Tweet | Parolacce https://www.parolacce.org L'unico blog italiano di studi sul turpiloquio, dal 2006 - The world famous blog on italian swearing, since 2006 - By Vito tartamella Mon, 22 Nov 2021 12:26:12 +0000 it-IT hourly 1 https://www.parolacce.org/wp-content/uploads/2015/06/cropped-logoParolacceLR-32x32.png Tweet | Parolacce https://www.parolacce.org 32 32 Quanto pesa l’odio su Twitter https://www.parolacce.org/2020/08/18/hate-speech-su-twitter-italia/ https://www.parolacce.org/2020/08/18/hate-speech-su-twitter-italia/#respond Tue, 18 Aug 2020 18:48:55 +0000 https://www.parolacce.org/?p=17441 Facciamo una scommessa. Secondo voi, qual è la percentuale di tweet che contengono insulti in Italia? In altre parole: quanto è diffuso l’hate speech, l’odio,  sui social network nel nostro Paese? Vi do 4 possibilità: A)  28,7%.  B)  21,6%.  C)… Continue Reading

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Il logo del canale Twitter di parolacce.org.

Facciamo una scommessa. Secondo voi, qual è la percentuale di tweet che contengono insulti in Italia? In altre parole: quanto è diffuso l’hate speech, l’odio,  sui social network nel nostro Paese?
Vi do 4 possibilità:

A)  28,7%. 

B)  21,6%. 

C) 13,2%. 

D) 3,7%.

Quale risposta avete scelto? Se è una delle prime 3, beh: siete fuori strada. Perché la risposta corretta è l’ultima: i tweet a contenuto offensivo sono meno del 4% del totale. L’ha accertato una recente ricerca sull’hate speech fatta da DataMediaHub e KPI6: le due società hanno analizzato i tweet scritti fra il 25 aprile e il 17 giugno scorso. Su un totale stimato di  oltre 18 milioni di conversazioni, solo 679mila contenevano insulti. Il 3,7% per l’appunto. E hanno generato un coinvolgimento, un seguito trascurabile: il tasso di engagement (cioè le interazioni: like, retweet, etc) è solo dello 0,26%. 

Al netto di alcune imprecisioni linguistiche, di cui parlerò più avanti, la ricerca è preziosa perché smonta un pregiudizio diffuso: che l’hate speech sia un’emergenza, un fenomeno diffuso. In realtà, è e resta un’eccezione, per quanto inquietante. Come del resto ho scritto in più occasioni, ad esempio quando ho presentato la mia ricerca sulle parolacce più pronunciate in italiano: sono soltanto lo 0,21% di tutte le parole. Dunque, su Twitter (e sui social in generale) si dicono oltre 17 volte più insulti: ma è un dato del tutto atteso, visto che con il paravento di uno schermo ci si sente meno inibiti a offendere rispetto a quanto si fa di persona. La sindrome dei “leoni da tastiera” che tutti conosciamo.

Una sindrome che colpisce soprattutto i giovani maschi, e si manifesta con un sintomo inequivocabile: la mancanza di fantasia. Gli odiatori usano infatti per lo più solo 5 insulti generici (li dico più sotto), prova che non hanno valide argomentazioni per motivare la loro rabbia. O, quanto meno, non le esprimono. Alla fine, i leoni da tastiera si comportano come gli ultras da stadio: tifano in modo acritico per la propria squadra (sia essa un partito, un personaggio, una posizione politica) e insultano quelle avversarie.

L’impostazione della ricerca

I dati demografici del campione (clic per ingrandire)

IL CAMPIONE. I tweet esaminati, come detto, sono stati circa 18,3 milioni. Quelli offensivi risultano 679mila, pari al 3,7% del totale. Li hanno digitati 148mila utenti, pari all’1,4% degli iscritti su Twitter in Italia (10,5 milioni). Come era facile immaginare, gran parte degli “odiatori” sono uomini: il 68%, più di 2 su 3. E la gran parte, il 35,9% sono giovani adulti fra i 25 e i 34 anni d’età. Se si aggiungono anche gli utenti fra i 35 e i 44 anni, emerge che il 64,5% degli insultatori ha fra 25 e 44 anni d’età.

I TERMINI CENSITI. In questa parte linguistica si annidano le uniche imprecisioni dello studio. Gli insulti sono classificati in 7 categorie: generici, sessisti, omofobici, razzisti, antisemiti, di discriminazione territoriale, ideologici, per un totale di una novantina di termini.

Il vocabolario degli odiatori: insulti al posto delle argomentazioni.

L’elenco di quelli generici è però incompleto: mancano (solo per fare i principali esempi) carogna, cornuto, infame, rompicazzo, marchettaro, cazzone; e in questa categoria figura “rotto in culo” che invece, di per sè, sarebbe dovuto rientrare in quelli omofobici. Fra gli insulti sessisti mancano gli insulti rivolti ai maschi (puttaniere, mezzasega, sfigato), come avevo argomentato in questo articolo; e in quelli omofobi mancano quelli rivolti ai transgender (travestito).
Discorso a parte l’elenco di quelli
razzisti, che non comprende termini come crucco e muso giallo; e in questa categoria più generale sarebbe stato più corretto inserire anche quelli antisemiti (giudeo) e di discriminazione territoriale (terrone e polentone) che sono solo varianti sul tema.
D’altronde, va ricordato che gli autori della ricerca non sono linguisti e qualche errore era da mettere in conto (per evitarli bastava leggere il mio
libro , dove c’è l’elenco completo degli insulti e in generale delle parolacce in italiano). Ma l’indagine resta comunque valida perché dà un polso concreto, un ordine di grandezza definito della situazione.

