sega | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 28 Oct 2024 12:13:48 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png sega | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Quei ridicoli nomi del piacere solitario https://www.parolacce.org/2020/10/27/modi-di-dire-masturbazione-sega/ https://www.parolacce.org/2020/10/27/modi-di-dire-masturbazione-sega/#comments Tue, 27 Oct 2020 10:24:10 +0000 https://www.parolacce.org/?p=17730 In questi tempi di “lock down” e di isolamento forzato, l’argomento è tornato d’attualità. Sembra infatti che, per colpa della pandemia, sia aumentato l’autoerotismo: lo fa il 35% degli uomini e il 17% delle donne costretti a casa in smart… Continue Reading

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Sega: il termine più diffuso per indicare l’autoerotismo.

In questi tempi di “lock down” e di isolamento forzato, l’argomento è tornato d’attualità. Sembra infatti che, per colpa della pandemia, sia aumentato l’autoerotismo: lo fa il 35% degli uomini e il 17% delle donne costretti a casa in smart working. L’ha riscontrato un sondaggio su mille lavoratori svolto fra Regno Unito, Usa, Canada e Australia. Anche se, in tempi normali, basta il matrimonio per far impennare il sesso solitario.
Ma al di là delle battute, l’argomento è interessante dal punto di vista linguistico. In italiano, infatti, l’autoerotismo ha una cinquantina di nomi: quelli davvero neutri sono la minoranza. La maggioranza, infatti, sono termini goliardici e divertenti, ma anche ricchi di sfumature moralistiche di condanna (e questo in tutte le lingue del mondo, come vedremo più sotto). L’autoerotismo ha questi due volti, che a ben guardare sono facce della stessa medaglia, ovvero l’imbarazzo.  Perché?

Si fa ma non si dice

La domanda si impone, visto che è un comportamento molto diffuso in natura fra i mammiferi: lo fanno le scimmie, i cani, i cavalli, gli asini, i gatti, i galli e persino i delfini. Tant’è vero che in una grotta tedesce, a Hohle Fels, è stato trovato un fallo di pietra levigata di 28mila anni fa: il primo “dildo” (giocattolo sessuale) della storia. 

Meme ironico sull’aumento di autoerotismo per il Covid.

E oggi? Secondo l’ultimo “Rapporto sulla sessualità degli italiani” (di Marzio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna e Franco Garelli – Il Mulino, 2010), si masturba un italiano su 3. Ma con molte differenze: lo fanno più gli uomini (48%) che le donne (20%), Lo fanno più gli under 24 che gli over 60enni; lo si fa più al nord che al sud. Ma – ed è il dato più significativo – si è masturbato almeno una volta nella vita l’86% dei non credenti,e il 60% dei credenti. Anche se, come vedremo qui sotto, il tabù della masturbazione non è nato in campo religioso ma medico. Ed è recente: si è sviluppato solo negli ultimi 3 secoli.
Dunque, gli imbarazzi nascono da una scelta culturale. I nomi che usiamo, infatti, mettono a nudo i nostri giudizi e paure. Secondo una ricerca più recente (rapporto Eurispes “Sesso, erotismo e sentimenti”, 2018) oggi 8 giovani su 10, soprattutto quelli con più alto titolo di studio, considerano il sesso solitario un’attività “normale”. Ma i termini che lo designano, e i modi di dire che ispirano raccontano un’altra storiaPer capirla, occorre riavvolgere il nastro, con l’aiuto di un libro ben documentato di Jean Stengers e Anne Van Neck “Storia della masturbazione” (Odoya).

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Dagli Egizi a Gianna Nannini

Il dio egizio Atum.

Per molte religioni antiche l’universo cominciò con un atto autoerotico: Atum, dio egizio della creazione, generò i primi esseri facendo fuoriuscire il proprio sperma. E questo è uno dei motivi per cui la masturbazione è tabù: l’autosufficienza sessuale è una prerogativa divina. Nell’antichità classica la masturbazione era considerata una pratica naturale. Il filosofo Diogene il Cinico (IV secolo a. C.) si masturbava in pubblico: per lui era un bisogno corporale come un altro. Galeno di Pergamo, medico vissuto nel II secolo d. C., consigliava la masturbazione agli uomini per regolare la produzione dei liquidi corporei e alle donne per risolvere i disturbi nervosi.
La Bibbia, invece, non ne parla: l’onanismo (oggi sinonimo di masturbazione) deriva da Onan, personaggio della Genesi. Ma egli in realtà fu condannato da Dio non per autoerotismo, bensì per coitus interruptus: disperdeva il seme per non aver figli da Tamar, la vedova del fratello, che aveva sposato.  

Il cristianesimo, inizialmente, ha ignorato la masturbazione, limitandosi a inquadrarla come “rammollimento” dell’animo o disordine morale. Fu solo San Tommaso d’Aquino nel 1200, a citarla fra i peccati gravi contro natura (perché non rientra nei rapporti coniugali a scopo procreativo). Ma l’ammonimento non fece breccia: nel 1621, il medico inglese Robert Burton nel suo trattato “L’anatomia della malinconia”, la consigliava alle donne depresse.
La pessima nomea dell’autoerotismo risale infatti al 1700 e non per opera della Chiesa, bensì della medicina. Nel 1712 fu pubblicato in Inghilterra “Onania: ovvero l’odioso peccato dell’autopolluzione e tutte le spaventose conseguenze per entrambi i sessi”: l’autore era un medico, tale John Marten (il libello uscì anonimo), che elencava tutti i presunti danni dell’autoerotismo. Un terrorismo psicologico dettato da motivi d’affari: vendere i rimedi ricostituenti (tabacco da fiuto, erbe fortificanti) per chi se ne sentiva in colpa. Il trattato ebbe grande successo e la campagna contro l’autoerotismo prese avvio. Del resto, nell’Illuminismo la pratica era condannata perché dava sfogo agli istinti a scapito della ragione e favoriva la solitudine alla sana vita sociale. E nuoceva all’economia: toccarsi era uno spreco di forze.

Il mito dei danni fisici causati dalla masturbazione: illustrazioni tratte da “The Sexual System and Its Derangements” di Emery C. Abbey, 1877.

Così nel 1760 uscì “L’onanisme”, del medico svizzero Samuel Tissot, il primo trattato “scientifico” in cui si elencavano i danni causati dalla masturbazione. Il piacere solitario causava la cecità perché con l’eiaculazione si perdeva zinco, oligoelemento che proteggeva l’occhio dalla luce. L’autoerotismo rendeva deboli perché con il seme si disperdeva l’energia vitale. E dato che l’orgasmo è simile a una scarica epilettica, si credeva che la masturbazione causasse l’epilessia. Uno dei massimi oppositori della masturbazione fu l’americano John Harvey Kellogg, classe 1852, fratello del capostipite della dinastia dei cereali. Medico avventista, propugnò l’alimentazione a base di fibre per combattere l’autoerotismo, “crimine abominevole”. Una vera crociata anti masturbatoria, combattuta anche con l’ausilio di orribili cinture di castità e corsetti per impedire “atti impuri”.
All’inizio del 1900 Sigmund Freud pose le basi per una rivoluzione culturale, evidenziando che questo comportamento inizia fin dall’infanzia. E negli anni ‘50 il rapporto Kinsey, negli USa, rilevò che era un comportamento molto diffuso fra gli intervistati. Ma occorse aspettare fino agli anni ‘70, subito dopo la rivoluzione sessuale, per togliere la masturbazione dal banco degli imputati in medicina. Da malattia, è diventata cura con benefici effetti sull’umore, l’apparato sessuale, il sistema immunitario e chi più ne ha più ne metta.

“Il grande masturbatore” di Dalì.

Ma l’autoerotismo era già stato “sdoganato” molto prima dagli artisti.  Nel 1913 il pittore austriaco Gustav Klimt ritrasse diverse donne mentre si carezzavano. “Il grande masturbatore” è un dipinto di Salvador Dalí, eseguito nel 1929 e ha un significato più profondo: descrive l’artista come una persona sola, a contatto costante con la morte e il decadimento, e che si rifugia in un mondo sognante e immaginario che viene equiparato a un costante autoerotismo.

E più tardi è diventato perfino una performance dal vivo: nel 1972, l’artista italo americano Vito Acconci, nascosto sotto il un sottoscala di una galleria d’arte di New York, si masturbava raccontando al pubblico, attraverso un altoparlante, le sue fantasie erotiche. L’opera si intitolava “Il semenzaio”. Nel mondo della canzone italiana, il precursore è stato Lucio Dalla nel brano “Disperato erotico stomp” (1977): “mi son fermato a guardare una stella, sono molto preoccupato, il silenzio m’ingrossava la cappella. Ho fatto le mie scale tre alla volta, mi son steso sul divano, ho chiuso un poco gli occhi, e con dolcezza è partita la mia mano”.

La copertina di “California”.

Poi è arrivata la copertina del primo disco di Gianna NanniniCalifornia” (1979) con la Statua della Libertà che impugnava un vibratore: la canzone principale, “America”, è un inno alla masturbazione, sia maschile che femminile (Per oggi sto con me, mi basto e nessuno mi vede / E allora accarezzo la mia solitudine, / (…) Fammi sognare lei si morde la bocca e si sente l’America/ Fammi volare lui allunga la mano e si tocca l’America. Il brano fece scandalo perché l’autrice era una donna e perché la copertina del disco rendeva il tema più evidente. Un’altra donna ha fatto scalpore più di recente, nel 2007: la cantante britannica Marianne Faithfull nei panni di  “Irina Palm”, film che racconta la storia di una donna che si guadagna da vivere facendo “lavori di mano” in un glory hole.
Ma ancor più eclatante il sito Beautiful agony, lanciato nel 2004: mostra i video di persone che riprendono il proprio volto durante un orgasmo, per lo più mentre si masturbano. Un modo, dicono i fondatori del sito, per concentrare l’attenzione dell’erotismo non tanto sui corpi nudi ma sui volti.

Quei 50 nomi pruriginosi

T-shirt ironica in un pastificio emiliano.

Prima di elencare tutti i nomi dell’autoerotismo, è il caso di spendere due parole sul termine apparentemente più neutro perché usato in ambito scientifico: “masturbare”. Già dal punto di vista sonoro crea disagio. Il termine, infatti significa letteralmente manu turbare”, agitare con la mano, anche se “turbare” evoca sconvolgere, alterare la serenità o l’equilibrio di qualcosa. In questo termine, infatti, si concentra tutta la concezione negativa, moralistica, che vede in questo atto un “turbamento”: innanzitutto del corpo, dato che (come abbiamo ricordato sopra), fu prima di tutto la medicina a mettere all’indice i giochi di mano. Ma poi queste credenze furono fatte proprie dalla mentalità puritana del calvinismo inglese, che vedeva il matrimonio e il sesso solo come finalizzati alla procreazione: in questo contesto l’autoerotismo, un atto solitario finalizzato solo al piacere, non poteva che essere giudicato in modo negativo.
E questa ottica rientra permea anche l’espressione “masturbazione mentale (o intellettuale)”, per designare i pensieri fini a se stessi, infruttuosi.
C’è poi l’altro aspetto, quello ridicolo: molte espressioni sono palesemente ironiche (raspa, sega, pugnetta, pippa, manichetto, smacchinare…) forse per compensare l’imbarazzo di riferirsi a un gesto di sfogo solitario, animalesco e meccanico. Eppure, da un altro punto di vista, potremmo considerare questo atto come un’espressione di  autosufficienza: un bastare a se stessi che soddisfa un impulso naturale. Certo, resta pur sempre un’autosufficienz
a illusoria, un surrogato, un ripiego, essendo il sesso un’attività sociale, uno scambio che arricchisce (se funziona).

E ora vediamo l’elenco dei 50 termini che designano il piacere solitario. La fonte principale è stato il “Dizionario storico del lessico erotico” (Walter Boggione, Giovanni Casalegno, Utet), integrato dal dizionario Treccani e da WIkipedia. Fra questi termini, quasi la metà (44%) sono descrittivi, spesso in modo ironico; e altrettanti (42%) sono allusivi; il 14% sono moralistici e solo il 2% è realmente neutro

Scritta sul muro con risposta ironica.

Da notare che solo 4 espressioni indicano specificamente l’autoerotismo femminile (ditalino, solleticarsi col dito, titillarsi, sgrillettarsi): gli altri sono “unisex” (solitario, accarezzarsi, lavorare di mano) ma la maggior parte descrive l’atto maschile (sega, raspa, pugnetta). Segno della mentalità maschilista che vede nel piacere l’espressione di un più forte istinto e appetito sessuale, anche se con notevole ambivalenza: molte espressioni, come vedremo sotto, connotano questo come un atto di debolezza. Se sei un vero uomo hai una donna per soddisfarti, se invece ti tocchi vuol dire che non ne hai (“sfigato” perché debole, brutto, incapace) o sei insoddisfatto.

Ecco la lista completa dei termini divisi per categorie:

termini allusivi: 21 ♦ 5 contro 1 (= riferimento alle 5 dita e al membro)

♦ aggiustarsi con le mani 

♦ avere il braccio per amico 

♦ bricolage

♦ essere della religione del Manicheo (= riferimento alla mano) 

♦ fare manna palmiera (= produrre manna con il palmo della mano)

♦ levare la berretta (riferimento al gesto del braccio, oppure giro di parole per scappellare, cioè scoprire il glande) 

♦ manichetto  (= riferimento alla mano) 

♦ manichino (= riferimento alla mano) 

♦ menarsi l’agresto (= uva acerba: perdere tempo con qualcosa che non è pronto) 

♦ seminare la mandragola nei boschi (= la sua radice ha forma fallica)

♦ Federica (…la mano amica: il termine personifica la mano con un gioco di parole in rima)

♦ gioco solitario

♦ piacere solitario 

♦ ipsazione (= attività su sè stessi) 

♦ self service 

♦ singolare 

♦ solo, assolo 

♦ solitario 

♦ Venere solitaria 

termini moralistici: 7 ♦ amore artifiziato 

♦ corrompersi 

♦ mastuprarsi 

♦ masturbarsi

♦ mollizia 

♦ onanismo 

♦ vizio (solitario)

termini neutri: 1 ♦ autoerotismo
termini descrittivi: 22 ♦ accarezzarsi

♦ ditalino

♦ fregare

♦ lavorare di mano 

♦ macchinetta 

♦ maneggiare 

♦ manipolarsi 

♦ menare 

♦ menatina 

♦ palmeggiare (maneggiare col palmo della mano)

♦ pippa (dalla forma fallica della pipa)

♦ pugnetta (da pugno)

♦ raspa, raspone (da raspa, lima) 

♦ sbattutina del manico 

♦ scazzellare (sollazzarsi) 

♦ sega (per il movimento ripetitivo)

♦ smacchinare 

♦ solimano 

♦ solleticarsi col dito 

♦ sgrillettare 

♦ titillarsi

♦ toccamento

I MODI DI DIRE: DALLA DEBOLEZZA ALLA MONOTONIA

Celebre titolo di un libro di Giacobbe.

I termini che designano l’autoerotismo possono però avere anche altri significati, tutti negativi:

♦ sega, mezza sega, pippa, segaiolo, pippaiolo: debole, inetto, stupido, di nessun valore, imbranato, incapace, nullità, schiappa, mezza calzetta. uomo poco virile, debole e impacciato, inibito con le donne. Chi si dedica al sesso solitario è oggetto di disprezzo: un disonore per i maschi, ritenuti incapaci di trovare una partner.

♦ sega mentale, pippone, menata, pugnetta: discorso lungo, monotono, ripetitivo, insopportabile, cervellotico, noioso, sterile, inconcludente, infruttuoso. E’ un’allusione alla ripetitività dell’atto sessuale.

♦ poche seghe: basta indugi

♦ fare una sega: essere inferiore (“Pino mi fa una sega”)

♦ una sega: niente (“non mi importa una sega”)

L’espressione “fare sega” nel senso di “bigiare, marinare la scuola” non si riferisce al sesso, bensì all’atto di recidere con un colpo netto la frequenza scolastica. 

Nelle altre lingue: da “strozzare il pollo” a “pettinare la giraffa”

L’attrice Cameron Diaz in posa allusiva col titolo: “Il piacere è tutto mio”.

