perché questa abbondanza? Perché gli insulti sessisti sono i più efficaci, ovvero i più offensivi. La dimensione sessuale è la più intima, profonda e delicata, e costruisce uno degli assi portanti della nostra identità. Colpire qualcuno nel sesso è, come nella boxe, dare un colpo basso, sotto la cintura. Un modo sicuro, sbrigativo e diretto di mandare l’avversario al tappeto. E infatti gli insulti funzionano tutti così. Proprio perché la loro funzione è stendere l’avversario con un sol colpo, non si perdono in distinzioni e fini analisi: sono sentenze senza processi, clichè, luoghi comuni, tecnicamente parlando stigmi, cioè etichette sociali negative. Chi si scandalizza per questo fatto è come chi contesta che un coltello tagli o che una pistola spari. Gli insulti sessisti sono prima di tutto insulti: servono a svilire un’altra persona, ad abbassarne l’autostima, a farla sentire anormale, esclusa, emarginata.

Una rara pubblicità a doppio senso con un uomo-oggetto.

Una rara pubblicità a doppio senso con un uomo-oggetto.

Ecco perché non tutti gli insulti sessisti sono utilizzati per sessismo: si usano gli insulti sessisti perché sono il modo più rapido di colpire un’altra persona. Gli insulti servono proprio per ferire, per offendere. Perciò è nella loro natura usare colpi bassi, letteralmente sotto la cintura. Poco importa del significato intrinseco delle parole usate, e ancor meno dei risvolti sociali: quando si dice “puttana” a una donna che ci taglia la strada in auto (o “frocio” a un uomo), non si ha davvero la volontà di affermare che fa la prostituta (o che è omosessuale). Il sessismo è un mezzo e non un fine. E lo stesso dicasi per le pubblicità: quelle meno creative usano il sesso e il sessismo per solleticare gli istinti più bassi, per colpire l’attenzione, più che per la volontà di perpetuare il sessismo – anche se è innegabile che danno un notevole contributo.

Detto questo, però, la par condicio negli insulti sessisti esprime davvero una parità, per quanto perversa? Per rispondere a questa domanda, bisogna verificare quali sono gli insulti sessisti più usati, e se la carica offensiva di questi insulti è uguale per ambo i sessi oppure no.
Partiamo dalla prima domanda: quali sono gli insulti sessisti più usati? L’unica indagine statistica su questo argomento è una ricerca sugli insulti più usati su Twitter, di cui ho parlato tempo fa. L’indagine, svolta da Vox (Osservatorio italiano sui diritti) presenta notevoli limiti: ha studiato tutti gli insulti misogini, ma non tutti quelli misandrici (concentrandosi solo sugli insulti omofobi). Al netto di queste limitazioni, emerge comunque una netta prevalenza di insulti misogini (59%)  rispetto a quelli omofobi (6%). Se si insulta una donna, insomma, si usano più spesso gli insulti misogini rispetto ad altri insulti non connotati in senso sessista.

volgarometroMa fra gli insulti sessisti, quali sono considerati i più offensivi? Quelli contro le donne o quelli contro gli uomini? Grazie al volgarometro, l’indagine che ho svolto anni fa, è possibile rispondere in modo puntuale.
Guardando i risultati, emerge che, nonostante le radici maschiliste della nostra cultura, c’è una consapevolezza diffusa sulla gravità degli insulti sessisti verso le donne: infatti, gli insulti sessisti nei confronti delle donne sono stati valutati come più offensivi (in particolare pompinara, con un punteggio di 2,5 su 3 e puttana, con 2,4). E questo nonostante il campione di rispondenti al sondaggio avesse una leggera prevalenza maschile (57,4%).
Lo psicoanalista argentino Ariel Arango offre una spiegazione di questo fatto: non sarebbe tanto un maggior riguardo verso la donna in quanto tale, bensì verso la figura materna. Il sesso orale e la prostituta sono tabù perché mostrano esplicitamente la donna che fa sesso senza limiti, accendendo le fobie verso la sessualità di nostra madre, che abbiamo bisogno di rimuovere dalla mente: per non violare il tabù dell’incesto, la mamma deve restare una figura casta e pura (per altri dettagli rimando alla lettura del suo libro).
Va detto, però, che anche diversi insulti sessisti verso gli uomini sono percepiti come altamente offensivi: è il caso di cazzone (2,2) e culattone (2,1). (clicca sull’immagine per ingrandire)