I risultati dell’indagine

I TERMINI PIU’ USATI. Il rapporto sull’hate speech in Italia è interessante anche per un altro aspetto: mostra che la maggior parte degli insulti, il 62,2%, sono offese del tutto generiche (coglione, stronzo…). Seguono, a distanza, le offese politiche (fascista, comunista, etc) col 25,4%, mentre gli appellativi sessisti (troia, zoccola) si fermano al 7,7%. Marginali gli insulti razzisti (negro, terrone, ebreo) , che in tutto raggiungono il 2,77% e ancor meno quelli omofobi (culattone) all’1,9%.

La tipologia di insulti più usati su Twitter (clic per ingrandire).

Non si può dire che gli “odiatori” brillino per fantasia lessicale: i 5 termini più usati (presenti nel 70,38% dei tweet, più di 2 su 3) sono:
♦ coglione: 28,06% (è anche la 12° parolaccia più pronunciata in italiano)
♦ fascista: 16,4%
♦ comunista: 11,20%
♦ stronzo: 8,27%
(8° parolaccia più pronunciata in italiano)
♦ imbecille: 6,45% (26° più pronunciata).
Accorpando questi termini per aree semantiche, gli insulti generici pesano per circa il 42,78%, mentre quelli ideologici per il 27,6%. E anch’essi, in fin dei conti, sono etichette prive di contenuto specifico. Sono giudizi sommari, un modo di liquidare gli avversari gettando addosso secchiate di fango. Senza motivare il perché. E’ vero che il format di Twitter non aiuta: ogni tweet può contenere al massimo 280 caratteri, nei quali non si possono condensare ragionamenti complessi. Ma le ricerche su altri social network (Facebook, chat, etc) danno risultati simili. Quindi, in realtà, la responsabilità dell’hate speech non è del “medium”: è dell’uomo.

PICCHI STAGIONALI. Gli insulti, rileva la ricerca, hanno avuto due picchi in occasione del 25 aprile (festa della liberazione dal fascismo) e del 2 giugno (festa della Repubblica), due date in cui si scatenano le rivalità fra destra e sinistra. L’Italia, insomma, non ha ancora fatto i conti fino in fondo con il proprio passato.

ARGOMENTI SCOTTANTI. Quali sono gli argomenti che scatenano l’aggressività su Twitter? Sono 4, dice il report. 

    1. Gli insulti più usati verso i 3 politici più citati: Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giuseppe Conte (clic per ingrandire).

      politica: è l’argomento del 26% dei tweet. I personaggi che hanno attirato la maggior parte dei commenti astiosi sono Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte. I primi due per le posizioni sull’immigrazione, il terzo in quanto premier (e quindi incolpabile in via di principio per tutte le decisioni politiche). Sia Salvini che Conte ricevono più spesso l’insulto generico “coglione”; la Meloni quello ideologico “fascista”. Dunque, gli scontri politici si giocano a suon di insulti privi di contenuto, usati per squalificare le persone nella loro interezza più che per criticare posizioni precise con argomentazioni razionali. 

    2. intrattenimento e Vip: il 21% dei tweet ha come argomento i commenti su personaggi pubblici come David Parenzo, Fabio Fazio, Bruno Vespa, Fiorella Mannoia, Enrico Mentana e Beppe Grillo. In realtà, a ben vedere, la colorazione politica emerge anche in questo caso visto che molti di loro hanno una collocazione ideologica netta
    3. news: le notizie di vario genere accendono il 19% dei commenti. Il report non precisa nel dettaglio quale tipo di notizie smuovano la “pancia” degli italiani, probabilmente quelle su economia, crisi del lavoro, immigrazione, lavoro, sesso.
    4. sport: i diverbi fra opposte tifoserie sono al centro del 13% dei tweet offensivi, in particolare Giorgio Chiellini (capitano della Juve e della Nazionale) perché all’epoca dello studio aveva pubblicato un libro autobiografico in cui aveva lanciato delle stoccate a vari colleghi fra cui Mario Balotelli (“una persona negativa, senza rispetto per il gruppo”).
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Twitter e parolacce: 9 scoperte della scienza https://www.parolacce.org/2016/08/01/insulti-su-twitter/ https://www.parolacce.org/2016/08/01/insulti-su-twitter/#respond Mon, 01 Aug 2016 11:12:18 +0000 https://www.parolacce.org/?p=10531 Quante parolacce circolano su Twitter? Più o meno rispetto a quante si dicono di persona, faccia a faccia? Quando se ne dicono di più? Sono più volgari gli uomini o le donne? A queste e altre domande risponde una ricerca straordinaria fatta… Continue Reading

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tweetBQuante parolacce circolano su Twitter? Più o meno rispetto a quante si dicono di persona, faccia a faccia? Quando se ne dicono di più? Sono più volgari gli uomini o le donne?
A queste e altre domande risponde una ricerca straordinaria fatta da 4 scienziati della Wright State university di Dayton (Usa): straordinaria perché gli autori – un gruppo di informatici guidati da Wenbo Wang – hanno studiato una montagna di tweet: 51 milioni, scritti in un mese (dall’11 marzo al 7 aprile 2013) da 14 milioni di persone: in media 3,6 tweet a persona. Insomma, è come se avessero studiato un gruppo pari alle popolazioni di Piemonte e Lombardia messe insieme. Con la differenza, però, che gli autori dei tweet erano parlanti di lingua inglese: le scoperte dei ricercatori, quindi, hanno radici nel mondo anglosassone.
Sarebbe interessante verificare se anche in Italia c’è uno scenario simile: la nostra cultura ha elementi di somiglianza oltre che di differenza con quella anglosassone. (Foto: Gli uccellini incazzosi protagonisti del film “Angry birds”, elaborazione foto Shutterstock).