La ricchezza linguistica di termini per descrivere l’autoerotismo non è un’esclusiva dell’italiano. In tutte le lingue, infatti, sono presenti modi di dire allusivi che sono un capolavoro di creatività molto divertente. Da “stringere la mano al presidente” al cruento “strozzare il pollo”, da “pettinare la giraffa” ad “accarezzare la scimmia”, da “frustare la bestia” a “spettinare il pagliaccio”… Fino a “suonare il fagotto di pelle”. Da notare le metafore poetiche create nelle lingue orientali, come “far volare un aquilone”.
La più universalmente diffusa sembra comunque l’espressione a sfondo matematico “5 contro 1”.
Ecco una lista parziale di espressioni in 18 lingue (chi volesse segnalarne altre nei commenti, è benvenuto).

 

inglese colpire il vescovo (bashing the bishop: riferimento alla sagoma dell’alfiere negli scacchi), sfogliare il fagiolo (flicking the bean), strozzare il pollo (choke the chicken), scuotere la carota (cuffing the carrot), mettere la salsa al taco (saucing the taco), fare eruttare il verme (burping the worm), lucidare il muffing (buffin the muffin), dipingere il sottaceto (painting the pickle), incantare il serpente (charming the cobra), far piangere il calvo (making the bald man cry), stringere la mano al presidente (shaking hands with the president), pulire il corno (to polish the horn), schiaffeggiare il sergente (slapping the sergeant), sbucciare un po’ di peperoncino (Peel some chili’s), staccare la prugna da soli (Pulling the Plum Off Yourself), andare da soli in città (Going to Town on Yourself), strappare la maniglia da soli (Tearing The Handle Off Yourself), nutrire l’asino (feeding the donkey). 

masturbazione femminile: pagaiare la canoa rosa (Paddling the pink canoe), visitare la cassetta di sicurezza (Visiting the safety deposit box) far uscire l’omino dalla barca (Flicking the Little Man Outta The Boat, riferimento al clitoride)

francese scuotersi (se branler), ménage à moi (rapporto a me), toccarsi le tagliatelle (se toucher la nouille), mungere la mucca (traire la vache), lucidarsi il manico (s’astiquer le manche), far piangere gli angeli (faire pleurer les anges), lucidarsi l’anello (s’astiquer le jonc), giocare con la bacchetta magica (jouer avec le baguette magique), battersi la coda (Se taper une queue), pettinare la giraffa (peigner la girafe), soffiare il ciclope (moucher le cyclope), fottersi (s’en foutre)

masturbazione femminile: digitarsi (se doigter), mescolare l’insalata (tourner la salade), manomettersi la pancetta (se trifouiller le lardon), far rotolare la palla (se rouler la bille

portoghese sbucciare la banana (descascar a banana), 5 contro 1 (5 contra 1), giocare a biliardo tascabile (Jogar bilhar de bolso), spettinare il pagliaccio (Descabelar o palhaço)
spagnolo   ballare con Manuela (bailar con Manuela, che sta per “manuale”), tirare il collo all’oca (Jalarle el cuello al ganso), cinque contro il calvo (cinc contra el calvo, in catalano), fare  il fieno (echar paja, Venezuela), svuotare la vena principale (drenar la vena principal, Messico)
tedesco 5 contro Willy (5 vs Willy), soffocare Giorgio (den Jürgen würgen), salutare uno dalla palma (einen von der Palme wedeln), strofinare la carota (die Möhre schrubben), cinque contro uno  (Fünf gegen einen)
svedese dare la cera al salame (Vaxa salamin), impastare la baguette (Knåda baguetten), lucidare la spada di maiale (Putsa fläsksvärdet), suonare il flauto di pelle (Spela på skinnflöjten), nutrire il castoro (Mata köttbävern), cavalcare l’ascensore di pelle (Åka skinnhis), far piangere Gesù bambino (Få jesusbarnet att gråta), giocare a ping pong tascabile (Spela fickpingis), frustare la bestia (Piska besten), trascinare Tarzan (Dra en Tarzan) 
danese battere i ciclopi (At tæve kyklopen)
norvegese  lanciare il salmone (nappe laksen)
finlandese disegnare a mano (vetää käteen), disegnare a secco (vetää kuivat), giocare a biliardo tascabile (pelata taskubiljardia), suonare il fagotto di pelle (soittaa nahkafagottia
rumeno stringere la mano al presidente (a da mana cu presedintele), colpire in testa il muto (ai da-n cap lu ‘mutu
polacco frustare il cavallo (walic konia), guidare col freno a mano (jechac na recznym), colpire un tedesco sull’elmetto (Bic niemca po kasku), giocare a biliardo tascabile (Grac w kieszonkowy bilard)
russo accarezzare la scimmia (Lysogo v kulake gonyat)
hindi la tua mano è Dio (apna haath, jagannath)
turco  tirar fuori il 31 (31 çekmek: la parola “el”, mano si traduce in numero 31)
thailandese far volare un aquilone (Chuck Wow, per i maschi); pescare (Tuk Bet, per le donne)
cinese manovrare l’aeroplano (打飞机), sparare un colpo di pistola (打手枪), piacere privato (私人乐趣), mangiare se stessi (吃你自己)
ebraico portare a mano (להביא ביד )
giapponese  10mila sfregamenti (Shiko Shiko Manzuri, per le donne), mille sfregamenti (Shiko Shiko senzuri, per gli uomini)

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PIRLA project, CACCA club e altre (vere) sigle divertenti https://www.parolacce.org/2018/02/27/acronimi-volgari/ https://www.parolacce.org/2018/02/27/acronimi-volgari/#comments Tue, 27 Feb 2018 09:00:30 +0000 https://www.parolacce.org/?p=13846 Da bambino, quando leggevo Topolino, mi divertivano gli acronimi delle ditte dietro cui i Bassotti mascheravano le loro attività criminose. Tipo la Federazione Unitaria Rigattieri Trovarobe Organizzati (FURTO). Mi faceva ridere il fatto che le iniziali dei nomi dessero vita… Continue Reading

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La pagina Web del club fotografico CACCA: guarda caso è a… Chicago

Da bambino, quando leggevo Topolino, mi divertivano gli acronimi delle ditte dietro cui i Bassotti mascheravano le loro attività criminose. Tipo la Federazione Unitaria Rigattieri Trovarobe Organizzati (FURTO). Mi faceva ridere il fatto che le iniziali dei nomi dessero vita a parole di senso compiuto, a differenza delle sigle del mondo reale (tipo Cgil, Cisl e Uil) che sono solo sequenze di lettere.
In questi giorni ho scoperto altri acronimi divertenti. Ma con 3 differenze rispetto a quelle dei Bassotti: sono sigle vere, e sono in inglese. E danno vita non a parole, ma a parolacce italiane.
Non sono, però, il frutto della fantasia goliardica di qualcuno, ma indicano enti governativi, invenzioni tecnologiche, associazioni, serissimi progetti di ricerca scientifici e anche una blasonata squadra di calcio. Tranne qualche eccezione, sono per lo più assonanze dovute al caso. La malizia, dunque, sta nell’occhio di chi le legge (e si diverte)...
Ecco la raccolta delle 22 sigle più pazze del mondo, che arrivano dagli Usa ma anche dalla Francia, da Haiti e, solo in un paio di casi, sono stati creati da italiani (fate clic sulle foto per ingrandirle).

PIRLA

In Lombardia è uno degli insulti (bonari) più usati. Per un ridicolo caso del destino, PIRLA designa anche un serio progetto scientifico: il Paleoecological Investigation of Recent Lake Acidification, per gli amici “PIRLA project”. E’ lo studio paleo-ecologico (cioè antico) della recente acidificazione dei laghi. Mica cose da PIRLA.

VAFFA

Non tutti gli acronimi volgari nascono per caso. A volte possono verificarsi un po’ per caso e un po’ per malizia, se gli autori sono italiani. Nel 2011, infatti, alcuni ricercatori dell’Infn e dell’Università di Torino avevano presentato un Prin (Progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale) su un sistema di analisi virtuale per l’Lhc, l’acceleratore di particelle al Cern di Ginevra. L’acronimo del sistema era VAFFA: Virtual Analysis Facility For the Alice experiment. Con un “vaffa” le particelle vanno più veloci.


CACCA

L’acronimo sta per Chicago Area Camera Club Association: in pratica, è un club che riunisce gli appassionati di fotografia, organizzando corsi e concorsi. Con una sigla così, era inevitabile che il club Cacca avesse sede a…. Chicago.
Una sigla simile – CAC – designa il centro di informatica avanzata (Center for advanced computing) dell’università Cornell. E l’ignobile acronimo CACAR indica invece il Rapporto di valutazione dei contaminanti artici canadesi (Canadian Arctic Contaminants Assessment Report).

CULO

Il laboratorio di ornitologia della Cornell University (Cornell University Lab of Ornithology) dà origine a un acronimo ridicolo: CULO. Forse, dopo qualche tempo, devono essersi resi conto dell’assonanza imbarazzante, e usano più frequentemente il nome Cornell Lab of Ornithology (CLO). Peccato: sarebbe stato bello leggere uno studio sul cuculo fatto dal… CULO.

FICA e FIGA

Ad Haiti, c’è una squadra di calcio che si crede più brava delle altre. Tanto che, sulla propria casacca, ha cucito il logo FICA. Ma non è presunzione: è l’acronimo di Football Inter Club Association. Per un Paese dove si parlano francese e creolo, un nome inglese è stato una scelta un po’ snob. La FICA, fondata nel 1972, milita nella massima categoria e ha vinto 7 scudetti. Qui in Italia avrebbe molti tifosi pronti a fare un cambio di casacca per lei.

Ma se la squadra FICA è frutto di un’assonanza incidentale, non è il caso della stessa sigla, FICA, che designa invece un particolare tipo di antenna per telefoni cellulari: la Folded Inverted Conformal Antenna (Antenna conforme invertita piegata). Dietro questo malizioso acronimo, infatti, si cela lo zampino di due ingegneri italiani, Carlo Di Nallo e Antonio Faraone, che l’hanno inventata nel 2005, quando lavoravano nei laboratori di ricerca delle Motorola, negli Usa.

Ma non è tutto: FICA è anche la sigla di:

E non poteva mancare anche la variante con la “g”. L’acronimo FIGA designa:

MERDA

All’American Museum of Natural History di New York hanno inventato, per ricostruire i fossili incompleti, una Analisi dei dati di sostituzione delle voci mancanti. La sua sigla, in inglese, suona Missing Entry Replacement Data Analysis: MERDA. Questa procedura, illustrata nel 2003 sul Journal of Vertebrate Paleontology, non ha però un nome casuale, come ho potuto verificare intervistando uno degli autori, Ward C. Wheeler, della divisione di zoologia degli invertebrati al Museo.«Abbiamo scelto quella sigla di proposito, sappiamo cosa vuol dire quella parola in catalano (come in italiano, ndr). Era un acronimo divertente: l’abbiamo scelta per sottolineare la scarsa qualità dei gruppi incompleti di dati. La procedura è tuttora usata per l’analisi di campioni incompleti di fossili».

MONA & SEGA

Questa strana coppia designa due apparati di rilevazione alla Michigan State University: il Modular Neutron Array (MoNA), un rilevatore di neutroni, e il Segmented Germanium Array (SeGA) che invece individua il germanoAnche nel mondo atomico, quando c’è una (MONA) non c’è l’altra (SEGA)?  O forse sono usati in simultanea: ovvero, tecnicamente parlando, in accoppiamento (coupling).
Va aggiunto, a corredo di questo caso, che SEGA indica anche il Serbia Economic Growth Activity, un ente di monitoraggio fiscale degli Usa in Serbia.

OSTIA

No: non è una sigla veneta blasfema. Ostia sta per “The Ocean’S role in miTIgating climAte change“, ovvero il ruolo dell’oceano nel mitigare il cambiamento climatico: è un progetto dell’Istituto di ricerca Geomar Helmholtz per la ricerca oceanica di Kiel (Germania). Gli scienziati si propongono di indagare che cosa succede nel lungo termine alle emissioni e al calore che l’oceano ha immagazzinato dall’inizio dell’industrializzazione. 

PIPPA

La poco nobile sigla PIPPA sta per Pressurized Pile Producing Power and Plutonium (cumulo pressurizzato che produce energia e plutonio): ovvero, in parole povere, una centrale nucleare britannica, quella di Calder Hall, chiusa nel 2003. L’esatto contrario di una PIPPA.

SCOPA

Il sesso, a dispetto delle apparenze, non c’entra. Lo Standing Committee on Public Accounts (SCOPA) ovvero il Comitato permanente sui conti pubblici è un austero organo di controllo delle spese parlamentari in Sud Africa.
Questo ente pubblico monitora, insomma, il buon uso dei fondi dello Stato: se qualcuno li spreca, se c’è un sospetto di corruzione, interviene la SCOPA. Per vedere se qualcuno si è… fottuto i soldi dei contribuenti. Il comitato è composto da 16 – ehm – membri.

PRONACUL

Sembra la marca di una supposta. Invece “Pronacul” è un acronimo che sta per PROmozione del patrimonio NAturale e CULturale: è un progetto, finanziato dall’Unione Europea, che ha come obiettivo la conservazione e la promozione del patrimonio naturale e culturale nell’area adriatico-ionica. Al progetto partecipano infatti, oltre all’Italia, anche  Slovenia, Croazia, Grecia, Bosnia Erzegovina e Serbia. 

Vi è piaciuta questa lista? Su questo sito trovate anche:

• le città del mondo con un nome volgare,

• le parole straniere che sono identiche a parolacce italiane,

• E in questa pagina trovate altri acronimi fra i prodotti stranieri che diventano imbarazzanti in italiano: dalla bevanda Frocho al software Inkulator.

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L’aranciata Pipi, prodotta in Croazia: in Italia avrebbe qualche problema.

Cosa succede quando si esporta all’estero un prodotto di successo? Il rischio di fare flop c’è sempre: gusti e sensibilità cambiano a ogni latitudine. Ma quando il suo nome, in altre lingue, acquista significati imbarazzanti, il fiasco è assicurato.
Ne sanno qualcosa i produttori, grandi e piccoli, che hanno fatto figuracce epocali scoprendo – troppo tardi – che all’estero il nome del loro prodotto (un’auto, una bibita, un telefonino, uno snack) richiamava i termini volgari usati per indicare il sesso, gli escrementi o gli insulti. Col risultato di diventare involontariamente comici, di perdere prestigio o, peggio, di offendere la sensibilità di un intero Paese.
In inglese questo tipo di errori si chiama “brand blunder” (sbaglio di marca), e la storia del marketing ne ha archiviati a decine, commessi anche da multinazionali molto celebri.
Dopo aver parlato dei loghi volutamente volgari, registrati all’Ufficio marchi italiano, dei vini e dei cibi con un nome osè, in questo articolo ho radunato invece 43 “falsi amici”, cioè nomi commerciali che, in un’altra lingua, diventano parolacce.
Alcuni sono effettivamente sfociati in una gaffe internazionale, altri no (o non ancora). I primi 30 casi sono in italiano, e i successivi sono in inglese, spagnolo, francese, svedese, tedesco, cantonese…. Buon divertimento.

In italiano…

33 CASI

PIPI
Come si fa a bere una bibita con questo nome? Eppure esiste: è un’aranciata prodotta a Spalato, in Croazia. E’ stata la bevanda più diffusa negli anni ‘80 e ‘90 (anche nelle versioni limonata e acqua tonica), ma oggi il suo produttore, Dalmacijavino, risulta in guai finanziari. Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse tentato di esportare la Pipi in Italia…

PLOPP
Chi è andato in Svezia le ha viste esposte nei supermarket: sono barre di cioccolato al latte con un ripieno di caramello. Ma accostare questo suono, che ricorda – anche in inglese – la defecazione, non è molto beneaugurante… Con l’aggravante che anche il produttore ha un nome respingente, almeno in italiano: Cloetta, che evoca la cloaca.

POM’PIN
Fra le specialità gastronomiche del Belgio ci sono le patate. La ditta Lutosa ne confeziona vari tipi, fra cui le crocchette a forma di pigna: perciò le vende col nome di Pom’pin, contrazione di “pomme de terre” (patata) e “pomme de pin” (pigna). Dato che un marchio del genere sarebbe sconveniente in Italia (richiama il sesso orale), le hanno ribattezzate Pata’Pigna.

SEGA
Il celebre produttore giapponese di giochi elettronici, Sega, è un acronimo formato dalle prime due lettere di Service Games. Ma questa sigla, in italiano, è il nome volgare della masturbazione. Gli appassionati di videogames lo sanno da tempo, e non gli fa più effetto. Ma il problema c’è: così, non potendo cambiare il proprio nome, negli spot pubblicitari “Sega” è pronunciata volutamente in inglese: “siiga”.