LA DOPPIA MORALE
Oltre che di maschilismo, il nostro vocabolario ha notevoli tracce anche della “doppia morale” segnalata dal “rapporto Kinsey” italiano, lo studio di Marzio Barbagli “La sessualità degli italiani” (Il Mulino): nella nostra cultura, ciò che è concesso agli uomini (una sessualità libera, per esempio) alle donne è vietato.
E lo si vede anche nel linguaggio: esistono nomi che acquisiscono una connotazione spregiativa solo se riferiti alle donne. La sociologa Graziella Priulla, autrice di “C’è differenza” (Franco Angeli) li ha elencati in questa tabella, che ho integrato con 6 voci:

Un cortigiano: un uomo che vive a corte Una cortigiana: una mignotta
Un uomo allegro: una persona di buonumore Una donna allegra: una mignotta
Un accompagnatore: una guida Un’accompagnatrice: una mignotta
Un intrattenitore: un uomo socievole, affabulatore Un’intrattenitrice: una mignotta
Un massaggiatore: un kinesiterapista Una massaggiatrice: una mignotta
Un professionista: uno che conosce bene il proprio lavoro Una professionista: una mignotta
Un uomo di strada: un uomo duro, temprato dalla vita Una donna di strada: una mignotta
Un uomo senza morale: un ladro, un delinquente, un corrotto Una donna senza morale: una mignotta
Un uomo molto disponibile: una persona gentile Una donna molto disponibile: una mignotta
Un uomo pubblico: un uomo famoso, in vista Una donna pubblica: una mignotta
Un uomo facile: una persona con cui è facile vivere Una donna facile: una mignotta
Un libertino: un uomo senza freni morali Una libertina: una mignotta
Un passeggiatore: un uomo che cammina Una passeggiatrice: una mignotta
Un uomo con un passato: un uomo di esperienza Una donna con un passato: una mignotta
Un uomo di mondo: un uomo di esperienza Una donna di mondo: una mignotta

Insomma, l’unico valore o disvalore della donna si misura dalla sua moralità a letto. La donna non è valutata come persona, ma solo rispetto alla sua etica sessuale. Un criterio decisamente restrittivo. Tanto più se si pensa che molti termini spregiativi rivolti alle donne (puttana, zitella) non hanno il corrispettivo maschile (puttano esiste ma è scherzoso, e puttaniere può avere persino una connotazione positiva; e scapolo è un termine neutro o positivo).

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Pubblicità dei Senators, squadra di baseball: sessismo ironico.

Questo scenario vi indigna? Ovvio. Ma non è certo eliminando gli insulti sessisti che si potrà sconfiggere il sessismo. E’ poco realistico pensare che l’uomo rinunci facilmente ad armi così pratiche, profonde ed efficaci per offendere qualcuno, tant’è vero che esistono in tutte le lingue; anche perché il rapporto uomo-donna è spesso conflittuale.
Del resto, è innegabile che i presunti estremi della sessualità maschile e femminile (l’omosessualità, l’asessualità e la lussuria) sono etichette che rivelano aspetti profondi dell’identità – per quanto in chiave solo negativa.
Più che pretendere di cancellare il sintomo (gli insulti sessisti) sarebbe più efficace curare la malattia: ovvero, tentare di modificare la nostra visione del mondo, garantire più diritti alle donne, ai gay e alle prostitute, per esempio, e punire – davvero – gli abusi verbali quando è il caso. E, comunque, essere un po’ più consapevoli di quello che diciamo e del perché lo diciamo. Sarebbe già un bel progresso.

 

Dedico questo post alla memoria del caro amico Mario Tacci, spirito libero, scomparso all’improvviso lo scorso 13 ottobre. RIP

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