In ogni caso, la ricerca merita di essere letta anche per la mole di dati che ha interpretato. Solo 20 anni fa sarebbe stata impensabile: all’epoca, per studiare la lingua parlata ci si doveva armare di registratore, girare per le strade e infine trascrivere a mano e catalogare tutte le parole registrate. Un lavoro certosino che, nel 1994, proprio in questo modo ha generato la Banca dati dell’italiano parlato. Un database preziosissimo (è il più corposo dei 5 “corpora” di lingua parlata esistenti in italiano) che però era limitato a un campione di 1.653 parlanti, quasi un decimillesimo rispetto a quelli studiati dalla Wright State university. Oggi invece, grazie all’informatica, si possono elaborare anche milioni di dati, e per la linguistica è una vera manna.
Ecco le 9 scoperte che hanno fatto gli scienziati.

1) QUANTE PAROLACCE SI TWITTANO?

I ricercatori hanno censito la frequenza d’uso di 788 parolacce in inglese, comprese le varianti digitali (la Computer mediated communication, ovvero le parole abbreviate o camuffate tipiche dell’informatica, per intenderci: $hit, b1tch, f*ck, che in italiano diventerebbero m&rda, tro1a, fan*ulo). Ebbene, su Twitter le parolacce sono l’1,15% di tutte le parole: ve ne aspettavate molte di più? Probabile, ma sappiate che anche nella conversazione a voce le parolacce non sono poi tante: sono solo lo 0,5% delle parole, come aveva rilevato una passata ricerca. In ogni caso, su Twitter si dicono pur sempre più del doppio di parolacce rispetto a quante se ne dicono a voce.
I tweet che contengono parolacce sono il 7,73% (uno su 13), ovvero il doppio di quanto è stato rilevato nelle chat (3%) in un’altra ricerca. Dunque, su Twitter si impreca, si insulta molto (rispetto ad altri mezzi di comunicazione): il motivo? Semplice: nascosti dal display di un cellulare o dal monitor di computer (e magari anche dietro un’identità fittizia) ci si sente più liberi d’esprimersi senza censure.

2) QUALI SONO LE PIÙ TWITTATE?

Nella tabella qui sotto potete leggere le 10 parolacce più twittate in inglese. Bastano le prime 7 (con i loro derivati e varianti) a coprire oltre il 90% di tutte le parolacce. Altra osservazione interessante: la maggioranza sono a sfondo sessuale (6: fuck, ass, bitch, whore, dick, pussy), seguito da quello escrementizio (2: shit, piss), etnico (1: nigga) e religioso (1: hell). A occhio, nei tweet in italiano potremmo avere la stessa proporzione di categorie di significato, ma con un lessico diverso.

Parolaccia Frequenza
fuck (fottere, scopare, fanculo) 34,73%
shit (merda) 15,04%
ass (culo, stupido) 14,48%
bitch (cagna) 10.34%
nigga (negro) 9,68%
hell (inferno) 4,46%
whore (troia) 1,82%
dick (cazzo) 1,67%
piss (pisciare, piscia) 1,53%
pussy (passera) 1,16%

3) QUALI EMOZIONI ESPRIMONO?

Viotti

Un tweet di Daniele Viotti (europarlamentare gay del Pd), infuriato con la componente cattolica del partito su unioni civili e stepchild adoption.

La domanda è interessante, ma viene da chiedersi come abbiano fatto i ricercatori a ricavare questa informazione leggendo 51 milioni di messaggi. Semplice: hanno usato un software automatico di riconoscimento di testo, Liwc (Linguistic Inquiry and Word Count), capace di analizzare e collegare i tweet alle 7 emozioni primarie (quelle fondamentali, presenti in ogni cultura): gioia, tristezza, rabbia, amore, paura, gratitudine e sorpresa. Dopo una fase di test su 500mila tweet, i ricercatori hanno però deciso di scartare sorpresa e paura perché il programma aveva una precisione inferiore al 65%. Pur premettendo che il software è tutt’altro che infallibile, ecco i risultati. Le parolacce nei tweet sono associate per lo più alle emozioni negative: a tristezza (21,83%) e rabbia (19,79%); per contrasto, infatti, solo l’11,31% dei tweet senza parolacce esprimevano tristezza e il 4,5% rabbia. Ma, osservano i ricercatori, non va trascurato il fatto che, comunque, il 6,59% dei tweet volgari esprimeva amore: le parolacce, infatti, si usano anche per enfatizzare emozioni positive (“che figata!”), nell’erotismo (“ti scoperei”) o per confidenza fra amici (“Non fare il pirla!”). Per quanto riguarda il tasso di frequenza di messaggi volgari all’interno di ciascuna emozione, il 23,82% dei tweet rabbiosi conteneva parolacce, contro il 13,93% di quelli tristi, il 4,16% di quelli d’’amore, il 3,26% di quelli di gratitudine e il 2,5% di quelli di gioia. In sintesi: se devo esprimere la rabbia tendo a farlo attraverso le parolacce; mentre in assoluto, la maggior percentuale di tweet volgari è figlio di un senso di tristezza.

4) QUANDO SE NE TWITTANO DI PIÙ?

quandoI momenti più “caldi” per insultare o imprecare sono fra le ore 21 e le 22. La maggior concentrazione di tweet volgari si registra dalle 22 all’1,30 di notte. Si è più volgari all‘inizio della settimana (dal lunedì al mercoledì) rispetto agli altri giorni, in cui – ipotizzano i ricercatori – si è più rilassati (cliccare sui diagrammi per ingrandirli).

5) QUALI SONO I TWEET PIÙ VOLGARI?

La più alta concentrazione di parolacce è nei retweet: i commenti senza censure sono quelli più popolari e letti. Insomma, la parolaccia fa notizia e si diffonde col passaparola.

6) DOVE SE NE DICONO DI PIÙ?