FROCHO
SecondCup Coffee è il gemello canadese di Starbucks: una catena di 300 caffetterie fondata nel 1975. Di recente ha inventato (e registrato come marchio) un nuovo prodotto: Frocho, contrazione di frozen chocolate (cioccolato congelato). E’ una bevanda fresca per l’estate, ottenuta mescolando latte, ghiaccio, vaniglia e cacao. Se arrivasse in Italia avrebbe però il sapore dell’omofobia.

INKULATOR
Nel 2013, SurfaceSoft aveva lanciato un’app per Windows 8, descritta come un “modo nuovo e figo di fare calcoli”. Mescolando le espressioni “digital ink” (inchiostro digitale) e “calculator” (calcolatrice), la società informatica aveva sfornato un nome elegante in inglese, ma esilarante in italiano: Inkulator. Dopo l’ilarità e le proteste degli italiani, l’app è stata ribattezzata Kanakku (dai Kanak, abitanti della Nuova Caledonia): ma in tedesco kanake significa immigrato (in senso spregiativo) e in giapponese kanaku significa “persona malvagia”. Insomma, nonostante le buone intenzioni, anche in questo caso SurfaceSoft ha… fatto male i conti.

CHIAPPLE
Negli Stati Uniti, la moda per i cibi organici ha prodotto un preparato a base di semi di chia (Salvia hispanica) e mela. Il suo nome commerciale? Chiapple (composto di chia e apple, mela). Se mai arrivasse sul mercato italiano, difficilmente potrebbe mantenere questo nome (peraltro divertente, per l’assonanza con le chiappe).

 

FESSENGER
Il nome sembra uscito da uno sketch di Crozza: sembra un mix fra fesso e kazzenger, l’imitazione di Roberto Giacobbo. Invece, è il nome di un’altra app per computer: serve come interfaccia per usare Facebook attraverso i Google glass: il nome, infatti, è l’effetto della fusione fra Facebook e messenger.

FANCL

Si chiama così una società giapponese, quotata in Borsa, che produce cosmetici e integratori alimentari. Fondata nel 1981, oggi ha 900 dipendenti e sedi anche in Cina, Taiwan, Hong Kong, Singapore. Certo, il logo che campeggia sulle insegne dei negozi non è beneaugurante verso i clienti.

KHA GAI
La Knorr vende questa zuppa di noodle thailandese, la Tom Kha Gai (a base di pollo con latte di cocco, zenzero e lime) nei mercati del Nord Europa: soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Svezia. Se decidesse di esportarli in Italia, forse potrebbe avere successo… fra gli stitici, vista l’assonanza con “cagai“.

AZZO
Come poteva chiamarsi una raffinata linea di prodotti di bellezza femminili (shampoo, olii, maquillage) di una casa francese? Azzo. Per la precisione: Azzo professionnell (non so se mi spiego). Se decidessero di entrare sul mercato italiano, lo slogan sarebbe bell’e pronto: “Fatti bella. Azzo!”. Da far pronunciare a un toscano.

JETTA
La Volkswagen lanciò la Jetta, una berlina compatta a coda, nel 1979. Non aveva fatto i conti con l’infelice assonanza con la parola “jella” (sfiga) in italiano: un nome, un destino. La vettura, infatti, fu un flop: fu ritirata dal mercato italiano (che non ama quel genere di berline). E a scanso di assonanze negative il nome fu corretto in Vento e poi in Bora.

ZOKOLA
A Poperinge, in Belgio, un produttore di cioccolato ha scelto un nome spiritoso per i propri dolcetti: “Zokola”. Il termine ricalca la pronuncia infantile, in francese, della parola “chocolat”. Se mai volessero esportare le loro praline in Italia, andrebbero avvisati dell’assonanza con zoccola (puttana), una parola sicuramente non adatta ai bambini.

POPO
Il nome di questa confezione di carne trita sembra lo slogan di un vegano: si chiama infatti Popo, il nome infantile della cacca. In realtà è un prodotto finlandese mai sbarcato sul mercato italiano. L’infelice nome deriva dalla fusione delle iniziali di “porsas-porkkana”, ovvero maiale e carote.  Qualcosa di vegano c’è davvero…

BELIN
Come si chiama uno dei più grandi produttori francesi di crackers e patatine fritte? Belin, che in ligure è l’appellativo volgare del pene. Se questa ditta esportasse in Italia susciterebbe l’ilarità dei genovesi. D’altra parte, essendo usato anche come imprecazione, il termine si presterebbe a un facile slogan: “Belin, che snack!”. 

BELINO
Poteva mancare la variante del ligure belin? No, che non poteva. E infatti c’è: in Bulgaria producono una linea di croissant che si chiamano belino. Se si unisce la forma vagamente fallica della brioche, a una campagna ammiccante (ma inconsapevole) come quella raffigurata a lato, il risultato è davvero comico.

 

STRONZO
E’ stata chiamata così una birra artigianale prodotta in Danimarca fino al 2014: ne avevo parlato in un post sui nomi volgari degli alcolici (a cui si aggiunge la birra Minchia, di cui ho parlato qui). Non sappiamo se i titolari del marchio fossero consapevoli del significato della parola, scelta forse per il suo suono espressivo. Sarebbe stata la bevanda perfetta da abbinare alla… Popo di cui sopra.

COLLON
Ha un’infelice assonanza con colon, ma soprattutto con “coglione” (e il corrispettivo veneto “coiòn”) questo dolcetto giapponese: sono lunghi stick di wafer con un ripieno di crema. Se dovessero arrivare in Italia, il cambio di nome sarebbe inevitabile. Per non passare per collon.

 

BOOKEEN
In Francia hanno lanciato un lettore di libri digitali, chiamato Bookeen giocando col termine inglese “book”, libro. Peccato, però, che la pronuncia di questo nome (buchiin) ricordi pericolosamente il termine bucchin, termine napoletano per bocchino (sesso orale). Pensate di chiederlo alla commessa di un negozio: “Vorrei un Bookeen”…

CULINEA
La catena di grande distribuzione Lidl, in Germania ha fatto una bella pensata. Lanciare una linea di piatti pronti (pasta, spuntini, involtini…) chiamandoli con un nome italianeggiante: linea culinaria, ovvero… Culinea. Peccato che l’acronimo diventi ridicolo in italiano. Magari potrebbe andar bene a chi vuol tenere in forma il deretano.

KAGAN
Quando dovevano scegliere il nome per la loro produzione vinicola, una coppia di texani, Emily e Mark Ellenberger, hanno voluto ricordare la loro piccola barca a vela, che si chiamava Kagan. Non immaginavano che un vino con quel nome sarebbe stato tutt’altro che raffinato. E per vini che costano dai 35 agli 80 dollari a bottiglia non è proprio un abbinamento ideale…

MELDA
Arriva dalla Turchia
 una linea di pasta dal nome tutt’altro che invitante: Melda. Li produce una società alimentare di Istanbul, la GTT Foods, che li confeziona anche sotto altri brand (Golda, Afra, Al Fakher, Dona Mia, Bello Grano e Perfetto): nella remota ipotesi che riuscisse a esportarla anche in Italia, il marchio Melda sarebbe decisamente sconsigliabile. Soprattutto per i gestori di un ristorante cinese: “Vuole pasta? Qui abbiamo spaghetti Melda!”.

 

KAGATA
Affidereste la costruzione di un palazzo o di un ponte a una società chiamata Kagata corporation? E’ proprio questo il nome imbarazzante di una blasonata società di ingegneria civile giapponese, con più di un secolo di storia. Il nome svetta, in caratteri occidentali, sul tetto del loro quartier generale a Niigata. Molto fotografato dai turisti italiani e spagnoli.

LADY KAGA
Il marchio imbarazzante indica – dal poco che si può capire con Google Translate – un servizio di guide per turisti. E probabilmente è nato come calco di Lady Gaga. Ma le assonanze intestinali non c’entrano: questo sito, infatti, nasce in omaggio a una città giapponese costiera, che si chiama per l’appunto Kaga. Raccoglie qualche decina di guide turistiche – tutte donne – per tour guidati nella città.

 

CATSY

E’ un cibo per gatti venduto in Svizzera. La marca ha escogitato un gioco di parole basato sull’inglese “cat” (gatto); ma la sua pronuncia, però, in italiano evoca ben altro. “Caro, hai comprato la pappa per il micio?”. “Sì, ‘sti Catsy!”.

STIKEEZ

Tempo fa la catena di supermercati Lidl ha lanciato una linea di pupazzi a ventosa da attaccare al frigorifero: venivano dati in omaggio ogni 15 € di spesa. Sono stati chiamati “Stikeez“, un gioco di parole fra stick (stecco) e kids (bambini). La pronuncia corretta è “stikiz”, ma se letto come è scritto, sembra un’espressione in pugliese: stikeez!

ZOOMER DINO

E’ un piccolo dinosauro-robot per bambini, capace di camminare evitando gli ostacoli. I suoi occhi cambiano colore a seconda dell’umore, e quando si muove emette suoni giurassici. Il suo nome significa, in inglese, “Dino che si impenna“; ma in italiano, se pronunciato nella sua interezza, evoca ben altro.

TOPA

E’ il nome di una marca di carta igienica venduta in Germania. Peccato che il nome, in toscano, evochi l’organo genitale femminile: la topa. A quel punto, tanto valeva usarlo come marchio per assorbenti igienici?

 

QUINOTTO

La quinoa è una pianta erbacea che appartiene alla stessa famiglia degli spinaci e della barbabietola. E’ uno dei cibi sani che vanno per la maggiore. Certo, in Francia non sanno che “quinotto”, vezzeggiativo di quinoa, in italiano ha lo stesso suono di “chinotto“, termine gergale per designare il rapporto orale.

CACAZI

Come si possono chiamare quelle persone che suonano alla tua porta di casa proprio mentre stai dormendo o cenando? In italiano, “cagacazzi”. Forse è per questo che un produttore cinese di campanelli wireless ha deciso di chiamarli “Cacazi“?

LUPILU

La catena di supermercati Lidl colpisce ancora. Ha lanciato una linea di prodotti per bambini, chiamandola – chissà perché – Lupilu. Sembra una trovata di Antonio Albanese: “Cchiù pilu pi’ tutti!”. Nei dialetti meridionali, “pilu” indica il sesso femminile.

 

VINCULUM

Voleva essere un vincolo, cioè un legame forte. Ma questo chip elettronico, Vinculum, prodotto nel Regno Unito, in italiano assume un significato di tutt’altro genere. Diventa, insomma, un componente minaccioso: un hardware molto… hard.

 

MERDA

Quale potrebbe essere il peggior nome per un alimento? “Merda” sarebbe senz’altro in vetta alla classifica. Eppure. In Polonia c’è una ditta avicola che si chiama proprio così: Merda. Sarebbe una pessima idea se decidessero di esportare i loro polli in Italia, Francia o Spagna… Il motivo del nome? L’azienda, come spiega il sito ufficiale, è stata fondata nel 1990 da Florian Merda.

… E in altre lingue

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SESSO

FITTA
Nel 2001 la giapponese Honda produsse una nuova auto compatta, la Fit. Che fu lanciata in Europa con la variante “Fitta”: la casa nipponica, però, scoprì presto che in Svezia, Norvegia e Danimarca quel nome significa “fica”. Da allora l’auto è nota in Europa col più spendibile nome di Honda Jazz.

IPHONE7
Quando, l’anno scorso, Apple ha lanciato l’iPhone7 sul mercato orientale, aveva un enorme problema da risolvere: in cantonese, la lingua parlata a Hong Kong, il numero 7 “sette” (柒) si pronuncia “tsat”, che ha lo stesso suono di un termine gergale che significa “uccello” (nel senso di “pene”). Così, il suo slogan “This is 7” (Questo è il 7) in cantonese diventava “Questo è l’uccello”. I traduttori ne hanno tenuto conto, a costo di rendere lo slogan molto ridondante nella versione in cantonese: “Questo è precisamente iPhone7”, ma questo non li ha messi al riparo dalle ilarità sui social network.
Anche la Samsung era cascata nell’equivoco quando aveva lanciato il “Note 7”: in cantonese suona “bastone del cazzo”.  

PINTO
Negli anni ‘70, la Ford introdusse un nuovo modello, la Pinto, nel mercato brasiliano. La parola designa un cavallo bianco a chiazze di altri colori. Non aveva fatto i conti, però, col fatto che quella parola in portoghese è un termine gergale che significa “cazzo”. Dopo qualche tempo, quando si accorse della gaffe, modificò il nome della vettura in Corcel (cavallo, in portoghese).

LOCUM
Nel 1991, una società immobiliare svedese, la Locum, inviò ai propri clienti internazionali una cartolina con gli auguri di Natale. Per dare un tocco di affettività, trasformò la “O” del proprio nome (scritto minuscolo) in un cuore. Il risultato fu involontariamente comico: in inglese il suo marchio si leggeva “I love cum”, ovvero “Amo lo sperma”.

FOLLADOR
Qui in Italia è uno dei vini più noti e blasonati. Ma in Spagna, il prosecco Follador è visto sotto tutt’altra luce: quel termine, infatti, in spagnolo significa “scopatore” (da follar, scopare). Non sappiamo se questo nome abbia suscitato problemi (oltre che ilarità) nei mercati di lingua spagnola, ma sarebbe difficile cambiare etichetta trattandosi di un cognome (e comunque in Italia i vini con nomi volgari hanno successo, come raccontavo qui).

LACROSSE
Si può chiamare una vettura sportiva di lusso con un nome che richiama l’auto…erotismo? Nel 2004 la General Motors lanciò la Buick LaCrosse: un modello che esiste ancora oggi. Peccato, però, che nel Quebec francofono (Canada) il termine, nel gergo giovanile significa fregatura e anche sega (nel senso di masturbazione).

INSULTI

LUMIA
La Nokia lanciò nel 2011 una gamma di smartphone chiamandoli Lumia, che in finlandese significa “neve”. Non aveva fatto i conti col fatto che quel termine in spagnolo significa puttana. Incredibilmente, però, il nome è stato mantenuto anche quando Nokia è stata acquistata da Microsoft: l’ultimo modello è stato lanciato nel 2016.

PUFFS
I fazzoletti di carta Puffs (soffi, sbuffi) sono stati lanciati negli anni ‘50 negli Usa, dalla multinazionale Procter & Gamble. Ma quando sono stati introdotti nel mercato tedesco, è nato qualche problema: in tedesco, “puff” significa bordello, casa d’appuntamenti. E anche nel mercato inglese non è andata tanto bene, dato che il termine, in slang, significa frocio.

PAJERO
Nel 1982 la giapponese Mitsubishi lanciò un fuoristrada chiamandolo “Pajero”: una vettura che esiste tuttora. Il nome era un omaggio al Leopardus pajeros, ovvero il gatto delle pampas, un felino che vive in America Latina. Ma in spagnolo quella parola significa segaiolo: così, nei mercati di lingua spagnola il fuoristrada è stato ribattezzato Montero (cacciatore montano) e negli Usa Shogun. 

F.U.C.K.S.
Nel 2020 la Subaru ha presentato un nuovo modello con un lungo nome: Forester Ultimate Customized Kit Special la cui sigla è F.U.C.K.S. Peccato che l’acronimo, in inglese, significa “fotte”. Dopo che si sono scatenate le ironie sul Web, la casa giapponese ha dovuto scusarsi.

ESCREMENTI

SCHLITZ
Negli Usa, la birra Schlitz è uno dei marchi più storici nel settore: fu fondata nel 1849 da August Krug e poi acquistata da Joseph Schlitz, da cui prese il nome. Ed è diventato un marchio conosciuto nel mondo. Suo malgrado, però, ha suscitato ilarità in Germania dove il termine significa “fessura”, anche nel senso di vulva.

CALPIS
Calpis è il nome di una bevanda analcolica giapponese, ottenuta dalla fermentazione del latte. Fabbricata fin dal 1919, per gli anglofoni il suo nome (derivato dall’unione di cal, calcio, e pis, burro in sanscrito) non evoca tanto lo yogurt quanto… la piscia di vacca: la sua pronuncia in inglese, infatti, ricorda quella di “cow piss”.

MR2

La Toyota MR2 è un’autovettura sportiva prodotta dalla casa automobilistica giapponese Toyota in 3 serie principali dal 1984 al 2007. La sigla sta per Mid-engine, Rear-wheel Drive, 2 Seats, ovvero  motore centrale, trazione posteriore e due posti. In francese, però, quella sigla ha la stessa pronuncia di “merde” o di “emmerdeur” (rompicoglioni).