Combinando i Tweet con Foursquare, la rete sociale basata sulla geolocalizzazione degli utenti, i ricercatori hanno identificato da quali luoghi twittavano gli autori dei tweet volgari. Risultato: per lo più da casa (7,08%), seguita da università (6,45%), negozi (6,41%), locali notturni (6,37%), luoghi ricreativi (5,7%). Ovvero nei luoghi informali. Gli ambienti naturali (parchi, spiagge, montagna) sono quelli in cui si impreca di meno (4,9%): forse perché all’aperto si è più  rilassati, immaginano ancora gli scienziati. E quindi si ha di meglio da fare che stare a twittare insulti, aggiungo.

7) E CON CHI?

Incrociando le parolacce con il sesso degli utenti, i ricercatori hanno appurato che si è più sboccati soprattutto quando si sta insieme a persone del proprio sesso. E com’era facilmente prevedibile, il tasso più elevato di tweet volgari è nei discorsi fra uomini (5,48%), mentre in quelli tra donne la percentuale scende al 3,81%. Più raffinate, ma non così tanto.

8) MASCHI E FEMMINE DICONO LE STESSE?

No, prediligono insulti diversi: i maschi usano più spesso fuck (fottere, scopare, fanculo), shit (merda) e nigga (negro); le femmine, bitch e slut (troia). Gli uomini, insomma, vanno più sul pesante, ma hanno anche una maggior varietà lessicale, almeno quando si tratta di essere volgari.

9) CHI È FAMOSO NE DICE DI PIÙ O DI MENO?

Un dato curioso: il prestigio, alto o basso che sia, rende più trattenuti nel linguaggio. Infatti, dicono meno parolacce le persone col maggior numero e quelle col minor numero di followers: ovvero, quelli che devono mantenere o curare di più la propria immagine. Chi sta nel mezzo, non si preoccupa molto del proprio prestigio, forse perché ha poco da perdere. Ecco perché fa notizia quando un personaggio celebre twitta una parolaccia.

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Il logo di “parolacce” su Twitter.

Tutte scoperte interessanti, ma i risultati, avvertono i ricercatori, non valgono necessariamente anche fuori da Twitter: 14 milioni di utenti sono davvero tanti, ma non somigliano necessariamente a quelli di altri social network né tantomeno alla popolazione generale. Gli utenti di Twitter, infatti, sono solo una parte (circa il 25%) degli utenti di Internet, e sono per lo più persone abbastanza istruite, di ceto medio-alto, residenti in grandi città e di età compresa fra i 18 e i 50 anni (come ha appurato questa ricerca). Restano non censiti tutti gli altri strati sociali e anagrafici, e non sono pochi. In più, aggiungo, la comunicazione attraverso i sistemi digitali (i 140 caratteri di Twitter, per intenderci) non coincidono con gli stili di comunicazione che abbiamo quando siamo di fronte ad altre persone, senza la mediazione di schermi digitali.
Con questa doverosa avvertenza finiscono le scoperte della ricerca americana. Se volete essere aggiornati via Twitter con le ultime news sul turpiloquio, basta seguire l’account parolacce: dal 2013, più di 2mila tweet sul turpiloquio, in Italia e nel mondo.

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La mappa dell’odio: un’occasione mancata https://www.parolacce.org/2015/02/13/statistiche-insulti-twitter/ https://www.parolacce.org/2015/02/13/statistiche-insulti-twitter/#respond Fri, 13 Feb 2015 12:15:42 +0000 https://www.parolacce.org/?p=7020 Si può mappare l’odio studiando la diffusione degli insulti su Twitter? Nei giorni scorsi è stata presentata la “Mappa dell’intolleranza”, una ricerca promossa da Vox (Osservatorio italiano sui diritti) in collaborazione coi docenti di 3 università (Statale di Milano, Sapienza di… Continue Reading

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Il logo della ricerca di Vox.

Il logo della ricerca di Vox.

Si può mappare l’odio studiando la diffusione degli insulti su Twitter? Nei giorni scorsi è stata presentata la “Mappa dell’intolleranza”, una ricerca promossa da Vox (Osservatorio italiano sui diritti) in collaborazione coi docenti di 3 università (Statale di Milano, Sapienza di Roma, Aldo Moro di Bari). L’idea è interessante, ma si è rivelata un’occasione mancata per almeno 6 importanti ragioni. Qui spiegherò perché.

I ricercatori hanno studiato i messaggi di Twitter per 8 mesi (da gennaio ad agosto 2014), monitorando la frequenza d’uso di 75 insulti divisi in 5 categorie:

  1. Insulti misogini
    troia, puttana, cicciona, cicciona di merda, vacca, zoccola, mignotta, bocchinara, pompinara, cagna, strappona, smandrappona, bagascia, sfasciolacazzi, culona, frigida, figa di legno, battona, ciuccia cazzi, cesso, sfigata
  2. Insulti omofobi
    frocio, frocio di merda, finocchio, checca, ricchione, invertito, culattone, pervertito, culanda, piglianculo, rottinculo, rotto in culo, culo rotto, bocchinaro, pompinaro, ciuccia cazzi, culo, passiva, deviato, leccafiche, camionista
  3. insulti legati alla disabilità
    handicappato, storpio, mongoloide, cerebroleso, nano, spastico, zoppo, quattrocchi, cecato, mongoflettico
  4. insulti antisemiti
    ebreo di merda, usuraio, rabbino, cazzo mozzo, giudeo
  5. insulti razzisti
    negro, sporco negro, negro di merda, negro di merda, romeno di merda, albanese di merda, zingaro, terrone, muso giallo, muso da scimmia, ebrei ai forni, ebreo di merda, bangla, giudeo, mangiarane, kebabbaro, crucco, rabbino

insulti2Ecco i risultati: gli insulti più diffusi sono quelli misogini, seguiti da quelli legati alla disabilità e da quelli razzisti. Ho evidenziato in arancione i termini che sono risultati i più usati in ogni categoria.
Grazie ai (pochi) tweet geolocalizzati, i ricercatori hanno identificato le aree italiane dove gli insulti sono più diffusi: Lombardia e Campania hanno quasi sempre il triste primato della maggior diffusione di questi insulti.