GPT
Nel 1988, la General Electric si era unita alla britannica Plessey, creando un gigante delle comunicazioni. In seguito alla fusione, fu creato l’acronimo GPT (Gec Plessey Telecommunications). Peccato che in francese quella sigla si legge “Je pe te”, ovvero “J’ai pété”, “Ho scorreggiato”. Dal 1998 la società ha cambiato nome in “Marconi communications” e infine Telent: non per colpa dell’acronimo, ma perché nel frattempo è stata comprata prima dalla Siemens e poi dalla Ericcson.

KRÄPP
Come poteva chiamarsi una carta igienica in Svezia? Kräpp, che in svedese significa “carta”. Peccato però che in inglese la parola cacca (“crap”) abbia quasi la stessa grafia e pronuncia. Se fosse stata lanciata sul mercato anglosassone, avrebbe fatto una figura… di m.

MIST STICK
Nel 2006, la società statunitense Clairol lanciò un ferro arricciacapelli chiamandolo “Mist stick” (stecco a vapore). Ma in tedesco quel nome suscitò l’ilarità: “mist” significa infatti “merda”. Lo stesso è accaduto a Estée Lauder con un fondotinta chiamato “Country mist”.

PSCHITT!
Questo nome è un’onomatopea: riproduce lo sfiatare del gas quando una bottiglia viene aperta. E infatti designa una bibita gasata – al gusto di limone o di arancia – celebre in Francia, creata dalla Perrier nel 1954 (e ora in mano a Roxane). Anche in questo caso, l’assonanza con l’inglese “shit” (merda) la rende non esportabile nei Paesi anglosassoni.

SHITO
E’ questo l’infelice nome di una salsa piccante tipica del Ghana: nei Paesi anglosassoni, infatti, ricorda terribilmente la parola “shit”, merda. Il nome designa di per sè il pepe, ma la Shito per antonomasia è una salsa di pesce (gamberi, pesce essiccato o crostacei), olio vegetale, zenzero, pomodori, aglio, peperoni e spezie. A un inglese farebbe passare l’appetito. 

 

Ringrazio quanti hanno arricchito questa lunga lista con le loro segnalazioni: Licia Corbolante (Pom’pin, Inkulator, Fessenger, Chiapple); WordLo (Quinotto); Eugenio Tafazzi, Carlo T. (Belin e Belino), Suomitaly (Popo), Lorenzo Tomasin (Kha Gai, Azzo), Rosa Cangiano (Bookeen), WordLo (collon), Olivier (Culinea), Nevio Gentile (Melda), Cinzia (Follador), Paolo Attivissimo e i suoi followers su Twitter, JHack.

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Quali sono state le parolacce “top” del 2016? Anche l’anno appena trascorso ci ha regalato molte chicche, sia in Italia che nel resto del mondo. E così, per il 9° anno consecutivo, ho preparato la classifica dei 10 casi più emblematici e divertenti di turpiloquio. Raccolti sia per il loro valore simbolico che per i loro effetti.
Prima di raccontarli, però, svelo subito il personaggio dell’anno: è il presidente delle Filippine, Felipe Duterte. E’ il primo capo di Stato ad aver insultato senza filtro le più importanti autorità del pianeta: dal papaBan Ki Moon, fino all’Unione europea e all’ambasciatore degli Usa, come raccontavo in questo post. Al suo confronto, Donald Trump è un dilettante. Incontinenza verbale? No: una strategia politica per stare sotto i riflettori, ribadire l’autonomia delle Filippine, strizzare l’occhio alla Cina e distrarre gli oppositori da altri problemi interni.
Lo scorso ottobre Duterte (nella foto a lato, fa il dito medio all’Unione europea) ha annunciato un cambio di rotta: «Non dirò più parolacce». Il motivo? L’ha spiegato ai giornalisti al ritorno da un viaggio in Giappone: «Mentre ero in volo e guadavo fuori dal finestrino, ho sentito una voce che mi diceva di smettere con il turpiloquio, altrimenti l’aereo si sarebbe disintegrato in aria. Ho chiesto: “Chi parla?”. Poi ho capito: era Lui. Così ho promesso di smettere. E una promessa a Dio – ha concluso Duterte – è un promessa al popolo filippino». 
Insomma, un ennesimo colpo di teatro: per mascherare, in realtà, il rischio di isolamento internazionale a cui sarebbe andato incontro se avesse proseguito a insultare tutti.  

Ed ecco la Top ten del 2016:  chi è il vincitore assoluto secondo voi? Scrivetelo nei commenti, se volete. Intanto, buon anno a tutti i lettori di parolacce.org.

POLITICA

(dal minuto 1:44)

«Roberto Speranza, hai la faccia come il culo. Avete la faccia come il culo».

Roberto Giachetti, assemblea del Pd, Roma, 18 dicembre

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IL FATTO

L’indignazione di Giachetti – parlamentare del Pd e vicepresidente della Camera – nei confronti del collega di partito Speranza viene da lontano. Durante il governo Letta (2013/14) Giachetti aveva firmato una mozione sottoscritta da un centinaio di parlamentari Pd per il ritorno al Mattarellum (sistema elettorale al 75% maggioritario e al 25% proporzionale).
La mozione fu bocciata in Aula con il parere contrario del Pd (Speranza era capogruppo) e del governo. Per protesta, Giachetti fece 2 scioperi della fame (uno da 170 giorni, l’altro da 73 giorni), ma senza risultati. Di recente, però, Speranza ha affermato che “Il Mattarellum è assolutamente positivo” e ha rivendicato di averlo proposto alla Camera come primo firmatario.
Di qui la rabbia di Giachetti, che all’assemblea Pd ha commentato: «Rimango leggermente allibito…Ho cercato lungamente quali fossero le parole ortodosse per rappresentare cosa io penso. Ma mi dovete scusare ma l’unica cosa che io penso è che: Roberto Speranza, hai la faccia come il culo. Avete la faccia come il culo: quando avevamo la possibilità di votare il Mattarellum eri capogruppo, c’erano i vostri ministri nel governo Letta … ». A quel punto la platea ha iniziato a rumoreggiare. Sul palco, Debora Serracchiani scoppia a ridere, il premier Paolo Gentiloni abbassa lo sguardo e trattiene il riso, Matteo Renzi si mette le mani nei capelli, Matteo Orfini lo richiama: «Quand’eri vicepresidente della Camera non avresti mai consentito una cosa del genere… vediamo di rientrare su toni civili». E Giachetti ha concluso: «Ragazzi la parola culo è sdoganata in tutto il mondo, adesso soltanto nell’assemblea del Pd che è così affettuosa non si può dire… Chiedo scusa. Diciamo che avete una faccia di bronzo, va bene così?». Il suo intervento così spontaneo ha fatto breccia, anche perché il Pd, da quando è diventato un partito governativo, rifugge il lessico volgare. Ma, come spesso accade in politica, l’intervento di Giachetti ha fatto discutere più sulla forma (l’uso della parolaccia) che sulla sostanza (il cambio di rotta sul sistema elettorale). E il Pd ha perso un’occasione preziosa per fare chiarezza sulla propria strategia. 

IN CAMPO

Koke: «Ricchione!».
Ronaldo: «Sì ma ricco, cornuto!».

Madrid, derby fra Atletico Madrid e Real Madrid. 21 novembre 2016

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IL FATTO

Derby fra Atletico Madrid e Real Madrid. Dopo un duro contrasto in area di rigore, Jorge Resurrección Merodio detto Koke (Atletico) e Cristiano Ronaldo (Real) si urlano le frasi a distanza ravvicinata, testa contro testa. E’ stato lo stesso Ronaldo a raccontare il contenuto del diverbio: “Koke mi ha dato del frocio (maricòn) e io gli ho risposto: “Sì, ma pieno di soldi, cornuto! (Sì, ma con pasta, cabròn)”. In effetti Ronaldo, uno dei più grandi calciatori esistenti, è anche uno dei più pagati nella storia del calcio: nel 2009 fu acquistato dal Manchester per la cifra record di 94 milioni di euro. E da tempo si rincorrono voci sulla sua presunta omosessualità: ma lui, dall’alto del suo talento (e dei suoi ingaggi profumati) se ne infischia…
La partita è stata vinta dal Real per 3-0 proprio grazie a una tripletta di Ronaldo. Ed entrambi i giocatori si sono meritati il cartellino giallo dall’arbitro.

A TUTTA PAGINA

“Il braccio destro del papa fa visita ai fedeli di Sega”.

Titolo su “L’Arena”, 31 agosto 2016

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IL FATTO

Sembra uno degli strilli di “Lercio”, il giornale satirico. E invece il titolo è proprio vero: è uscito  sull’Arena, quotidiano di Verona. L’articolo parla di monsignor Marcello Semeraro, “strettissimo collaboratore del pontefice”, che avrebbe fatto visita alla comunità parrocchiale di Sega, frazione di Cavaion Veronese. Ma, raccontata così, la visita assume un risvolto involontariamente comico. Su questa pagina trovate altri 13 titoli esilaranti di giornali.

PUBBLICITARIA

 

“Questo è l’uccello”.

Campagna pubblicitaria iPhone 7, Hong Kong, 9 settembre 2016

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IL FATTO

Non sempre uno slogan azzeccato funziona a ogni latitudine. Ne sa qualcosa la Apple: lo scorso settembre ha lanciato il nuovo iPhone7 con una campagna globale, con lo slogan “Questo è il 7”. Peccato però che in cantonese, la lingua che si parla a Hong Kong, “sette” (柒) si pronuncia “tsat”, che ha lo stesso suono di un termine gergale che significa “uccello” (nel senso di “pene”). L’assonanza ha suscitato parecchia ilarità nel Paese (soprattutto su Facebook), come hanno riferito il Daily Mail e Quartz. Anche Samsung era cascata nell’equivoco quando aveva lanciato il “Note 7”: in cantonese suona “bastone del cazzo”.  

ANTI OMOFOBA

“Frocio?”.

Campagna di reclutamento dei Jozi Cats, Johannesburg (Sud Africa), 8 giugno

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IL FATTO

Nel mondo sportivo, molto maschilista, non è facile essere gay. Ricordate lo scandalo suscitato da Maurizio Sarri, che diede del “frocio” a Roberto Mancini (ct dell’Inter), beccandosi 2 giorni di sospensione e 20mila € di multa?
In Sud Africa una squadra di rugby, i Jozi Cats, ha deciso di dare un calcio ai pregiudizi. Sono una squadra formata da giocatori dichiaratamente gay, e hanno lanciato una campagna di reclutamento coraggiosa, esplicita e ironica: hanno posato in divisa, col pallone da rugby e i muscoli in bella vista, sotto gli epiteti più usati (in inglese) contro i gay, seguiti da un punto interrogativo: queen (letteralmente: regina), pillow biter (mordi cuscino), flamer (lanciafiamme), pansy (violetta), fudge packer (impacchettatore di caramelle), fairy (fata). Per mostrare che si può essere virili anche con un diverso orientamento sessuale. La campagna ha fatto il giro del mondo: ha scacciato l’omofobia con un sorriso.

MUSICALE

“Guarda il ca* che me ne frega”.

Fabio Rovazzi, Youtube, 2 dicembre

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IL FATTO

La scorsa estate il suo tormentone “Andiamo a comandare” aveva guadagnato 4 dischi di platino, e 107 milioni di visualizzazioni su YouTube, facendo breccia anche fra i bambini.
Così, quando a dicembre Rovazzi ha lanciato il nuovo singolo “Tutto molto interessante”, si è preoccupato del suo pubblico di minori. E nel ritornello ha sostituito la parolaccia “cazzo” con l’eufemismo “ca*” (se volete sapere qualcosa in più sugli eufemismi, ne ho parlato qui). Anche se nella canzone rimangono due parolacce “in chiaro”:  “sfiga” e “palle”. Il brano, in realtà, non è per bambini: è una satira sociale, una presa in giro delle persone ossessionate dai social network, dal narcisismo, dalla schiavitù dell’apparire fra selfie, Instagram e palestra. Tutte cose che a Rovazzi “non fregano”. Il brano ha bissato il successo precedente: è già disco d’oro e ha superato i 42 milioni di visualizzazioni. Anche questa canzone piace ai bambini: che – ben prima di Rovazzi – sanno benissimo cosa vuol dire ca*.

MILITANTE

“Maledetti bastardi, sono ancora vivo!”.

Roberto Saviano, 17 ottobre, su “Repubblica” (foto Shutterstock).

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IL FATTO

Lo scrittore napoletano Roberto Saviano è diventato celebre fin dal suo primo libro, “Gomorra” (2006) un viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra. Il libro, che ha venduto oltre 2,5 milioni di copie, ha sollevato il velo sui business dell’organizzazione criminale. E lo ha messo nel mirino del clan dei casalesi, che lo hanno minacciato di morte. Da allora lo scrittore, 37 anni, vive sotto scorta. In occasione del decennale dell’uscita del romanzo (e della sua vita blindata) Saviano ha rievocato la sua storia su Repubblica: «Dieci anni fa ricevetti una telefonata dall’allora maggiore dei carabinieri Ciro La Volla. Non dimenticherò mai le sue parole. Cercava di non spaventarmi, cercava di dare una comunicazione tecnica, ma lui stesso aveva la voce preoccupata: mi avvertiva che sarei stato messo sotto protezione. Quando vennero a prendermi, chiesi: “Ma per quanto?”. E un maresciallo rispose: “Credo pochi giorni “. Sono passati dieci anni….». Una vita difficile, nell’isolamento più totale. Ma che non gli ha fatto cambiare rotta: «Non siete riusciti a ottenere quello che volevate. Non mi sono fermato, non mi sono piegato, anche se più volte mi sono spezzato. Ma se c’è una cosa che insegna questa lotta che ho intrapreso con l’arma più fragile e potente che esista, la parola, è che proprio quest’ultima può di volta in volta rimettere insieme ciò che è andato in frantumi». E conclude  lanciando un insulto beffardo ai camorristi che lo hanno minacciato: «Maledetti bastardi, sono ancora vivo!». 

OLIMPICA

“Abbiamo giocato contro un branco di codarde”.

Hope Amelia Solo, portiere della Nazionale Usa alle Olimpiadi di Rio, 12 agosto (foto Wikipedia)

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IL FATTO

Alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, la squadra femminile di calcio degli Usa è stata battuta ai quarti di finale dalla Svezia (che poi è arrivata 2° dopo la Germania). La partita si è conclusa ai rigori, dopo un impenetrabile catenaccio delle svedesi, che hanno vinto per 4-3. Intervistata da “Sports illustrated”, la portiera statunitense Hope Solo, 35 anni – atleta brava, bella e sanguigna – ha criticato la tattica difensiva della avversarie, definendole “codarde”. Il suo commento è rimbalzato su tutti i giornali: non è esattamente nello spirito olimpico. Ma il Comitato olimpico non ha preso provvedimenti nei suoi confronti: ha qualificato la sua affermazione come “deludente” ribadendo che, comunque, c’è libertà di espressione. Non l’ha pensata così la Federcalcio Usa, che le ha inflitto 6 mesi di sospensione: una punizione esemplare, motivata dal fatto che quei giudizi sono “inaccettabili e non corrispondenti a ciò che ci aspettiamo dalle giocatrici che vestono la maglia della nostra nazionale”. La Solo ha replicato che questa punizione così severa sarebbe in realtà una ritorsione contro il suo impegno nel perseguire la parità di stipendi con i calciatori uomini.

TELEVISIVA

“Vorrei la minchia nera”.

Amadeus a “Mezzogiorno in famiglia”, Rai2, 7 maggio

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IL FATTO

E’ finita la puntata del contenitore mattutino di Rai 2 “Mezzogiorno in famiglia”. Il conduttore principale, Amadeus, durante la sigla finale canta “La pelle nera” insieme al resto del cast. Finiti i titoli di coda, pensando che il collegamento fosse ormai terminato, si sente Amadeus dire, scherzando, “Vorrei la minchia nera”. La gaffe non è sfuggita, tanto che è stata presa in giro da “Striscia la notizia” su Canale 5. Finendo così su tutti i giornali: Amadeus si è scusato, e ha ricevuto il “Tapiro d’oro”. Il segretario della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi ha annunciato un’interrogazione parlamentare. Dopo la tempesta, a fine mese Amadeus ha annunciato che avrebbe lasciato il programma dopo 7 anni, spiegando però di averlo fatto per altri impegni professionali e non per la gaffe. 