Ma perché dico che questa ricerca è un’occasione mancata? Perché presenta diversi aspetti critici. Eccoli:

  1. I ricercatori hanno studiato 1.853.092 Tweet contenenti gli insulti di cui sopra. Ma quanti erano in tutto i Tweet presi in esame? I quasi 2 milioni di Tweet insultanti, quale percentuale rappresentano rispetto al totale dei Tweet esaminati? In altre parole: quanto era ampio il campione di Tweet esaminato dai ricercatori? Loro non lo scrivono, ma è un aspetto fondamentale: se dico che in Italia ci sono 10mila persone malate di Aids, può sembrare un numero enorme; ma se lo rapporto al totale della popolazione (60 milioni), i malati rappresentano lo 0,001%. Ho chiesto questo dato con diverse mail e telefonate all’ufficio stampa di Vox, ma non è mai arrivato. Dunque, non sappiamo se questi 2 milioni di Tweet insultanti rappresentano una goccia in un oceano oppure no. E non è poco. Sempre a proposito di campione: i ricercatori hanno tenuto conto del fatto che Twitter è più usato da maschi di istruzione medio-alta e residenti al Nord? I Tweet presi in esame sono molti, ma arrivano da un campione che non è propriamente rappresentativo di tutta l’Italia
  2. Dire che 1 milione e 800mila Tweet contengono termini intolleranti fa effetto. Ma quanto sono diffusi altri termini insultanti altrettanto pesanti come cazzone, coglione, rincoglionito, tangentaro, testa di cazzo, bastardo, stronzo, faccia di merda, figlio di puttana, ladro, mafioso (solo per fare alcuni esempi provenienti da altre aree semantiche)? Non si sa, ma potrebbero essere ancora più diffusi e ridimensionare la “mappa dell’odio”.
  3. La scelta degli insulti presenta diversi aspetti discutibili: fra i termini misogini, per esempio, figurano i termini cicciona (e cicciona di merda), sfasciolacazzi (strana scelta: un termine dialettale invece dei corrispettivi italiani cagacazzi e scassacazzi; stesso discorso per il termine romanesco mongoflettico), sfigata che non sono misogini: infatti sono usati anche al maschile. Diversi termini delle varie categorie (cagna, cesso, camionista, culo, vacca, nano, cerebroleso, leccafiche, pervertito, handicappato, passiva, deviato) non hanno solo un senso insultante, ma potrebbero essere usati anche in modo neutro o comunque non sempre in senso spregiativo: ne hanno tenuto conto i ricercatori? Non si sa, insomma, se le parolacce siano state studiate in relazione al contesto d’uso, che nelle parolacce è determinante per capirne il senso. Non va trascurato anche il mezzo, Twitter: il limite dei 140 caratteri spinge gli scriventi a essere sintetici, sbrigativi e brutali. E’ il limite della Computer mediated communication (Cmc): ne hanno tenuto conto i ricercatori? 
  4. Gli insulti antisemiti (rabbino, giudeo, etc) sono stati studiati due volte? Figurano sia fra gli insulti antisemiti, sia tra quelli razzisti. Se i ricercatori non ne hanno tenuto conto, andrebbero a pregiudicare la validità delle statistiche finali. Senza contare che è discutibile aver inserito il termine usuraio fra gli insulti antisemiti: gli usurai possono essere di qualunque origine etnica, in italiano usuraio ed ebreo non sono sinonimi, né in tutto né in parte.
  5. Fra gli insulti razzisti non sono stati inseriti termini molto usati come polentone (razzismo del Sud verso il Nord) e talebano; figura invece il termine mangiarane (spregiativo nei confronti dei francesi) ben poco diffuso rispetto a mangiabanane (che però non risulta preso in esame).
  6. I ricercatori accostano l’uso di termini insultanti a inquietanti statistiche su aggressioni ai gay, femminicidi, etc. Il salto mi pare un po’ azzardato. Le parolacce possono essere il sintomo, ma non la causa della violenza. E, soprattutto, non tengono conto del fatto che le parolacce sono per loro stessa natura omofobe, misogine, razziste: per fare male devono essere taglienti e brutali. Tutti i termini insultanti sono tali perché usano colpi bassi. E di questo ce ne rendiamo conto fino a un certo punto quando le usiamo: se dico rabbino a una persona poco generosa (che posso offendere, tra l’altro, dicendogli che è un genovese, o uno scozzese, altri termini ignorati dalla ricerca), difficilmente mi accorgo che quella parola ha un’etimologia antisemita. In più, agli insulti misogini corrispondono insulti sessisti contro i maschi (sega, mezza sega, segaiolo, puttaniere, sfigato, cornuto, bastardo, cazzone…). Perché non monitorare anche questi, che sono altrettanto gravi? Sappiamo se sono più o meno diffusi rispetto a quelli misogini? La ricerca non l’ha considerato.

Interessante, invece, il dato sulla frequenza d’uso degli insulti (quelli che ho evidenziato in arancione nell’elenco): ma anche in questo caso i ricercatori non svelano quanto siano diffusi. Peccato.