GESTACCIO

Dona le sue scarpe e offende gli egiziani

Lionel Messi, Barcellona, alla tv egiziana MBC Masr, 30 marzo

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IL FATTO

Lionel Messi aveva donato – per un’asta a scopo benefico – un paio delle sue scarpe davanti alle telecamere della tv egiziana MBC Masr. Ma il suo gesto ha scatenato il finimondo. Il campione non sapeva infatti che in Egitto (e in tutto il mondo arabo) mostrare le scarpe, e in particolare la suola, è un atto di grande disprezzo. Le suole, infatti, sono a contatto con la terra e quindi evocano la sporcizia. «Quelle scarpe rappresentano un’umiliazione», ha commentato il presentatore tv e deputato Said Hasasin. E il portavoce della Federcalcio egiziana Azmy Megahedha ha rincarato la dose: «Avrebbe fatto meglio a darsi gli scarpini in testa e a darli in testa ai suoi tifosi. Non abbiamo bisogno delle sue scarpe né della beneficenza di ebrei o israeliani. Dia le scarpe al suo Paese, l’Argentina è piena di poveracci».
Mostrare le scarpe non è l’unico gesto che diventa offensivo passando da un Paese all’altro. In questo articolo racconto gli altri 10 da evitare quando siete all’estero (se non volete fare figuracce).

Vi è piaciuta la “top ten” del 2015? Su questo sito trovate le classifiche degli anni passati: il 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008.

Hanno parlato di questo post AdnKronos,  Italia seraIl Secolo d’Italia, Italia informazioniSicilia informazioni, StraNotizie, Attualità.com.

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Perché i genitali sono diventati insulti? https://www.parolacce.org/2016/02/17/offese-metafore-sessuali/ https://www.parolacce.org/2016/02/17/offese-metafore-sessuali/#respond Wed, 17 Feb 2016 14:07:43 +0000 https://www.parolacce.org/?p=9415 “Cazzone, cazzuto, incazzato“: non passa inosservato il sottotitolo di “Deadpool“, un film su un supereroe per adulti, stravagante, comico e politicamente scorretto. Il film, al cinema in questi giorni, è l’occasione per parlare dei genitali usati come insulti: perché i nomi che designano pene,… Continue Reading

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deadpoolCOLCazzone, cazzuto, incazzato“: non passa inosservato il sottotitolo di “Deadpool“, un film su un supereroe per adulti, stravagante, comico e politicamente scorretto. Il film, al cinema in questi giorni, è l’occasione per parlare dei genitali usati come insulti: perché i nomi che designano pene, vulva, glutei sono usati anche per offendere le persone (coglione, testa di cazzo, faccia da culo, rincoglionito)?
Non è strano che gli organi sessuali (nei quali ho inserito anche i glutei, in quanto richiami erotici) siano usati per descrivere le caratteristiche psicologiche o i modi di fare delle persone, e per di più in modo negativo?
La questione è intrigante. Indagando ho scoperto che queste metafore sessuali sembrano indicarci una rotta morale, additando i peggiori difetti umani, sia intellettivi che comportamentali. E lo fanno con una lucidità sorprendente: sembrano aver attinto da un trattato di psichiatria. I difetti che queste espressioni mettono alla berlina, infatti, sono così universali che caratterizzano molti celebri personaggi cinematografici: non solo Deadpool, ma tutte le macchiette rappresentate nei film di Carlo Verdone… e non solo.

Prima di svelare la mappa semantica degli insulti derivati dai genitali, affrontiamo subito la questione di fondo: cosa c’entrano gli organi sessuali con i difetti morali? Perché i nomi del sesso sono usati per esprimere offesa, disistima, disprezzo?
Innanzitutto perché i nomi osceni, evocando il sesso, sono emotivamente carichi, sono parole impregnate di passioni. Ma questa carica non è solo positiva (eros, piacere, seduzione, forza vitale, eccitazione, fecondità…). Il sesso ha anche un risvolto negativo: ci ricorda la nostra natura animalesca, da cui cerchiamo sempre di prendere le distanze. Ecco perché il sesso è usato per “abbassare” il valore di una persona: se dico a qualcuno che è una “testa di cazzo”, metto la sua intelligenza sullo stesso piano della pulsione sessuale, irrazionale e incontrollata. Quella persona, invece di ragionare col cervello, si lascia guidare dal pube. La “torre di controllo” si è spostata dall’alto al basso

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Iniziativa di un gruppo di creativi free lance: non vogliono essere sotto pagati, cioè trattati da coglioni.

Questa visione svilente della sessualità è stata rafforzata, nella cultura occidentale, dall’orfismo, un movimento religioso nato in Grecia nel VI secolo a.C.: gli orfici disprezzavano il corpo, mortale e limitato, perché lo consideravano inferiore all’anima, pura e immortale. Nei secoli successivi questo contrasto fra mente e corpo è stato rafforzato anche dal cristianesimo, per il quale la vita terrena vale solo in funzione di quella ultraterrena.

Ecco perché, in moltissime lingue, i nomi che designano i genitali sono usati come insulti, anche se con molte variazioni da un Paese all’altro: alcuni Paesi utilizzano più le metafore derivate da pene e testicoli, altri quelle dalla vulva, altri ancora quelle che rimandano ai glutei.
Per esempio, tornando al film  “Deadpool”,  la tripletta inglese che lo descrive, significa letteralmente: tosto, saccente, grandioso, ed è giocata sulle varianti di “ass”, culo. In Italia, anche se culo è una parola dai molti significati (ne avevo parlato qui), preferiamo usare come metafora i genitali maschili: il “lato A” invece del “lato B”. Ecco perché nella versione italiana i traduttori hanno puntato sugli aggettivi derivati dal pene: cazzone, cazzuto, incazzato. Infatti, cazzuto è la traduzione corretta di bad ass,; smart ass è reso con cazzone, mentre sarebbe stato più corretto definirlo cazzaro (fanfarone, spaccone). Per il terzo aggettivo, great ass, non esiste un corrispettivo derivato dai genitali maschili: sarebbe stato corretto tradurlo come figone. E infatti in italiano le metafore derivate dal sesso femminile esprimono per lo più concetti positivi: figa (bella donna), figo (bell’uomo, alla moda, attraente, elegante), figata (cosa bella, piacevole, ben riuscita)… L’unica eccezione è fighetto, inteso come elegante, vanesio, affettato. Ma d’altronde non bisogna dimenticare che fesso (= sciocco, scemo) deriva da fessa (fessura, vulva), e fregnone (= sciocco, stupido) da fregna (vulva).

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T-shirt: sono con un testa di…

Qualcuno ha ipotizzato che forse la nostra cultura è fissata alla fase fallica (la fase dello sviluppo infantile che concentra la libido sul pene) mentre quella anglosassone a quella anale, ma è una lettura troppo semplicista: anche in italiano abbiamo molti riferimenti al deretano (faccia da culo) e agli escrementi (faccia di merda) nei nostri insulti. Forse, il contrasto fra pene-spregiativo e vulva-elogiativa è uno dei tanti sintomi del maschilismo della nostra cultura: i maschi disprezzano il proprio sesso, apprezzando quello opposto. C’è del vero, ma come spiegare, allora, gli spregiativi derivati dal sesso femminile?
E’ più probabile che questa opposizione nasca da un altro aspetto: mentre la vulva è nascosta e misteriosa, il pene è un organo evidente, appeso e penzolante, quindi in balìa dei movimenti del corpo: come tale si presta a diventare il simbolo di un essere passivo e inanimato.
In ogni caso, è impossibile generalizzare: in francese, per esempio, il termine che designa la vulva, con, è usato come insulto: equivale al nostro coglione. Lo stesso avviene anche in inglese, dove il termine twat (vulva) è un’offesa pesante che significa coglione, stronzo, pezzo di merda. I nomi del sesso, insomma, sono veri jolly linguistici che possono esprimere tutto e il contrario di tutto, come già raccontavo in questo post.

Ed è proprio questa ricchezza espressiva a rendere difficile studiare questi appellativi, e tradurli da una lingua a un’altra: che cosa vogliamo dire quando affermiamo che una persona è “un coglione“? E’ questa la prima difficoltà con cui ci si scontra se si vuole fare una mappa semantica degli insulti tratti dal lessico sessuale, traducendo le parolacce in termini neutri o almeno non volgari. Così facendo, ho potuto distinguere gli insulti genitali in due grandi famiglie: quelli contro l’intelligenza e quelli contro il comportamento. E mentre compilavo questo elenco (nel quale ho inserito, in blu, alcuni corrispettivi in inglese) mi sono venuti in mente diversi personaggi cinematografici che incarnassero quei difetti. Tipi umani presenti a ogni epoca e latitudine.

insultiGenitali1Gli insulti contro l’intelligenza si possono dividere in 2 sottocategorie: quelli che condannano l’incapacità di intendere, ovvero il ritardo mentale in varie forme; e quelli che puntano l’indice contro l’ottusità, l’ostinazione, ovvero la demenza e i deficit di attenzione. Mentre i primi sono difetti permanenti, i secondi possono essere transitori: perché si è presa una botta in testa, perché si è invecchiati, perché si è stanchi. Questi insulti, insomma, evidenziano – per contrasto – l‘importanza dell’intelligenza, della prontezza di riflessi, della capacità di discernere e agire di conseguenza.
Chi è privo di queste doti, è emarginato e disprezzato. Ma al tempo stesso fa ridere: se guardate i personaggi che incarnano questi difetti, sono tutti personaggi comici: da Checco Zalone a Mr Bean, fino al tontolone Leo, portato in scena da Carlo Verdone in “Un sacco bello”.

insultiGenitali2Discorso altrettanto interessante si può fare per gli insulti che stigmatizzano determinati comportamenti. Mettendoli tutti insieme, mi sono accorto che coincidono in modo impressionante con i disturbi di personalità, cioè le malattie mentali che compromettono l’equilibrio psicologico e relazionale di una persona. Sono tutte forme di disadattamento: chi ne è affetto risponde in modo inadeguato ai problemi della vita, compromettendo i rapporti con gli altri. Sono persone aggressive, false, esibizioniste, moleste, vittimiste, incapaci di empatia con gli altri, insensibili, cattive. E proprio per questo sono il bersaglio di molti e pesanti insulti, come potete vedere dal grafico qui a lato. Nei loro confronti, è difficile usare una chiave comica: soprattutto verso i sociopatici, che non a caso hanno ispirato schiere di “cattivi” nei film.

Dunque, riunendo tutti gli insulti derivati dai genitali, emerge un quadro sorprendente: additano le peggiori caratteristiche di una persona, che diventa così meritevole di disprezzo e di dileggio. Ma queste parolacce non sono soltanto offese. Indirettamente indicano (per contrasto) i valori più importanti che ognuno di noi dovrebbe perseguire se vuole ottenere la stima e la benevolenza altrui: l’intelligenza, l’acume, la ragionevolezza, l’altruismo, l’empatia, la dolcezza, il rispetto… Insomma, a ben guardare, gli insulti genitali non sono cazzate.

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Il sessismo delle parolacce https://www.parolacce.org/2015/10/23/insulti-sessisti/ https://www.parolacce.org/2015/10/23/insulti-sessisti/#comments Fri, 23 Oct 2015 12:00:57 +0000 https://www.parolacce.org/?p=6238 Sessismo di qua, sessismo di là… Negli ultimi tempi, sono state fatte molte crociate contro il sessismo delle parolacce: peccato, però, che invece di approfondire questi temi (complessi), diversi moralisti accecati dall’isterismo hanno preso delle topiche notevoli. La più clamorosa, è… Continue Reading

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Campagna dello stilista Paolorossi, contestata per il suo sessismo.

Sessismo di qua, sessismo di là… Negli ultimi tempi, sono state fatte molte crociate contro il sessismo delle parolacce: peccato, però, che invece di approfondire questi temi (complessi), diversi moralisti accecati dall’isterismo hanno preso delle topiche notevoli. La più clamorosa, è stato lo scandalo dei gestacci in Senato:  i senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna sono stati sospesi per 5 giorni da Palazzo Madama per aver mimato un rapporto orale all’indirizzo di alcune colleghe. Politici, giornalisti, commentatori si sono strappati le vesti, puntando il dito contro la deriva sessista del Parlamento…
Eppure, quei gesti erano senz’altro sconvenienti e osceni, ma non sessisti: come già raccontavo in questo post, quei gesti sessuali hanno un senso generale di auto-affermazione. Evocare un atto sessuale non è un modo di disprezzare le donne, ma è solo un modo per dare colore ed energia alla propria posizione. Tant’è vero che quei gesti li usano anche le donne (verso altre donne o verso gli uomini).
Il problema è che si sa poco del sessismo, e ancor meno delle parolacce. Meglio, quindi, chiarirsi le idee. Anche perché le sorprese non mancano: le parolacce sono sessiste non solo in senso misogino (odio verso le donne) ma anche in senso misandrico (odio verso gli uomini).

ALLE RADICI DEL SESSISMO
Il seno (elemento importante dell'identità femminile) equiparato a mozzarelle.

Il seno (elemento importante dell’identità femminile) equiparato a mozzarelle.

Ma prima di guardare da vicino quali sono gli insulti sessisti: cos’è il sessismo? E’ la discriminazione basata sul genere sessuale, ovvero sulle caratteristiche sociali e culturali considerate tipiche dell’identità maschile e femminile. Ovvero, ti disprezzo in quanto donna (o uomo) che non risponde alle attese della società, che non assolve al ruolo che le (gli) è stato assegnato. Queste attese non sono irrilevanti: hanno pesanti effetti sugli spazi di libertà delle persone, come racconto sull’ultimo numero di  Focus, dove ho scritto un reportage sulla discriminazione di genere.
Quando 10mila anni fa fu inventata l’agricoltura, gli uomini hanno istituito gli eserciti per difendere i raccolti dalle incursioni altrui. E vigilando sulle risorse alimentari, gli uomini hanno posto sotto controllo anche le donne, sottomettendole ed esautorandole dall’economia. Da millenni, dunque, è stata istituita una rigida e asimmetrica divisione dei ruoli: agli uomini soldi e potere (la parola patrimonio rimanda al padre-padrone), alle donne le faccende di casa e la famiglia (la parola matrimonio rimanda infatti alla madre). Una divisione che è stata funzionale fino al Dopoguerra, quando la donna è entrata nel mondo del lavoro guadagnando spazi sempre più ampi di autonomia (anche grazie ai contraccettivi, che l’hanno resa indipendente sul piano sessuale). Così l’emancipazione femminile ha messo sempre più in crisi questo scenario. Ma il tema delle disparità di genere è ancora molto sensibile, e spesso suscita reazioni isteriche: spesso si grida al sessismo anche a sproposito.

C’è traccia di questa disparità anche nel nostro lessico? Per rispondere, bisogna identificare gli insulti sessisti, ovvero quelli che usano una caratteristica negativa considerata tipica del sesso maschile/femminile per svilire un’altra persona. Ecco i principali insulti sessisti della nostra lingua, divisi per tipo:

Sessismo
verso la donna

Sessismo
verso l’uomo

Comportamento sessuale puttana (e sinonimi: vacca, troia, etc), pompinara, frigida (e sinonimi: asse da stiro,figa di legno, etc), zitella puttaniere,  frocio (e sinonimi: culattone, ricchione,, finocchio…), sfigato, impotente, travestito
Comportamento strega (e sinonimi: arpia, etc), isterica (e sinonimi: uterina, etc), oca (e sinonimi: gallina,…), fighetta (e sinonimi: sciacquina, etc) bastardo, cazzone (e sinonimi: testa di cazzo, pirla, coglione, etc), sega (e sinonimi: senza palle, etc), cornuto
Aspetto fisico racchia (e sinonimi: cessa, cozza, etc), culona, rifatta cazzo corto, pelato

Dunque, nelle parolacce, il sessismo non è solo misogino: è anche misandrico. Insomma, c’è un’insospettabile “par condicio”: per qualità e quantità, ciascuno dei due sessi è preso di mira senza pietà in tutti gli ambiti della vita.
Ma perché questa abbondanza? Perché gli insulti sessisti sono i più efficaci, ovvero i più offensivi. La dimensione sessuale è la più intima, profonda e delicata, e costruisce uno degli assi portanti della nostra identità. Colpire qualcuno nel sesso è, come nella boxe, dare un colpo basso, sotto la cintura. Un modo sicuro, sbrigativo e diretto di mandare l’avversario al tappeto. E infatti gli insulti funzionano tutti così. Proprio perché la loro funzione è stendere l’avversario con un sol colpo, non si perdono in distinzioni e fini analisi: sono sentenze senza processi, clichè, luoghi comuni, tecnicamente parlando stigmi, cioè etichette sociali negative. Chi si scandalizza per questo fatto è come chi contesta che un coltello tagli o che una pistola spari. Gli insulti sessisti sono prima di tutto insulti: servono a svilire un’altra persona, ad abbassarne l’autostima, a farla sentire anormale, esclusa, emarginata.

Una rara pubblicità a doppio senso con un uomo-oggetto.

Una rara pubblicità a doppio senso con un uomo-oggetto.

Ecco perché non tutti gli insulti sessisti sono utilizzati per sessismo: si usano gli insulti sessisti perché sono il modo più rapido di colpire un’altra persona. Gli insulti servono proprio per ferire, per offendere. Perciò è nella loro natura usare colpi bassi, letteralmente sotto la cintura. Poco importa del significato intrinseco delle parole usate, e ancor meno dei risvolti sociali: quando si dice “puttana” a una donna che ci taglia la strada in auto (o “frocio” a un uomo), non si ha davvero la volontà di affermare che fa la prostituta (o che è omosessuale). Il sessismo è un mezzo e non un fine. E lo stesso dicasi per le pubblicità: quelle meno creative usano il sesso e il sessismo per solleticare gli istinti più bassi, per colpire l’attenzione, più che per la volontà di perpetuare il sessismo – anche se è innegabile che danno un notevole contributo.

Detto questo, però, la par condicio negli insulti sessisti esprime davvero una parità, per quanto perversa? Per rispondere a questa domanda, bisogna verificare quali sono gli insulti sessisti più usati, e se la carica offensiva di questi insulti è uguale per ambo i sessi oppure no.
Partiamo dalla prima domanda: quali sono gli insulti sessisti più usati? L’unica indagine statistica su questo argomento è una ricerca sugli insulti più usati su Twitter, di cui ho parlato tempo fa. L’indagine, svolta da Vox (Osservatorio italiano sui diritti) presenta notevoli limiti: ha studiato tutti gli insulti misogini, ma non tutti quelli misandrici (concentrandosi solo sugli insulti omofobi). Al netto di queste limitazioni, emerge comunque una netta prevalenza di insulti misogini (59%)  rispetto a quelli omofobi (6%). Se si insulta una donna, insomma, si usano più spesso gli insulti misogini rispetto ad altri insulti non connotati in senso sessista.

volgarometroMa fra gli insulti sessisti, quali sono considerati i più offensivi? Quelli contro le donne o quelli contro gli uomini? Grazie al volgarometro, l’indagine che ho svolto anni fa, è possibile rispondere in modo puntuale.
Guardando i risultati, emerge che, nonostante le radici maschiliste della nostra cultura, c’è una consapevolezza diffusa sulla gravità degli insulti sessisti verso le donne: infatti, gli insulti sessisti nei confronti delle donne sono stati valutati come più offensivi (in particolare pompinara, con un punteggio di 2,5 su 3 e puttana, con 2,4). E questo nonostante il campione di rispondenti al sondaggio avesse una leggera prevalenza maschile (57,4%).
Lo psicoanalista argentino Ariel Arango offre una spiegazione di questo fatto: non sarebbe tanto un maggior riguardo verso la donna in quanto tale, bensì verso la figura materna. Il sesso orale e la prostituta sono tabù perché mostrano esplicitamente la donna che fa sesso senza limiti, accendendo le fobie verso la sessualità di nostra madre, che abbiamo bisogno di rimuovere dalla mente: per non violare il tabù dell’incesto, la mamma deve restare una figura casta e pura (per altri dettagli rimando alla lettura del suo libro).
Va detto, però, che anche diversi insulti sessisti verso gli uomini sono percepiti come altamente offensivi: è il caso di cazzone (2,2) e culattone (2,1). (clicca sull’immagine per ingrandire)

LA DOPPIA MORALE
Oltre che di maschilismo, il nostro vocabolario ha notevoli tracce anche della “doppia morale” segnalata dal “rapporto Kinsey” italiano, lo studio di Marzio Barbagli “La sessualità degli italiani” (Il Mulino): nella nostra cultura, ciò che è concesso agli uomini (una sessualità libera, per esempio) alle donne è vietato.
E lo si vede anche nel linguaggio: esistono nomi che acquisiscono una connotazione spregiativa solo se riferiti alle donne. La sociologa Graziella Priulla, autrice di “C’è differenza” (Franco Angeli) li ha elencati in questa tabella, che ho integrato con 6 voci:

Un cortigiano: un uomo che vive a corte Una cortigiana: una mignotta
Un uomo allegro: una persona di buonumore Una donna allegra: una mignotta
Un accompagnatore: una guida Un’accompagnatrice: una mignotta
Un intrattenitore: un uomo socievole, affabulatore Un’intrattenitrice: una mignotta
Un massaggiatore: un kinesiterapista Una massaggiatrice: una mignotta
Un professionista: uno che conosce bene il proprio lavoro Una professionista: una mignotta
Un uomo di strada: un uomo duro, temprato dalla vita Una donna di strada: una mignotta
Un uomo senza morale: un ladro, un delinquente, un corrotto Una donna senza morale: una mignotta
Un uomo molto disponibile: una persona gentile Una donna molto disponibile: una mignotta
Un uomo pubblico: un uomo famoso, in vista Una donna pubblica: una mignotta
Un uomo facile: una persona con cui è facile vivere Una donna facile: una mignotta
Un libertino: un uomo senza freni morali Una libertina: una mignotta
Un passeggiatore: un uomo che cammina Una passeggiatrice: una mignotta
Un uomo con un passato: un uomo di esperienza Una donna con un passato: una mignotta
Un uomo di mondo: un uomo di esperienza Una donna di mondo: una mignotta

Insomma, l’unico valore o disvalore della donna si misura dalla sua moralità a letto. La donna non è valutata come persona, ma solo rispetto alla sua etica sessuale. Un criterio decisamente restrittivo. Tanto più se si pensa che molti termini spregiativi rivolti alle donne (puttana, zitella) non hanno il corrispettivo maschile (puttano esiste ma è scherzoso, e puttaniere può avere persino una connotazione positiva; e scapolo è un termine neutro o positivo).

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Pubblicità dei Senators, squadra di baseball: sessismo ironico.

Questo scenario vi indigna? Ovvio. Ma non è certo eliminando gli insulti sessisti che si potrà sconfiggere il sessismo. E’ poco realistico pensare che l’uomo rinunci facilmente ad armi così pratiche, profonde ed efficaci per offendere qualcuno, tant’è vero che esistono in tutte le lingue; anche perché il rapporto uomo-donna è spesso conflittuale.
Del resto, è innegabile che i presunti estremi della sessualità maschile e femminile (l’omosessualità, l’asessualità e la lussuria) sono etichette che rivelano aspetti profondi dell’identità – per quanto in chiave solo negativa.
Più che pretendere di cancellare il sintomo (gli insulti sessisti) sarebbe più efficace curare la malattia: ovvero, tentare di modificare la nostra visione del mondo, garantire più diritti alle donne, ai gay e alle prostitute, per esempio, e punire – davvero – gli abusi verbali quando è il caso. E, comunque, essere un po’ più consapevoli di quello che diciamo e del perché lo diciamo. Sarebbe già un bel progresso.

 

Dedico questo post alla memoria del caro amico Mario Tacci, spirito libero, scomparso all’improvviso lo scorso 13 ottobre. RIP

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cash

Il cantautore Johnny Cash (che si esibì nelle prigioni) risponde così al fotografo Jim Marshall che gli aveva chiesto cosa pensasse delle autorità carcerarie (1969).

Sono le offese più potenti, e non subiscono inflazioni: fanno sempre scandalo perché violano i tabù più forti. Anzi, li evocano in carne e ossa. Sono universali: abbattono le distanze fisiche e culturali, e li si capisce in ogni angolo del mondo. Forse l’Italia è uno dei Paesi che ne ha (o ne usa) di più, eppure la cultura e la scienza non ne parlano: sono i gestacci, ovvero le parolacce espresse col corpo. Le parolacce senza parole: così possono dirle anche i muti e i sordi.
Avevo già parlato (in questo articolo) dei gesti insultanti in generale. Ora approfondirò i gesti osceni: più avanti in questa pagina trovate il primo elenco completo dei 18 gestacci italiani.

Questi gesti sono i più volgari perché violano i tabù più delicati: sesso ed escrementi, ovvero la vita e la morte, la salute e la malattia. Concetti che non possono essere mai innocui, ed è per questo che andrebbero espressi con cautela e timore riverenziale, non in modo diretto e greve come avviene con le parolacce e i gestacci. Ma perché usiamo questi gesti?
I segnali osceni, dice l’etologo inglese Desmond Morris nel libro “L’uomo e i suoi gesti”, possono avere due scopi:
1) esprimono complimenti o inviti sessuali: evocano atti o zone erogene, per sedurre un’altra persona o esprimere eccitazione, attrazione. E’ il caso di un uomo che fa un gesto sessuale spinto a una donna (o viceversa). Sono gesti “volgarmente amichevoli”: non hanno l’intenzione di offendere, ma sono sgradevoli e inopportuni perché il rapporto fra le due persone non ha raggiunto il grado d’intimità in cui quel gesto sarebbe accettabile; e risulta ancora più offensivo se fatto in pubblico;
2) esprimono insulti: si usa il segno più sporco, più tabù possibile come forma simbolica di attacco. Invece di colpire l’avversario, lo si insulta con un gesto sessuale. Questo accade anche fra i primati: anche loro mimano atti sessuali come gesti di minaccia. Per esempio, le scimmie maschio arrivano a mimare la posizione di monta verso un altro maschio per trasmettergli questo messaggio: “Poiché solo un maschio dominante può montare una femmina, se io monto te allora tu devi essere mio inferiore”. Dunque, gli atti sessuali, anche fra gli animali, hanno il senso di auto-affermazione anche in situazioni non sessuali. “E oggi non rappresentano più la preminenza maschile, ma sono un’espressione di superiorità per entrambi i sessi”, osserva Morris. Se guardate le foto di questa pagina, ricche di presenze femminili, ne trovate un’eloquente conferma.

“Un gesto vale più di mille parole. E un gestaccio? Più di mille parolacce”.parolacce.org

ALLE ORIGINI DEL LINGUAGGIO
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Campagna promozionale Snai (scommesse): gioca sul gesto che significa “avere culo”.

Ma questi gesti sono innati oppure no? Spesso riproducono una parte anatomica o un atto sessuale in modo realistico, immediato, corporeo, tanto che gran parte di questi gesti sono diffusi in molti Paesi e comprensibili anche fra chi parla lingue diverse. Diversi, però, sono frutto di convenzioni culturali, e perciò possono essere decodificati solo in una nazione o regione geografica. Di sicuro, molti di questi gesti sono antichissimi: quello del dito medio, per esempio, è noto fin dai tempi degli antichi Greci, non è affatto un’invenzione angloamericana. Di recente, alcuni ricercatori del Cnr e dell’Università di Milano Bicocca hanno fatto una ricerca sulla comprensione di 187 gesti spontanei (ok, vieni qui, guarda qui…): sono giunti alla conclusione che questi gesti siano una via di mezzo fra il linguaggio corporeo emozionale (la mimica neurofisiologica del corpo quando, per esempio, proviamo disgusto, noia o gioia) e il linguaggio formale dei segni, come quello usato dai non udenti. In pratica, i gesti avrebbero aiutato l’uomo a passare dall’espressione “istintiva” delle emozioni a un linguaggio più simbolico. Peccato, però, che la ricerca non abbia esaminato i gestacci.

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Campagna dell’Università di Macerata: il gestaccio contrappone la maleducazione all’educazione. Ma rischia di far perdere autorevolezza all’ateneo.

Ma perché sono tanto usati? Innanzitutto perché sono molto più immediati rispetto alle parole e spesso sono usati in aggiunta alle parole, per rafforzare un concetto attraverso il corpo: anzi, i gesti danno l’impressione di una maggiore spontaneità e intensità emotiva rispetto alle parolacce dette a voce. Danno corpo alle offese, le fanno “incarnare”. E poi perché permettono di comunicare anche a grandi distanze: laddove la voce non arriva, i gesti sono visibili. Ecco perché molti di questi gesti sono usati in manifestazioni sportive, proteste di piazza, oppure nel traffico cittadino. E, data la loro immediatezza, possono essere usati per insultare persone che non parlano la propria lingua.
Dunque, un patrimonio enorme, del quale però non si trova un catalogo completo sul Web: ecco perché ho deciso di radunarli tutti (ne ho trovati 18), anche per verificare se siano conosciuti a tutte le latitudini.
Dato che molti di questi gesti sono osceni e palesemente volgari, i lettori più sensibili sono avvisati: potrebbero trovare offensivo il contenuto di questo articolo. Ma non bisogna dimenticare un fatto, come acutamente dice Morris: “Nessun gesto, per quanto brutale possa essere la sua oscenità o lascivo il suo significato, ha mai fatto versare una goccia di sangue ad alcuno. Anche se a volte possono provocare una rappresaglia, i gesti osceni sono essenzialmente sostituti dell’aggressione: riti in miniatura, che si sostituiscono all’attacco fisico”. E scusate se è poco.

GLUTEI

paura

HAI PAURA, EH?!?

Il gesto della mano (con le dita che si uniscono e si separano ripetutamente di pochi centimetri) riproduce la strizza, ovvero lo spasmo dello sfintere anale quando si prova paura. E’ un gesto sprezzante e provocatorio: al posto di provare compassione verso chi è in difficoltà, lo si deride per la sua fragilità.

 

 

 

 

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TI FACCIO UN CULO COSI’!

Le mani riproducono la forma del deretano, o più probabilmente dello sfintere: per minacciare una sodomizzazione violenta. Ma può anche darsi che il gesto riproduca l’atto di afferrare un’altra persona per il bacino, mimando una presa da dietro. In ogni caso, come molti gesti osceni, è un gesto di minaccia di monta.

 

 

 

 

 

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CHE CULO CHE HAI!

L’origine del gesto è simile a quello precedente, ma con tutt’altro significato: in italiano, “avere culo” equivale ad “avere fortuna”. Perché i glutei sono simbolo di fecondità, come spiegavo in questo post, e la fecondità è stata sempre associata a felicità e buona sorte.

 

 

 

 

 

 

moon

BECCATI QUESTO!

Mostrare i glutei (nudi, o anche coperti da vestiti) è una forma di insulto: equivale a dire “Defeco su di te”, “Lancio un peto verso di te”, oppure “Baciami i glutei”, come forma di disprezzo e sottomissione. E’ un gesto usato anche come scherzo (memorabile una scena del genere nel film “Amici miei”) o come forma di protesta irridente e provocatoria nelle manifestazioni di piazza. In inglese questo gesto è chiamato “mooning” perché moon (luna) può significare anche sedere.

 

 

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PRRRRRRRRR!!!

La pernacchia riproduce il rumore di un peto: ecco perché l’ho inserita fra i segnali che riproducono i glutei anche se è un gesto fatto con il volto. Fare una pernacchia a qualcuno equivale a fargli un peto addosso: un gesto irriguardoso e di disprezzo, equivalente al precedente.

 

 

 

 

 

SENO

bocce

DUE TETTE COSI’

Le mani davanti al petto evocano le forme del seno, di solito in modo esagerato. E’ un complimento enfatico: “ha due tette/bocce/poppe/zinne così!” (come nel celebre sketch di Carlo Verdone, qui a lato). Esiste anche un altro gesto che si riferisce al seno: quello che imita l’atto di palparle, mettendo le mani con le palme rivolte verso l’esterno mentre si aprono e si chiudono.