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https://www.parolacce.org/2015/02/13/statistiche-insulti-twitter/feed/ 0
Parolacce: la “top ten” del 2013 https://www.parolacce.org/2014/01/03/parolacce-classifica-2013/ https://www.parolacce.org/2014/01/03/parolacce-classifica-2013/#comments Fri, 03 Jan 2014 11:08:24 +0000 http://www.parolacce.org/?p=1469 Figuracce, provocazioni, sfoghi inconsulti… La classifica delle parolacce che hanno segnato il 2013 è ricca di episodi notevoli, con conseguenze spesso eclatanti. In Italia le parolacce sono arrivate per lo più dalla politica, diventata un teatro di insulti senza freni:… Continue Reading

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Figuracce, provocazioni, sfoghi inconsulti… La classifica delle parolacce che hanno segnato il 2013 è ricca di episodi notevoli, con conseguenze spesso eclatanti.
In Italia le parolacce sono arrivate per lo più dalla politica, diventata un teatro di insulti senza freni: segno che, al posto delle idee, si sono scontrate le persone (con risultati ovviamente sterili). Un caso per tutti, la sequela di offese al ministro all’Integrazione Cecile Kyenge, di origine congolese, attaccata prima dall’europarlamentare leghista Mario Borghezio (“casalinga”, “una scelta del cazzo”, “governo bonga bonga”), che per questo è stato espulso dal suo gruppo, l’Efd; e poi paragonata a un orango dal vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli, seguito da vari emulatori.

In altre nazioni, queste sortite avrebbero sollevato un’ondata di indignazione; ma in Italia no, perché non abbiamo ancora fatto i conti con un razzismo strisciante e abbastanza diffuso. E’ uno degli effetti della crisi economica: com’è accaduto in altre epoche, è molto più semplice accusare gli stranieri di esserne i colpevoli, piuttosto che trovare una soluzione per uscire dalla crisi. In questo atteggiamento, peraltro, non siamo gli unici: in Francia, il ministro della Giustizia di colore, Christiane Taubiria, è stata paragonata a una scimmia dall’estrema destra.
Ecco perché ho scelto di non inserire questi episodi nella “top ten” qui sotto: non si possono archiviare come gaffe o polemiche politiche, perché rischiano di acuire la discriminazione etnica nel nostro Paese. L’augurio è che nel 2014 la politica riuscirà ad affrontare in modo costruttivo il difficile problema dell’immigrazione.
Ecco i 10 casi dell’anno appena concluso, dal decimo al primo: the winner is….

 

 

 

10

PARLAMENTO, ECCO I TROMBATI ECCELLENTI Il governo italiano

 

 

 

 

Il tweet-gaffe di Palazzo Chigi.

IL FATTO. 26 febbraio. Alle 10.10, sull’account Twitter ufficiale di Palazzo Chigi, è apparso a sorpresa questo messaggio sui risultati delle elezioni politiche. Il link puntava a una fotogallery con le foto di Di Pietro, Fini, Ingroia e altri volti degli “esclusi eccellenti”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. E’ decisamente inappropriato, per un’istituzione come la presidenza del Consiglio, usare un linguaggio volgare (trombati è sinonimo di fottuti), tanto più per qualificare rappresentanti del popolo , seppur dal popolo non abbastanza votati. Il tweet ha immediatamente suscitato polemiche in rete. E dopo pochi minuti, il tweet è stato cancellato in fretta e furia. Ed è stato rimpiazzato dalle scuse: «Un tweet partito erroneamente. Ci scusiamo con gli utenti».

9

FOTTUTA MERDA!!!(FUCKING SHIT!!!)A.J. Clemente, giornalista televisivo

ME SO’ ROTTA ER CAZZO

Laura Tangherlini, giornalista televisiva

Il video di Aj Clemente:

http://www.youtube.com/watch?v=HF6OySsPpko

E il video della Tangherlini:

http://www.youtube.com/watch?v=ITDItsYxZCw

IL FATTO. 21 aprile, Bismarck (Usa). Al suo esordio in video su KFYR-TV (emittente del North Dakota) per il tg della sera, dopo un secondo dalla messa in onda, Clemente, visibilmente teso sta studiando i testi delle notizie che dovrà leggere. Ed esclama la parolaccia mentre la sua collega Van Tieu sta iniziando a parlare.  Al termine del tg, Clemente è stato licenziato dall’emittente. “Ero nervoso e pensavo di non essere inquadrato in quel momento”, ha detto poi.Un episodio simile è accaduto l’11 dicembre in Italia a Rainews: alla conduttrice Laura Tangherlini  è rimasto acceso il microfono per 7 secondi dopo la fine del collegamento del tg. E così credendo di non essere in onda, ha fatto una battuta in romanesco ai colleghi in studio: “Restateci voi, io me ne vado può esse eh? Me so’ rotta er cazzo”. PERCHÉ SONO NELLA TOP TEN. Quella di AJ Clemente è stata la carriera più breve della storia della tv. La gaffe ha fatto il giro del mondo: AJ Clemente ha conquistato una ribalta internazionale sia per l’episodio, sia per l’ospitata al “Late show” di David Letterman. A lui va tutta la nostra solidarietà, e l’augurio che un’altra emittente gli offra una seconda chance.Solidarietà anche alla nostra Tangherlini: poteva accadere a chiunque uno sfogo a telecamere (apparentemente) spente… A lei, comunque, è andata meglio rispetto al collega statunitense: è stata sospesa per qualche giorno, ma ha mantenuto il posto di lavoro. 

8

“E ADESSO ANDIAMO A VEDERE IL NEGRETTO DELLA FAMIGLIA (Balotelli), LA TESTA MATTA…”Paolo Berlusconi, imprenditore

Il video (dal minuto 4:55)

IL FATTO. 3 febbraio, Varedo (Monza): Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, partecipa all’inaugurazione della sede elettorale di Fabrizio Sala, candidato del Pdl alla Regione Lombardia alle elezioni del 24 e 25 febbraio. Berlusconi, sul palco, alla fine del suo intervento invita il pubblico ad andare a vedere la partita del Milan contro l’Udinese: il match segnava l’esordio di Mario Balotelli, il calciatore di colore acquistato dal Milan alcuni giorni prima. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Alla ricerca di una battuta per conquistarsi la simpatia del pubblico, Berlusconi ha fatto una notevole gaffe, usando un epiteto razzista (negro), per nulla mitigato dal diminutivo-vezzeggiativo –etto.La notizia ha fatto il giro del mondo, finendo su Sun, Daily Mail, Times, Independent. E nessuno ha risparmiato bacchettate: l’episodio ha scritto il Times, “non ha polarizzato grande attenzione da parte dei media italiani, nonostante l’Italia abbia crescenti problemi comportamentali nei confronti della popolazione di immigrati in continua espansione”.   “Se tutto ciò fosse accaduto negli Stati Uniti”, aggiunge il New York Times, “avrebbe suscitato una reazione infuocata in tutta la nazione”.