 

 

 

SEGNI FALLICI

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VAFFANCULO! (Shutterstock)

Il dito medio è il simbolo fallico per eccellenza. E’ uno dei gesti più popolari, offensivi e più antichi: è citato già in una commedia del greco Aristofane (V secolo a.C.), e i Romani l’avevano ribattezzato “digitus impudicus“. Il suo significato è duplice: può voler dire “sto cazzo” (ovvero: non mi importa di te e di quello che dici), oppure è una minaccia simbolica di sodomizzazione (vaffanculo). Un gesto di scherno eloquente.
Il gesto si è così diffuso che negli ultimi anni è stato usato anche dai politici (di destra, di sinistra, di centro) per controbattere ai contestatori: Umberto Bossi, Daniela Santanché, Piero Fassino, Silvio Berlusconi, Roberto Formigoni, Mario Borghezio, Maurizio Gasparri sono solo alcuni di quelli che l’hanno esibito in pubblico. In inglese è chiamato “the finger“, e il gesto è detto “flipping the bird” (lanciare l’uccello: in origine l’espressione designava l’atto di richiamare l’attenzione di qualcuno fischiando come un uccello). Nei Paesi arabi, il gesto è fatto con il palmo rivolto a terra, il dito medio piegato verso il basso e le altre dita tese. In Italia abbiamo l’unica o certamente la più famosa scultura dedicata al dito medio: L.O.V.E. (acronimo di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità) di Maurizio Cattelan, di fronte alla Borsa di Milano. Nella foto, Asia Argento sfancula i fotografi al Festival di Cannes nel 2013.

 

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TIE’!

Il gesto equivale al precedente, sia come significante (al posto del dito si usa l’avambraccio, e il pugno chiuso rappresenta la punta del pene) che come significato: significa “vaffanculo”, “prendi questo” (spingo il braccio più in fondo possibile nel tuo deretano). E’ chiamato “gesto dell’ombrello” perché ricorda la postura di quando si tiene un parapioggia agganciato al braccio.In Francia (chissà perché) è chiamato bras d’honneur, braccio d’onore, in Spagna corte de manga, taglio di manica, in Portogallo manguito (polsino) e in Brasile dar uma banana (dare una banana). Il gesto è stato reso celebre dal film “I vitelloni” di Federico Fellini: Alberto Sordi rivolge il gesto a un gruppo di operai stradali (“lavoratori della mazzaaa”) per sbeffeggiarli, passando accanto a loro con un’auto. Ma dopo pochi metri la vettura si ferma per un guasto, e Sordi – insieme ai suoi amici – viene malmenato dagli operai. Nella foto a lato, il gesto dell’ombrello fatto da Mara Maionchi.

 

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UN UCCELLO COSI’

E’ un gesto simile al precedente, ma con un significato diverso: non è una minaccia di sodomizzazione, quanto un’esibizione (esagerata) di potenza sessuale, esagerando le dimensioni del membro. Una delle ossessioni maschili, che può essere usata sia in modo esibizionista che ironico: basti ricordare il musicista italoamericano Frank Zappa, che nel 1982 ha composto una canzone intitolata “Tengo ‘na minchia tanta” (fra le strofe: “devi usare un pollo se me la vuoi misurar”).

 

 

 

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CHE PALLE! / DUE PALLE COSI’

Il gesto enfatizza una sensazione di forte noia, fastidio, insofferenza: come raccontavo in questo articolo, evoca la fastidiosa saturazione dei testicoli dovuta a prolungata astinenza sessuale, oppure l’orchite (ingrossamento patologico dei testicoli).

 

 

 

 

 

 

 

 

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TIRA FUORI LE PALLE! / HO LE PALLE

Il gesto evoca i testicoli come fonte e simbolo di virilità. E’ un modo enfatico di alludere alla propria forza, o un modo provocatorio di spingere qualcuno a “tirar fuori gli attributi”. Ma toccarsi i testicoli può avere anche un altro significato: quello di gesto apotropaico, per scacciare la mala sorte (come raccontavo sempre qui). Perché si ritiene che la loro “forza vitale” possa allontanare gli influssi maligni.
La foto a lato è la locandina del film “Uova d’oro” di Juan Bigas Luna (1993).

 

 

 

MALEDIZIONI

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VAFFANCULO!

Il gesto consiste nel muovere le braccia in avanti, come per scacciare via qualcuno o scagliargli addosso una pietra: il gesto contraddistingue il “vaffanculo” (come fa Vittorio Sgarbi nell’animazione a lato), del quale ho raccontato il significato qui. Ma il gesto può rafforzare anche gli insulti: come il celebre “Capra! Capra! Capra!” di Sgarbi, che accompagna l’offesa coi gesti delle braccia, come per scagliare un oggetto contro un avversario (video visibile qui).

INSULTI A SFONDO SESSUALE

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CORNUTO!

Gesto tipicamente italiano, è un’irrisione nei confronti di un uomo tradito dalla propria partner. Le corna evocano il caprone, un animale indifferente al fatto che la sua femmina sia montata da altri (come raccontavo in questo articolo). Le corna sono un gesto simbolico con più significati: dato che le corna sono un attributo tipico di molti animali forti (come il toro), esse hanno anche significato di potenza. Ecco perché sono usate anche (se rivolte verso terra) come gesto apotropaico per scacciare le influenza negative, la malasorte.

 

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RICCHIONE! (Shutterstock)

L’origine di questo gesto – un insulto verso gli omosessuali – è controversa. Secondo alcuni, riproduce il gesto effeminato di passarsi una mano fra i capelli dietro l’orecchio. Ma è più probabile che sia un calco allusivo al termine spagnolo spregiativo maricòn (omosessuale: accrescitivo del nome Maria), da cui il termine napoletano “ricchione” (e l’italiano “orecchione”). Napoli, infatti, fu sotto il dominio spagnolo per oltre due secoli. Oggi il gesto è considerato un gesto molto “politicamente scorretto”, viste le lotte per la dignità degli omosessuali che contraddistinguono la nostra epoca.

 

SEGNI VAGINALI

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VULVA! (foto Paola Agosti)

Il gesto evoca la forma della vulva: è stato portato in auge dai movimenti femministi negli anni ’70 come modo provocatorio di ribadire l’identità e l’orgoglio femminile. Ma mostrare la vulva è un gesto ben più antico e con risvolti magici, come raccontavo in questo articolo. Il gesto può essere fatto anche con le mani rivolte verso il basso.

 

 

ATTI SESSUALI

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SCOPARE

Il gesto consiste nello spingere avanti e indietro l’avambraccio tenendo la mano a pugno: riproduce le spinte pelviche di un rapporto sessuale. Gesto molto volgare perché riduce il rapporto sessuale a un’azione meccanica. Il fotogramma a lato è tratto dal film “Italiano medio” di e con Maccio Capatonda.

 

 

 

 

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SEGA

La mano si muove su e giù mimando l’atto della masturbazione: spesso questo gesto (molto volgare), più che evocare l’atto in sè, è usato per sottolineare con fastidio una situazione molto noiosa e ripetitiva.

 

 

 

 

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SUCCHIA QUI!

E’ uno dei gesti più tabù: mima un rapporto orale, ed è usato spesso negli stadi come forma provocatoria di superiorità e di disprezzo nei confronti degli avversari. Nella versione maschile, spesso le mani mimano l’atto di tenere la testa della partner per avvicinarla al pube. In altri casi il rapporto orale è mimato direttamente con le mani che si avvicinano alla bocca aperta. Nella foto sono ritratti in azione una tifosa e il calciatore Zlatan Ibrahimovic.

 

Ringrazio l’attore Antonio Napoletano per essersi prestato a riprodurre queste pose imbarazzanti… ci siamo divertiti!

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Le città più imbarazzanti d’Italia https://www.parolacce.org/2015/08/10/mappa-paesi-volgari/ https://www.parolacce.org/2015/08/10/mappa-paesi-volgari/#comments Mon, 10 Aug 2015 10:17:18 +0000 https://www.parolacce.org/?p=8063 Che bei viaggi si fanno d’estate! Sono appena andato a Chiappa (Imola): un paese favoloso, gemellato con Culo (Francia). Lungo il tragitto ho fatto una “sosta tecnica” a Piscia (Francia), e poi una deviazione per ammirare le bellezze di Gnocca (Rovigo). Qui ho… Continue Reading

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Un collage con alcuni dei luoghi più volgari d’Italia.

Che bei viaggi si fanno d’estate! Sono appena andato a Chiappa (Imola): un paese favoloso, gemellato con Culo (Francia). Lungo il tragitto ho fatto una “sosta tecnica” a Piscia (Francia), e poi una deviazione per ammirare le bellezze di Gnocca (Rovigo). Qui ho incontrato una ragazza, ma presto ho scoperto che era di Troia (Foggia): lei mi ha mandato a Cagar (Croazia), ma ho sbagliato strada e sono finito a Bastardo (Perugia). Sempre meglio che andare a Merda (India) o a Puttan (Norvegia)…
La storia è inventata, ma i paesi con un nome volgare esistono davvero. E se li si mette tutti in fila, la geografia sembra diventare una canzone di Elio e le storie tese. Del resto, anche i luoghi modellano la nostra identità: molti cognomi sono derivati da nomi di località (Milanesi, Siciliano, Romani…) e diversi insulti fanno leva proprio sulla provenienza geografica (terrone/polentone). Figuriamoci allora cosa accade nella nostra mente se conosciamo un uomo che abita a Sega o una donna di Ficaccia…
Sul Web, però, circolano diversi scherzi e voli di fantasia (come le località di Vergate sul Membro o Sucate Sotto, che non esistono): così ho fatto una verifica e, scartando questi casi, ho trovato 90 paesi con un nome imbarazzante, non solo in Italia ma sparsi in tutto il mondo, dal Messico al Gabon, dall’India alla Norvegia.
Così li ho riuniti tutti per la prima volta in una mappa di Google corredata di segnaposti e spiegazioni: la trovate in fondo a questa pagina.

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CAZZONE, FUCKING...E ALTRE STORIE
Ma com’è possibile che questi paesi abbiano nomi tanto imbarazzanti?  Per rispondere, bisogna conoscere qualche rudimento di toponomastica, la scienza che studia l’origine dei nomi geografici. Che hanno storie simili a quelle dei cognomi volgari, che raccontavo in questo articolo.
Di solito, infatti, i nomi di città possono derivare da:
1) nomi di persona (il proprietario di un’area, oppure eroi celebri): Mariano, per esempio, designava un’area che apparteneva a Marius; il nome Alessandria fu scelto in onore di papa Alessandro III.
2) nomi di divinità o santi: San Vito, Sanremo.
3) descrizioni di luogo: Milano deriva da Mediolanum, in mezzo alla pianura; Pescara fu così chiamata perché era una zona pescosa.

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Il cartello di Fucking (Austria).

Proprio come i cognomi, anche i nomi di luogo sono soggetti a storpiature o errate traduzioni/trascrizioni. E, soprattutto, errate etimologie: Ficarazzi (PA) non ha un’origine sessuale, ma si riferisce a una piantagione di fichi. E la località di Troia (FO) non si riferisce a una donna di facili costumi, ma è un omaggio alla località dell’Asia Minore che ispirò l’Iliade di Omero. Insomma, probabilmente nessuno dei nomi (sia italiani che esteri) che leggerete nelle prossime righe aveva in origine un significato volgare: sono semplici – ma divertenti – omofonie (parole con lo stesso suono delle parolacce).
Non è un fenomeno solo italiano: uno dei cartelli stradali più rubati al mondo dai goliardi è quello del paesello di Fucking (Austria), che in inglese significa “fottendo”. E fra gli inglesi è popolare la località di Middlefart (Danimarca) che tradotta in italiano sarebbe “scureggia di mezzo”, Crapstone (pietra di cacca, Regno Unito), Dildo (vibratore, Canada) o la notevole Bird-in-hand (uccello in mano, Usa).

Inevitabile che le città con nomi tanto scomodi abbiano causato situazioni imbarazzanti, come dimostra la storia (segnalata dall’amico Giorgio Giorgetti) del paese di CAZZONE, in provincia di Varese. Il nome pare derivasse da casone (grossa casa), da gagione (boscaglia) oppure da cazzun, mestolo (il suo territorio è contenuto in una piccola valle, come su un cucchiaio). Per gli abitanti del luogo, che vi erano abituati da tempo, quell’appellativo non era un problema.

Il regio decreto che trasformò Cazzone in Cantello.

Il decreto che trasformò Cazzone in Cantello.

Ma quando, alla fine del 1800, in paese fu collocata una caserma della Guardia di Finanza (Cazzone era vicina al confine con la Svizzera), quel nome cominciò a diventare scomodo: come ricorda lo scrittore Piero Chiara in “Lombardia misteriosa”, i militari ricevevano lettere dai parenti con intestazioni tipo “Salvatore Scognamillo, CAZZONE“, oppure “Gennaro Cacace, CAZZONE“. Più che un indirizzo, un insulto. Così alcuni chiesero di essere trasferiti, ma per ironia della sorte finirono a Figazzo (Como).
Così, dopo varie lettere di protesta delle fiamme gialle, il governo corse ai ripari: con il Regio Decreto CLXXV del 18 luglio 1895, re Umberto I e il premier Francesco Crispi decisero che Cazzone sarebbe diventato Cantello, nome conservato fino a oggi. E Figazzo si trasformò in Lieto Colle (dal 1956 frazione di Parè). Non tutti, però, ne furono soddisfatti: alcuni abitanti irriducibili formarono un Comitato cittadino che chiedeva di tornare al nome originale. Il loro motto: “Cazzoni siamo e cazzoni resteremo”… Insomma, tante storie curiose.

Ma dove, quali e quanti sono le città volgari? Quelle con lo stesso suono delle parolacce italiane sono 92 in tutto il mondo: le località italiane sono 34 (il 35,8%), seguite da città della Francia (16: il 17,4%), della Norvegia (5, il 5,4%) e del Messico (3, il 3,2%). Il resto è sparso in ogni angolo del globo, dal Gabon all’India, dall’Iran a Cuba.
Fra le regioni italiane primeggia il Veneto, con 7 località, a pari merito con la Lombardia (6). Il Nord, quindi, batte il Sud. Per quanto riguarda l’estero, la Corsica è la regione con la maggior concentrazione di nomi volgari (11).
Fra le assonanze volgari prevalgono (e ti pareva!) i termini osceni-sessuali. Ecco l’elenco dettagliato dei paesi più imbarazzanti: se volete fare un viaggio stravagante (o mandare qualcuno a quel paese…), eccovi accontentati. Ma c’è di più: decine di insulti sono nati traendo spunto da varie località geografiche: da “troia” a “mongolo”, fino a “portoghese”,lesbica” e molti altri. Trovate la storia di queste offese in questo articolo.

TERMINI OSCENI (51%)

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Il cartello di Gnocca (Rovigo).

I termini osceni-sessuali sono la categoria più nutrita con 47 termini. Ecco quali sono:

  • Cazzulino (Italia, Lombardia), Cazzano (Italia, Veneto), Cazzago (3 Italia: Veneto e Lombardia), Usellus (Italia, Sardegna), Favalanciata (Italia, Marche), Kazaz (Iran)
  • Cappella (9 Italia: Piemonte, Lazio, Marche, 2 Veneto, Lombardia, Calabria, Molise, Campania; 3 all’estero: Svizzera, 2 Francia).
  • Pirla (2: Svizzera e India)
  • Trepalle (Italia, Lombardia)
  • Culo (2 Francia, Angola)
  • Chiappa (2 Italia, Liguria)
  • Usellus (1 Italia, Sardegna)
  • Figa (Slovacchia, Romania, 3 Francia), Fica (Francia), La Ficaccia (Italia, Sardegna), Ficaccia (Francia), Fika (Nigeria), Ficarazzi (Italia, Sicilia), Figaruja (Italia, Sardegna)
  • Gnocca (Italia, Veneto)
  • Pompiano (Italia, Lombardia), Poppino (Italia, Lombardia)
  • Sega (Italia, Veneto), La Sega (Veneto)
  • Scopa (Italia, Piemonte), Scupaggiu (Italia, Sardegna)
  • Kazungula (Zambia).

INSULTI (29,3%)

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La frazione di Bastardo (Perugia).

Le città con un nome che ricalca un insulto sono 27. Ecco quali sono:

  • Troia (Italia, Puglia), Troya (9: Cuba, 3 Messico, Argentina, Ecuador, Spagna, Cile, Gabon), Troja (Polonia, Germania, Giamaica), Troja (2 Norvegia), Troianul (Romania), Tròia (Portogallo)
  • Puttan (3 Norvegia), Puttanahalli (India), Putten (Paesi Bassi), Puttanavari (India), Puttenham (Regno Unito)
  • Bastardo (Italia, Umbria), Bastard (2 Francia)

 

 

TERMINI ESCREMENTIZI (19,7%)

La frazione di Pisciarelli (Roma).

La frazione di Pisciarelli (Roma).