 

 

7

GIUSTIZIA A PUTTANELibero, quotidiano milanese

La prima pagina di “Libero”.

IL FATTO. 25 giugno, Milano. Dopo 3 anni fra indagini e processi, arriva la sentenza sul caso Ruby: Silvio Berlusconi è condannato a 7 anni per prostituzione minorile e concussione. La sentenza è il titolo d’apertura di tutti i quotidiani italiani ed esteri. Tra tutti, spicca la pagina di Libero, diretto da Maurizio Belpietro, con un gioco di parole: giustizia a puttane, ovvero giustizia in malora. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Mai una sentenza era stata raccontata e giudicata con termini tanto crudi e volgari. Come dire che non è stato Berlusconi ad “andare a puttane”, ma la giustizia stessa. Nemmeno il più aggrevviso dei tabloid britannici avrebbe scritto un titolo del genere.

 

6

“SONO INORRIDITO CHE IN ITALIA ABBIANO VINTO DUE CLOWN”. [“BIS ZU EINEM GEWISSEN GRAD BIN ICH ENTSETZT, DASS ZWEI CLOWNS GEWONNEN HABEN”]Peer Steinbrück, candidato cancelliere del Partito socialdemocratico tedesco (Spd)

Le prime pagine di Bild e dell’Economist.

 

IL FATTO. 28 febbraio. Dopo le elezioni politiche, che avevano consacrato il primato di Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, Steinbrück – all’epoca possibile successore della Merkel – aveva espresso il suo giudizio nel suo consueto stile diretto durante una riunione di partito in Brandeburgo all’indomani del risultato elettorale italiano.  La frase, nella sua interezza, era ancora più graffiante: Grillo «lo è di professione e non si offende se è definito tale», mentre Berlusconi «è definitivamente un clown con un alto livello di testosterone». PERCHÉ È NELLA TOP TEN. L’intervento ha suscitato un caso diplomatico internazionale: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita in Germania, ha annullato l’incontro con Steinbrück per le sue dichiarazioni “del tutto fuori luogo”. Steinbrück, comunque, non ha fatto retromarcia, e il settimanale britannico The Economist ha ripreso la metafora in copertina la settimana dopo, pubblicando la foto di Grillo e di Berlusconi sotto il titolo: “Entrino i clown” (Send in clown).

 

 

5

“CI SONO TROIE IN GIRO IN PARLAMENTO CHE FAREBBERO DI TUTTO, DOVREBBERO APRIRE UN CASINO”Franco Battiato, cantante e autore 

 

IL FATTO. 26 marzo, Bruxelles (Belgio). L’artista, nelle vesti di assessore alla Cultura della Regione Sicilia, era a Bruxelles per chiedere fondi al Parlamento europeo. Parlando a braccio durante una conferenza, ha ricordato sua zia sarta che aveva 15 collaboratrici ragazzine, che “quando passava un uomo era finito, vedevano tutti i difetti immediatamente… Uno si rallegra quando un essere non è così servo dei padroni, mentre farebbero qualunque cosa queste troie qui che si trovano in giro nel Parlamento. E’ inaccettabile. Dovrebbero aprire un casino e farlo pubblico”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. La frase di Battiato, estrapolata dal contesto, ha causato un’alzata di scudi: la presidente della Camera, Laura Boldrini, quello del Senato, Pietro Grasso, hanno condannato la sortita, e la senatrice Pdl Alessandra Mussolini ha chiesto le dimissioni di Battiato. L’artista ha poi precisato che la sua frase si riferiva “a passate stagioni parlamentari che ogni italiano di buon senso vuole dimenticare. Stagioni caratterizzate dal malaffare politico, dal disprezzo per le donne e per il bene pubblico”. Ma è stato inutile: il giorno successivo il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, gli ha revocato il mandato.  Un fatto insolito: esponenti di maggior peso (vedi Bossi) hanno fatto sparate ben peggiori contro le istituzioni, ma sono rimasti al loro posto. Probabilmente i politici non hanno digerito che un giudizio tanto tagliente venisse da un intellettuale autorevole.

 

 

4

LA PUTTANA (Thathcer) E’ MORTA(THE BITCH IS DEAD)Folle di londinesi

 

IL FATTO. 8 aprile, Regno Unito. A 88 anni muore Margaret Thatcher, primo ministro conservatore dal 1979 al 1990.  Per la destra inglese, la “lady di ferro” che aveva salvato il Paese dalla crisi economica degli anni ’80; per la sinistra, una liberista sfrenata che aveva smantellato i diritti dei lavoratori e privatizzato molti servizi pubblici, rendendo ancora più netta la separazione tra ricchi e poveri. Così, alla notizia della sua morte, al lutto nazionale si è affiancata un’insolita festa di piazza: a Brixton, quartiere di Londra, la gente è scesa nelle strade con birra, musica e cartelli con la scritta:  “La puttana è morta”, “La strega è morta”. Proprio a Brixton, nel 1981, la polizia aveva arrestato mille persone in 5 giorni facendo largo uso di una legge che permetteva agli officiali della polizia di fermare chiunque, anche per il semplice sospetto che fosse un criminale. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. E’ decisamente insolito che un  leader di Stato sia contestato così duramente nelle piazze proprio nel giorno della sua morte: almeno in Italia, insultare un morto è un tabù, dato che – nell’ottica cattolica – dopo la morte chiunque acquisisce un’aura di santità e di intoccabilità, in nome del perdono.

3

EQUITALIA… TIÈ! (gesto dell’ombrello)Diego Armando Maradona, ex calciatore

Il video:

IL FATTO. 20 ottobre, Milano. Maradona è ospite della trasmissione di Rai3 “Che tempo che fa”. Il conduttore Fabio Fazio gli fa una domanda riguardo le sue pendenze con Equitalia, che il giorno precedente gli aveva notificato un’ingiunzione di pagamento di 39 milioni di euro: una somma che il fisco italiano reclama accusandolo di aver evaso le tasse in passato. Maradona obietta di essere innocente. “Io non sono mai stato evasore, lo dico a Ecoitalia, EcoFrancia (…) Non sono andato a firmare i contratti….quelli che hanno firmato i contratti si chiamano Coppola e Ferlaino e tutti edue ora possono andare per l’Italia tranquillamente e a me mi tolgono gli orecchini, l’orologio, che vedi come sono…seee”. E fa il gesto dell’ombrello. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Il gesto dell’ombrello, forse riferito più al rischio di vedersi pignorati l’orologio e l’orecchino che a tutta la faccenda, solleva un putiferio:  il viceministro dell’economia, Stefano Fassina, l’ha definito “un gesto da miserabile e credo che vada perseguito con grande determinazione”; Renato Brunetta (Pdl) ha definito l’episodio “indecente”, avendo elevato Maradona a testimonial dell’evasione fiscale in casa di chi paga il canone”. A distanza di 2 mesi, dal palco di “Domenica in” (Rai 1) il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si è detto “personalmente offeso” dal gesto.  “Quel gesto – si è poi difeso Maradona – non voleva essere offensivo ma solo satirico”. Ma il timore di una ribellione popolare a Equitalia, sull’esempio del Pibe de oro, ha avuto la meglio.

 

2

“IN EUROPA DICONO CHE HO LE PALLE D’ACCIAIO“.Enrico Letta, presidente del Consiglio 

IL FATTO. 7 novembre. Enrico Letta è intervistato dall’Irish Times prima di una visita a Dublino per un incontro con il primo ministro Enda Kenny. Parlando dello scontro con Silvio Berlusconi (che in ottobre aveva imposto le dimissioni dei ministri Pdl e il ritiro dell’appoggio al governo), e della fiducia alla camera, l’intervistatore gli chiede cosa pensino di lui i primi ministri degli altri Paesi europei: “Che ho le palle d’acciaio”. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. La battuta di Letta ha fatto scalpore in Italia: difficilmente si sente un premier parlare di sé in questi termini (per di più sessisti). E le repliche dei suoi avversari non sono state da meno: Grillo l’ha definito “un ballista d’acciaio”. Daniele Capezzone (Pdl) presidente della commissione Finanze della Camera ha detto che “Le palle stanno girando a tanti italiani”. E Renato Brunetta, capogruppo Pdl, ha twittato: “I lavoratori dell’Ilva, se potessero, gliele fonderebbero all’istante”.  Di fronte a queste reazioni, e ai dubbi su un suo cambiamento di passo e di stile, Letta si è difeso dicendo che si trattava di “una traduzione errata di una frase idiomatica”. Ma l’autore dell’articolo ha fatto ascoltare la registrazione dell’intervista alla trasmissione “Un giorno da pecora“: nell’audio il premier afferma chiaramente che, secondo gli altri politici europei lui “c’ha le palle”; il giornalista irlandese, per rafforzare l’espressione, le ha rese… d’acciaio. Così, per effetto di quell’affermazione ora a Letta toccherà dimostrare di avere gli attributi fino alla fine del suo mandato: sfida non facile.

 

1

“FANCULO DITTATORE” (Putin) (FUCK, DICTATOR)Femen, gruppo femminista ucraino

 

 

 

IL FATTO. 8 aprile, Hannover (Germania). Il presidente russo Vladimir Putin visita la Fiera di Hannover, la più grande fiera industriale al mondo, accompagnato dalla cancelliera Angela Merkel. A un certo punto, nei pressi dello stand della Volkswagen irrompono 4 attiviste di Femen a torso nudo, esibendo sul seno e sulla schiena la scritta (in inglese e in russo) “Fuck dictator” , disegnata con smalto nero. Le donne, che urlavano “Fucking dictator” (fottuto dittatore) e “Go to hell dictator” (vai all’inferno, dittatore) sono state subito bloccate e portate via dagli uomini della sicurezza. PERCHÉ È NELLA TOP TEN. Probabilmente Putin non è mai stato contestato in modo così plateale, duro e deciso per “l’omofobia, la teocrazia della Chiesa ortodossa e la dittatura”, come urlavano le attiviste. Le Femen protestano col corpo nudo, vulnerabili nella loro cruda femminilità esposta agli sguardi e agli obiettivi, e  non sono intimorite da alcuna autorità. La loro forza sta nella loro debolezza: diventano invincibili perché qualunque tentativo di fermarle diventa una violenza. Le foto dell’iniziativa, durata una ventina di secondi, sono finite sui giornali di tutto il mondo. Dopo il loro fermo, la Merkel ha chiesto a Putin di non denunciarle, in nome della libertà d’espressione. Un’iniziativa del genere in Russia avrebbe avuto probabilmente tutt’altro esito…

 

Volete leggere le top ten degli ultimi 5 anni? Ecco quelle del 2012, del 2011, del 2010, del 2009 e del 2008.
E qui chi ha parlato della “top ten” del 2013: il lancio di AdnKronos, ripreso da “Il Giornale“, Huffington Post, Nonleggerlo, Horsemoon Post , il sito Femen, AgoraVox, il Trafiletto.

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