Le città con un nome che si rifà ai prodotti del metabolismo sono 18. Eccone l’elenco:

  • Merda (India), Merdare (Serbia), Merdari (Montenegro), Merdonu (Iran), Merdani (Bosnia-Erzegovina), Merdan  (Turchia)
  • Strunze (Rep. Ceca)
  • Cagar (Croazia, Bosnia ed Erzegovina), isole Cagarras (Brasile)
  • Piscia (5 Francia), Pisciarelli (2: Italia: Lazio e Campania)
  • Sömmerda (Germania)
  • Kaga (Giappone)

 

 

Ed ecco la mappa mondiale delle città-parolaccia: per quelle italiane, se cliccate sul segnaposto colorato, apparirà una finestrella con qualche informazione in più, sulla località e (ove possibile) sull’origine del nome. I segnaposto sono di 3 colori diversi: verdi per i termini insultanti, rossi per quelli escrementizi, blu per quelli osceni (come nell’elenco precedente).

E voi? Conoscete altri paesi imbarazzanti che mi sono sfuggiti? Segnalateli nei commenti (finestra qui sotto: tranquilli, il vostro indirizzo mail non sarà pubblicato) possibilmente con il link a Google Maps: così aggiornerò la mappa.

 

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“Non gli resta che Kakà”: 19 parolacce (e figuracce) dei giornali https://www.parolacce.org/2014/07/30/parolacce-dei-giornali/ https://www.parolacce.org/2014/07/30/parolacce-dei-giornali/#comments Wed, 30 Jul 2014 12:03:23 +0000 https://www.parolacce.org/?p=5775 “Il fallo da dietro è da espulsione“: a volte i titoli dei giornali possono essere strepitosi. Se poi, oltre ai doppi sensi, contengono parolacce, il mix diventa esplosivo. Non mi riferisco tanto agli strilli di Libero o del Giornale, che usano di… Continue Reading

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giornale

Prima pagina del “Giornale” con uno sberleffo alla Merkel.

Il fallo da dietro è da espulsione“: a volte i titoli dei giornali possono essere strepitosi. Se poi, oltre ai doppi sensi, contengono parolacce, il mix diventa esplosivo.
Non mi riferisco tanto agli strilli di Libero o del Giornale, che usano di proposito le volgarità per strizzare l’occhio al pubblico con un linguaggio informale.
Le vere perle memorabili sono quelle che appaiono sui quotidiani per incidenti, sviste e – talvolta – per calcolata malizia. Fare i titoli è un’arte che mescola sintesi, efficacia e creatività espressiva: alcuni sono intuizioni fulminanti che si incollano nella mente. Ma a volte la fretta e la confusione delle redazioni giocano brutti scherzi. E così un titolo ambiguo o sbagliato rischia di trasformare in farse anche fatti drammatici.
Gli svarioni dei giornali sono citati in molti siti Internet. Qui non mi sono limitato a raccoglierli: li ho verificati tutti, scartando quelli non documentati.
Ecco perché in questa pagina non troverete 4 storie che girano su Internet:

  1. il celebre “Falegname impazzito, tira una sega a un passante“: solitamente attribuito al Corriere della sera, non esiste negli archivi del Corriere. Dunque, fino a prova contraria è una battuta inventata.
  2. Idem per “Tromba marina per un quarto d’ora“, attribuito al Corriere del mezzogiorno: dell’originale non si trova traccia.
  3. Invece il divertente episodio della caccia alla prostituta che evirava i clienti a morsi, è il frutto della fantasia di un giornale satirico, La tampa (supplemento di TorinoCronaca), che aveva ribattezzato la donna “Unapomper“: geniale gioco di parole con Unabomber.
  4. E pure “Benzina, stop alla figa in Slovenia” che qualche sito dice essere apparso sul Gazzettino, è in realtà un fotomontaggio: nell’originale c’era scritto fuga.

Quelli che seguono, invece, sono 19 strafalcioni Doc, tutti verificati e realmente accaduti, pubblicati negli ultimi 30 anni (dal più recente al meno recente). Se ne conoscete altri (documentati!) segnalateli, e aggiornerò questa pagina.

INCULATI

Inculati 436 Covid (Il Gazzettino, 27 ottobre 2024)

L’Usl di Treviso organizza un open day per vaccinare la popolazione. E tiene aperte le proprie sedi di sabato per somministrare i vaccini contro il Covid e l’influenza stagionale. All’appuntamento rispondono in centinaia, tanto che il Gazzettino dedica un articolo all’iniziativa. Ma un refuso dà un altro sapore alla notizia: “Inoculati 436 Covid” perde una vocale e diventa “inculati”. L’errore viene stampato, e rimane a imperitura memoria per i posteri: quei vaccini si somministrano in modo davvero strano… La versione online nel frattempo è stata corretta.  

CAGAME

Kagame in testa (ANSA, 15 luglio 2024)

Certe vittorie sono davvero schiaccianti.  Alle ultime elezioni presidenziali in Ruanda, il presidente uscente Paul Kagame (al potere dal 2000) ha ottenuto oltre il 99% dei voti: un plebiscito, un risultato bulgaro, un trionfo elettorale…No, di più: l’Ansa ha titolato: “Kagame in testa col 99,15% dei voti alle preidenziali in Runada”. Un titolo che si prestava a una lettura equivoca, che ha suscitato l’ilarità sul Web: “I suoi elettori potranno dire ‘Kagame in faccia’ a chi non l’ha votato”, hanno scritto nei commenti. E anche: “Al ballottaggio con Kittese Ngula”. Quando si è accorta della gaffe, l’Ansa ha corretto il titolo del lancio in “Kagame verso un plebiscito”. Ma ormai la frittata, pardon: la cagata era stata fatta.

FIGA

Trapani, evaso tenta la figa (IL GIORNALE D’ITALIA, 9 ottobre 2023)

La storia, di per sé, non è particolarmente emozionante: un uomo di 29 anni, agli arresti domiciliari, viene intercettato da una gazzella dei Carabinieri, prova a fuggire ma viene arrestato. Ma un refuso – probabilmente dell’agenzia AdnKronos – cambia una vocale e la vicenda assume tutto un altro significato: l’evaso tenta la…. figa. L’errore, presente nella stringa dell’indirizzo Internet, viene riprodotto anche nel titolo, e cade in errore non solo “Il giornale d’Italia“, ma anche i siti AffariItaliani, il Dubbio e Sannio Portale. Non proprio una figata….

 

SEGA

segaIl braccio destro del papa
fa visita ai fedeli di Sega (L’ARENA, 31 agosto 2016)

Sembra una delle trovate di “Lercio”, il giornale satirico. E invece il titolo è proprio vero: è uscito il 31 agosto sull’Arena, quotidiano di Verona.
Ma il titolista non s’è accorto del doppio senso, ancora più imbarazzante visto il tema religioso? Su Twitter, un tale Roberto ha commentato: “Speriamo che Sega non faccia visita al braccio destro…”.
La notizia, però, è seria: l’articolo parla di monsignor Marcello Semeraro, “strettissimo collaboratore del pontefice”, che farà visita alla comunità parrocchiale di Sega, frazione realmente esistente di Cavaion Veronese (ne avevo parlato in questo articolo dedicato alle città col nome imbarazzante).
Il giorno prima, a onor del vero, lo stesso giornale aveva annunciato in un altro articolo questa visita con un titolo meno efficace: “Il secondo del papa a Cavaion”…

GAZZO

Il Gazzo si rialza e tiene duro fino alla fine (GIORNALE DI VICENZA, 28 novembre 2016)

In provincia di Padova c’è il Gazzo calcio: gioca in terza categoria, girone A. Prende il nome dall’omonimo paese in provincia di Padova. Il buffo nome deriva dal longobardo gahagium (terreno recintato)  ma l’assonanza con l’organo sessuale maschile è piuttosto evidente. Così i giochi di parole si sprecano: l’apparentemente neutro “squadra del Gazzo” può risultare offensivo. Il titolo in questione racconta la vittoria del Gazzo 1-0 nel derby contro il Grantorto. Il titolo risulta involontariamente comico, non sappiamo se intenzionalmente o per incidente. I commenti alla notizia sono altrettanto creativi: «Quando tiene duro, il Gazzo riesce ad essere ficcante fino a trovare il pertugio giusto per andare a segno…. Grazie al Gazzo!».

PASSERA

Passera Belpaese - AdnkronosLa passera d’Italia simbolo del Belpaese, a stabilirlo l’osservatorio sugli uccelli (ADNKRONOS, 18 maggio 2015).

E chi altri poteva stabilirlo, se no? La perla è recente, ed è un lancio di AdnKronos. Una notizia ornitologica che acquista un senso erotico. Dato l’argomento, il titolista non aveva molte alternative… o no?  

SEGA

segaLa riproduzione asessuata del pesce sega (ANSA, giugno 2015).

E ti pareva che il pesce sega non facesse tutto da solo…. La prossima scoperta sarà che è diventato cieco? Straordinario titolo dell’Ansa: quando si è resa conto del doppio senso l’ha corretto (peccato!), come si può vedere qui

BOCCHINI

CalcioMercatoUfficiale: Bocchini in panchina per la stagione 2013/2014 (CALCIOMERCATO.COM, 17 luglio 2013)

Con queste premesse, molti giocatori preferiranno rimanere come riserve e non scendere in campo…. Povero Riccardo Bocchini, allenatore del Martina Franca, squadra che milita nella Lega Pro Seconda Divisione, la vecchia Serie C2. Qui l’originale. 

 

PASSERA

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Alcoa: Passera, tenerla aperta costa (ANSA, 4 settembre 2012)

Il titolista si riferiva all’Alcoa, una multinazionale americana che produce alluminio (nel 2012 si prospettava la chiusura dello stabilimento di Portovesme, in Sardegna). Ma la frase, letta dopo i due punti, assume tutt’altro significato. Con buona pace di Passera (inteso come ex ministro, Corrado Passera). La gaffe, riportata da vari giornali, è stata cocente, tanto che l’Ansa ha poi cambiato il titolo alla notizia (ma non al link su Internet). 

SCOPA

CorVEnetoSfigura la moglie con una padella e la scopa (CORRIERE DEL VENETO, 29 ottobre 2012)

Se i titoli sono sintetici, le locandine (i poster che promuovono i giornali nelle edicole) sono ancora peggio: lo spazio a disposizione per strillare le notizie è ancora più limitato, visti i caratteri cubitali che si utilizzano.
In questo caso, la frase scritta sulla locandina del Corriere del Veneto assume un senso diverso a seconda che l’ultima parola sia letta come un sostantivo o come un verbo… E così una notizia drammatica si trasforma in una farsa. 

FIGA

figa_conversano2 Conversano: tre morti per una figa di gas (LA VOCE, 8 giugno 2012)

Cos’è successo nella redazione della Voce di Romagna quel giorno? Nessuno si è accorto dello svarione, e così la notizia della tragica esplosione di una palazzina a Conversano (Bari) è diventata una gaffe clamorosa. Su un titolo a 5 colonne.

POMPA

MessaggeroBenza2Caccia alla pompa low cost (IL MESSAGGERO, 4 gennaio 2012)

L’aumento dei prezzi delle benzina, insieme all’apertura dei saldi, lo shopping natalizio e il grande esodo estivo, sono i grandi tormentoni dei giornali quando le notizie vere scarseggiano. Qui il titolista, per brevità, ha condensato il concetto che i marchigiani vanno in Abruzzo a fare rifornimento di benzina, perché lì costa meno. Meno male che non ha sbagliato a scrivere “La grande fuga” nell’occhiello. La pagina qui (a pag. 16). 

BOCCHINO

Cattura2Bocchino amaro per la Carfagna (AFFARITALIANI.IT, 28 marzo 2011)

Difficile credere alla tesi dell’incidente: questo titolo è volutamente malizioso. Parlare di una storia di corna fra l’ex soubrette Mara Carfagna e il politico Italo Bocchino (sposato con un’altra donna) è stata una tentazione irresistibile per il titolista. Se qualcuno l’avesse denunciato, sarebbero anche cavoli amari. Qui la fonte. 

UCCELLO

ptdc0147Il Cavaliere salva il suo uccello preferito (IL GIORNALE, 7 gennaio 2011)

Cosa può accadere quando un quotidiano che strizza l’occhio al linguaggio popolare affida un articolo a Vittorio Sgarbi? Il mix è esplosivo, e il risultato è evidente.  L’articolo, volutamente malizioso, parla davvero di volatili: 80 colibrì che stavano per essere sfrattati dal Parco di Miramare a Trieste. Berlusconi si è preso a cuore il loro destino, perché nella sua villa di Antigua cantano dall’alba al tramonto.
Per raccontare la notizia, Sgarbi non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare una battuta a doppio senso, come recita l’incipit dell’articolo (che nella versione Web, però, ha un titolo più castigato): “Volevo parlare dell’uccello di Berlusconi. Non vorrei che qualcuno equivocasse alla luce delle vicende che hanno privilegiato dell’uccello l’aspetto metaforico ma, non avendo di quello nessuna nozione se non intuitiva, voglio proprio riferirmi a quello che, con mia sorpresa, si è rivelato l’uccello preferito del presidente del Consiglio”. 

KAKA'

liberofranceschinikaka Povero Franceschini – Non gli resta che Kakà (LIBERO, 5 giugno 2009)

L’articolo afferma che il Pd, per guadagnare voti, spera nella protesta dei tifosi contro Berlusconi per la vendita del campione milanista, Ricardo Izecson dos Santos Leite, detto Kakà: un soprannome che, accostato al nome di Dario Franeschini, all’epoca segretario del Pd, è stato una tentazione irresistibile per i titolisti di Libero. Che così, senza troppi giri di parole, l’hanno mandato a Kakà. 

 

FINOCCHIO

Ortolano violentato da un “finocchio” (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO, 23 marzo 2007)

Il titolo è impreciso: in realtà, non di violenza carnale si tratta, bensì di molestia o, al massimo, di tentata violenza. Ma questo ha poca influenza sull’infelice gioco di parole scelto dal titolista di questo articolo: un omosessuale che tenta di abusare il titolare di un negozio di ortofrutta. Insomma, un “finocchio” che violenta un ortolano. Nemmeno il “Vernacoliere” sarebbe arrivato a tanto.

 

CAZZONE

Pozzi Qui manca la dida perché quel cazzone di Pozzi non mi ha ancora mandato la copia della foto (IL GIORNO, 23 dicembre 1997)

Questo scivolone l’ho visto da vicino: è nato nella redazione del Giorno dove all’epoca lavoravo. Il lavoro in una redazione è fatto di momenti frenetici e di tempi morti: questi ultimi, spesso, devastanti. Basti dire che il capolavoro di Dino Buzzati, “Il deserto dei tartari“, è nato durante la monotona routine dei turni di notte al Corriere della sera… In uno di questi momenti, una pagina dedicata ai presepi (Natale era vicino) era quasi terminata: c’erano tutti i testi, ma il fotoreporter di turno, Pozzi, non aveva ancora inviato la foto del presepio vivente di Agliate. Così una redattrice, in un momento di noia e di goliardia, aveva inserito quel finto testo nella didascalia (cliccare sull’immagine per ingrandirla). Solo che quando la foto è arrivata, a tarda ora, la collega si è dimenticata di scrivere la didascalia vera. Risultato: la frase dissacrante è uscita in tutte le edicole della Lombardia. Il caso fece scalpore: la giornalista fu sospesa alcuni giorni dal servizio, che finì alla berlina anche su “Striscia la Notizia”. Senza contare la comprensibile incazzatura di Pozzi, finito suo malgrado alla berlina.  

BOCCHINI

AbolizioneBocchini: l’abolizione sarebbe un disastro (CORRIERE DELLA SERA, 14 giugno 1997)

Il “disastro” di cui parla l’articolo sarebbe l’abolizione del ministero dell’Agricoltura: ma il cognome di Augusto Bocchini, capo di Confagricoltura, dà alla frase tutt’altro senso…

POMPINI

pompini-a-raffica-Il LavoroGE2Pompini a raffica. Sammargheritese kappao (IL LAVORO, Genova, maggio 1990)

Il titolo è passato alla storia, sconfinando nel mito. Ma è vero: si riferisce a una goleada del Fiorenzuola che sconfisse la Sammargheritese 3 a 0, con una doppietta di Stefano Pompini, formidabile bomber anni ’90. “Egoista, devastante, opportunista, un rapace del gol quasi infallibile”, lo ricorda un sito dedicato al Fiorenzuola. Tanto da entusiasmare il titolista del giornale, che preso dal tifo sportivo ha confezionato una perla da antologia.  

 

 

Grazie all’amico e collega Marco Basileo per alcune delle segnalazioni.

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